Rivista Diocesana Novarese
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R ivista D iocesana N ovarese Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara Sommario ANNO XCIV - Nº 6 - GIUGNO-LUGLIO 2009 “I vostri sandali non si sono logorati ai vostri piedi” Venegono - “Festa dei Fiori” della Diocesi di Milano 355 LA PAROLA DEL VESCOVO LA PAROLA DEL PAPA CONSIGLIO PRESBITERALE ISTITUTO SANTI GIULIO E GIULIANO Un grande cammino di grazia e libertà Risonanza ai colloqui con gli alunni del Seminario 358 Il Vescovo tra noi Lettera conclusiva della Visita dell’Unità pastorale della Bassa novarese 363 Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù Omilia per le ordinazioni sacerdotali 374 Diaconato permenente: un servizio missionario Sintesi conclusiva del Consiglio Presbiterale Armeno 4 maggio 2009 389 Lettera ai presbiteri per l’apertura dell’anno Sacerdotale nel 150° della morte del Curato d’Ars 378 Diaconato permenante per il futuro della nostra Chiesa Sessione del 4 maggio 2009 387 Formazione permanente dei presbiteri e dei diaconi 393 Programma per l’Anno pastorale 2009-2010 353 Bilancio consuntivo anno 2008 ISTITUTO SOSTENTAMENTO CLERO 399 UFFICIO LITURGICO Settimana Liturgica nazionale 403 INFORMAZIONI Dioecesis 405 IN MEMORIA Don Modesto Platini 406 Don Angelo Uglione 408 INSERTO Offerte Pro Seminario Bilancio del Centro Missionario Ufficiale per gli Atti di Curia Attività Pastorali in Diocesi Direttore Responsabile Mons. Giuseppe Cacciami Reg.Tribunale di Novara n. 4 del 18-08-1948 Per abbonamento: CANCELLERIA CURIA DIOCESANA Via Puccini 11 - 28100 NOVARA • Tel. 0321/661.661 • Fax 0321/661.662 C.C.P. n. 15682289 Copia distribuita solo in abbonamento ABBONAMENTO PER IL 2009 €. 40 IN COPERTINA: SAN PAOLO APOSTOLO Ambrogio da Fossano detto il Bergognone (1450-1522) Chiesa Parrocchiale di Galliate (Novara) - Inventario dei Beni Culturali Ecclesiastici Edizione della Stampa Diocesana Novarese - Fotocomposizione in proprio Stampa - Tipografia San Gaudenzio - Novara 354 LA PAROLA DEL VESCOVO “I vostri sandali non si sono logorati ai vostri piedi” Seminario di Venegono Inferiore, 12 maggio 2009 Il 12 maggio scorso è stata celebrata la cosidetta “Festa dei fiori”: appuntamento annuale dei Sacerdoti della Diocesi di Milano nel Seminario di Venegono Inferiore per fare festa ai futuri preti novelli e a tutti i Sacerdoti dei quali si ricordano i vari anniversari di ordinazione. Prima della celebrazione della santa Messa si è svolta una specie di tavola rotonda nella quale si è data la parola a quattro Vescovi milanesi che quest’anno, insieme con i loro compagni, ricordano il 50° di ordinazione sacerdotale. Riportiamo qui il testo del breve intervento del nostro Vescovo. Rileggo brevemente questi cinquant’anni. Anche senza bisogno di fare un’inchiesta, si percepisce, da parte di chi li ha vissuti, che comprendono diverse stagioni (forse “epoche”, se il termine non fosse troppo impegnativo). 1. Ricordo la celebrazione del decennio di ordinazione sacerdotale (1969). Tutta la classe si era recata a Milano, in Arcivescovado. Mentre il card. G. Colombo ci parlava, da piazza Duomo saliva il rumoreggiare di uno sciopero giudicato molto rilevante in quella fase. Non potevamo non tendere l’orecchio, chiederci che cosa poteva significare per la società italiana, quali interrogativi poneva a noi, uomini di Chiesa. In quello stesso decennio avevamo vissuto, a pochi mesi dalla nostra ordinazione, l’annuncio del Concilio Vaticano II, da parte di Giovanni XXIII; e poi gli anni straordinari della celebrazione del Concilio: una stagione che personalmente ho vissuto come vera primavera, o - per usare una frase del card. Suenens - come grazia di una nuova Pentecoste. In quello stesso decennio era iniziato il post-Concilio: tempo di grandi turbolenze. Metteva a rischio anche i Sacerdoti. Determinante, per non smarrire la rotta, è stato per me l’aiuto di una saggia guida spirituale, l’avere alle spalle un Seminario che aveva posto solide fondamenta alla casa, poter guardare a 355 LA PAROLA DEL VESCOVO figure di uomini dotti e saggi che rendevano possibile elaborare un valido discernimento storico e la collocazione delle “novità” in un contesto complessivo, idoneo a dare il giusto peso specifico alle cose, evitando che le novità ci sbilanciassero come forti folate di vento. In quel periodo sono stato aiutato anche dal fatto di trovarmi, dopo otto anni di Messa, in un contesto che mi rendeva possibile un certo raccoglimento e un più ampio lavoro di riflessione: mi riferisco all’esperienza di Padre Spirituale nel collegio di Gorla Minore e poi l’inizio del lavoro come Padre Spirituale nel Seminario di Saronno. 2. Quando, nella Parrocchia di Mantegazza, ci siamo trovati come classe per il ventesimo anniversario di ordinazione sacerdotale, avvertivo che il postConcilio era diventato veramente un tempo di grande travaglio che toccava anche la figura del prete. Si chiedeva, da parte di qualcuno, se era giusto chiamarci pastori in una civiltà industriale; e poi, se dovevamo essere pastori delle anime o degli uomini. Domande forse giuste, ma anche un po’ ingenue. La risposta – ricordo – mi venne (e la espressi anche svolgendo l’omilia ai miei compagni) dal libro del profeta Ezechiele (cap 34). E cioè dalla pagina severa sui pastori che Agostino commenterà con grande ampiezza. Il profeta mi fece comprendere che la vera domanda era un’altra. E cioè: che ne hai fatto del gregge a te affidato? La risposta mi venne anche da Gesù che, come ci ricorda l’evangelista Giovanni (cap 10), si era detto pastore che dà la vita, che conosce le sue pecorelle, che va in cerca anche delle pecorelle perdute. Capii che andare avanti bene, come preti, comprendeva alcune decisioni da rinnovare con coraggio: nessuna laicizzazione e nessun ritorno e chiusura in sacristia. Sul positivo: essere preti missionari che mettono al primo posto l’annuncio del Vangelo ai cristiani e ai pagani e che, proprio per questo, vivono un’autentica esperienza spirituale e possono essere appunto detti uomini di Dio. 3. Nel 1999 ci siamo trovati in Duomo, nella cripta di san Carlo, a celebrare il quarantesimo di Messa. Presiedeva il card. C. M. Martini. Venne scelta una pagina del Deuteronomio molto opportuna e consolante: quella che ricorda i quarant’anni trascorsi dal popolo nel deserto, in mezzo a tante difficoltà, a momenti di crisi e anche di tradimenti del Signore. Attraverso Mosè, il Signore Dio disse a quel popolo: “ Io vi ho condotti per quarant’anni nel deserto; i vostri mantelli non si sono logorati addosso a voi e i vostri sandali non si sono logorati ai vostri piedi” (Deut 29, 4-5). Qualcosa dell’esperienza del deserto potevamo averlo sperimentato - chi più chi meno - anche noi . Ma il deserto non ci aveva logorati. Affaticati forse sì, ma non logorati, né tantomeno distrutti. Anche per noi risultava vero il salmo 22: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Se anche vado per valle tenebrosa non temo alcun male perché tu sei con me”. 356 LA PAROLA DEL VESCOVO 4. Ieri, insieme con i Sacerdoti della Diocesi di Novara, ho celebrato una festa simile a questa, nel ricordo dei vari anniversari di sacerdozio. Mi sono preparato rileggendo l’omilia svolta dal card. G. B. Montini nel giorno della ordinazione dei sacerdoti del 1959: un testo che mi stupisce ancora oggi per l’ardimento con cui guardava alla società di allora (erano i tempi della guerra fredda, che durava anche dopo gli anni di Stalin, e di una forte presenza del partito comunista in Italia). Commentando il discorso della missione che troviamo nel Vangelo di Matteo (cap 10), disse: “Ecco, io vi mando in questa società così come essa è, in un mondo difficile”. Dopo averne descritto alcuni tratti, ci offriva alcune indicazioni per l’esercizio del nostro ministero in tale contesto. La prima indicazione: “Abbiate coraggio; non tremate”. La seconda: “Dedicate al Signore e al popolo che vi verrà affidato tutte le vostre energie, senza sottrarvi mai ad alcun sacrificio”. La terza: “Curate molto la relazione interpersonale, la vicinanza, la familiarità con la gente”. E infine: “Non accontentatevi di organizzare diverse cose, di offrire orari o di segnare steccati; dite invece parole che toccano i cuori e che illuminano le profondità dello spirito”. Erano prospettive che ci persuadevano allora. Mi sembrano essenziali anche adesso. 357 LA PAROLA DEL VESCOVO Un grande cammino di grazia e libertà Risonanza del Vescovo ai colloqui personali con gli alunni del Seminario teologico Novara - Seminario, 9 marzo 2009 Il colloquio personale con ciascuno di voi è stato ricco di comunicazione e di comunione. Ringrazio il Signore della chiamata che ha fatto risuonare nel vostro cuore e della risposta generosa che vi avete dato. Vi è stato detto come a Levi: “Seguimi”. Vale per voi ciò che leggiamo subito dopo nel Vangelo: “Alzatosi, subito lo seguì”. Incominciò per lui un cammino di libertà. Una decina di giorni fa Benedetto XVI ha fatto visita al Seminario romano maggiore. Ha svolto una bella lectio su alcuni versetti del capitolo quinto della lettera ai Galati. A tema era la libertà: “Cristo vi ha liberati perché rimaneste liberi”. Ha riletto la modernità, per la quale la questione della libertà sta al primo posto. Ne ha mostrato anche i limiti con accenni brevi, ma precisi. E ha sondato il testo biblico che si riferisce al rischio a cui erano esposte le comunità della Galazia: quello di gettarsi alle spalle il Vangelo della libertà da lui annunciato”1. Se ogni cristiano, per grazia di Cristo, è chiamato a libertà, coloro che il Signore chiama a una dedizione totale alla causa del Regno di Dio possono leggere tutto il loro cammino in chiave di libertà che diventa concreta esperienza di bellezza del vivere quando si è stati illuminati da Cristo. *** Mi soffermo su alcuni punti sui quali ho potuto confrontarmi con voi durante il colloquio personale. In qualche altra occasione farò emergere anche ulteriori aspetti. Sei in cammino? Un primo punto si racchiude in una domanda: “Sei in cammino?”. La domanda ricorda che può passare il tempo senza che, da parte nostra, vi sia un cammino perché siamo sostanzialmente passivi nella vita spirituale, nella esperienza comunitaria, nello studio. Il pericolo è grave perché compromette il futuro. Esso infatti chiede maturità, senso di responsabilità, passione per Dio e per i fratelli. 1 Cfr. BENEDETTO XVI, Omilia in apertura dell’anno paolino, 28 giugno 2008. 358 LA PAROLA DEL VESCOVO La domanda potrebbe essere formulata anche così: in Seminario cerchi semplicemente conferme di quello che già credi di sapere e di essere, ritenendoti quindi già arrivato, o ti lasci mettere in discussione, pronto a scoprire aspetti nuovi e a compiere passi fin qui non compiuti? Che si debba porsi in cammino può parere ovvio per chi è molto giovane o ha appena varcato la porta di ingresso in Seminario. Meno per chi è già in Seminario da tempo e per chi entra in Seminario avendo una certa età. In un discorso su Agostino, svolto a Pavia (22 aprile 2005) Benedetto XVI si è soffermato proprio sul fatto che il suo cammino non è terminato quando, a 33 anni, giunse al Battesimo. In realtà, proprio allora si apriva un nuovo cammino. Aveva, inizialmente, la forma monastica. Ma poi, divenne il cammino del monaco chiamato dal Vescovo a diventare presbitero. E poi ancora fu il cammino nel quale venne introdotto dal suo Vescovo che lo volle come successore. Agostino è sempre sorprendente, ancora oggi, perché è sempre rimasto in cammino. Ed è bello constatare che tale cammino fu insieme spirituale, pastorale, culturale. Faremo bene ad essere agostiniani. Il singolo, la comunità, l’amicizia, la fraternità Un secondo punto potrebbe essere così intitolato: il singolo, la comunità, l’amicizia, la fraternità. La singolarità del tuo essere in Seminario è un aspetto molto importante del cammino. In Seminario sei entrato proprio tu. Il passo fa parte di quelle scelte importanti nelle quali vieni chiamato in causa in prima persona e senza potere essere sostituito. Va riconosciuto, in questo fatto, anche una esperienza di solitudine che, in questo caso, è positiva perché dice di te che sei realmente un soggetto che si fa carico di se stesso. Tutt’altra cosa rispetto a questa singolarità sarebbe l’individualismo, che è chiusura in se stessi o egoismo. Ma, come diceva di se stesso Charles de Foucauld, sei chiamato a vivere una solitudine in compagnia: quella di Dio e quella dei fratelli. Stare in modo giusto in Seminario significa stare con Gesù, proprio come gli apostoli prima di essere inviati sulle strade del mondo. Come mi ha detto uno di voi: “Voglio obbedire a Dio con tutto il cuore: in questo sarà la mia gioia”; e un altro: “Voglio bere ogni giorno alla sorgente”. Entrando in Seminario hai trovato dei fratelli. Non li hai scelti, li hai trovati. Il Signore ha scelto te; il Signore ha scelto loro. Per questo vi siete incontrati. È Dio che vi ha fatto incontrare. Questa radice del vostro stare insieme è qualificante e determinante. Non va mai dimenticata. Fonda la fraternità, che non è elezione dell’altro, ma accoglienza dell’altro così com’è2; poi potrà sorgere 2 Anche in una famiglia il primo figlio non sceglie il secondo, ma lo accoglie: gli è dato. 359 LA PAROLA DEL VESCOVO un’amicizia, ma nessuno va in Seminario perché ci va un amico o per stare con degli amici. Ciascuno vi entra perché chiamato da Dio e per fare famiglia con i fratelli che Dio gli darà. *** La riflessione su questi dinamismi interiori è importante e delicata. La scelta più giusta sarà la magnanimità, il cuore grande, la positività, l’attenzione al bene che c’è per vincere - quando occorre - con il bene il male. In questi giorni ho vissuto una presenza di “visita” alle Parrocchie di una Unità Pastorale: quella di Gravellona Toce. Nei mesi scorsi ne ho vissute altre due (in Alta Valsesia e nella Bassa Novarese; in aprile sarò nell’Unità Pastorale di Villadossola). Questa esperienza germina dalla passione apostolica di essere il più possibile adeguati, nel nostro lavoro educativo e pastorale, alla condizione spirituale e culturale dei cristiani oggi. Tale condizione chiede, come già ricordava Giovanni Paolo II, una “nuova evangelizzazione”; chiede che non vada mai in ombra il kerigma e che la didachè sia intesa come andare nelle profondità del kerigma3. Quanto sto dicendo, chiede ai preti di oggi (e naturalmente a voi che siete i preti del futuro) di coltivare una forma mentis che, illuminata da un orizzonte teologico sulla Chiesa e sul ministero sacerdotale, conduca a vivere, insieme con il Vescovo e il presbiterio, una comunione di fede, una comunione di carità e una comunione sulle scelte pastorali fondamentali. In rapporto alla responsabilità e missione specifica del presbitero, grande premura va data al fatto di non interpretarsi come imprenditori privati di cose religiose, bensì come cooperatori del Vescovo, in tutto il suo ministero, e come corresponsabili dell’azione pastorale insieme con i Sacerdoti che Dio ci dona e che, di fatto, sono coloro insieme con i quali camminare. Questa caratteristica della responsabilità sacerdotale non toglie nulla alla bellezza dell’amicizia tra Sacerdoti, ma esclude che si intenda il “camminare insieme” come lavoro con gli amici, ignorando o escludendo gli altri. Alla base della nostra collaborazione sta infatti la fraternità sacerdotale ed essa, come ho già detto, è anzitutto accoglienza pregiudiziale dei Sacerdoti che il Signore - in questo tempo e su questo territorio - mi fa incontrare. Identità e idoneità Un terzo punto potrebbe essere indicato così: identità e idoneità. Uso entrambi questi termini con riferimento al fatto che voi siete sulla strada che vi conduce a diventare preti. Proprio su questa strada occorre verificare due acquisizioni del tutto necessarie. 3 Di questo ho parlato, l’ottobre scorso ai catechisti e su questo mi sono soffermato nel ritiro spirituale dei Sacerdoti in questa Quaresima. 