Complicazioni del diabete
Transcript
Complicazioni del diabete
Spedizione in AP – 45% – art. 2 comma 20/b legge 662/96 – Filiale di Milano Una copia 17.000 lire – 8,78 euro Complicazioni del diabete retinopatia e ulcere del piede In Italia il diabete ha una prevalenza del 3,7% e ogni anno vengono registrati 100.000 nuovi casi della malattia, per la maggior parte di tipo 2 (diabete non insulino-dipendente). u La retinopatia diabetica, nei paesi industrializzati, è la causa più comune di cecità in età lavorativa. Fino al 40% dei diabetici di tipo 2 ha, al momento della diagnosi, una retinopatia. u Nelle fasi iniziali la retinopatia non causa sintomi, ma può essere individuata attraverso l’esame del fundus oculi. E’ stato stimato in Gran Bretagna che l’adozione di un approccio basato sullo screening e il trattamento a tappeto della retinopatia potrebbe prevenire circa 260 casi di cecità ogni anno. u vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 Lo screening può essere condotto da oculisti o da personale esperto nella fotografia della retina. Lo screening deve essere organizzato in maniera efficiente a livello locale per assicurare un’adeguata copertura della popolazione. u Il 15% dei diabetici ha un’ulcera del piede associata a neuropatia, ischemia o entrambe. A parte i traumi, le infezioni gravi derivanti da un’ulcera diabetica sono il motivo più comune per l’amputazione. u Interventi multidisciplinari, come l’educazione del malato alla cura del piede, la podiatria, e l’uso di scarpe speciali possono migliorare la condizione, riducendo l’insorgenza di ulcere e la frequenza di amputazione. u Diversi trattamenti vengono oggi utilizzati per curare le ulcere da diabete, ma non vi sono prove a favore della loro efficacia. Health Care edizione italiana DA CONSULTARE PREFERIBILMENTE ENTRO IL: VEDI RETRO Nelle pagine centrali le attività del Programma nazionale per le linee guida dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali u 2 Complicazioni del diabete Introduzione Questo numero di Effective Health Care edizione italiana è basato su due revisioni sistematiche condotte per la produzione di linee guida di pratica clinica nazionale per il diabete di tipo 2.2,59 Il testo è diviso in due sezioni: la prima riguarda lo screening per la retinopatia diabetica, la seconda la prevenzione e il trattamento del piede diabetico. Tra le complicanze più comuni del diabete ci sono le ulcere croniche del piede e i difetti della vista seguenti alla retinopatia. La causa di entrambi i disturbi sembra imputabile ai livelli cronicamente elevati di glucosio nel sangue. La popolazione a rischio è ampia e in continuo aumento. Si stima che circa il 2% dei britannici siano affetti da diabete. Di questi circa 200.000 hanno la forma di tipo 1 (insulino-dipendente) e oltre un milione quella di tipo 2, non-insulino dipendente.1 In Italia la prevalenza della malattia diabetica è stimata intorno al 3,7% della popolazione, sulla base degli ultimi dati Istat disponibili, che risalgono al 1994. La stragrande maggioranza dei casi è rappresentata dal diabete di tipo 2, che spiega il 90-95% dei casi diagnosticati (ciò significa che la prevalenza del diabete di tipo 1 è dello 0,2-0,5%). Ogni anno si segnalano 100.000 nuovi casi di diabete. Ciò porterà in breve al raddoppio del numero dei diabetici (in totale circa tre milioni in Italia). I diabetici italiani corrispondono al 10% circa dei diabetici europei sia nelle stime attuali sia nelle previsioni dei prossimi 25 anni.109 Retinopatia Questa sezione è basata soprattutto su una revisione sistematica riguardo all’efficacia di diversi metodi di screening per la retinopatia diabetica.2 In Appendice sono riportate le informazioni sulla metodologia utilizzata per condurre la revisione. Premessa La retinopatia diabetica nei paesi industrializzati è la principale causa di cecità nelle persone in età lavorativa.3 A vent’anni dalla diagnosi quasi tutti i diabetici di tipo 1, e il 60% di quelli di tipo 2, hanno una retinopatia.4 Alcuni studi britannici sugli screening suggeriscono che il 5-10% dei diabetici ha una retinopatia di gravità tale da minacciare la vista;5-9 fino al 40% dei diabetici di tipo 2, di diagnosi recente, ha una retinopatia. In Italia questa complicanza riguarda il 25 per cento circa della popolazione diabetica, ma solo il 5 per cento ha la forma proliferativa. La retinopatia diabetica è la seconda causa di cecità bilaterale (13,1% dei casi); è la causa più comune di cecità nella fascia di età dai 50 ai 70 anni ed è la principale causa di riduzione del visus nella fascia di età dai 20 ai 70 anni. L’incidenza di cecità dovuta alla retinopatia diabetica non ha mostrato alcuna tendenza alla riduzione negli ultimi 25 anni, nonostante la diffusa disponibilità di servizi per la diagnosi precoce.110-111 Nella retinopatia diabetica i piccoli vasi che irrorano la retina (fondo dell’occhio) possono ostruirsi, «gonfiarsi» o divenire permeabili, causando edema e una crescita disordinata di nuovi vasi sanguigni fragili nella retina. Questo processo può continuare per anni senza causare disturbi visivi o compromissione della vista; durante questo periodo la retinopatia può essere diagnosticata con un esame del fondo dell’occhio. Se non viene trattata, il sanguinamento e la cicatrizzazione portano a una progressiva perdita della vista. Il trattamento prevede una fotocoagulazione laser. Studi condotti su campioni di pazienti molto ampi hanno mostrato che questo tipo di trattamento può prevenire la cecità, se praticato prima che compaia una perdita della vista significativa.10,11 Alcune metanalisi su studi di screening seguiti dal trattamento della retinopatia grave mostrano una notevole efficacia della diagnosi precoce.12,13 Il trattamento precoce può infatti circa dimezzare (rischio relativo 0,39; IC 95% 0,28-0,55) la frequenza di grave riduzione della vista o di cecità tra i diabetici rispetto ai non trattati. Screening per la retinopatia Se la retinopatia diabetica deve essere individuata e trattata prima che diventi una seria minaccia per la vista, è necessario che il paziente si sottoponga con regolarità a un esame dell’occhio. La retinopatia soddisfa tutti i criteri dell’OMS per i programmi di screening: è un importante problema di salute pubblica; sono disponibili procedure diagnostiche e test di screening adeguati per identificarla; c’è un trattamento efficace. Lo screening può avere inoltre un buon rapporto costo-efficacia, sia in termini di guadagno a lungo termine in salute sia in termini di risparmio in denaro reso possibile dalla prevenzione della cecità. Invero, studi statunitensi suggeriscono che il costo dello screening e del successivo trattamento possono essere inferiori al costo della cecità cui i malati andrebbero comunque incontro, nel tempo, in assenza di screening.14-16 E’ stato stimato che lo screening sistematico per la retinopatia diabetica potrebbe prevenire circa 260 nuovi casi di cecità ogni anno tra le persone di età inferiore ai 70 anni in Inghilterra e in Galles.17 Nonostante ciò in Inghilterra e in Galles c’è un’ampia variabilità nei servizi di screening, in termini sia di copertura sia di metodi utilizzati. Una ricerca ha mostrato che oltre il 40% dei programmi Tabella 1. Metodi di screening utilizzati per la retinopatia diabetica Strumento di Varietà screening (metodo) Gold standard Oftalmoscopio (oftalmoscopia) Diretta, indiretta Biomicroscopia L’oftalmoscopio consente di vedere il fondo dell’occhio. con lampada a fessura L’oftalmoscopia viene utilizzata di routine dai medici di base e dagli ottici Macchina per fotografare la retina Digitale, 33 mm, Stereofotografia polaroid, mobile a campi multipli o fissa (5 o 7) Health Care edizione italiana Commenti Sono macchine fotografiche speciali, che producono fotografie a colori della retina. Gli apparecchi digitali richiedono un uso minore del flash e consentono la visione dell’immagine sullo schermo di un computer vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 Complicazioni del diabete di screening raggiunge meno della metà dei diabetici presenti nell’area di riferimento, e che 18 ospedali, per una popolazione totale pari a 2,5 milioni di abitanti, non prevedono nessun tipo di screening per la loro area.18 Sono molto variabili anche i protocolli per le visite specialistiche e i tempi di attesa per i portatori di gravi forme di retinopatia. Efficacia dello screening della retina La revisione comprende venti studi: 9 condotti nel Regno Unito,10,11,19-25 6 negli Stati Uniti,26-31 2 in Olanda32,33 e uno rispettivamente in Nuova Zelanda,34 nelle Indie orientali35 e in Egitto.36 Metodi di screening L’efficacia dello screening per la prevenzione della cecità dipende dai metodi usati, dall’esperienza dell’operatore, dalla frequenza