Anno IX, num 179 - Comunità Armena di Roma

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Anno IX, num 179 - Comunità Armena di Roma
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Anno 9, Numero 179
Akhtamar on line
WWW.COMUNITAARMENA.IT
1 maggio 2014—XCIX M.Y.
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Lavoro e pensioni. Il difficile
primo maggio dell’Armenia
Chi
ha seguito, anche da
lontano, le vicende politiche dell’Armenia, sa
bene che gli ultimi mesi
sono stati scadenzati dal
dibattito, meglio dallo
scontro, sul tema della
riforma delle pensioni.
La materia è ovviamente
molto più complessa che
una semplice disquisizione
sui meccanismi che
porteranno in quiescenza i
lavoratori armeni nei prossimi decenni.
La questione tocca aspetti
squisitamente politici sui
quali, come è consuetudine di questo foglio, non
vogliamo entrare.
Diciamo che, volendo
sintetizzare all’estremo, il
governo vuole conduerre
in porto un progetto di
riforma iniziato un decennio or sono e finalizzato
ad allineare il paese a
standard economici europei, ed i lavoratori
(sopratutto quelli al di
sotto di una certa fascia di
età) non vogliono accollarsi da soli il peso di
questa modifica strutturale.
Detta così... (segue pag.2)
Sommario
Lavoro e pensioni
1-2
Alla ricerca del pakhlava perduto
3
Crimea e Nagorno Karabakh
4
La voce dell’Artsakh
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Parlamento Europeo esu Kessab
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Qui Armenia
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Vosganian a Venezia
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Bollettino interno
di
iniziativa armena
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Akhtamar
sembrerebbe quasi semplice...
In realtà di mezzo ci sono questioni
legate squisitamente alle alleanze politiche di governo (e forse sarà un caso
che il Primo Ministro Tigran Sargsyan
si sia dimesso questo inverno salvo rimanere in carica un altro mese su espressa richiesta del Presidente), al rapporto tra Armenia ed Europa, ai conti
economici della nazione.
La crisi degli scorsi anni ha lasciato
indubbiamente dolorsi strascichi, ma
sembrerebbe (condizionale d’obbligo)
che il peggio sia passato, in Armenia
come nel resto del mondo.
Molti sono dovuti emigrare, le rimesse
della Diaspora complice l’incertezza
mondiale sono diminuite, la tensione
con il vicino azero (e le necessarie spese
militari) è rimansta alta.
In tutto questo si inserisce la questione
della riforma delle pensioni.
Le autorità in Armenia si trovano ad
affrontare crescenti richieste di accantonare una legge di riforma pensionistica
che i critici dicono che sarà un onere
eccessivo per i giovani salariati che già
stanno lottando per sbarcare il lunario.
Sin dallo scorso mese di novembre sono
stati inviate petizioni ai parlamentari,
richieste discussioni straordinarie in
Assemblea, convocate manifestazioni di
piazza che tuttavia (e per fortuna) non
hanno raggiunto il livello di scontro.
La protesta è partita dai circa diecimila
addetti del settore IT (Information Technology) dell’Armenia: mediamente
giovani, mediamente laureati, mediamente ben stipendiati se comparati i loro
introiti mensili con il livello medio del
resto del Paese.
Il disegno di legge sulle pensioni introdurrebbe un sistema di contributi previdenziali obbligatori, calcolato al cinque
per cento della retribuzione mensile
inferiore a 500.000 dram (ca. 1000 euro), o al dieci per cento del salario superiore a tale importo.
In aggiunta a ciò questa riforma si applicherebbe solo alle persone nate dopo il
1974 ossia sotto i quaranta anni di età.
Ecco perché la protesta è partita dai
lavoratori dell’IT i quali, in linea di
massima, hanno i requisiti per essere
colpiti a fondo da questa riforma e si
sentono per così dire presi di mira.
Per di più questi contributi obbligatori si
assommerebbero al consueto prelievo
fiscale del 26% aggravando il bilancio
familiare dei lavoratori.
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Secondo gli oppositori alla riforma non
è giusto far gravare la stessa sulle spalle
di questi lavoratori, molti dei quali hanno già assunto impegni finanziari (ad
esempio mutui per l’acquisto della casa)
che in passato sono stati per così dire
incentivati dalla loro condizione
“privilegiata” (giovani e con un buon
stipendio).
