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Il maestro di intrighi internazionali Frederick Forsyth svela i retroscena del suo nuovo libro
«Non si batte il terrorismo
con i diritti civili spazzatura»
In La lista nera il re del thriller torna a occuparsi di estremismo islamico
e ambienta la sua storia tra le fazioni somale. Una fnzione che somiglia
alla realtà. «Sempre più pericolosa, in cui ci vorrebbe meno tolleranza»
di Enrico Mannucci - foto di Ed Thompson
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Dalla campagna inglese a Milano
Nella foto grande, Frederick Forsyth (75 anni) con i suoi Jack Russell nello studio
di casa, nel Buckinghamshire. Qui accanto, la copertina del suo nuovo libro,
La lista nera (288 pagine, 19 euro), in libreria per Mondadori il 22 ottobre. Il 23
novembre Forsyth sarà in Italia, a Milano, in occasione di Bookcity, e incontrerà
il pubblico alle ore 14 presso la Sala Viscontea del Castello Sforzesco.
suo libro è la lotta all’ultimo sangue fra un
“buono” (un americano ben rodato in avventure belliche di vario genere, con corredo
di altri “buoni”, israeliani e inglesi, perché
Rule Britannia vale sempre) e un “cattivo”,
cattivissimo, anzi, e anche attivissimo, predicatore islamico che diffonde le sue eccezionali capacità di persuasione attraverso
Internet, plagiando adepti che inesorabilmente spinge all’uccisione di eminenti, ma
neanche troppo, occidentali. La morte
dell’assassino, inevi«Me la prendo con i
tabile in tali omicidi, è
giudici che negano
particolare irrilevante
la possibilità di
per il medesimo. Meglio, è parte integranspedire fuori dal
te del gesto: il premio,
nostro Paese gente
perché certe letture
come certi imam che
dell’Islam garantiscono al martire un deliraccolgono soldi per
zioso paradiso.
gruppi clandestini»
Il cattivissimo, guarda
caso, fa partire i suoi
messaggi da quella
terra incontrollabile
che è oggi la Somalia. Il “Predicatore” (è
noto così) ha girato il mondo dei santuari
terroristici, dall’Afghanistan al Pakistan con
deviazioni varie, ma ora trova il massimo
comfort sotto l’apparentemente infrangibile protezione dei militanti di Al Shabaab, gli
islamisti del Corno d’Africa in collegamento
con la rete di Al Qaeda.
Al Shabaab, ovvero quelli che pochi giorni
fa hanno catturato i notiziari internazionali
assaltando un centro commerciale a Nairoe non vi prende il Jack
bi, il Westgate. E ora, il giorno dell’incontro
Russell lo farà l’anatra corcon Forsyth, tornano in prima pagina perritrice», avverte un ironico
ché i giornali scavano nella storia del raid
cartello all’ingresso della
fallito dai Seals americani (quelli che hanno
proprietà di Frederick Forsyth. Siamo nelnel medagliere l’uccisione di Osama bin Lale Chiltern Hills, Buckinghamshire, perden): sono sbarcati sulla costa somala per
fetta campagna britannica: boschi, mucprendere un capo “shabaabista”, diciamo
che, stradine strettissime. Classe 1938,
così, ritenuto organizzatore del blitz in Keinglese del Kent, Forsyth è uno scrittore
nya, ma l’uomo è sfuggito alla cattura.
di best seller che ha cominciato alla fne
Insomma, ce ne sarebbe in abbondanza per
degli Anni Sessanta e da allora non ha più
stuzzicare la vanità di un veggente di successmesso. Alla media di un titolo blockbuso. Forsyth, invece, non ci sta. Ne ha passate
ster ogni tre, quattro anni. Ora tocca a La
tante, lungo molti anni di onorata carriera,
lista nera (titolo originale The kill list, in
da giovanissimo pilota della Raf, poi da
Italia lo traduce Mondadori che porterà
giornalista nelle zone calde del globo, pril’autore da queste parti a fne novembre
ma ancora che da scrittore ben introdotto
per la Bookcity milanese).
nella metà oscura delle guerre contemporaCome è obbligo di ogni vero scrittore di best
nee, quelle defnite “asimmetriche”.
seller dei nostri tempi, Forsyth pare anche
Il suo approccio è spregiudicato, quasi cidotato di capacità divinatorie. La trama del
«S
nico: «Semplicemente una coincidenza».
