Ero cieco, ora vedo

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Ero cieco, ora vedo
POSSIAMO
CAPIRE QUALCOSA
ANCHE NOI
DEL GIUBILEO?
a cura di
P. Paolo Maria Calaon O.P.
... ERO CIECO,
ORA VEDO!
L
a notte di Natale il Papa ha dato inizio al Grande Giubileo del Duemila, con il tradizionale rito dell’apertura della Porta Santa. “Essa evoca - dice il Sommo
Pontefice nella Bolla di Indizione del Grande Giubileo - il passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia” (Incarnationis mysterium, n°. 8). Il
segno visibile indica perciò qualcosa di invisibile al quale è subordinato, che è la conversione del cuore.
Non si può perciò non parlare del sacramento della penitenza, al quale, nel corso dell’anno giubilare, tutti siamo invitati ad accostarci, con più frequenza. L’invito che la Chiesa
rivolge è dettato non solo perché il sacramento della Penitenza è uno degli elementi esigiti per ricevere l’indulgenza plenaria propria del giubileo, ma soprattutto perché esso
realizza sacramentalmente l’appello di Gesù alla conversione, “il cammino di ritorno al
Padre da cui ci si è allontanati con il peccato” (Catechismo Chiesa Cattolica, n°.1423),
commesso dopo il Battesimo.
Diceva S. Ambrogio, dottore della Chiesa vissuto nel III° secolo, che nella Chiesa ci
sono l’acqua e le lacrime: “l’acqua del Battesimo e le lacrime della penitenza”. Queste
lacrime sono preziose agli occhi di Dio, e sono quelle del peccatore che piange sul serio i
suoi peccati. Le lacrime della penitenza scaturiscono dal cuore contrito di colui che si
apre alla misericordia e chiede perdono. E queste lacrime sono un dono prezioso, che
Dio concede a coloro che lo chiedono. Così come si esprimeva un’antica preghiera:
“O Signore, Dio onnipotente, dopo aver ascoltato la parola di Gesù che ha detto ‘Beati
coloro che piangono perché saranno consolati’, desideriamo piangere i nostri molti peccati, ma i nostri occhi di pietra non possono, e per la durezza del nostro cuore, siamo
incapaci di piangere; per questo ti preghiamo o Signore, perché tu, per la nostra penitenza, prima sciolga la fonte di durezza dei nostri cuori, e, poi, per il dono della tua grazia,
infonda fiumi di lacrime ai nostri cuori”. Amen.
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La Chiesa in questa preghiera domanda per tutti il dono delle lacrime. Questa richiesta
nasce dopo l’ascolto del Vangelo delle Beatitudini: “Beati coloro che piangono”.
Chiedere il dono delle lacrime, non è soltanto per piangere i peccati commessi, ma è
soprattutto per aprirsi alla “beatitudine delle lacrime”. E’ qualcosa di positivo che ci
dona assieme il gusto di Dio e della sua misericordia, e la gioia di scoprire di essere niente, e di dipendere da Dio in tutto.
Per questo motivo allora nasce il “desiderio di piangere”. A partire da questo desiderio si
giunge alla scoperta dolorosa, ma liberatoria, che siamo incapaci di piangere. Incapaci
perché i nostri occhi sono “come di pietra”, a causa della durezza del nostro cuore.
Così con il dono delle lacrime, gli occhi non sono solo lavati e purificati, ma da ciechi
che erano ritornano a vedere. La gioia di un peccatore che si converte, allora non è soltanto la gioia di chi è accolto dall’abbraccio misericordioso del Padre che lo perdona, ma
è la gioia di qualcuno che grida ai quattro venti: “Prima ero cieco, ora vedo”.
Il Giubileo è un anno di grazia al servizio di questa gioia e di questo miracolo. La preghiera i sacramenti e le opere di carità che ci sono chieste in modo tutto speciale in quest’anno giubilare per ricevere il dono dell’indulgenza sono animate interiormente dal
dono delle lacrime, perché i nostri occhi vedano e il nostro cuore comprenda ed accolga
la beatitudine alla quale sin da ora Gesù ci invita.
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