Alcuni hanno proposto, in alternativa, la
possibilità di un contributo più basso (al
2,5 per cento) e solo per tutti coloro che
entrano per la prima volta nel mondo
del lavoro; tali critiche sono state tuttavia rispedite al mittente dal governo
che sostiene la necessità e la validità del
progetto ed esclude altre ipotesi che lo
renderebbero inutile. Soprattutto il governo ribadisce la necessità della riforma in quanto la popolazione armena è
andata invecchiando (molti giovani sono
andati all’estero) e c’è bisogno di un
intervento che consenta il mantenimento
economico di chi è andato in quiescenza, con un impatto significativo sul clima degli investimenti in Armenia che
assicureranno la crescita economica e la
riduzione del tasso di interesse sui prestiti.
Un altro importante passaggio della
riforma pensionistica riguarda il trasferimento degli attuali piani privati sotto il
controllo dello stato.
Il rischio di questo scontro (che più che
politico sembra quasi generazionale) è
che i giovani emergenti dell’Armenia
decidano di scegliere altre destinazioni
ed abbandonino così il loro Paese.
In tutto questo si è inserita la sentenza
della Corte Costituzionale che agli inizi
del mese scorso ha evidenziato diverse
lacune nell’impianto normativo del testo
che vanno corrette entro il 30 settembre
prossimo: il governo ha salutato il verdetto con soddisfazione in quanto, a suo
dire, la Corte avrebbe condiviso il la
bontà del progetto del sistema pensionistico finanziato.
L’opposizione, al contrario, avrebbe
colto la palla al balzo per bloccare i
contributi che dal primo gennaio i datori
di lavoro devono versare per conto dei
lavoratori: i secondi hanno reclamato il
diritto di bloccare ogni contributo fino
al 30 settembre, ossia fino a quando non
saranno definitivamente chiariti gli aspetti costituzionali del testo di legge,
mentre i primi sono stretti fra l’incudine
(il governo che impone di pagare) ed il
martello (i lavoratori che si oppongono).
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L’ex Primo Ministro aveva invitato
nelle scorse settimane alla creazione di
un tavolo di lavoro finalizzato ad un
esame congiunto del testo ed al raggiungimento di modifiche condivise.
L’augurio, fatto proprio oggi Primo
Maggio, è che si trovi una soluzione che
possa garantire sviluppo e benessere nel
rispetto dei diritti dei lavoratori.
CHI E’ IL NUOVO PRIMO MINISTRO ARMENO
La nomina ufficiale è arrivata domenica 14 aprile.
Hovik Abrahamyan è stato designato nuovo Primo Ministro in sostituzione del dimissionario Tigran
Sargsyan che ai primi del mese aveva
reso pubblica la decisione (presa un
mese prima) di lasciare il comando
del governo al quale era tuttavia rimasto su espresso invito del presidente della repubblica.
Abrahamyan, espressione del Partito
Repubblicano, ha ricoperto fino alla
nuova nomina l’incarico di presidente dell’Assemblea Nazionale.
Cinquantaseienne (è nato nel gennaio
del 1958 nel villaggio di Mkhchyan
nella regione di Ararat), laureato in
economia a Yerevan, è stato dal 1996
al 1998 sindaco di Artashat per poi
divenire nel biennio successivo governatore della regione e quindi dal
2000 al 2007 ministro dell’amministrazione territoriale; dopo un incarico nello staff presidenziale nel 2008
è stato eletto presidente dell’Assemblea Nazionale.
Sposato, con tre figli e sette nipoti, è
conosciuto nell’ambiente politico con
il soprannome di “mook” (topo)
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Alla ricerca del pakhlava perduto...
Lo scorso mese di dicembre l’Unione
Europea ha stabilito che la denominazione
“Antep baklavasi - Gaziantep baklavasi”
debba considerarsi denominazione di origine e indicazione geografica protetta.
La richiesta di registrazione era stata
avanzata tempo prima dalla Camera di
commercio di Gaziantep (Antaf, in armeno) e non avendo incontrato opposizione
alcuna è stata recepita dall’Unione.
È bene precisare che non è stato registrato il marchio “Baklava” (o “Paklava”) ma
solo una versione locale del famoso dolce.
Ma questa decisione europea ci offre lo
spunto per parlare di una prelibatezza culinaria sulla cui origine dibattono da molto
tempo esperti di varie nazioni.
Come accade per molte altre specialità,
ogni popolo dell’area mediorientale e/o
caucasica se ne contende la paternità.
