Rivista Diocesana Novarese

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Rivista Diocesana Novarese
R ivista D iocesana N ovarese
Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara
Sommario
ANNO XCIV - Nº 6 - GIUGNO-LUGLIO 2009
“I vostri sandali non si sono logorati
ai vostri piedi”
Venegono - “Festa dei Fiori” della Diocesi di Milano 355
LA PAROLA
DEL VESCOVO
LA PAROLA
DEL
PAPA
CONSIGLIO
PRESBITERALE
ISTITUTO SANTI
GIULIO E GIULIANO
Un grande cammino di grazia e libertà
Risonanza ai colloqui con gli alunni del Seminario
358
Il Vescovo tra noi
Lettera conclusiva della Visita
dell’Unità pastorale della Bassa novarese
363
Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù
Omilia per le ordinazioni sacerdotali
374
Diaconato permenente: un servizio missionario
Sintesi conclusiva del Consiglio Presbiterale
Armeno 4 maggio 2009
389
Lettera ai presbiteri per l’apertura dell’anno Sacerdotale
nel 150° della morte del Curato d’Ars
378
Diaconato permenante per il futuro
della nostra Chiesa
Sessione del 4 maggio 2009
387
Formazione permanente dei presbiteri e dei diaconi
393
Programma per l’Anno pastorale 2009-2010
353
Bilancio consuntivo anno 2008
ISTITUTO
SOSTENTAMENTO CLERO
399
UFFICIO LITURGICO
Settimana Liturgica nazionale
403
INFORMAZIONI
Dioecesis
405
IN MEMORIA
Don Modesto Platini
406
Don Angelo Uglione
408
INSERTO
Offerte Pro Seminario
Bilancio del Centro Missionario
Ufficiale per gli Atti di Curia Attività Pastorali in Diocesi Direttore Responsabile Mons. Giuseppe Cacciami
Reg.Tribunale di Novara n. 4 del 18-08-1948
Per abbonamento: CANCELLERIA CURIA DIOCESANA
Via Puccini 11 - 28100 NOVARA • Tel. 0321/661.661 • Fax 0321/661.662
C.C.P. n. 15682289
Copia distribuita solo in abbonamento ABBONAMENTO PER IL 2009
€. 40
IN COPERTINA:
SAN PAOLO APOSTOLO
Ambrogio da Fossano detto il Bergognone (1450-1522)
Chiesa Parrocchiale di Galliate (Novara)
- Inventario dei Beni Culturali Ecclesiastici Edizione della Stampa Diocesana Novarese - Fotocomposizione in proprio
Stampa - Tipografia San Gaudenzio - Novara
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
“I vostri sandali
non si sono logorati ai vostri piedi”
Seminario di Venegono Inferiore, 12 maggio 2009
Il 12 maggio scorso è stata celebrata la cosidetta “Festa dei fiori”: appuntamento annuale dei Sacerdoti della Diocesi di Milano nel Seminario di
Venegono Inferiore per fare festa ai futuri preti novelli e a tutti i Sacerdoti
dei quali si ricordano i vari anniversari di ordinazione.
Prima della celebrazione della santa Messa si è svolta una specie di tavola rotonda nella quale si è data la parola a quattro Vescovi milanesi che
quest’anno, insieme con i loro compagni, ricordano il 50° di ordinazione
sacerdotale.
Riportiamo qui il testo del breve intervento del nostro Vescovo.
Rileggo brevemente questi cinquant’anni. Anche senza bisogno di fare un’inchiesta, si percepisce, da parte di chi li ha vissuti, che comprendono diverse
stagioni (forse “epoche”, se il termine non fosse troppo impegnativo).
1. Ricordo la celebrazione del decennio di ordinazione sacerdotale (1969).
Tutta la classe si era recata a Milano, in Arcivescovado. Mentre il card. G.
Colombo ci parlava, da piazza Duomo saliva il rumoreggiare di uno sciopero
giudicato molto rilevante in quella fase. Non potevamo non tendere l’orecchio,
chiederci che cosa poteva significare per la società italiana, quali interrogativi
poneva a noi, uomini di Chiesa.
In quello stesso decennio avevamo vissuto, a pochi mesi dalla nostra ordinazione, l’annuncio del Concilio Vaticano II, da parte di Giovanni XXIII; e poi gli
anni straordinari della celebrazione del Concilio: una stagione che personalmente ho vissuto come vera primavera, o - per usare una frase del card.
Suenens - come grazia di una nuova Pentecoste.
In quello stesso decennio era iniziato il post-Concilio: tempo di grandi turbolenze. Metteva a rischio anche i Sacerdoti. Determinante, per non smarrire la
rotta, è stato per me l’aiuto di una saggia guida spirituale, l’avere alle spalle
un Seminario che aveva posto solide fondamenta alla casa, poter guardare a
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
figure di uomini dotti e saggi che rendevano possibile elaborare un valido
discernimento storico e la collocazione delle “novità” in un contesto complessivo, idoneo a dare il giusto peso specifico alle cose, evitando che le
novità ci sbilanciassero come forti folate di vento. In quel periodo sono stato
aiutato anche dal fatto di trovarmi, dopo otto anni di Messa, in un contesto
che mi rendeva possibile un certo raccoglimento e un più ampio lavoro di
riflessione: mi riferisco all’esperienza di Padre Spirituale nel collegio di Gorla
Minore e poi l’inizio del lavoro come Padre Spirituale nel Seminario di
Saronno.
2. Quando, nella Parrocchia di Mantegazza, ci siamo trovati come classe per
il ventesimo anniversario di ordinazione sacerdotale, avvertivo che il postConcilio era diventato veramente un tempo di grande travaglio che toccava
anche la figura del prete. Si chiedeva, da parte di qualcuno, se era giusto chiamarci pastori in una civiltà industriale; e poi, se dovevamo essere pastori delle anime o degli uomini.
Domande forse giuste, ma anche un po’ ingenue. La risposta – ricordo – mi
venne (e la espressi anche svolgendo l’omilia ai miei compagni) dal libro del
profeta Ezechiele (cap 34). E cioè dalla pagina severa sui pastori che Agostino
commenterà con grande ampiezza. Il profeta mi fece comprendere che la vera
domanda era un’altra. E cioè: che ne hai fatto del gregge a te affidato? La risposta mi venne anche da Gesù che, come ci ricorda l’evangelista Giovanni (cap
10), si era detto pastore che dà la vita, che conosce le sue pecorelle, che va in
cerca anche delle pecorelle perdute.
Capii che andare avanti bene, come preti, comprendeva alcune decisioni da
rinnovare con coraggio: nessuna laicizzazione e nessun ritorno e chiusura in
sacristia. Sul positivo: essere preti missionari che mettono al primo posto l’annuncio del Vangelo ai cristiani e ai pagani e che, proprio per questo, vivono
un’autentica esperienza spirituale e possono essere appunto detti uomini di
Dio.
3. Nel 1999 ci siamo trovati in Duomo, nella cripta di san Carlo, a celebrare
il quarantesimo di Messa. Presiedeva il card. C. M. Martini. Venne scelta una
pagina del Deuteronomio molto opportuna e consolante: quella che ricorda i
quarant’anni trascorsi dal popolo nel deserto, in mezzo a tante difficoltà, a
momenti di crisi e anche di tradimenti del Signore. Attraverso Mosè, il Signore
Dio disse a quel popolo: “ Io vi ho condotti per quarant’anni nel deserto; i vostri
mantelli non si sono logorati addosso a voi e i vostri sandali non si sono logorati ai vostri piedi” (Deut 29, 4-5).
Qualcosa dell’esperienza del deserto potevamo averlo sperimentato - chi più
chi meno - anche noi . Ma il deserto non ci aveva logorati. Affaticati forse sì,
ma non logorati, né tantomeno distrutti. Anche per noi risultava vero il salmo
22: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Se anche vado per valle
tenebrosa non temo alcun male perché tu sei con me”.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
4. Ieri, insieme con i Sacerdoti della Diocesi di Novara, ho celebrato una festa
simile a questa, nel ricordo dei vari anniversari di sacerdozio. Mi sono preparato rileggendo l’omilia svolta dal card. G. B. Montini nel giorno della ordinazione dei sacerdoti del 1959: un testo che mi stupisce ancora oggi per l’ardimento con cui guardava alla società di allora (erano i tempi della guerra fredda, che durava anche dopo gli anni di Stalin, e di una forte presenza del partito comunista in Italia).
Commentando il discorso della missione che troviamo nel Vangelo di Matteo
(cap 10), disse: “Ecco, io vi mando in questa società così come essa è, in un
mondo difficile”. Dopo averne descritto alcuni tratti, ci offriva alcune indicazioni per l’esercizio del nostro ministero in tale contesto.
La prima indicazione: “Abbiate coraggio; non tremate”.
La seconda: “Dedicate al Signore e al popolo che vi verrà affidato tutte le
vostre energie, senza sottrarvi mai ad alcun sacrificio”.
La terza: “Curate molto la relazione interpersonale, la vicinanza, la familiarità con la gente”.
E infine: “Non accontentatevi di organizzare diverse cose, di offrire orari o di
segnare steccati; dite invece parole che toccano i cuori e che illuminano le
profondità dello spirito”. Erano prospettive che ci persuadevano allora. Mi
sembrano essenziali anche adesso.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Un grande cammino
di grazia e libertà
Risonanza del Vescovo ai colloqui personali
con gli alunni del Seminario teologico
Novara - Seminario, 9 marzo 2009
Il colloquio personale con ciascuno di voi è stato ricco di comunicazione e di
comunione. Ringrazio il Signore della chiamata che ha fatto risuonare nel
vostro cuore e della risposta generosa che vi avete dato. Vi è stato detto come
a Levi: “Seguimi”. Vale per voi ciò che leggiamo subito dopo nel Vangelo:
“Alzatosi, subito lo seguì”. Incominciò per lui un cammino di libertà.
Una decina di giorni fa Benedetto XVI ha fatto visita al Seminario romano
maggiore. Ha svolto una bella lectio su alcuni versetti del capitolo quinto della
lettera ai Galati. A tema era la libertà: “Cristo vi ha liberati perché rimaneste
liberi”. Ha riletto la modernità, per la quale la questione della libertà sta al primo posto. Ne ha mostrato anche i limiti con accenni brevi, ma precisi. E ha
sondato il testo biblico che si riferisce al rischio a cui erano esposte le comunità della Galazia: quello di gettarsi alle spalle il Vangelo della libertà da lui
annunciato”1.
Se ogni cristiano, per grazia di Cristo, è chiamato a libertà, coloro che il
Signore chiama a una dedizione totale alla causa del Regno di Dio possono leggere tutto il loro cammino in chiave di libertà che diventa concreta esperienza
di bellezza del vivere quando si è stati illuminati da Cristo.
***
Mi soffermo su alcuni punti sui quali ho potuto confrontarmi con voi durante il colloquio personale. In qualche altra occasione farò emergere anche ulteriori aspetti.
Sei in cammino?
Un primo punto si racchiude in una domanda: “Sei in cammino?”. La
domanda ricorda che può passare il tempo senza che, da parte nostra, vi sia
un cammino perché siamo sostanzialmente passivi nella vita spirituale, nella
esperienza comunitaria, nello studio. Il pericolo è grave perché compromette il
futuro. Esso infatti chiede maturità, senso di responsabilità, passione per Dio
e per i fratelli.
1 Cfr. BENEDETTO XVI, Omilia in apertura dell’anno paolino, 28 giugno 2008.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
La domanda potrebbe essere formulata anche così: in Seminario cerchi semplicemente conferme di quello che già credi di sapere e di essere, ritenendoti
quindi già arrivato, o ti lasci mettere in discussione, pronto a scoprire aspetti
nuovi e a compiere passi fin qui non compiuti?
Che si debba porsi in cammino può parere ovvio per chi è molto giovane o
ha appena varcato la porta di ingresso in Seminario. Meno per chi è già in
Seminario da tempo e per chi entra in Seminario avendo una certa età.
In un discorso su Agostino, svolto a Pavia (22 aprile 2005) Benedetto XVI si
è soffermato proprio sul fatto che il suo cammino non è terminato quando, a
33 anni, giunse al Battesimo. In realtà, proprio allora si apriva un nuovo cammino. Aveva, inizialmente, la forma monastica. Ma poi, divenne il cammino del
monaco chiamato dal Vescovo a diventare presbitero. E poi ancora fu il cammino nel quale venne introdotto dal suo Vescovo che lo volle come successore.
Agostino è sempre sorprendente, ancora oggi, perché è sempre rimasto in cammino. Ed è bello constatare che tale cammino fu insieme spirituale, pastorale,
culturale. Faremo bene ad essere agostiniani.
Il singolo, la comunità, l’amicizia, la fraternità
Un secondo punto potrebbe essere così intitolato: il singolo, la comunità, l’amicizia, la fraternità.
La singolarità del tuo essere in Seminario è un aspetto molto importante del
cammino. In Seminario sei entrato proprio tu. Il passo fa parte di quelle scelte importanti nelle quali vieni chiamato in causa in prima persona e senza
potere essere sostituito. Va riconosciuto, in questo fatto, anche una esperienza di solitudine che, in questo caso, è positiva perché dice di te che sei realmente un soggetto che si fa carico di se stesso. Tutt’altra cosa rispetto a questa singolarità sarebbe l’individualismo, che è chiusura in se stessi o egoismo.
Ma, come diceva di se stesso Charles de Foucauld, sei chiamato a vivere una
solitudine in compagnia: quella di Dio e quella dei fratelli. Stare in modo giusto in Seminario significa stare con Gesù, proprio come gli apostoli prima di
essere inviati sulle strade del mondo. Come mi ha detto uno di voi: “Voglio
obbedire a Dio con tutto il cuore: in questo sarà la mia gioia”; e un altro:
“Voglio bere ogni giorno alla sorgente”.
Entrando in Seminario hai trovato dei fratelli. Non li hai scelti, li hai trovati.
Il Signore ha scelto te; il Signore ha scelto loro. Per questo vi siete incontrati.
È Dio che vi ha fatto incontrare. Questa radice del vostro stare insieme è qualificante e determinante. Non va mai dimenticata. Fonda la fraternità, che non
è elezione dell’altro, ma accoglienza dell’altro così com’è2; poi potrà sorgere
2 Anche in una famiglia il primo figlio non sceglie il secondo, ma lo accoglie: gli è dato.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
un’amicizia, ma nessuno va in Seminario perché ci va un amico o per stare con
degli amici. Ciascuno vi entra perché chiamato da Dio e per fare famiglia con
i fratelli che Dio gli darà.
