PREVENZIONE DELL`INFARTO DEL MIOCARDIO NELLA DONNA

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PREVENZIONE DELL`INFARTO DEL MIOCARDIO NELLA DONNA
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Dossier
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PREVENZIONE DELL’INFARTO DEL MIOCARDIO
NELLA DONNA
GRUPPO DI LAVORO SIPREC
Comitato scientifico
Maria Grazia Modena
Direttore UO Cardiologia
e Dipartimento Emergenza
Urgenza, Policlinico di Modena
Massimo Volpe
Scuola di Specializzazione
in Cardiologia, Università
‘Sapienza’, Università di Roma,
II Facoltà di Medicina
e Chirurgia,
Ospedale Sant’Andrea, Cattedra
di Cardiologia, Roma
Comitato di esperti
componenti la task force
Fabio Bellotto, Massimo
Chiariello, Lauro Cortigiani,
Francesco Cosentino, Stefano
Del Prato, Claudio Ferri, Enzo
Manzato, Carlo Maria
Rotella, Antonio Tiengo,
Bruno Trimarco, Diego
Vanuzzo, Paolo Verdecchia,
Annibale Volpe, Roberto
Volpe, Augusto Zaninelli
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L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)
nel 1947 ha definito la salute come “stato di benessere fisico, psichico e relazionale”; di conseguenza nel momento in cui uno di questi tre
elementi è alterato, si può rilevare lo stato di
‘malattia’. In quest’ottica la salute femminile
deve essere sempre più oggetto di un’attenzione medica, politica e sociale. Il doppio lavoro,
la propensione femminile ad occuparsi prima
dei bisogni e della salute degli altri, e poi di
quelli propri, un interesse per la salute femminile prevalentemente circoscritto agli aspetti
riproduttivi, la limitata partecipazione delle
donne agli studi clinici sui nuovi farmaci: sono
tutti fattori che dimostrano come le donne siano ancora svantaggiate rispetto agli uomini
nella tutela della loro salute. Peraltro, vivendo
più a lungo degli uomini, le donne sono anche
maggiormente soggette a patologie di tipo cronico, consumano più farmaci e svolgono un
ruolo importante all’interno della famiglia nell’assicurare l’appropriatezza delle cure per il
partner e per i figli.
Si stima che le malattie cardiache e l’ictus cerebrale rappresentino la principale causa di mortalità e invalidità nel mondo occidentale nelle
donne. Complessivamente esse uccidono più di
500.000 donne americane all’anno, pari al 41,3%
delle morti complessive tra il sesso femminile,
3 volte più di tutti i tipi di tumore messi assieme. In Italia le donne che ogni anno muoiono
per malattie cardiovascolari (MCV) sono circa
120.000. Le differenze Nord-Sud nella mortalità
per cardiopatia ischemica nelle donne hanno
fatto registrare una maggiore mortalità al Nord
nel 1970, ridottasi gradualmente fino a raggiungere valori più alti registrati al Centro-Sud negli
anni 2000.
Nonostante tali evidenze, le MCV sono considerate ancora tipiche del sesso maschile, tanto da
ritenere che il maggior fattore di rischio cardiovascolare nella donna (definito anche il “paradosso femminile”) sia la sua mancata consapevolezza di essere a rischio come o più dell’uomo. Per molti anni, infatti, lo studio della malattia coronarica e dei suoi fattori di rischio ha
interessato prevalentemente gli uomini, data la
maggiore frequenza della malattia in età media,
la comparsa in età più giovane rispetto alla
donna e l’elevata letalità. Solo recentemente si
è progressivamente consolidata una presa di
coscienza scientifica e clinica delle peculiarità
della cardiopatia ischemica nella donna.
È noto l’effetto dei fattori di rischio classici, dell’età e della menopausa sulla predisposizione
alle MCV nella donna. Ancora dibattuto è il ruolo di nuovi marcatori come l’ipertrofia ventricolare sinistra, il diabete gestazionale o il numero
di gravidanze come fattori da inserire nella pratica clinica nella valutazione del rischio.
