PICCOLA CITTÀ NEL NOME DELLA PAROLA
Transcript
PICCOLA CITTÀ NEL NOME DELLA PAROLA
trentinoattualità CHIARA E LE SUE SORELLE S ilvia Lubich nasce a Trento il 22 gennaio 1920, seconda di quattro figli. Il padre è antifascista e socialista, la madre animata da una forte fede tradizionale. Ottenuto a pieni voti il diploma di maestra elementare, la giovane trova il suo punto di partenza per il cammino di fede in un viaggio a Loreto (1939), durante il quale si scioglie in lacrime davanti alla casetta della Sacra Famiglia di Nazareth e le si rivela un forte pensiero: “sarai seguita da una schiera di vergini”. Impegnata costantemente nella chiesa, assume il nome di Chiara. Negli anni bui del grande conflitto, si consacra alla chiamata di Dio: la data del 7 dicembre 1943 corrisponde simbolicamente all’inizio del movimento dei Focolari. Nel frattempo molte giovani donne la seguono, nel nome di quel “radicalismo evangelico assoluto”. Durante la guerra vive al civico 2 di via dei Cappuccini, oggi considerato il primo focolare: pochi vani ma tante anime che leggono il Vangelo. A poco a poco il gruppo si dilata, si forma l’idea di una spiritualità dell’unità. La frase evangelica “date e vi sarà dato” si concretizza giorno dopo giorno: gesti semplici, come il donare ai poveri. Fino alla costituzione di un grande movimento, che oggi trova linfa vitale nel chiaro messaggio della Parola di Dio. di Tiziana Tomasini PICCOLA CITTÀ NEL NOME DELLA PAROLA UNA FIGURA CARISMATICA - CHIARA LUBICH – E UNA MOLTITUDINE DI PERSONE A CALCARNE LE ORME. E IL QUARTIER GENERALE È IL CENTRO MARIAPOLI DI CADINE, NELLE CUI LINEE SI RITROVANO SCORCI URBANI “SIMBOLO” DELLA CITTÀ DI TRENTO. AL SUO INTERNO, ALLOGGI, CAPPELLE, AUDITORIUM. IL TUTTO IN NOME DELL’ECUMENISMO N el pomeriggio di un ottobre estivo, si fatica a trovar parcheggio alle pendici dell’altura che sovrasta l’abitato di Cadine, a pochi chilometri dalla città di Trento. Il pellegrino, lo studioso, il visitatore anche occasionale intuiscono immediatamente che questo particolare agglomerato di costruzioni incastonate nella roccia, come un antico monastero, richiamano quotidianamente, giorno dopo giorno, notevoli flussi di persone. Guadagnarsi la salita ha un sapore quasi di conquista e, mentre i cancelli si schiudono, si percepisce che il luogo in cui si sta entrando è speciale. Le referenti che dialogano con noi, del resto, vanno ampiamente a confermare il clima di intensa serenità e di impegno che caratterizzano il Centro Mariapoli, cuore logistico, e non solo, del Movimento dei Focolarini. E i Focolarini evocano soprattutto un nome: Chiara Lubich, la donna di Trento che per prima ebbe l’intuizione del “Focolare” che oggi si riflette in questa grande piccola città, che al suo interno offre migliaia di posti letto, auditorium, cappelle per culti diversi, sale per incontri di tutti i tipi. IN PRINCIPIO FU UN PAIO DI SCARPE DA UOMO. NUMERO 42 Tutto comincia nel 1943, durante la Seconda guerra mondiale, quando quelle che sarebbero in seguite divenute le prime focolarine ponevano attenzione a chi era più nel bisogno, dando quel poco che ognuno aveva. Erano in tanti a chiedere a Chiara Lubich e lei era sempre pronta a dare; certo davanti alla richiesta di un paio di scarpe da uomo n. 42 – lei che vive insieme alle sue prime amiche e compagne di viaggio, tutte donne – sembra non esserci soluzione, se non quella di invocare un aiuto più alto ed eccelso. Recatasi nella chiesetta di Santa Chiara, invoca per quel povero quella semplice esigenza materiale, ed uscita serena e tranquilla dal luogo di preghiera, incontra una signora – sua seguace – che le consegna un pacchetto, da donare ai suoi poveri. Si