Ci dovremmo addentrare in una lunga
disquisizione, storica e politica prima ancora che gastronomica, al termine della
quale ognuno rimarrebbe della propria
idea. Della serie: “è nato prima l’uovo o la
gallina?” tanto per rimanere in ambito
culinario…
Di sicuro c’è stata nel corso dei secoli
una commistione di usanze e di razze in
tutta l’area medio orientale che ha portato
a mescolare anche le ricette: ciascuno ha
cominciato a cucinare a modo suo, ciascuno ha portato le proprie specialità in tavola
e gli altri ne hanno approfittato.
Non vogliamo sparare ancora una volta
addosso ai turchi; ci basti però solo aggiungere che il minimo comun denominatore di molti piatti è dato dalla diffusione
della Diaspora armena e, al tempo stesso,
dalle conquiste ottomane (successive).
Per cui se i dolma si mangiano ad ATene,
ad Istambul, a Yerevan o a Beirut è perché
- secolo dopo secolo - si sono internazionalizzati e hanno cominciato ad essere
preparati sulle tavole di tanti popoli diversi; ognuno ne vanterà la paternità.
Insomma, se fra due secoli i nostri discendenti andranno a guardare cosa mangiamo oggi in Italia forse potranno avere
gli stessi dubbi a proposito di hamburger e
patatine fritte o kebab…
Ci piace però ricordare che il nome pakhlavà molto probabilmente potrebbe ricondursi al principe armeno Vahram Pakhlavouni vissuto agli inizi dell’undicesimo secolo. Quello, tanto per intenderci,
che avrebbe dato il nome alla città di
Gyumri, un tempo Ko-Mayri. Apriamo
una parentesi. Pare che il principe, impeANNO 9, NUMERO 179
gnato a respingere gli assalti dei primi
invasori turchi selgiuchidi (vi riuscirà ma
solo fino alla caduta di Ani, morirà in
battaglia al fianco del figlio) si sia trovato
di fronte un enorme bashi buzuk (un irregolare dell’esercito ottomano) che lo insultava dalla riva opposta del fiume Akhourian. Il principe raccolse una lancia,
mirò al centro degli occhi del nemico e la
scagliò gridando “ays al ko mayri” (“questo è per tua madre!”). “Ko
mayri” divenne il grido di battaglia delle
sue truppe e dopo la caduta di Ani il nuovo insediamento fu chiamato proprio in
questo modo. Chiusa la parentesi ritorniamo al nostro dolce...
Pare che un antenato del principe Pakhlavouni, un agricoltore amante del buon
cibo e con il senso degli affari, si sia innamorato del “tertanoush” (altro nome del
dolce) che tale Movses Koshkerian portava in chiesa dopo le funzioni. Si appropriò
della ricetta e cominciò a commercializzare in proprio i dolcetti chiamandoli con il
nome della famiglia (peraltro molto influente) e cioè “pakhlava”.
Dal nome della famiglia armena dei
Pakhlavouni.
Detto quello che c’è da dire sulla attribuzione storica del Baklava o Paklava, è fuor
di dubbio che si tratta di una squisitezza
che si è sempre trovata sulle tavole armene.
Non particolarmente dietetica (tra noci,
mandorle e burro è un festival delle calorie…) ma buonissima, specie dopo un buon
pasto armeno.
Come ci dice Sonya Orfalian nel suo pregevole “La cucina d’Armenia” (Ponte alle
Grazie, 2009), «a seconda della forma e
della farcitura il pakhlavà prende nomi differenti ed esotici».
Alla base di tutto sta la pasta fillo (una specie di pasta sfoglia, molto sottile, che una
volta si faceva in casa ed oggi è molto più
comodo acquistare in qualche negozio di
specialità alimentari).
Mandorle e noci si mescolano a zucchero e
cannella mentre la pasta stesa viene spennellata con burro fuso e poi riempita con il
composto di cui sopra.
Dopo venti minuti di forno a duecento gradi,
un’altra abbondante spennellata di burro,
qualche goccia di essenza di rose o d’arancio
e poi , prima di servire i dolcetti, una immersione nello sciroppo di zucchero o nel miele.
Un “dolce da re” (o principe) come lo descrive Omar Sharif nel meraviglioso film
“588, rue Paradis” (Mayrig parte seconda).