dell’esecuzione del test e da fattori organizzativi, e di altra natura, che influiscono sull’adesione al programma di screening. Gli approcci principali allo screening sono due: l’oftalmoscopia e la fotografia della retina e questi due metodi possono a loro volta essere ulteriormente suddivisi (vedi tabella 1). Entrambi vengono eseguiti con o senza la dilatazione della pupilla grazie all’uso di un collirio midriatico. L’oftalmoscopia diretta consente una veduta limitata della retina, mentre quella indiretta ne consente una più ampia, ed è quindi più sensibile. Le fotografie possono essere fatte con diversi tipi di apparecchi speciali, digitali, polaroid o a 35 mm. Questi metodi sono stati valutati in diverse condizioni, e da diversi gruppi di specialisti. I dati relativi alla sensibilità (percentuale di soggetti che hanno la retinopatia e risultano positivi al test) e alla specificità (percentuale di soggetti che non hanno la malattia in cui il test è negativo) degli studi britannici sono riassunti in tabella 2. Occorre sottolineare che pochi studi hanno soddisfatto i criteri proposti dalla British Diabetic Association per valutare l’efficacia dello screening (sensibilità superiore all’80%, specificità superiore al 95%, tasso di fallimento tecnico inferiore al 5%).37 vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 3 Sfortunatamente i diversi studi hanno utilizzato standard diversi di riferimento; ciò potrebbe aver prodotto risultati leggermente differenti, talvolta poco confrontabili. Fotografia della retina La fotografia della retina consente la separazione del processo di screening dalla valutazione della retina e fornisce una immagine duratura dello stato della retina. Può essere prodotta in diversi luoghi, dalle cliniche alle unità mobili; le fotografie possono poi essere valutate da lettori appositamente addestrati.38 Nella maggior parte degli studi di screening la fotografia viene fatta dopo midriasi. Ciò aumenta in modo significativo la qualità e la sensibilità dello screening; uno studio ha dimostrato che la midriasi migliora la sensibilità dal 61% all’81%.27 Il flash della macchina fotografica è però più fastidioso per il paziente dopo midriasi (viene giudicato «non disturbante» dall’80% invece che dal 90% dei soggetti) e la perdita temporanea della vista può rendere alcuni pazienti incapaci di guidare o di leggere piccole scritte anche per alcune ore dopo l’esame.39 La fotocamera digitale richiede un flash meno intenso e causa quindi minor disagio.24 Alcune fotografie della retina non sono chiare e non possono essere valutate. Ciò accade in una percentuale variabile di casi dal 3,7% al 22%;21,27,36 è invece meno frequente in presenza di midriasi. Con i sistemi digitali si possono prevedere ulteriori miglioramenti. Oftalmoscopia La maggior parte degli studi di screening che usano l’oftalmoscopia, riguardano quella diretta.10,11,22,23,27,30,32,34 Questo metodo ha una bassa sensibilità, anche quando praticato da esperti, a fronte di un’elevata specificità, di solito pari al 90-100% (vedi tabella 2). Ciò significa che quando la retinopatia viene individuata è probabile si tratti di un vero positivo. Uno studio recente condotto in Nuova Zelanda ha mostrato che i diabetologi ospedalieri ottengono buoni risultati con l’oftalmoscopia, con sensibilità del 70% per la retinopatia di ogni grado e dell’80-90% per le forme più gravi.34 Comunque, in altri studi condotti nelle medesime condizioni sono stati riportati risultati scadenti. Uno studio londinese condotto su un singolo diabetologo ha riportato una sensibilità del 27% per l’individuazione della retinopatia grave.20 Nonostante le prove di un’ampia variabilità nell’accuratezza, l’oftalmoscopia condotta da consulenti o giovani medici in contesto ospedaliero è stato il metodo di screening più spesso utilizzato.38 L’oftalmoscopia eseguita dai medici di base ha di solito una bassa sensibilità, che varia dal 33% per la retinopatia di qualsiasi grado al 67% per quella grave.11 La specificità è di solito elevata (75-100%). Risultati molto variabili sono stati riportati pure per ottici e oculisti.10,22,26,27,29,31,35 Nel più grande studio britannico gli ottici non si sono mostrati più accurati dei medici di base con il 48% di sensibilità per la retinopatia grave.11 Il motivo fondamentale per la mancanza di sensibilità dell’oftalmoscopia diretta è che essa offre un campo visivo limitato. L’oftalmoscopio è ormai usato raramente dagli oculisti, in quanto è stato sostituito dalla biomicroscopia con la lampada a fessura o con lenti tenute a mano, sistemi che offrono un campo visivo più ampio. Uno studio britannico recente, condotto su oculisti accreditati dopo una speciale formazione, ha mostrato livelli di accuratezza più elevati.19 I partecipanti ricorrevano alla midriasi, mentre non era specificato il tipo di oftalmoscopio utilizzato. Il valore predittivo positivo era pari al 79% (vale a dire che il 79% dei pazienti visitati presentava una retinopatia che ha richiesto un trattamento), mentre il valore predittivo negativo era pari al 100% (non sono stati persi casi). I livelli di sensibilità e specificità (tabella 2) rispondevano agli standard sopra menzionati.37 Uso combinato di oftalmoscopia e fotografia della retina Le due tecniche possono essere considerate complementari. L’oftalmoscopia consente l’esame di parti della retina che di solito non appaiono in fotografia, mentre la fotografia produce una registrazione durevole che può essere utilizzata come garanzia di qualità dell’esame, senza bisogno di sottoporre Health Care edizione italiana 4 Complicazioni del diabete Tabella 2. Screening per la retinopatia diabetica nel Regno Unito (tutti gli studi riguardano soggetti con diabete di tipo 1 e 2). Gli studi sono ordinati in ordine alfabetico secondo il nome del primo autore Primo Metodo Operatore Numero autore, di screening di soggetti data sottoposti a screening (se riportato) Burnett, Oftalmoscopia: Ottico 536 199819 dettagli non forniti Gravità della retinopatia Sensibilità Specificità Confronto (%, IC 95%) (%, IC 95% (gold se standard) riportato) Attribuibile 100 Buxton, 199111 Costituisce un serio pericolo per la vista 53 (44–62) 91 (90–92) 2.799 Costituisce un serio pericolo per la vista 56 (49–72) 97 (96–98) 282 Di qualsiasi entità Costituisce un serio pericolo per la vista Di qualsiasi entità proliferativa 51 (35–68) 50 27 55 Forrest, 198720 Oftalmoscopia Medico diretta di base Ottico Medico ospedaliero Apparecchio Oculista Polaroid, sul territorio non midriasi o in clinica ospedaliera, foto lette da un oculista Oftalmoscopia Diabetologo Infermiera Diabetologo Infermiera Gibbins, Fotocamera 199421 35mm, midriasi Medico di base Gibbins, Oftalmoscopia Medico 199822 diretta di base Ottico Medico di base Ottico 2.350 307 416 143 613 nella prima Di qualsiasi fase dello studio entità 644 nella seconda fase Fotocamera 35mm, midriasi Medico di base Ottico Diabetologo Medico di base Ottico Diabetologo Harding, Oftalmoscopia Oculista 358 199523 diretta sul territorio Costituisce un serio pericolo per la vista Di qualsiasi entità Costituisce un serio pericolo per la vista Costituisce un serio pericolo per la vista Fotocamera 35mm, midriasi Assistente di clinica oculistica, medico di base O’Hare, Oftalmoscopia Ottico 199610 diretta Taylor, 199924 Oftalmoscopia diretta, più foto con midriasi Apparecchio Polaroid Medico di base Ottico Operatore di screening di distretto Attribuibile 517 493 197 534 Polaroid e oftalmoscopia Non chiaro Assistente di clinica oculistica Health Care edizione italiana 48 (26–70) 94 (92–97) 67 (50–84) 96 (94–98) 99 (97–100) 99 99 92 Oftalmoscopia Operatori (ottici praticata di comunità) formati da un oculista e accreditati, con retribuzione di 20 sterline per ogni esame Oftalmoscopia Studi praticata di costo-efficacia da un assistente basati sugli stessi appositamente dati48,49 addestrato 5% delle foto non utilizzabile, il 90% valutabili Fotografia stereoscopica del fundus oculare a 5 campi Intervalli di confidenza riportati solo per i diabetologi. Retinopatia di qualsiasi entità 87 (66–97) 77 (70–85) 100 96 (92–99) Stesse foto valutate dall’oculista Valutazione basata su immagini di buona qualità (78% del totale) 63 (56–69) 75 (70–80) Foto valutate da personale addestrato 74 (67–81) 80 (75–85) 66 (54–77) 94 (91–96) 82 (68–92) 90 (87–93) 79 (74–85) 73 (68–79) 88 (83–93) 68 (62–74) 73 (66–79) 93 (89–96) 87 (77–94) 85 (81–88) 91 (79–87) 83 (79–87) 89 (79–95) 91 (88–94) 65 (51–79) 97 (95–99) Stesse foto valutate da personale addestrato Biomicroscopia con lampada a fessura eseguita da esperti 89 (80–98) 86 (82–90) Apparecchi digitali Williams, Fotocamera 198625 35mm o Polaroid, non midriasi 94 (90–98) 62 Di qualsiasi entità Attribuibile Di qualsiasi entità