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Il maestro di intrighi internazionali Frederick Forsyth svela i retroscena del suo nuovo libro «Non si batte il terrorismo con i diritti civili spazzatura» In La lista nera il re del thriller torna a occuparsi di estremismo islamico e ambienta la sua storia tra le fazioni somale. Una fnzione che somiglia alla realtà. «Sempre più pericolosa, in cui ci vorrebbe meno tolleranza» di Enrico Mannucci - foto di Ed Thompson 46 SETTE | 42 — 18.10.2013 Dalla campagna inglese a Milano Nella foto grande, Frederick Forsyth (75 anni) con i suoi Jack Russell nello studio di casa, nel Buckinghamshire. Qui accanto, la copertina del suo nuovo libro, La lista nera (288 pagine, 19 euro), in libreria per Mondadori il 22 ottobre. Il 23 novembre Forsyth sarà in Italia, a Milano, in occasione di Bookcity, e incontrerà il pubblico alle ore 14 presso la Sala Viscontea del Castello Sforzesco. suo libro è la lotta all’ultimo sangue fra un “buono” (un americano ben rodato in avventure belliche di vario genere, con corredo di altri “buoni”, israeliani e inglesi, perché Rule Britannia vale sempre) e un “cattivo”, cattivissimo, anzi, e anche attivissimo, predicatore islamico che diffonde le sue eccezionali capacità di persuasione attraverso Internet, plagiando adepti che inesorabilmente spinge all’uccisione di eminenti, ma neanche troppo, occidentali. La morte dell’assassino, inevi«Me la prendo con i tabile in tali omicidi, è giudici che negano particolare irrilevante la possibilità di per il medesimo. Meglio, è parte integranspedire fuori dal te del gesto: il premio, nostro Paese gente perché certe letture come certi imam che dell’Islam garantiscono al martire un deliraccolgono soldi per zioso paradiso. gruppi clandestini» Il cattivissimo, guarda caso, fa partire i suoi messaggi da quella terra incontrollabile che è oggi la Somalia. Il “Predicatore” (è noto così) ha girato il mondo dei santuari terroristici, dall’Afghanistan al Pakistan con deviazioni varie, ma ora trova il massimo comfort sotto l’apparentemente infrangibile protezione dei militanti di Al Shabaab, gli islamisti del Corno d’Africa in collegamento con la rete di Al Qaeda. Al Shabaab, ovvero quelli che pochi giorni fa hanno catturato i notiziari internazionali assaltando un centro commerciale a Nairoe non vi prende il Jack bi, il Westgate. E ora, il giorno dell’incontro Russell lo farà l’anatra corcon Forsyth, tornano in prima pagina perritrice», avverte un ironico ché i giornali scavano nella storia del raid cartello all’ingresso della fallito dai Seals americani (quelli che hanno proprietà di Frederick Forsyth. Siamo nelnel medagliere l’uccisione di Osama bin Lale Chiltern Hills, Buckinghamshire, perden): sono sbarcati sulla costa somala per fetta campagna britannica: boschi, mucprendere un capo “shabaabista”, diciamo che, stradine strettissime. Classe 1938, così, ritenuto organizzatore del blitz in Keinglese del Kent, Forsyth è uno scrittore nya, ma l’uomo è sfuggito alla cattura. di best seller che ha cominciato alla fne Insomma, ce ne sarebbe in abbondanza per degli Anni Sessanta e da allora non ha più stuzzicare la vanità di un veggente di successmesso. Alla media di un titolo blockbuso. Forsyth, invece, non ci sta. Ne ha passate ster ogni tre, quattro anni. Ora tocca a La tante, lungo molti anni di onorata carriera, lista nera (titolo originale The kill list, in da giovanissimo pilota della Raf, poi da Italia lo traduce Mondadori che porterà giornalista nelle zone calde del globo, pril’autore da queste parti a fne novembre ma ancora che da scrittore ben introdotto per la Bookcity milanese). nella metà