***
La riflessione su questi dinamismi interiori è importante e delicata. La scelta più giusta sarà la magnanimità, il cuore grande, la positività, l’attenzione al
bene che c’è per vincere - quando occorre - con il bene il male.
In questi giorni ho vissuto una presenza di “visita” alle Parrocchie di una
Unità Pastorale: quella di Gravellona Toce. Nei mesi scorsi ne ho vissute altre
due (in Alta Valsesia e nella Bassa Novarese; in aprile sarò nell’Unità Pastorale
di Villadossola). Questa esperienza germina dalla passione apostolica di essere il più possibile adeguati, nel nostro lavoro educativo e pastorale, alla condizione spirituale e culturale dei cristiani oggi. Tale condizione chiede, come già
ricordava Giovanni Paolo II, una “nuova evangelizzazione”; chiede che non
vada mai in ombra il kerigma e che la didachè sia intesa come andare nelle
profondità del kerigma3.
Quanto sto dicendo, chiede ai preti di oggi (e naturalmente a voi che siete i
preti del futuro) di coltivare una forma mentis che, illuminata da un orizzonte
teologico sulla Chiesa e sul ministero sacerdotale, conduca a vivere, insieme
con il Vescovo e il presbiterio, una comunione di fede, una comunione di carità
e una comunione sulle scelte pastorali fondamentali.
In rapporto alla responsabilità e missione specifica del presbitero, grande
premura va data al fatto di non interpretarsi come imprenditori privati di cose
religiose, bensì come cooperatori del Vescovo, in tutto il suo ministero, e come
corresponsabili dell’azione pastorale insieme con i Sacerdoti che Dio ci dona e
che, di fatto, sono coloro insieme con i quali camminare.
Questa caratteristica della responsabilità sacerdotale non toglie nulla alla
bellezza dell’amicizia tra Sacerdoti, ma esclude che si intenda il “camminare
insieme” come lavoro con gli amici, ignorando o escludendo gli altri. Alla base
della nostra collaborazione sta infatti la fraternità sacerdotale ed essa, come ho
già detto, è anzitutto accoglienza pregiudiziale dei Sacerdoti che il Signore - in
questo tempo e su questo territorio - mi fa incontrare.
Identità e idoneità
Un terzo punto potrebbe essere indicato così: identità e idoneità. Uso
entrambi questi termini con riferimento al fatto che voi siete sulla strada che
vi conduce a diventare preti. Proprio su questa strada occorre verificare due
acquisizioni del tutto necessarie.
3 Di questo ho parlato, l’ottobre scorso ai catechisti e su questo mi sono soffermato nel ritiro
spirituale dei Sacerdoti in questa Quaresima.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
La prima si chiama identità. Intendo l’identità vocazionale. La posso esprimere con qualche domanda: qual è la mia vocazione particolare? È quella di
essere sacerdote? Già prima di entrare in Seminario si deve poter dare una
risposta positiva, anche se non definitiva. L’anno propedeutico la deve tenere
in evidenza per favorire la chiarificazione interiore. Nemmeno il biennio deve
trascurare questo sondaggio del cuore. Ritengo giusto che, nel giorno del rito
di ammissione, questa tappa che tocca l’identità possa dirsi sostanzialmente
percorsa.
La seconda tappa è quella della idoneità. Se la vocazione da te ricevuta è
quella sacerdotale, il cammino di idoneità consiste nel mettere in atto un lavorio di trasformazione di te stesso che, da vari punti di vista, ti rende il più possibile “adeguato” alla responsabilità ministeriale che ti sarà affidata. Per la
verità, l’adeguatezza piena forse non ci sarà mai, e comunque tutti gli anni della vita sono tempo di costante formazione. E tuttavia, alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale deve essere possibile riconoscere, da parte della Chiesa, che
ci sono le condizioni necessarie e sufficienti per introdurre un giovane nell’ordine sacro come presbitero4.
Se la vocazione è grazia di Dio e libertà che dice “sì” a Dio, anche l’idoneità
per tutti gli aiuti - anche umani - che Dio mette a disposizione e esperienza di
libertà che entra in stretto binomio con “fedeltà”: quella che sei chiamato a
vivere dovunque ti troverai nelle varie tappe della tua esistenza (in Seminario,
in Parrocchia, a casa, con gli amici) attraverso una plasmazione lenta ma reale di te stesso come personalità “presbiterale”.
Attorno a identità e idoneità vanno configurate le relazioni personali con gli
educatori del Seminario, in particolare con il Rettore e il Padre Spirituale.
Quanto più la comunicazione è ricca e sincera, quanto più il rapporto è familiare e affettuoso, tanto più si può fare – insieme e con gioia – un grande cammino.
Come ci ricorda l’apostolo Paolo scrivendo ai Tessalonicesi (Ts 1,5;12,2) dobbiamo essere grati a coloro che si affaticano per sostenere il nostro cammino
cristiano. Le diverse “competenze” che trovano espressione nel governo del
Seminario nel compito del foro interno, nel contributo di formazione teologicoculturale dei docenti sono il luogo del lavoro quotidiano dei vostri Superiori.
Esse vanno giustamente riconosciute, alimentando ed esprimendo sentimenti
di gratitudine.
La familiarità con i Superiori può diventare (e io auguro che sia sempre così)
anche possibilità di esprimere desideri o attese a proposito di quello che si giudica importante perché il Seminario risulti un luogo dove trova dimora una
grande intensità del vostro vivere e si esprime una grande energia evangelica.
Quando le circostanze sembrano richiederlo, la familiarità permette anche di
4 Ciò va sostanzialmente detto già in occasione dell’ordinazione diaconale.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
confidare qualche interrogativo o qualche sofferenza, così che i Superiori vengano aiutati dagli stessi alunni a svolgere bene la loro delicata missione di formare i preti di domani.
***
Ieri la liturgia metteva in primo piano il racconto della Trasfigurazione del
Signore. Tutta la vita cristiana, a cominciare dal Battesimo, è esperienza di trasfigurazione, come scriveva l’apostolo Paolo nella seconda lettera ai Corinti. Il
protagonista della nostra trasfigurazione, già nel Battesimo, è lo Spirito Santo:
egli ci ricolma della grazia di Cristo e ci rende rassomiglianti, come figli, al
Figlio unico del Padre. Quando, nella liturgia del Battesimo, il neofita viene
rivestito con un abito bianco, tale gesto vuole esprimere l’azione interiore dello Spirito Santo. E quando il celebrante raccomanda che questa veste bianca
venga portata fino al giorno nel quale si comparirà dinanzi al giudizio del
Signore, intende invitare i genitori - prima ancora che il bambino - a pensare
la vita nel tempo, con le sue varie stagioni, come esperienza di vita in Cristo e
come alimentazione costante di tale vita con la forza di colui che è Dominum et
vivificantem.
Siamo in Quaresima, tempo particolarmente dedicato alla conversione. Essa
è sempre da intendere come graduale trasfigurazione. Ciascuno di noi sa che,
nel suo cammino personale, c’è un passo necessario per esprimere docilità allo
Spirito Santo che dà la capacità di rassomigliare a Gesù, il Figlio unigenito di
Dio. Vi invito al coraggio dei passi necessari.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Il Vescovo tra noi
Visita all’Unità Pastorale di Borgolavezzaro,Vespolate,
Gravellona Lomellina, Garbagna,Terdobbiate,Tornaco, Nibbiola
18 gennaio - 22 marzo 2009
Miei cari,
LETTERA CONCLUSIVA DEL VESCOVO
ho vissuto con gioia tre giorni con voi seguendo un programma
molto intenso che penso possa essere anche fecondo. Ne ripercorro i momenti
salienti e ne sottolineo i punti più significativi.
Domenica 18 gennaio 2009
Incontro con i genitori e i ragazzi di Vespolate
Per circa un’ora ho incontrato genitori e ragazzi. Ho visto una partecipazione
molto ampia. Ho potuto ascoltare numerosi interventi. Il denominatore comune è stato il riferimento alla famiglia.
Una ragazza ha testimoniato che proprio in famiglia ha ricevuto ciò che conta e che ora cerca di comunicare, come catechista, ai ragazzi.
Un papà ha espresso la persuasione che proprio in casa sta il primo laboratorio per l’apprendistato alla fede cristiana. Ciò è reso sempre più urgente dal
fatto che ci troviamo in una società culturalmente pluralistica e che vede la
presenza di diverse confessioni religiose. Ha opportunamente indicato alcune
attenzioni concrete per favorire un dialogo costruttivo con i figli: prendere
seriamente la decisione che, con i figli, si deve parlare e li si deve ascoltare;
inoltre l’amore vero per i figli non va pensato come pretesa che i progetti dei
genitori siano quelli che i figli attueranno; leggere le cose sul tempo lungo,
camminando sempre con fiducia, sapendo anche attendere e non lasciandosi
deprimere dalle inevitabili delusioni; valorizzare l’aiuto che si può ricevere dalla comunità parrocchiale e dalla partecipazione alla vita della comunità da parte dei genitori e dei figli.
Da parte sua, suor Andreina ricordava che il carisma del suo Istituto è proprio quello di aiutare le famiglie in difficoltà. Constatava poi che la rilevanza
fondamentale delle famiglie si può riscontrare, tra l’altro da un particolare:
quando termina l’anno scolastico e si conclude anche il catechismo, i ragazzi
che partecipano fedelmente alla Messa sono quelli i cui genitori la frequentano abitualmente.
363
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Non è mancato un intervento nel quale ci si è soffermati su un fatto tipico
della nostra epoca: la presenza, anche in Oratorio, di alcuni ragazzi di altre
culture e anche di altre religioni. Si affermava che un’intesa tra genitori di così
diversa estrazione può avvenire riconoscendo il denominatore comune che
consiste nella responsabilità che tutti stanno portando: quella della famiglia.
Senza sottovalutare le differenze, nostra premura deve essere quella di far
emergere, in questi contatti i “frutti del Vangelo”. Si poneva pure una domanda: non dovremmo “dire” qualcosa di più di quanto normalmente diciamo, trovandoci in tale contesto?
Domande ai genitori
Tutte queste testimonianze mi sono parse positive; per parte mia ho posto
alcune domande che già ho messo in evidenza nella recente Lettera Pastorale,
là dove si parla della famiglia: si vede il cristianesimo? Fate vedere “ai vostri
figli” – sul vostro volto e nella vostra vita – il cristianesimo? Visibilizzate, anche
nei giorni duri, la gioia della fede, evitando loro di cogliere in voi dei cristiani
un po’ stanchi o malinconici di essere tali? C’è la preghiera, cioè quel gesto che,
già da solo, dice che guardiamo alla vita con il riferimento a Qualcuno che sta
al di sopra di noi e nelle cui mani sta la nostra vita e tutta la storia umana?
Ragionate con i vostri figli, giorno per giorno, confrontandovi su ciò che accade e su ciò che i mass-media mostrano, così da aiutare i vostri figli a maturare un giudizio corretto sulle cose, a distinguere il vero dal falso, il bene dal
male?
Dopo questo lungo dialogo, ho celebrato la Santa Messa in ricordo di
sant’Antonio abate. Nell’omilia ho rimarcato due particolari: il fatto che egli
partecipasse fedelmente al giorno del Signore e che fosse un reale ascoltatore
della Parola di Dio; e inoltre, che abbia compiuto una scelta così rilevante,
come quella di consacrarsi totalmente a Dio, nel pieno della giovinezza, che è
per definizione l’età delle scelte.
Venerdì 13 febbraio 2009
Incontro con i Sacerdoti
Ho avuto occasione di riflettere sulle singole Parrocchie, per poi soffermarmi
sul tema specifico dell’Unità Pastorale. In questo dialogo ho raccolto diversi
spunti che ora vi propongo.
Primo punto: fondamentale - dicevano i Sacerdoti - è che noi siamo vicini gli
uni agli altri, pronti ad aiutarci, disponibili all’amicizia, fedeli agli incontri istituzionali che ci riguardano. L’essere pastori in piccole Parrocchie ci deve
sospingere al confronto vicendevole. Esso richiederà una certa elasticità mentale perché si possa arricchirsi vicendevolmente e giungere a delle conclusioni
condivise. Sarà pure necessario che, quando un sacerdote si inserisce in un
certo territorio, tenga conto che si inserisce in una storia lunga. C’è da favorire quello che potrebbe essere chiamato un “canone pastorale”, e cioè una
sostanziale continuità, pur nel variare delle personalità (e dei tempi). Ringrazio
il Signore del clima molto buono che ho potuto toccare con mano. Sarà impor-
364
LA PAROLA
DEL VESCOVO
tante affrontare il cammino pastorale accompagnati dalla fiducia che possa
avvenire qualcosa di bello e di grande.
Secondo punto: un capitolo posto in evidenza da tutti è quello dell’iniziazione
cristiana e della formazione degli adolescenti e dei giovani. È proprio necessario che cerchiamo un coordinamento e che camminiamo insieme. Il contesto
nel quale ci troviamo è talvolta drammatico sul fronte educativo. Ciò non deve
scoraggiarci; deve invece condurci alla scelta più incisiva. In questa linea
occorre far sorgere un piccolo coordinamento di educatori che si ritrovano tra
loro con una certa regolarità, in stretta unità con il Parroco.
Terzo punto: i sacerdoti sono chiamati a riconoscere nella comunità alla quale sono stati destinati la propria famiglia. Il cuore del pastore condurrà
sempre a incontrare le persone, anzitutto come esse sono, onde favorirne
il cammino secondo il Vangelo. Questo metodo è da seguire coraggiosamente perché esprime una Chiesa accogliente, il che non vuol certamente
dire sottovalutare la verità. Lo spirito apostolico ci conduce a cercare le
persone. Sappiamo che non poche di esse si trovano in situazioni spirituali di oscurità e di incertezza. Portare loro il Vangelo e il Signore significa
portare luce e speranza.
Incontro con gli operatori pastorali dell’Unità Pastorale
È stata molto felice l’idea di introdurre l’incontro con una pagina della lettera dell’apostolo Paolo ai Filippesi:
“Ringrazio il mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi, pregando sempre con
gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo dal primo giorno fino al presente” (Fil 1,3ss).
Queste parole pongono in evidenza la collaborazione dei laici con l’apostolo
Paolo. Queste stesse parole possono esprimere ciò che il Signore si attende dai
laici oggi nel cammino della Chiesa. Quei cristiani della comunità di Filippi si
erano lasciati toccare dalla grazia. Scoprire Cristo voleva dire per loro scoprire
un nuovo orizzonte per l’esistenza. È la gioia di questa scoperta il principio della loro cooperazione alla diffusione del Vangelo. Non può essere diverso per noi.