360 LA PAROLA DEL VESCOVO La prima si chiama identità. Intendo l’identità vocazionale. La posso esprimere con qualche domanda: qual è la mia vocazione particolare? È quella di essere sacerdote? Già prima di entrare in Seminario si deve poter dare una risposta positiva, anche se non definitiva. L’anno propedeutico la deve tenere in evidenza per favorire la chiarificazione interiore. Nemmeno il biennio deve trascurare questo sondaggio del cuore. Ritengo giusto che, nel giorno del rito di ammissione, questa tappa che tocca l’identità possa dirsi sostanzialmente percorsa. La seconda tappa è quella della idoneità. Se la vocazione da te ricevuta è quella sacerdotale, il cammino di idoneità consiste nel mettere in atto un lavorio di trasformazione di te stesso che, da vari punti di vista, ti rende il più possibile “adeguato” alla responsabilità ministeriale che ti sarà affidata. Per la verità, l’adeguatezza piena forse non ci sarà mai, e comunque tutti gli anni della vita sono tempo di costante formazione. E tuttavia, alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale deve essere possibile riconoscere, da parte della Chiesa, che ci sono le condizioni necessarie e sufficienti per introdurre un giovane nell’ordine sacro come presbitero4. Se la vocazione è grazia di Dio e libertà che dice “sì” a Dio, anche l’idoneità per tutti gli aiuti - anche umani - che Dio mette a disposizione e esperienza di libertà che entra in stretto binomio con “fedeltà”: quella che sei chiamato a vivere dovunque ti troverai nelle varie tappe della tua esistenza (in Seminario, in Parrocchia, a casa, con gli amici) attraverso una plasmazione lenta ma reale di te stesso come personalità “presbiterale”. Attorno a identità e idoneità vanno configurate le relazioni personali con gli educatori del Seminario, in particolare con il Rettore e il Padre Spirituale. Quanto più la comunicazione è ricca e sincera, quanto più il rapporto è familiare e affettuoso, tanto più si può fare – insieme e con gioia – un grande cammino. Come ci ricorda l’apostolo Paolo scrivendo ai Tessalonicesi (Ts 1,5;12,2) dobbiamo essere grati a coloro che si affaticano per sostenere il nostro cammino cristiano. Le diverse “competenze” che trovano espressione nel governo del Seminario nel compito del foro interno, nel contributo di formazione teologicoculturale dei docenti sono il luogo del lavoro quotidiano dei vostri Superiori. Esse vanno giustamente riconosciute, alimentando ed esprimendo sentimenti di gratitudine. La familiarità con i Superiori può diventare (e io auguro che sia sempre così) anche possibilità di esprimere desideri o attese a proposito di quello che si giudica importante perché il Seminario risulti un luogo dove trova dimora una grande intensità del vostro vivere e si esprime una grande energia evangelica. Quando le circostanze sembrano richiederlo, la familiarità permette anche di 4 Ciò va sostanzialmente detto già in occasione dell’ordinazione diaconale. 361 LA PAROLA DEL VESCOVO confidare qualche interrogativo o qualche sofferenza, così che i Superiori vengano aiutati dagli stessi alunni a svolgere bene la loro delicata missione di formare i preti di domani. *** Ieri la liturgia metteva in primo piano il racconto della Trasfigurazione del Signore. Tutta la vita cristiana, a cominciare dal Battesimo, è esperienza di trasfigurazione, come scriveva l’apostolo Paolo nella seconda lettera ai Corinti. Il protagonista della nostra trasfigurazione, già nel Battesimo, è lo Spirito Santo: egli ci ricolma della grazia di Cristo e ci rende rassomiglianti, come figli, al Figlio unico del Padre. Quando, nella liturgia del Battesimo, il neofita viene rivestito con un abito bianco, tale gesto vuole esprimere l’azione interiore dello Spirito Santo. E quando il celebrante raccomanda che questa veste bianca venga portata fino al giorno nel quale si comparirà dinanzi al giudizio del Signore, intende invitare i genitori - prima ancora che il bambino - a pensare la vita nel tempo, con le sue varie stagioni, come esperienza di vita in Cristo e come alimentazione costante di tale vita con la forza di colui che è Dominum et vivificantem. Siamo in Quaresima, tempo particolarmente dedicato alla conversione. Essa è sempre da intendere come graduale trasfigurazione. Ciascuno di noi sa che, nel suo cammino personale, c’è un passo necessario per esprimere docilità allo Spirito Santo che dà la capacità di rassomigliare a Gesù, il Figlio unigenito di Dio. Vi invito al coraggio dei passi necessari. 362 LA PAROLA DEL VESCOVO Il Vescovo tra noi Visita all’Unità Pastorale di Borgolavezzaro,Vespolate, Gravellona Lomellina, Garbagna,Terdobbiate,Tornaco, Nibbiola 18 gennaio - 22 marzo 2009 Miei cari, LETTERA CONCLUSIVA DEL VESCOVO ho vissuto con gioia tre giorni con voi seguendo un programma molto intenso che penso possa essere anche fecondo. Ne ripercorro i momenti salienti e ne sottolineo i punti più significativi. Domenica 18 gennaio 2009 Incontro con i genitori e i ragazzi di Vespolate Per circa un’ora ho incontrato genitori e ragazzi. Ho visto una partecipazione molto ampia. Ho potuto ascoltare numerosi interventi. Il denominatore comune è stato il riferimento alla famiglia. Una ragazza ha testimoniato che proprio in famiglia ha ricevuto ciò che conta e che ora cerca di comunicare, come catechista, ai ragazzi. Un papà ha espresso la persuasione che proprio in casa sta il primo laboratorio per l’apprendistato alla fede cristiana. Ciò è reso sempre più urgente dal fatto che ci troviamo in una società culturalmente pluralistica e che vede la presenza di diverse confessioni religiose. Ha opportunamente indicato alcune attenzioni concrete per favorire un dialogo costruttivo con i figli: prendere seriamente la decisione che, con i figli, si deve parlare e li si deve ascoltare; inoltre l’amore vero per i figli non va pensato come pretesa che i progetti dei genitori siano quelli che i figli attueranno; leggere le cose sul tempo lungo, camminando sempre con fiducia, sapendo anche attendere e non lasciandosi deprimere dalle inevitabili delusioni; valorizzare l’aiuto che si può ricevere dalla comunità parrocchiale e dalla partecipazione alla vita della comunità da parte dei genitori e dei figli. Da parte sua, suor Andreina ricordava che il carisma del suo Istituto è proprio quello di aiutare le famiglie in difficoltà. Constatava poi che la rilevanza fondamentale delle famiglie si può riscontrare, tra l’altro da un particolare: quando termina l’anno scolastico e si conclude anche il catechismo, i ragazzi che partecipano fedelmente alla Messa sono quelli i cui genitori la frequentano abitualmente. 363 LA PAROLA DEL VESCOVO Non è mancato un intervento nel quale ci si è soffermati su un fatto tipico della nostra epoca: la presenza, anche in Oratorio, di alcuni ragazzi di altre culture e anche di altre religioni. Si affermava che un’intesa tra genitori di così diversa estrazione può avvenire riconoscendo il denominatore comune che consiste nella responsabilità che tutti stanno portando: quella della famiglia. Senza sottovalutare le differenze, nostra premura deve essere quella di far emergere, in questi contatti i “frutti del Vangelo”. Si poneva pure una domanda: non dovremmo “dire” qualcosa di più di quanto normalmente diciamo, trovandoci in tale contesto? Domande ai genitori Tutte queste testimonianze mi sono parse positive; per parte mia ho posto alcune domande che già ho messo in evidenza nella recente Lettera Pastorale, là dove si parla della famiglia: si vede il cristianesimo? Fate vedere “ai vostri figli” – sul vostro volto e nella vostra vita – il cristianesimo? Visibilizzate, anche nei giorni duri, la gioia della fede, evitando loro di cogliere in voi dei cristiani un po’ stanchi o malinconici di essere tali? C’è la preghiera, cioè quel gesto che, già da solo, dice che guardiamo alla vita con il riferimento a Qualcuno che sta al di sopra di noi e nelle cui mani sta la nostra vita e tutta la storia umana? Ragionate con i vostri figli, giorno per giorno, confrontandovi su ciò che accade e su ciò che i mass-media mostrano, così da aiutare i vostri figli a maturare un giudizio corretto sulle cose, a distinguere il vero dal falso, il bene dal male? Dopo questo lungo dialogo, ho celebrato la Santa Messa in ricordo di sant’Antonio abate. Nell’omilia ho rimarcato due particolari: il fatto che egli partecipasse fedelmente al giorno del Signore e che fosse un reale ascoltatore della Parola di Dio; e inoltre, che abbia compiuto una scelta così rilevante, come quella di consacrarsi totalmente a Dio, nel pieno della giovinezza, che è per definizione l’età delle scelte. Venerdì 13 febbraio 2009 Incontro con i Sacerdoti Ho avuto occasione di riflettere sulle singole Parrocchie, per poi soffermarmi sul tema specifico dell’Unità Pastorale. In questo dialogo ho raccolto diversi spunti che ora vi propongo. Primo punto: fondamentale - dicevano i Sacerdoti - è che noi siamo vicini gli uni agli altri, pronti ad aiutarci, disponibili all’amicizia, fedeli agli incontri istituzionali che ci riguardano. L’essere pastori in piccole Parrocchie ci deve sospingere al confronto vicendevole. Esso richiederà una certa elasticità mentale perché si possa arricchirsi vicendevolmente e giungere a delle conclusioni condivise. Sarà pure necessario che, quando un sacerdote si inserisce in un certo territorio, tenga conto che si inserisce in una storia lunga. C’è da favorire quello che potrebbe essere chiamato un “canone pastorale”, e cioè una sostanziale continuità, pur nel variare delle personalità (e dei tempi). Ringrazio il Signore del clima molto buono che ho potuto toccare con mano. Sarà impor- 364 LA PAROLA DEL VESCOVO tante affrontare il cammino pastorale accompagnati dalla fiducia che possa avvenire qualcosa di bello e di grande. Secondo punto: un capitolo posto in evidenza da tutti è quello dell’iniziazione cristiana e della formazione degli adolescenti e dei giovani. È proprio necessario che cerchiamo un coordinamento e che camminiamo insieme. Il contesto nel quale ci troviamo è talvolta drammatico sul fronte educativo. Ciò non deve scoraggiarci; deve invece condurci alla scelta più incisiva. In questa linea occorre far sorgere un piccolo coordinamento di educatori che si ritrovano tra loro con una certa regolarità, in stretta unità con il Parroco. Terzo punto: i sacerdoti sono chiamati a riconoscere nella comunità alla quale sono stati destinati la propria famiglia. Il cuore del pastore condurrà sempre a incontrare le persone, anzitutto come esse sono, onde favorirne il cammino secondo il Vangelo. Questo metodo è da seguire coraggiosamente perché esprime una Chiesa accogliente, il che non vuol certamente dire sottovalutare la verità. Lo spirito apostolico ci conduce a cercare le persone. Sappiamo che non poche di esse si trovano in situazioni spirituali di oscurità e di incertezza. Portare loro il Vangelo e il Signore significa portare luce e speranza. Incontro con gli operatori pastorali dell’Unità Pastorale È stata molto felice l’idea di introdurre l’incontro con una pagina della lettera dell’apostolo Paolo ai Filippesi: “Ringrazio il mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo dal primo giorno fino al presente” (Fil 1,3ss). Queste parole pongono in evidenza la collaborazione dei laici con l’apostolo Paolo. Queste stesse parole possono esprimere ciò che il Signore si attende dai laici oggi nel cammino della Chiesa. Quei cristiani della comunità di Filippi si erano lasciati toccare dalla grazia. Scoprire Cristo voleva dire per loro scoprire un nuovo orizzonte per l’esistenza. È la gioia di questa scoperta il principio della loro cooperazione alla diffusione del Vangelo. Non può essere diverso per noi. Nelle nostre Parrocchie non dobbiamo cercare la collaborazione dei laici come “forza-lavoro”. È altro che occorre: un avvenimento teologico-spirituale. Solo così si troveranno veri catechisti, validi animatori, preziosi membri delle commissioni, ecc. Gli interventi introduttivi alla serata hanno affrontato quattro punti: l’Unità Pastorale, la collaborazione dei laici, l’integrazione delle nuove famiglie, la scelta di proporre il catechismo alla domenica mattina. 1. Unità Pastorale Circa l’Unità Pastorale ci si è chiesti quali motivazioni la suggeriscono, quali scelte concrete la caratterizzano, quali sono i primi passi da mettere in atto. Ho risposto suggerendo di riflettere su una pagina dei Vescovi italiani. È stata scritta dopo il Convegno Ecclesiale di Verona. La proposta è quella di una pastorale sempre più «integrata»: 365 LA PAROLA DEL VESCOVO “Una strada da percorrere con coraggio è quella dell’integrazione pastorale fra i diversi soggetti ecclesiali. Siamo dinanzi a un disegno complessivo richiesto da un ripensamento missionario. Siamo chiamati a verificare il rapporto delle parrocchie tra loro e con la Diocesi, le forme con cui viene accolto il dono della vita consacrata, la valorizzazione delle associazioni, dei movimenti e delle nuove realtà ecclesiali. Si tratta, in primo luogo, di un’espressione e di una verifica concreta della comunione, che è dunque alla base di una pastorale «integrata», la quale mette in campo tutte le energie di cui il popolo di Dio dispone, valorizzandole nella loro specificità e al tempo stesso facendole confluire entro progetti comuni, definiti e realizzati insieme. Essa pone in rete le molteplici risorse di cui si dispone: umane, spirituali, culturali, pastorali. In tal modo, con le differenze che accoglie e armonizza al proprio interno, rende la comunità in grado di entrare più efficacemente in comunicazione con un contesto variegato, bisognoso di approcci diversificati e plurali, per un fecondo dialogo missionario. L’esperienza delle «Unità Pastorali» non è riducibile alla mera esigenza di fronteggiare la carenza di sacerdoti, né alla costituzione di «super-parrocchie», ma va nella direzione di un rapporto nuovo con il territorio, con una corresponsabilità pastorale diffusa, di un’azione più organica e missionaria” (n. 25). 2. Collaborazione dei laici Circa la collaborazione dei laici, ho già citato la pagina di Paolo ai Filippesi, la quale mostra che la conversione a Cristo diventa “cooperazione al Vangelo”. Devo aggiungere che la formazione degli adulti consiste propriamente nella coltivazione di un’adeguatezza per affrontare da cristiani le “responsabilità” che gli adulti portano in famiglia, nella professione, nell’impegno sociale e politico. E inoltre è necessario riflettere sul significato di due termini che spesso adoperiamo: collaborazione e corresponsabilità. In parte il significato è simile, ma la corresponsabilità è da intendere come condivisione interiore delle motivazioni dalle quali è condotto l’apostolo di Cristo. 3. Nuove famiglie Circa l’integrazione delle nuove famiglie che giungono sul territorio, non penso che le parrocchie siano chiamate a mettere in atto qualche strategia complicata. Ciò che occorre è piuttosto amicizia, buon vicinato, informazioni sulla vita della comunità, invito cordiale a qualche iniziativa prevista per le famiglie, valorizzazione dei bambini e dei ragazzi per il coinvolgimento dei loro stessi genitori. 4. Catechismo alla domenica? Circa l’esperienza del catechismo svolto la domenica mattina mi sembra che ci siano dei pro e dei contro. Sappiamo che, a tutt’oggi, l’immagine prevalente del cammino di iniziazione cristiana è quella scolastica. Poiché è insufficiente, va superata. La “svolta” da intraprendere con coraggio e senza perdere tempo è quella che ho indicato nella Lettera Pastorale Splendete come astri nel mondo: conoscenza (catechesi), preghiera (in particolare il “giorno del Signore”), “fare il Vangelo” (in modo speciale mettere in atto il comandamento della 366 LA PAROLA DEL VESCOVO carità). Quanto all’esperienza del catechismo in giorno domenicale, vedo, a favore, questo elemento: pone in evidenza che l’iniziazione cristiana è un’esperienza spirituale, non scolastica. Vorrei raccomandare moltissimo alle catechiste di ricordare sempre ai ragazzi che il fondamentale loro appuntamento settimanale è quello del “giorno del Signore”. Sabato 14 febbraio 2009 Incontro con le Religiose Ringrazio il Signore che nella vostra Unità Pastorale vi sia ancora una significativa presenza della vita consacrata: a Vespolate, a Borgolavezzaro e a Tornaco. Ho osservato, con qualche stupore, che, per quanto siano poche, rappresentano un mondo intero: una suora proviene dall’India e un’altra dal Brasile; quanto alle suore italiane, una è stata missionaria in Brasile e un’altra in Guinea Bissau. All’incontro con le Religiose erano presenti i Parroci, i quali hanno detto che le suore sono amate, venerate e apprezzate. Per parte mia ho rimarcato che la vita consacrata è un’energia evangelica importantissima e ho aggiunto che, quando da qualche parrocchia vengono tolte le suore, constato che si tratta di un vero impoverimento. Essendo stato recentemente in Burundi, gli incontri che ho potuto fare mi hanno fatto toccare con mano il valore straordinario della vita consacrata femminile. Ma già l’avevo colto in un viaggio che ho fatto in Brasile: le suore arrivano facilmente al cuore della gente, trovano per lo più le porte aperte. Mi viene da dire che, da questo punto di vista, hanno più possibilità che non i Sacerdoti, anche per il fatto che sono soltanto “sorelle”. Mentre ringrazio le Religiose del lavoro che stanno svolgendo, le invito a favorire il lavoro d’insieme sull’area delle loro varie parrocchie. Celebrazione Eucaristica a Gravellona Lomellina Mi sono introdotto spiegando il senso di questa visita del Vescovo alle Parrocchie dell’Unità Pastorale della Bassa Novarese. L’intenzione che mi accompagna è quella di stimolare, in tutti i membri della comunità, la passione missionaria e una spiritualità di comunione. La passione missionaria è quella che ha portato l’apostolo Paolo a farsi tutto a tutti per annunciare il Vangelo e per condurre alla conoscenza e all’amore per il Signore Gesù Cristo. La spiritualità di comunione è quel modo di vivere nella comunità che vede i suoi membri stringersi a Cristo, come alla pietra angolare, e che li vede stringersi vicendevolmente nella comunione fraterna, come si legge nel libro degli Atti: “Erano un cuor solo e un’anima sola”. Le nostre Parrocchie hanno un volto missionario se hanno passione apostolica. E lo sono se i fedeli cercano di essere discepoli così come lo desidera Gesù, il quale, nell’ultima cena, diceva: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”. 