Per quel che riguarda i classici fattori di rischio, dati recenti riportano che le donne in
Italia presentano nel 49% ipertensione, nel
35% ipercolesterolemia, nel 24% ipertrigliceridemia. Inoltre il 30% è obeso, il 40% in sovrappeso, il 35% presenta sindrome metabolica, il
48% è sedentario, e il 14% è fumatrice attiva
(Figura 1). Un ruolo importante nella predisposizione alle MCV nella donna è svolto da
diabete e ipertensione. Si stima che il numero
totale di donne affette da diabete tipo 2 sia
più alto del 10% rispetto agli uomini. Nel diabete il profilo di rischio cardiovascolare appare peggiore nel genere femminile. Il diabete sembra annullare la protezione generespecifica della pre-menopausa nei confronti
degli eventi coronarici, tanto che le donne
diabetiche hanno un rischio più elevato di
mortalità coronarica rispetto a quello delle
donne non diabetiche, con precedente infarto acuto del miocardio (IMA) (Figura 2). Oltre
che lo stile di vita inadeguato, anche gli stessi
ormoni sessuali giocano un ruolo nella patogenesi del diabete nella donna: elevati livelli
di testosterone sembrano aumentare il rischio di diabete, mentre gli estrogeni sembrano avere effetto protettivo. Particolare attenzione deve essere posta alle donne con pregresso diabete gestazionale (2-4% delle gravidanze), che presentano un aumentato rischio
di sviluppare diabete tipo 2 (20-60%), un peggior profilo cardiovascolare e una più elevata
incidenza di eventi cardiovascolari. Per migliorare la prevenzione cardiovascolare nelle
donne sarebbe auspicabile effettuare un adeguato screening (mediante OGTT) e un’effica-
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Figura 1. Prevalenza dei fumatori secondo le indagini DOXA, anni 1957-2008
70
–560.000 fumatori nell’ultimo anno
65,0
60,0
60
53,2
50
38,3
40
35,4
%
32,9
34,8
34,0
32,0
28,9
25,9
23,6
30
20
16,3
6,2
7,7
1957
1965
10
0
27,9
26,4
23,5
22,0
19,3
1975
17,9
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
1990
Anni
Maschi
Totale
Femmine
ce prevenzione del diabete oltre che delle sue
complicanze macrovascolari.
L’ipertensione arteriosa nella donna non viene
considerata come un semplice fattore di rischio, ma come un equivalente di patologia coronarica subclinica, in quanto indicatore della
disfunzione endoteliale alla base delle modifiche fisiopatologiche predisponenti ad IMA. Una
terapia eziologica basata sull’acquisizione di
uno stile di vita più salutare e sulla riduzione
dello stress ossidativo vascolare mediante farmaci agenti sul sistema renina-angiotensina appare, al momento, una strategia efficace per la
Figura 2. Rischio di mortalità coronarica in uomini e donne con o senza diabete mellito o pregresso
infarto acuto del miocardio
Le donne diabetiche sembrano presentare un rischio di mortalità coronarica
superiore a quello delle donne non diabetiche
con precedente infarto acuto del miocardio (IMA).
OR per mortalità coronarica
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
No DM
Pregresso IMA
DM
No IMA
Uomini
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DM
No DM
Pregresso IMA Pregresso IMA
DM
No IMA
Donne
DM
Pregresso IMA
prevenzione dell’IMA anche nel sesso femminile. Forme specifiche di ipertensione nella donna, come l’ipertensione gravidica e l’eclampsia
(10% delle gravidanze), sono associate ad un rischio di MCV futura nella donna tra 2 e 8 volte
superiore, e richiedono pertanto attente misure di valutazione, terapia e prevenzione secondaria. Infine la sindrome metabolica è associata a rischio 5 volte maggiore di diabete e 3 volte
maggiore di morte cardiovascolare secondaria
ad infarto o ictus. Più del 50% delle donne sopra i 60 anni presenta sindrome metabolica. La
riduzione dei livelli di estrogeni in menopausa
contribuisce infatti allo sviluppo di obesità viscerale, dislipidemia, insulino-resistenza e intolleranza glucidica, ipertensione, iperattività
simpatica, stato proinfiammatorio. L’obesità viscerale è la condizione responsabile della relazione fisiopatologica esistente tra insulino-resistenza e sindrome metabolica nel sesso femminile (Figura 3).