Nelle nostre Parrocchie non dobbiamo cercare la collaborazione dei laici come
“forza-lavoro”. È altro che occorre: un avvenimento teologico-spirituale. Solo
così si troveranno veri catechisti, validi animatori, preziosi membri delle commissioni, ecc.
Gli interventi introduttivi alla serata hanno affrontato quattro punti: l’Unità
Pastorale, la collaborazione dei laici, l’integrazione delle nuove famiglie, la scelta di proporre il catechismo alla domenica mattina.
1. Unità Pastorale
Circa l’Unità Pastorale ci si è chiesti quali motivazioni la suggeriscono, quali
scelte concrete la caratterizzano, quali sono i primi passi da mettere in atto.
Ho risposto suggerendo di riflettere su una pagina dei Vescovi italiani. È stata
scritta dopo il Convegno Ecclesiale di Verona. La proposta è quella di una
pastorale sempre più «integrata»:
365
LA PAROLA
DEL VESCOVO
“Una strada da percorrere con coraggio è quella dell’integrazione pastorale fra
i diversi soggetti ecclesiali. Siamo dinanzi a un disegno complessivo richiesto da
un ripensamento missionario.
Siamo chiamati a verificare il rapporto delle parrocchie tra loro e con la Diocesi,
le forme con cui viene accolto il dono della vita consacrata, la valorizzazione delle associazioni, dei movimenti e delle nuove realtà ecclesiali.
Si tratta, in primo luogo, di un’espressione e di una verifica concreta della
comunione, che è dunque alla base di una pastorale «integrata», la quale mette
in campo tutte le energie di cui il popolo di Dio dispone, valorizzandole nella loro
specificità e al tempo stesso facendole confluire entro progetti comuni, definiti e
realizzati insieme. Essa pone in rete le molteplici risorse di cui si dispone: umane, spirituali, culturali, pastorali. In tal modo, con le differenze che accoglie e
armonizza al proprio interno, rende la comunità in grado di entrare più efficacemente in comunicazione con un contesto variegato, bisognoso di approcci diversificati e plurali, per un fecondo dialogo missionario.
L’esperienza delle «Unità Pastorali» non è riducibile alla mera esigenza di fronteggiare la carenza di sacerdoti, né alla costituzione di «super-parrocchie», ma va
nella direzione di un rapporto nuovo con il territorio, con una corresponsabilità
pastorale diffusa, di un’azione più organica e missionaria” (n. 25).
2. Collaborazione dei laici
Circa la collaborazione dei laici, ho già citato la pagina di Paolo ai Filippesi,
la quale mostra che la conversione a Cristo diventa “cooperazione al Vangelo”.
Devo aggiungere che la formazione degli adulti consiste propriamente nella coltivazione di un’adeguatezza per affrontare da cristiani le “responsabilità” che
gli adulti portano in famiglia, nella professione, nell’impegno sociale e politico.
E inoltre è necessario riflettere sul significato di due termini che spesso adoperiamo: collaborazione e corresponsabilità. In parte il significato è simile, ma
la corresponsabilità è da intendere come condivisione interiore delle motivazioni dalle quali è condotto l’apostolo di Cristo.
3. Nuove famiglie
Circa l’integrazione delle nuove famiglie che giungono sul territorio, non penso che le parrocchie siano chiamate a mettere in atto qualche strategia complicata. Ciò che occorre è piuttosto amicizia, buon vicinato, informazioni sulla
vita della comunità, invito cordiale a qualche iniziativa prevista per le famiglie,
valorizzazione dei bambini e dei ragazzi per il coinvolgimento dei loro stessi
genitori.
4. Catechismo alla domenica?
Circa l’esperienza del catechismo svolto la domenica mattina mi sembra che
ci siano dei pro e dei contro. Sappiamo che, a tutt’oggi, l’immagine prevalente
del cammino di iniziazione cristiana è quella scolastica. Poiché è insufficiente,
va superata. La “svolta” da intraprendere con coraggio e senza perdere tempo
è quella che ho indicato nella Lettera Pastorale Splendete come astri nel mondo: conoscenza (catechesi), preghiera (in particolare il “giorno del Signore”),
“fare il Vangelo” (in modo speciale mettere in atto il comandamento della
366
LA PAROLA
DEL VESCOVO
carità). Quanto all’esperienza del catechismo in giorno domenicale, vedo, a
favore, questo elemento: pone in evidenza che l’iniziazione cristiana è un’esperienza spirituale, non scolastica. Vorrei raccomandare moltissimo alle catechiste di ricordare sempre ai ragazzi che il fondamentale loro appuntamento settimanale è quello del “giorno del Signore”.
Sabato 14 febbraio 2009
Incontro con le Religiose
Ringrazio il Signore che nella vostra Unità Pastorale vi sia ancora una significativa presenza della vita consacrata: a Vespolate, a Borgolavezzaro e a
Tornaco. Ho osservato, con qualche stupore, che, per quanto siano poche, rappresentano un mondo intero: una suora proviene dall’India e un’altra dal
Brasile; quanto alle suore italiane, una è stata missionaria in Brasile e un’altra in Guinea Bissau.
All’incontro con le Religiose erano presenti i Parroci, i quali hanno detto che
le suore sono amate, venerate e apprezzate. Per parte mia ho rimarcato che la
vita consacrata è un’energia evangelica importantissima e ho aggiunto che,
quando da qualche parrocchia vengono tolte le suore, constato che si tratta di
un vero impoverimento.
Essendo stato recentemente in Burundi, gli incontri che ho potuto fare mi
hanno fatto toccare con mano il valore straordinario della vita consacrata femminile. Ma già l’avevo colto in un viaggio che ho fatto in Brasile: le suore arrivano facilmente al cuore della gente, trovano per lo più le porte aperte. Mi viene da dire che, da questo punto di vista, hanno più possibilità che non i
Sacerdoti, anche per il fatto che sono soltanto “sorelle”.
Mentre ringrazio le Religiose del lavoro che stanno svolgendo, le invito a favorire il lavoro d’insieme sull’area delle loro varie parrocchie.
Celebrazione Eucaristica a Gravellona Lomellina
Mi sono introdotto spiegando il senso di questa visita del Vescovo alle
Parrocchie dell’Unità Pastorale della Bassa Novarese. L’intenzione che mi
accompagna è quella di stimolare, in tutti i membri della comunità, la passione missionaria e una spiritualità di comunione. La passione missionaria è
quella che ha portato l’apostolo Paolo a farsi tutto a tutti per annunciare il
Vangelo e per condurre alla conoscenza e all’amore per il Signore Gesù Cristo.
La spiritualità di comunione è quel modo di vivere nella comunità che vede i
suoi membri stringersi a Cristo, come alla pietra angolare, e che li vede stringersi vicendevolmente nella comunione fraterna, come si legge nel libro degli
Atti: “Erano un cuor solo e un’anima sola”.
Le nostre Parrocchie hanno un volto missionario se hanno passione apostolica. E lo sono se i fedeli cercano di essere discepoli così come lo desidera Gesù,
il quale, nell’ultima cena, diceva: “Da questo riconosceranno che siete miei
discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”.
367
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Ogni celebrazione eucaristica, e specialmente quella domenicale, va intesa e
vissuta come un appuntamento nel quale varchiamo il portale d’ingresso
per vivere, come discepoli, l’ascolto della Parola di Dio e per unirci sacramentalmente a Gesù nella santa Eucaristia. E va intesa come grazia che,
di settimana in settimana, ci illumina e ci dà forza per affrontare i giorni
feriali come veri apostoli, testimoni di Gesù nel mondo, al di dentro delle
nostre responsabilità umane e nell’incontro con le persone che Dio mette
sulla nostra strada.
Quanto sto dicendo è stato messo in evidenza negli Orientamenti pastorali dei
Vescovi italiani per questo decennio.
Essi dicono che la comunità fedele al “giorno del Signore”, in particolare alla
celebrazione eucaristica, è da considerare “un anello fondamentale per la comunicazione del Vangelo”.
La celebrazione “dovrà essere condotta a far crescere i fedeli, mediante l’ascolto della Parola e la comunione al Corpo di Cristo, così che possano poi
uscire dalle mura della chiesa con un animo apostolico, aperto alla condivisione e pronto a rendere ragione della speranza che abita i credenti (cfr 1 Pt
3,15). In tal modo la celebrazione eucaristica risulterà luogo veramente significativo dell’educazione missionaria della comunità cristiana” (n. 48).
Domenica 15 febbraio
Celebrazione Eucaristica a Borgolavezzaro
Ho partecipato volentieri alla festa patronale in memoria di santa Giuliana.
Ho voluto portare nella preghiera, in modo particolare, le nuove generazioni.
Mi è parso molto bello che i diciottenni siano stati posti in evidenza durante la
celebrazione e che, al termine della santa Messa, essi abbiano comunitariamente espresso una preghiera di affidamento.
Una cosa è certa: i ragazzi, gli adolescenti e i giovani chiedono alla Chiesa
amore e coraggio; chiedono ascolto e attendono di poter incontrare adulti significativi; hanno importanti scelte personali da compiere e, a tal fine, vanno illuminati e sorretti da validi educatori e da un’esperienza di gruppo che permetta loro di confrontarsi con sincerità e di pensare insieme a ciò che possono fare
in favore dell’uomo e del miglioramento della società. I giovani sono il più grande capitale sociale di cui disponiamo e questo capitale attende, anzitutto da
parte dei giovani stessi e poi degli adulti, di essere valorizzato e accresciuto.
Occorre molta premura nel dedicarci a questo compito perché vi è il rischio che
un grande tesoro rimanga inutilizzato o vada perduto.
In favore delle nuove generazioni chiedo che non manchi in nessuna delle
nostre parrocchie amore e coraggio. Chiedo pure che le nostre parrocchie si
sostengano vicendevolmente per affrontare con maggior vigore e razionalità la
responsabilità educativa. Quest’ultimo punto ha suggerito l’incontro che si è
tenuto a Tornaco nel pomeriggio della stessa domenica con adolescenti e giovani di tutta l’Unità Pastorale: voleva essere un segnale della volontà di camminare insieme.
368
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Mi piace aggiungere che una celebrazione come quella che ho vissuto a
Borgolavezzaro nella festa di santa Giuliana mi ha condotto a considerare
quanto sia giusto mantenere in vita le nostre parrocchie: sono vere comunità;
e tutti, in qualche misura, possono usufruire della ricchezza di una tradizione
e di momenti anche solenni di gioia e di festa.
Aggiungo ancora un invito. Durante l’omilia ho chiesto a tutti i fedeli un proposito: che, soprattutto di domenica, varchino il portale della chiesa avendo
nel cuore il desiderio di ascoltare la parola del Signore e di stringere comunione con lui, per poi uscire dallo stesso portale per essere apostoli e testimoni
del Signore nella vita quotidiana, sulle strade del mondo. È un invito importante. Se lo si accoglierà realmente, la qualità della vita cristiana della comunità ne guadagnerà molto.
Incontro con educatori e animatori degli Oratori
L’incontro che abbiamo vissuto nel salone dell’oratorio di Tornaco, che però
coinvolgeva tutte le Parrocchie dell’Unità Pastorale, è stato molto ben preparato e condotto. La presenza dei giovani mi è sembrata significativa e motivo di
speranza per il futuro. Partecipando a tale incontro avevo coscienza di vivere
un momento molto rilevante per il futuro. I temi che sono stati fatti emergere
richiedono molta riflessione e anche qualche scelta concreta.
Può suggerirci come favorire che l’Oratorio sia un luogo di formazione
cristiana, e non semplicemente un punto di aggregazione?
Sono da considerare due dimensioni dell’Oratorio. C’è una dimensione stabile e può essere indicata affermando che si tratta di un luogo la cui fisionomia è quella di essere strumento per una proposta di vita, così che i ragazzi e
i giovani crescano.
C’è poi una dimensione variabile. L’Oratorio di quarant’anni fa era anche luogo nel quale vi era l’unico campo di calcio del paese; era anche l’unico luogo
per vedere la TV. Non è così oggi. Molte strutture comunali sono sorte. Ai
ragazzi vengono rivolte mille proposte. L’Oratorio deve quindi adattarsi con tutto quello che è necessario per poter portare avanti la finalità di sempre.
Penso a don Bosco, che in certo senso, ha inventato l’Oratorio. Egli aderiva
a tutto quello che di buono c’era nei ragazzi e ne favoriva la crescita. C’era dunque spazio per il gioco, il teatro, la conversazione a tu per tu, la preghiera. Don
Bosco deve rimanere il nostro esempio (l’Oratorio di Tornaco è proprio a lui
dedicato!).
Può indicarci i tratti fondamentali che devono coltivare, in termini di
formazione umana e spirituale, coloro che portano una responsabilità nei
confronti dei ragazzi, degli adolescenti, dei giovani?
Vi è anzitutto da coltivare “l’umanità” dell’educatore. Essa vuol dire sorriso,
dialogo, contatto, stare “insieme con” i ragazzi, coltivare la familiarità, voler
bene a tutti. Va dunque ritenuto un grave errore che gli educatori facciano
gruppetto tra loro durante le ore di presenza dei ragazzi e degli adolescenti.
Vi è poi da coltivare la “competenza” dell’educatore. L’educatore non si
369
LA PAROLA
DEL VESCOVO
improvvisa. Deve formarsi. Questa esigenza investe coloro che sono educatori
nella scuola e, ancor prima, riguarda i genitori. Evidentemente anche l’assunzione di responsabilità nella vita ecclesiale richiede competenza.
Vi è poi da coltivare la “vita spirituale”. Gli educatori dell’Oratorio devono
essere per tutti i ragazzi – quelli fedeli, quelli un po’ lontani, persino per i non
cristiani – dei discepoli di Gesù. Tutti lo devono poter avvertire. Ciò richiede
coltivazione della vita spirituale da parte di ogni educatore: preghiera, Parola
di Dio, sacramenti, spazi di silenzio.
Vi è infine da coltivare “lo spirito ecclesiale”. Il servizio degli educatori e degli
animatori avviene nella Chiesa e a nome della Chiesa. Va dunque riscoperta e
coltivata la coscienza ecclesiale: quella di appartenere alla comunità dei discepoli di Gesù, stretti attorno a lui e che fanno unità tra di loro, così come Gesù
chiedeva ai primi discepoli.
Quali scelte ritiene prioritarie perché si possa dire che si fa una proposta seria ai giovani?
a) La proposta formativa
Questa scelta chiede che si dia una mano ai giovani attorno a quattro questioni: fede, vocazione, professione, vita nella società. Ho già avuto occasione
di parlarne alla Commissione di Pastorale Giovanile diocesana il 18 settembre
2008 a Borgomanero.
Quanto alla fede, si tratta della crescita dei ragazzi e dei giovani nella conoscenza e nell’amore del Signore.