367 LA PAROLA DEL VESCOVO Ogni celebrazione eucaristica, e specialmente quella domenicale, va intesa e vissuta come un appuntamento nel quale varchiamo il portale d’ingresso per vivere, come discepoli, l’ascolto della Parola di Dio e per unirci sacramentalmente a Gesù nella santa Eucaristia. E va intesa come grazia che, di settimana in settimana, ci illumina e ci dà forza per affrontare i giorni feriali come veri apostoli, testimoni di Gesù nel mondo, al di dentro delle nostre responsabilità umane e nell’incontro con le persone che Dio mette sulla nostra strada. Quanto sto dicendo è stato messo in evidenza negli Orientamenti pastorali dei Vescovi italiani per questo decennio. Essi dicono che la comunità fedele al “giorno del Signore”, in particolare alla celebrazione eucaristica, è da considerare “un anello fondamentale per la comunicazione del Vangelo”. La celebrazione “dovrà essere condotta a far crescere i fedeli, mediante l’ascolto della Parola e la comunione al Corpo di Cristo, così che possano poi uscire dalle mura della chiesa con un animo apostolico, aperto alla condivisione e pronto a rendere ragione della speranza che abita i credenti (cfr 1 Pt 3,15). In tal modo la celebrazione eucaristica risulterà luogo veramente significativo dell’educazione missionaria della comunità cristiana” (n. 48). Domenica 15 febbraio Celebrazione Eucaristica a Borgolavezzaro Ho partecipato volentieri alla festa patronale in memoria di santa Giuliana. Ho voluto portare nella preghiera, in modo particolare, le nuove generazioni. Mi è parso molto bello che i diciottenni siano stati posti in evidenza durante la celebrazione e che, al termine della santa Messa, essi abbiano comunitariamente espresso una preghiera di affidamento. Una cosa è certa: i ragazzi, gli adolescenti e i giovani chiedono alla Chiesa amore e coraggio; chiedono ascolto e attendono di poter incontrare adulti significativi; hanno importanti scelte personali da compiere e, a tal fine, vanno illuminati e sorretti da validi educatori e da un’esperienza di gruppo che permetta loro di confrontarsi con sincerità e di pensare insieme a ciò che possono fare in favore dell’uomo e del miglioramento della società. I giovani sono il più grande capitale sociale di cui disponiamo e questo capitale attende, anzitutto da parte dei giovani stessi e poi degli adulti, di essere valorizzato e accresciuto. Occorre molta premura nel dedicarci a questo compito perché vi è il rischio che un grande tesoro rimanga inutilizzato o vada perduto. In favore delle nuove generazioni chiedo che non manchi in nessuna delle nostre parrocchie amore e coraggio. Chiedo pure che le nostre parrocchie si sostengano vicendevolmente per affrontare con maggior vigore e razionalità la responsabilità educativa. Quest’ultimo punto ha suggerito l’incontro che si è tenuto a Tornaco nel pomeriggio della stessa domenica con adolescenti e giovani di tutta l’Unità Pastorale: voleva essere un segnale della volontà di camminare insieme. 368 LA PAROLA DEL VESCOVO Mi piace aggiungere che una celebrazione come quella che ho vissuto a Borgolavezzaro nella festa di santa Giuliana mi ha condotto a considerare quanto sia giusto mantenere in vita le nostre parrocchie: sono vere comunità; e tutti, in qualche misura, possono usufruire della ricchezza di una tradizione e di momenti anche solenni di gioia e di festa. Aggiungo ancora un invito. Durante l’omilia ho chiesto a tutti i fedeli un proposito: che, soprattutto di domenica, varchino il portale della chiesa avendo nel cuore il desiderio di ascoltare la parola del Signore e di stringere comunione con lui, per poi uscire dallo stesso portale per essere apostoli e testimoni del Signore nella vita quotidiana, sulle strade del mondo. È un invito importante. Se lo si accoglierà realmente, la qualità della vita cristiana della comunità ne guadagnerà molto. Incontro con educatori e animatori degli Oratori L’incontro che abbiamo vissuto nel salone dell’oratorio di Tornaco, che però coinvolgeva tutte le Parrocchie dell’Unità Pastorale, è stato molto ben preparato e condotto. La presenza dei giovani mi è sembrata significativa e motivo di speranza per il futuro. Partecipando a tale incontro avevo coscienza di vivere un momento molto rilevante per il futuro. I temi che sono stati fatti emergere richiedono molta riflessione e anche qualche scelta concreta. Può suggerirci come favorire che l’Oratorio sia un luogo di formazione cristiana, e non semplicemente un punto di aggregazione? Sono da considerare due dimensioni dell’Oratorio. C’è una dimensione stabile e può essere indicata affermando che si tratta di un luogo la cui fisionomia è quella di essere strumento per una proposta di vita, così che i ragazzi e i giovani crescano. C’è poi una dimensione variabile. L’Oratorio di quarant’anni fa era anche luogo nel quale vi era l’unico campo di calcio del paese; era anche l’unico luogo per vedere la TV. Non è così oggi. Molte strutture comunali sono sorte. Ai ragazzi vengono rivolte mille proposte. L’Oratorio deve quindi adattarsi con tutto quello che è necessario per poter portare avanti la finalità di sempre. Penso a don Bosco, che in certo senso, ha inventato l’Oratorio. Egli aderiva a tutto quello che di buono c’era nei ragazzi e ne favoriva la crescita. C’era dunque spazio per il gioco, il teatro, la conversazione a tu per tu, la preghiera. Don Bosco deve rimanere il nostro esempio (l’Oratorio di Tornaco è proprio a lui dedicato!). Può indicarci i tratti fondamentali che devono coltivare, in termini di formazione umana e spirituale, coloro che portano una responsabilità nei confronti dei ragazzi, degli adolescenti, dei giovani? Vi è anzitutto da coltivare “l’umanità” dell’educatore. Essa vuol dire sorriso, dialogo, contatto, stare “insieme con” i ragazzi, coltivare la familiarità, voler bene a tutti. Va dunque ritenuto un grave errore che gli educatori facciano gruppetto tra loro durante le ore di presenza dei ragazzi e degli adolescenti. Vi è poi da coltivare la “competenza” dell’educatore. L’educatore non si 369 LA PAROLA DEL VESCOVO improvvisa. Deve formarsi. Questa esigenza investe coloro che sono educatori nella scuola e, ancor prima, riguarda i genitori. Evidentemente anche l’assunzione di responsabilità nella vita ecclesiale richiede competenza. Vi è poi da coltivare la “vita spirituale”. Gli educatori dell’Oratorio devono essere per tutti i ragazzi – quelli fedeli, quelli un po’ lontani, persino per i non cristiani – dei discepoli di Gesù. Tutti lo devono poter avvertire. Ciò richiede coltivazione della vita spirituale da parte di ogni educatore: preghiera, Parola di Dio, sacramenti, spazi di silenzio. Vi è infine da coltivare “lo spirito ecclesiale”. Il servizio degli educatori e degli animatori avviene nella Chiesa e a nome della Chiesa. Va dunque riscoperta e coltivata la coscienza ecclesiale: quella di appartenere alla comunità dei discepoli di Gesù, stretti attorno a lui e che fanno unità tra di loro, così come Gesù chiedeva ai primi discepoli. Quali scelte ritiene prioritarie perché si possa dire che si fa una proposta seria ai giovani? a) La proposta formativa Questa scelta chiede che si dia una mano ai giovani attorno a quattro questioni: fede, vocazione, professione, vita nella società. Ho già avuto occasione di parlarne alla Commissione di Pastorale Giovanile diocesana il 18 settembre 2008 a Borgomanero. Quanto alla fede, si tratta della crescita dei ragazzi e dei giovani nella conoscenza e nell’amore del Signore. Quanto alla vocazione, si fa riferimento alla scoperta della volontà di Dio sulla propria vita, per poi dire: “Eccomi, Padre, per fare la tua volontà”. Penso alla vocazione cristiana alla famiglia e alla vocazione per dedicarsi totalmente a Dio nel sacerdozio o nella vita consacrata. Quanto alla professione, occorre coltivare la preparazione a un lavoro, l’acquisizione di conoscenze e competenze necessarie per assumersi le proprie responsabilità. In vista di questo obiettivo, il lavoro educativo svolto tra gli adolescenti e i giovani deve essere aperto e lavorare nell’oggi pensando al domani. Quanto alla vita sociale, si tratta di orientare a prendere parte attiva alla vita della città. In vista di far crescere i ragazzi e i giovani che, arrivati all’età adulta, siano preparati ad operare nel mondo “da cristiani”. Gli Oratori e i gruppi adolescenti/giovani sono chiamati a sollecitare il ragazzo a leggere la propria vita dentro il contesto della società e a tenere ben aperti gli occhi sul cammino dei popoli nel mondo. b) Stare insieme Una seconda scelta riguarda lo stare insieme per coltivare l’amicizia e fare esperienza di gruppo. A proposito di quest’ultima, essa va iniziata già l’anno che precede la celebrazione del sacramento della Confermazione. Se penso, in particolare, ai preadolescenti e adolescenti delle Parrocchie della vostra Unità Pastorale, propongo che si viva il più possibile il cammino nelle singole Parrocchie e che, nel medesimo tempo, si prevedano momenti di incontro e di attività comuni a livello di Unità Pastorale. 370 LA PAROLA DEL VESCOVO c) Gli “altri” Alla domanda circa il modo secondo il quale i nostri ragazzi e adolescenti devono incontrare gli altri, ho risposto anzitutto dicendo che l’incontro avviene già ogni giorno perché anche coloro che possono essere chiamati i “lontani”, in realtà sono vicini: spesso sono i compagni di banco nelle ore di scuola. Nei loro confronti ci sono due scelte importanti da adottare. La prima è quella dello stile con cui vengono trattati, sia che frequentino la chiesa, sia che non la frequentino; sia quelli gentili, sia quelli antipatici. Tutti devono poter vedere in un giovane cristiano l’amore suggerito dal Vangelo: vicinanza, collaborazione, rispetto. La seconda scelta è quella di non dare scandalo al Vangelo con uno stile di vita o con ragionamenti contrari al Vangelo. Ciò che fa problema in un giovane cristiano non è tanto che talvolta sbagli o pecchi. Quando chi sbaglia ammette l’errore, tutto viene superato. A fare scandalo e ad allontanare dal Vangelo e dalla Chiesa è invece lo stile di chi formalmente si dichiara cristiano, ma poi va per una strada del tutto mondana. d) Essere ascoltati E infine, mi soffermo proprio sul tema del rapporto dei ragazzi cristiani con la Chiesa. Ho ricordato ciò che diceva Giovanni Paolo II: “La Chiesa ha molto da dire ai giovani; i giovani hanno molto da dire alla Chiesa”. Il primo aspetto si lega al fatto che la Chiesa ha “il pensiero” di Cristo, la luce di Cristo: realtà importantissime per i giovani (e non solo per loro). Il secondo si lega al fatto che nessuno, quanto i giovani, può aiutare la Chiesa a comprendere il presente e ad affrontarlo tenendo conto delle situazioni nuove con le quali fare i conti in tutto il lavoro che si connette con la missione ricevuta da Gesù. Celebrazione eucaristica a Tornaco Anche per questa celebrazione ho visto una buona presenza. All’omilia ho commentato la lettera che, il mattino stesso di quella domenica, avevo sentito leggere da parte dei diciottenni a Borgolavezzaro. L’ho brevemente commentata. Vi ho colto anzitutto uno sguardo attorno a ciò che veniva caratterizzato con il termine “incertezza”. Si aggiungeva che tale situazione richiede di “pensare”, di avere un grande amore per la ricerca della “verità”. Vi ho colto poi uno sguardo su di sé. Ciò era in concreto inteso come richiesta del dono del discernimento: “Lampada sui miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”. Si faceva riferimento ai nuovi strumenti tecnologici e ciò mi ha condotto a dire: “Essi non hanno coscienza; la coscienza devi averla tu. Metti sempre in questione te stesso e fatti responsabile di te. Fuggi dalla irresponsabilità perché essa ti impedisce di diventare grande e ti conduce su sentieri sbagliati”. Si è fatto riferimento anche alla preghiera e ai sacramenti. Sì, è giusto e molto importante perché Dio è Qualcuno e aspetta che tu gli parli (come scriveva nel ’68 uno studente di Harvard sul vetro della finestra della scuola: “Dio non è morto: gli ho parlato stamattina”); lo Spirito Santo è il maestro interiore: non soffocare lo Spirito e fanne invece il tuo respiro; tratta sempre Dio come il Padre e Gesù come fratello. 371 LA PAROLA DEL VESCOVO Si faceva riferimento al bambino e al giovane e questo mi faceva tornare alla mente la parola di Gesù: “Se non diventerete come bambini…”, non nel senso di diventare infantili, bensì limpidi di dentro e semplici. E l’altra parola di Gesù: “Giovane, dico a te: «Alzati!»”. Si rivolgeva al figlio della vedova di Nain, che era morto. Lo dice ad ogni giovane di oggi, anche a chi fosse morto di dentro. E infine, con la loro preghiera, i diciottenni si mettevano in paragone con gli altri giovani. Una cosa è certa: come ho già accennato, un’esperienza di comunità aiuta ogni giovane, a condizione che la vita di gruppo sia fatta di rispetto, di ascolto, di espressione di se stessi in tutto ciò che di meglio si è e si ha. E inoltre lo aiuta il chinarsi sugli altri, sulle loro attese, sulle loro solitudini. Perché solo chi spende la sua vita la trova, mentre chi pensa egoisticamente a se stesso la sciupa. Era un messaggio lanciato da Giovanni Paolo II nella Giornata Mondiale della Gioventù del 2000. Sabato 14 e domenica 22 marzo Celebrazioni eucaristiche a Garbagna, Nibbiola, Terdobbiate Garbagna e Nibbiola Sabato 14 marzo ho celebrato la santa Messa a Garbagna. Vi ho trovato un ambiente sereno e ringrazio don Andrea Mosca per il lavoro generoso e intelligente che sta portando avanti. Condivido la sua scelta di privilegiare, in questo periodo, anzitutto i bambini e i ragazzi. Mi sembra una scelta missionaria che prepara bene il futuro. Condivido anche la lettura che fa del compito del sacerdote: il Vangelo ci conduce al cuore della vita delle persone. Si tratta per noi di una grande opportunità: quella di aiutare le persone a crescere. La consapevolezza che proprio di questo si tratta può diventare motivazione che resiste anche di fronte alle difficoltà. Spendere le nostre energie per poggiare la vita delle persone, a cominciare dai ragazzi, su quella roccia che è Gesù è veramente una forma straordinaria di amore per l’uomo. Sono pure contento del fatto che don Andrea si sta impegnando a insegnare a pregare, sia ai bambini sia agli adulti. La gente ha davvero bisogno di un maestro che indichi i passi della preghiera. Domenica 22 marzo ho celebrato a Nibbiola. Anche qui ho colto nelle parole introduttive di don Andrea Mosca un vivo senso ecclesiale, così importante perché le singole parrocchie si leggano nel contesto della Chiesa diocesana e della Chiesa universale. La partecipazione dell’assemblea mi è sembrata attenta e serena. Di questo ringrazio Dio e invito ad avere fiducia nel suo aiuto per il futuro. Terdobbiate Domenica 22 marzo ho celebrato anche a Terdobbiate. L’essere arrivato in anticipo mi ha consentito di incontrare a una a una molte persone, a cominciare dal sig. Sindaco. Don Tino Temporelli, al quale esprimo i più vivi auguri avendo egli assunto da poco tempo la responsabilità pastorale della parrocchia di Terdobbiate, ha 372 LA PAROLA DEL VESCOVO introdotto la celebrazione ricordando che il Vescovo, in un certo senso, è il parroco di tutte le comunità. Al loro interno i sacerdoti, in unità sacramentale con tutto il presbiterio, diventano i primi collaboratori del Vescovo. Anche don Ernesto Bozzini, Vicario dell’Ovest Ticino, è intervenuto ricordando il percorso svolto dal Vescovo in questi mesi visitando diverse parrocchie in vista di un lavoro comune nel quadro dell’Unità Pastorale, mirando a sostenere nel migliore dei modi le responsabilità e il cammino delle singole parrocchie. La pagina biblica di questa domenica (IV di Quaresima / B) era straordinaria. Riferiva l’incontro notturno di Nicodemo con Gesù. In poche righe di rivelazione vera e propria, Gesù affermava due grandi verità: che Dio è amore e che egli stesso, accolto nella nostra vita, ne diventa la luce. Sono stato condotto a dire che la testimonianza cristiana c’è quando, attraverso di noi, si visibilizza l’amore di Dio e quando la nostra vita non è più tenebra che genera tenebra, ma luce che riflette luce. Conclusione 1. È da riprendere il senso principale di questa Visita all’Unità Pastorale. Ne ho fatto cenno in apertura della celebrazione eucaristica a Gravellona Lomellina e a Borgolavezzaro e nell’incontro con gli operatori pastorali, quando ho fatto esplicito riferimento alla Nota Pastorale dei Vescovi italiani che ha fatto seguito al Convegno ecclesiale di Verona. 