Attribuibile Di qualsiasi entità Attribuibile Di qualsiasi entità Commenti 73 93 60 98 14% delle foto non ottenibili Oftalmoscopia Solo gli ottici praticata che utilizzavano da un oculista entrambi i metodi hanno raggiunto i criteri BDA 88 99 72 (66–78) 88 (85–91) 90 (86–94) 74 (68–80) 85 (80–90) 92 (86–98) 95 (91–99) 96 (88–99) Fotografia stereoscopica 97 (95–99) a sette campi 96 (94–98) (118 pazienti, selezionati 98 (96–100) in maniera random) 92 (86–98) I risultati hanno soddisfatto i criteri della BDA per la retinopatia. I pazienti preferivano la tecnica digitale; il 2,6% a disagio vs il 17% 97 (95–99) con la Polaroid 98 (87–100) Oftalmoscopia Livelli di accuratezza praticata insolitamente alti, da un oculista ma studio piccolo vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 Complicazioni del diabete nuovamente il paziente a controlli. I due metodi, usati insieme da ottici od oculisti, possono fornire un elevato grado di accuratezza10,24,40 ma la sensibilità scende sotto i livelli accettabili quando lo screening viene praticato dai medici di base.10,11 Chi pratica lo screening e dove? C’è un’ampia variabilità nella sensibilità dello screening eseguito da professionisti diversi (tabella 2). In generale sembra che gli screening più accurati siano quelli condotti da specialisti, come gli oculisti, indipendentemente dal metodo utilizzato. Sono stati riportati buoni risultati, tra loro concordi, in studi americani nei quali le fotografie venivano valutate da personale appositamente addestrato in centri specialistici.25,27,29 Nel Regno Unito la fotografia della retina praticata nelle unità mobili si è dimostrata un’alternativa pratica ed efficace.23,38,41 Il livello di addestramento richiesto per utilizzare efficacemente l’apparecchio fotografico non è tuttavia definito. E’ necessaria comunque un’esperienza notevole per interpretare la fotografia con precisione. Qualunque sia il metodo di screening utilizzato, il controllo di qualità è essenziale. Un servizio indipendente per assicurare la qualità delle fotografie della retina è disponibile in Gran Bretagna presso il Retinopathy Grading Centre dell’Imperial College School of Medicine di Londra. Una relazione proveniente dallo Shropshire descrive un servizio efficace attivato nel 1996.42 Gli operatori sono oculisti accreditati dal Servizio sanitario nazionale, formati dal Servizio di diabetologia locale e retribuiti per ogni rapporto prodotto sull’andamento dello screening. I pazienti vengono inviati allo screening dai medici di base; quasi 8.000 – il 90% della popolazione obiettivo – sono stati valutati; il 10% è stato rinviato a consulto, e di questi il 20% ha ricevuto un trattamento. Quando lo screening praticato dagli oculisti viene confrontato con la fotografia della retina, si riscontrano differenze minori nel 4,4% dei casi ma mai disaccordi sugli interventi richiesti. Ulteriori informazioni, compresi i dettagli sulla formazione e il protocollo vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 5 per le visite specialistiche, sono disponibili presso il Royal Shrewsbury NHS Trust. Frequenza dello screening Gli studi di popolazione suggeriscono che i diabetici senza retinopatia hanno una bassissima probabilità di andare incontro a cecità entro 4 anni. Quelli che hanno una forma di retinopatia sono a maggior rischio.43-45 Questi studi riguardavano tuttavia soggetti bianchi; la popolazione in molte parti della Gran Bretagna potrebbe avere profili di rischio differenti. In più ci sono gruppi, tipicamente le donne in gravidanza, in cui può verificarsi una progressione rapida. Uno studio americano ha elaborato stime dei costi e dei risultati per otto diverse strategie, compreso uno screening di routine eseguito ogni due-quattro anni e un nuovo screening eseguito dopo un intervallo variabile tra 6 e 24 mesi per i soggetti già affetti da retinopatia.14 Tutte queste strategie hanno prodotto benefici superiori ai costi, ma i programmi che prevedevano un intervallo di sei mesi per la ripetizione dell’esame nei soggetti con precedente retinopatia sono apparsi quelli capaci di offrire il maggior guadagno di salute in termini di anni di vista per persona. Uno studio islandese ha confrontato uno screening a intervalli di uno o due anni.45 La frequenza biennale, benché sufficiente per le persone senza retinopatia, si è dimostrata meno adatta di quella annuale. C’è una presa di posizione comune, in Europa, sul fatto che un intervallo di 12 mesi è la frequenza ottimale dello screening.37,46 Il programma per il trattamento delle malattie croniche che coinvolge i diabetici nella rete dell’assistenza primaria prevede un check-up completo del paziente, comprensivo di visita oculistica, da eseguirsi almeno una volta l’anno. Costi e rapporto costo-efficacia Qualsiasi programma di screening richiede un investimento iniziale in attrezzature, formazione e amministrazione e avrà costi organizzativi e di personale permanenti. I costi strutturali per avviare un programma di screening per la retinopatia diabetica devono includere i costi di acquisto delle macchine fotografiche per il fundus oculi (circa 14.000 sterline per un attrezzatura Polaroid, 28.000 sterline per fotocamere digitali e computer) e furgoni per le unità mobili.47 Altri costi necessari comprendono l’istituzione di sistemi di controllo di qualità e di richiamo efficaci. Gli studi di costo-efficacia sono stati prodotti utilizzando dati provenienti dal Regno Unito48,49 e dagli Stati Uniti.28 Nessuno di questi studi ha fatto una valutazione complessiva di tutti i costi dei programmi di screening. Sulla base degli studi non è quindi possibile trarre conclusioni sul rapporto costo-efficacia dei diversi metodi di screening. Al massimo questi studi potrebbero indicare come migliorare il rapporto costo-efficacia. Una maggior sensibilità dell’esame migliora il rapporto costo-efficacia, che diminuisce invece in modo netto se la sensibilità scende sotto il 40%.14 Quando lo screening viene condotto all’interno di un controllo di routine, i costi per paziente sono di solito bassi. Per esempio, i costi per i medici di base che eseguono un esame oftalmoscopico durante un controllo di routine sono di 9 sterline per paziente, o di 273 sterline per caso «vero positivo» di retinopatia grave identificato (assumendo una sensibilità media del 53%).49 Anche se il rapporto costo-efficacia migliore è stato riportato per gli screening eseguiti nell’ambito dell’assistenza primaria, non sembrano comunque offrire il livello di efficacia richiesto dalla British Diabetic Association. Questo studio riporta infatti costi più elevati per la fotografia della retina.49 Il costo per «vero positivo» era di 497 sterline (circa un milione e mezzo di lire) quando gli oculisti valutavano le fotografie eseguite in ambito di medicina di base, ma di 1.178 sterline (circa tre milioni e mezzo di lire) quando la foto veniva fatta in ospedale. Questa differenza riflette l’uso più frequente della fotocamera mobile nella medicina di base, con minor costo pro capite. Lo screening mobile, eseguito servendosi di un veicolo dotato di macchina per la fotografia del fondo oculare, è stato proposto come scelta efficace ed economica. Health Care edizione italiana 6 Complicazioni del diabete I costi riportati sono di 10-13 sterline (circa trentamila lire) per paziente e di poco superiori a 1.000 sterline (circa tre milioni di lire) per il diabetico che richieda un trattamento laser.12,38 Questo include il salario del fotografo, l’ammortamento e i costi di gestione del mezzo mobile e della fotocamera, oltre ai costi di pellicola e sviluppo.8 Il costo dello screening praticato da ottici accreditati a Londra era pari a 12,62 sterline (circa trentamila lire) per caso (compresa la formazione e i costi del programma di controllo di qualità), più un compenso di 20 sterline (circa 60 mila lire) per l’ottico.19 Il costo per caso identificato (2,3% dei pazienti valutati) era di 581 sterline (circa un milione e mezzo di lire). In linea di massima, per fare valutazioni di questo tipo occorre sempre confrontare i costi legati alla mancata attuazione di programmi di screening efficaci rispetto ai costi necessari alla loro applicazione. I costi della mancata attuazione potrebbero includere non solo il costo sociale della cecità «evitabile-non evitata», ma anche i costi legali nel caso in cui i malati dovessero citare l’Health Authority per negligenza. Raccomandazioni di politica sanitaria u u u u u u Ci sono prove a favore dell’efficacia di programmi di screening per tutti i diabetici che non sono in trattamento per una retinopatia. Il servizio deve essere organizzato in maniera efficiente a livello locale per assicurare un’adeguata copertura della popolazione. Lo screening può essere erogato da ottici