tratta proprio di un paio di scarpe n. 42. Da uomo. Un po’ quello che avviene per gli alimenti: in un periodo di inevitabile ristrettezza economica, Chiara riusciva a raccogliere e dare a chi ne aveva bisogno. In lei si concretizza, in modo molto sociale, la frase del Vangelo: “Date e vi sarà dato”. Il corridoio della piccola casetta in cui vivevano queste donne era sempre ingombro di scatole e scatoloni di chi dava per aver ricevuto. Con gli anni, queste prime esperienze si sono poi ripetute ed amplificate, sempre nel nome della vita del Vangelo. E se adesso mele e patate servono più in altre zone del mondo, il dare si concretizza attualmente, anche se in diverso modo, a Mariapoli nell’offrire una comprensione, una condivisione, un ascolto. Oggi come allora. I centri Mariapoli hanno iniziato a nascere – attualmente sono distribuiti in circa quarantasei nazioni – proprio dall’esigenza di una formazione delle persone. Una formazione alla fraternità, alla cultura del dare, alla lettura evangelica che possiamo declinare in termini molto più semplici, più umani, che rivestono il campo civile. Il centro quindi trova in questa pregnante motivazione la sua essenza. Nel 1976 emergeva in Triveneto l’esigenza di avere un punto centrale e centralizzante per poter formare tutte queste persone desiderose di conoscere. Vagliate varie possibilità, si individua Trento quale punto nevralgico ed una persona, vicina al movimento decide di mettere a disposizione il terreno per la costruzione del Centro Mariapoli. Seguendo il suo esempio, moltissimi altri hanno cominciato a contribuire alla realizzazione della struttura, chi con opere materiali, chi con la donazione di beni. Il tutto sempre in piena libertà e senza costrizioni di nessun genere. Sulla base di questo principio, mattone dopo mattone, con l’impegno dei volontari, il centro ha visto la luce, sviluppandosi tra non poche difficoltà. E nel 1986 Chiara lo inaugura. Tra le altre cose, quel giorno, dice: “Questo Centro ci ricorderà la Rivoluzione Evangelica che la Parola scatena ogniqualvolta la si mette in pratica con impegno; come per Essa gente dispersa diventa popolo; come persone che tra loro s’ignorano diventano comunità”. Il 24 gennaio 2009 il Centro verrà intitolato proprio a Chiara. E l’intitolazione simboleggerà un ritorno alle radici del Movimento, vedendo in Mariapoli il sigillo della sua storia. “PICCOLA TRENTO” GRAZIE AL LAVORO DI TUTTI L’architetto che ha progettato Mariapoli non ha semplicemente seguito un’idea, ma ha pensato il suo lavoro in re- Il Vescovo Bressan accoglie un gruppo di fedeli Indù L’auditorium Marilen 42 tmnovembre 43 tmnovembre lazione alla forma urbanistica di Trento, in particolare focalizzando il suo lavoro sui luoghi nei quali il Movimento è nato. Per esempio, la fontana del centro ricorda quella di piazza Cappuccini (primo luogo simbolo del movimento), le finestre sono simili a quelle del Duomo e molti altri scorci urbani, particolarmente cari ai Focolari, si ritrovano nelle linee del nucleo Mariapoli. Impresa non semplice quella di costruire sulla roccia; tuttavia anche la conformazione impervia del territorio ha un suo significato, leggibile in concetto più ampio e ragionato. Infatti il terrazzamento lungo e in salita ha suggerito la metafora di un ripido cammino in salita, con luoghi di sosta e di riflessione – come gli angoli per la lettura o aree per favorire l’incontro tra le persone –, ben amalgamato nell’ambiente circostante. La salita porta, anche simbolicamente, in una grande sala di quattrocento posti (l’auditorium Marilen) la cui disposizione evoca un grande manto protettivo e in cui la struttura lignea delle travi converge