2. Sarei lieto che si riprendessero le domande che mi sono state poste a Vespolate il 18 gennaio. 3. Sarebbe bene riprendere le domande e le risposte emerse nel dialogo tra gli animatori-catechisti e il Vescovo, svoltosi nel salone dell’Oratorio di Tornaco e nell’omilia svolta nella chiesa parrocchiale di Tornaco. 4. Dai colloqui con i sacerdoti (13 febbraio) e dall’incontro con gli operatori pastorali (13 febbraio) ho colto alcuni passi da compiere come Unità Pastorale: - momenti e ritmi favorevoli a coltivare la comunione e collaborazione tra i sacerdoti; - iniziative necessarie per un’adeguata formazione degli operatori pastorali; - tempi e luoghi da affrontare con premura per garantire un valido accompagnamento educativo dei pre-adolescenti, degli adolescenti e dei giovani; - costituzione di un “Centro di ascolto” Caritas di Unità Pastorale. In rapporto a questo cammino darà il suo contributo specifico il sacerdote nominato “coordinatore”; lo daranno gli altri sacerdoti in rapporto a qualche capitolo specifico. È da prevedere che in favore del cammino dell’Unità Pastorale vengano coinvolti, insieme con i sacerdoti, alcuni laici che già portano delle responsabilità nelle loro rispettive parrocchie. A questo proposito, occorrerà evitare indebite sovrapposizioni con i Consigli Pastorali Parrocchiali. È possibile individuare un ritmo che, attraverso momenti di Unità Pastorale, favorisca realmente le parrocchie. + Renato Corti Novara, 23 marzo 2009 373 LA PAROLA DEL VESCOVO Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù Omilia durante il rito di Ordinazione presbiterale nel 150° anniversario della morte del Curato d’Ars Novara - Cattedrale , 6 giugno 2009 Saluti cordiali a tutti. Un saluto particolare e intenso a voi che oggi, per l’imposizione delle mani del Vescovo (cfr 2 Tm 1,6), diventate presbiteri della nostra santa Chiesa. Questo rito sacramentale segnerà tutta la vostra vita “con il sigillo più necessario ed esigente che ci sia: la salvezza delle anime”1. Sarete accompagnati da una moltitudine di predecessori che, di generazione in generazione, hanno dato la testimonianza di essere preti e santi. La nostra Diocesi ne è ricca, e chiedo a Dio che lo sia anche in futuro: da questo, non da altro, dipende infatti la vitalità del nostro presbiterio e la bellezza delle nostre comunità. A partire dalla prossima festa del Sacro Cuore sarà posto in particolare evidenza, non solo per la nostra Diocesi ma per l’intera Chiesa cattolica, un prete umilissimo e grande. Lo si cita semplicemente chiamandolo il Curato d’Ars. Si ricorda quest’anno il 150° anniversario della sua morte. Se voi giovani, che oggi diventate preti, vi lascerete condurre dal suo esempio, il vostro ministero e la vostra vita personale usufruiranno di un prezioso riferimento. Io stesso, che sono stato ordinato sacerdote nel 1959, sono stato accompagnato nei miei primi passi dalla Lettera Enciclica che Giovanni XXIII, da poco eletto sommo Pontefice, dedicò in quell’anno al santo curato d’Ars2. Anche Giovanni Paolo II ha molto scrutato la figura del Curato d’Ars. Nel Giovedì Santo 1986 inviò ai Sacerdoti una preziosa lettera. Ricordò i tratti essenziali del suo ministero ed ebbe cura di metterli in paragone con l’insegnamento del Concilio Vaticano II sul prete e con le circostanze storiche che hanno segnato gli scorsi decenni e anche gli anni che stiamo ora vivendo. Il ministero e la vita del Curato d’Ars Con una formula lapidaria Giovanni Paolo II ha scritto che il Curato d’Ars “si consacrava essenzialmente all’insegnamento della fede, alla purificazione delle coscienze, e questi due ministeri convergevano verso l’Eucaristia”3. 1 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1986, 1. 2 GIOVANNI XXIII, Lett. Enc. Sacerdotii nostri primordia, 1 agosto 1959. 3 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1986, 6. 374 LA PAROLA DEL VESCOVO Questa sintesi mi ha suggerito la scelta delle pagine bibliche per questa solenne celebrazione. La pagina del profeta Geremia e i versetti del Salmo 50 sono dedicati al cambiamento del cuore (cfr Ger 31,31-34; Ps 50,1-12). Il brano della prima lettera ai Corinti è quello nel quale Paolo ripensa al primo annuncio del Vangelo in quella città. Ricorda i suoi timori e la sua trepidazione; e pone in evidenza che Dio ha scelto ciò che è debole e disprezzato dal mondo perché emerga chiaramente che la fede non è fondata “sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio” (1 Cor 1,26-2,5). E infine, la pagina evangelica che abbiamo sentito proclamare un istante fa è il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia (cfr Lc 22,7-1). La conversione del cuore Ciò che “ha rivelato il carisma principale del Curato d’Ars è certamente la sua instancabile dedizione al sacramento della Penitenza”. E oggi? “Senza il cammino di conversione, il tanto desiderato aggiornamento (voluto dal Concilio) è destinato a restare superficiale e illusorio”. Solo persone e comunità che si convertono possono dirsi in cammino. Senza il dinamismo della conversione, inevitabilmente il cristianesimo resta, al massimo, un vestito che talvolta si indossa; non esperienza che, di un cuore di pietra, fa un cuore di carne. *** Voi giovani, che oggi diventate preti, siete chiamati a questo ministero che “resta senza dubbio il più difficile e il più delicato, il più faticoso e il più esigente”. Presuppone che si ritrovino in voi “delle grandi qualità umane, e soprattutto una vita spirituale intensa e sincera”. Chiede che siate “assai disponibili, pronti a dedicarvi il tempo necessario, e anzi, a dargli la priorità rispetto ad altre attività. I fedeli comprenderanno così il valore che gli conferiamo”. Chiedo a voi e a tutti i Sacerdoti di considerare attentamente questo ambito del nostro ministero. Nelle vostre Parrocchie le anime trovino in voi ministri che “illuminano le coscienze, le perdonano e ridanno loro vigore nel nome del Signore Gesù”4. È una scelta pastorale urgente. Ciò che è stato fecondo in passato, lo può essere anche oggi. L’insegnamento della fede C’è da aggiungere, con Giovanni Paolo II, che il Curato d’Ars “non trascurava in nulla il ministero della Parola, assolutamente necessario per predisporre alla fede e alla conversione. Giungeva fino a dire: «Nostro Signore, che è la stessa verità, non fa minor conto della sua Parola che del suo Corpo». Si sa il tempo che dedicava nel preparare laboriosamente le prediche della domenica. Anche “le sue catechesi dei fanciulli costituiscono una parte importante del suo ministero”. La parola gli “sgorgava dal cuore. Aveva anche il coraggio di 4 Id., 7. 375 LA PAROLA DEL VESCOVO denunciare il male in tutte le sue forme. Diceva: «Se un pastore resta muto vedendo Dio oltraggiato e le anime rovinarsi, guai a lui!»”5. *** “Cari fratelli Sacerdoti – diceva Giovanni Paolo II –, voi siete ben convinti dell’importanza dell’annuncio del Vangelo, che il Concilio Vaticano II ha messo al primo posto tra le funzioni del Sacerdote6: dedicatevi ad insegnare la Parola di Dio «in se stessa», la quale chiama gli uomini alla conversione e alla santità”; cercate di “arrivare al cuore dei nostri contemporanei, con le loro attese e le loro incertezze, per suscitare e nutrire la fede”7. L’Eucaristia al centro del ministero del Sacerdote L’insegnamento della fede e la purificazione delle coscienze convergono verso l’Eucaristia. Così fu per il Curato d’Ars: “Non bisogna vedere in ciò – dice Giovanni Paolo II – anche oggi i tre poli del servizio pastorale dei Sacerdoti?”8. “Il Curato d’Ars iniziava generalmente ognuna delle sue giornate con il ministero del perdono. Ma era felice di orientare i suoi penitenti verso l’Eucaristia”. Essa sta veramente al centro della sua vita spirituale e di quella pastorale. Quanto al primo aspetto, diceva che “un prete fa bene ad offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine”9. Aveva una vivissima percezione spirituale della presenza reale del Signore nell’Eucaristia. “Passava lunghe ore di adorazione prima dell’alba o alla sera”. Talvolta, nelle sue omilie, faceva riferimento a Gesù presente nel tabernacolo e diceva con emozione: “Egli è là!”. *** Voi che diventate preti oggi farete bene a meditare le pagine del decreto conciliare Presbyterorum ordinis, là dove si sofferma sull’Eucaristia e afferma che “è nel culto eucaristico che si esercita soprattutto il ministero sacro del presbitero”10. A tutti i Sacerdoti l’esempio del Curato d’Ars suggerisce anche su questo capitolo fondamentale “un serio esame di coscienza: quale posto diamo, nella nostra vita quotidiana, alla santa Messa? Resta essa come nel giorno della nostra ordinazione – fu il nostro primo atto di Sacerdozio! –, il principio della nostra azione apostolica e della nostra santificazione personale? Quale cura mettiamo nel prepararci ad essa? Nel celebrarla? Nel pregare davanti al Santissimo Sacramento? Nel condurvi i nostri fedeli? Nel fare della nostra Chiesa la Casa di Dio, verso la quale la presenza divina attira i nostri contemporanei che hanno troppo spesso l’impressione di un mondo vuoto di Dio?”11. 5 6 7 8 9 Id., 9. Cfr. CONCILIO VATICANO II, Decr. Presbyterorum ordinis, 4. GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1986, 11. Id., 6. “Le Sacerdoce, c’est l’amour du cœur de Jésus” (in Le curé d’Ars. Sa pensée - Son cœur. Présentés par l’Abbé Bernard Nodet, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, p. 107). 10 Cfr. n. 5. 11 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1986, 8. 376 LA PAROLA DEL VESCOVO Osservazioni conclusive 1. Il giovane Giovanni Maria Vianney, futuro Curato d’Ars, è un esempio di coraggio per i futuri preti: per i ragazzi, gli adolescenti e i giovani che avvertono la chiamata del Signore a diventare preti. Egli superò ostacoli di ogni genere: la tormenta degli anni della rivoluzione francese, le obiezioni del suo papà, la fatica negli studi avendo dovuto fare, fino ai 19 anni, il contadino. Ma la sua vocazione era autentica ed egli la seguì senza incertezze. Diventò prete a 29 anni. La grazia della vocazione, quando c’è e viene rispettata come si fa con un fiore delicato, permette di superare tutti gli ostacoli lungo la vita intera. Mi rivolgo ai ragazzi, adolescenti e giovani presenti: se Dio vi chiama, ditegli di sì. Riceverete il centuplo. 2. Il Curato d’Ars è un segno di speranza per i pastori di oggi che soffrono di un certo deserto spirituale. Al giovane Sacerdote, destinato ad Ars, il Vescovo disse: “Non c’è molto amor di Dio in quella Parrocchia: voi ve lo porterete”. Tutta la sua vita fu il segno visibile dell’amore di Dio e molte persone ebbero il “presentimento di incontrare un santo, un familiare di Dio, capace di leggere nei cuori, mite e umile sempre. Ciò avvenne in un tempo nel quale la distruzione della Chiesa e della fede stessa era il programma di una rivoluzione politica e sociale. Per la fede molti Sacerdoti divennero martiri, e con loro anche tanti laici cristiani12. Per i suoi tempi, veramente terribili, il Curato d’Ars è stato una “grande sfida evangelica”. È andato controcorrente e ha favorito mirabili frutti di conversione. Sono certamente cambiate le difficoltà che oggi la Chiesa, e i Sacerdoti in primo luogo, devono affrontare. Ma davvero non siamo i primi a conoscere le difficoltà. In certo senso, il Curato d’Ars è una sfida per noi, preti di oggi, chiamati ad avere un poco della sua fede e del suo coraggio. E noi stessi siamo chiamati ad essere una sfida evangelica per il nostro tempo. Come si è servito del Curato d’Ars, umanamente mite e indifeso, così il Signore può servirsi di noi perché la fede dell’uomo di oggi non sia fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (cfr 1 Cor 2,5). *** Venerdì 19 giugno sarà la festa del Sacro Cuore di Gesù. Il Curato d’Ars diceva che “il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù”; che il Sacerdote doveva dunque avere il cuore di Gesù: gli stessi desideri e la medesima dedizione. Invito tutta l’assemblea presente in Cattedrale a pregare - in quel giorno e lungo tutto l’anno sacerdotale raccomandato da Benedetto XVI - perché i preti novelli di quest’anno e tutti i Sacerdoti della nostre Diocesi abbiano il cuore di Cristo, così che tutti, attraverso di loro, possano incontrare Gesù stesso nella propria vita. 12 id., 5. 377 LA PAROLA DEL PAPA “I preti, dono all’umanità” Lettera ai presbiteri per l’apertura dell’Anno Sacerdotale in occasione del 150° anniversario della morte del Curato d’Ars Cari fratelli nel Sacerdozio, nella prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, venerdì 19 giugno 2009 – giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione del clero –, ho pensato di indire ufficialmente un “Anno Sacerdotale” in occasione del 150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney, il Santo Patrono di tutti i parroci del mondo.1 Tale anno, che vuole contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi, si concluderà nella stessa solennità del 2010. “Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars.2 Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità. Penso a tutti quei presbiteri che offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l’umile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo, cercando di aderire a Lui con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza. Come non sottolineare le loro fatiche apostoliche, il loro servizio infaticabile e nascosto, la loro carità tendenzialmente universale? E che dire della fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che, pur tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione: quella di “amici di Cristo”, da Lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati? Io stesso porto ancora nel cuore il ricordo del primo parroco accanto al quale esercitai il mio ministero di giovane prete: egli mi lasciò l’esempio di una dedizione senza riserve al proprio servizio pastorale, fino a trovare la morte nell’atto stesso in cui portava il viatico a un malato grave. Tornano poi alla mia memoria gli innumerevoli confratelli che ho incontrato e che continuo ad incontrare, anche durante i miei viaggi pastorali nelle diverse nazioni, generosamente impegnati nel quotidiano esercizio del loro ministero sacerdotale. Ma l’espressione usata dal Santo Curato evoca anche la trafittura del Cuore di Cristo e la corona di spine che lo avvolge. Il pensiero va, di conseguenza, alle innumerevoli situazioni di sofferenza in cui molti sacerdoti sono coinvolti, sia perché partecipi dell’esperienza umana del dolore nella molteplicità del suo manifestarsi, sia perché incompresi dagli stessi destinatari del loro ministero: 378 LA PAROLA DEL PAPA come non ricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimonianza del sangue? Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento: il Curato d’Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d’essere un dono immenso per la sua gente: “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”.3 Parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana: “Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia...”.4 E spiegando ai suoi fedeli l’importanza dei sacramenti diceva: “Tolto il sacramento dell’Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest’anima viene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo”.5 Queste affermazioni, nate dal cuore sacerdotale del santo parroco, possono apparire eccessive. In esse, tuttavia, si rivela l’altissima considerazione in cui egli teneva il sacramento del sacerdozio. Sembrava sopraffatto da uno sconfinato senso di responsabilità: “Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore... Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi”.6 Era giunto ad Ars, un piccolo villaggio di 230 abitanti, preavvertito dal Vescovo che avrebbe trovato una situazione religiosamente precaria: “Non c’è molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce ne metterete”. Era, di conseguenza, pienamente consapevole che doveva andarvi ad incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica: “[Mio Dio], accordatemi la 379 LA PAROLA DEL PAPA conversione della mia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete per tutto il tempo della mia vita!”, fu con questa preghiera che iniziò la sua missione.7 Alla conversione della sua parrocchia il Santo Curato si dedicò con tutte le sue energie, ponendo in cima ad ogni suo pensiero la formazione cristiana del popolo a lui affidato. Cari fratelli nel Sacerdozio, chiediamo al Signore Gesù la grazia di poter apprendere anche noi il metodo pastorale di san Giovanni Maria Vianney! Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare è la sua totale identificazione col proprio ministero. In Gesù, Persona e Missione tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo “Io filiale” che, da tutta l’eternità, sta davanti al Padre in atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà. Con umile ma vera analogia, anche il sacerdote deve anelare a questa identificazione. Non si tratta certo di dimenticare che l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro. Il Curato d’Ars iniziò subito quest’umile e paziente lavoro di armonizzazione tra la sua vita di ministro e la santità del ministero a lui affidato, decidendo di “abitare” perfino materialmente nella sua chiesa parrocchiale: “Appena arrivato egli scelse la chiesa a sua dimora... Entrava in chiesa prima dell’aurora e non ne usciva che dopo l’Angelus della sera. Là si doveva cercarlo quando si aveva bisogno di lui”, si legge nella prima biografia.8 L’esagerazione devota del pio agiografo non deve farci trascurare il fatto che il Santo Curato seppe anche “abitare” attivamente in tutto il territorio della sua parrocchia: visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patronali; raccoglieva ed amministrava denaro per le sue opere caritative e missionarie; abbelliva la sua chiesa e la dotava di arredi sacri; si occupava delle orfanelle della “Providence” (un istituto da lui fondato) e delle loro educatrici; si interessava dell’istruzione dei bambini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui. Il suo esempio mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l’unico popolo sacerdotale 9 e in mezzo ai quali, in virtù del sacerdozio ministeriale, si trovano “per condurre tutti all’unità della carità, ‘amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza’ (Rm 12,10)”.10 È da ricordare, in questo contesto, il caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano II incoraggia i presbiteri a “riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione della Chiesa… Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell’attività umana, in modo da poter insieme a loro riconoscere i segni dei tempi”.11 Ai suoi parrocchiani il Santo Curato insegnava soprattutto con la testimonianza della vita. Dal suo esempio i fedeli imparavano a pregare, sostando volentieri davanti al tabernacolo per una visita a Gesù Eucaristia.12 “Non c’è 380 LA PAROLA DEL PAPA bisogno di parlar molto per ben pregare” – spiegava loro il Curato - “Si sa che Gesù è là, nel santo tabernacolo: apriamogli il nostro cuore, rallegriamoci della sua santa presenza. È questa la migliore preghiera”.13 Ed esortava: “Venite alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter vivere con Lui...14 “È vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno!”.15 Tale educazione dei fedeli alla presenza eucaristica e alla comunione acquistava un’efficacia particolarissima, quando i fedeli lo vedevano celebrare il Santo Sacrificio della Messa. Chi vi assisteva diceva che “non era possibile trovare una figura che meglio esprimesse l’adorazione... Contemplava l’Ostia amorosamente”.16 “Tutte le buone opere riunite non equivalgono al sacrificio della Messa, perché quelle sono opere di uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio»,17 diceva. Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore della vita di un prete: «La causa della rilassatezza del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria!”.18 Ed aveva preso l’abitudine di offrire sempre, celebrando, anche il sacrificio della propria vita: “Come fa bene un prete ad offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine!”.19 Questa immedesimazione personale al Sacrificio della Croce lo conduceva – con un solo movimento interiore – dall’altare al confessionale. I sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento. Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata “il grande ospedale delle anime”.20 “La grazia che egli otteneva [per la conversione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua!”, dice il primo biografo.21 Il Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: “Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui”.22 “Questo buon Salvatore è così colmo d’amore che ci cerca dappertutto”.23 Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: “Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita”.24 Dal Santo Curato d’Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il meto- 381 LA PAROLA DEL PAPA do del “dialogo di salvezza” che in esso si deve svolgere. Il Curato d’Ars aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti. Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in lui l’incoraggiamento ad immergersi nel “torrente della divina misericordia” che trascina via tutto nel suo impeto. E se qualcuno era afflitto al pensiero della propria debolezza e incostanza, timoroso di future ricadute, il Curato gli rivelava il segreto di Dio con un’espressione di toccante bellezza: “Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dio che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci!”.25 A chi, invece, si accusava in maniera tiepida e quasi indifferente, offriva, attraverso le sue stesse lacrime, la seria e sofferta evidenza di quanto quell’atteggiamento fosse “abominevole”: “Piango perché voi non piangete”,26 diceva. “Se almeno il Signore non fosse così buono! Ma è così buono! Bisogna essere barbari a comportarsi così davanti a un Padre così buono!”.27 Faceva nascere il pentimento nel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, la sofferenza di Dio per i peccati quasi “incarnata” nel volto del prete che li confessava. A chi, invece, si presentava già desideroso e capace di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità dell’amore, spiegando l’indicibile bellezza di poter vivere uniti a Dio e alla sua presenza: “Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio... Com’è bello!”.28 E insegnava loro a pregare: “Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t’ami”.29 Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell’Amore: Deus caritas est (1 Gv 4,8). Con la Parola e con i Sacramenti del suo Gesù, Giovanni Maria Vianney sapeva edificare il suo popolo, anche se spesso fremeva convinto della sua personale inadeguatezza, al punto da desiderare più volte di sottrarsi alle responsabilità del ministero parrocchiale di cui si sentiva indegno. Tuttavia con esemplare obbedienza restò sempre al suo posto, perché lo divorava la passione apostolica per la salvezza delle anime. Cercava di aderire totalmente alla propria vocazione e missione mediante un’ascesi severa: “La grande sventura per noi parroci - deplorava il Santo - è che l’anima si intorpidisce” 30; ed intendeva con questo un pericoloso assuefarsi del pastore allo stato di peccato o di indifferenza in cui vivono tante sue pecorelle. Egli teneva a freno il corpo, con veglie e digiuni, per evitare che opponesse resistenze alla sua anima sacerdotale. E non rifuggiva dal mortificare se stesso a bene delle anime che gli erano affidate e per contribuire all’espiazione dei tanti peccati ascoltati in confessione. Spiegava ad un confratello sacerdote: “Vi dirò qual è la mia ricetta: dò ai peccatori una penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto”.31 Al di là delle concrete penitenze a cui il Curato d’Ars si sottoponeva, resta comunque valido per tutti il nucleo del suo insegnamento: le anime costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente al “caro prezzo” della redenzione. 382 LA PAROLA DEL PAPA Nel mondo di oggi, come nei difficili tempi del Curato d’Ars, occorre che i presbiteri nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza evangelica. Ha giustamente osservato Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.32 Perché non nasca un vuoto esistenziale in noi e non sia compromessa l’efficacia del nostro ministero, occorre che ci interroghiamo sempre di nuovo: “Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa Parola al punto che essa realmente dia un’impronta alla nostra vita e formi il nostro pensiero?”.33 Come Gesù chiamò i Dodici perché stessero con Lui (cfr Mc 3,14) e solo dopo li mandò a predicare, così anche ai giorni nostri i sacerdoti sono chiamati ad assimilare quel “nuovo stile di vita” che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli.34 Fu proprio l’adesione senza riserve a questo “nuovo stile di vita” che caratterizzò l’impegno ministeriale del Curato d’Ars. Il Papa Giovanni XXIII nella Lettera enciclica Sacerdotii nostri primordia, pubblicata nel 1959, primo centenario della morte di san Giovanni Maria Vianney, ne presentava la fisionomia ascetica con particolare riferimento al tema dei “tre consigli evangelici”, giudicati necessari anche per i presbiteri: “Se, per raggiungere questa santità di vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cristiana”.35 Il Curato d’Ars seppe vivere i “consigli evangelici” nelle modalità adatte alla sua condizione di presbitero. La sua povertà, infatti, non fu quella di un religioso o di un monaco, ma quella richiesta ad un prete: pur maneggiando molto denaro (dato che i pellegrini più facoltosi non mancavano di interessarsi alle sue opere di carità), egli sapeva che tutto era donato alla sua chiesa, ai suoi poveri, ai suoi orfanelli, alle ragazze della sua “Providence”,36 alle sue famiglie più disagiate. Perciò egli “era ricco per dare agli altri ed era molto povero per se stesso”.37 Spiegava: “Il mio segreto è semplice: dare tutto e non conservare niente”.38 Quando si trovava con le mani vuote, ai poveri che si rivolgevano a lui diceva contento: “Oggi sono povero come voi, sono uno dei vostri”.39 Così, alla fine della vita, poté affermare con assoluta serenità: “Non ho più niente. Il buon Dio ora può chiamarmi quando vuole!”.40 Anche la sua castità era quella richiesta a un prete per il suo ministero. Si può dire che era la castità conveniente a chi deve toccare abitualmente l’Eucaristia e abitualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli. Dicevano di lui che “la castità brillava nel suo sguardo”, e i fedeli se ne accorgevano quando egli si volgeva a guardare il tabernacolo con gli occhi di un innamorato.41 Anche l’obbedienza di san Giovanni Maria Vianney fu tutta incarnata nella sofferta adesione alle quotidiane esigenze del suo ministero. È noto quanto egli fosse tormentato dal pensiero della propria inadeguatezza al ministero parrocchiale e dal desiderio di fuggire “a piangere la sua povera vita, in solitudine”.42 Solo l’obbedienza e la passione per le anime riuscivano 383 LA PAROLA DEL PAPA a convincerlo a restare al suo posto. A se stesso e ai suoi fedeli spiegava: “Non ci sono due maniere buone di servire Dio. Ce n’è una sola: servirlo come lui vuole essere servito”.43 La regola d’oro per una vita obbediente gli sembrava questa: “Fare solo ciò che può essere offerto al buon Dio”.44 Nel contesto della spiritualità alimentata dalla pratica dei consigli evangelici, mi è caro rivolgere ai sacerdoti, in quest’Anno a loro dedicato, un particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità. “Lo Spirito nei suoi doni è multiforme… Egli soffia dove vuole. Lo fa in modo inaspettato, in luoghi inaspettati e in forme prima non immaginate… ma ci dimostra anche che Egli opera in vista dell’unico Corpo e nell’unità dell’unico Corpo”.45 A questo proposito, vale l’indicazione del Decreto Presbyterorum ordinis: “Sapendo discernere quali spiriti abbiano origine da Dio, (i presbiteri) devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza”.46 Tali doni che spingono non pochi a una vita spirituale più elevata, possono giovare non solo per i fedeli laici ma per gli stessi ministri. Dalla comunione tra ministri ordinati e carismi, infatti, può scaturire “un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo”.47 Vorrei inoltre aggiungere, sulla scorta dell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis del Papa Giovanni Paolo II, che il ministero ordinato ha una radicale ‘forma comunitaria’ e può essere assolto solo nella comunione dei presbiteri con il loro Vescovo.48 Occorre che questa comunione fra i sacerdoti e col proprio Vescovo, basata sul sacramento dell’Ordine e manifestata nella concelebrazione eucaristica, si traduca nelle diverse forme concrete di una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva.49 Solo così i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione del Vangelo. L’Anno Paolino che volge al termine orienta il nostro pensiero anche verso l’Apostolo delle genti, nel quale rifulge davanti ai nostri occhi uno splendido modello di sacerdote, totalmente “donato” al suo ministero. “L’amore del Cristo ci possiede – egli scriveva – e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti” (2 Cor 5,14). Ed aggiungeva: “Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2 Cor. 5,15). Quale programma migliore potrebbe essere proposto ad un sacerdote impegnato ad avanzare sulla strada delle perfezione cristiana? Cari sacerdoti, la celebrazione del 150.mo anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney (1859) segue immediatamente le celebrazioni appena concluse del 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes (1858). Già nel 1959 il beato Papa Giovanni XXIII aveva osservato: “Poco prima che il Curato d’Ars concludesse la sua lunga carriera piena di meriti, la Vergine Immacolata 384 LA PAROLA DEL PAPA era apparsa, in un’altra regione di Francia, ad una fanciulla umile e pura, per trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l’immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote, di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo un’illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l’Immacolata Concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica del 1854”.50 Il Santo Curato ricordava sempre ai suoi fedeli che “Gesù Cristo dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre”.51 Alla Vergine Santissima affido questo Anno Sacerdotale, chiedendole di suscitare nell’animo di ogni presbitero un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo ed alla Chiesa che ispirarono il pensiero e l’azione del Santo Curato d’Ars. Con la sua fervente vita di preghiera e il suo appassionato amore a Gesù crocifisso Giovanni Maria Vianney alimentò la sua quotidiana donazione senza riserve a Dio e alla Chiesa. Possa il suo esempio suscitare nei sacerdoti quella testimonianza di unità con il Vescovo, tra loro e con i laici che è, oggi come sempre, tanto necessaria. Nonostante il male che vi è nel mondo, risuona sempre attuale la parola di Cristo ai suoi Apostoli nel Cenacolo: “Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo” (Gv 16,33). La fede nel Maestro divino ci dà la forza per guardare con fiducia al futuro. Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace! Con la mia benedizione. Dal Vaticano, 16 giugno 2009 BENEDICTUS PP. XVI Note 1 Tale lo ha proclamato il Sommo Pontefice Pio XI nel 1929. 2 “Le Sacerdoce, c’est l’amour du cœur de Jésus” (in Le curé d’Ars. Sa pensée - Son cœur. Présentés par l’Abbé Bernard Nodet, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, p. 98). In seguito: Nodet. L’espressione è citata anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1589. 3 Nodet, p. 101 4 Ibid., p. 97. 5 Ibid., pp. 98-99. 6 Ibid., pp. 98-100. 7 Ibid., 183. 8 Monnin A., Il Curato d’Ars. Vita di Gian-Battista-Maria Vianney, vol. I, ed. Marietti, Torino 1870, p. 122. 9 Cfr Lumen gentium, 10. 10 Presbyterorum ordinis, 9. 11 Ibid. 385 LA PAROLA DEL PAPA 12 «La contemplazione è sguardo di fede fissato su Gesù. “Io lo guardo ed egli mi guarda”, diceva, al suo santo Curato, il contadino d’Ars in preghiera davanti al Tabernacolo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2715) 13 Nodet, p. 85. 14 Ibid., p. 114. 15 Ibid., p. 119. 16 Monnin A., o.c., II, pp. 430ss. 17 Nodet, p. 105. 18 Ibid., p. 105. 19 Ibid., p. 104. 20 Monnin A., o. c., II, p. 293. 21 Ibid., II, p. 10. 22 Nodet, p. 128. 23 Ibid., p. 50. 24 Ibid., p. 131. 25 Ibid., p. 130. 26 Ibid., p. 27. 27 Ibid., p. 139. 28 Ibid., p. 28. 29 Ibid., p. 77. 30 Ibid., p. 102. 31 Ibid., p. 189. 32 Evangelii nuntiandi, 41. 33 Benedetto XVI, Omelia nella Messa del S. Crisma, 9.4.2009. 34 Cfr Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea plenaria della Congregazione del Clero, 16.3.2009. 35 P. I. 36 Nome che diede alla casa dove fece accogliere e educare più di 60 ragazze abbandonate. Per mantenerla era disposto a tutto: “J’ai fait tous les commerces imaginables”, diceva sorridendo (Nodet, p. 214) 37 Nodet, p. 216. 38 Ibid., p. 215. 39 Ibid., p. 216. 40 Ibid., p. 214. 41 Cfr Ibid., p. 112. 42 Cfr Ibid., pp. 82-84; 102-103. 43 bid., p. 75. 44 Ibid., p. 76. 45 Benedetto XVI, Omelia nella Veglia di Pentecoste, 3.6.2006. 46 N. 9. 47 Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari e della Comunità di Sant’Egidio, 8.2.2007. 48 Cfr n. 17. 49 Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 74. 50 Lettera enc. Sacerdotii nostri primordia, P. III. 51 Nodet, p. 244. 386 CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO Diaconato permanente per il futuro della nostra Chiesa Sessione del Consiglio Presbiterale Armeno, 4 maggio 2009 La sessione del Consiglio Presbiterale del 4 maggio scorso aveva all’o.d.g. un tema importante e complesso: DIACONATO PERMANENTE PER IL FUTURO DELLA NOSTRA CHIESA: UN SERVIZIO MISSIONARIO. Per consentire ai consiglieri una preparazione adeguata all’incontro, nella lettera di convocazione erano stati segnalati due documenti. Il primo era l’intervento di mons. Renato Corti, apparso anche sulla Rivista Diocesana del febbraio 2009, dal titolo: “Diaconato permanente; discernimento e formazione”. Il secondo era il volume che raccoglie gli Atti del Convegno Regionale del Clero sul tema dei Diaconi Permanenti, svolto al Colle don Bosco, il 29 Maggio 2007. In particolare si suggeriva la lettura della relazione introduttiva, a firma di don Giovanni Villata. La giornata è iniziata con un approfondito intervento sui fondamenti teologici del diaconato permanente e sull’identità dei diaconi permanenti, fatto da don Maurizio Poletti, responsabile diocesano della loro formazione. Successivamente è intervenuto don Dino Bottino, il quale ha fornito una serie di informazioni circa la presenza dei diaconi permanenti nella nostra Diocesi, partendo da tre punti : il discernimento, il cammino di formazione, il ministero pastorale. Circa il discernimento ha fatto notare che l’inizio del cammino risale agli inizi degli anni ‘70 quando il delegato del Vescovo era don Leandro Nida. Attualmente a Novara i diaconi permanenti viventi sono 17, di cui 6 celibi e 11 coniugati. Vi sono anche alcuni aspiranti in attesa di ammissione e altri osservatori interessati che non hanno ancora fatto il passo decisivo. Il programma formativo si prefigge quattro obiettivi: la preparazione teologica, spirituale, umana e pastorale. Don Bottino si è posto la domanda “Diaconi per quale ministero?”. E dopo 387 CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO aver aggiunto che essi non sono né sottopreti, né superlaici, ha invitato a tener conto di due elementi essenziali: il radicamento sacramentale del diaconato, che fa parte del sacramento dell’Ordine e che deriva dall’imposizione della mani, e la consapevolezza che il diaconato non è per il sacerdozio, ma per il servizio. Questo servizio può spaziare in tre dimensioni: parola, liturgia, carità; i diaconi però possono assumere diverse connotazioni a secondo dei tempi, dei luoghi e delle situazioni, in accordo con il loro Vescovo. Attualmente il ministero dei nostri 17 diaconi si sviluppa in questo modo: dieci si occupano genericamente della Parrocchia nei vari ambiti (liturgico, catechistico, oratoriano...); quattro si occupano in maniera più marcata del campo educativo-culturale; uno agisce nell’ambito dell’assistenza ai malati. Interventi dei Consiglieri Don Pier Mario Ferrari, don Flavio Campagnoli, don Roberto Salsa, don Albino Finotto, don Renzo Cozzi, don Piero Cerutti, don Ettore Maddalena, don Francesco Belletti, don Ernesto Bozzini, don Gregorio Pettinaroli, hanno espresso le loro osservazioni. Ci sono stati anche ulteriori interventi di don Maurizio Poletti e di don Dino Bottino, in risposta ad alcune sollecitazioni rivolte loro dai consiglieri. Un invito Sarà opportuno riprendere e ad approfondire, oltre alla sintesi del nostro Vescovo che ha raccolto le varie “risonanze”, anche alcuni elementi della riflessione di don Giovanni Villata, presenti nell’introduzione del volume del testo citato. Il volume raccoglie i risultati di una ricerca sul tema del Diaconato permanente in Piemonte, i cui risultati sono stati fatti propri dalla Commissione Episcopale Piemontese e dalla Commissione Presbiterale Regionale. Don Villata fa notare che il diaconato permanente ha favorito la comprensione di una Chiesa ministeriale,serva e missionaria. Ma si è anche domandato a quale modello di Chiesa si ispirano le attività e le tipologie di diacono oggi maggiormente presenti, e “la risposta – scrive don Villata - sembra essere questa: E’ una Chiesa che accoglie chi domanda, ma non va verso chi non cerca. L’esatto opposto di una Chiesa missionaria”. E suggerisce la necessità di valorizzare il diacono come figura-ponte perché non è consono al ministero ordinato la sua riduzione alla cura dei fedeli e alla dimensione cultuale. Alcune copie della pubblicazione sono disponibili in Curia Don Carlo Bonasio 388 CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO DIACONATO PERMANENTE: UN SERVIZIO MISSIONARIO Sintesi del Vescovo Vorrei rileggere il titolo del tema della sessione: “Diaconato permanente per il futuro della nostra Diocesi: un servizio”. Il tema di oggi tocca il “ministero”. Ci chiede di guardare al futuro e di chiarire quale dono può essere fatto alla nostra Chiesa alla sua responsabilità missionaria. Mi concentro in maniera particolare sul ministero e sulle sue forme, non per trascurare la formazione e il discernimento, quanto piuttosto per dare evidenza ad alcune possibili forme del ministero dei diaconi nella nostra Diocesi in futuro. Ringrazio don Dino Bottino e don Maurizio Poletti per le notevoli introduzioni che ci hanno offerto. So che, per accompagnare i diaconi permanenti, devono fare parecchi sacrifici: il trovarsi infatti in una parrocchia grande come quella del S. Cuore in Novara o in Alta Valsesia, aumenta per loro le difficoltà e richiede maggiore fatica. Grande deve quindi essere la nostra gratitudine nei loro confronti. Discernimento e formazione Non possiamo non tener conto del fatto che il diaconato permanente nella Chiesa latina è stato assente per numerosi secoli e che, se sono passati circa 50 anni dalla restaurazione del diaconato permanente, non si tratta di un tempo lungo. Non ci si deve quindi scandalizzare se, a volte, stentiamo a capirlo e a metterlo in pratica. In questa fase (ma anche nei prossimi 1020 anni) sta avvenendo una interazione tra la dottrina e la prassi. Partecipando ormai da molti anni, all’interno della CEI, ai lavori sul diaconato permanente, mi sto persuadendo che bisogna fare un grande sforzo per chiarire la dottrina e che, però, la prassi stessa è un aiuto per la riflessione teologica. Perciò entrambi gli sforzi vanno compiuti cercando di non irrigidirsi su alcuni punti e accettando la lentezze che forse si manifesteranno anche nel prossimo futuro. Per quanto riguarda il discernimento vocazionale, sono convinto che la scelta giusta è quella di essere molto rigorosi perché, come ho avuto occasione di dire in un incontro a Stresa su Rosmini, i diaconi devono essere molto premurosi quanto all’immagine che oggi offrono. Occorre forse anche dire che, facendo discernimento, andrà tenuto presente che diventare diaconi non è un modo per promuovere il laicato: ci si metterebbe su un sentiero sbagliato. La promozione del laicato ha altre strade da seguire. Quanto alla formazione, è giusto riflettere (come è stato chiesto) sul capitolo della formazione teologico-culturale per trovare un punto di equilibrio. In Italia esistono ancora oggi delle scuole destinate in maniera diretta ai futuri diaconi permanenti. Là dove si segue questa strada, si chiede agli Istituti di Scienze Religiose di offrire, con il loro contributo, la presenza di un tutor idoneo a garantire il cammino intellettuale dei futuri diaconi e, nel medesimo tempo, 389 CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO capaci di tenere in conto il cammino complesso necessario per chi accederà a un ministero come quello diaconale. In tal modo si pensa di non perdere le possibili vocazioni e, nel contempo, di non sottovalutare l’esigenza della formazione culturale. Se penso che ai diaconi è dato come ministero quello di fare l’omilia, occorre dire che proprio tale responsabilità presuppone una quadratura mentale in senso teologico culturale. Solo in tal modo si potrà garantire un equilibrio nella predicazione. Tenendo conto di questo, credo che vada debitamente approfondito il servizio da chiedere all’Istituto Superiore di Scienze Religiose e vada chiaramente indicata la richiesta di frequenza a tale scuola da parte degli aspiranti al diaconato permanente. L’orizzonte ecclesiologico del ministero ordinato Il ministero del diacono va inteso come cooperazione del ministero episcopale. Questo raccordo non va mai dimenticato. In primo piano sta il ministero episcopale, che viene coadiuvato dai presbiteri e dai diaconi. Entrambi questi ministeri ordinati devono dunque fare riferimento al ministero del Vescovo. I grandi ambiti del ministero episcopale sono anche ambiti del ministero presbiterale e diaconale. Il Vescovo, i preti e i diaconi sono tutti introdotti, con diversa partecipazione, nell’Ordine sacro: vi è dunque una fondamentale unità a partire dal sacramento. Qualcuno chiama presbiteri e diaconi le “braccia del Vescovo”, indicando così una figura non tanto “piramidale”, quanto piuttosto “comunionale”. Il contesto storico concreto del ministero diaconale In una relazione svolta a Roma durante un seminario di studio sul diaconato permanente, mons. Borras sosteneva la tesi che le forme concrete del ministero diaconale vanno individuate anche riflettendo sul concreto della vita di una Chiesa particolare. Gli interventi che ho ascoltato oggi hanno indicato qualche sentiero di esercizio del ministero diaconale; in particolare vorrei prestare attenzione a quelli che possono esprimere la missionarietà della Chiesa nella nostra Diocesi. Forse è il caso di ricordare che, a proposito della forma concreta di ministero, altra è la situazione dei diaconi celibi e altra quella degli sposati. I celibi possono facilmente spostarsi sul territorio diocesano per seguire, ad esempio, una parrocchia di montagna. Chi invece ha famiglia deve tenere conto delle sue responsabilità familiari oltre che di quelle professionali. Tenuto conto di questo è giusto favorire vocazioni al diaconato permanente di uomini celibi per i quali va fatto un discernimento specifico poiché è chiesta loro una consacrazione totale a Dio nel celibato. Aggiungo che, di regola, i diaconi permanenti ricevono una destinazione pastorale che si accompagna al loro impegno professionale. Non è escluso che, in qualche caso, venga loro chiesto dal Vescovo il tempo pieno. In que- 390 CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO sto secondo caso, la Chiesa dovrà provvedere al sostentamento economico del diacono. Nel primo caso provvederà invece a quelle che si chiamano le “spese vive”. Il volto missionario del ministero diaconale L’esperienza che sto portando avanti dall’ottobre scorso, vivendo tre giorni interi in una singola Unità Pastorale, è una nuova forma di presenza del Vescovo sul territorio. Questa esperienza mi lascia intravedere che, nel futuro, c’è uno spazio per il diaconato permanente a tale livello, specialmente in alcune parti del vasto territorio diocesano (penso, per esempio, in modo particolare, alle nostre valli; ma non in modo esclusivo). La collaborazione diaconale, nel contesto dell’Unità Pastorale introduce il diacono in un lavoro plurale che coinvolge non soltanto i sacerdoti, ma anche i fedeli laici. Peraltro va detto con chiarezza che il diacono non sostituisce la figura del parroco, e tuttavia può essere molto prezioso per essere punto di riferimento a proposito dei vari aspetti della vita delle comunità (catechesi, carità, liturgia). Il riferimento alle Unità Pastorali mi suggerisce che i diaconi vanno scoperti e incoraggiati il più possibile sul territorio stesso nel quale poi potranno esercitare il ministero. Comunicazione della fede Se mi domando quali forme del ministero diaconale possono dare corpo a una prospettiva missionaria, mi sembra che si possa rispondere facendo riferimento anzitutto al fronte della “comunicazione della fede”. Penso al compito di garantire, nella nostra Diocesi, la formazione dei catechisti, degli animatori, dei responsabili dei “gruppi di ascolto del Vangelo”, dei responsabili dei corsi di preparazione al matrimonio, e in altre forme ancora. Sempre a proposito della “comunicazione della fede”, riconosco un’altra possibile presenza diaconale sulla frontiera della scuola. Lo dico nel senso che un diacono permanente – egli stesso insegnante di religione – potrebbe diventare punto di riferimento, in un Vicariato o anche a livello più ampio, per tutti gli insegnanti laici di religione presenti sul territorio. Il diacono potrebbe garantire competenza e incisività di un lavoro che sta diventando sempre più difficile e che rimane una grande opportunità per la Chiesa italiana. Esercizio della carità C’è un altro sentiero di ministero diaconale da considerare molto rilevante: consiste nel fatto che il diacono garantisca – a livello non solo parrocchiale – che tutti i collaboratori della Caritas ricevano una formazione che permetta loro non solo di compiere dei gesti di carità, ma anche di avere un orizzonte mentale che conduca ad esprimere in tutta la sua bellezza e profondità l’amore di Cristo per l’uomo. Vedo inoltre, come possibile e preziosa nel futuro, la presenza diaconale nei nostri ospedali, nelle case di cura, nelle case di riposo e in altre realtà analo- 391 CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO ghe, non dimenticando il grande lavoro della visita ai malati nelle parrocchie. Per quanto riguarda gli ospedali, attualmente il servizio offerto dalla Diocesi va pensato sempre più come quello di un’équipe che comprenda sacerdoti, diaconi, religiosi/e, laici. Naturalmente un diacono che entra in questi campi della prossimità deve acquisire anche una competenza professionale adeguata e dovrà partecipare anche ai corsi offerti, a livello regionale, per i cappellani di ospedale, sia in senso psicologico che spirituale. In termini globali, penso ai diaconi permanenti come a persone capaci di suscitare nelle nostre comunità una diffusa disponibilità al servizio dei fratelli e un coraggioso stile di “prossimità”. È certo che un ministero di questo genere ha una grande valenza profetica. Sia la Caritas che le associazioni caratterizzate dall’impegno per le opere di misericordia, potranno essere arricchite da una tale presenza diaconale. Esperienza di preghiera Rimane importante quell’aspetto del ministero diaconale che si chiama liturgia. L’ho già ricordata parlando dell’omilia, ma si deve aggiungere qualcosa. Qualche intervento ha raccomandato che i futuri diaconi non interpretino questo ambito fondamentale della vita ecclesiale come un rifugio individualistico. Se questa attenzione sarà necessaria nel tempo del discernimento e della prima formazione, va però rimarcata fortemente la grande urgenza di fare delle nostre parrocchie delle “scuole di preghiera”. In questo campo il diacono potrà affiancare, in particolare, i parroci che devono seguire diverse parrocchie piccole. A loro può essere offerto un aiuto qualitativamente importante perché la preghiera, anche nei giorni feriali, venga tenuta viva nelle comunità. E inoltre, potrà essere offerta una collaborazione per la liturgia dei giorni festivi, in caso necessario anche nella forma di “liturgia della parola” in assenza del presbitero. E infine potranno collaborare alla formazione dei Ministri straordinari della Comunione. *** Anche a proposito del capitolo amministrativo i diaconi permanenti possono offrire il loro contributo, specialmente tenendo conto che i parroci sono spesso oberati su questo fronte, sempre più complesso. Probabilmente tale collaborazione potrebbe essere pensata non in riferimento a una singola parrocchia, ma a più parrocchie contemporaneamente. Qualora il diacono venga coinvolto in questo capitolo, dovrà ricordare che anch’esso va inteso, nelle nostre parrocchie, come un capitolo propriamente pastorale. È forse il caso di aggiungere che il diacono permanente potrebbe utilmente seguire la formazione spirituale dei componenti dei Consigli degli affari economici parrocchiali. Spero che questa sessione del Consiglio Presbiterale possa essere di aiuto ai sacerdoti per comprendere meglio il senso del diaconato e anche per suggerire eventuali sentieri futuri di tale ministero. 