Quanto alla vocazione, si fa riferimento alla scoperta della volontà di Dio sulla propria vita, per poi dire: “Eccomi, Padre, per fare la tua volontà”. Penso alla
vocazione cristiana alla famiglia e alla vocazione per dedicarsi totalmente a Dio
nel sacerdozio o nella vita consacrata.
Quanto alla professione, occorre coltivare la preparazione a un lavoro, l’acquisizione di conoscenze e competenze necessarie per assumersi le proprie
responsabilità. In vista di questo obiettivo, il lavoro educativo svolto tra gli adolescenti e i giovani deve essere aperto e lavorare nell’oggi pensando al domani.
Quanto alla vita sociale, si tratta di orientare a prendere parte attiva alla vita
della città. In vista di far crescere i ragazzi e i giovani che, arrivati all’età adulta, siano preparati ad operare nel mondo “da cristiani”.
Gli Oratori e i gruppi adolescenti/giovani sono chiamati a sollecitare il ragazzo a leggere la propria vita dentro il contesto della società e a tenere ben aperti gli occhi sul cammino dei popoli nel mondo.
b) Stare insieme
Una seconda scelta riguarda lo stare insieme per coltivare l’amicizia e fare
esperienza di gruppo. A proposito di quest’ultima, essa va iniziata già l’anno
che precede la celebrazione del sacramento della Confermazione. Se penso, in
particolare, ai preadolescenti e adolescenti delle Parrocchie della vostra Unità
Pastorale, propongo che si viva il più possibile il cammino nelle singole
Parrocchie e che, nel medesimo tempo, si prevedano momenti di incontro e di
attività comuni a livello di Unità Pastorale.
370
LA PAROLA
DEL VESCOVO
c) Gli “altri”
Alla domanda circa il modo secondo il quale i nostri ragazzi e adolescenti
devono incontrare gli altri, ho risposto anzitutto dicendo che l’incontro avviene già ogni giorno perché anche coloro che possono essere chiamati i “lontani”, in realtà sono vicini: spesso sono i compagni di banco nelle ore di scuola.
Nei loro confronti ci sono due scelte importanti da adottare. La prima è quella dello stile con cui vengono trattati, sia che frequentino la chiesa, sia che non
la frequentino; sia quelli gentili, sia quelli antipatici. Tutti devono poter vedere in un giovane cristiano l’amore suggerito dal Vangelo: vicinanza, collaborazione, rispetto. La seconda scelta è quella di non dare scandalo al Vangelo con
uno stile di vita o con ragionamenti contrari al Vangelo. Ciò che fa problema in
un giovane cristiano non è tanto che talvolta sbagli o pecchi. Quando chi sbaglia ammette l’errore, tutto viene superato. A fare scandalo e ad allontanare dal
Vangelo e dalla Chiesa è invece lo stile di chi formalmente si dichiara cristiano, ma poi va per una strada del tutto mondana.
d) Essere ascoltati
E infine, mi soffermo proprio sul tema del rapporto dei ragazzi cristiani con
la Chiesa. Ho ricordato ciò che diceva Giovanni Paolo II: “La Chiesa ha molto
da dire ai giovani; i giovani hanno molto da dire alla Chiesa”. Il primo aspetto
si lega al fatto che la Chiesa ha “il pensiero” di Cristo, la luce di Cristo: realtà
importantissime per i giovani (e non solo per loro). Il secondo si lega al fatto
che nessuno, quanto i giovani, può aiutare la Chiesa a comprendere il presente
e ad affrontarlo tenendo conto delle situazioni nuove con le quali fare i conti in
tutto il lavoro che si connette con la missione ricevuta da Gesù.
Celebrazione eucaristica a Tornaco
Anche per questa celebrazione ho visto una buona presenza. All’omilia ho commentato la lettera che, il mattino stesso di quella domenica, avevo sentito leggere da parte dei diciottenni a Borgolavezzaro. L’ho brevemente commentata.
Vi ho colto anzitutto uno sguardo attorno a ciò che veniva caratterizzato con
il termine “incertezza”. Si aggiungeva che tale situazione richiede di “pensare”,
di avere un grande amore per la ricerca della “verità”.
Vi ho colto poi uno sguardo su di sé. Ciò era in concreto inteso come richiesta del dono del discernimento: “Lampada sui miei passi è la tua parola, luce
sul mio cammino”.
Si faceva riferimento ai nuovi strumenti tecnologici e ciò mi ha condotto a
dire: “Essi non hanno coscienza; la coscienza devi averla tu. Metti sempre in
questione te stesso e fatti responsabile di te. Fuggi dalla irresponsabilità perché essa ti impedisce di diventare grande e ti conduce su sentieri sbagliati”.
Si è fatto riferimento anche alla preghiera e ai sacramenti. Sì, è giusto e molto importante perché Dio è Qualcuno e aspetta che tu gli parli (come scriveva
nel ’68 uno studente di Harvard sul vetro della finestra della scuola: “Dio non
è morto: gli ho parlato stamattina”); lo Spirito Santo è il maestro interiore: non
soffocare lo Spirito e fanne invece il tuo respiro; tratta sempre Dio come il
Padre e Gesù come fratello.
371
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Si faceva riferimento al bambino e al giovane e questo mi faceva tornare alla
mente la parola di Gesù: “Se non diventerete come bambini…”, non nel senso
di diventare infantili, bensì limpidi di dentro e semplici. E l’altra parola di Gesù:
“Giovane, dico a te: «Alzati!»”. Si rivolgeva al figlio della vedova di Nain, che era
morto. Lo dice ad ogni giovane di oggi, anche a chi fosse morto di dentro.
E infine, con la loro preghiera, i diciottenni si mettevano in paragone con gli
altri giovani. Una cosa è certa: come ho già accennato, un’esperienza di comunità aiuta ogni giovane, a condizione che la vita di gruppo sia fatta di rispetto,
di ascolto, di espressione di se stessi in tutto ciò che di meglio si è e si ha. E
inoltre lo aiuta il chinarsi sugli altri, sulle loro attese, sulle loro solitudini.
Perché solo chi spende la sua vita la trova, mentre chi pensa egoisticamente a
se stesso la sciupa. Era un messaggio lanciato da Giovanni Paolo II nella
Giornata Mondiale della Gioventù del 2000.
Sabato 14 e domenica 22 marzo
Celebrazioni eucaristiche a Garbagna, Nibbiola, Terdobbiate
Garbagna e Nibbiola
Sabato 14 marzo ho celebrato la santa Messa a Garbagna. Vi ho trovato un
ambiente sereno e ringrazio don Andrea Mosca per il lavoro generoso e intelligente che sta portando avanti.
Condivido la sua scelta di privilegiare, in questo periodo, anzitutto i bambini e i ragazzi. Mi sembra una scelta missionaria che prepara bene il futuro.
Condivido anche la lettura che fa del compito del sacerdote: il Vangelo ci conduce al cuore della vita delle persone. Si tratta per noi di una grande opportunità: quella di aiutare le persone a crescere. La consapevolezza che proprio di
questo si tratta può diventare motivazione che resiste anche di fronte alle difficoltà. Spendere le nostre energie per poggiare la vita delle persone, a cominciare dai ragazzi, su quella roccia che è Gesù è veramente una forma straordinaria di amore per l’uomo. Sono pure contento del fatto che don Andrea si sta
impegnando a insegnare a pregare, sia ai bambini sia agli adulti. La gente ha
davvero bisogno di un maestro che indichi i passi della preghiera.
Domenica 22 marzo ho celebrato a Nibbiola. Anche qui ho colto nelle parole
introduttive di don Andrea Mosca un vivo senso ecclesiale, così importante
perché le singole parrocchie si leggano nel contesto della Chiesa diocesana e
della Chiesa universale. La partecipazione dell’assemblea mi è sembrata attenta e serena. Di questo ringrazio Dio e invito ad avere fiducia nel suo aiuto per
il futuro.
Terdobbiate
Domenica 22 marzo ho celebrato anche a Terdobbiate. L’essere arrivato in
anticipo mi ha consentito di incontrare a una a una molte persone, a cominciare dal sig. Sindaco.
Don Tino Temporelli, al quale esprimo i più vivi auguri avendo egli assunto
da poco tempo la responsabilità pastorale della parrocchia di Terdobbiate, ha
372
LA PAROLA
DEL VESCOVO
introdotto la celebrazione ricordando che il Vescovo, in un certo senso, è il parroco di tutte le comunità. Al loro interno i sacerdoti, in unità sacramentale con
tutto il presbiterio, diventano i primi collaboratori del Vescovo. Anche don
Ernesto Bozzini, Vicario dell’Ovest Ticino, è intervenuto ricordando il percorso
svolto dal Vescovo in questi mesi visitando diverse parrocchie in vista di un
lavoro comune nel quadro dell’Unità Pastorale, mirando a sostenere nel migliore dei modi le responsabilità e il cammino delle singole parrocchie.
La pagina biblica di questa domenica (IV di Quaresima / B) era straordinaria. Riferiva l’incontro notturno di Nicodemo con Gesù. In poche righe di rivelazione vera e propria, Gesù affermava due grandi verità: che Dio è amore e
che egli stesso, accolto nella nostra vita, ne diventa la luce. Sono stato condotto a dire che la testimonianza cristiana c’è quando, attraverso di noi, si visibilizza l’amore di Dio e quando la nostra vita non è più tenebra che genera
tenebra, ma luce che riflette luce.
Conclusione
1. È da riprendere il senso principale di questa Visita all’Unità Pastorale. Ne
ho fatto cenno in apertura della celebrazione eucaristica a Gravellona
Lomellina e a Borgolavezzaro e nell’incontro con gli operatori pastorali,
quando ho fatto esplicito riferimento alla Nota Pastorale dei Vescovi italiani
che ha fatto seguito al Convegno ecclesiale di Verona.
2. Sarei lieto che si riprendessero le domande che mi sono state poste a
Vespolate il 18 gennaio.
3. Sarebbe bene riprendere le domande e le risposte emerse nel dialogo tra gli
animatori-catechisti e il Vescovo, svoltosi nel salone dell’Oratorio di Tornaco
e nell’omilia svolta nella chiesa parrocchiale di Tornaco.
4. Dai colloqui con i sacerdoti (13 febbraio) e dall’incontro con gli operatori
pastorali (13 febbraio) ho colto alcuni passi da compiere come Unità
Pastorale:
- momenti e ritmi favorevoli a coltivare la comunione e collaborazione tra i
sacerdoti;
- iniziative necessarie per un’adeguata formazione degli operatori pastorali;
- tempi e luoghi da affrontare con premura per garantire un valido accompagnamento educativo dei pre-adolescenti, degli adolescenti e dei giovani;
- costituzione di un “Centro di ascolto” Caritas di Unità Pastorale.
In rapporto a questo cammino darà il suo contributo specifico il sacerdote
nominato “coordinatore”; lo daranno gli altri sacerdoti in rapporto a qualche
capitolo specifico. È da prevedere che in favore del cammino dell’Unità
Pastorale vengano coinvolti, insieme con i sacerdoti, alcuni laici che già portano delle responsabilità nelle loro rispettive parrocchie. A questo proposito,
occorrerà evitare indebite sovrapposizioni con i Consigli Pastorali Parrocchiali.
È possibile individuare un ritmo che, attraverso momenti di Unità Pastorale,
favorisca realmente le parrocchie.
+ Renato Corti
Novara, 23 marzo 2009
373
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Il sacerdozio è l’amore
del cuore di Gesù
Omilia durante il rito di Ordinazione presbiterale
nel 150° anniversario della morte del Curato d’Ars
Novara - Cattedrale , 6 giugno 2009
Saluti cordiali a tutti. Un saluto particolare e intenso a voi che oggi, per l’imposizione delle mani del Vescovo (cfr 2 Tm 1,6), diventate presbiteri della
nostra santa Chiesa. Questo rito sacramentale segnerà tutta la vostra vita “con
il sigillo più necessario ed esigente che ci sia: la salvezza delle anime”1.
Sarete accompagnati da una moltitudine di predecessori che, di generazione
in generazione, hanno dato la testimonianza di essere preti e santi. La nostra
Diocesi ne è ricca, e chiedo a Dio che lo sia anche in futuro: da questo, non da
altro, dipende infatti la vitalità del nostro presbiterio e la bellezza delle nostre
comunità.
A partire dalla prossima festa del Sacro Cuore sarà posto in particolare evidenza, non solo per la nostra Diocesi ma per l’intera Chiesa cattolica, un prete umilissimo e grande. Lo si cita semplicemente chiamandolo il Curato d’Ars.
Si ricorda quest’anno il 150° anniversario della sua morte.
Se voi giovani, che oggi diventate preti, vi lascerete condurre dal suo esempio, il vostro ministero e la vostra vita personale usufruiranno di un prezioso
riferimento. Io stesso, che sono stato ordinato sacerdote nel 1959, sono stato
accompagnato nei miei primi passi dalla Lettera Enciclica che Giovanni XXIII,
da poco eletto sommo Pontefice, dedicò in quell’anno al santo curato d’Ars2.
Anche Giovanni Paolo II ha molto scrutato la figura del Curato d’Ars. Nel
Giovedì Santo 1986 inviò ai Sacerdoti una preziosa lettera. Ricordò i tratti
essenziali del suo ministero ed ebbe cura di metterli in paragone con l’insegnamento del Concilio Vaticano II sul prete e con le circostanze storiche che
hanno segnato gli scorsi decenni e anche gli anni che stiamo ora vivendo.
Il ministero e la vita del Curato d’Ars
Con una formula lapidaria Giovanni Paolo II ha scritto che il Curato d’Ars “si
consacrava essenzialmente all’insegnamento della fede, alla purificazione delle coscienze, e questi due ministeri convergevano verso l’Eucaristia”3.
1 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1986, 1.
2 GIOVANNI XXIII, Lett. Enc. Sacerdotii nostri primordia, 1 agosto 1959.
3 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1986, 6.
374
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Questa sintesi mi ha suggerito la scelta delle pagine bibliche per questa
solenne celebrazione. La pagina del profeta Geremia e i versetti del Salmo 50
sono dedicati al cambiamento del cuore (cfr Ger 31,31-34; Ps 50,1-12). Il brano della prima lettera ai Corinti è quello nel quale Paolo ripensa al primo
annuncio del Vangelo in quella città. Ricorda i suoi timori e la sua trepidazione; e pone in evidenza che Dio ha scelto ciò che è debole e disprezzato dal mondo perché emerga chiaramente che la fede non è fondata “sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio” (1 Cor 1,26-2,5). E infine, la pagina evangelica che
abbiamo sentito proclamare un istante fa è il racconto dell’istituzione
dell’Eucaristia (cfr Lc 22,7-1).
