Impianti singoli post-estrattivi immediati in zone ad alto
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Impianti singoli post-estrattivi immediati in zone ad alto
RICERCA Introduzione L’inserimento di impianti dentali su cui ancorare protesi fisse o rimovibili è diventato parte integrante e imprescindibile del repertorio dei trattamenti protesici, in particolare per la cura di pazienti con atrofia delle ossa mascellari. La sostituzione tramite un impianto osteointegrato è ormai diventato il trattamento di prima scelta in virtù della completa conservazione dell’integrità anatomica degli elementi adiacenti e del suo successo a lungo termine. La monoedentulia può essere trattata tramite differenti strategie protesiche e l’approccio terapeutico di elezione consiste, quando possibile, nell’inserimento dell’impianto immediatamente nel sito postestrattivo; questo al fine di posizionare impianti di diametro più consono al profilo protesico di emergenza e di mantenere una architettura anatomica normale dei tessuti molli adiacenti al manufatto definitivo; così facendo si possono inoltre evitare ulteriori chirurgie, per esempio mucogengivali. L’osteointegrazione rappresenta una connessione diretta tra l’impianto in titanio e l’osso del sito chirurgico in cui questo è inserito. Dal momento che l’integrazione ossea è un concetto ormai scientificamente valido e funzionale, oggi l’intento della ricerca odontoiatrica in campo implantare è quello di migliorare la prestazione chirurgica, riducendo i tempi di attesa per il carico protesico soprattutto nelle zone ad alto valore estetico. Il mascellare anteriore superiore è stato definito zona estetica in relazione alla sua elevata visibilità e alle sue correlazioni con la linea del sorriso e del viso in genere. In questo settore i trattamenti protesici, sia tradizionali sia tramite impianti osteointegrati, richiedono, per i motivi sopraesposti, una pianificazione che consente di preve- Impianti singoli post-estrattivi immediati in zone ad alto impatto estetico Antonio Scarano*, Bartolomeo Assenza**, Alessandro Quaranta***, Manlio Quaranta***, Adriano Piattelli**** *Corso di Perfezionamento in Microscopia Operatoria in Chirurgia Orale Università degli Studi di Chieti-Pescara **Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi “G. D'Annunzio” di Chieti-Pescara (Presidente: Prof. A. Piattelli) ***Cattedra di Protesi Dentaria, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ****Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università degli Studi “G. D'Annunzio” di Chieti-Pescara (Direttore: Prof. Sergio Caputi) IL BACKGROUND: l'estrazione dentale vede, come naturale processo, il riassorbimento dell'osso alveolare. Questo è provocato da diversi fattori, inclusi quelli che hanno portato all'estrazione stessa. Comunque, indipendentemente dal motivo, dopo un'estrazione si va sempre incontro a perdita di osso alveolare. L'inserimento di impianti in zone ossee ridotte potrebbe rappresentare un problema clinico che richiederebbe numerosi interventi chirurgici per aumentare la massa ossea. LA RICERCA: lo scopo di questo studio è la valutazione clinica dei tessuti peri-implantari di impianti sabbiati e mordenzati, posizionati e caricati immediatamente dopo l'estrazione degli incisivi laterali mascellari. Sono stati studiati 11 pazienti, e, dopo le estrazioni dei denti, sono stati inseriti gli impianti dentali nei siti post-estrattivi. Tutti gli impianti sono stati caricati immediatamente. I RISULTATI: i risultati dimostrano che l'uso degli impianti post-estrattivi a carico immediato può rappresentare una valida alternativa terapeutica, oltre a ridurre il tempo di trattamento. Anno I - n°2 - maggio 2007 21 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE PUNTO CHIAVE I trattamenti protesici richiedono una pianificazione che consenta di prevedere con anticipo gli esiti finali. PUNTO CHIAVE Diversi studi clinici hanno dimostrato che è possibile ottenere un’alta percentuale di successi a lungo termine posizionando impianti immediati post-estrattivi. 