accreditati, finanziato con tariffa pro capite, o attraverso unità mobili equipaggiate per effettuare la fotografia della retina. Al momento non è possibile fornire raccomandazioni specifiche sul metodo di screening migliore, che potrebbe variare in base alle circostanze. Gli operatori dovrebbero ricevere una formazione adeguata. I sistemi di controllo della qualità sono essenziali. Raccomandazioni per la ricerca Bisogna svolgere ulteriori ricerche sulle seguenti questioni. Health Care edizione italiana u u Il modo migliore e con il miglior rapporto costo-efficacia per organizzare uno screening. La frequenza dello screening. Il piede diabetico A un certo momento nell’evoluzione della malattia, il 15% delle persone con diabete sviluppa ulcere al piede associate a una neuropatia periferica o ischemia.50 La neuropatia porta a perdita di sensibilità e di controllo muscolare e può causare numerosi altri sintomi, come il dolore. Questo può comparire insieme all’ischemia. In uno studio su una popolazione di 1.077 pazienti con diabete, il 7,4% aveva un’ulcera del piede o ne aveva avute in passato; il 40% aveva una neuropatia, il 24% un’ischemia e il 36% entrambi i disturbi.51 La frequenza di recidiva per le ulcere del piede è del 35-40% a tre anni e del 70% a cinque anni.52 Le ulcere possono avere conseguenze gravi, sono foci di infezioni, che possono diffondersi rapidamente, causando la distruzione del tessuto circostante.53 Il 5-15% delle persone con piede diabetico deve sottoporsi a un’amputazione delle dita dei piedi o del piede stesso, di solito per la comparsa di gangrena; negli Stati Uniti le ulcere del piede precedono l’85% delle amputazioni nelle persone con diabete.54,55 Fino a due terzi delle amputazioni non traumatiche negli Stati Uniti sono fatte in diabetici, le cui ulcere sono andate in gangrena.56 Le amputazioni agli arti inferiori sono 15 volte più frequenti nei diabetici rispetto alla popolazione generale e il rischio aumenta con l’età: diventa 7 volte maggiore nei pazienti ultrasessantacinquenni rispetto a quelli con meno di 45 anni.112,113 Le ulcere del piede sono tra le condizioni più costose nel trattamento del diabete.57 Sono un grave carico per i servizi di comunità, dato che la maggior parte dei pazienti è trattata al di fuori dell’ospedale e che le infermiere di distretto possono assisterli fino a tre volte la settimana.58 In Italia l’epidemiologia del piede diabetico non è ben nota, soprattutto perché questa condizione patologica è eterogenea e non univocamente caratterizzata. Una stima della sua frequenza è complicata anche dal tipo di test utilizzato per la diagnosi, ma si ritiene che circa il 30% di chi soffre di diabete da almeno 10 anni abbia una forma di neuropatia diabetica. Le ulcere distali si riscontrano nel 15% dei diabetici e nel 6-20% di tutti i pazienti diabetici ospedalizzati.114 Nel mondo occidentale non ci sono differenze sostanziali nel trattamento del piede diabetico, che si avvale di molteplici presidi medici e chirurgici.115 Metodologia di revisione della letteratura Questa sezione è basata su una revisione sistematica che valuta l’efficacia degli interventi per il trattamento o la prevenzione delle ulcere del piede diabetico.59 La metodologia di revisione è descritta in Appendice. Prevenzione E’ possibile riconoscere il piede a rischio per ulcere da neuropatia controllando la perdita di sensibilità all’esame obiettivo neurologico.60-62 I filamenti plastici (monofilamenti) offrono un modo economico, efficace e conveniente per valutare l’entità della neuropatia.63,64 Uno studio randomizzato di grandi dimensioni, che aveva reclutato 2.001 casi, condotto in una clinica per diabetici di Liverpool ha dimostrato che la frequenza di amputazione tra le persone a rischio elevato di ulcere potrebbe essere significativamente ridotta mediante un programma di protezione del piede.65 I pazienti con diabete di tipo 2 e deformità del piede, precedenti ulcere, malattie vascolari o neuropatie significative sono stati randomizzati all’intervento – che prevedeva sedute settimanali di chiropodia, lezioni di igiene personale, bendaggio del piede, scarpe protettive ed educazione – o alla cura abituale. Dopo due anni, l’insorgenza di ulcere nel gruppo esposto all’intervento educativo si era ridotta ma non in maniera significativa, passando al 2,4% rispetto al 3,5% del gruppo che aveva ricevuto il trattamento standard (p=0,14). Le amputazioni, tuttavia, si erano ridotte di tre volte, con 7 casi nel gruppo di intervento rispetto ai 23 del gruppo di controllo (p<0,04). L’educazione e la podiatria (intesa come la disciplina che insegna a prendersi cura del piede) possono vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 Complicazioni del diabete migliorare la conoscenza della cura del piede e in alcuni casi portare a miglioramenti.66-72 Questi studi riguardavano sessioni educative addizionali della durata di 6-18 mesi, per lo più eseguite da infermieri o podiatri, a casa del paziente o in clinica. Comprendono istruzioni sull’importanza del controllo della glicemia, l’ispezione del piede, l’igiene, che cosa indossare e come trattare le infezioni fungine, i calli o le ferite della pelle. Uno studio ha riportato una frequenza di ulcere significativamente inferiore nei pazienti ad alto rischio.69 I pazienti con ulcere o sottoposti ad amputazione sono stati randomizzati a un intervento basato su una sessione di educazione intensiva della durata di un’ora offerta una sola volta (103 pazienti) rispetto alla cura abituale (100 casi). Al gruppo di intervento sono state mostrate diapositive relative a ferite e amputazioni ed è stata fornita una check list che elencava una serie di misure di autocura del piede. A un anno di distanza nel gruppo di intervento si erano verificate 8 ulcere e 7 amputazioni, confrontate con 26 ulcere e 21 amputazioni in quello di controllo (p=0,005 e 0,025 rispettivamente). Interventi relativi alle calzature Le formazioni callose spesso precedono lo sviluppo di ulcere neuropatiche.50 Il callo tende a formarsi nei punti di pressione delle scarpe e si associa alle anomalie nella posizione del piede in funzione del peso corporeo, anch’esse dovute alla neuropatia. Questi problemi possono essere ridotti attraverso apparecchi ortopedici correttivi (di solito fatti su misura per ridistribuire il peso del piede) o scarpe terapeutiche. Uno studio (nel quale erano stati inclusi 69 pazienti) ha mostrato che le scarpe terapeutiche con plantari riducono le ulcere nei soggetti ad alto rischio. La frequenza di recidiva o di insorgenza di una nuova ulcera a un anno è stata del 28% nel gruppo di intervento, rispetto al 58% tra chi ha continuato a indossare le proprie scarpe (p=0,009).73 Uno studio di piccole dimensioni ha mostrato che l’uso di plantari (senza scarpe speciali) riduce il callo per un anno, vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 11 ma il beneficio non è risultato significativamente superiore a quello dato dalla podiatria.74 Efficacia del trattamento Corsetti ad aderenza totale Questo tipo di presidio comporta l’uso di un corsetto gessato per ridistribuire il peso sul piede. Uno studio condotto su 40 pazienti con ulcere sulla pianta del piede (ulcere plantari) ha dimostrato che questa tecnica porta a una guarigione più veloce rispetto al trattamento convenzionale (42 vs 65 giorni).75 Antibiotici Gli antibiotici utilizzati per via sistemica sono parte del trattamento standard per le infezioni invasive associate alle ulcere del piede. Sono stati identificati quattro studi randomizzati. Uno studio in doppio cieco che confrontava amoxicillina e acido clavulanico vs placebo (n=44) non ha mostrato benefici. Il 32% dei pazienti con ulcere non gravi che ha assunto antibiotici ha risolto le proprie infezioni entro 20 giorni, rispetto al 50% di quelli che hanno ricevuto un placebo.76 Studi randomizzati che comprendevano pazienti con infezioni più gravi, come l’osteomielite, non hanno mostrato differenze significative tra i seguenti trattamenti: clindamicina vs cefalexina (n=56);77 imipenem/cilastatina vs ampicillina/sulbactam (n=93);78 ofloxacina vs ampicillina/sulbactam/acido clavulanico (n=88).79 Fattori di crescita Queste sostanze, derivate da tessuti umani, possono stimolare la crescita. Cinque studi randomizzati, con un numero di pazienti variabile fra 13 e 382 hanno mostrato che 3 tipi di fattori di crescita (CT-102, RGDpm, e rhPDGF) possono determinare una guarigione più veloce delle ulcere non infette.80-84 Uno studio pilota che faceva uso di rbFGF non ha mostrato benefici.85 In questi studi non sono stati riportati eventi avversi. Fattore di stimolazione dei granulociti (G-CSF) Il G-CSF può aumentare la capacità di combattere le infezioni. In uno studio che ha coinvolto 40 diabetici