Sulla parete dello studio, sta incorniciata la
foto di un Vampire, un caccia britannico dei
primi Anni Cinquanta, con lui alla guida. A
riconoscere il modello dell’aereo sorride,
si sbilancia un po’: «Qualche anno fa, fece
scalpore il fatto che in un mio libro avessi
immaginato un primo ministro inglese
donna. Il libro uscì e poco dopo venne eletta Margareth Thatcher. Francamente non ci
vidi un gran vanto. Qui, ci sono due partiti. I
laburisti candidavano Kinnock e i conservatori la Thatcher: le probabilità di azzeccare
la previsione erano quantomeno cinquanta
a cinquanta. Oppure mi è capitato, dopo
Il Cobra in cui parlavo della ’ndrangheta,
che i carabinieri facessero una grande operazione contro le cosche calabresi. Basta
informarsi un po’ e si individuano le cose
che possono succedere davvero. Al Shabaab
è uno dei raggruppamenti fondamentalisti
più fanatici, non era famoso perché non
operava fuori dalla Somalia, ma era prevedibile che ci sarebbe arrivato. Non ho usato
nessuna magia…». Insomma, come avverte
il cartello, se non vi acchiappa il cane lo faranno le anatre.
La metafora dell’albatros. Le quali, è chiaro, non ci riusciranno mai per davvero. Più
o meno, è la versione ironica del detto maoista (copyright Deng Xiao Ping, però) sul
colore del gatto che conta poco fnché acchiappa i topi. Ma serve a introdurre un’altra
metafora ornitologica, quella degli albatros,
uccelli che a terra si muovono goffssimi
quanto sono agili e leggiadri in volo. Forsyth l’adopera per spiegare un personaggio,
un ragazzo poco meno che autistico, praticamente incapace di relazione con gli altri
eppure straordinariamente abile a muoversi
nel mondo virtuale della rete. A lui si rivolge
il buono, detto il Segugio, per organizzare
su Internet una trappola al Predicatore.
La caccia diventa poi un fatto personale
quando un fanatico esaltato dai sermoni via
Internet uccide il padre del Segugio, un generale dei marines in pensione: «Bisognava
arrivare al confronto fnale fra il buono e il
cattivo. In qualche modo individualizzare la
lotta. Forse nella realtà ormai non capita più
così, ma un bel romanzo non lo puoi scrivere senza un protagonista, l’eroe e il suo opposto. I Seals che uccidono bin Laden non
funziona per un libro. E i droni, poi, non
sono affatto buoni per una bella trama…».
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Un aUtore con lo stile del reporter
il suo “verismo”
non corre per il nobel,
ma per il pulitzer
Attentissimo all’astratta meccanica
delle trame, e non di meno più
verista di qualsiasi reporter, Frederick
Forsyth possiede il dono che
distingue «gli scrittori dai cazzari»,
come diceva W.S. Burroughs di Jack
Kerouac: quel che scrive, oltre a
sembrare reale, merita d’esserlo,
come ogni storia ben raccontata.
Giovanissimo pilota della Raf negli
Anni Cinquanta, quindi giornalista
alla Bbc, Forsyth tifa da
corrispondente della
televisione inglese
per i movimenti di
liberazione africani,
in particolare per
Dopo L’Afgano, Forsyth aveva annunciato
che non si sarebbe più occupato di terrorismo fondamentalista. La ragione della
rinuncia non era troppo elaborata: «Troppo
simili fra loro i nomi degli arabi. Fra tutti
quei Muhammad, Mohamed e Mohammad, fnisce che il lettore perde la bussola.