22 Anno I - n°2 - maggio 2007 dere anticipatamente gli esiti finali del trattamento definitivo; questo orientamento si rende indispensabile sia per il paziente sia per l’odontoiatra. Solo così facendo, infatti, l’operatore potrà valutare le terapie necessarie all’ottenimento degli scopi prefissati e discutere questi ultimi con il paziente, ottenendo il necessario consenso. La perdita di un elemento dentario può essere causata da molteplici fattori tra i quali i più frequenti nel settore estetico sono, in ordine decrescente: i traumi, i fallimenti protesici, le lesioni parodontali e gli esiti endodontici. L’estrazione di un elemento dentario determina un riassorbimento e un rimodellamento dell’osso alveolare spesso talmente rapidi da precludere un corretto e facile posizionamento tardivo degli impianti. Nei primi tre mesi si può assistere a un riassorbimento osseo che può raggiungere il 30-40% dello spessore osseo, riducendo così lo spazio per il posizionamento di un impianto di dimensioni adeguate (1,2). Il rimodellamento verticale e trasversale dell’osso alveolare assume dimensioni maggiori in presenza di un trauma o di una patologia che hanno portato alla perdita di una o più pareti ossee. Un altro problema di rilevanza clinica è costituito dagli aspetti estetici e funzionali del settore interessato. Le tecniche rigenerative di chirurgia estetica, osteo e muco-gengivale, e di ricostruzione protesica, possono consentire di recuperare la funzione e l’estetica anche di creste alveolari profondamente riassorbite e rimaneggiate, ma tutto questo comporta un allungamento dei tempi di riabilitazione, un aumento dei costi, una maggiore esperienza chirurgica dell’operatore e, non ultimo, un aumento delle complicanze. Alcuni autori hanno verificato che gli impianti inseriti subito dopo l’estrazione senza l’utilizzo di membrane mostrano una percentuale di sopravvivenza elevata e presenta- no lo stesso tipo di guarigione istologica rispetto agli impianti inseriti in un osso maturo (3). Il posizionamento immediato di impianti dentali in siti post-estrattivi, si effettua subito dopo l’estrazione di uno o più elementi dentari (4). Questa tecnica ha molti vantaggi (5): Q riduzione delle sedute chirurgiche; Q riduzione dei tempi di riabilitazione protesica; Q riduzione del periodo edentulo; Q riduzione delle spese del trattamento; migliore approccio psicologico del paziente; Q ottimi risultati estetici, per un più preciso posizionamento degli impianti. Diversi studi clinici nell’uomo hanno dimostrato che, posizionando impianti immediati post-estrattivi, è possibile ottenere un’alta percentuale di successi a lungo termine (circa il 90%) (6,7). Studi sperimentali realizzati su modelli animali hanno messo in evidenza un’alta percentuale di contatto osso-impianto e una riduzione del riassorbimento post-estrattivo dell’osso alveolare (8,9). L’unico svantaggio legato a questa tecnica è lo scarso adattamento dell’osso alveolare nella porzione cervicale dell’impianto. Lo spazio residuo nella porzione cervicale, se di notevoli dimensioni, potrebbe essere invaso dai tessuti molli, ostacolando così l’osteointegrazione dell’impianto. Per questo motivo è necessario ricorrere a tecniche di osteopromozione mediante l’uso di materiali da innesto e di membrane (10). Il ricorso all’uso di membrane e biomateriali per favorire la guarigione tissutale nella porzione coronale è eseguito con successo (11); sovente, però, sorgono complicanze legate all’uso di membrane non riassorbibili, come per esempio una prematura esposizione della membrana prima che si sia verificata l’osteointegrazione (12). Per far fronte a questo inconveniente, molti autori hanno sug- RICERCA gerito l’uso di bone chips senza membrana, altri hanno consigliato l’uso di sostituti ossei e l’applicazione di membrana come metodo in grado di aumentare la percentuale di contatto osso-impianto. Le tecniche degli impianti post-estrattivi immediati e degli impianti a carico immediato sono largamente proposte da diversi autori, mentre sono stati condotti meno studi sull’utilizzo combinato di queste due tecniche. Il carico immediato nella zona intraforaminale mandibolare può essere considerato altamente predicibile (13,14); mancano, però, studi controllati per quanto riguarda i settori ad alto impatto estetico. Lo scopo di questo studio è la valutazione clinica di impianti sabbiati e mordenzati posizionati immediatamente dopo l’estrazione di elementi dentari