La conversione del cuore
Ciò che “ha rivelato il carisma principale del Curato d’Ars è certamente la sua
instancabile dedizione al sacramento della Penitenza”. E oggi? “Senza il cammino di conversione, il tanto desiderato aggiornamento (voluto dal Concilio) è
destinato a restare superficiale e illusorio”. Solo persone e comunità che si
convertono possono dirsi in cammino. Senza il dinamismo della conversione,
inevitabilmente il cristianesimo resta, al massimo, un vestito che talvolta si
indossa; non esperienza che, di un cuore di pietra, fa un cuore di carne.
***
Voi giovani, che oggi diventate preti, siete chiamati a questo ministero che
“resta senza dubbio il più difficile e il più delicato, il più faticoso e il più esigente”. Presuppone che si ritrovino in voi “delle grandi qualità umane, e
soprattutto una vita spirituale intensa e sincera”. Chiede che siate “assai
disponibili, pronti a dedicarvi il tempo necessario, e anzi, a dargli la priorità
rispetto ad altre attività. I fedeli comprenderanno così il valore che gli conferiamo”.
Chiedo a voi e a tutti i Sacerdoti di considerare attentamente questo ambito
del nostro ministero. Nelle vostre Parrocchie le anime trovino in voi ministri
che “illuminano le coscienze, le perdonano e ridanno loro vigore nel nome del
Signore Gesù”4. È una scelta pastorale urgente. Ciò che è stato fecondo in passato, lo può essere anche oggi.
L’insegnamento della fede
C’è da aggiungere, con Giovanni Paolo II, che il Curato d’Ars “non trascurava in nulla il ministero della Parola, assolutamente necessario per predisporre
alla fede e alla conversione. Giungeva fino a dire: «Nostro Signore, che è la stessa verità, non fa minor conto della sua Parola che del suo Corpo». Si sa il tempo che dedicava nel preparare laboriosamente le prediche della domenica.
Anche “le sue catechesi dei fanciulli costituiscono una parte importante del
suo ministero”. La parola gli “sgorgava dal cuore. Aveva anche il coraggio di
4 Id., 7.
375
LA PAROLA
DEL VESCOVO
denunciare il male in tutte le sue forme. Diceva: «Se un pastore resta muto
vedendo Dio oltraggiato e le anime rovinarsi, guai a lui!»”5.
***
“Cari fratelli Sacerdoti – diceva Giovanni Paolo II –, voi siete ben convinti dell’importanza dell’annuncio del Vangelo, che il Concilio Vaticano II ha messo al
primo posto tra le funzioni del Sacerdote6: dedicatevi ad insegnare la Parola di
Dio «in se stessa», la quale chiama gli uomini alla conversione e alla santità”;
cercate di “arrivare al cuore dei nostri contemporanei, con le loro attese e le
loro incertezze, per suscitare e nutrire la fede”7.
L’Eucaristia al centro del ministero del Sacerdote
L’insegnamento della fede e la purificazione delle coscienze convergono verso l’Eucaristia. Così fu per il Curato d’Ars: “Non bisogna vedere in ciò – dice
Giovanni Paolo II – anche oggi i tre poli del servizio pastorale dei Sacerdoti?”8.
“Il Curato d’Ars iniziava generalmente ognuna delle sue giornate con il ministero del perdono. Ma era felice di orientare i suoi penitenti verso l’Eucaristia”.
Essa sta veramente al centro della sua vita spirituale e di quella pastorale.
Quanto al primo aspetto, diceva che “un prete fa bene ad offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine”9.
Aveva una vivissima percezione spirituale della presenza reale del Signore
nell’Eucaristia. “Passava lunghe ore di adorazione prima dell’alba o alla sera”.
Talvolta, nelle sue omilie, faceva riferimento a Gesù presente nel tabernacolo
e diceva con emozione: “Egli è là!”.
***
Voi che diventate preti oggi farete bene a meditare le pagine del decreto conciliare Presbyterorum ordinis, là dove si sofferma sull’Eucaristia e afferma che
“è nel culto eucaristico che si esercita soprattutto il ministero sacro del presbitero”10.
A tutti i Sacerdoti l’esempio del Curato d’Ars suggerisce anche su questo
capitolo fondamentale “un serio esame di coscienza: quale posto diamo, nella
nostra vita quotidiana, alla santa Messa? Resta essa come nel giorno della
nostra ordinazione – fu il nostro primo atto di Sacerdozio! –, il principio della
nostra azione apostolica e della nostra santificazione personale? Quale cura
mettiamo nel prepararci ad essa? Nel celebrarla? Nel pregare davanti al
Santissimo Sacramento? Nel condurvi i nostri fedeli? Nel fare della nostra
Chiesa la Casa di Dio, verso la quale la presenza divina attira i nostri contemporanei che hanno troppo spesso l’impressione di un mondo vuoto di Dio?”11.
5
6
7
8
9
Id., 9.
Cfr. CONCILIO VATICANO II, Decr. Presbyterorum ordinis, 4.
GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1986, 11.
Id., 6.
“Le Sacerdoce, c’est l’amour du cœur de Jésus” (in Le curé d’Ars. Sa pensée - Son cœur.
Présentés par l’Abbé Bernard Nodet, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, p. 107).
10 Cfr. n. 5.
11 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1986, 8.
376
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Osservazioni conclusive
1. Il giovane Giovanni Maria Vianney, futuro Curato d’Ars, è un esempio di
coraggio per i futuri preti: per i ragazzi, gli adolescenti e i giovani che avvertono
la chiamata del Signore a diventare preti. Egli superò ostacoli di ogni genere:
la tormenta degli anni della rivoluzione francese, le obiezioni del suo papà, la
fatica negli studi avendo dovuto fare, fino ai 19 anni, il contadino. Ma la sua
vocazione era autentica ed egli la seguì senza incertezze. Diventò prete a 29
anni. La grazia della vocazione, quando c’è e viene rispettata come si fa con un
fiore delicato, permette di superare tutti gli ostacoli lungo la vita intera.
Mi rivolgo ai ragazzi, adolescenti e giovani presenti: se Dio vi chiama, ditegli
di sì. Riceverete il centuplo.
2. Il Curato d’Ars è un segno di speranza per i pastori di oggi che soffrono di
un certo deserto spirituale. Al giovane Sacerdote, destinato ad Ars, il Vescovo
disse: “Non c’è molto amor di Dio in quella Parrocchia: voi ve lo porterete”.
Tutta la sua vita fu il segno visibile dell’amore di Dio e molte persone ebbero il
“presentimento di incontrare un santo, un familiare di Dio, capace di leggere
nei cuori, mite e umile sempre. Ciò avvenne in un tempo nel quale la distruzione della Chiesa e della fede stessa era il programma di una rivoluzione politica e sociale. Per la fede molti Sacerdoti divennero martiri, e con loro anche
tanti laici cristiani12.
Per i suoi tempi, veramente terribili, il Curato d’Ars è stato una “grande sfida evangelica”. È andato controcorrente e ha favorito mirabili frutti di conversione. Sono certamente cambiate le difficoltà che oggi la Chiesa, e i Sacerdoti
in primo luogo, devono affrontare. Ma davvero non siamo i primi a conoscere
le difficoltà. In certo senso, il Curato d’Ars è una sfida per noi, preti di oggi,
chiamati ad avere un poco della sua fede e del suo coraggio. E noi stessi siamo chiamati ad essere una sfida evangelica per il nostro tempo. Come si è servito del Curato d’Ars, umanamente mite e indifeso, così il Signore può servirsi
di noi perché la fede dell’uomo di oggi non sia fondata sulla sapienza umana,
ma sulla potenza di Dio (cfr 1 Cor 2,5).
***
Venerdì 19 giugno sarà la festa del Sacro Cuore di Gesù. Il Curato d’Ars diceva che “il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù”; che il Sacerdote doveva dunque avere il cuore di Gesù: gli stessi desideri e la medesima dedizione.
Invito tutta l’assemblea presente in Cattedrale a pregare - in quel giorno e
lungo tutto l’anno sacerdotale raccomandato da Benedetto XVI - perché i preti novelli di quest’anno e tutti i Sacerdoti della nostre Diocesi abbiano il cuore
di Cristo, così che tutti, attraverso di loro, possano incontrare Gesù stesso nella propria vita.
12 id., 5.
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LA PAROLA
DEL
PAPA
“I preti, dono all’umanità”
Lettera ai presbiteri per l’apertura dell’Anno Sacerdotale
in occasione del 150° anniversario della morte del Curato d’Ars
Cari fratelli nel Sacerdozio,
nella prossima solennità del Sacratissimo Cuore
di Gesù, venerdì 19 giugno 2009 – giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione del clero –, ho pensato di indire ufficialmente un
“Anno Sacerdotale” in occasione del 150° anniversario del “dies natalis” di
Giovanni Maria Vianney, il Santo Patrono di tutti i parroci del mondo.1 Tale
anno, che vuole contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento
di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica
nel mondo di oggi, si concluderà nella stessa solennità del 2010. “Il Sacerdozio
è l’amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars.2 Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma
anche per la stessa umanità. Penso a tutti quei presbiteri che offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l’umile e quotidiana proposta delle parole e dei
gesti di Cristo, cercando di aderire a Lui con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza. Come non sottolineare le loro fatiche
apostoliche, il loro servizio infaticabile e nascosto, la loro carità tendenzialmente universale? E che dire della fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che,
pur tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione: quella di
“amici di Cristo”, da Lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati?
Io stesso porto ancora nel cuore il ricordo del primo parroco accanto al quale esercitai il mio ministero di giovane prete: egli mi lasciò l’esempio di una
dedizione senza riserve al proprio servizio pastorale, fino a trovare la morte nell’atto stesso in cui portava il viatico a un malato grave. Tornano poi alla mia
memoria gli innumerevoli confratelli che ho incontrato e che continuo ad
incontrare, anche durante i miei viaggi pastorali nelle diverse nazioni, generosamente impegnati nel quotidiano esercizio del loro ministero sacerdotale. Ma
l’espressione usata dal Santo Curato evoca anche la trafittura del Cuore di
Cristo e la corona di spine che lo avvolge. Il pensiero va, di conseguenza, alle
innumerevoli situazioni di sofferenza in cui molti sacerdoti sono coinvolti, sia
perché partecipi dell’esperienza umana del dolore nella molteplicità del suo
manifestarsi, sia perché incompresi dagli stessi destinatari del loro ministero:
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LA PAROLA
DEL
PAPA
come non ricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nella loro
missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimonianza del sangue?
Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la
Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in
tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei
suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono
di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti.
A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria
Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento: il Curato
d’Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d’essere un dono
immenso per la sua gente: “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di
Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia
e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”.3 Parlava del sacerdozio
come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana: “Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro
Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia...”.4
E spiegando ai suoi fedeli l’importanza dei sacramenti diceva: “Tolto il sacramento dell’Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel
tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per
l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E
se quest’anima viene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà
la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui
stesso non si capirà bene che in cielo”.5 Queste affermazioni, nate dal cuore
sacerdotale del santo parroco, possono apparire eccessive. In esse, tuttavia, si
rivela l’altissima considerazione in cui egli teneva il sacramento del sacerdozio.
Sembrava sopraffatto da uno sconfinato senso di responsabilità: “Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma
di amore... Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra...
Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre
la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta;
egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... Lasciate una
parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non
è prete per sé, lo è per voi”.6
Era giunto ad Ars, un piccolo villaggio di 230 abitanti, preavvertito dal
Vescovo che avrebbe trovato una situazione religiosamente precaria: “Non c’è
molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce ne metterete”. Era, di conseguenza, pienamente consapevole che doveva andarvi ad incarnare la presenza
di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica: “[Mio Dio], accordatemi la
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conversione della mia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete
per tutto il tempo della mia vita!”, fu con questa preghiera che iniziò la sua
missione.7 Alla conversione della sua parrocchia il Santo Curato si dedicò con
tutte le sue energie, ponendo in cima ad ogni suo pensiero la formazione cristiana del popolo a lui affidato. Cari fratelli nel Sacerdozio, chiediamo al
Signore Gesù la grazia di poter apprendere anche noi il metodo pastorale di
san Giovanni Maria Vianney! Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare è la
sua totale identificazione col proprio ministero. In Gesù, Persona e Missione
tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo
“Io filiale” che, da tutta l’eternità, sta davanti al Padre in atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà. Con umile ma vera analogia, anche il
sacerdote deve anelare a questa identificazione. Non si tratta certo di dimenticare che l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità
del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità
generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva
del ministro. Il Curato d’Ars iniziò subito quest’umile e paziente lavoro di
armonizzazione tra la sua vita di ministro e la santità del ministero a lui affidato, decidendo di “abitare” perfino materialmente nella sua chiesa parrocchiale: “Appena arrivato egli scelse la chiesa a sua dimora... Entrava in chiesa
prima dell’aurora e non ne usciva che dopo l’Angelus della sera. Là si doveva
cercarlo quando si aveva bisogno di lui”, si legge nella prima biografia.8
L’esagerazione devota del pio agiografo non deve farci trascurare il fatto che
il Santo Curato seppe anche “abitare” attivamente in tutto il territorio della sua
parrocchia: visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava
missioni popolari e feste patronali; raccoglieva ed amministrava denaro per le
sue opere caritative e missionarie; abbelliva la sua chiesa e la dotava di arredi
sacri; si occupava delle orfanelle della “Providence” (un istituto da lui fondato)
e delle loro educatrici; si interessava dell’istruzione dei bambini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui.