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Crimea, Nagorno Karabakh e il diritto all’autodeterminazione
"La Crimea è tornata a casa. " E 'uno
stato sovrano e indipendente", così il
Presidente russo Vladimir Putin.
Anche il Nagorno Karabakh tornerà a
casa. E' già uno stato sovrano e indipendente. La sua gente - dopo decenni di
pogrom e servitù sotto il governo azero ha esercitato il proprio diritto di autodeterminazione e ha votato per essere padrona
del proprio destino.
Storicamente, la Crimea ha fatto parte
della Russia, mentre il Nagorno Karabakh
ha fatto parte dell'Armenia. Mentre Nikita
Krusciov ha donato la Crimea all’Ucraina,
Giuseppe Stalin che arbitrariamente ha
costretto l'enclave armena del Nagorno
Karabakh a far parte dell'Azerbaigian.
Il diritto inalienabile di un popolo per
l'autodeterminazione è rafforzato dalla
Carta delle Nazioni Unite. E’ diventato
l'arma scelta da tutti i popoli diseredati di
tutto il mondo nel ventunesimo secolo.
I conflitti che ribollono stanno emergendo
e uno dopo l'altro, come in un domino,
simili inevitabili necessari cambiamenti
sono in corso. I regimi oppressivi stanno
scatenando movimenti che genereranno
secessioni.
Purtroppo, questi conflitti irrisolti devono
affrontare lo spettro della integrità territoriale. L'uso dell’integrità territoriale come
ostacolo è spesso arbitraria e può o non
può essere attivata per ragioni geopolitiche. Tuttavia, non deve più essere utilizzata per soffocare gli oppressi, giacché la
volontà di autodeterminazione ha superato
i confini territoriali. Una dichiarazione
congiunta dei partiti Patria, Democrazia e
la Federazione Rivoluzionaria Armena (al
parlamento del-l’Artsakh, NdT), insieme con
il deputato del gruppo Artsakhatun, ha
affermato che il referendum della scorsa
settimana in Crimea "è diventato un altro
precedente nella realizzazione del diritto
dei popoli all'autodeterminazione, ancora
una volta dimostrando che l'integrità territoriale degli stati non prevale sulla libera espressione della volontà dei popoli nel
diritto internazionale". Il Parlamento del
Nagorno Karabakh ha sollecitato che le
questioni post referendum siano risolte
pacificamente e basandosi sul rispetto
reciproco.
È interessante notare come James Warlick,
il mediatore americano per il conflitto del
Karabakh,
abbia
dichiarato
che
"nonostante il fatto che gli Stati Uniti non
possono accettare operazioni russe in
Ucraina, ci sono altre aree in cui possia-
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mo lavorare insieme. Come per esempio
stabilire la pace in Nagorno Karabakh.
Dobbiamo cercare di capire cosa possiamo imparare dalla crisi Ucraina per il
conflitto tra l'Armenia e l'Azerbaigian".
Questo approccio dal mediatore statunitense verso la soluzione pacifica dei conflitti è rassicurante e senza dubbio il benvenuto.
Tuttavia, i conflitti in materia di autodeterminazione non sono sempre risolti pacificamente. Alcuni sono riconosciuti dall'Occidente, alcuni dalla Russia, ma raramente
da parte dello Stato che perde ciò che
considera parte del suo territorio. Ogni
conflitto irrisolto è unico ed è causato da
diverse circostanze come storia, geografia,
livello di violenza e di legittimità.
Il caso della Scozia: avrà un referendum
quest'anno per la secessione dal Regno
Unito, ed è unico in quanto sembra essere
sulla buona strada per essere pacifico, a
differenza della violenza che si è scatenata
sul Nagorno Karabakh e sugli armeni a
Baku da parte dell’Azerbaigian. Ci sono
previsioni contrastanti per quanto riguarda
il risultato.
Il caso del Kosovo: la sua secessione
dalla Jugoslavia è accaduta rapidamente
dopo la massiccia mobilitazione ed è stato
riconosciuta in una notte dagli Stati Uniti
e in Europa, ma non dalla Russia.
Il caso del Sud Sudan: ufficialmente la
Repubblica del Sud Sudan, un paese senza
sbocco sul mare nel nord-est dell’Africa,
ha ottenuto l'indipendenza dal Sudan nel
2011 come risultato di un accordo di pace
che pose fine alla più lunga guerra civile
in corso in Africa. La stragrande maggioranza dei sud sudanesi ha votato in un
referendum gennaio 2011 per separarsi.