con ulcere gravemente infette, tutte trattate con antibiotici, il G-CSF ha significativamente ridotto le infezioni.86 Dopo una settimana, il 21% del gruppo trattato con G-CSF aveva una guarigione delle ulcere, rispetto a nessun caso di guarigione nel gruppo di controllo. Quattro casi del gruppo placebo hanno richiesto chirurgia, rispetto a nessuno del gruppo trattato. Sostituzione dermica E’ un prodotto composto da cellule di pelle umana, coltivato su una struttura assorbibile. Sono state identificate tre pubblicazioni, tutte derivanti dall’Advanced Tissue Sciences Inc. (Stati Uniti), che descrivevano studi randomizzati relativi alla sostituzione dermica. Due riguardavano lo stesso studio multicentrico (n=281),87,88 mentre il terzo descriveva uno studio pilota precedente (n=50).89 Questi studi suggeriscono benefici ma i loro risultati dovrebbero essere valutati con cautela in quanto c’è una notevole perdita di soggetti al follow-up (il 22% nel gruppo che ha ricevuto tessuti umani, l’11% dei controlli nello studio più grande) e non era stata praticata l’analisi in base al principio della intenzione al trattamento. Sono necessarie ulteriori ricerche per valutare l’efficacia della coltura del derma. Ketanserina Sono stati identificati due studi sulla pomata al 2%, che si crede possa migliorare l’afflusso locale di sangue. Uno studio (n=140) comprendeva solo pazienti con diabete di tipo 2,90 l’altro (n=299) comprendeva 45 pazienti con diabete.91 Entrambi suggeriscono che la ketanserina per via topica possa aumentare la frequenza di guarigione. Uno studio sulla somministrazione della ketanserina per via orale (n=45) non ha mostrato effetti significativi.92 Prostaglandine Uno studio che faceva uso dell’analogo delle prostaglandine, l’iloprost,93,94 e uno relativo alla prostaglandina E195 suggeriscono che le prostaglandine possono migliorare la guarigione delle ulcere diabetiche ischemiche. Tuttavia, la qualità metodologica di questi studi era scarsa; le misure di esito erano di carattere soggettivo, la valutazione non in cieco, le caratteristiche all’inizio dello studio e i risultati riportati in modo insufficiente. Health Care edizione italiana 12 Complicazioni del diabete Altri agenti per via topica Alcuni studi di piccole dimensioni hanno riportato benefici per diverse sostanze. Uno studio randomizzato ha mostrato che un pediluvio a base di dimetilsulfossido eseguito tre volte al giorno per 15 settimane riduce il dolore e favorisce la guarigione delle ulcere croniche (n=40).96 Uno studio di maggiori dimensioni (n=181) suggerisce un possibile beneficio derivante dall’uso di un gel contenente rame e aminoacidi (Iamin-2% gel) applicato immediatamente dopo la ripulitura.97 Ossigenoterapia iperbarica Uno studio randomizzato (n=70) relativo a pazienti con gravi ulcere ha mostrato che una media di 38 sessioni quotidiane in una camera iperbarica riduce la necessità di amputazioni maggiori (8,6% aveva amputazioni maggiori rispetto al 33,3% dei controlli; p=0,016).98 Tuttavia il numero totale di amputazioni era simile in entrambi i gruppi (31% e 30%). Uno studio randomizzato (n=28) nel quale si sperimentava l’utilità di sottoporre il piede malato a un trattamento in una camera iperbarica non ha mostrato alcun effetto terapeutico.99 Curettage Uno studio svedese ha mostrato che due medicazioni adesive a base di idrocolloidi, aventi lo scopo di migliorare il curettage delle ulcere necrotiche, ha prodotto effetti negativi, tra cui dolore.100 La frequenza di guarigione delle ulcere non era riportata nello studio. I risultati di un piccolo studio (n=41) suggeriscono che la pulitura con un unguento a base di iodio cadexomero può favorire la guarigione più del trattamento standard, ma la differenza riportata non era statisticamente significativa.101 dei seguenti interventi di prevenzione. u Identificazione delle persone a rischio elevato e rinvio a visita specialistica presso cliniche specializzate che offrano educazione, podiatria e calzature adatte. u Scarpe terapeutiche con plantari I seguenti trattamenti possono essere efficaci ma sono necessari ulteriori studi per valutarne l’utilità: u Corsetti ad aderenza totale. u Fattori di crescita. u Fattore di stimolazione delle colonie di granulociti per pazienti con infezioni gravi. u Pomata a base di ketanserina al 2%. u Gel Iamin. u Curettage delle piaghe. La ricerca deve inoltre essere finalizzata a rispondere alle seguenti domande. u Qual è l’efficacia del trattamento antibiotico nel migliorare la guarigione, o nel ridurre le infezioni o il dolore associati alle ulcere neuropatiche o neuro-ischemiche? u Qual è l’effettivo beneficio di una corretta ripartizione del peso corporeo per le persone con ulcere da piede diabetico che indossano calzature appropriate? u Quali dovrebbero essere gli interventi educativi per le persone con diabete? Gli studi dovrebbero considerare i risultati a lungo termine. Che cosa si potrebbe fare in Italia? u u Fasciature L’efficacia di diversi tipi di fasciature per curare le ferite (alginato, medicazioni idrocellulari) è stata confrontata in piccoli studi.102-108 Nessuno di questi ha mostrato una superiorità di un tipo di fasciatura su un’altra. Raccomandazioni di politica sanitaria e per la ricerca Ci sono prove a favore dell’efficacia Health Care edizione italiana u Campagne di informazione che mirino a sensibilizzare il pubblico e gli operatori sanitari sul rischio e la gravità della retinopatia diabetica e sulla corretta gestione del piede diabetico. Diffusione capillare a diabetologi, oculisti, podiatri, ortopedici e medici di medicina generale di protocolli diagnostici e terapeutici internazionali validi per la prevenzione e la cura di queste complicanze. Arrivare presto alla stesura di linee guida italiane clinico-organizzative per pazienti, medici di medicina generale, diabetologi e specialisti per la gestione delle complicanze diabetiche, definendo calendari operativi, percorsi assistenziali, u trattamenti appropriati ed efficaci. Definire in modo chiaro le aree che necessitano di ulteriori studi di efficacia in modo che si definisca una chiara separazione tra interventi da erogare nella routine assistenziale e quelli da fornire solo nell’ambito di sperimentazioni cliniche ben disegnate. Appendice 1 Screening per la retinopatia: metodologia di revisione della letteratura Strategia di ricerca La ricerca è stata svolta sui seguenti database a partire dal 1983: Cinahl, Registro Trial Cochrane, Embase, Healtstar, Medline, Psychlit, Science Citation, Social Science Citation, HEED, NHS Economic Evaluation Database per le valutazioni economiche ed ECRI HTAIS. Sono stati ricercati gli studi in corso e non pubblicati. Gli atti dei congressi sono stati esaminati usando l’ISI (Index to Scientific and Technical Conference Proceedings). L’accesso alla «letteratura grigia» è stato reso possibile attraverso i database HMIC e SIGLE. Valutazione della qualità metodologica degli studi Gli studi riguardanti il diabete di tipo 1 e 2 sono stati inclusi se indirizzati specificamente allo screening e al trattamento precoce della retinopatia diabetica. La valutazione e la classificazione dei lavori è stata condotta da due revisori in modo indipendente, e i punti di disaccordo sono stati chiariti mediante discussione. Non è stato identificato nessuno studio che riguardasse lo screening per la retinopatia. Le prove di qualità migliori derivavano da studi di coorte. La qualità degli studi è stata valutata dai due revisori, in modo indipendente, secondo i seguenti criteri: disegno prospettico; interpretazione indipendente dei risultati; interpretazione indipendente degli standard di riferimento; tutti i pazienti inclusi nello studio presentavano l’esame standard di riferimento?; numerosità del campione; numero dei professionisti che utilizzavano il metodo di screening oggetto di valutazione. vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 13 Appendice 2 Ulcere del piede: metodologia di revisione della letteratura Strategia di ricerca Gli studi controllati relativi al piede diabetico sono stati ricercati sui seguenti archivi bibliografici: Registro Trial Cochrane, Medline, Embase, Cinahl, Healtstar, Psychlit, Science Citation, Social Science Citation, HEED, NHS Economic Evaluation Database per le valutazioni economiche. Gli atti dei congressi sono stati esaminati utilizzando l’ISI (Index to Scientific and Technical Conference Proceedings). L’accesso alla «letteratura grigia» è stato possibile attraverso i database HMIC e SIGLE. Sulle riviste Diabetic Medicine e Diabetes Care è stata inoltre eseguita una ricerca manuale. Valutazione della qualità metodologica degli studi La valutazione dei lavori citati e l’estrazione dei dati è stata condotta da due revisori che lavoravano in modo indipendente; i punti di disaccordo sono stati risolti attraverso discussione. Gli studi sono stati presi in considerazione se si occupavano di screening, trattamento, assistenza, prevenzione o educazione relativa alle persone con problemi associati al piede diabetico. I dati sull’efficacia contenuti in questo numero sono stati tratti solo da studi randomizzati. Sono stati inclusi gli studi rivolti al diabete di tipo 1 e a quello di tipo 2. Per valutare la qualità degli studi randomizzati è stata usata una griglia metodologica, secondo i seguenti criteri: specificazione del metodo di randomizzazione e delle misure di esito, utilizzo del principio della «intenzione al trattamento», completezza del follow-up; confrontabilità dei gruppi di trattamento e dei controlli all’inizio dello studio anche per caratteristiche diverse dall’intervento assegnato. vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 Complicazioni del diabete Bibliografia 1. Calman K. On the state of the public health. The Annual Report of the Chief Medical Officer of the Department of Health for the year 1997. London: The Stationery Office, 1998. 