Il Monaco buddista Phramaha Thongratana Thavorn in meditazione in una delle cappelle 44 tmnovembre alla cappella dalla forma conica, elemento portante attorno a cui tutto ruota. Nel luogo dedicato alla Parola, una raggiera rappresenta la testimonianza. “Centro Parola di Vita” è stato infatti il primo nome della sede del Movimento. È davvero emozionante il resoconto dello stesso architetto che racconta come all’epoca della costruzione fossero in tanti a partecipare ai lavori, con l’impegno di chi si sta lavorando alla propria stessa casa. Responsabilità comune, patrimonio di tutti, una coralità di rapporti. Lo stesso avviene oggi: il Centro Mariapoli viene gestito da persone che mettono a disposizione le proprie competenze professionali. Pittori, falegnami, giardinieri, elettricisti, imprese del porfido da tutta Italia si alternano nei lavori. Arriva perfino un gruppo di pescatori di Marano Lagunare (Udine): aiutano a realizzare le pitture murali, lasciando per una settimana il proprio lavoro in un periodo favorevole per la pesca. Anche per l’accoglienza dei numerosi gruppi che transitano nell’area intitolata a Maria, esistono cucine e self service e adeguate zone atte al ricevimento; a turno, queste mansioni di servizio vengono svolte da volontari. Tutti, compresi quelli che alloggiano nella struttura stessa, offrono il meglio di sè, nel nome di Chiara Lubich e del principio di cogestione delle origini. Nel 1992 un’altra donazione. «Una persona che viene a conoscenza dell’indirizzo ecumenico del centro scrive a Chiara e si offre di aiutarla a completare il centro». Nel 1995 inizia la costruzione dell’area destinata all’ospitalità e dopo due anni è ultimata. Ma torniamo al 1986, al giorno dell’inaugurazione. Chiara, in quella importante occasione, parla di un centro di formazione e di un centro ecumenico, inserito in un contesto cittadino di vocazione ecumenica. Un terreno fertile, insomma. E la stessa nomenclatura originale – Parola di Vita – costituisce un importante punto di aggancio con le altre Chiese. Non tutti gli aspetti della Chiesa cattolica vengono condivisi con gli altri Credo, ma sulla Parola ci si trova in accordo anche con luterani, anglicani e molte altre espressioni religiose. chiese, tra le diverse religioni, alla cultura contemporanea. Mariapoli in futuro sarà sempre ecumenico, ma anche interreligioso, interculturale, perché sempre di più “il centro deve essere la casa”. UN CENTRO PER L’ECUMENISMO Oggi, Mariapoli è diventato anche centro di formazione internazionale. Un punto di riferimento imprescindibile per chi fa dell’ecumenismo una ragione di vita. In questi giorni, ad esempio, ci sono i protagonisti e lo staff del festival Religion Today. Ma possiamo ricordare che anche il Dalai Lama è passato di qua. E per il futuro? Quali progetti e quali vedute per il centro? Anche per la programmazione del domani si seguono le linee guida dell’opera. Nella recente assemblea del Movimento – tenutasi a settembre – sono stati rimarcati gli orizzonti della Chiesa, cioè le emergenze, le periferie, il cammino verso l’umanità e l’immersione nelle problematiche sociali, cercando di fornire alcune risposte, che si troverebbero nel Vangelo, che avrebbe dato Gesù. Questa matrice si condivide anche con i laici e addirittura con i non credenti. Quelle divulgate, infatti, sono istanze universali: la fraternità, la solidarietà, il dialogo. Un parlare agli altri cristiani, agli altri movimenti, alle altre TRENTO CITTÀ ARDENTE Nel contesto locale esiste il progetto “Città ardente”, proposto da Chiara nel 2001. Si parte da un suo pensiero di gioventù: “Vorrei una città incendiata dall’amore di Dio”. Quello che Chiara