Il suo esempio mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l’unico
popolo sacerdotale 9 e in mezzo ai quali, in virtù del sacerdozio ministeriale, si
trovano “per condurre tutti all’unità della carità, ‘amandosi l’un l’altro con la
carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza’ (Rm 12,10)”.10 È da
ricordare, in questo contesto, il caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano
II incoraggia i presbiteri a “riconoscere e promuovere sinceramente la dignità
dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione della Chiesa…
Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell’attività umana, in modo da poter insieme a loro riconoscere i
segni dei tempi”.11
Ai suoi parrocchiani il Santo Curato insegnava soprattutto con la testimonianza della vita. Dal suo esempio i fedeli imparavano a pregare, sostando
volentieri davanti al tabernacolo per una visita a Gesù Eucaristia.12 “Non c’è
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LA PAROLA
DEL
PAPA
bisogno di parlar molto per ben pregare” – spiegava loro il Curato - “Si sa che
Gesù è là, nel santo tabernacolo: apriamogli il nostro cuore, rallegriamoci della sua santa presenza. È questa la migliore preghiera”.13 Ed esortava: “Venite
alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter
vivere con Lui...14 “È vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno!”.15 Tale
educazione dei fedeli alla presenza eucaristica e alla comunione acquistava
un’efficacia particolarissima, quando i fedeli lo vedevano celebrare il Santo
Sacrificio della Messa. Chi vi assisteva diceva che “non era possibile trovare
una figura che meglio esprimesse l’adorazione... Contemplava l’Ostia amorosamente”.16 “Tutte le buone opere riunite non equivalgono al sacrificio della
Messa, perché quelle sono opere di uomini, mentre la Santa Messa è opera di
Dio»,17 diceva. Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore della
vita di un prete: «La causa della rilassatezza del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compiangere un prete che celebra come
se facesse una cosa ordinaria!”.18 Ed aveva preso l’abitudine di offrire sempre,
celebrando, anche il sacrificio della propria vita: “Come fa bene un prete ad
offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine!”.19
Questa immedesimazione personale al Sacrificio della Croce lo conduceva –
con un solo movimento interiore – dall’altare al confessionale. I sacerdoti non
dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a
constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento. Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più
frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i
fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al
tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la
Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata “il grande ospedale delle anime”.20 “La grazia che egli
otteneva [per la conversione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua!”, dice il primo biografo.21 Il
Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: “Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui”.22 “Questo buon Salvatore è così colmo
d’amore che ci cerca dappertutto”.23
Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: “Incaricherò i miei ministri di
annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita”.24 Dal Santo Curato d’Ars noi sacerdoti possiamo imparare
non solo un’inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga
a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il meto-
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PAPA
do del “dialogo di salvezza” che in esso si deve svolgere. Il Curato d’Ars aveva
una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti. Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in
lui l’incoraggiamento ad immergersi nel “torrente della divina misericordia” che
trascina via tutto nel suo impeto. E se qualcuno era afflitto al pensiero della
propria debolezza e incostanza, timoroso di future ricadute, il Curato gli rivelava il segreto di Dio con un’espressione di toccante bellezza: “Il buon Dio sa
tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dio che si spinge fino a
dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci!”.25 A chi, invece, si
accusava in maniera tiepida e quasi indifferente, offriva, attraverso le sue stesse lacrime, la seria e sofferta evidenza di quanto quell’atteggiamento fosse
“abominevole”: “Piango perché voi non piangete”,26 diceva. “Se almeno il
Signore non fosse così buono! Ma è così buono! Bisogna essere barbari a comportarsi così davanti a un Padre così buono!”.27 Faceva nascere il pentimento
nel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, la sofferenza
di Dio per i peccati quasi “incarnata” nel volto del prete che li confessava. A
chi, invece, si presentava già desideroso e capace di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità dell’amore, spiegando l’indicibile bellezza di
poter vivere uniti a Dio e alla sua presenza: “Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto
con Dio, tutto per piacere a Dio... Com’è bello!”.28 E insegnava loro a pregare:
“Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t’ami”.29
Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso del
Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell’Amore: Deus caritas est (1 Gv 4,8). Con la Parola e
con i Sacramenti del suo Gesù, Giovanni Maria Vianney sapeva edificare il suo
popolo, anche se spesso fremeva convinto della sua personale inadeguatezza,
al punto da desiderare più volte di sottrarsi alle responsabilità del ministero
parrocchiale di cui si sentiva indegno. Tuttavia con esemplare obbedienza
restò sempre al suo posto, perché lo divorava la passione apostolica per la salvezza delle anime. Cercava di aderire totalmente alla propria vocazione e missione mediante un’ascesi severa: “La grande sventura per noi parroci - deplorava il Santo - è che l’anima si intorpidisce” 30; ed intendeva con questo un
pericoloso assuefarsi del pastore allo stato di peccato o di indifferenza in cui
vivono tante sue pecorelle. Egli teneva a freno il corpo, con veglie e digiuni, per
evitare che opponesse resistenze alla sua anima sacerdotale. E non rifuggiva
dal mortificare se stesso a bene delle anime che gli erano affidate e per contribuire all’espiazione dei tanti peccati ascoltati in confessione. Spiegava ad un
confratello sacerdote: “Vi dirò qual è la mia ricetta: dò ai peccatori una penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto”.31 Al di là delle concrete penitenze a cui il Curato d’Ars si sottoponeva, resta comunque valido per tutti il
nucleo del suo insegnamento: le anime costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente
al “caro prezzo” della redenzione.
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LA PAROLA
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PAPA
Nel mondo di oggi, come nei difficili tempi del Curato d’Ars, occorre che i presbiteri nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza evangelica. Ha giustamente osservato Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta più
volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei
testimoni”.32 Perché non nasca un vuoto esistenziale in noi e non sia compromessa l’efficacia del nostro ministero, occorre che ci interroghiamo sempre di
nuovo: “Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? È vero che essa è il
nutrimento di cui viviamo, più di quanto lo siano il pane e le cose di questo
mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di
questa Parola al punto che essa realmente dia un’impronta alla nostra vita e
formi il nostro pensiero?”.33 Come Gesù chiamò i Dodici perché stessero con
Lui (cfr Mc 3,14) e solo dopo li mandò a predicare, così anche ai giorni nostri
i sacerdoti sono chiamati ad assimilare quel “nuovo stile di vita” che è stato
inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli.34
Fu proprio l’adesione senza riserve a questo “nuovo stile di vita” che caratterizzò l’impegno ministeriale del Curato d’Ars. Il Papa Giovanni XXIII nella
Lettera enciclica Sacerdotii nostri primordia, pubblicata nel 1959, primo centenario della morte di san Giovanni Maria Vianney, ne presentava la fisionomia
ascetica con particolare riferimento al tema dei “tre consigli evangelici”, giudicati necessari anche per i presbiteri: “Se, per raggiungere questa santità di
vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del
Signore, come la via regolare della santificazione cristiana”.35 Il Curato d’Ars
seppe vivere i “consigli evangelici” nelle modalità adatte alla sua condizione di
presbitero. La sua povertà, infatti, non fu quella di un religioso o di un monaco, ma quella richiesta ad un prete: pur maneggiando molto denaro (dato che
i pellegrini più facoltosi non mancavano di interessarsi alle sue opere di
carità), egli sapeva che tutto era donato alla sua chiesa, ai suoi poveri, ai suoi
orfanelli, alle ragazze della sua “Providence”,36 alle sue famiglie più disagiate.
Perciò egli “era ricco per dare agli altri ed era molto povero per se stesso”.37
Spiegava: “Il mio segreto è semplice: dare tutto e non conservare niente”.38
Quando si trovava con le mani vuote, ai poveri che si rivolgevano a lui diceva
contento: “Oggi sono povero come voi, sono uno dei vostri”.39 Così, alla fine
della vita, poté affermare con assoluta serenità: “Non ho più niente. Il buon
Dio ora può chiamarmi quando vuole!”.40 Anche la sua castità era quella
richiesta a un prete per il suo ministero. Si può dire che era la castità conveniente a chi deve toccare abitualmente l’Eucaristia e abitualmente la guarda
con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli. Dicevano di lui che “la castità brillava nel suo sguardo”, e i fedeli se ne
accorgevano quando egli si volgeva a guardare il tabernacolo con gli occhi di
un innamorato.41 Anche l’obbedienza di san Giovanni Maria Vianney fu tutta incarnata nella sofferta adesione alle quotidiane esigenze del suo ministero.
È noto quanto egli fosse tormentato dal pensiero della propria inadeguatezza
al ministero parrocchiale e dal desiderio di fuggire “a piangere la sua povera
vita, in solitudine”.42 Solo l’obbedienza e la passione per le anime riuscivano
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LA PAROLA
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PAPA
a convincerlo a restare al suo posto. A se stesso e ai suoi fedeli spiegava: “Non
ci sono due maniere buone di servire Dio. Ce n’è una sola: servirlo come lui
vuole essere servito”.43 La regola d’oro per una vita obbediente gli sembrava
questa: “Fare solo ciò che può essere offerto al buon Dio”.44
Nel contesto della spiritualità alimentata dalla pratica dei consigli evangelici,
mi è caro rivolgere ai sacerdoti, in quest’Anno a loro dedicato, un particolare
invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le
nuove Comunità. “Lo Spirito nei suoi doni è multiforme… Egli soffia dove vuole. Lo fa in modo inaspettato, in luoghi inaspettati e in forme prima non
immaginate… ma ci dimostra anche che Egli opera in vista dell’unico Corpo e
nell’unità dell’unico Corpo”.45 A questo proposito, vale l’indicazione del
Decreto Presbyterorum ordinis: “Sapendo discernere quali spiriti abbiano origine da Dio, (i presbiteri) devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili
che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza”.46 Tali doni che spingono non pochi
a una vita spirituale più elevata, possono giovare non solo per i fedeli laici ma
per gli stessi ministri. Dalla comunione tra ministri ordinati e carismi, infatti,
può scaturire “un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in
ogni angolo del mondo”.47 Vorrei inoltre aggiungere, sulla scorta
dell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis del Papa Giovanni Paolo II, che
il ministero ordinato ha una radicale ‘forma comunitaria’ e può essere assolto
solo nella comunione dei presbiteri con il loro Vescovo.48 Occorre che questa
comunione fra i sacerdoti e col proprio Vescovo, basata sul sacramento
dell’Ordine e manifestata nella concelebrazione eucaristica, si traduca nelle
diverse forme concrete di una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva.49
Solo così i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno
capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione del Vangelo.
L’Anno Paolino che volge al termine orienta il nostro pensiero anche verso
l’Apostolo delle genti, nel quale rifulge davanti ai nostri occhi uno splendido
modello di sacerdote, totalmente “donato” al suo ministero. “L’amore del Cristo
ci possiede – egli scriveva – e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti,
dunque tutti sono morti” (2 Cor 5,14). Ed aggiungeva: “Egli è morto per tutti,
perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2 Cor. 5,15). Quale programma migliore potrebbe essere
proposto ad un sacerdote impegnato ad avanzare sulla strada delle perfezione
cristiana?
Cari sacerdoti, la celebrazione del 150.mo anniversario della morte di san
Giovanni Maria Vianney (1859) segue immediatamente le celebrazioni appena
concluse del 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes (1858). Già nel
1959 il beato Papa Giovanni XXIII aveva osservato: “Poco prima che il Curato
d’Ars concludesse la sua lunga carriera piena di meriti, la Vergine Immacolata
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era apparsa, in un’altra regione di Francia, ad una fanciulla umile e pura, per
trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un
secolo, l’immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote, di
cui celebriamo il ricordo, era in anticipo un’illustrazione vivente delle grandi
verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva
per l’Immacolata Concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica
del 1854”.50 Il Santo Curato ricordava sempre ai suoi fedeli che “Gesù Cristo
dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di
quanto egli ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre”.51
Alla Vergine Santissima affido questo Anno Sacerdotale, chiedendole di
suscitare nell’animo di ogni presbitero un generoso rilancio di quegli ideali di
totale donazione a Cristo ed alla Chiesa che ispirarono il pensiero e l’azione del
Santo Curato d’Ars. Con la sua fervente vita di preghiera e il suo appassionato amore a Gesù crocifisso Giovanni Maria Vianney alimentò la sua quotidiana donazione senza riserve a Dio e alla Chiesa. Possa il suo esempio suscitare
nei sacerdoti quella testimonianza di unità con il Vescovo, tra loro e con i laici che è, oggi come sempre, tanto necessaria. Nonostante il male che vi è nel
mondo, risuona sempre attuale la parola di Cristo ai suoi Apostoli nel
Cenacolo: “Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il
mondo” (Gv 16,33). La fede nel Maestro divino ci dà la forza per guardare con
fiducia al futuro. Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull’esempio del Santo
Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di
oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!
Con la mia benedizione.
Dal Vaticano, 16 giugno 2009
BENEDICTUS PP. XVI
Note
1 Tale lo ha proclamato il Sommo Pontefice Pio XI nel 1929.
2 “Le Sacerdoce, c’est l’amour du cœur de Jésus” (in Le curé d’Ars. Sa pensée - Son cœur. Présentés
par l’Abbé Bernard Nodet, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, p. 98). In seguito: Nodet.
L’espressione è citata anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1589.
3 Nodet, p. 101
4 Ibid., p. 97.
5 Ibid., pp. 98-99.
6 Ibid., pp. 98-100.
7 Ibid., 183.
8 Monnin A., Il Curato d’Ars. Vita di Gian-Battista-Maria Vianney, vol. I, ed. Marietti, Torino 1870,
p. 122.
9 Cfr Lumen gentium, 10.
10 Presbyterorum ordinis, 9.
11 Ibid.
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12 «La contemplazione è sguardo di fede fissato su Gesù. “Io lo guardo ed egli mi guarda”, diceva,
al suo santo Curato, il contadino d’Ars in preghiera davanti al Tabernacolo» (Catechismo della
Chiesa Cattolica, n. 2715)
13 Nodet, p. 85.
14 Ibid., p. 114.
15 Ibid., p. 119.
16 Monnin A., o.c., II, pp. 430ss.
17 Nodet, p. 105.
18 Ibid., p. 105.
19 Ibid., p. 104.
20 Monnin A., o. c., II, p. 293.
21 Ibid., II, p. 10.
22 Nodet, p. 128.
23 Ibid., p. 50.
24 Ibid., p. 131.
25 Ibid., p. 130.
26 Ibid., p. 27.
27 Ibid., p. 139.
28 Ibid., p. 28.
29 Ibid., p. 77.
30 Ibid., p. 102.
31 Ibid., p. 189.
32 Evangelii nuntiandi, 41.
33 Benedetto XVI, Omelia nella Messa del S. Crisma, 9.4.2009.
34 Cfr Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea plenaria della Congregazione del Clero, 16.3.2009.
35 P. I.
36 Nome che diede alla casa dove fece accogliere e educare più di 60 ragazze abbandonate. Per
mantenerla era disposto a tutto: “J’ai fait tous les commerces imaginables”, diceva sorridendo
(Nodet, p. 214)
37 Nodet, p. 216.
38 Ibid., p. 215.
39 Ibid., p. 216.
40 Ibid., p. 214.
41 Cfr Ibid., p. 112.
42 Cfr Ibid., pp. 82-84; 102-103.
43 bid., p. 75.
44 Ibid., p. 76.
45 Benedetto XVI, Omelia nella Veglia di Pentecoste, 3.6.2006.
46 N. 9.
47 Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari e della Comunità di
Sant’Egidio, 8.2.2007.
48 Cfr n. 17.
49 Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 74.