oscura delle guerre contemporaCome è obbligo di ogni vero scrittore di best nee, quelle defnite “asimmetriche”. seller dei nostri tempi, Forsyth pare anche Il suo approccio è spregiudicato, quasi cidotato di capacità divinatorie. La trama del «S nico: «Semplicemente una coincidenza». Sulla parete dello studio, sta incorniciata la foto di un Vampire, un caccia britannico dei primi Anni Cinquanta, con lui alla guida. A riconoscere il modello dell’aereo sorride, si sbilancia un po’: «Qualche anno fa, fece scalpore il fatto che in un mio libro avessi immaginato un primo ministro inglese donna. Il libro uscì e poco dopo venne eletta Margareth Thatcher. Francamente non ci vidi un gran vanto. Qui, ci sono due partiti. I laburisti candidavano Kinnock e i conservatori la Thatcher: le probabilità di azzeccare la previsione erano quantomeno cinquanta a cinquanta. Oppure mi è capitato, dopo Il Cobra in cui parlavo della ’ndrangheta, che i carabinieri facessero una grande operazione contro le cosche calabresi. Basta informarsi un po’ e si individuano le cose che possono succedere davvero. Al Shabaab è uno dei raggruppamenti fondamentalisti più fanatici, non era famoso perché non operava fuori dalla Somalia, ma era prevedibile che ci sarebbe arrivato. Non ho usato nessuna magia…». Insomma, come avverte il cartello, se non vi acchiappa il cane lo faranno le anatre. La metafora dell’albatros. Le quali, è chiaro, non ci riusciranno mai per davvero. Più o meno, è la versione ironica del detto maoista (copyright Deng Xiao Ping, però) sul colore del gatto che conta poco fnché acchiappa i topi. Ma serve a introdurre un’altra metafora ornitologica, quella degli albatros, uccelli che a terra si muovono goffssimi quanto sono agili e leggiadri in volo. Forsyth l’adopera per spiegare un personaggio, un ragazzo poco meno che autistico, praticamente incapace di relazione con gli altri eppure straordinariamente abile a muoversi nel mondo virtuale della rete. A lui si rivolge il buono, detto il Segugio, per organizzare su Internet una trappola al Predicatore. La caccia diventa poi un fatto personale quando un fanatico esaltato dai sermoni via Internet uccide il padre del Segugio, un generale dei marines in pensione: «Bisognava arrivare al confronto fnale fra il buono e il cattivo. In qualche modo individualizzare la lotta. Forse nella realtà ormai non capita più così, ma un bel romanzo non lo puoi scrivere senza un protagonista, l’eroe e il suo opposto. I Seals che uccidono bin Laden non funziona per un libro. E i droni, poi, non sono affatto buoni per una bella trama…». SETTE | 42 — 18.10.2013 47 Un aUtore con lo stile del reporter il suo “verismo” non corre per il nobel, ma per il pulitzer Attentissimo all’astratta meccanica delle trame, e non di meno più verista di qualsiasi reporter, Frederick Forsyth possiede il dono che distingue «gli scrittori dai cazzari», come diceva W.S. Burroughs di Jack Kerouac: quel che scrive, oltre a sembrare reale, merita d’esserlo, come ogni storia ben raccontata. Giovanissimo pilota della Raf negli Anni Cinquanta, quindi giornalista alla Bbc, Forsyth tifa da corrispondente della televisione inglese per i movimenti di liberazione africani, in particolare per Dopo L’Afgano, Forsyth aveva annunciato che non si sarebbe più occupato di terrorismo fondamentalista. La ragione della rinuncia non era troppo elaborata: «Troppo simili fra loro i nomi degli arabi. Fra tutti quei Muhammad, Mohamed e Mohammad, fnisce che il lettore perde la bussola. E troppo complicate le distinzioni sottili tra fondamentalismo religioso e motivazioni politiche». Aveva ragionato sugli oligarchi russi e i legami coi