E troppo complicate le distinzioni sottili tra
fondamentalismo religioso e motivazioni
politiche». Aveva ragionato sugli oligarchi
russi e i legami coi vecchi servizi sovietici,
aveva parlato del pericolo coreano (ipotesi evidentemente abbandonata: «Cina,
Giappone, Taiwan, Corea o Singapore non
m’interessano. Non ci ambienterò mai un
romanzo. C’è già mia moglie appassionata
di Oriente…») poi si era dedicato con Il Cobra ai grandi traffcanti di droga.
Ora ha cambiato idea, anche se precisa
sorridendo: «Sì, però all’inizio del libro ho
messo un indice con nomi e ruolo di tutti
i personaggi. E poi, inserendo i somali, ho
limitato i pakistani». A riportarlo sulle piste
del fondamentalismo è la semplice consta-
tazione che sta lì la ragione per cui oggi il
mondo è meno sicuro: «Qualche decennio
fa, l’Europa ha conosciuto il terrorismo politico che si richiamava alla classe operaia,
ma era opera di intellettuali: volevano la rivoluzione, ma raramente si muovevano su
un piano internazionale. Sono stati i palestinesi a cominciare l’esportazione del terrore, comunque anche in quel caso l’obiettivo restava chiaro, ovvero l’eliminazione
di Israele. Ma ora i fondamentalisti cosa
vogliono? Perché uccidono? Per ristabilire il primo Califfato? Dopo tredici secoli…
Mah… Semplicemente perché così credono
di avere la garanzia di andare in paradiso».
Forsyth, a volte, ha esitato a parlare di scontro di culture, ora è più netto: «Lo scontro
fra le civiltà esiste, anche se non ci sono precisi obiettivi territoriali. E anche se il terrorismo è indiscriminato. Proprio perché è fne
a se stesso, al martirio. In Iraq scoppiano
continuamente bombe, eppure non ci sono
molti cristiani laggiù, e tantomeno ebrei. È
una questione fra due correnti dell’islami-
«Lo scontro fra civiltà esiste, anche se non ci sono precisi
obiettivi territoriali. E anche se il terrorismo è indiscriminato.
Proprio perché è fne a se stesso, mira al martirio»
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smo. Così, sicuramente, oggi il pianeta è più
pericoloso di un secolo fa: nessuno pensava
di correre rischi nel centro commerciale di
Nairobi oppure alla maratona di Boston».
Il ruolo dei giudici. E, forse, non si fa tutto
quel che sarebbe possibile per mettersi al
sicuro. In La lista nera, il Segugio e i suoi
compagni non esitano a forzare un bel po’
di leggi quando si tratta di metter sotto
controllo un insospettabile ricco mercante
pakistano che vive a Londra e che loro sospettano sia l’interfaccia del Predicatore in
Occidente: «Ma nella Seconda guerra mondiale abbiamo violato un numero molto più
grande di diritti civili quando si è trattato di
fare la guerra ai nazisti e di batterli! Certo
che sono critico verso forme eccessive di
tolleranza. Ci sono imam che incentivano il
terrorismo e raccolgono soldi per i gruppi
clandestini. Sono fgure pericolose. Io me
la prendo con i giudici che negano la possibilità di spedirli fuori dal nostro Paese.
Questo è assolutamente idiota! E quei giudici si prendono una grossa responsabilità.
Ci vogliono più controlli. È assurdo che in
Gran Bretagna non esista l’obbligo di possedere una carta d’identità. È di nuovo venuto
il momento di modifcare certi diritti civili,
a volte sono spazzatura». Forsyth si inalbera e liquida come moralismi le perplessità
guerre segrete
nell’Europa della
Guerra fredda) e ci
costruisce intorno
una metafora in
forma di thriller.
A parte John Le
Carré, che tra
tutti gli autori
di spy stories è
il solo che si sia misurato (almeno
nei suoi primi romanzi) con l’alta
letteratura, non c’è scrittore di thriller
che, negli ultimi quarant’anni, non
si sia ispirato alle trame di Forsyth,
imitandole senza però eguagliarle.