e caricati immediatamente in zone ad alto impatto estetico. Foto 1 Visione preoperatoria del 12 che all'esame clinico si presenta mobile e si ipotizza una frattura verticale radicolare. Materiali e metodi Nel periodo compreso tra febbraio e giugno del 2003 sono stati selezionati 11 pazienti (7 uomini e 4 donne) di età compresa tra 38 e 58 anni che necessitavano di un impianto post-estrattivo. Dopo l’estrazione di 11 incisivi laterali, sono stati posizionati 11 impianti LN Large Nek (Bone System, Milano Italy) con un diametro di 4,1 mm e una lunghezza di 13,5 mm. Nella porzione coronale, il gap tra impianto e tessuti circostanti non superava mai i 2 mm. Tutti i pazienti trattati in questo studio necessitavano di una estrazione per frattura verticale, per problemi di natura endodontica o carie destruente. Tutti i pazienti erano privi di processi infiammatori acuti. Dopo l’estrazione dell’elemento dentario, si è eseguita una accurata rimozione del tessuto di granulazione eventualmente presente. Un giorno prima dell’intervento, e per i 4 giorni successivi, ai pazienti sono Foto 2 Dopo la rimozione della capsula si apprezza la frattura della radice. Foto 3 Estensione della frattura radicolare. Anno I - n°2 - maggio 2007 23 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE Foto 4 Aspetto dell'alveolo. Foto 5 Curettage e valutazione dell'integrità della parete vestibolare alveolare. 24 Foto 6 Impianto posizionato a 3 mm apicalmente al margine gengivale. Anno I - n°2 - maggio 2007 stati somministrati 1g di amoxicillina e 100mg di nimesulide; inoltre è stato utilizzato un collutorio con clorexidina 0,20% 3 volte al giorno, per 2 minuti. Non sono state utilizzate membrane; il solo materiale da innesto utilizzato è stato l’osso autologo (bone chips), ottenuto dalla preparazione del sito osseo nella porzione apicale. In nessun caso si è ricorso alla realizzazione di un lembo. Dopo infiltrazione locale di anestetico, si è lussato l’elemento dentario senza sollevare un lembo. Il sito implantare è stato preparato con frese calibrate in acciaio temperato, a diametro crescente, con irrigazione esterna e con un numero di giri del micromotore non superiore a 400 al minuto, utilizzando un manipolo con riduzione 20:1 al fine di non surriscaldare l’osso. In particolare si è accertata l’integrità della parete vestibolare, quindi è stato realizzato l’alveolo chirurgico, utilizzando prima la fresa a rosetta, poi la fresa di 2 mm per determinare l’asse e la profondità, quindi la fresa di 3,1 mm come preparazione finale sottodimensionata del sito implantare per inserire l’impianto di 4,1 mm di diametro. Il tutto utilizzando un protocollo chirurgico diverso da quello previsto in siti preparati in osso nativo come previsto dalla sistematica implantare. Il sottodimensionamento del sito implantare si è reso necessario per facilitare la stabilità primaria in questa zona costituita da osso trabecolare. Inoltre l’inserimento di un impianto di dimensioni maggiori (0,4 mm) rispetto al sito implantare determina un’azione di espansione e compattazione ossea senza il rischio di compressione ossea. Una volta ultimato il sito implantare, la vite endoossea, se prevista, è stata inserita manualmente fino a raggiungere la posizione corretta. Nel posizionare l’impianto si è sempre tenuto conto dell’emergenza dell’elemento transmucoso (collarino a frizione) RICERCA specifico della metodica implantare e della seguente sovrastruttura protesica. Solo in tre casi è stata posizionata una sutura mesiale e distale con seta siliconata. L’impianto è stato posizionato rispettando i canoni procedurali che si mettono in atto in sedi edentule, per ottenere un posizionamento implantare guidato dalla futura protesi e non dalla condizione ossea di partenza. L’impianto, per poter essere caricato immediatamente, doveva ottenere una stabilità primaria di almeno 35-40 N/cm. La spalla dell’impianto è stata posizionata sempre 3 mm al di sotto del margine gengivale libero dei denti adiacenti e in modo che la spalla dell’impianto venisse a trovarsi a pari cresta. Così facendo si è garantito lo sviluppo di un profilo armonico che, partendo dalla testa dell’impianto, permetta l’ottenimento di un adeguato spazio biologico. Nella stessa seduta si è