La differente morbilità-mortalità femminile
viene osservata non solo nell’ambito specifico
della cardiopatia ischemica, ma in un più vasto
ambito di morbilità cardiovascolare e sistemica, dalla quale non è possibile scindere e dissociare la cardiopatia ischemica stessa. Vi sono
malattie che sono uniche della sfera femminile, altre più prevalenti ed altre, infine, che si
manifestano in modo diverso nei due generi e
che rendono il profilo delle comorbilità peculiare rispetto a quello maschile. Sono più fre-
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Figura 3. Relazione fisiopatologica tra insulino-resistenza, obesità viscerale e sindrome metabolica in
età pre- e post-menopausa
Pre-menopausa
Periodo di transizione
Post-menopausa
carenza estrogenica
↓ Sensibilità insulinica
↓ Secrezione insulinica
↓ Funzione endoteliale
↓ Livelli di adiponectina
↓ Risposta al trattamento dei fattori di rischio CV
Sindrome metabolica
↑ Obesità viscerale
↑ Glicemia a digiuno
↑ Pressione arteriosa
↑ Rapporto TG/HDL
↑ Fattori infiammatori e precoagulativi
quenti infatti nel genere femminile le malattie
autoimmuni, la patologia tiroidea, le malattie
reumatologiche, le malattie scheletriche quali
l’osteoporosi, le malattie neurodegenerative.
Le malattie autoimmuni sembrano associate ad
un incrementato rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare, verosimilmente in ragione
dello stato infiammatorio sottostante, della
non rara trombofilia concomitante, della scarsa attenzione per patologie diverse dalla principale e, infine, per il frequente uso di farmaci
che possono favorire l’insorgenza di eventi
cardiovascolari.
Quindi da una parte le ‘fisiologiche’ modificazioni ormonali che si instaurano in menopausa
riducono la ‘protezione’ presente in età fertile
nei confronti della cardiopatia ischemica, dall’altra specifiche disendocrinopatie, quali il
morbo di Cushing e l’ipotiroidismo, più frequenti nel genere femminile, pongono la donna
che ne è affetta a maggior rischio di IMA. Il corretto trattamento di ipercortisolismo, dei distiroidismi e dei deficit di ormoni gonadici e ipofisari costituisce pertanto un’importante azione
preventiva.
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Tutte queste condizioni condividono peraltro
un pabulum infiammatorio comune oltre che il
comune deficit di un unico ormone, l’estrogeno. Il deficit estrogenico perimenopausale può
causare sintomi e vere patologie che solo
un’attenta terapia sostitutiva (HRT), insieme ad
uno stile di vita sano, possono correggere. Nonostante il presupposto fisiopatologico, attualmente la HRT può essere indicata (American
College of Obstetricians and Gynecologists
Committee on Gynecologic Practice, 2008) per
il sollievo dei sintomi vasomotori della menopausa precoce, in donne in buona salute cardiovascolare e a basso rischio di eventi cardiaci
avversi alla dose efficace più bassa possibile,
per la minor durata di tempo possibile e con
una rivalutazione continua di indicazione su
base periodica.
La cardiopatia ischemica conclamata poi presenta peculiarità tipiche del sesso femminile,
per cui si parla di ‘gender difference’: l’insorgenza più tardiva della malattia e la ridotta efficacia dei meccanismi di precondizionamento
ischemico determinano però anche una più
elevata mortalità correlata all’evento acuto soprattutto in età giovanile e possono rappresentare i cosiddetti ‘gender bias’. Esistono infatti sindromi coronariche praticamente sconosciute o rare nel sesso maschile. La dissecazione spontanea delle coronarie, delle carotidi
e di altri vasi arteriosi rientra in questa categoria. Devono essere riconosciute poiché il
loro trattamento non è quello utilizzato convenzionalmente.
Va ancora segnalato che se il numero totale di
morti per coronaropatia è superiore nel sesso
maschile, l’angina è invece più frequente in
quello femminile. La presenza di dolore ricorrente, soprattutto se refrattario alla terapia
antianginosa, anche in assenza di coronaropatia aterosclerotica, non è un fenomeno ‘benigno’ nella donna: se presente, è infatti associato ad un rischio doppio di infarto miocardico ed ictus.