392 ISTITUTO DEI SANTI GIULIO E GIULIANO Formazione dei presbiteri e dei diaconi permanenti Istituto dei Santi Giulio e Giuliano Programma per l’anno pastorale 2009-2010 INTRODUZIONE Il programma della formazione permanente per l’anno pastorale 2009/2010 tiene presente le diverse prospettive che la nostra Chiesa si è data nel cammino del suo lavoro pastorale. Le giornate di studio ad Armeno Pur restando nell’orizzonte conciliare che ha caratterizzato il lavoro di questo decennio, dopo aver preso in considerazione lo scorso anno le prime due Parole (la questione di Dio oggi), proseguiremo ora approfondendo il quinto Comandamento. Questa la formulazione complessiva della tre-giorni: “Tu non ucciderai” Aspetti bioetici e sociali del quinto comandamento Come già detto questa tre-giorni formativa si propone una considerazione ampia del quinto comandamento, così come esemplarmente proposta nella sezione ad esso dedicata dal Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr.nn 22582330), attenta a cogliere nel segno del rispetto della vita umana, della sua santità e della sua dignità, problematiche implicate nella bioetica come nella più ampia morale sociale. La prima giornata intende disegnare le categorie fondamentali entro cui comprendere la quinta Parola del Decalogo, ricostruendo la sua intelligenza dalle coordinate bibliche alla sua ripresa e sistematizzazione in teologia-morale come norma sintetica fondamentale. Tale trattazione domanda illuminazione a partire da una considerazione più ampia della violenza che segna (a differenti livelli) l’esperienza umana e di cui il pensiero filosofico può offrire un peculiare contributo. Nella seconda giornata il fuoco di interesse si sposta più direttamente sulla bioetica preferendo, ad una considerazione delle singole problematiche, uno sguardo globale di comprensione sui momenti polari dell’esistenza, segnati da una strutturale fragilità e meritevoli di rispetto e responsabilità morale: l’umanità del nascere e quella del morire. 393 ISTITUTO DEI SANTI GIULIO E GIULIANO La terza giornata vedrà l’intervento-testimonianza di un promotore di vita in una società violenta: Mons. Giancarlo Maria Bregantini, Arcivescovo di Campobasso – Boiano che ci introdurrà alle scelte educative e pastorali della sua Chiesa. Inoltre, facendoci il dono della Sua presenza all’intera tre-giorni, aprirà ogni sessione di lavoro con una meditazione ispirata al tema complessivo del nostro cammino. Nella stessa mattinata lo sguardo si allarga poi sul valore costruttivo e sociale costituito dalla parola “tu non ucciderai” con due brevi comunicazioni dedicate al commercio delle armi e al doloroso problema delle morti bianche sui luoghi di lavoro. Nei due pomeriggi, secondo lo stile della tradizionale discussione dei “casi di coscienza”, favorendo il coinvolgimento diretto di tutti i partecipanti, saranno affrontate esemplarmente due problematiche specifiche correlate ai due ambiti di indagine sul comandamento: la questione della guerra “giusta” e il “testamento biologico”. Le prime due giornate si apriranno con una breve meditazione a partire da una icona biblica (uomo violento, uomo fragile): esse verranno proposte da Mons. Giancarlo Maria Bregantini. I ritiri del clero È sembrato giusto ed opportuno offrire un itinerario che tenga presente l’evento straordinario voluto da Papa Benedetto XVI in ricordo del 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars. I contenuti si ispireranno all’omelia del Vescovo nelle ordinazioni sacerdotali del 6 giugno scorso. Anche per i preti del I e del II quinquennio di ordinazione viene proposto un programma di massima per i loro incontri formativi. Esercizi spirituali È pure confermato nel mese di febbraio 2010 l’appuntamento diocesano degli Esercizi spirituali a Bocca di Magra, mentre verranno segnalati ai Vicari territoriali luoghi e date di Esercizi spirituali per i sacerdoti, così da offrire una più ampia possibilità di partecipazione a questo fondamentale appuntamento per la nostra vita spirituale. Proposta educativa: lavorare in rete Un novità: mentre si sta avviando il cantiere aperto delle Unità pastorali, a partire da una sollecitazione fatta in occasione del Consiglio presbiterale del 9 marzo scorso, diversi sacerdoti hanno avvertito la necessità di una proposta educativa e formativa a lavorare in rete, per un cammino di pastorale unitaria. In proposito i Vicari territoriali sono chiamati ad individuare i sacerdoti disponibili a partecipare a questa prima esperienza formativa che si terrà, in forma residenziale, ad Armeno, nei giorni 10-11-12 novembre 2009. 394 ISTITUTO DEI SANTI GIULIO E GIULIANO CALENDARIO GENERALE 2009-2010 A PER I PRETI E I DIACONI PERMANENTI 1. 2. «LAVORARE IN RETE» Corso residenziale Armeno, 10-11-12 Novembre 2009 Tre giorni del clero e dei diaconi permanenti e docenti di religione Armeno, 11-12-13 gennaio 2010 «TU NON UCCIDERAI» Aspetti bioetici e sociali del quinto comandamento ——— Lunedì 11 gennaio ore 10,00 Per una ricomprensione del quinto comandamento: dalla Bibbia alla teologia morale (Prof. don Maurizio Chiodi) ore 11,30 Filosofia della violenza? Le radici antropologiche del comandamento (Prof. don Piermario Ferrari) ore 15,00 Il caso: Il ritorno della teoria della guerra giusta (Prof. don Pier Davide Guenzi) Martedì 12 gennaio ore 10,00 Di fronte all’inizio: il rispetto della dignità e della fragilità del vivente (Prof. Adriano Pessina) ore 11,30 Di fronte alla fine: per un’etica del morire umano (Prof. Massimo Reichlin) ore 15,00 Il caso: Il testamento biologico oltre la questione del bio-diritto (Prof. don Pier Davide Guenzi) 395 ISTITUTO DEI SANTI GIULIO E GIULIANO Mercoledì 13 gennaio ore 9,30 Lettura pastorale del tema della Tre giorni: riflessione e testimonianza di un Vescovo (Mons. Giancarlo Maria Bregantini) ore 11,00 Comunicazioni di don Renato Sacco: Commercio delle armi e guerra Carlo Colzani (sindacalista): Morti bianche Conclusioni Mons. Renato Corti 3. ESERCIZI SPIRITUALI 22-26 febbraio 2010 Monastero “Santa Croce” BOCCA DI MAGRA (La Spezia) Predicatore: Don Andrea Brugnoli, ideatore de “Le sentinelle del mattino” 4. 5. 6. B RITIRI QUARESIMALI AL CLERO NEI Predicati dal Vescovo GIOVEDÌ SANTO: MESSA 1 aprile 2010 VICARIATI CRISMALE GIORNATA DI FRATERNITÀ SACERDOTALE 10 maggio 2010 PER I PRETI DEL PRIMO E SECONDO QUINQUENNIO DI ORDINAZIONE Gli incontri di Formazione Permanente per i sacerdoti giovani sono destinati al primo decennio di ordinazione. In modo più continuativo e sistematico sono raggiunti i preti del primo quinquennio. Si tratta di un cammino che intende favorire l’approfondimento di alcuni capitoli irrinunciabili nell’esperienza iniziale di un giovane prete come l’omelia, l’accompagnamento spirituale delle persone, in particolare dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani, la pastorale giovanile e quella vocazionale. Oltre ai temi più esplicitamente pastorali vengono affrontati quelli che toccano la vita spirituale personale e il progressivo inserimento pastorale in parrocchia e nel vicariato. A volte il metodo può essere quello dell’incontro con le singole classi. 396 ISTITUTO DEI SANTI GIULIO E GIULIANO Nello svolgimento del cammino si tiene conto della proposta pastorale offerta dalla Diocesi di anno in anno. Non manca l’elasticità che permette di affrontare temi pastorali sollecitati da particolari motivi, soprattutto quelli più attinenti al capitolo della pastorale giovanile. L’accompagnamento del Vescovo rimane di fondamentale importanza. Oltre ad incontrare personalmente i preti giovani egli interviene in alcuni di questi incontri sia con la celebrazione eucaristica, sia per condividere un tempo di dialogo e di confronto sui tempi proposti. Ecco il calendario degli incontri: 2009 Lunedì 28 settembre - Ameno: ripresa del cammino con il Vescovo primo e secondo quinquennio Domenica15-lunedì 16 novembre - Ameno: primo quinquennio Domenica 13-lunedì 14 dicembre - Ameno: primo quinquennio 2010 11-12-13 gennaio - Ameno: Tre giorni formazione permanente Primo e secondo quinquennio Domenica 7 e lunedì 8 febbraio - Ameno Primo quinquennio 22-26 febbraio - Bocca di Magra: Esercizi Spirituali Lunedì 15 marzo - Ameno: Primo quinquennio 12-16 aprile - Viaggio pastorale e culturale Primo e secondo quinquennio Domenica 16 e lunedì 17 maggio - Ameno: E’ prevista la partecipazione del Vescovo Primo e secondo quinquennio C PER I DIACONI PERMANENTI Si ricorda che la formazione teologico-pastorale di base dei Diaconi Permanenti fa riferimento all’Istituto Superiore di Scienze Religiose presso il Seminario S. Gaudenzio che prevede, accanto al corso completo, anche un percorso minimale specifico per i Diaconi. 397 ISTITUTO DEI SANTI GIULIO E GIULIANO Per la formazione permanente, come si evidenzia nel programma annuale per il clero, sono aperti anche ai Diaconi gli appuntamenti spirituali e pastorali previsti nei singoli vicariati e a livello Diocesano. Si svolgeranno poi in modo appropriato sia per i Diaconi ordinati sia per gli aspiranti-diaconi i ritiri mensili, da settembre a giugno, sulle tematiche comuni. RITIRI DEL CLERO I temi dei ritiri si ispirano all’evento straordinario – l’anno sacerdotale -voluto da Papa Benedetto XVI in ricordo del 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars. Nell’omelia delle ordinazioni sacerdotali del 6 giugno 2009 il Vescovo ha offerto un ricco itinerario. Così si esprimeva: «con una formula lapidaria Giovanni Paolo II ha scritto che il Curato d’Ars “si consacrava essenzialmente all’insegnamento della fede, alla purificazione delle coscienze, e questi due ministeri convergevano verso l’Eucaristia” (Lettera Giovedì Santo 1986, 6)». Ad essa rimandiamo per un accostamento diretto su questo stesso numero della Rivista diocesana. Tre sono i temi indicati per l’itinerario dei Ritiri: La conversione del cuore (l’instancabile dedizione del Santo Curato al sacramento della Penitenza). L’insegnamento della fede (il ministero della Parola). L’Eucaristia al centro del ministero del sacerdote. TEMI PER GLI INCONTRI PASTORALI Nell’incontro dei Vicari territoriali del prossimo mese di settembre verrà presentata una scheda di lavoro che si ispira ai contenuti della prossima Lettera pastorale del Vescovo. Essa ha come scopo quello di aiutarci a coniugare pastoralmente il cammino che ci viene proposto dedicato al cantiere aperto delle Unità pastorali. È evidente che resta sempre la possibilità di affrontare capitoli urgenti della vita dei singoli Vicariati. 398 ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO Istituto Sostentamento Clero Bilancio consuntivo anno 2008 CONTO ECONOMICO RICAVI Ricavi da immobili Terreni Fabbricati Recupero spese Recupero spese servizi pubblici Recupero spese consortili Recupero spese registrazione contratti TOTALE RICAVI DA IMMOBILI Ricavi da attività accessorie Proventi vari da attività commerciali e agricole TOTALE RICAVI DA ATTIVITÀ ACCESSORIE Totale valore attività principale COSTI Costi attività principale Costi di gestione amministrativa Manutenzioni ordinarie Assicurazioni Costi gestioni immobili Spese servizi pubblici Spese consortili Spese incasso affitti Spese registrazione contratti Arredi e attrezzi minori Cancelleria e stampati Postali e telefoniche Locomozioni e trasferte Abbonamenti e pubblicazioni Oneri fissi e amministrazione Valori bollati Oneri di culto Rimborso a terzi Collaborazione a progetto Compensi e rimborsi amministrativi TOTALE COSTI DI GESTIONE AMMINISTRATIVA 399 282.132 626.789 23.431 2.826 4.965 4.681 944.824 29.811 29.811 974.635 -21.144 -3.264 23.431 -2.826 -4.965 0 -4.681 - 396 -771 -778 -200 -396 -12.146 -431 -3.000 -9.904 -21.400 -4.793 -114.526 ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO Costi per il personale Retribuzioni lorde Oneri previdenziali INAIL Rateo TFR TOTALE COSTI PER IL PERSONALE Ammortamenti e svalutazioni Ammortamenti TOTALE COSTI PER AMMORTAMENTI E SVALUTAZIONI TOTALE COSTI PER ATTIVITÀ PRINCIPALE -104.752 -45.462 -567 -9.661 -160.442 -3.665 -3.665 -278.633 DIFFERENZA TRA VALORI E COSTI ATTIVITÀ PRINCIPALE 696.002 Proventi e oneri finanziari Proventi finanziari Interessi attivi su depositi e dilazioni 11.652 Interessi attivi su titoli 4.248 TOTALE PROVENTI FINANZIARI Oneri finanziari Perdita su titoli Spese e commissioni bancarie TOTALE ONERI FINANZIARI TOTALE PROVENTI E ONERI FINANZIARI Proventi e oneri straordinari Proventi straordinari Oblazioni, donazioni, lasciti in denaro TOTALE PROVENTI E ONERI STRAORDINARI Totale delle partite straordinarie Oneri tributari IRPEG ICI Addizionale regionale e comunale TOTALE ONERI TRIBUTARI Risultato d’esercizio prima dei costi attività istituzionali Costi attività istituzionale Tributi ordinario su saldo netto istituzionale Totale COSTI ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Proventi oneri da arrotondamento UTILE NETTO D’ESERCIZIO 15.900 -1 -5.068 -5.069 10.831 1.670 1.670 1.670 -160.370 -141.603 -2.370 -304.343 404.160 -17.350 -17.350 3 386.813 400 ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO Come appare dal Bilancio dell’Istituto Diocesano Sostentamento del Clero i redditi prodotti nel 2008 sono stati complessivamente di euro 386.813 con decremento di euro 21.576. Con questo reddito si copre la retribuzione dei sacerdoti in Diocesi per circa un mese e mezzo come in modo dettagliato viene indicato nel seguente prospetto fornito dall’Istituto Centrale. RIEPILOGO DEI PRINCIPALI DATI DELLA GESTIONE SACERDOTI RELATIVI ALL’ANNO 2008 A - Sistema di SOSTENTAMENTO CLERO 1) Numero medio dei sacerdoti nel sistema 2) Remunerazioni annue lorde dovute ai sacerdoti 3) Copertura remunerazioni annue lorde: a) Remunerazioni da Parrocchie: b) Remunerazioni da altri enti ecclesiastici c) Stipendi da enti non ecclesiastici d) Pensioni computabili e) Sistema sostentamento clero 362 5.124.012,00 419.264,00 8.18% 170.086,00 3.32% 458.578,00 8.95% 395.341,00 7.72% 3.680.743,00 71.83% TOTALE (a+b+c+d+e) 5.124.012,00 8) Oneri sistema Sostentamento Clero (4+5+6+7) 4.008.863,66 4) 5) 6) 7) Integrazioni lorde disposte in favore dei sacerdoti (*) 3.682.080,00 Contributi previdenziali (Fondo Clero LN.P.S.) 308.131,13 Remunerazioni da tribunali eccl. Regionali 0,00 Contributo assistenza domestica 18.652,53 B - Sistema di PREVIDENZA INTEGRATIVA 1)Numero medio dei sacerdoti nel sistema 2) Assegni annui lordi dovuti ai sacerdoti 3) Copertura assegni annui lordi: a) Pensioni Fondo Clero I.N.P.S. b) Altre pensioni computabili c) Contributo diocesi d) Sistema previdenza integrativa TOTALE (a+b+c+d) 4) 5) 6) 7) 8) Assegni