proceduto a posizionare alcuni monconi provvisori avvitati con il contemporaneo posizionamento del collare di guarigione provvisorio, di altezza pari a 3 mm, e una corona provvisoria. In 5 casi si è ribasata la vecchia capsula in metallo-ceramica con resina a freddo. Il provvisorio è stato mantenuto in sottocclusione e privo di funzioni di guida nelle lateralità e protrusiva; pertanto si tratta di carico immediato, non funzionale. Dopo l’intervento, ai pazienti è stata prescritta una dieta liquida per la prima settimana e semisolida per la seconda; dalla terza settimana il paziente ha potuto riprendere ad alimentarsi regolarmente. A 3 mesi dalla guarigione si è proceduto a posizionare le capsule definitive in metallo-ceramica. I pazienti sono stati seguiti per 24 mesi. A ogni controllo sono stati rilevati l’indice di sanguinamento gengivale modificato e l’indice di placca modificato, eseguendo le rilevazioni in posizione mesiale, distale, vestibolare e linguale. Il Foto 7 Si evidenzia come il gap peri-implantare sia di 1 mm. Foto 8 Posizionamento del collare provvisorio preparato vestibolarmente e asciugatura con un cono di carta. Foto 9 Viene posizionato un moncone provvisorio avvitato. Anno I - n°2 - maggio 2007 25 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE Foto 10 Corretta inclinazione del moncone. grado di riassorbimento crestale è stato calcolato tramite la sottrazione di immagini radiografiche eseguite con un centratore individuale. Le radiografie sono state eseguite personalizzando il centratore con materiale da impronta. L’analisi delle radiografie è stata eseguita utilizzando un computer AMD 1800 Mz, interfacciato con uno scanner (acer retroilluminato) e un applicativo software Image-Pro Plus 4.5 (Media Cybernetics Inc. Immagini & Computer Snc Milano, Italy). Le immagini acquisite sono state analizzate utilizzando il software menzionato in precedenza per calcolare la quantità di osso riassorbito. I controlli sono stati eseguiti a 6, 12 e 24 mesi dal carico. Tre pazienti sono stati esclusi dallo studio perché non si sono presentati con regolarità agli appuntamenti di richiamo e di controllo. Per le valutazioni sono stati utilizzati solo i dati ricavati dagli 8 pazienti che si sono presentati con costanza ai controlli programmati. Risultati Foto 11 Ribasatura della vecchia capsula. 26 Foto 12 Capsula ribasata e cementata. Anno I - n°2 - maggio 2007 Nessun paziente ha riferito dolore spontaneo o provocato dalla percussione degli impianti o dai tessuti molli peri-implantari durante il follow-up. Durante i controlli periodici non si sono osservate tumefazione o suppurazione dei tessuti molli. Tutti i pazienti hanno controllato bene la placca; infatti l’85 % dei siti osservati non presentava placca visibile a occhio nudo. La mucosa si è presentata clinicamente sana e l’esame radiografico ha evidenziato un buon adattamento dell’osso all’impianto. Non si sono osservate complicanze che determinassero la perdita dell’impianto. In nessun caso sono stati rilevati segni clinici di malattia peri-implantare o sintomi clinici di infiammazione. L’indice di sanguinamento gengivale modificato e l’indice di placca hanno dato un RICERCA valore pari a 0-1 nell’85% dei casi trattati. Si è ottenuta un’emergenza fisiologica dell’elemento protesico dall’arcata dentale e una forma normale della festonatura gengivale e dell’andamento ondulato della cresta alveolare. Questi ultimi due elementi concorrono in modo fondamentale ad aumentare il livello estetico della riabilitazione implantoprotesica e il grado di soddisfazione del paziente. L’esame radiografico ha messo in evidenza uno scarso riassorbimento osseo, che non ha mai superato 1,8 mm nei 24 mesi di osservazione. Tutti gli impianti si sono rivelati stabili al termine del periodo di osservazione. Foto 13 Aspetto radiografico post-operatorio, la spalla dell'impianto è posizionata a pari cresta. Discussione Molti studi clinici hanno confermato il successo a lungo termine delle soluzioni implanto-protesiche nella riabilitazione delle edentulie parziali e delle monoedentulie (15). Allo stato attuale, più dell’80% dei pazienti trattati con impianti orali osteointegrati sono parzialmente edentuli. Questi brillanti risultati clinici hanno spinto gli