propone ai trentini, sempre seri, sensibili ed Monsignor Carlo De Ferrari è il primo Vescovo di Trento che ha creduto nel nascere e nell’espandersi del Carisma di Chiara Lubich. A lui è dedicata la Cappella adiacente la Sala Marilen. attenti all’altro, è l’opportunità di fare di Trento una città ancora più splendente, più modello di rapporti fraterni. Lancia una sfida che si declina in tanti modi a cui il centro Mariapoli è strettamente collegato. Mariapoli si catapulta così nel mondo e gestisce scuole internazionali di formazione nei settori più diversi ed articolati, come lo sport – inteso in senso di fraternità –, l’economia di comunione e quella civile; quindi il senso di questo centro sarà sempre più quello di fare “casa”. IL MOVIMENTO DEI FOCOLARINI G eneratosi nella città del Concilio in quel 1943 intriso di drammatici eventi, il giovane germoglio cristiano andava predicando la semplice vita del Vangelo vissuto, messo in pratica al di fuori della teorica lettura e della riflessione in sede di Messa. Terminato il tragico periodo bellico e compresa l’esigenza di un concreto supporto spirituale quanto pratico per la ricostruzione, l’opera dei Focolarini, con la carismatica Chiara Lubich in prima linea, puntava l’attenzione al bisogno del prossimo. Il movimento, parallelamente agli spostamenti delle genti, si allargava progressivamente, prima oltre provincia poi addirittura oltre confine, ripetendo valide esperienze e formando a poco a poco piccole comunità di persone che provavano questo intenso modus vivendi. Punto focale il Vangelo, le cui parole si potevano veramente vivere; l’esperienza della Parola portava uno stile di vita nuovo nei rapporti interpersonali. A macchia d’olio si è ampliata e diffusa così una curiosità ragionata sui perché e sulle diverse motivazioni intrinseche al movimento. Con la fine della Grande Guerra, lo sviluppo è stato oggetto di interesse da parte della chiesa, che viveva in quel periodo slanci di rinnovamento di quanti volevano riscattare gli anni cosiddetti bui; ma se per molte idee andava comunque rilevata e vagliata l’ortodossia di tante componenti, per i Focolarini era stato subito intuito quello che dal vescovo monsignor De Ferrari era stato definito come “il dito di Dio”. Un’intuizione arrivata fino ai giorni nostri. E destinata a proseguire il suo cammino. Ma esiste anche una Mariapoli “esterna” agli angusti confini di Cadine, dove i volontari mettono in atto gli interventi umanitari e sociali. Molta attenzione viene data all’immigrazione – quella che possiamo definire accoglienza, oggetto di un recente convegno – e l’azione in città si muove in questo senso. Inoltre si sta sviluppando un progetto focalizzato sull’educazione, indirizzato alle scuole e a tutto il mondo educativo, sempre nel nome della fraternità. Il tutto costruito con l’ausilio di esperti incaricati di formare gli insegnanti. Una rete imponente, che raccoglie le maglie di una società fatta di uomini di buona volontà. Da mettere in rilievo, anche la recente collaborazione con il Conservatorio e la corrispondente ricerca di sintonie, anche musicali. Al di là della risonanza mondiale del Movimento, Trento rimane la città natale dei Focolarini. Si capisce anche contando i pernottamenti: 2.500 all’anno; a questi si aggiungono altri cinquemila transiti giornalieri. Insomma, d’ora in poi, quando girando attorno alle pendici del Monte Bondone, alzeremo lo sguardo verso l’alto, e vedremo questa piccola città, sapremo che si tratta di un centro in continua evoluzione, che per farlo si affida ad un motore potente, ma silenzioso, costruito su un’unica grande parola: quella evan■ gelica. Un momento di festa 45 tmnovembre