Santoloci - Quesito su rapporto - CNR

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Santoloci - Quesito su rapporto - CNR
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Un quesito su un equivoco di prassi applicativa
in materia di comunicazione di notizia di reato per illeciti ambientali
Domanda: Sono un operatore di polizia giudiziaria e spesso nel dibattito tra
colleghi per la denuncia al PM di reati ambientali ci risulta poco chiara la differenza
tra il rapporto di polizia e la comunicazione di notizia di reato, atteso che molti
indicano la CNR come “rapporto”… E’ la stessa cosa?
Risposta: (a cura del Dott. Maurizio Santoloci): Assolutamente no. Si tratta di
un equivoco basato su prassi interpretative ed applicative inesatte, che poi genera
profonde e negative conseguenze a livello procedurale ma soprattutto sostanziale
nella successiva fase processuale per i reati ambientali. Perché alcuni operatori di PG
sono di fatto convinti che – tutto sommato – ancora inviano a PM un “rapporto” e
dopo tale trasmissione il loro operato è di fatto concluso (illudendosi che ancora oggi
poi in dibattimento la loro presenza sarà solo una formalità limitata alla conferma
degli atti a propria firma…). Ed invece non è affatto così, perché oggi la .prova oggi
si forma in dibattimento. L’entrata in vigore dell’attuale codice ha radicalmente
mutato le regole; ma nel contempo non sempre la prassi degli operatori di polizia è
cambiata, restando di fatto in molti casi ancorata ai vecchi principi procedurali.
Il che ci porta ad una conseguenza chiarissima: agire in vigenza del nuovo
codice di procedura penale con le stesse mentalità operative e prassi, di fatto ancorate
ancora nel codice pregresso ed abrogato, significa inevitabilmente creare atti nulli o
procedure irrituali che non sono utilizzabili per fornire prove in un dibattimento.1
1
Dal volume “Tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale” edizione 2014 di Maurizio
Santoloci e Valentina Santoloci - “Diritto all'ambiente - Edizioni” www.dirittoambientedizioni.net:
“ (…) Nel contesto del pregresso codice di procedura penale la prova veniva formata già in sede di
indagini di P.G.; infatti quasi tutti gli atti realizzati dalla polizia giudiziaria e dal P.M. erano poi
strutturati e riassunti nel “rapporto” finale che veniva in genere redatto da un superiore gerarchico
rispetto ai singoli operatori. Il rapporto (che concludeva la cosiddetta “istruttoria di polizia”) veniva
inviato al P.M. e, salva istruttoria integrativa da parte della magistratura, tutti gli atti (rapporto +
allegati) venivano trasmessi al Tribunale che li acquisiva e poteva leggerli ed utilizzarli
praticamente in via integrale ai fini del decidere. In aula il ruolo del singolo operatore di P.G. era,
dunque, limitato in genere alla formula “confermo gli atti a mia firma”, valorizzando così tutto il
Le risposte ai quesiti pubblicati sul nostro sito non hanno alcun valore ufficiale e/o legale e sono redatte
per soli fini di dibattito culturale e scientifico, come contributo teorico generale senza pretesa
di poter essere considerate esaustive ed ogni riferimento a fatti e realtà specifiche è del tutto casuale.
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libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata
E’ vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n° 248)
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carteggio pregresso. Ad esempio, anche i verbali dei testi escussi in sede di indagini erano “prova”
da utilizzare direttamente in aula ed anche il loro ruolo spesso in aula era limitato ad una conferma
di quanto già dichiarato in precedenza. I verbali pregressi erano dunque “prova” e di conseguenza le
prove non si formavano in aula, ma giungevano in qualche modo già realizzate in dibattimento ove
vi era una fase sostanzialmente di conferma.