Anche la diagnosi di cardiopatia ischemica nella donna risulta maggiormente complessa. L’accuratezza diagnostica del test ergometrico (con
o senza SPECT) è inferiore nel sesso femminile
rispetto a quello maschile. La scarsa accuratezza di questi test è legata ad una bassa specificità (≈≈艐60%) e sensibilità (艐70%). Se il test ergo-
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ALIMENTI CON UN BUON CONTENUTO IN CALCIO
E RIDOTTO IN GRASSI
Alimenti
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Contenuto per 100 g di alimento
mg di calcio
g di grassi
Cereali
Panini al latte
Crusca di frumento
Pane di segale
Cornflakes
130
110
80
74
8,7
5,5
1,7
0,8
Legumi
Ceci
Fagioli
Fave
142
135
90
6,3
2
3
Pesci
Alici
Calamari
Polpo
Sugarello
Gamberi
Cozze
Marmora
148
144
144
125
110
88
69
2,6
1,7
1
3
0,6
2,7
1,9
Latte e yogurt
Latte di capra
Latte di mucca scremato
Yogurt
Latte di mucca intero
141
125
125
119
4,8
0,2
3,8
3,6
Formaggi
Ricotta di mucca
Ricotta di pecora
295
166
10,9
11,5
Verdure e ortaggi
Rughetta
Foglie di rapa
Cicoria
Agretti
Bieta
Radicchio verde
Broccoletti
Cardi
Indivia
309
169
150
131
130
115
97
96
93
0,3
0,1
0,1
0,2
0,2
0,5
0,3
0,1
0,3
metrico viene accompagnato da un esame ecocardiografico, si assiste ad un sostanziale incremento nella probabilità di riconoscere donne con coronaropatia significativa. L’eco-stress
consente un’efficace stratificazione del rischio
in entrambi i sessi, e la presenza di malattia
coronarica ed ischemia all’eco-stress conferisce alle donne una prognosi peggiore rispetto
agli uomini. Lo studio della riserva coronarica
durante eco-stress fornisce informazioni prognostiche addizionali rispetto all’analisi della
sola cinesi. La SPECT (Single-Photon Emission
Computer Tomography) consente la visualizzazione della perfusione coronarica globale e regionale nonché dei volumi e della funzione
ventricolare. Tale metodologia ha, tuttavia, alcune limitazioni nelle donne. La tomografia
computerizzata (CT) consente la quantizzazione
del calcio coronarico e la visualizzazione delle
stenosi coronariche. Sembra attualmente indicata nelle donne con probabilità intermedia di
cardiopatia ischemica, soprattutto in presenza
di test provocativi non diagnostici. L’imaging di
risonanza magnetica (MRI) consente la valutazione della perfusione subendocardica, così
come la valutazione della funzione e della massa ventricolare sinistra e una dettagliata valutazione anatomica del miocardio, dei grossi
vasi e del circolo coronarico. Oltre alla migliore risoluzione spaziale e temporale rispetto
alle altre metodiche, la MRI nelle donne sembra avere il vantaggio di consentire un’eccellente caratterizzazione dei tessuti molli e la valutazione della compromissione indiretta del
microcircolo, condizione che caratterizza l’angina microvascolare.
Data l’eterogeneità e la peculiarità delle MCV
nella donna, si può facilmente dedurre che
l’approccio in termini di prevenzione e di percorsi diagnostico-terapeutici necessiti di conoscenze accurate e che impostare un corretto
stile di vita sia forse prioritario nel sesso femminile, per tutte le considerazioni sovraesposte. Da qui l’importanza dell’attività fisica e dell’alimentazione nella donna, basti pensare a
quante volte questo aspetto venga citato, dall’età fertile alla gravidanza alla post-menopausa, in questo documento. In particolare per una
corretta ‘nutriterapia’ una dieta ricca di frutta e
vegetali, cereali integrali, cibi ricchi di fibre e
pesce almeno due volte a settimana. Limitare
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SINOSSI DELLE RACCOMANDAZIONI CLINICHE E TERAPEUTICHE
NELLA PREVENZIONE DELLA PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE DELLA DONNA
INTERVENTI SUGLI STILI DI VITA
Fumo di sigaretta
Le donne non dovrebbero fumare e dovrebbero evitare il fumo di tabacco. Offrire
counselling, sostituti nicotinici ed altra farmacoterapia se appropriata, in associazione
con programmi comportamentali o formali
di interruzione dell’abitudine al fumo (Classe I, Livello B).