50 Lettera enc. Sacerdotii nostri primordia, P. III.
51 Nodet, p. 244.
386
CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO
Diaconato permanente
per il futuro della nostra Chiesa
Sessione del Consiglio Presbiterale
Armeno, 4 maggio 2009
La sessione del Consiglio Presbiterale del 4 maggio scorso aveva all’o.d.g. un
tema importante e complesso:
DIACONATO PERMANENTE
PER IL FUTURO DELLA NOSTRA CHIESA:
UN SERVIZIO MISSIONARIO.
Per consentire ai consiglieri una preparazione adeguata all’incontro, nella
lettera di convocazione erano stati segnalati due documenti.
Il primo era l’intervento di mons. Renato Corti, apparso anche sulla Rivista
Diocesana del febbraio 2009, dal titolo: “Diaconato permanente; discernimento
e formazione”.
Il secondo era il volume che raccoglie gli Atti del Convegno Regionale del Clero
sul tema dei Diaconi Permanenti, svolto al Colle don Bosco, il 29 Maggio 2007.
In particolare si suggeriva la lettura della relazione introduttiva, a firma di
don Giovanni Villata.
La giornata è iniziata con un approfondito intervento sui fondamenti teologici del diaconato permanente e sull’identità dei diaconi permanenti, fatto da
don Maurizio Poletti, responsabile diocesano della loro formazione.
Successivamente è intervenuto don Dino Bottino, il quale ha fornito una
serie di informazioni circa la presenza dei diaconi permanenti nella nostra
Diocesi, partendo da tre punti : il discernimento, il cammino di formazione, il
ministero pastorale.
Circa il discernimento ha fatto notare che l’inizio del cammino risale agli inizi degli anni ‘70 quando il delegato del Vescovo era don Leandro Nida.
Attualmente a Novara i diaconi permanenti viventi sono 17, di cui 6 celibi e 11
coniugati. Vi sono anche alcuni aspiranti in attesa di ammissione e altri osservatori interessati che non hanno ancora fatto il passo decisivo.
Il programma formativo si prefigge quattro obiettivi: la preparazione teologica, spirituale, umana e pastorale.
Don Bottino si è posto la domanda “Diaconi per quale ministero?”. E dopo
387
CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO
aver aggiunto che essi non sono né sottopreti, né superlaici, ha invitato a tener
conto di due elementi essenziali: il radicamento sacramentale del diaconato,
che fa parte del sacramento dell’Ordine e che deriva dall’imposizione della
mani, e la consapevolezza che il diaconato non è per il sacerdozio, ma per il
servizio.
Questo servizio può spaziare in tre dimensioni: parola, liturgia, carità; i diaconi però possono assumere diverse connotazioni a secondo dei tempi, dei luoghi e delle situazioni, in accordo con il loro Vescovo.
Attualmente il ministero dei nostri 17 diaconi si sviluppa in questo modo:
dieci si occupano genericamente della Parrocchia nei vari ambiti
(liturgico, catechistico, oratoriano...);
quattro si occupano in maniera più marcata del campo educativo-culturale;
uno agisce nell’ambito dell’assistenza ai malati.
Interventi dei Consiglieri
Don Pier Mario Ferrari, don Flavio Campagnoli, don Roberto Salsa, don
Albino Finotto, don Renzo Cozzi, don Piero Cerutti, don Ettore Maddalena, don
Francesco Belletti, don Ernesto Bozzini, don Gregorio Pettinaroli, hanno
espresso le loro osservazioni.
Ci sono stati anche ulteriori interventi di don Maurizio Poletti e di don Dino
Bottino, in risposta ad alcune sollecitazioni rivolte loro dai consiglieri.
Un invito
Sarà opportuno riprendere e ad approfondire, oltre alla sintesi del nostro
Vescovo che ha raccolto le varie “risonanze”, anche alcuni elementi della riflessione di don Giovanni Villata, presenti nell’introduzione del volume del testo
citato.
Il volume raccoglie i risultati di una ricerca sul tema del Diaconato permanente in Piemonte, i cui risultati sono stati fatti propri dalla Commissione
Episcopale Piemontese e dalla Commissione Presbiterale Regionale.
Don Villata fa notare che il diaconato permanente ha favorito la comprensione di una Chiesa ministeriale,serva e missionaria.
Ma si è anche domandato a quale modello di Chiesa si ispirano le attività e
le tipologie di diacono oggi maggiormente presenti, e “la risposta – scrive don
Villata - sembra essere questa: E’ una Chiesa che accoglie chi domanda, ma
non va verso chi non cerca. L’esatto opposto di una Chiesa missionaria”.
E suggerisce la necessità di valorizzare il diacono come figura-ponte perché
non è consono al ministero ordinato la sua riduzione alla cura dei fedeli e alla
dimensione cultuale.
Alcune copie della pubblicazione sono disponibili in Curia
Don Carlo Bonasio
388
CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO
DIACONATO
PERMANENTE: UN SERVIZIO MISSIONARIO
Sintesi del Vescovo
Vorrei rileggere il titolo del tema della sessione: “Diaconato permanente per il
futuro della nostra Diocesi: un servizio”. Il tema di oggi tocca il “ministero”. Ci
chiede di guardare al futuro e di chiarire quale dono può essere fatto alla
nostra Chiesa alla sua responsabilità missionaria. Mi concentro in maniera
particolare sul ministero e sulle sue forme, non per trascurare la formazione e
il discernimento, quanto piuttosto per dare evidenza ad alcune possibili forme
del ministero dei diaconi nella nostra Diocesi in futuro.
Ringrazio don Dino Bottino e don Maurizio Poletti per le notevoli introduzioni
che ci hanno offerto. So che, per accompagnare i diaconi permanenti, devono
fare parecchi sacrifici: il trovarsi infatti in una parrocchia grande come quella
del S. Cuore in Novara o in Alta Valsesia, aumenta per loro le difficoltà e richiede maggiore fatica. Grande deve quindi essere la nostra gratitudine nei loro
confronti.
Discernimento e formazione
Non possiamo non tener conto del fatto che il diaconato permanente nella
Chiesa latina è stato assente per numerosi secoli e che, se sono passati circa 50 anni dalla restaurazione del diaconato permanente, non si tratta di
un tempo lungo. Non ci si deve quindi scandalizzare se, a volte, stentiamo
a capirlo e a metterlo in pratica. In questa fase (ma anche nei prossimi 1020 anni) sta avvenendo una interazione tra la dottrina e la prassi.
Partecipando ormai da molti anni, all’interno della CEI, ai lavori sul diaconato permanente, mi sto persuadendo che bisogna fare un grande sforzo
per chiarire la dottrina e che, però, la prassi stessa è un aiuto per la riflessione teologica. Perciò entrambi gli sforzi vanno compiuti cercando di non
irrigidirsi su alcuni punti e accettando la lentezze che forse si manifesteranno anche nel prossimo futuro.
Per quanto riguarda il discernimento vocazionale, sono convinto che la scelta giusta è quella di essere molto rigorosi perché, come ho avuto occasione di
dire in un incontro a Stresa su Rosmini, i diaconi devono essere molto premurosi quanto all’immagine che oggi offrono. Occorre forse anche dire che,
facendo discernimento, andrà tenuto presente che diventare diaconi non è un
modo per promuovere il laicato: ci si metterebbe su un sentiero sbagliato. La
promozione del laicato ha altre strade da seguire.
Quanto alla formazione, è giusto riflettere (come è stato chiesto) sul capitolo
della formazione teologico-culturale per trovare un punto di equilibrio. In Italia
esistono ancora oggi delle scuole destinate in maniera diretta ai futuri diaconi
permanenti. Là dove si segue questa strada, si chiede agli Istituti di Scienze
Religiose di offrire, con il loro contributo, la presenza di un tutor idoneo a
garantire il cammino intellettuale dei futuri diaconi e, nel medesimo tempo,
389
CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO
capaci di tenere in conto il cammino complesso necessario per chi accederà a
un ministero come quello diaconale. In tal modo si pensa di non perdere le
possibili vocazioni e, nel contempo, di non sottovalutare l’esigenza della formazione culturale.
Se penso che ai diaconi è dato come ministero quello di fare l’omilia, occorre dire che proprio tale responsabilità presuppone una quadratura mentale in
senso teologico culturale. Solo in tal modo si potrà garantire un equilibrio nella predicazione. Tenendo conto di questo, credo che vada debitamente
approfondito il servizio da chiedere all’Istituto Superiore di Scienze Religiose e
vada chiaramente indicata la richiesta di frequenza a tale scuola da parte degli
aspiranti al diaconato permanente.
L’orizzonte ecclesiologico del ministero ordinato
Il ministero del diacono va inteso come cooperazione del ministero episcopale. Questo raccordo non va mai dimenticato. In primo piano sta il ministero
episcopale, che viene coadiuvato dai presbiteri e dai diaconi. Entrambi questi
ministeri ordinati devono dunque fare riferimento al ministero del Vescovo. I
grandi ambiti del ministero episcopale sono anche ambiti del ministero presbiterale e diaconale. Il Vescovo, i preti e i diaconi sono tutti introdotti, con
diversa partecipazione, nell’Ordine sacro: vi è dunque una fondamentale unità
a partire dal sacramento. Qualcuno chiama presbiteri e diaconi le “braccia del
Vescovo”, indicando così una figura non tanto “piramidale”, quanto piuttosto
“comunionale”.
Il contesto storico concreto del ministero diaconale
In una relazione svolta a Roma durante un seminario di studio sul diaconato permanente, mons. Borras sosteneva la tesi che le forme concrete del ministero diaconale vanno individuate anche riflettendo sul concreto della vita di
una Chiesa particolare. Gli interventi che ho ascoltato oggi hanno indicato
qualche sentiero di esercizio del ministero diaconale; in particolare vorrei prestare attenzione a quelli che possono esprimere la missionarietà della Chiesa
nella nostra Diocesi.
Forse è il caso di ricordare che, a proposito della forma concreta di ministero, altra è la situazione dei diaconi celibi e altra quella degli sposati. I celibi possono facilmente spostarsi sul territorio diocesano per seguire, ad esempio, una
parrocchia di montagna. Chi invece ha famiglia deve tenere conto delle sue
responsabilità familiari oltre che di quelle professionali. Tenuto conto di questo è giusto favorire vocazioni al diaconato permanente di uomini celibi per i
quali va fatto un discernimento specifico poiché è chiesta loro una consacrazione totale a Dio nel celibato.
Aggiungo che, di regola, i diaconi permanenti ricevono una destinazione
pastorale che si accompagna al loro impegno professionale. Non è escluso
che, in qualche caso, venga loro chiesto dal Vescovo il tempo pieno. In que-
390
CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO
sto secondo caso, la Chiesa dovrà provvedere al sostentamento economico
del diacono. Nel primo caso provvederà invece a quelle che si chiamano le
“spese vive”.
Il volto missionario del ministero diaconale
L’esperienza che sto portando avanti dall’ottobre scorso, vivendo tre giorni
interi in una singola Unità Pastorale, è una nuova forma di presenza del
Vescovo sul territorio. Questa esperienza mi lascia intravedere che, nel futuro,
c’è uno spazio per il diaconato permanente a tale livello, specialmente in alcune parti del vasto territorio diocesano (penso, per esempio, in modo particolare, alle nostre valli; ma non in modo esclusivo). La collaborazione diaconale,
nel contesto dell’Unità Pastorale introduce il diacono in un lavoro plurale che
coinvolge non soltanto i sacerdoti, ma anche i fedeli laici. Peraltro va detto con
chiarezza che il diacono non sostituisce la figura del parroco, e tuttavia può
essere molto prezioso per essere punto di riferimento a proposito dei vari
aspetti della vita delle comunità (catechesi, carità, liturgia). Il riferimento alle
Unità Pastorali mi suggerisce che i diaconi vanno scoperti e incoraggiati il più
possibile sul territorio stesso nel quale poi potranno esercitare il ministero.
Comunicazione della fede
Se mi domando quali forme del ministero diaconale possono dare corpo a
una prospettiva missionaria, mi sembra che si possa rispondere facendo riferimento anzitutto al fronte della “comunicazione della fede”.
Penso al compito di garantire, nella nostra Diocesi, la formazione dei catechisti, degli animatori, dei responsabili dei “gruppi di ascolto del Vangelo”, dei
responsabili dei corsi di preparazione al matrimonio, e in altre forme ancora.
Sempre a proposito della “comunicazione della fede”, riconosco un’altra possibile presenza diaconale sulla frontiera della scuola. Lo dico nel senso che un
diacono permanente – egli stesso insegnante di religione – potrebbe diventare
punto di riferimento, in un Vicariato o anche a livello più ampio, per tutti gli
insegnanti laici di religione presenti sul territorio. Il diacono potrebbe garantire competenza e incisività di un lavoro che sta diventando sempre più difficile
e che rimane una grande opportunità per la Chiesa italiana.
Esercizio della carità
C’è un altro sentiero di ministero diaconale da considerare molto rilevante:
consiste nel fatto che il diacono garantisca – a livello non solo parrocchiale –
che tutti i collaboratori della Caritas ricevano una formazione che permetta
loro non solo di compiere dei gesti di carità, ma anche di avere un orizzonte
mentale che conduca ad esprimere in tutta la sua bellezza e profondità l’amore di Cristo per l’uomo.
Vedo inoltre, come possibile e preziosa nel futuro, la presenza diaconale nei
nostri ospedali, nelle case di cura, nelle case di riposo e in altre realtà analo-
391
CONSIGLIO PRESBITERALE DIOCESANO
ghe, non dimenticando il grande lavoro della visita ai malati nelle parrocchie.
Per quanto riguarda gli ospedali, attualmente il servizio offerto dalla Diocesi va
pensato sempre più come quello di un’équipe che comprenda sacerdoti, diaconi, religiosi/e, laici. Naturalmente un diacono che entra in questi campi della
prossimità deve acquisire anche una competenza professionale adeguata e
dovrà partecipare anche ai corsi offerti, a livello regionale, per i cappellani di
ospedale, sia in senso psicologico che spirituale.
In termini globali, penso ai diaconi permanenti come a persone capaci di
suscitare nelle nostre comunità una diffusa disponibilità al servizio dei fratelli e un coraggioso stile di “prossimità”. È certo che un ministero di questo genere ha una grande valenza profetica. Sia la Caritas che le associazioni caratterizzate dall’impegno per le opere di misericordia, potranno essere arricchite da
una tale presenza diaconale.
Esperienza di preghiera
Rimane importante quell’aspetto del ministero diaconale che si chiama liturgia. L’ho già ricordata parlando dell’omilia, ma si deve aggiungere qualcosa.
Qualche intervento ha raccomandato che i futuri diaconi non interpretino questo ambito fondamentale della vita ecclesiale come un rifugio individualistico.