Oggi, invece, è vigente il principio in base al quale la prova si forma in dibattimento e gran
parte degli atti di P.G. e del P.M. non possono essere utilizzati dal Giudice (salvo quelli irripetibili vedi paragrafo specifico). Va sottolineato che la riforma ha radicalmente capovolto il sistema
processuale per quanto riguarda il rapporto tra attività della polizia giudiziaria ed il dibattimento e
che questo è avvenuto non casualmente ma è una precisa e fortemente dibattuta scelta politica
istituzionale. Questo è un punto che molti operatori di polizia giudiziaria sottovalutano, alcuni
perché troppo giovani per aver vissuto il momento dell’evoluzione della normativa procedurale nei
suoi veri termini e nelle sue motivazioni di fondo, altri perché pur essendo già in servizio in quel
periodo non hanno approfondito a sufficienza i presupposti di principio e reali della riforma
medesima. Si deve dunque ribadire che tale profondo cambiamento è stato in gran parte determinato
dalla scelta politica prevalente di equiparare la pubblica accusa (e con essa anche l’attività di polizia
giudiziaria) al ruolo della difesa come “parti” di eguale rilievo e potenzialità processuali in sede
dibattimentale, con ciò contraendo ogni possibilità per la polizia giudiziaria e del pubblico ministero
di produrre nel fascicolo del dibattimento prove già acquisite nel corso nella pregressa “istruttoria di
polizia” senza contraddittorio con la difesa. L’aver stabilito, al contrario, che le prove si formano in
dibattimento ha praticamente capovolto tutto il sistema precedente, e se un operatore di polizia
giudiziaria non percepisce questa forte e determinante motivazione storica di fondo resta tagliato
fuori dal sistema processuale. Crea così infatti i presupposti per vedere vanificato tutto il proprio
lavoro che non ha legittimazione in sede dibattimentale, nella quale resterà sempre alieno ed
estraneo, continuando a vivere in un mondo procedurale arcaico e tutto suo che non ha - e non può
avere - alcun collegamento con la realtà processuale scritta nel codice vigente e nella realtà delle
cose concrete di ogni processo celebrato ai nostri tempi. (…)
Oggi i singoli operatori di polizia devono rendersi conto che, formandosi la prova in
dibattimento, tutto il loro operato in sede di indagini non può più essere automaticamente riversato come in precedenza - nel fascicolo del Giudice del dibattimento, ma resta utilizzabile solo dal PM
per la fase delle indagini; in aula si dovranno ripetere tutti i meccanismi probatori, ad eccezione di
quelli che, di fatto, sono appunti non ripetibili (che hanno dato luogo - dunque - ad atti “irripetibili”
che sono gli unici che giungono direttamente nel fascicolo del giudizio e possono essere utilizzati ai
fini del decidere).
Un esempio concreto: le deposizioni testimoniali. In vigenza del pregresso codice di rito, il
verbale cartaceo delle dichiarazioni del teste assunto in sede di indagini o istruttoria era “prova” a
tutti gli effetti e perveniva davanti al Giudice che poteva utilizzarlo ai fini della sentenza. Oggi le
deposizioni dei testi rese davanti alla P.G. o al P.M. non formano più “prova” utilizzabile in aula ed
il verbale non può essere inserito nel fascicolo del dibattimento; è utile per le indagini e per
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per soli fini di dibattito culturale e scientifico, come contributo teorico generale senza pretesa
di poter essere considerate esaustive ed ogni riferimento a fatti e realtà specifiche è del tutto casuale.
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Dunque, è molto importante per ogni operatore di PG che opera nel campo
ambientale percepire a fondo questa profonda e sostanziale differenza tra l’ex
rapporto di polizia e l’attuale comunicazione di notizia di reato, anche perché dalla
disciplina generale della CNR da redigere oggi si traggono poi diretti e rilevanti
spunti di corretto approccio verso tutte le fasi procedimentali penali di diretto
interesse per la stessa polizia giudiziaria sia nella fase delle indagini che nella
successiva fase processuale.
Pubblicato il 9 gennaio 2014
promuovere l’azione penale, ma in dibattimento il teste dovrà deporre di nuovo in via integrale
davanti al Giudice. Perchè la prova si forma in aula. Soltanto in via eccezionale il verbale in se
stesso può essere utilizzato (ad esempio, se il teste nelle more del processo è deceduto o l’atto è
diventato irreperibile, oppure nei riti alternativi come il giudizio abbreviato). È sempre bene
ricordare, che il giudizio abbreviato si basa sugli atti che compongono il fascicolo del P.M. e ciò
consente di utilizzare e richiamare le parti degli atti di PG che risultano particolarmente utili e
rappresentative del fatto storico, salvo poi riservare ad un secondo momento i profili valutativi del
Giudice. “Per l’esposizione del fatto ci si può quindi giovare - ad esempio - della sequenza di
conversazioni telefoniche sviluppata dagli Ufficiali di PG; che spesso risulta essere molto più
eloquente di qualsiasi versione riassuntiva” (Tribunale di Milano. Ufficio del Giudice per le
indagini preliminari - sentenza del 23 marzo 2006). Analogo discorso vale per gli atti di P.G.. Il
vecchio rapporto giungeva in dibattimento ed il Giudice ne prendeva regolarmente visione e poteva
utilizzarlo per la sentenza. Oggi la comunicazione di notizia di reato non può mai assolutamente
essere visionata ed utilizzata dal Giudice nel dibattimento ordinario. È dunque necessario che i
singoli operatori di P.G. in aula riferiscano ex novo integralmente tutto il loro operato e gli
accertamenti svolti, tenendo presente che, se il P.M. e la difesa hanno visionato la comunicazione di
reato, il Giudice è assolutamente all’oscuro di quanto è contenuto in questo atto che per lui è
illeggibile… Se oggi un operatore di P.G. è ancora ancorato al vecchio concetto di “rapporto” e
continua a recarsi in aula con la mentalità di “confermare gli atti a sua firma”, la deposizione è
totalmente assente e si crea un forte vuoto probatorio che non può essere supplito - come in passato
- dalla acquisizione degli atti da lui redatti. E la prova è sfuggita al processo.
Oggi si assicurano le fonti di prova, non le prove che si formano in aula dibattimentale. Non
è una differenza di puro principio teorico…
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