Il caso di Eritrea: nel 1952, le Nazioni
Unite hanno deciso di stabilire un'entità
autonoma federata con l'Etiopia come un
compromesso tra le richieste etiopi per la
sovranità e le aspirazioni di indipendenza
eritrea. Tuttavia, dieci anni dopo, l'imperatore etiope, Haile Selassie, decise di annetterla. Una successiva lotta armata di trentadue anni è culminata in un referendum
che ha creato una Eritrea indipendente nel
1993.
Il caso della Transnistria: ha dichiarato
l'indipendenza dopo un conflitto militare
con la Moldova ed è attualmente una repubblica presidenziale indipendente, sotto
l'effettiva autorità della Russia. Tuttavia,
non è riconosciuta da nessuno Stato mem-
bro delle Nazioni Unite. È stato firmato un
accordo di cessate il fuoco il 21 luglio
1992. Da allora, la Moldova non ha esercitato alcun controllo efficace o influenza
sulle autorità della Transnistria.
Il caso di Ossezia del Sud e Abkhazia è
incerto. Un breve intervento militare russo
ha creato una zona sicura. La Georgia non
è stata in grado di riprendere il controllo
delle due regioni separatiste. Esse devono
ancora essere riconosciute.
Il caso del Nagorno Karabakh è unico. Si
tratta di uno stato democratico vitale, con
proprie istituzioni democratiche, con una
stampa libera e un forte esercito. I suoi
abitanti sono persone resilienti (capaci di
resistere, NdT) che hanno promesso di sopravvivere come stato indipendente libero,
non per ritornare indietro nel tempo ma per
vivere pacificamente come uno Statonazione.
A differenza di Crimea, Transnistria, Ossezia del Sud e Abkhazia, non vi è alcuna
presenza militare russa in Nagorno Karabakh.
.
Transnistria, Nagorno Karabakh, Abkhazia
e Ossezia del Sud sono zone post- sovietiche con "conflitto congelato". Questi quattro stati non riconosciuti mantengono relazioni amichevoli tra di loro e formano la
Comunità per la democrazia e i diritti delle
nazioni.
In un articolo Op-Ed nel “Los Angeles
Times” Eugene Kontorovich, professore
alla Northwestern University School of
International Law, esamina gli espropri di
terre da parte dei paesi che vengono ignorati e quelli che non sono accettati. Come
esempi, Kontorovich dà i casi di occupazione di Cipro, l'invasione del Marocco del
Sahara Occidentale, la pulizia del Vietnam
del Nord fuori del Vietnam del Sud, il sequestro indonesiano di Timor Est e l'occupazione israeliana della West Bank. Ora
possiamo aggiungere alla lista, l'attacco
della Turchia portato avanti dai fondamentalisti di confine e il sequestro di Kessab in
Siria.
Purtroppo, Kontorovich presenta il caso del
Nagorno Karabakh come una conquista di
parti dell'Azerbaigian da parte dell'Armenia. Egli considera le conquiste di
Ossezia del Sud, Abkhazia, Crimea una
forma di controllo del territorio da parte
della Russia e non come tentativi di autodeterminazione.
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la voce dell’Artsakh
Il presidente Sahakyan si è recato in visita
alla nuova scuola di Stepanakert (n° 1,
scuola secondaria) i cui lavori di realizzazione sono pressoché ultimati grazie anche al contributo di un filantropo armeno
della Russia.
SE E’ ARMENO PURE
PER LORO…
ALBERI PER L’ARTSAKH
Volontarie al lavoro per piantare alberi per
l’Artsakh. Il 18 aprile è stata la “giornata
del lavoro delle comunità” dedicata al
verde della repubblica. Anche il presidente
ha voluto dare il suo contributo e si è recato nel borgo di Ajapnyak (nei pressi della
capitale Stepanakert).
Il sito turco “fuarsepeti” (specializzato
in turismo) ha rappresentato il Nagorno
Karabakh con la sua bandiera e lo ha
definito stato indipendente de facto. Se
pure per loro è uno stato armeno ….
Mr. Kontorovich descrive i tentativi falliti
di conquistare territori a causa della
"resistenza da parte dello Stato di destinazione", come ad esempio l’azione dell’Argentina per le Falkland, il tentativo della
Libia di conquistare parti del Ciad, e l'attacco dell'Iraq contro l'Iran e il Kuwait.