2. McIntosh A, Hutchinson A, O’Keeffe C, Baker R, Peters J. Type 2 Diabetes: Review of screening and early management for diabetic retinopathy. London: RCGP, in press. 3. Williams AS. Recommendations for desirable features of adaptive diabetes self-care equipment for visually impaired persons. Task Force on Adaptive Diabetes for Visually Impaired Persons. Diabetes Care 1994; 17: 451-452. 4. Klein R, Klein BE, Moss SE, et al. The Wisconsin epidemiologic study of diabetic retinopathy. III. Prevalence and risk of diabetic retinopathy when age at diagnosis is 30 or more years. Arch Ophthalmol 1984; 102: 527-532. 5. Higgs ER, Harney BA, Kelleher A, et al. Detection of diabetic retinopathy in the community using a non- mydriatic camera. Diabet Med 1991; 8: 551-555. 6. O’Hare JP, Hopper A, Madhaven C, et al. Adding retinal photography to screening for diabetic retinopathy: a prospective study in primary care. BMJ 1996; 312: 679-682. 7. Buxton MJ, Sculpher MJ, Ferguson BA, et al. Screening for treatable diabetic retinopathy: a comparison of different methods. Diabet Med 1991; 8: 371-377. 8. Leese GP, Ahmed S, Newton RW, et al. Use of mobile screening unit for diabetic retinopathy in rural and urban areas. BMJ 1993; 306: 187-189. 9. Kohner EM, Aldington SJ, Stratton IM, et al. United Kingdom Prospective Diabetes Study, 30: diabetic retinopathy at diagnosis of non-insulin-dependent diabetes mellitus and associated risk factors. Arch Ophthalmol 1998; 116: 297-303. 10. Diabetic Retinopathy Study Research Group. Photocoagulation treatment of diabetic retinopathy. Clinical application of DRS findings. Ophthalmology 1998; 116: 297-303. 11. Early Treatment Diabetic Retinopathy Study Research Group. Early photocoagulation for diabetic retinopathy. ETDRS report number 9. Ophthalmology 1991; 98: 766-785. 12. Bachmann MO, Nelson S. Impact of diabetic retinopathy screening on a British district population: case detection and blindness prevention in an evidence-based model. J Epidemiol Community Health 1998; 52: 45-52. 13. Bachmann MO, Nelson S. Screening for diabetic retinopathy: a quantitative overview of the evidence, applied to the populations of health authorities and boards. Health Care Evaluation Unit, Department of Social Medicine: University of Bristol, 1996. 14. Javitt JC, Aiello LP, Chiang Y, et al. Preventive eye care in people with diabetes is cost-saving to the federal government. Implications for health-care reform. Diabetes Care 1994; 17: 909-917. 15. Javitt JC, Aiello LP. Cost-effectiveness of detecting and treating diabetic retinopathy. Ann Intern Med 1996; 124: 164-169. 16. Dasbach EJ, Fryback DG, Newcomb PA, et al. Cost-effectiveness of strategies for detecting diabetic retinopathy. Med Care 1991; 29: 20-39. 17. Rohan TE, Frost CD, Wald NJ. Prevention of blindness by screening for diabetic retinopathy: a quantitative assessment. BMJ 1989; 299: 1198-1201. 18. Bagga P, Verma D, Walton C, et al. Survey of diabetic retinopathy screening services in England and Wales. Diabet Med 1998; 15: 780-782. 19. Burnett S, Hurwitz B, Davey C, et al. The implementation of prompted retinal screening for diabetic eye disease by accredited optometrists in an inner-city district of North London: a quality of care study. Diabet Med 1998; 15: S38-S43. 20. Forrest RD, Jackson CA, Yudkin JS. Screening for diabetic retinopathy – comparison of a nurse and a doctor with retinal photography. Diabetes Res 1987; 5: 39-42. 21. Gibbins RL, Kinsella F, Young S, et al. Screening for diabetic retinopathy using 35 mm colour transparency fundal photographs. Pract Diabetes 1994; 11: 203-206. 22. Gibbins RL, Owens DR, Allen JC, et al. Practical application of the European Field Guide in screening for diabetic retinopathy by using ophthalmoscopy and 35 mm retinal slides. Diabetologia 1998; 41: 59-64. 23. Harding SP, Broadbent DM, Neoh C, et al. Sensitivity and specificity of photography and direct ophthalmoscopy in screening for sight threatening eye disease: the Liverpool Diabetic Eye Study. BMJ 1995; 311: 1131-1135. 24. Taylor D, Fisher J, Jacob J, et al. The use of digital cameras in a mobile retinal screening environment. Diabetic Med 1999; 16: 1-7. 25. Williams R, Nussey S, Humphry R, et al. Assessment of non-mydriatic fundus photography in detection of diabetic retinopathy. Br Med J Clin Res Ed 1986; 293: 1140–2. 26. Moss SE, Klein R, Kessler SD, et al. Comparison between ophthalmoscopy and fundus photography in determining severity of diabetic retinopathy. Ophthalmology 1985; 92: 62-67. 27. Pugh JA, Jacobson JM, Van Heuven WA, et al. Screening for diabetic retinopathy. The wide-angle retinal camera. Diabetes Care 1993; 16: 889-895. 28. Lairson DR, Pugh JA, Kapadia AS, et al. Cost-effectiveness of alternative methods for diabetic retinopathy screening. Diabetes Care 1992; 15: 1369-1377. 29. Klein R, Klein B, Neider MW, et al. Diabetic retinopathy as detected using ophthalmoscopy, a nonmydriatic camera and a standard fundus camera. Ophthalmology 1985; 92: 485-491. 30. Kleinstein RN, Roseman JM, Herman WH, et al. Detection of diabetic retinopathy by optometrists. J Amer Optometric Assoc 1987; 58: 879-882. 31. Kinyoun JL, Martin DC, Fujimoto WY, et al. Ophthalmoscopy versus fundus photographs for detecting and grading diabetic retinopathy. Invest Ophthalmol Vis Sci 1992; 33: 1888-1893. 32. Reenders K, de Nobel E, van den Hoogen H, et al. Screening for diabetic retinopathy by general practitioners. Scand J Prim Health Care 1992; 10: 306-309. 33. van de Kar W, van der Velden HG, van Weel C, et al. Diagnosing diabetic retinopathy by general practitioners and by a hospital physician. The use of fundus photos. Scand J Prim Health Care 1990; 8: 19-23. 34. Lienert RT. Inter-observer comparisons of ophthalmoscopic assessment of diabetic retinopathy. Aust N.Z. J Ophthalmol 1989; 17: 363-368. 35. Schatat AP, Hyman L, Leske MC, et al. Comparison of diabetic retinopathy detection by clinical examinations and photograph gradings. Barbados (West Indies) Eye Study Group. Arch Ophthalmol 1993;111:1064-1070. 36. Penman AD, Saddine JB, Hegazy M, et al. Screening for diabetic retinopathy:the utility of non mydriatic retinal photography in Egyptian adults. Diabet Med 1998; 15: 783-787. 37. British Diabetic Association. Retinal photographic screening for diabetic eye disease. London: BDA: A British Diabetic Association Report, 1997. Health Care edizione italiana 14 Complicazioni del diabete 38. Taylor R. Practical community screening for diabetic retinopathy using the mobile retinal camera: report of a 12 centre study. British Diabetic Association Mobile Retinal Screening Group. Diabetic Med 1996; 13: 946-952. 39. Jude E, Ryan B, O’Leary J, et al. Pupillary dilatation and driving in diabetic patients. Diabetic Med 1998; 15: 143-147. 40. Ryder RE, Kong N, Bates AS, et al. Instant electronic imaging systems are superior to Polaroid at detecting sight-threatening diabetic retinopathy. Diabetic Med 1998; 15: 254-258. 41. Thompson CJ, Leese GP. The evaluation of mobile screening for diabetic retinopathy. Scot Med J 1995; 40: 5-7. 42. Anonymous. Keeping an eye on care. Bandolier 1999; 6: 5-6. 43. Mitchell P. Development and progression of diabetic eye disease in Newcastle (1977-1984): rates and risk factors. Aust NZ J Ophthalmology 1985; 13: 39-44. 44. Klein R, Klein BE, Moss SE. The Wisconsin epidemiological study of diabetic retinopathy: a review. Diabetes-Metabolism Reviews 1989; 5: 559-570. 45. Kristinsson JK, Gudmundsson JR, Stefansson E, et al. Screening for diabetic retinopathy. Initiation and frequency. Acta Ophthalmol Scand 1995; 73: 525-528. 