implantologi a intraprendere trattamenti implantari anche in situazioni cliniche non standard quali gli impianti postestrattivi, gli impianti a carico immediato e gli impianti post-estrattivi immediati a carico immediato. Sebbene i primi lavori clinici apparsi in letteratura datino ormai più di 15 anni, solo negli ultimi anni questo approccio clinico è stato studiato più in dettaglio. La riabilitazione immediata dei settori anteriori mascellari mediante impianti a superficie sabbiata e mordenzata ha il vantaggio di ridurre drasticamente i costi della riabilitazione, ma soprattutto di preservare l’osso alveolare. Per valutare lo stato di salute della mucosa implantare, in questo studio abbiamo fatto Foto 14 Aspetto radiografico dopo 4 mesi; non si evidenzia riassorbimento dell’osso crestale. Foto 15 Rimozione della capsula del 22. Anno I - n°2 - maggio 2007 27 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE Foto 16 Si evidenzia la rima di frattura verticale della radice Foto 17 Piccolo gap peri-implantare 28 Foto 18 Viene posizionato il moncone provvisorio avvitato, che presenta una corretta angolazione Anno I - n°2 - maggio 2007 riferimento al Plaque Index (PII) e al Sulcus Bleeding Index (SBI). L’accumulo di placca è non solo un fattore eziologico determinante nell’insorgenza della mucosite, ma è correlato in modo significativo alla peri-implantite (16). Il solo utilizzo di questi parametri non permette di valutare gli impianti che andranno incontro a fallimento, ma è utile per discriminare i tessuti molli peri-implantari sani o infiammati. Bisogna sottolineare che un corretto adattamento della mucosa peri-implantare rappresenta la prima barriera all’insulto batterico che determina il riassorbimento osseo. Avere tessuti molli periimplantari sani significa avere una buona stabilità dell’osso di sostegno dell’impianto. In virtù dei risultati di questa ricerca, l’uso di impianti post-estrattivi a carico immediato sembra incoraggiante. Di fatto la mancanza degli elementi dentali è la causa principale del riassorbimento osseo dei mascellari. Un altro rimodellamento indotto dall’estrazione dentaria è quello a carico dei tessuti molli; per esempio, la perdita totale delle papille interdentali che difficilmente potranno essere ricostruite con particolari procedure protesiche. Atwood nel 1963 ha descritto il riassorbimento osseo post-estrattivo nella mandibola, sovrapponendo i tracciati cefalometrici dei pazienti prima e dopo le estrazioni dentali. Nel 1972 Tallegren, in uno studio durato 25 anni, ha rilevato che, nel primo anno dopo la caduta dei denti, il riassorbimento è circa dieci volte maggiore rispetto a quello che si realizza negli anni successivi. Per ridurre al minimo questa perdita di osso, alcuni autori hanno proposto di inserire gli impianti subito dopo l’estrazione dei denti (17). Recentemente alcuni ricercatori (18) hanno dimostrato che un impianto post-estrattivo non previene il riassorbimento osseo. In particolare è stato evidenziato (19) che impianti post-estrattivi umani con rientro chirurgico dopo 4 mesi riportavano un riassorbimen- RICERCA INDICE DI PLACCA DOPO 12 MESI PLI O 1 2 3 media Vestibolare Palatale Mesiale Distale % 7 3 1 // 0,454545 5 2 // // 0,285714 4 3 2 // 0,777778 4 // 1 // 0,2 62,5 25 12,5 // 32 siti esaminati Tabella 1 to osseo buccale del 56%, mentre quello linguale era del 30%. La maggior parte degli autori sono concordi nel sostenere che, dopo il primo anno, il riassorbimento post-estrattivo nel mascellare superiore procede più lentamente che nella mandibola, la quale, nella zona posteriore, si riassorbe più velocemente che nella zona anteriore. Nel 1993 Wilson e Weber hanno elaborato una classificazione dei siti postestrattivi in base ai tempi, in relazione all’estrazione dell’elemento dentale e alle condizioni ossee. Questa classificazione prevede quattro tipi distinti: Q sito immediato, in cui l’estrazione del dente e l’inserimento dell’impianto vengono eseguiti nella stessa seduta; Q sito recente, in cui l’inserimento dell’impianto viene effettuato dopo 30-60 giorni dall’estrazione dentale; Q sito ritardato, in cui l’impianto viene inserito a guarigione ossea avvenuta, dopo una procedura rigenerativa; Q sito maturo, in cui l’impianto viene