vecchi servizi sovietici, aveva parlato del pericolo coreano (ipotesi evidentemente abbandonata: «Cina, Giappone, Taiwan, Corea o Singapore non m’interessano. Non ci ambienterò mai un romanzo. C’è già mia moglie appassionata di Oriente…») poi si era dedicato con Il Cobra ai grandi traffcanti di droga. Ora ha cambiato idea, anche se precisa sorridendo: «Sì, però all’inizio del libro ho messo un indice con nomi e ruolo di tutti i personaggi. E poi, inserendo i somali, ho limitato i pakistani». A riportarlo sulle piste del fondamentalismo è la semplice consta- tazione che sta lì la ragione per cui oggi il mondo è meno sicuro: «Qualche decennio fa, l’Europa ha conosciuto il terrorismo politico che si richiamava alla classe operaia, ma era opera di intellettuali: volevano la rivoluzione, ma raramente si muovevano su un piano internazionale. Sono stati i palestinesi a cominciare l’esportazione del terrore, comunque anche in quel caso l’obiettivo restava chiaro, ovvero l’eliminazione di Israele. Ma ora i fondamentalisti cosa vogliono? Perché uccidono? Per ristabilire il primo Califfato? Dopo tredici secoli… Mah… Semplicemente perché così credono di avere la garanzia di andare in paradiso». Forsyth, a volte, ha esitato a parlare di scontro di culture, ora è più netto: «Lo scontro fra le civiltà esiste, anche se non ci sono precisi obiettivi territoriali. E anche se il terrorismo è indiscriminato. Proprio perché è fne a se stesso, al martirio. In Iraq scoppiano continuamente bombe, eppure non ci sono molti cristiani laggiù, e tantomeno ebrei. È una questione fra due correnti dell’islami- «Lo scontro fra civiltà esiste, anche se non ci sono precisi obiettivi territoriali. E anche se il terrorismo è indiscriminato. Proprio perché è fne a se stesso, mira al martirio» 48 sette | 42 — 18.10.2013 smo. Così, sicuramente, oggi il pianeta è più pericoloso di un secolo fa: nessuno pensava di correre rischi nel centro commerciale di Nairobi oppure alla maratona di Boston». Il ruolo dei giudici. E, forse, non si fa tutto quel che sarebbe possibile per mettersi al sicuro. In La lista nera, il Segugio e i suoi compagni non esitano a forzare un bel po’ di leggi quando si tratta di metter sotto controllo un insospettabile ricco mercante pakistano che vive a Londra e che loro sospettano sia l’interfaccia del Predicatore in Occidente: «Ma nella Seconda guerra mondiale abbiamo violato un numero molto più grande di diritti civili quando si è trattato di fare la guerra ai nazisti e di batterli! Certo che sono critico verso forme eccessive di tolleranza. Ci sono imam che incentivano il terrorismo e raccolgono soldi per i gruppi clandestini. Sono fgure pericolose. Io me la prendo con i giudici che negano la possibilità di spedirli fuori dal nostro Paese. Questo è assolutamente idiota! E quei giudici si prendono una grossa responsabilità. Ci vogliono più controlli. È assurdo che in Gran Bretagna non esista l’obbligo di possedere una carta d’identità. È di nuovo venuto il momento di modifcare certi diritti civili, a volte sono spazzatura». Forsyth si inalbera e liquida come moralismi le perplessità guerre segrete nell’Europa della Guerra fredda) e ci costruisce intorno una metafora in forma di thriller. A parte John Le Carré, che tra tutti gli autori di spy stories è il solo che si sia misurato (almeno nei suoi primi romanzi) con l’alta letteratura, non c’è scrittore di thriller che, negli ultimi quarant’anni, non si sia ispirato alle trame di Forsyth, imitandole senza però eguagliarle. Nelle sue storie non ci sono personaggi memorabili. Ci sono, in compenso, intrecci perfettamente oliati e pagine zeppe d’informazioni. Si esce