Attività fisica
Le donne dovrebbero eseguire almeno 30
minuti di attività fisica moderato-intensa
(cammino a passo sostenuto) nella maggioranza, e preferibilmente, in tutti i giorni
della settimana (Classe I, Livello B).
Le donne che necessitano di perdere peso, o
mantenere una perdita di peso, dovrebbero
eseguire almeno 60-90 minuti di attività fisica moderata (cammino a passo sostenuto)
nella maggioranza, e preferibilmente in tutti
i giorni della settimana (Classe I, Livello C).
Riabilitazione
Un regime completo di riduzione del rischio,
come i programmi di riabilitazione cardiovascolare o dell’ictus con esercizio domiciliare
guidato o di gruppo, dovrebbe essere raccomandato a donne con recente sindrome coronarica acuta o intervento coronarico, di
nuova insorgenza o cronica, recente evento
cerebrovascolare o malattia periferica vascolare (Classe I, Livello A), o sintomi pregressi
o attuali di scompenso cardiaco e frazione
di eiezione (Classe I, Livello B).
Apporto dietetico
Le donne dovrebbero consumare una dieta
ricca di frutta e vegetali; scegliere cereali
integrali e cibi ricchi di fibre, consumare
pesce a basso contenuto in mercurio, almeno due volte a settimana; limitare l’apporto
di colesterolo a 300 mg/die, il consumo di
alcol a non più di 1 bevanda/die, e l’apporto di sodio a 2,3 g/die. Limitare il consumo
di acidi grassi trans al minimo possibile (1%
dell’apporto calorico) (Classe I, Livello B).
Mantenimento/riduzione del peso
Le donne dovrebbero mantenere o perdere
peso attraverso un appropriato equilibrio di
attività fisica, apporto calorico, e programmi
comportamentali formali quando indicati,
con l’obiettivo di mantenere/raggiungere un
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BMI tra 18,5 e 24,9 kg/m2 ed una circonferenza vita di 88 cm (Classe I, Livello B).
Acidi grassi omega-3
Come integrazione della dieta può essere
considerata l’assunzione di acidi grassi omega-3 in capsule (1000 mg di calcio eicosapentaenoico -EPA- e docosaexaenoico -DHA)
nelle donne con coronaropatia nota, e dosi
maggiori (2-4 g) possono essere usate nel
trattamento delle donne con alti livelli di
trigliceridi (Classe IIb, Livello B).
Depressione
Considerare lo screening per la depressione
nelle donne con malattia ischemica nota e
riferirle/trattarle ove indicato (Classe IIa,
Livello B).
Ipertensione arteriosa: terapia farmacologica
La terapia farmacologica è indicata quando i
valori di pressione arteriosa sono 140/90
mmHg o 130/80 mmHg in pazienti con insufficienza renale cronica o diabete mellito.
I diuretici tiazidici dovrebbero essere considerati come parte del trattamento farmacologico per molte pazienti a meno che controindicati o in presenza di altre forti indicazioni all’utilizzo di altri agenti in specifiche malattie cardiovascolari. Il trattamento
iniziale nelle donne ad alto rischio dovrebbe
prediligere betabloccanti e/o ACE-inibitori o
sartani, con l’aggiunta di altri farmaci come
i diuretici tiazidici, quando necessario per
raggiungere l’obiettivo pressorio (Classe I,
Livello A).
Lipidi e lipoproteine: livelli ottimali e
stile di vita
Il raggiungimento dei seguenti livelli di lipidi e lipoproteine nelle donne dovrebbe essere incoraggiato attraverso l’adozione di
stili di vita adeguati: colesterolo LDL 100
mg/dl, colesterolo HDL 50 mg/dl, trigliceridi 150 mg/dl, e colesterolo non HDL (colesterolo totale meno colesterolo HDL) 130
mg/dl (Classe I, Livello B).