lordi disposti in favore dei sacerdoti (*) Incremento contributo Diocesi Contributi previdenziali (Fondo Clero I.N.P.S.) Contributo assistenza domestica Oneri sistema Previdenza Integrativa (4+5+6+7) C - POLIZZA SANITARIA 1) Premio assicurativo annuo pro-capite 2) Rimborsi ai Sacerdoti per assistenza sanitaria 3) Premio Corrisposto alla Soc. Cattolica di Assicurazione D - CONTRIBUTI ASSIST. DOMESTICA CASE CLERO 401 100% 28 445.820,00 34.095,00 7.65% 62.313,00 13.98% 0,00 0.00% 349.416,00 78.38% 445.824,00 349.416,00 0,00 0,00 3.315,78 352.731,78 563.73 516.586,37 219.854,70 11.245,00 100% ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO E - TOTALE GENERALE ONERI (A8 + B8 + C3 + D) 4.592.695,14 F - FONTI DI COPERTURA 1) Somme rese disponibili dall’ I.D.S.C. (Redditi del patrimonio) 400.000,00 8.71% 2) Erogazioni Liberali (**) 198.246,34 4.32% 3) Somme prelevate dalla quota dell’otto per mille dell’IRPEF (***) 3.994.448,80 86.97% 4) TOTALE (1+2+3) 4.592.695,14 100% (*) Inclusi i conguagli (a credito ovvero a debito) riferiti ad anni precedenti il 2008 (**) Erogazioni liberali pervenute nel 2007 (utilizzate nel 2008) da persone residenti nella circoscrizione territoriale della Diocesi (***) Somme destinate (per l’anno 2008) dalla CEI al sostentamento del Clero Per raggiungere il fabbisogno totale l’Istituto Centrale ha versato per il Sostentamento del Clero a servizio della nostra Diocesi la somma di euro 3.994.448,80. Complessivamente alla nostra Diocesi, nell’anno 2008, sono pervenuti le seguenti somme dell’otto per mille: Per Per Per Per il sostentamento del Clero le esigenze di Culto e della Pastorale le esigenze delle opere di carità il restauro beni architettonici TOTALE EROGAZIONI 2007 3.994.448,80 1.092.110,34 615.713,23 485.838,00 6.188.110,37 Le assegnazioni dei fondi per il Culto e la Pastorale e per le Opere di Carità sono state pubblicate sul numero di Dicembre 2008 della Rivista Diocesana. I contributi dell’otto per mille per il restauro dei beni architettonici sono stati assegnati alle Parrocchie di Santino, Varallo Pombia, Lesa, Oleggio e San Rocco Novara Si anticipa che nel 2008 la CEI ha accolto le domande di contributo delle Parrocchie di Falmenta e Bieno. Come si può notare, a fronte del pagamento del premio per la polizza assicurativa, per i sacerdoti della Diocesi, versato dall’Istituto Centrale di euro 219.854,70, l’Assicurazione Cattolica ha rimborsato euro 516.586,37. L’Istituto Centrale ha versato per i contributi sociali per i servizi domestici e per le Case di riposo del Clero la somma di euro 33.213,31. Diventa perciò urgente che in tutte le Parrocchie con le iniziative dei Consigli Parrocchiali per gli affari economici ci sia un impegno per raccogliere le firme a favore della Chiesa Cattolica sui modelli Unico e Cud secondo le indicazioni divulgate con il materiale fornito dalla CEI, consegnato a tutte le Parrocchie e pubblicate sul numero di Aprile della Rivista Diocesana. 402 UFFICIO LITURGICO Celebrare la misericordia “Lasciatevi riconciliare con Dio” 60° Settimana Liturgica Nazionale Barletta, 24 - 28 agosto 2009 Lunedì 24 agosto Ore 17,00 Celebrazione d’inizio presieduta da Mons. Giovan Battista Pichierri Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth Saluto di Mons. Felice Di Molfetta Presidente del Centro di Azione Liturgica Perdono e riconciliazione: gli scenari del tempo, gli scenari del cuore Mons. Bruno Forte, Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto Martedì 25 agosto Ore 9,30 “Dio ha posto in noi la parola della riconciliazione” (2Cor 5,19): il messaggio dell’Apostolo Paolo Mons. Carlo Ghidelli, Arcivescovo di Lanciano-Ortona, Ore 11,00 Le vie della riconciliazione nei Padri e nel Magistero della Chiesa Mons. Francesco Pio Tamburrino, Arcivescovo Metropolita di Foggia-Bovino Ore 15,30 Linee per una comprensione teologica del sacramento della Penitenza Mons. Alceste Catella, Vescovo di Casale Monferrato Ore 17,00 Perdono e riconciliazione nei riti della celebrazione eucaristica Fr. Goffredo Boselli, Liturgista, Monastero di Bose Ore 19,00 Cattedrale di Trani: Celebrazione Eucaristica Ore 22,00 Cattedrale di Trani “O Amore che tanto ardi e mai ti estingui” Concerto-Meditazione a cura di “Frammenti di Luce” Mercoledi’ 26 agosto Ore 9,30 Il Rito della Penitenza a circa 40 anni dalla pubblicazione Mons. Luca Brandolini, Vescovo di Sora-Aquini-Pontecorvo, Ore 10,30 60 anni delle Settimane Liturgiche Nazionali Dott. Enzo Petrolino, Diacono permanente, Reggio Calabria, Presidente della comunità del diaconato in Italia Ore 12,00 Basilica Santa Maria Maggiore:Celebrazione Eucaristica 403 UFFICIO LITURGICO Ore 17,00 Basilica Santo Sepolcro: Liturgia della Riconciliazione Ore 19,00 Partenza per Castel del Monte (Andria), visita e cena offerta dalla Regione Puglia Giovedì 27 agosto Ore 9,30 Effusione dello Spirito Santo e remissione dei peccati Fr. Enzo Bianchi, Priore, Monastero di Bose Ore 11,00 Il perdono nella preghiera del Padre nostro Mons. Tommaso Valentinetti Arcivescovo Metropolita di Pescara-Penne Ore 15,30 GRUPPI DI INTERESSE La Penitenza: il luogo della celebrazione Mons. Antonio Valentino Direttore Commissione regionale pugliese di Pastorale Liturgica Arch. Rosario Scrimeri, Roma Celebrazione della Penitenza per fanciulli e ragazzi Don Silvano Sirboni, Liturgista, Alessandria Iniziazione cristiana e sacramento della Penitenza Mons. Fabio Iarlori, Liturgista, Istituto TeologicoAbruzzese-Molisano Ministro e penitente: aspetti antropologici di una relazione Mons. Claudio Maniago, Vescovo Ausiliare di Firenze Ore 18,30 Basilica Santa Maria Maggiore: Celebrazione Eucaristica Venerdì 28 agosto Ore 8,30 Basilica Santo Sepolcro: Celebrazione Eucaristica Ore 10,00 Per una rinnovata pastorale della Riconciliazione: dalla celebrazione alla vita Mons. Giancarlo Maria Bregantini Arcivescovo Metropolita di Campobasso-Boiano Sede del convegno: Paladisfida “Mario Borgia” – Via G. Leopardi - Barletta La Settimana è aperta a tutti: Sacerdoti, Diaconi, Religiosi/e, Laici Per partecipare alla Settimana Liturgica e conoscere le condizioni rivolgersi alla Segreteria CAL –Via Liberiana 17 – 00185 Roma tel. 06.4741870 fax 06.4741860 e-mail: [email protected] www.centroazioneliturgica.it Segreteria Diocesana di Barletta, c/o Parrocchia S. Paolo Apostolo, Via G. Donizetti 1 - telefax 0883.574040- cell. 327.2282575 404 INFORMAZIONI DIOECESIS Cronaca breve del territorio gaudenziano ORDINAZIONI PRESBITERALI Con decreto vescovile in data 16 luglio 2009 Sabato 6 giugno 2009, nella Chiesa Cattedrale di Novara, mons. Renato Corti ha ordinato sacerdoti: Don Luigi Trentani è stato nominato Vicario parrocchiale di S. Antonio abate, del Cuore Immacolato di Maria e di Glisente nel comune di Castelletto Ticino. Don Alberto Andrini della comunità parrocchiale di S. Bartolomeo in Borgomanero Don Sandro Mora della comunità parrocchiale di Cressa Don Antonio Soddu della comunità parrocchiale di Fontaneto d’Agogna. Con decreto in data 30 giugno 2009 del card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, don Filippo Ciampanelli è stato nominato Addetto presso la Nunziatura Apostolica in Georgia. NOMINE RINUNCE Con decreto vescovile in data 1° giugno 2009 In data 15 luglio 2009 il Vescovo ha accettato la rinuncia alla parrocchia di Briga Nov. di don Luigi Trentani. Don Paolo Bosio è stato nominato amministratore parrocchiale di Cavallirio, rimanendo Vicario parrocchiale di Romagnano Sesia. AGGIORNAMENTO INDIRIZZARIO AIROLDI don MATTIA Via Visconti, 5 28040 MASSINO VISCONTI NO tel. 0322/219117 cell. 347/092153 Con decreto vescovile in data 25 giugno 2009 Don Mattia Airoldi è stato nominato Vicario parrocchiale di Massino Visconti, Brovello, Carpugnino Stropino, Lesa, Villalesa e Belgirate. MANEA don COSTANTINO e-mail: [email protected] MORA don SANDRO Via Scavini, 18 28100 NOVARA NO tel. 032/453854 cell. 340/5551806 e-mail: [email protected] Con decreto vescovile in data 1° luglio 2009 Don Vittorio Moia è stato nominato parroco di Glisente e del Cuore Immacolato di Maria in Castelletto Ticino, rimanendo parroco di S. Antonio abate in Castelletto Ticino. TRENTANI don LUIGI Via Preti, 17 28053 CASTELLETTO TICINO NO tel. 0331/972070 405 IN MEMORIA Don Modesto Platini riunirono 850 persone, quattro Vescovi, per esprimere con loro il ringraziamento al Signore, sotto una grande tenda dove campeggiava la scritta “50 anni al servizio di Dio nella Chiesa per i fratelli”. In quella memorabile giornata, mons. Enrico Masseroni, Arcivescovo di Vercelli, così ricordò i loro anni di Seminario e il loro legame al paese nativo: “Il prete era una sorta di frutto maturo di una comunità. Ogni anno tornavano dal Seminario a giugno, passando dai libri ai campi; in Seminario erano entrati con una fede impastata di lavoro e di preghiera, con la segreta offerta di tanti sacrifici senza notizia, che intrecciavano l’esistenza quotidiana delle nostre case”. Nella sera del 26 maggio don Modesto Platini è deceduto, dopo quasi un anno di malattia, all’età di 83 anni, presso “I Cedri” di Fara. Era nato a Fontaneto d’Agogna il 5 giugno 1925. Mons. Leone Ossola, il 26 giugno 1949, lo ordinò sacerdote. A Fontaneto, in quell’anno, avvenne un fatto eccezionale: celebrarono con lui la prima Messa anche don Carlo, don Eugenio e don Giuseppe Masseroni. All’oratorio di Fontaneto, nel giugno del 1999, per la grande festa del cinquantesimo anniversario dell’ordinazione dei quattro Sacerdoti, si Svolse il suo primo ministero come Vicario Parrocchiale di Romagnano Sesia, con particolare cura dei giovani dell’Oratorio del Chioso. Come insegnante di religione nelle scuole medie, tecniche e di ragioneria, incontrò numerosi ragazzi che lo vollero presente nei momenti decisivi della loro vita. A Romagnano rimase sempre legato da particolare affetto. Il Vescovo, il 19 marzo 1955, gli affidò la comunità di Cavallirio, di 406 IN MEMORIA cui rimase pastore per 54 anni. Accompagnato dai genitori iniziò la sua responsabilità di parroco con il desiderio di una maggiore preparazione; per questo si iscrisse al “Corso di pedagogia per il Clero”, promosso dal Pontificio Ateneo Salesiano di Torino. Una sera del mese di novembre del 1991, don Modesto ricevette una telefonata da un falegname dell’Istria, che gli esponeva i bisogni della gente che viveva appena al di là del Mar Adriatico e che era stata travolta da una guerra che aveva causato morte e miseria. Don Modesto si era chiesto: perché ha telefonato a me? Fu come se Dio mi dicesse: “Sei pronto ad aiutarlo?”. Don Modesto iniziò con semplicità e con fiducia nel prossimo i suoi numerosi viaggi verso i paesi della ex-Jugoslavia e poi della Romania, trasportando quanto era stato possibile raccogliere nella canonica di Cavallirio, trasformata in magazzino. Gli aiuti gli provenivano da ogni zona, i volontari si lasciarono contagiare da questa missione di solidarietà che don Modesto qualche volta stimolò anche in discoteca. Commercio di Milano gli fu consegnato l’attestato di “socio onorario della comunità croata-milanese”. Nel 2005, nel 50° di Parrocchia, pubblicò un volumetto, frutto di quattro anni di ricerca: “La Parrocchia di S. Gaudenzio e la sua gente”, dove ha raccolto documenti, tradizioni orali, avvenimenti e feste significative. Lo scrisse con un augurio “essere sempre pietre vive della nostra grande madre, la Chiesa”. Alla Messa di mezzanotte dello scorso Natale, pur gravemente ammalato, volle essere presente con la sua gente per condividere la gioia della nascita di Gesù. Manifestò il suo amore particolare alla poesia e al suo paese nativo con la pubblicazione del volume “Fargaj d’Funtanei”. E’ stato il dono che consegnava a chi si recava a fargli visita durante gli ultimi mesi di malattia: mesi vissuti con coscienza della gravità della malattia, ma anche con coraggio e serenità, affidandosi alla volontà misteriosa, ma fedele del Padre. Il 29 maggio, nella chiesa parrocchiale di Cavallirio, gremita dai parrocchiani e da persone provenienti dai paesi vicini, sono stati celebrati i suoi funerali in un clima di grande commozione. Nel dicembre 2001 ha presentato la pubblicazione “Ricordi di incontri, 1991-2001”. In quelle cinquanta pagine toccanti ripercorse la storia di quelle popolazioni, avvenimenti, vicende, riportando le lettere di molti bambini aiutati e ringraziando i tanti amici che lo avevano aiutato. Nel 2003, presso la Camera di La sua salma è stata poi accompagnata processionalmente fino all’uscita del paese e quindi trasportata al cimitero di Fontaneto. 407 IN MEMORIA Don Angelo Uglione Don Angelo, per un periodo di malattia, dovette fermarsi a Carpignano dove svolse il suo primo ministero come vicario parrocchiale. Nel 1944 gli venne affidata nel periodo più difficile della guerra la parrocchia di Carega di Cellio, zona allora coinvolta nello scontro tra i partigiani e le forze di occupazione. Nel dicembre del 1950 è stato nominato parroco di Cireggio. Nei suoi dieci anni di permanenza in parrocchia profuse il suo zelo e la sua carità attenta alle necessità delle famiglie, all’esigenza di realizzare nuove strutture per la parrocchia, come l’oratorio per i giovani. Nella tarda serata di martedì 26 maggio don Angelo Uglione ha concluso la sua vita terrena presso la casa di riposo “Opera Pia Curti” di Borgomanero, all’età di 89 anni. Poche ore prima era deceduto il suo amico don Modesto Platini; questa circostanza era stata prevista da don Angelo che più volte aveva ripetuto: “Noi partiremo insieme”. Nel settembre del 1960 venne chiamato dal vescovo al santuario di Boca per affiancare l’anziano rettore. Per i pellegrini realizzò la nuova scalinata di accesso al santuario, varie ristrutturazioni dei locali adiacenti, e in particolare a loro dedicò l’entusiasmo della sua predicazione e della guida alla preghiera. Don Angelo era nato a Carpignano il 1° maggio 1920. Venne ordinato sacerdote con altri 25 diaconi il 13 giugno 1943. Per la parrocchia di Carpignano quello era stato un anno particolare per la celebrazione della prima Messa anche di don Carlo Brugo e di don Pietro Pescio. In quegli anni iniziò il suo impegno di insegnante di religione nelle scuole medie prima presso l’istituto don Bosco di Borgomanero, poi nelle scuole statali. 408 IN MEMORIA Nel 1966, con la nomina del nuovo rettore, dovette lasciare il santuario con grande sofferenza. Sofferenza che ha segnato tutta la sua vita procurandogli crisi di spirito e sfiducia nelle istituzioni ecclesiali che manifestava in atteggiamenti, a volte critici ed irruenti, nei suoi scritti e negli incontri personali e comunitari. ci fosse maggiore informazione sul loro stato di salute o in caso di morte. Per i loro famigliari ha promosso un incontro annuale al santuario della Bocciola. Opera impegnativa è stata il “Martirologio umile”, con una prima edizione nel 1982 e la seconda nel 2005. È un volume di circa 400 pagine in cui, dopo un elenco dei sacerdoti ordinati dal 1900, e di quelli defunti dal 1915, ogni giorno dell’anno vengono riportati i nomi dei sacerdoti deceduti, i loro dati essenziali ed un pensiero biblico. Gli fu affidata la cura della chiesa di San Gottardo in Borgomanero, frequentata non solo dagli abitanti del quartiere, ma anche da altri devoti. Promosse la confraternita della Madonna del Carmelo, la devozione alla Madonna di Lourdes per la presenza nella chiesa di S. Gottardo di una delle cappelle più antiche, dedicata alle apparizioni di Lourdes, in Diocesi (1894). In questi anni si è reso disponibile, in diverse parrocchie della diocesi, per animare celebrazioni, feste patronali, tridui e per le sostituzioni di sacerdoti assenti o malati. Istituì nel 1992 il “Premio della bontà” che veniva consegnato nella vigilia del Santo Natale. Suo ultimo impegno è stato quello del restauro delle facciate esterne e del campanile della chiesa di San Gottardo. Si dedicò con particolare cura alla pubblicazione di diversi sussidi liturgici come “Il Santo Rosario per i Sacerdoti”, “Riceveranno la vita in Cristo”; “Camminando con Maria” (un sussidiario per le Processioni della Madonna); “Invocazioni, preghiere e riflessioni per i funerali dei Sacerdoti”. I sacerdoti sono sempre stati oggetto delle sue premure: desiderava infatti che La sua salma è stata esposta al saluto dei Borgomaneresi nella sua cara chiesa di San Gottardo, prima dello svolgimento dei funerali celebrati nella collegiata di Borgomanero nel pomeriggio di venerdì 29 maggio. La salma è stata tumulata nel cimitero di Carpignano. 409