46. The Royal College of Ophthalmologists. Guidelines for Diabetic Retinopathy. London: The Royal College of Ophthalmologists, 1997. 47. Hall M. Personal communication. 1999. 48. Sculpher MJ, Buxton MJ, Ferguson BA, et al. A relative cost-effectiveness analysis of different methods of screening for diabetic retinopathy. Diabet Med 1991; 8: 644-650. 49. Sculpher MJ, Buxton MJ, Ferguson BA, et al. Screening for diabetic retinopathy: a relative cost-effectiveness analysis of alternative modalities and strategies. Health Economics 1992; 1: 39-51. 50. Boulton A, Connor H, Cavanagh P. The foot in diabetes. Chichester: Wiley, 1995. 51. Walters D, Gatling W, Mullee M, et al. The distribution and severity of diabetic foot disease: a community based study with comparison to a non-diabetic group. Diabetic Med 1992; 9: 354-358. 52. Apelqvist J, Larsson J, Agardh C. Longterm prognosis for diabetic patients with foot ulcers. J Intern Med 1993; 233: 485-491. 53. Edmonds M, Blundell M, Morris M, et al. Improved survival of the diabetic foot: the role of the specialised foot clinic. Q J Med 1986; 60: 763-771. 54. Larsson J. Lower extremity amputation in diabetic patients. Lund: Lund, 1994. 55. Pecoraro R, Reiber G, Burgess E. Pathways to diabetic limb amputation: basis for prevention. Diabetes Care 1990; 13: 513. 56. Bild D, Selby J, Sinnock P. Lower extremity amputation in people with diabetes: epidemiology and prevention. Diabetes Care 1989; 12: 24-31. 57. Laing P, Cogley D, Klenerman L. Economic aspects of the diabetic foot. Foot 1991; 1:111-112. 58. Peacock I, Fletcher E, Jeffcoate W. The prevalence of foot lesions – a community survey. Diabetic Med 1985; 2: 509A. 59. McIntosh A, Mason J, Hutchinson A, O’Keeffe C, Young R. Type 2 Diabetes Foot Care Review, London, RCGP, in press. 60. Rith-Najarian S, Stolusky T, Gohdes D. Identifying Diabetic Patients at High Risk for Lower-Extremity Amputation in a Primary Health Care Setting: A prospective evaluation of simple screening criteria. Diabetes Care 1992; 15: 1386-1389. Health Care edizione italiana 61. Young M, Breddy J, Veves A, et al. The prediction of diabetic neuropathic foot ulceration using vibration perception thresholds. Diabetes Care 1994; 17(6): 557-560. 62. Abbott C, Vileikyte L, Williamson S, et al. Multicentre study of the incidence of and predictive risk factors for diabetic neuropathic foot ulceration. Diabetes Care in press. 63. Klenerman L, McCabe C, Cogley D, et al. Screening for patients at risk of diabetic foot ulceration in a general diabetic outpatient clinic. Diabetic Med 1996; 13: 561-563. 64. Kumar S, Fernando D, Veves A, et al. Semmes-Weinstein monofilaments: a simple, effective and inexpensive screening device for identifying diabetic patients at risk of foot ulceration. Diabetes Res Clin Prac 1991; 13: 63–8. 65. McCabe C, Stevenson R, Dolan A. Evaluation of a Diabetic Foot Screening and Protection Programme. Diabetic Med 1998; 15: 80-84. 66. Ronnemaa T, Hamalainen H, Toikka T, et al. Evaluation of the impact of podiatrist care in the primary prevention of foot problems in diabetic subjects. Diabetes Care 1997; 20: 1833-1837. 67. Rettig B, Shrauger D, Recker R, et al. A Randomized Study of the Effects of a Home Diabetes Education Program. Diabetes Care 1986; 9(2): 173-178. 68. Bloomgarden Z, Karmally W, Metzger J, et al. Randomized control trial of diabetic patient education: improved knowledge without improved metabolic status. Diabetes Care 1987; 10: 263-272. 69. Malone J, Snyder M, Anderson G, et al. Prevention of Amputation by Diabetic Education. Am J Surg 1989; 158: 520-524. 70. Barth R, Campbell L, Allen J, et al. Intensive education improves knowledge, compliance and foot problems in Type 2 diabetes. Diabetic Med 1991; 8: 11-117. 71. Kruger S, Guthrie D. Foot Care: Knowledge retention and self-care practices. The Diabetes Educator 1992; 18(6): 487-490. 72. Litzelman D, Slemenda C, Langefeld C, et al. Reduction of lower extremity clinical abnormalities in patients with non insulin dependent diabetes. Ann Intern Med 1993; 119: 36-41. 73. Uccioli L, Aldeghi A, Faglia E, et al. Manufactured Shoes in the Prevention of Diabetic Foot Ulcers. Diabetes Care 1995; 18: 1376-1378. 74. Colagiuri S, Marsden L, Naidu V, et al. The use of orthotic devices to correct plantar callus in people with diabetes. Diabetes Res Clin Prac 1995; 28: 29-34. 75. Mueller MJ, Diamond JE, Sinacore DR, et al. Total contact casting in treatment of diabetic planter ulcers. Controlled clinical trial. Diabetes Care 1989; 12: 384-388. 76. Chantelau E, Tanudjaja T, Altenhofer F, et al. Antibiotic treatment for uncomplicated neuropathic forefoot ulcers in diabetes: a controlled trial. Diabet Med 1996; 13: 156-159. 77. Lipsky B, Pecoraro R, Larsoll S, et al. Outpatient management of uncomplicated lower-extremity infections in diabetic patients. Arch Intern Med 1990; 150: 790-797. 78. Grayson M, Gibbons G, Habershaw G, et al. Use of Ampicillin/Sulbactam versus Imipenem/Cilastatin in the treatment of limb-threatening foot infections in diabetic patients. Clin Infect Dis 1994; 18: 683-693. 79. Lipsky B, Baker P, Landon G, et al. Antibiotic therapy for diabetic foot infections: a comparison of two parenteral-to-oral regimens. Clin Infect Dis 1996; 24: 643-648. 80. Steed D, Goslen J, Holloway G, et al. Randomised prospective double-blind trial in healing chronic diabetic foot ulcers: CT-102 activated platelet supernatant, topical versus placebo. Diabetes Care 1992; 15: 1598-1604. 81. Steed D, Group DUS. Clinical evaluation of recombinant human platelet-derived growth factor for the treatment of lower extremity diabetic ulcers. J Vasc Surg 1995a; 21: 71-81. 82. Steed D, Ricotta J, Prendergast J, et al. Promotion and acceleration of diabetic ulcer healing by Arginine-Glycine-Aspartic Acid (RGD) peptide matrix. Diabetes Care 1995b; 18: 1-8. 83. Wieman T, Griffiths G, Polk H. Management of diabetic midfoot ulcers. Ann Surg 1992; 215: 627-632. 84. Holloway G, Steed D, DeMarco M, et al. A randomised controlled dose response trial of activated platelet supernatant, topical CT-102 in chronic, non-healing diabetic wounds. Wounds 1993; 5: 198-206. 85. Richard J, Parer R, Daures J, et al. Effect of topical basic fibroblast growth factor on the healing of chronic diabetic neuropathic ulcer of the foot: a pilot randomised double-blind placebo-controlled study. Diabetes Care 1995;18:64–9. 86. Gough A, Clapperton M, Rolando N, et al. Randomised placebo-controlled trial of granulocyte-colony stimulating factor in diabetic foot infection. Lancet 1997; 350: 855-859. 87. Pollack R, Edington H, Jensen J, et al. A human dermal replacement for the treatment of diabetic foot ulcers. Wounds 1997; 9: 175-183. 88. Naughton G, Mansbridge J, Gentzkow G. A metabolically active human dermal replacement for the treatment of diabetic foot ulcers. Artificial Organs 1997; 21: 1203-1210. 89. Gentzkow G, Iawaski S, Hershon K, et al. Use of Dermagraft, a cultured human dermis, to treat diabetic foot ulcers. Diabetes Care 1996; 19: 350-354. 90. Janssen H, Rooman R, Donecker P, et al. Topical ketanserin accelerates the wound healing process in decubitus, arterial and diabetic skin ulcers. Unpublished. 91. Martinez-de Jesus F, Morales-Guzman M, Castañeda M, et al. Randomised single-blind trial of topical ketanserin for healing acceleration of diabetic foot ulcers. Arch Med Res 1997; 28: 95-99. 92. Apelqvist J, Castenfors J, Larsson J, et al. Ketanserin in the treatment of diabetic foot ulcers with severe PVD. Int Angiol 1990; 9: 120-124. 93. Brock F, Abri O, Baitsch G, et al. Iloprost in der behandlung ischamischer gewebslasionen bei diabetikern. Schweiz Med Wschr 1990; 120: 1477-1482. 94. Muller B, Krais T, Sturzebecher S, et al. Potential therapeutic mechanisms of stable prostacyclin (PG11) – minetics in severe PVD. Biomed Biochim Acta 1988; 47: 540-544. 95. Toyota T, Hirata Y, Ikeda Y, et al. Lipo-PGE1, A new lipid-encapsulated preparation of prostaglandin E1: placebo-and prostaglandin E1-controlled multicentre trials in patients with diabetic neuropathy and leg ulcers. Prostaglandins 1993; 46: 453-468. 96. Lishner M, Lang R, Kedar I, et al. Treatment of diabetic perforating ulcers (mal perforant) with local dimethylsulfoxide. J Am Geriatr Soc 1985; 33: 41-43. 97. Mulder G, Patt L, Sanders L, et al. Enhanced healing of ulcers in patients with diabetes by topical treatment with glycyl-L-histidyl-L-lysine copper. Wound Repair Regeneration 1994; 2: 259-269. vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 Complicazioni del diabete 98. Faglia E, Favales F, Aldeghi A, et al. Adjunctive systemic hyperbaric oxygen therapy in the treatment of severe prevalently ischemic diabetic foot ulcers. Diabetes Care 1996; 19: 1338-1343. 