inserito a distanza di tempo dall’estrazione dentale, senza alcuna procedura rigenerativa. Il risultato migliore per la conservazione ossea si ottiene sfruttando il sito immediato per l’inserzione dell’impianto e caricando immediatamente l’impianto stesso con le forze masticatorie, in modo da mettere subito in funzione la struttura ossea e impedirne il riassorbimento da ipofunzione. L’inserimento immediato dell’impianto e la guarigione del sito anatomico consentono il mantenimento e a volte addirittura l’incremento dei diametri ossei (20), tenendo conto anche dell’influenza esercitata dal posizionamento dell’impianto in direzione vestibolo-linguale e mesio-distale Foto 19 Provvisorio cementato Foto 20 Aspetto radiografico dopo 4 mesi: non si osserva riassorbimento corticale Anno I - n°2 - maggio 2007 29 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE SULCUS BLEEDING INDEX DOPO 12 MESI SBI O 1 2 3 media Vestibolare Palatale Mesiale Distale % 5 4 // // 0,444444 7 4 // // 0,363636 1 2 2 // 1,2 1 2 4 // 1,428571 43,75 37,5 18,75 // 32 siti esaminati Tabella 2 PUNTO CHIAVE Come è stato dimostrato in ortopedia, è possibile ridurre i tempi di guarigione, sfruttando alcune tecniche di osteosintesi. 30 Anno I - n°2 - maggio 2007 (21) oltre che in senso apicale (22). Il riassorbimento post-estrattivo, infatti, può essere anche molto rapido e marcato, soprattutto nei casi che presentano ampie aree di flogosi e abbondante tessuto di granulazione, tanto da compromettere successivamente qualsiasi possibilità di trattamento implantare. Studi clinici effettuati sia in campo ortopedico (23) sia in campo dentale (24) dimostrano che i macromovimenti ai quali gli impianti vengono sottoposti in caso di carico funzionale antecedente l’avvenuta osteointegrazione comportano la formazione di tessuto fibroso tra superficie implantare e tessuto osseo ottenendo una fibrointegrazione. Al contrario, altri studi condotti sull’uomo e su modelli animali hanno riscontrato che impianti sottoposti a protesizzazione precoce o immediata non presentano differenze qualitative e quantitative per quanto riguarda l’osteointegrazione tra carico immediato o differito tradizionale. Come è stato osservato in ortopedia, sfruttando alcune particolari tecniche di osteosintesi vengono ridotti significativamente i tempi di guarigione (25,26); così in odontoiatria numerosi studi hanno evidenziato che il carico immediato degli impianti post-estrattivi accelera i processi di guarigione e di calcificazione del tessuto periimplantare, rimodellando e organizzando l’osso in relazione alle forze a esso applicate durante il periodo di osteointegrazione (27). Studi realizzati su modelli animali e studi clinici sull’uomo hanno dimostrato che i difetti orizzontali fra parete alveolare e superficie implantare compresi nei 2 mm possono guarire spontaneamente e ottenere osteointegrazione se vengono utilizzati impianti a superficie ruvida (28). Per molti anni l’osteointegrazione degli impianti dentali è stata considerata subordinata all’attesa di un periodo di guarigione compreso tra 3 e 6 mesi. La necessità di attendere questo periodo non era però supportata scientificamente, ma unicamente da dati clinici (29). Dati i risultati di questo studio e quelli ottenuti da altri ricercatori è lecito porsi il quesito se esista un modo per ridurre i tempi di attesa per il carico protesico di impianti inseriti in siti edentuli senza che i processi di guarigione ossea sulla superficie implantare siano alterati al fine di ottenere una corretta osteointegrazione. Abbiamo definito il successo implantare facendo riferimento alla NIH Consensus Development Conference del 1988 dove è stata ribadita la necessità di utilizzare criteri di controllo standardizzati. Albrektsson et al. (30) hanno codificato alcuni parametri fondamentali per decretare il successo di una terapia. Questi parametri prevedono: Q immobilità clinica dell’impianto; Q assenza di radiotrasparenza peri-implantare; Q perdita di osso non superiore a 0,2 mm l’anno successivo al primo anno di carico dell’impianto; Q assenza di segni e sintomi come: dolore, RICERCA infezioni, neuropatie, parestesie o interruzione del canale mandibolare; Q documentata percentuale di successo dell’85% dopo cinque anni e