Se una donna è ad alto rischio o è ipercolesterolemica, l’apporto di grassi saturi con la
dieta dovrebbe essere pari al 7% e l’apporto
di colesterolo pari a 200 mg/die (Classe I,
Livello B).
Lipidi: terapia farmacologica per la ridu-
zione del colesterolo LDL, donne ad alto
rischio
Utilizzare la terapia farmacologica di riduzione del colesterolo LDL contemporaneamente
all’adozione di stili di vita corretti per raggiungere un colesterolo LDL pari a 100
mg/dl (Classe I, Livello A) nelle donne con
coronaropatia ed in modo simile nelle donne
con malattia aterosclerotica non coronarica
o diabete mellito o rischio assoluto a 10
anni stimato del 20% (Classe I, Livello B).
Il raggiungimento di livelli di colesterolo
LDL pari a 70 mg/dl è ragionevole nelle donne a rischio molto elevato con coronaropatia
e potrebbe richiedere una terapia farmacologica combinata di riduzione delle LDL (Classe IIa, livello B).
Lipidi: terapia farmacologica per la riduzione del colesterolo LDL, donne a rischio
basso-medio
Utilizzare la terapia farmacologica di riduzione del colesterolo LDL se i livelli di colesterolo LDL sono 130 mg/dl dopo adozione
di stili di vita adeguati e se sono presenti
multipli fattori di rischio ed un rischio assoluto calcolato a 10 anni compreso tra il
10% ed il 20% (Classe I, Livello B).
Utilizzare la terapia farmacologica di riduzione del colesterolo LDL se i livelli di colesterolo LDL sono 160 mg/dl dopo adozione di stili
di vita adeguati e in presenza di fattori multipli di rischio ed un rischio assoluto calcolato a 10 anni del 10% (Classe I, Livello B).
Utilizzare la terapia farmacologica di riduzione del colesterolo LDL se i livelli di colesterolo LDL sono 190 mg/dl indipendentemente
dalla presenza o assenza di altri fattori di rischio per coronaropatia dopo adozione di
stili di vita adeguati (Classe I, Livello B).
Lipidi: terapia farmacologica per colesterolo HDL ridotto o colesterolo non-HDL
elevato, donne ad alto rischio
Utilizzare terapia con acido nicotinico o fibrati quando il colesterolo HDL è basso o il colesterolo non-HDL è elevato nelle donne ad alto
rischio dopo il raggiungimento dell’obiettivo
di colesterolo LDL (Classe IIa, Livello B).
Lipidi: terapia farmacologica per colesterolo HDL ridotto o colesterolo non-HDL
elevato, donne a rischio basso-intermedio
Considerare la terapia con acido nicotinico o
fobrati quando il colesterolo HDL è basso o
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il colesterolo non-HDL è elevato dopo il
raggiungimento dell’obiettivo di colesterolo
LDL in donne con multipli fattori di rischio
ed un rischio assoluto a 10 anni compreso
tra il 10% ed il 20% (Classe IIb, Livello B).
Diabete mellito
L’adozione di stili di vita corretti e la terapia farmacologica ipoglicemizzante dovrebbero essere utilizzati come indicato nei pazienti con diabete (Classe I, Livello B) per
raggiungere un valore di emoglobina glicata del 7% se questo può essere ottenuto
senza significativa ipoglicemia (Classe I,
Livello C).
controllata e se il beneficio atteso rispetto
all’ictus ischemico e alla prevenzione dell’IMA sono verosimilmente superiori al rischio di sanguinamento gastrointestinale ed
ictus emorragico (Classe IIa, livello B) e
nelle donne di età <65 anni, quando il beneficio della prevenzione dell’ictus ischemico è verosimilmente superiore agli effetti
avversi della terapia (Classe IIb, Livello B).
Beta-bloccanti
I beta-bloccanti dovrebbero essere usati a
tempo indefinito in tutte le donne dopo un
infarto, una sindrome coronarica acuta o disfunzione ventricolare sinistra con o senza
sintomi di scompenso cardiaco, a meno che
controindicati (Classe I, Livello A).
