CORRIEREFC_NAZIONALE_WEB(2016_02_03)
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TERZA PAGINA Corriere della Sera Mercoledì 3 Febbraio 2016 33 # In pagina Raffaello, seduttore (e genio) in carriera di Marisa Fumagalli I rresistibile, Raffaello. Breve, romanzesca vita — morì a 37 anni — fra arte e avventure. Galanti, per lo più. Michelangelo lo detesta, anzi lo odia. Tanto che «deciderà di lasciare Roma e di non farvi ritorno finché Sanzio non sarà morto», scrive Costantino D’Orazio nell’introdurre la sua ultima opera Raffaello segreto. Dal mistero della Fornarina alle Stanze vaticane (Sperling&Kupfer, pp.256, e 18). Già autore di altre vite di artisti (Caravaggio, Leonardo), D’Orazio, storico dell’arte, porta il lettore nel cuore del Rinascimento attraverso una figura geniale, raccontandone i capolavori senza trascurare, gli avvenimenti più importanti dell’epoca. Figlio di un pittore, poeta e intellettuale, Raffaello Sanzio, dissimile dal padre nel carattere, è un carrierista nato. E presto capisce come la pittura possa diventare per lui un mezzo di promozione sociale. Riesce, infatti, a diventare il beniamino di pontefici e magnati, sbaragliando una generazione di maestri, soffiando loro il posto nei cantieri vaticani. Neppure le belle donne gli resistono. Dalla cortigiana Imperia alla giovane Margherita Luti. Forse è lei che ha dato il volto alla Fornarina, celebre dipinto di Raffaello, attorno a cui aleggiano misteri ancora irrisolti. © RIPRODUZIONE RISERVATA La «Bibliografia» edita da Metauro Le dimissioni di Federico Motta, presidente dell’Associazione italiana Editori GLI AMICI DI BO ERANO SETTE COME LE NOTE Salone del libro, lo strappo dell’Aie: il nostro ruolo sempre più marginale di Sebastiano Grasso Vertici «N el 1948 Carlo Bo aveva letto 20 mila libri e mangiava 30 pesche al giorno», scrive Domenico Porzio su «Oggi». Bo allora ha 37 anni, da cinque convive con Marise Ferro (ex moglie di Guido Piovene: la sposerà nel ’61) e l’anno prima è stato eletto rettore dell’Università di Urbino. Lo resterà per sempre. Il «duca» muore nel luglio 2001. A gennaio aveva compiuto 90 anni e avevamo sperato che, come Prezzolini, potesse superare il secolo («Al suo fianco si poteva anche pensare d’essere immortali» annoterà Giovanna Ioli). Una vita straordinaria, quella di Bo, trascorsa a scandagliare — per un settantennio — una biblioteca sterminata: soprattutto narrativa, poesia e saggistica italiana, francese e spagnola del Novecento. Lettura e scrittura. Lo ricorda, adesso, per i 15 anni dalla scomparsa, il volume Carlo Bo: Bibliografia degli scritti (1929-2001) e Bibliografia degli scritti su Bo (1932-2015), a cura di Marta Bruscia, Ursula Vogt e Laura Toppan (Metauro, pp. 384, € 40). Scoperte, conferme, rivalutazioni di opere e autori, famosi ed esordienti. Certo è solo l’inizio, ma bisognava pur cominciare, osserva Stefano Verdino nella prefazione. Resta fuori, infatti, buona parte dell’attività di pubblicista (rubriche su vari settimanali, centinaia di articoli su «Stampa» e «Corriere», interventi in tv, e così via), altre prefazioni. Bo è stato un uomo generosissimo, soprattutto con gli esordienti. Ricordo un collega del «Corriere d’Informazione» cui Bo presentò un libro di versi: neppure un grazie; il maramaldo — cui è rimasto un ego smisurato — pensava che gli fosse dovuto. Qualche anno dopo, lo stesso chiese a Franco Di Bella — direttore generale dei quotidiani di Monti — di affidargli «Il Giorno» («Sono pronto»). Di Bella se la cavò con un sorriso. Può un regesto suscitare commozione? Certo. Dipende Carlo Bo dai rapporti fra Charlie (come lo chiamava Marise) e i suoi amici e discepoli: richiami, suggestioni, ricordi scanditi in successione di nomi, ordinati come su una scala musicale. Do: Sbarbaro. Suo insegnante di latino e greco a Genova, lo spinge ad occuparsi di letteratura. Re: Quasimodo. Da Bo più volte segnalato per il Nobel, lo stesso giorno che, nel 1959, gli viene comunicata l’assegnazione, si reca al Conservatorio Verdi (dove insegna Letteratura italiana), firma il foglio di presenza e fa lezione. Mi: Bacchelli. Per l’autore de Il mulino del Po, il critico ha sempre avuto una sorta di venerazione. Fa: García Lorca. Traduzione di libri singoli e di tutte le opere. Federico vuole dire anche Juan Ramón, Machado, Unamuno, Alberti. Sol: Spadolini. Bo tiene in cornice una foto col «professore» in sala da pranzo. «È