dalle sue storie (compresa l’ultima, La lista nera, sulla caccia ai killer jihadisti da parte di un’agenzia di tagliagole del governo americano) come dal Nome della rosa, per dire, o da un romanzo a tripla farcitura di Thomas Pynchon: sapendola più lunga di quando ci si è entrati. Forsyth non corre per il Nobel, ma per il Pulitzer. diego Gabutti sull’uso di Organizzazioni non governative per operazioni coperte dei servizi segreti occidentali (succede anche nel suo libro): «Io non me ne scandalizzo. Anche in questo caso, andiamo a rivedere cosa succedeva quando combattevamo Hitler». LUZ PHOTO i guerriglieri del Biafra e della Nigeria. Passa al Daily Express e a Time Magazine. Poi scrive il primo, più bello e più fortunato dei suoi romanzi: Il giorno dello sciacallo, la storia di un attentato al generale De Gaulle scritto con l’iperrealismo d’un artista della scena pop londinese e con la freddezza d’uno storico classico. Seguono, in rapida successione, altre due o tre spy stories che lasciano il segno, ciascuna delle quali diventerà un flm di successo: Dossier Odessa, I mastini della guerra, Il quarto protocollo. Siamo nei primi Settanta. Forsyth mette a fuoco un problema politico del suo tempo (la recrudescenza dei gruppuscoli nazisti, le sinistre imprese dei mercenari in Africa, le L’importanza della lealtà. Con queste premesse, le posizioni politiche dello scrittore non sono una sorpresa: «Mi considero un conservatore. Ma con la “c” minuscola, non sono membro del partito. Semplicemente per me molte cose del sistema tradizionale funzionano». In vari passaggi del libro, però, le critiche a Rumsfeld e alla politica di Bush sono feroci: «Ho detto conservatore, non “neocon”… In quel gruppo rispetto solo Colin Powell che si dovette umiliare andando alle Nazioni Unite con le false prove sulle armi di distruzione di massa di Hussein. Dovette fare quella scena per lealtà verso il presidente, poi si ritirò. Credo che la lealtà sia uno dei valori più importanti. Di sicuro lo è nel mondo delle Forze Speciali, nella politica, invece, non la vedo proprio…». A proposito di Forze Speciali, il deus ex machina della soluzione fnale è uno specialissimo paracadute impiegato dai superman inglesi delle Sas che permette loro di lanciarsi da grandi altezze, anche 10.000 metri, e arrivare sul bersaglio in silenzio assoluto, Una raccolta di best seller Nel tondo, un particolare della libreria in cui Forsyth raduna le edizioni di tutti i suoi titoli. Qui sopra, la sua scrivania e, nel testo, le copertine di cinque dei suoi best seller. In basso, l’autore con i cani nel giardino della casa immersa nella campagna inglese. la tecnica cosiddetta Halo (High Altitude Low Open). Non è l’unico passo del libro in cui Forsyth approfondisce gli aspetti tecnici e tecnologici della caccia. Nel Giorno dello sciacallo non ci sono altrettante pagine a spiegare i meccanismi di un fucile di precisione: «È vero. Ma da allora le cose sono cambiate. Sia nel mondo dei servizi segreti: ci sono apparecchi incredibili per spiare o intercettare. Sia fra i lettori: ci sono esperti in tutti i campi che si intendono alla perfezione di cose assolutamente misteriose. E così bisogna spiegare tutto con la massima esattezza, bisogna dedicarsi molto di più alle cosiddette “technicalities”». Sulla parete dello studio c’è anche un diploma da paracadutista. Forsyth si è lanciato fno a quarantatré anni: «Trentacinque anni fa. Poi, avevo ormai moglie e famiglia, ho deciso di non correre più rischi». Nostalgia? «Ma lei crede davvero che sia gradevole buttarsi nel vuoto da un aereo a tremila metri di quota?». © riproduzione riservata sette | 42 — 18.10.2013 49