Mr. Kontorovich è corretto nella sua analisi che il mondo sceglie convenientemente
di ignorare conquiste che sono compiute
da nazioni amiche ma ne contesta altre.
Nel caso del Nagorno Karabakh, ammette
giustamente che sembra improbabile un
percorso al contrario.
La dichiarazione del ministero degli Esteri
del Nagorno Karabakh per quanto riguarda la Crimea accoglieva "l'ennesima manifestazione della realizzazione del diritto
dei popoli all'autodeterminazione". Il
messaggio del ministero degli Affari Esteri è stato seguito il giorno dopo dal riconoscimento della secessione della Crimea da
parte del Parlamento della repubblica del
Nagorno Karabakh.
In una conversazione telefonica con il
Presidente Putin, il presidente armeno
Sarkisian ha ribadito che il referendum
Crimea era "ancora un'altra realizzazione
del diritto all'autodeterminazione del popolo". John Heffern, l'ambasciatore degli
Stati Uniti in Armenia, ha espresso la
delusione di Washington per la decisione
del governo armeno di riconoscere prontamente l'annessione della Russia Crimea.
Secondo Richard Giragosian, direttore del
“Centro studi regionali su sovranità ed
integrità territoriale” di Yerevan, il disprezzo del Presidente Putin e il disprezzo
per i costi delle sue azioni annunciano un
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cambiamento nella politica russa per uno
con poca o nessuna moderazione. In tale
contesto, una politica russa più diretta
verso i suoi vicini può anche provocare un
improvviso cambiamento nella politica di
Mosca verso il Nagorno Karabakh. Più in
particolare, cita tre fattori che suggeriscono un nuovo "paradigma Putin " per il
Nagorno Karabakh e, per estensione, per
la più ampia regione del Caucaso meridionale.
Giragosian prevede che « in primo luogo ,
in seguito alla erosione della moderazione
e l'eliminazione dei limiti , [il presidente ]
Putin ora può solo cercare di raccogliere
una maggiore influenza nel Caucaso meridionale , con Nagorno-Karabakh che offre
un suggestivo viale verso un profondo
consolidamento del potere e l'influenza
russa". In secondo luogo, Giragosian rileva che, nel contesto del processo di pace
con i suoi partner negli Stati Uniti e in
Francia, la Russia potrebbe scegliere di
colludere e non cooperare. In terzo luogo,
Giragosian crede che la Russia "può cercare di ottenere maggiori ma più rischiosi
guadagni cercando di trasformare il conflitto congelato nel Nagorno Karabakh in
una guerra calda, per raggiungere in tal
modo una maggiore leva finanziaria e
abbassare la latitudine di influenza".
Una partnership inquietante è stata evidenziata durante un incontro tra il presidente
georgiano Giorgi Margve-lashvili e quello
azero Ilham Aliyev, che hanno accettato di
sostenersi a vicenda su questioni di
"integrità territoriale".
Il loro accordo è stato stipulato in riferimento alle regioni separatiste del Nagorno
Karabakh, dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia.
Finora, l'Azerbaigian è stato molto cauto.
Il suo continuo silenzio è comprensibile:
se non si oppone al referendum in Crimea,
il Nagorno Karabakh può decidere di aderire all’Armenia; se va contro il referendum, si alienerà la Russia. Se rimane neutrale, il Presidente Putin renderà chiaro
che la neutralità non è un'opzione. .
Il caso del Nagorno - Karabakh è unico, a
differenza degli altri casi. Dopo il crollo
dell'Unione Sovietica, la sua gente ha
deciso di dichiarare la propria libertà da
un'occupazione illegale. Fu seguito da un
attacco brutale con bombardamento indiscriminato di obiettivi civili sul Nagorno
Karabakh e pogrom a Baku. La guerra si
concluse con il popolo del Nagorno Karabakh che riuscì a rintuzzare le incursioni
militari azere e a vincere la guerra. Venne
stabilito
un
cessate
il
fuoco.
La Repubblica del Nagorno - Karabakh è
un'entità democratica completa a tutti gli
effetti. E sopravviverà e verrà riconosciuta
come tale nel tempo.
I casi del Kosovo e della Crimea rafforzeranno e non ostacoleranno la sua marcia
verso l'indipendenza.