ancora arrabbiato con me», sussurra a tavola. Nel 1994, mentre Bo si reca a Roma per le votazioni del nuovo presidente del Senato, nei pressi di Bologna ha dei capogiri e l’autista fa dietrofront. Spadolini non viene eletto per un voto («Non mi ha mai creduto e non me l’ha perdonata»). La: Luzi. Il poeta vuole dire Firenze (dove Bo si è laureato con una tesi su SainteBeuve) e anche Betocchi, Parronchi, Landolfi, Lisi, il «Frontespizio», Montale e il Viesseux, le Giubbe Rosse. Si: Bigongiari. Una volta che da Milano andiamo a Firenze in auto per un premio, Bo chiede di raggiungere il cimitero di Barberino del Mugello per una visita all’amico Piero. Dopo oltre un quarto d’ora davanti alla lapide, si passa la manica destra davanti agli occhi: «Andiamo», bofonchia. Non l’ho visto commuoversi così neppure ai funerali di Marise. Richiami, suggestioni, ricordi, s’è detto. Sfogliando la Bibliografia. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA di Cristina Taglietti N Federico Motta (1955, foto in alto), presidente dell’Associazione italiana editori (Aie), ha rassegnato ieri le dimissioni dal consiglio di amministrazione della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, ente organizzatore del Salone del libro di Torino Giovanna Milella (1949, al centro) presiede la Fondazione per il Libro dal 2015, dopo le dimissioni di Rolando Picchioni. Ieri ha accolto «con stupore» l’addio di Motta dal cda della Fondazione Lo scrittore e saggista Ernesto Ferrero (1938, foto in basso) è l’attuale direttore del Salone del libro di Torino, carica che ha già lungamente rivestito, dal 1998 al 2015, e che è tornato a ricoprire dopo le dimissioni della direttrice Giulia Cogoli nel settembre scorso on c’è tregua per il Salone del libro di Torino. Due settimane fa, co n l a co n fe re n z a stampa di presentazione, l’edizione 2016 (al Lingotto dal 12 al 16 maggio) sembrava faticosamente avviata dopo sei mesi turbolenti di cambi in corsa e bilanci in rosso. Tema scelto, «Visioni»; organizzazione assegnata, dopo un bando di gara, a Gl Events, la società francese proprietaria del Lingotto; programma in costruzione con presidente e direttore al lavoro gratis. Ma ieri è arrivata un’altra scossa. Il presidente dell’Aie, l’Associazione italiana Editori, Federico Motta si è dimesso dal consiglio di amministrazione della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, l’ente che organizza la rassegna (nei giorni scorsi a lasciare era stato il segretario generale della Fondazione Crt, Massimo Lapucci). Una decisione annunciata in una lettera inviata ai vertici della Fondazione e ai suoi soci dove si legge: «Alla luce dei profondi cambiamenti in atto, appresi molte volte dalla stampa, e preso atto del ruolo progressivamente marginale di Aie in seno al cda, riteniamo non più indispensabile la nostra presenza nel cda stesso della Fondazione». Ieri Motta non ha voluto commentare oltre ma il nodo della questione sembra essere l’ingresso, tra i soci, di Intesa Sanpaolo e del ministero dell’Istruzione e quello, annunciato e ancora in fase preliminare, di Unicredit con capitali importanti e quindi maggiore potere decisionale. In discussione però c’è anche la generale gestione della Fondazione che non solo organizza il Salone ma ha molte attività collaterali sul territorio che all’Aie interessano relativamente. Motta ha tuttavia tenuto a precisare che restano inalterati «il supporto e la partecipazione convinta degli editori al Salone del libro». Le dimissioni del presidente hanno suscitato molta sorpresa, a cominciare dai vertici del Salone. Giovanna Milella, presidente della Fondazione, risponde con un comunicato concordato con il sindaco Piero Fassino e il presidente della Regione Sergio Chiamparino, in cui scrive: «Stupisce la decisione dei rappresentanti dell’Aie in un momento di profondo riassetto della Fondazione per il Libro, con la manifesta disponibilità di divenirne soci da parte di ministeri e istituti bancari». Una posizione, quella dell’Aie, che non cambia i piani. L’ingresso dei nuovi soci porterà a modifiche statutarie e si va avanti. Infatti, continua Milella, «è un obiettivo che i soci intendono comunque portare a compimento nei tempi più celeri, facendo così dell’edizione 2016 l’occasione di rilancio del Salone che è il più grande evento italiano de- L’edizione 2016 del Salone del libro di Torino si terrà al Lingotto dal 12 al 16 