INTERVENTI FARMACOLOGICI PREVENTIVI
Aspirina, donne ad alto rischio
La terapia con aspirina (75-325 mg/die)
dovrebbe essere usata nelle donne ad alto
rischio, a meno che controindicata (Classe
I, Livello A) (utilizzare la terapia antiaggregante con aspirina e clopidogrel in donne
con pregresso stenting o by-pass aortocoronarico, secondo le correnti linee guida). Se
una donna ad alto rischio è intollerante
alla terapia con aspirina, questa dovrebbe
essere sostituita con clopidogrel (Classe I,
Livello B).
ACE-inibitori/ARBs
Gli ACE-inibitori dovrebbero essere usati (a
meno che controindicati) nelle donne dopo
un infarto ed in quelle con evidenza clinica
di scompenso o di frazione di eiezione del
ventricolo sinistro del 40% o con diabete
mellito (Classe I, Livello A). Nelle donne
dopo un infarto ed in quelle con evidenza
clinica di scompenso cardiaco o con frazione di eiezione <40% o con diabete mellito
che sono intolleranti agli ACE inibitori, dovrebbero essere invece usati gli ARBs (Classe I, Livello B).
Aspirina, donne a rischio intermedio e
basso
Nelle donne di età >65 anni, considerare la
terapia con aspirina (81 mg/die o 100
mg/die alterni) se la pressione arteriosa è
Antialdosteronici
L’uso del blocco dell’aldosterone dopo un
IMA nelle donne che non hanno una significativa disfunzione renale o iperpotassiemia
che sono già in terapia con dosi terapeuti-
l’apporto di grassi saturi al 10%, meglio al 7%,
dell’apporto calorico (acidi grassi trans ⬍1%
dell’apporto calorico), l’apporto di colesterolo
a 300 mg/die, il consumo di alcol a non più di 1
bevanda/die, e l’apporto di sodio a 2,3 g/die. Finalizzare l’alimentazione della donna, specie se
in menopausa, non solo al controllo della colesterolemia, ma anche alla prevenzione dell’osteoporosi, scegliendo alimenti a ridotto contenuto lipidico e, nel contempo, a sufficiente tenore di calcio, e un appropriato apporto alimentare di vitamina D accompagnato da un’adeguata esposizione al sole in grado di stimo-
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che di un ACE-inibitore e di un beta-bloccante, ed hanno una frazione di eiezione del
40% con scompenso cardiaco sintomatico
(Classe I, Livello B).
INTERVENTI DI CLASSE III (NON UTILI
E POTENZIALMENTE DANNOSI)
Terapia della menopausa
La terapia ormonale ed i modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni (SERMs) non
dovrebbero essere usati per la prevenzione
primaria e secondaria (Classe III, Livello A).
Supplementi antiossidanti
Supplementi di vitamine antiossidanti (vitamina E, C, e beta-carotene) non dovrebbero
essere usati per la prevenzione primaria e
secondaria della malattia cardiovascolare
(Classe III, Livello A).
Acido folico (indicato in gravidanza per
prevenire i difetti del tubo neurale)
L’acido folico, con o senza supplementi di
vitamina B6 e B12, non dovrebbe essere
usato nella prevenzione primaria e secondaria della malattia cardiovascolare (Classe
III, Livello A).
Aspirina per la prevenzione dell’IMA in
donne di età <65 anni
L’uso routinario dell’aspirina in donne sane di
età <65 anni non è raccomandato per la prevenzione dell’infarto (Classe III, Livello B).
larne la sintesi a livello cutaneo. Incentivare
una regolare attività fisica di tipo aerobico, ma
anche di rinforzo muscolare, per migliorare il
controllo sul metabolismo lipidico e sulla massa ossea rimane un punto essenziale.
A queste tematiche è dedicato il Documento sulla Prevenzione dell’infarto del miocardio nella
donna realizzato dal Gruppo di lavoro SIPREC
nell’obiettivo di fornire al medico uno strumento
aggiornato, ma pratico, che lo porti alla conoscenza dell’universo femminile per una prevenzione mirata, obiettivo principale della Società
Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare. care 3-2010 def
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Dossier
IL CUORE DELLE DONNE
A colloquio con Francesca Merzagora
Presidente ONDa, Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna
Dottoressa, alla luce delle evidenze raccolte dall’Osservatorio per la Salute della Donna, che lei presiede, ritiene
che il Documento del Gruppo di Lavoro SIPREC, Prevenzione dell’infarto del miocardio della donna, rappresenti un
passo importante nella costruzione di una medicina a
misura di donna nella specifica area patologica?
