Gestire le relazioni istituzionali

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Gestire le relazioni istituzionali
AmCham Working Paper
Gruppo di Lavoro Public Affairs
Gestire le relazioni istituzionali
Introduzione
Il dibattito sull’attività di lobbying, public affairs e relazioni istituzionali è quanto mai vivo in Italia sull’onda di quanto
accaduto negli ultimi mesi. Si tratta tuttavia di una discussione che prescinde da due elementi fondamentali:
 il peso del rischio regolatorio in Italia, in particolare per gli investitori internazionali;
 l’importanza per il business di gestire attivamente le relazioni istituzionali;
 la necessità di importare in Italia le best practices internazionali, in particolare Usa.
Il peso del rischio regolatorio in Italia
Sono molti i casi che dimostrano il peso del rischio regolatorio in Italia. Sul piano fiscale è un problema noto da tempo, che
è sempre più evidente anche in altri campi. Si pensi al ruolo del governo italiano nell’interferire con la progettata fusione
tra Autostrade e Abertis nel 2006. Oppure al comunicato stampa di aprile 2007 in cui AT&T dichiarava di non voler
proseguire le trattative per l’acquisto della quota di controllo di Telecom Italia per le sopraggiunte “difficoltà regolatorie
connesse all’operazione”.
McKinsey a gennaio 2011 ha raccolto tramite un survey internazionale le principali esperienze delle grandi azienda in
terma di gestione delle relazioni istituzionali. Il survey, parzialmente riportato sul McKinsey Quarterly di febbraio 2011 1, ha
destato molta attenzione.
Lo studio indica il forte peso del potere legislativo e regolatorio sul business, così come la tendenza ad aumentare il suo
peso nei prossimi 3-5 anni. Secondo i CEO intervistati gli stakeholder legislativi e regolatori saranno il secondo più
importante soggetto ad influire sul valore economico dell’azienda, dopo i clienti. In alcuni settori – tra cui l’energia, la
finanza e la sanità – legislatori e autorità di regolamentazione assumono addirittura il primo posto in classifica, diventando
così più importanti e sfidanti dei clienti stessi.
Il rischio (e l’opportunità) di tipo legislativo o regolatorio assumono varie forme in Italia. Esistono almeno tre tipologie di
rischi e opportunità:
 Rischio “regulatory”. E’ il caso delle decisioni dei soggetti regolatori (autorità, agenzie) quali ad esempio tariffe in
settori di mercato (es. farmaci), tariffe legate a concessioni (es. autostrade, reti di distribuzione energia), accise (es.
tabacco);
 Rischio di politica economica. E’ il caso di alcune scelte generali del Paese, ad esempio la “chiusura” contro le
acquisizioni in settori strategici da parte di soggetti stranieri, quali ad esempio le dinamiche complesse di deal
come Lactalis-Parmalat e EDF-Edison;
 Rischio normativo. E’ quanto legato più strettamente al ruolo di Governo e Parlamento come legislatori, spesso
espresso in grandi provvedimenti-quadro che definiscono la cornice di un settore (es. Piano Energetico Nazionale,
Piano Sanitario Nazionale) o che incidono sulla leva fiscale (es. “Robin Tax” sul settore energetico).
1
“Managing government relations for the future”, McKinsey Quarterly, Febbraio 2011
L’importanza per il business di gestire attivamente le relazioni istituzionali
Secondo gli autori dello studio McKinsey richiamato è necessario che le aziende assumano un ruolo proattivo e
dialogante con i soggetti regolatori, considerati i risultati ottenuti dai diversi approcci. I dati raccolti indicano come le
aziende più coinvolte sul fronte istituzionale abbiano meno insuccessi nell’ottenere decisioni regolatorie positive (solo il
14% dei casi) rispetto a chi non si fa coinvolgere o attende che siano gli altri player ad agire (insuccesso nel 39% dei casi).
Anche l’ultimo survey internazionale condotto dal Public Affairs Council2 suggerisce che i country manager delle
multinazionali devono essere direttamente coinvolti e dedicare una parte rilevante del loro tempo alla gestione delle
relazioni istituzionali nel Paese in cui operano. Queste attività sono spesso coordinate dalle funzioni internazionali di
Government Relations e Public Affairs nei grandi gruppi, ma necessitano di attività e sensibilità locale per avere
successo.
La necessità di importare in Italia le best practices internazionali
Gli Stati Uniti hanno regolamentato l’attività di lobbying a partire dal 1946, prima con l’introduzione di un registro
obbligatorio e successivamente con norme di maggior dettaglio. In Italia ad oggi manca qualsiasi norma organica in
materia, mentre esistono delle disposizioni “perse” tra norme di vario genere, che in qualche modo si riferiscono ai
gruppi di pressione e alla loro lecita azione di orientamento della decisione pubblica.
Ad oggi Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Canada rappresentano le best practice in termini di regolamentazione delle
attività di lobbying, mentre l’Unione Europea (Bruxelles) fa continui passi avanti in questa direzione. Ciascun paese
europeo ha preso a modello gli Stati Uniti non solo per gli obblighi di trasparenza, rendicontazione e business conduct,
ma anche per le forti sanzioni contro ogni forma di corruzione, diretta o indiretta.
Il Foreign Corruption Practices Act (FCPA) del 1977 è ancora lo standard in materia, e di recente ha influenzato la
legislazione di molti paesi aderenti all’Ocse nel contesto della lotta alla corruzione. In particolare l’Italia ha approvato
del 2001 la “legge 231” sulla responsabilità d’impresa, che pur avendo molti limiti è un elemento positivo. Di recente la
Gran Bretagna ha approvato il nuovo UK Bribery Act, che richiama esplicitamente le norme FCPA e diviene il nuovo
benchmark per l’Europa.
1
“2011 International Public Affairs Benchmarking Report”, Public Affairs Council, Washington, DC, 2011