maggio (Fotogramma) dicato al mondo del libro. E tra i più importanti del panorama internazionale». «Mi sembra che il tema dell’ingresso delle banche fosse stato affrontato con argomenti convincenti durante l’ultima riunione dei soci», ha commentato Sergio Chiamparino. La paura che le dimissioni di Motta siano il segnale di una disaffezione, se non di una defezione di massa, non c’è. Ernesto Ferrero, il direttore del Salone, che più di tutti ha il polso della situazione ed è nel pieno dei colloqui per la definizione del programma, ha sempre reso merito agli editori sottolineando il fatto che spesso sono stati disposti ad accollarsi pesi e responsabilità che normalmente non sarebbero di loro competenza. Anche quest’anno dice di aver regi- strato da parte loro «la massima disponibilità. Grazie alla loro collaborazione più che amichevole il palinsesto che sta prendendo forma si sta rivelando di grande qualità. Per il resto, l’operatività del Salone va avanti a pieno regime, anche perché l’interlocuzione con gli editori è diretta». Insomma, l’Aie è un’associazione di categoria (a cui non tutti gli editori aderiscono) ma, poi, naturalmente, ognuno decide per sé e il Lingotto rimane un’importante vetrina. Le reazioni Tra i nodi, i nuovi soci Intesa Sanpaolo, ministero dell’Istruzione e, in futuro, Unicredit 1923-2016 Addio a Intizar Hussain Il Pakistan nei suoi romanzi L o scrittore pachistano Intizar Hussain, uno dei grandi autori di lingua urdu a ricevere fama internazionale, è morto a Lahore all’età di 92 anni. È considerato un gigante della letteratura asiatica contemporanea, autore di romanzi, racconti e poesie, scritti in uno stile di rottura rispetto alla tradizione pakistana. Nel 2013 è stato finalista al Man Booker International Prize, il più importante premio letterario internazionale di lingua inglese, grazie alla traduzione in inglese del suo romanzo più famoso, Basti (1979). La «New York Review of Books» lo ha definito «lo straordinario romanzo della tragica storia del Pakistan». Nel 2014 Hussain fu insignito dalla Repubblica francese del titolo di ufficiale dell’Ordine delle Arti e delle Lettere. Traduttore di classici occidentali, attraverso la sua tecnica moderna, che si avvale di favole e rinnega i simboli religiosi e le mitologie dell’estrema sofferenza e martirio tipiche della cultura urdu, Hussain ha scritto la raccolta di racconti Lo spirito dell’acqua e il romanzo La morte di Sheherzad. Nato il 7 dicembre 1923, con la partition dell’India britannica tra India a maggioranza indù e Pakistan musulmano, optò per quest’ultimo, un’esperienza che raccontò mezzo secolo dopo nel romanzo Il primo mattino. Al di là delle versioni ufficiali, molti sono i rumors che circolano. C’è chi fa rientrare le dimissioni di Motta nel quadro dell’eterna lotta Milano-Torino sul dominio culturale, tema che fa parte della tradizione del Salone e che la nascita di BookCity avrebbe riproposto, con una parte di editori che vorrebbe approfittare della crisi del Salone per affondarlo definitivamente e puntare su Milano. In realtà Motta, fin dall’elezione a presidente dell’associazione, in settembre, proprio nei giorni in cui i vertici erano nel pieno del problematico riassetto, aveva dichiarato di desiderare per l’associazione un ruolo attivo, di voler contare di più, prendendo parte a decisioni e programmi. Sul ruolo defilato dell’Aie, Ernesto Ferrero risponde che il Salone non ha mai considerato marginale la presenza dell’associazione, anzi. «Semmai — spiega — avremmo desiderato un apporto più propositivo. I cambiamenti di cui parla Motta e che alludono all’ingresso tra i soci di ministeri e di importanti istituti bancari, vanno nel senso del consolidamento e rafforzamento del progetto Salone. Quella che si apre è una nuova stagione a cui si può guardare con ragionevole fiducia. Peccato che l’Aie abbia deciso di sbarcare proprio quando la nave riprende il largo. In ogni caso la navigazione non ne risentirà». I lavori vanno avanti, dunque, anche sugli altri fronti del programma. Sono in corso contatti con il Marocco, per la partecipazione al forum sulle culture e letterature arabe che sostituisce il format del Paese ospite e anche l’International Book Forum, l’area per lo scambio dei diritti, che sembrava in pericolo per i tagli al budget, ha buone probabilità di essere riproposta. © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 8727381