ONDa si occupa fin dalla sua fondazione anche del ‘cuore delle
donne’. Grazie alla collaborazione di Maria Grazia Modena, già
Presidente nazionale della Società Italiana di Cardiologia e
membro del nostro comitato scientifico, sono stati realizzati numerosi incontri pubblici per sensibilizzare le donne alla prevenzione del rischio cardiovascolare. Il documento della Siprec raccoglie tutto quanto è necessario per contribuire in modo esaustivo alla costruzione di una medicina di genere in campo cardiologico.
A che punto siamo oggi rispetto allo sviluppo di una
adeguata consapevolezza delle specificità femminili
nella genesi, sviluppo e trattamento delle patologie cardiovascolari?
Si tratta di un percorso che in questi anni ha avuto
un’accelerazione importante. Il documento della Siprec ne è uno dei principali segnali. Ora è necessario continuare nel lavoro di sensibilizzazione istituzionale e scientifica.
Considerato che, come si legge nel documento, le
patologie cardiovascolari sono responsabili di oltre
il 43% dei decessi femminili, ritiene sia importante
promuovere e/o potenziare attività di informazione/
sensibilizzazione volte ad elevare la soglia di attenzione
delle donne rispetto a patologie a lungo erroneamente
considerate prevalentemente maschili?
Il percorso di sensibilizzazione in questo campo è complesso, ma
non per questo trascurato da ONDa. Al primo punto è necessaria
una maggiore sensibilizzazione delle donne affinché limitino al
massimo il vizio del fumo, tutt’ora una delle principali cause di
problematiche cardiovascolari nelle donne, e prestino maggiore
attenzione all’alimentazione di se stesse e dei propri famigliari.
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CARE 3, 2010
Dalle due ultime nostre indagini, confermate da successivi dati
Istat, risulta infatti che il vizio del fumo continui ad essere in
crescita nelle donne, soprattutto giovani, mentre negli uomini è
in calo, pur se lieve. Anche in campo alimentare le donne tendono a sottovalutare sempre più la qualità dei cibi e il tempo dedicato all’alimentazione corretta.
Quali sono, a suo avviso, gli attori chiave da sensibilizzare/mobilitare per far crescere la consapevolezza dell’importanza di una prevenzione e di una cura a misura
di donna in ambito cardiovascolare (specialisti, medici
di medicina generale, pazienti)?
Gli attori chiave – come è normale in questi casi – sono tutti e
sempre importanti. Solo la sinergia tra medici specialisti, medici
di medicina generale, istituzioni nazionali e locali, associazioni di pazienti, potrà garantire risultati sempre migliori. Certamente ogni contributo è
importante, e può coinvolgere anche pediatri, medici
nutrizionisti, dietisti. L’alimentazione corretta, infatti, è
fondamentale nella prevenzione
delle malattie cardiovascolari. Ed
è molto importante iniziare nelle
scuole e coinvolgere da subito le
bambine prima e le ragazze poi.
Per chiudere, l’Osservatorio per la
Salute della Donna è da anni impegnato nel promuovere lo sviluppo
di una medicina di genere. Cosa ha
già fatto e farà, anche alla luce delle
evidenze di questo documento, con riferimento specifico alle patologie cardiovascolari?
ONDa ha organizzato in questi anni molti incontri pubblici sul
territorio per coinvolgere e quindi sensibilizzare le donne alla
prevenzione delle malattie cardiovascolari. Inoltre ha pubblicato il Libro Bianco e il Libro Verde sulla salute della donna,
strumenti di analisi e proposte concrete anche per migliorare e
rendere più forte ‘il cuore delle donne’. È stato anche pubblicato un Quaderno di ONDa allegato a un femminile di larga tiratura sulle patologie cardiovascolari. Ma l’impegno non finisce
certo qui. ML