dell’80% dopo dieci anni. Si può così affermare che evitare un provvisorio mobile o fisso, con ancoraggio tramite fibre di kevlar ai denti vicini, durante la guarigione dei siti estrattivi e la successiva fase di osteointegrazione, rappresenta un notevole vantaggio per l’intera terapia, nonché per il comfort del paziente. Dai risultati ottenuti in questo studio possono essere tratte le seguenti osservazioni preliminari per caricare immediatamente impianti post-estrattivi immediati: Q è necessaria l’assenza di fenomeni infiammatori acuti apicali; Q la stabilità primaria degli impianti è un importante fattore per la loro sopravvivenza a lungo termine (torque di inserimento superiore a 35-40 N/cm); Q l’assenza della parete vestibolare rappresenta una controindicazione al posizionamento immediato di impianti; Q una precisa definizione dei criteri di successo è fondamentale per trarre conclusioni sull’affidabilità a lungo termine di queste procedure cliniche. Gli impianti post-estrattivi immediati a carico immediato consentono di ridurre le visite post-operatorie; il notevole aumento di comfort per il paziente e i benefici biologici garantiti da una protesi fissa, insieme all’entusiasmo del paziente, suggeriscono che questo tipo di approccio trova un’interessante applicazione clinica pur necessitando di ulteriori e più approfondite valutazioni scientifiche. Questo approccio permette, inoltre, di rispettare i tre principali obiettivi del clinico: preservare il più possibile l’osso residuo, dare al paziente una protesi funzionale e ripristinare l’estetica. Dove ancora oggi si è costretti a scendere a compromessi è l’aspetto estetico della riabilitazione implantoprotesica. Se nei settori posteriori delle arcate dentali l’estetica non è un parametro fondamentale per valutare positivamente l’efficacia della terapia, quando si interviene nei settori anteriori, il successo del nostro lavoro sarà considerato tale dal paziente solo se saremo in grado di garantire una buona condizione estetica. L’approccio terapeutico descritto in questo lavoro offre alcuni vantaggi nel ridurre i tempi operativi e la morbilità per il paziente, senza arrecare disagi conseguenti all’applicazione di una protesi parziale provvisoria immediata all’avulsione degli elementi dentali, mobile o ancorata con fibre di kevlar ai denti vicini. In conclusione, si può affermare che l’esecuzione di impianti post-estrattivi immediati a carico immediato non funzionale nei settori laterali anteriori può essere di estremo aiuto nel raggiungimento di un buon livello estetico nella riabilitazione implantoprotesica di elementi singoli dell’arcata dentale e che tale risultato è duraturo nel tempo, come è stato evidenziato dai controlli eseguiti a distanza di 24 mesi. Resta l’obbligo di sottolineare che si tratta di una tecnica ad alto rischio di fallimento non essendo stati codificati i principi che sono alla base di un successo predicibile in un campione di dimensioni maggiori. Pertanto, finchè altri autori non confermeranno i risultati ottenuti nella nostra ricerca e non saranno codificate alcune linee guida, si raccomanda di adottare questa procedura riabilitativa ai soli casi di effettiva necessità estetica. PUNTO CHIAVE L’approccio descritto in questo studio offre alcuni vantaggi nel ridurre i tempi operativi e la morbilità per il paziente. Bibliografia 1 Pietrokovski J, Massler M. Residual ridge remodeling after tooth extraction in monkeys. J Prosthet Dent 1971;26:119-29. 2 Pietrokovski J. Bone remodeling after tooth extraction. Isr J Med Sci 1971;7:433-6. Anno I - n°2 - maggio 2007 31 DentalClinics PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE 3 Scarano A, Iezzi G,Petrone G, Marinho C, Corigliano M, Piattelli A. Immediate postextraction implants: a histologic and histometric analysi in monkes. J Oral Implantol 2000;26:163-9. 14 Horiuchi K, Uchida H,Yomanoto K, Sugimura M. Immediate loading of Brånemark system implants following placement in edentulous patient: a clinical report. Int J Oral Maxillofac Implants 2000;15:824-30. 4 Barzilay I, Graser GN, Iranpour B, Natiella JR. Immediate implantation of a pure titanium implant into an extraction socket: Report of a pilot procedure. 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