Pubblicato su Asbarez.com il 2 aprile a
firma di Hrant Apovian
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Il Parlamento Europeo condanna gli attacchi contro Kessab
NEL 2015 APRIRA’ UNA NUOVA
ALA DEL MUSEO DEL GENOCIDIO
È ufficiale la notizia che nel prossimo
2015, in concomitanza con il centenario
del genocidio, aprirà una nuova ala del
museo dedicato al Metz Yeghern a Yerevan. I lavori avranno inizio nell’ottobre di
questo anno e l’apertura della nuova sezione sarà prevista per la fine di marzo del
2015. Ne ha dato notizia Hayk Demoyan,
direttore dell’istituto.
Il parlamento Europeo ha adottato una
risoluzione di condanna dei recenti attacchi compiuti contro comunità etniche e
religiose in Siria ed in particolare si è
soffermato sulle incursioni di terroristi
(provenienti dalla vicina Turchia) che
hanno assaltato il villaggio armeno di
Kessab costringendo buona parte della
popolazione alla fuga.
La risoluzione riferisce che “i combattimenti tra le forze del regime e i ribelli,
compresi elementi legati ad Al-Qaeda,
alla fine del mese di marzo 2014 hanno
condotto all’evacuazione di gran parte
della popolazione di Kessab, una città
armena sul confine turco siriano”.
Il parlamento ha fortemente censurato gli
attacchi contro le comunità in Sira soffermandosi in particolare su cristiani, armeni
e curdi ed ha invitato tutte le parti coinvol-
te nel conflitto a bloccare qualsiasi incitamento all’odio etnico o religioso.
Nella mozione specificatamente si legge la
condanna contro “l’attacco alla città armena di Kessab” nel corso del quale sono
morte oltre 80 persone e molte chiese sono
state profanate. (sotto un gruppo di Al-qaedisti
posa davanti al fotografo dopo la conquista)
Qui Armenia
UOVA ARMENE
Non quelle di cioccolato (anche se la
Pasqua è appena passata) ma quelle vere
di gallina. La primavera 2014 ha portato
ad una produzione eccezionale sia in
quantità che qualità con un surplus tra
prodotto e consumato di circa 150.000
pezzi nel solo mese di aprile. Negli
scorsi anni l’Armenia era solita importare uova specie nel periodo pre pasquale
ma gli incentivi alla produzione hanno
determinato una crescita del mercato
interno che lascia ipotizzare anche una
prossima esportazione.
LIBRI ARMENI IN INDIA
Una esposizione di antichi libri armeni è
stata organizzata a Calcutta in India. Nel
grande stato asiatico, nel 1794 fu stampato il primo libro in armeno a Madras.
RITORNO A CASA
Dopo un mese di detenzione in Azerbaigian è stato rilasciato il pastore armeno
Arsen Khojoyan che il 7 marzo mentre
era alla ricerca di alcune pecore allontanatesi dal gregge si era ritrovato in territorio azero e lì era stato preso prigioniero. Le sue condizioni di salute
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dopo il rilascio erano discrete. Arsen è
parente dell’anziano Mamikon Khojoyan, affetto da turbe mentali, anche lui
sconfinato in Azerbaigian e rilasciato
dopo un intervento della Croce Rossa
Internazionale in pessime condizioni di
salute.
EUROVISION SONG CONTEST
Si avvicina la data della finale e cresce
l’attesa per la esibizione di AramMp3,
rappresentante dell’Armenia. Il video
della sua “Not alone” che sarà presentata
all’Eurofestival ha ottenuto già due milioni di contatti su You tube.
CALCIO ARMENO
Sei club (Mika, Banants, Shirak, Ararat,
Pyunik e Gandzasar) hanno presentato
all’Uefa la documentazione ed ottenuto
il diritto di partecipare alle competizioni
dell’organismo del calcio continentale
europeo per la stagione 2014-15.
Nel frattempo arriva la notizia che l’ex
CT della nazionale, Minasyan, sarebbe
in trattative per allenare una squadra del
campionato kazako.
ZOO DI YEREVAN
Un nuovo arrivo allo zoo di Yerevan, da
qualche anno in fase di rilancio dopo la
crisi del decennio scorso. Dallo zoo di
Tbilisi è arrivato uno splendido esemplare di giaguaro, maschio di tre anni.
TURISMO ARMENO IN TURCHIA
Nonostante i rapporti diplomatici non
siano dei migliori sono circa settantamila gli armeni che ogni anno si recano in
Turchia per turismo o necessità di lavoro. Il trend sembra confermato anche nel
2014 con oltre seimila turisti arnie nei
primi due mesi dell’anno.