Nelle sue storie non ci sono
personaggi memorabili. Ci
sono, in compenso, intrecci
perfettamente oliati e pagine
zeppe d’informazioni. Si esce
dalle sue storie (compresa
l’ultima, La lista nera, sulla
caccia ai killer jihadisti da
parte di un’agenzia di tagliagole del
governo americano) come dal
Nome della rosa, per dire, o da
un romanzo a tripla farcitura di
Thomas Pynchon: sapendola
più lunga di quando ci si è
entrati. Forsyth non corre per
il Nobel, ma per il Pulitzer.
diego Gabutti
sull’uso di Organizzazioni non governative
per operazioni coperte dei servizi segreti
occidentali (succede anche nel suo libro):
«Io non me ne scandalizzo. Anche in questo caso, andiamo a rivedere cosa succedeva
quando combattevamo Hitler».
LUZ PHOTO
i guerriglieri del Biafra
e della Nigeria. Passa al
Daily Express e a Time
Magazine. Poi scrive il
primo, più bello e più
fortunato dei suoi romanzi:
Il giorno dello sciacallo,
la storia di un attentato
al generale De Gaulle scritto con
l’iperrealismo d’un artista della scena
pop londinese e con la freddezza
d’uno storico classico. Seguono, in
rapida successione, altre due o tre
spy stories che lasciano il segno,
ciascuna delle quali diventerà un flm
di successo: Dossier Odessa, I mastini
della guerra, Il quarto protocollo.
Siamo nei primi Settanta.
Forsyth mette a fuoco un
problema politico del suo
tempo (la recrudescenza
dei gruppuscoli nazisti,
le sinistre imprese dei
mercenari in Africa, le
L’importanza della lealtà. Con queste premesse, le posizioni politiche dello scrittore
non sono una sorpresa: «Mi considero un
conservatore. Ma con la “c” minuscola, non
sono membro del partito. Semplicemente
per me molte cose del sistema tradizionale funzionano». In vari passaggi del libro,
però, le critiche a Rumsfeld e alla politica di
Bush sono feroci: «Ho detto conservatore,
non “neocon”… In quel gruppo rispetto solo
Colin Powell che si dovette umiliare andando alle Nazioni Unite con le false prove sulle
armi di distruzione di massa di Hussein.
Dovette fare quella scena per lealtà verso il
presidente, poi si ritirò. Credo che la lealtà
sia uno dei valori più importanti. Di sicuro
lo è nel mondo delle Forze Speciali, nella
politica, invece, non la vedo proprio…».
A proposito di Forze Speciali, il deus ex machina della soluzione fnale è uno specialissimo paracadute impiegato dai superman
inglesi delle Sas che permette loro di lanciarsi da grandi altezze, anche 10.000 metri,
e arrivare sul bersaglio in silenzio assoluto,
Una raccolta di best seller
Nel tondo, un particolare della libreria in cui
Forsyth raduna le edizioni di tutti i suoi titoli.
Qui sopra, la sua scrivania e, nel testo,
le copertine di cinque dei suoi best seller.
In basso, l’autore con i cani nel giardino
della casa immersa nella campagna inglese.
la tecnica cosiddetta Halo (High Altitude
Low Open). Non è l’unico passo del libro in
cui Forsyth approfondisce gli aspetti tecnici
e tecnologici della caccia. Nel Giorno dello
sciacallo non ci sono altrettante pagine a
spiegare i meccanismi di un fucile di precisione: «È vero. Ma da allora le cose sono
cambiate. Sia nel mondo dei servizi segreti:
ci sono apparecchi incredibili per spiare o
intercettare. Sia fra i lettori: ci sono esperti
in tutti i campi che si intendono alla perfezione di cose assolutamente misteriose. E
così bisogna spiegare tutto con la massima
esattezza, bisogna dedicarsi molto di più
alle cosiddette “technicalities”».
Sulla parete dello studio c’è anche un diploma da paracadutista. Forsyth si è lanciato
fno a quarantatré anni: «Trentacinque anni
fa. Poi, avevo ormai moglie e famiglia, ho
deciso di non correre più rischi». Nostalgia?
«Ma lei crede davvero che sia gradevole buttarsi nel vuoto da un aereo a tremila metri
di quota?».
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