99. Leslie C, Sapico F, Ginunas V, et al. Randomised controlled trial of topical hyperbaric oxygen for treatment of diabetic foot ulcers. Diabetes Care 1988; 11:111-115. 100. Apelqvist J, Larsson J, Strenstrom A. Topical treatment of necrotic foot ulcers in diabetic patients: a comparative trial of Duoderm and MeZinc. Br J Dermatol 1990a; 123: 787-792. 101. Apelqvist J, Tennvall R. Cavity foot ulcers in diabetic patients: A comparative study of cadexomer iodine ointment and standard treatment. An economic analysis alongside a clinical trial. Acta Derm Venereol 1996; 76: 231-235. 102. Baker N. Allevyn vs Sorbsan in the treatment of diabetic foot ulcers. Unpublished. 103. Blackman J, Senseng D, Quinn L, et al. Clinical evaluation of a semipermeable polymeric membrane dressing for the treatment of chronic diabetic foot ulcer. Diabetes Care 1994; 17: 322-325. vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000 15 104. Foster A, Greenhill M, Edmonds M. Comparing two dressings in the treatment of diabetic foot ulcers. J Wound Care 1994; 3: 224-228. 105. Vandeputte J, Gryson L. Diabetic foot infection controlled by immuno-modulating hydrogel containing 65% glycerine – presentation of a clinical trial. Unpublished. 106. Clever H, Dreyer M. Comparing two wound dressings for the treatment of neuropathic diabetic foot ulcers. In the proceedings of the 5th European Conference on Advances in Wound Management, 1996; London. Macmillan. 107. Donaghue VM, Chrzan JS, Rosenblum BI, et al. Evaluation of a collagen-alginate wound dressing in the management of diabetic foot ulcers. Advances in Wound Care 1998; 11: 114-119. 108. Ahroni J, Boyko E, Pecoraro R. Diabetic foot ulcer healing: extrinsic vs intrinsic factors. Wounds 1993; 5(5): 245-255. 109. WHO. Global burden of diabetes. Press Release WHO/63 14/09/1998. 110. Porta M, Tomalino MG, Santoro F, Ghigo LD, Cairo M, Aimone M, Pietragalla GB, Passera P, Montanaro M, Molinatti GM. Diabetic retinopathy as a cause of blindness in the province of Turin, north-west Italy, in 1967-1991. Diabet Med 1995; 12: 355-361. 111. Nicolosi A, Marighi PE, Rizzardi P, Osella A, Miglior S. Prevalence and causes of visual impairment in Italy. Int J Epidemiol 1994; 23: 359-364. 112. Bild D, Selby JV, Sinnock P. Lower extremity amputation in people with diabetes. Diabetes Care 1989; 12: 24-31. 113. Most R, Sinnok P. The epidemiology of lower extremity amputations in diabetic individuals. Diabetes Care 1983; 5: 87-91. 114. Mancini L, Ruotolo V. The diabetic foot: epidemiology. Rays 1997; 22: 511-523. 115. Frykberg RG, Piaggesi A, Donaghue VM, Schipani E, Habershaw GM, Navalesi R, Veves A. Difference in treatment of foot ulcerations in Boston, USA and Pisa, Italy. Diabetes Res Clin Pract 1997; 35: 21-26. Health Care edizione italiana Complicazioni del diabete 16 COME ABBONARSI In collaborazione con AREAS-CCI, Associazione per la ricerca sulla efficacia della assistenza sanitaria Centro Cochrane italiano Direttore responsabile Pietro Dri Direttore scientifico Alessandro Liberati Direttore editoriale Roberto Satolli Traduzione Stefania Cifani Grafica Luigi Bona © Copyright 2000 NHS Centre for Reviews and Dissemination La traduzione di Effective Health Care è pubblicata grazie a un accordo con The Royal Society of Medicine Press Limited. Pubblicazione bimestrale. Registrazione del Tribunale di Milano n.117 del 10/3/97. Spedizione in AP – 45% – art. 2 comma 20/b legge 662/96 – Filiale di Milano. Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n. 5926 del 12/9/97. Prezzo del numero: 17.000 lire (8,78 euro). Abbonamento annuo: 90.000 lire (46,48 euro). Testata associata A.N.E.S. ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA PERIODICA SPECIALIZZATA Effective Health Care ringrazia: per l’edizione italiana Anna Vittoria Ciardullo, CeVEAS (Centro per la valutazione della efficacia della assistenza sanitaria), Modena; per l’edizione inglese George Alberti, Royal College of Physicians; Mark Baker, North Yorkshire HA; Alan Bell, NHS Executive; Sheila Clarkson, Blackburn Royal Infirmary; Nicky Cullum, University of York; Anne Eltringham-Cox, British Diabetic Association; Alison Evans, University of Leeds; John Forrester, University of Aberdeen; Tim Gillow, Birmingham & Midland Eye Centre, City Hospital NHS Trust; Chris Griffiths, St. Bartholomew’s and the Royal London School of Medicine and Dentistry; Michael Hall, British Diabetic Association; Paul Hodgkin, Centre for Innovation in Primary Care, Sheffield; Beth Knucky, Department of Health; Dee Kyle, Bradford HA; Marie Lancett, NHS Executive; Paul Marshall, Department of Health; Dinesh Nagi, Pinderfields General Hospital; Andrea Nelson, University of York; Colin Pollock, Wakefield HA; IBI Jerry Read, Department of Health; Colin Waine, Sunderland HA; EFER LME Donald Whitelaw, Bradford Hospitals NHS Trust; John Wright, Bradford Royal Infirmary; Robert Young, . Salford Royal Hospitals. DIC Nel numero di maggio-giugno 2000: Fumo e giovani 31 00 20 L Health Care edizione italiana Ringraziamenti NTRO I Stampa Geca, Cesano Boscone (Milano). Effective Health Care è basata su revisioni sistematiche e sulla sintesi della ricerca sull’efficacia clinica, sul bilancio costo-beneficio e sull’accettabilità degli interventi del servizio sanitario. Il lavoro di revisione è svolto da un gruppo di ricercatori che usano criteri metodologici predefiniti, con l’aiuto di specialisti esperti per ogni argomento. Grande cura viene posta per assicurare che il lavoro e le conclusioni raggiunte sintetizzino in maniera adeguata e corretta i dati della ricerca. L’Università di York, l’Università di Leeds e l’editore declinano ogni responsabilità per qualunque conseguenza dannosa possa venire dall’uso di Effective Health Care. Questo numero di Effective Health Care è basato su una serie di revisioni sostenute dallo ScHARR dell’Università di Sheffield, per la stesura delle linee guida sul diabete di tipo 2. Questo fa parte di un programma di collaborazione che coinvolge il Royal College of General Practitioners, la British Diabetic Association, il Royal College of Physicians e il Royal College of Nursing. Il gruppo che ha compiuto la revisione comprende: Colin O’Keefe, James Mason, Aileen McIntosh, Jan Peters e Allen Hutchinson. E’ stata pure utilizzata per la sezione dedicata ai problemi del piede una revisione condotta da Mariam Majid, Nicky Cullum, Sue O’Meara e Trevor Sheldon. Questo numero di EHC è stato scritto e prodotto dallo staff dell’NHS Centre for Reviews and Dissemination dell’Università di York. EE NT I dati necessari per l’invio della rivista sono trattati elettronicamente e utilizzati dall’editore Zadig srl per la spedizione della presente pubblicazione e di altro materiale medico-scientifico. Ai sensi dell’art. 13 Legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento e gratuitamente consultare, modificare e cancellare i dati, o semplicemente opporsi al loro utilizzo scrivendo a: Zadig srl, Responsabile dati, via Calzecchi 10, 20133 Milano. IVA assolta dall’editore ai sensi dell’art. 74 lettera C del DPR 26/10/1972 n. 633 e successive modificazioni e integrazioni nonché ai sensi del DM 29/12/1989. Non si rilasciano quindi fatture (art. 1 c. 5 DM 29/12/1989). Ogni copia arretrata costa 22.000 lire (11,36 euro) più le spese postali, e potrà essere richiesta all’editore. R srl via Calzecchi 10, 20133 Milano tel. 02/75261361-4 fax 02/76113040 e-mail: [email protected] LTARE P EDITORE SU N ANNO IV N. 2 marzo-aprile 2000 Per abbonarsi basta scegliere tra: l pagamento con carta di credito (Carta Sì, VISA, Eurocard, Master Card) comunicando per telefono (02-75261361-4) o per fax (02-76113040) o per e-mail ([email protected]) il proprio nome e cognome, il numero della carta di credito e la data di scadenza; l versamento sul conto corrente postale n. 39318209 intestato a Zadig srl, via Calzecchi 10, 20133 Milano, scrivendo il proprio nome e cognome e indirizzo completo, oltre al numero di telefono; l pagamento in contrassegno postale (più 8.500 lire di spese postali), inviando via fax (02-76113040) o per posta i propri dati all’editore. Chi scegliesse l’opzione scontata, iscrivendosi contestualmente all’Associazione, deve versare l’importo di 165.000 lire (85,22 euro) sul conto corrente postale numero 39481205 intestato ad AREAS-CCI. O Bimestrale sull’efficacia degli interventi nell’assistenza sanitaria DA C edizione italiana L’abbonamento annuale per il 2000 è di 90.000 lire (46,48 euro). Per i soci del Centro Cochrane italiano – Associazione per la ricerca sulla efficacia della assistenza sanitaria, il costo dell’abbonamento annuo è di sole 65.000 lire (33,57 euro) più 100.000 lire (51,65 euro) di iscrizione all’Associazione. Per le istituzioni il costo annuo è di 120.000 lire (61,97 euro). : Health Care vol. 4 n. 2 – marzo-aprile 2000