TWITTER IN ARMENIA
Mentre Erdogan mette al bando twitter,
l’Armenia invita il suo vicepresidente
(Raffi Krikorian) a tenere una conferenza presso il Tumo Center della capitale.
Il manager ha anche incontrato il presidente Sargsyan.
RIMESSE IN ARMENIA
Più di 205 milioni di dollari sono arrivati in Armenia nei primi due mesi del
2014; si tratta di rimesse da singoli soggetti, non per scopi commerciali. Il dato
significativo riguarda la differenza con
l’importo dello scorso anno. In questo
primo biennio dell’anno in corso le rimesse sono state superiori del 10%.
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VOSGANIAN A VENEZIA
Varujan Vosganian ha partecipato al
Festival Internazionale di Letteratura a
Venezia “Incroci di Civiltà”.
Bollettino interno a cura di
comunitaarmena.it
Q U E S T A P U B B L I C A Z I ON E E ’ E D I T A
CON IL FAVORE DEL
MINISTERO DELLA DIASPORA
Giovedi 3 aprile il prof. Aldo Ferrari,
docente di lingua e letteratura armena
dell'università di Ca' Foscari, ha introdotto e conversato col prof. Varujan Vosganian nella splendida sede
dell'Auditorium S. Margherita.
Presentando Varujan Vosganian al pubblico Aldo Ferrari ha ricordato come la
città di Venezia sia da sempre dedita per
vocazione a fare incontrare le persone, le
culture, le civiltà ed in questo caso più
che mai avendo ospite uno scrittore cittadino rumeno di origine armena, grande
viaggiatore anch'egli come nella natura
del popolo armeno costretto dalla storia a
tanti spostamenti in larga misura a volte
forzati, anche se tra tante sofferenze e
tragedie si tratta di un popolo che ha
saputo creare e manifestare una vitalità e
una ricchezza culturale. Ricordiamo
inoltre come Venezia per secoli sia stata
il porto e l'avanguardia per i suoi contatti
con l'oriente.e come sia stata importante
per gli armeni, con la presenza del Monastero fondato dall'abate Mechitar presso
l'isola di S.Lazzaro, preposto alla promozione culturale e alla modernizzazione
della cultura armena.
Non a caso, il primo libro armeno cinque
secoli fa,è stato stampato proprio a Venezia.
Varujan Vosganian, parlando in italiano,
in modo amichevole e simpatico, ha
ribadito dei grandi legami dei veneziani
col popolo armeno, ha parlato poco del
suo romanzo “ Sussurri” ma ne ha
spiegato i valori fondamentali che vuole
trasmettere al lettore che affronta la lettura del suo libro nel quale si narra la storia
del novecento, del suo destino umano ed
in particolare del genocidio del
popolo armeno e della sua diaspora. Il
“perdono” vince , la “vendetta” no... ma
purtroppo gli armeni aspettano ancora il
riconoscimento del genocidio subito dal
1915 al 1923. Questa è la cosa grave in
quanto un crimine di tale proporzione se
non è punito potrebbe reitarare.
Varujan Vosganian ha saputo comunicare valori morali, che dovrebbero fare
parte dell'umanità,
parlando attraverso riflessioni profonde
su temi, con la sua sensibilità di scrittore
di eventi storici altamente drammatici,
riesce a trasmettere messaggi positivi...”i
veri vincitori sono i vinti”.
Attualmente Varujan Vosganian è Presidente dell'Unione degli Armeni di Romania, è stato Ministro
per l'Economia e il “Commercio” ed è
docente universitario.
MARINA MAVIAN
Varujan Vosganian ha presentato il suo libro anche a Roma lo scorso
28 aprile in occasione di una interessante conferenza tenutasi nella sede
dell’ambasciata della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede.
L’ARMENIA
IN VETTA!
il numero 180 esce il
15 maggio 2014
w w w. k a ra b a k h. i t
I nf or m az i one q uot i di a na
i n i t al i an o s ul l ’ Ar t s ak h
La nazionale di calcio
dell’Armenia è salita al
33° posto del ranking
Fifa. Un risultato storico
che corona anni di sacrifici. I progressi conquistati sul campo porteranno al squadra ad
uscire dal limbo delle
“piccole”. Il prossimo 6
maggio giocherà una
amichevole contro la
Germania, poi altri due
incontri amichevoli con
Algeria e Iraq in vista
degli Europei.