Se questa attenzione sarà necessaria nel tempo del discernimento e della prima formazione, va però rimarcata fortemente la grande urgenza di fare delle
nostre parrocchie delle “scuole di preghiera”. In questo campo il diacono potrà
affiancare, in particolare, i parroci che devono seguire diverse parrocchie piccole. A loro può essere offerto un aiuto qualitativamente importante perché la
preghiera, anche nei giorni feriali, venga tenuta viva nelle comunità. E inoltre,
potrà essere offerta una collaborazione per la liturgia dei giorni festivi, in caso
necessario anche nella forma di “liturgia della parola” in assenza del presbitero. E infine potranno collaborare alla formazione dei Ministri straordinari della Comunione.
***
Anche a proposito del capitolo amministrativo i diaconi permanenti possono
offrire il loro contributo, specialmente tenendo conto che i parroci sono spesso oberati su questo fronte, sempre più complesso. Probabilmente tale collaborazione potrebbe essere pensata non in riferimento a una singola parrocchia, ma a più parrocchie contemporaneamente. Qualora il diacono venga
coinvolto in questo capitolo, dovrà ricordare che anch’esso va inteso, nelle
nostre parrocchie, come un capitolo propriamente pastorale. È forse il caso di
aggiungere che il diacono permanente potrebbe utilmente seguire la formazione spirituale dei componenti dei Consigli degli affari economici parrocchiali.
Spero che questa sessione del Consiglio Presbiterale possa essere di aiuto ai
sacerdoti per comprendere meglio il senso del diaconato e anche per suggerire eventuali sentieri futuri di tale ministero.
392
ISTITUTO
DEI
SANTI GIULIO E GIULIANO
Formazione dei presbiteri e
dei diaconi permanenti
Istituto dei Santi Giulio e Giuliano
Programma per l’anno pastorale 2009-2010
INTRODUZIONE
Il programma della formazione permanente per l’anno pastorale
2009/2010 tiene presente le diverse prospettive che la nostra Chiesa si è data
nel cammino del suo lavoro pastorale.
Le giornate di studio ad Armeno
Pur restando nell’orizzonte conciliare che ha caratterizzato il lavoro di questo decennio, dopo aver preso in considerazione lo scorso anno le prime due
Parole (la questione di Dio oggi), proseguiremo ora approfondendo il quinto
Comandamento. Questa la formulazione complessiva della tre-giorni:
“Tu non ucciderai”
Aspetti bioetici e sociali del quinto comandamento
Come già detto questa tre-giorni formativa si propone una considerazione
ampia del quinto comandamento, così come esemplarmente proposta nella
sezione ad esso dedicata dal Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr.nn 22582330), attenta a cogliere nel segno del rispetto della vita umana, della sua santità e della sua dignità, problematiche implicate nella bioetica come nella più
ampia morale sociale. La prima giornata intende disegnare le categorie fondamentali entro cui comprendere la quinta Parola del Decalogo, ricostruendo la
sua intelligenza dalle coordinate bibliche alla sua ripresa e sistematizzazione
in teologia-morale come norma sintetica fondamentale. Tale trattazione
domanda illuminazione a partire da una considerazione più ampia della violenza che segna (a differenti livelli) l’esperienza umana e di cui il pensiero filosofico può offrire un peculiare contributo.
Nella seconda giornata il fuoco di interesse si sposta più direttamente sulla bioetica preferendo, ad una considerazione delle singole problematiche, uno
sguardo globale di comprensione sui momenti polari dell’esistenza, segnati da
una strutturale fragilità e meritevoli di rispetto e responsabilità morale: l’umanità del nascere e quella del morire.
393
ISTITUTO
DEI
SANTI GIULIO E GIULIANO
La terza giornata vedrà l’intervento-testimonianza di un promotore di vita in
una società violenta: Mons. Giancarlo Maria Bregantini, Arcivescovo di
Campobasso – Boiano che ci introdurrà alle scelte educative e pastorali della
sua Chiesa. Inoltre, facendoci il dono della Sua presenza all’intera tre-giorni,
aprirà ogni sessione di lavoro con una meditazione ispirata al tema complessivo del nostro cammino.
Nella stessa mattinata lo sguardo si allarga poi sul valore costruttivo e
sociale costituito dalla parola “tu non ucciderai” con due brevi comunicazioni
dedicate al commercio delle armi e al doloroso problema delle morti bianche
sui luoghi di lavoro. Nei due pomeriggi, secondo lo stile della tradizionale
discussione dei “casi di coscienza”, favorendo il coinvolgimento diretto di tutti
i partecipanti, saranno affrontate esemplarmente due problematiche specifiche correlate ai due ambiti di indagine sul comandamento: la questione della
guerra “giusta” e il “testamento biologico”.
Le prime due giornate si apriranno con una breve meditazione a partire da
una icona biblica (uomo violento, uomo fragile): esse verranno proposte da
Mons. Giancarlo Maria Bregantini.
I ritiri del clero
È sembrato giusto ed opportuno offrire un itinerario che tenga presente l’evento straordinario voluto da Papa Benedetto XVI in ricordo del 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars.
I contenuti si ispireranno all’omelia del Vescovo nelle ordinazioni sacerdotali del 6 giugno scorso.
Anche per i preti del I e del II quinquennio di ordinazione viene proposto
un programma di massima per i loro incontri formativi.
Esercizi spirituali
È pure confermato nel mese di febbraio 2010 l’appuntamento diocesano
degli Esercizi spirituali a Bocca di Magra, mentre verranno segnalati ai Vicari
territoriali luoghi e date di Esercizi spirituali per i sacerdoti, così da offrire una
più ampia possibilità di partecipazione a questo fondamentale appuntamento
per la nostra vita spirituale.
Proposta educativa: lavorare in rete
Un novità: mentre si sta avviando il cantiere aperto delle Unità pastorali,
a partire da una sollecitazione fatta in occasione del Consiglio presbiterale del
9 marzo scorso, diversi sacerdoti hanno avvertito la necessità di una proposta
educativa e formativa a lavorare in rete, per un cammino di pastorale unitaria. In proposito i Vicari territoriali sono chiamati ad individuare i sacerdoti
disponibili a partecipare a questa prima esperienza formativa che si terrà, in
forma residenziale, ad Armeno, nei giorni 10-11-12 novembre 2009.
394
ISTITUTO
DEI
SANTI GIULIO E GIULIANO
CALENDARIO GENERALE 2009-2010
A
PER I PRETI E I DIACONI PERMANENTI
1.
2.
«LAVORARE IN RETE»
Corso residenziale
Armeno, 10-11-12 Novembre 2009
Tre giorni del clero e dei diaconi permanenti
e docenti di religione
Armeno, 11-12-13 gennaio 2010
«TU NON UCCIDERAI»
Aspetti bioetici e sociali del quinto comandamento
———
Lunedì 11 gennaio
ore 10,00 Per una ricomprensione del quinto comandamento:
dalla Bibbia alla teologia morale
(Prof. don Maurizio Chiodi)
ore 11,30 Filosofia della violenza?
Le radici antropologiche del comandamento
(Prof. don Piermario Ferrari)
ore 15,00 Il caso: Il ritorno della teoria della guerra giusta
(Prof. don Pier Davide Guenzi)
Martedì 12 gennaio
ore 10,00 Di fronte all’inizio: il rispetto della dignità e della fragilità del vivente
(Prof. Adriano Pessina)
ore 11,30 Di fronte alla fine: per un’etica del morire umano
(Prof. Massimo Reichlin)
ore 15,00 Il caso: Il testamento biologico oltre la questione del bio-diritto
(Prof. don Pier Davide Guenzi)
395
ISTITUTO
DEI
SANTI GIULIO E GIULIANO
Mercoledì 13 gennaio
ore 9,30 Lettura pastorale del tema della Tre giorni:
riflessione e testimonianza di un Vescovo
(Mons. Giancarlo Maria Bregantini)
ore 11,00 Comunicazioni di don Renato Sacco:
Commercio delle armi e guerra
Carlo Colzani (sindacalista):
Morti bianche
Conclusioni
Mons. Renato Corti
3.
ESERCIZI SPIRITUALI
22-26 febbraio 2010
Monastero “Santa Croce” BOCCA DI MAGRA (La Spezia)
Predicatore: Don Andrea Brugnoli, ideatore de “Le sentinelle del mattino”
4.
5.
6.
B
RITIRI
QUARESIMALI AL CLERO NEI
Predicati dal Vescovo
GIOVEDÌ SANTO: MESSA
1 aprile 2010
VICARIATI
CRISMALE
GIORNATA DI FRATERNITÀ SACERDOTALE
10 maggio 2010
PER I PRETI DEL PRIMO E SECONDO QUINQUENNIO
DI ORDINAZIONE
Gli incontri di Formazione Permanente per i sacerdoti giovani sono destinati
al primo decennio di ordinazione. In modo più continuativo e sistematico sono
raggiunti i preti del primo quinquennio. Si tratta di un cammino che intende
favorire l’approfondimento di alcuni capitoli irrinunciabili nell’esperienza iniziale di un giovane prete come l’omelia, l’accompagnamento spirituale delle
persone, in particolare dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani, la pastorale giovanile e quella vocazionale.
Oltre ai temi più esplicitamente pastorali vengono affrontati quelli che toccano la vita spirituale personale e il progressivo inserimento pastorale in parrocchia e nel vicariato. A volte il metodo può essere quello dell’incontro con le
singole classi.
396
ISTITUTO
DEI
SANTI GIULIO E GIULIANO
Nello svolgimento del cammino si tiene conto della proposta pastorale offerta dalla Diocesi di anno in anno. Non manca l’elasticità che permette di affrontare temi pastorali sollecitati da particolari motivi, soprattutto quelli più attinenti al capitolo della pastorale giovanile.
L’accompagnamento del Vescovo rimane di fondamentale importanza. Oltre
ad incontrare personalmente i preti giovani egli interviene in alcuni di questi
incontri sia con la celebrazione eucaristica, sia per condividere un tempo di
dialogo e di confronto sui tempi proposti.
Ecco il calendario degli incontri:
2009
Lunedì 28 settembre - Ameno: ripresa del cammino con il Vescovo
primo e secondo quinquennio
Domenica15-lunedì 16 novembre - Ameno:
primo quinquennio
Domenica 13-lunedì 14 dicembre - Ameno:
primo quinquennio
2010
11-12-13 gennaio - Ameno: Tre giorni formazione permanente
Primo e secondo quinquennio
Domenica 7 e lunedì 8 febbraio - Ameno
Primo quinquennio
22-26 febbraio - Bocca di Magra: Esercizi Spirituali
Lunedì 15 marzo - Ameno:
Primo quinquennio
12-16 aprile - Viaggio pastorale e culturale
Primo e secondo quinquennio
Domenica 16 e lunedì 17 maggio - Ameno:
E’ prevista la partecipazione del Vescovo
Primo e secondo quinquennio
C
PER I DIACONI PERMANENTI
Si ricorda che la formazione teologico-pastorale di base dei Diaconi
Permanenti fa riferimento all’Istituto Superiore di Scienze Religiose presso il
Seminario S. Gaudenzio che prevede, accanto al corso completo, anche un percorso minimale specifico per i Diaconi.
397
ISTITUTO
DEI
SANTI GIULIO E GIULIANO
Per la formazione permanente, come si evidenzia nel programma annuale
per il clero, sono aperti anche ai Diaconi gli appuntamenti spirituali e pastorali previsti nei singoli vicariati e a livello Diocesano.
Si svolgeranno poi in modo appropriato sia per i Diaconi ordinati sia per gli
aspiranti-diaconi i ritiri mensili, da settembre a giugno, sulle tematiche comuni.
RITIRI DEL CLERO
I temi dei ritiri si ispirano all’evento straordinario – l’anno sacerdotale -voluto da Papa Benedetto XVI in ricordo del 150° anniversario della morte del
Santo Curato d’Ars.
Nell’omelia delle ordinazioni sacerdotali del 6 giugno 2009 il Vescovo ha
offerto un ricco itinerario. Così si esprimeva: «con una formula lapidaria
Giovanni Paolo II ha scritto che il Curato d’Ars “si consacrava essenzialmente
all’insegnamento della fede, alla purificazione delle coscienze, e questi due ministeri convergevano verso l’Eucaristia” (Lettera Giovedì Santo 1986, 6)».
Ad essa rimandiamo per un accostamento diretto su questo stesso numero
della Rivista diocesana.
Tre sono i temi indicati per l’itinerario dei Ritiri:
La conversione del cuore
(l’instancabile dedizione del Santo Curato al sacramento della Penitenza).
L’insegnamento della fede (il ministero della Parola).
L’Eucaristia al centro del ministero del sacerdote.
TEMI PER GLI INCONTRI PASTORALI
Nell’incontro dei Vicari territoriali del prossimo mese di settembre verrà presentata una scheda di lavoro che si ispira ai contenuti della prossima Lettera
pastorale del Vescovo. Essa ha come scopo quello di aiutarci a coniugare
pastoralmente il cammino che ci viene proposto dedicato al cantiere aperto delle Unità pastorali.
È evidente che resta sempre la possibilità di affrontare capitoli urgenti della vita dei singoli Vicariati.
398
ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO
Istituto Sostentamento Clero
Bilancio consuntivo anno 2008
CONTO ECONOMICO
RICAVI
Ricavi da immobili
Terreni
Fabbricati
Recupero spese
Recupero spese servizi pubblici
Recupero spese consortili
Recupero spese registrazione contratti
TOTALE RICAVI DA IMMOBILI
Ricavi da attività accessorie
Proventi vari da attività commerciali e agricole
TOTALE RICAVI DA ATTIVITÀ ACCESSORIE
Totale valore attività principale
COSTI
Costi attività principale
Costi di gestione amministrativa
Manutenzioni ordinarie
Assicurazioni
Costi gestioni immobili
Spese servizi pubblici
Spese consortili
Spese incasso affitti
Spese registrazione contratti
Arredi e attrezzi minori
Cancelleria e stampati
Postali e telefoniche
Locomozioni e trasferte
Abbonamenti e pubblicazioni
Oneri fissi e amministrazione
Valori bollati
Oneri di culto
Rimborso a terzi
Collaborazione a progetto
Compensi e rimborsi amministrativi
TOTALE COSTI DI GESTIONE AMMINISTRATIVA
399
282.132
626.789
23.431
2.826
4.965
4.681
944.824
29.811
29.811
974.635
-21.144
-3.264
23.431
-2.826
-4.965
0
-4.681
- 396
-771
-778
-200
-396
-12.146
-431
-3.000
-9.904
-21.400
-4.793
-114.526
ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO
Costi per il personale
Retribuzioni lorde
Oneri previdenziali
INAIL
Rateo TFR
TOTALE COSTI PER IL PERSONALE
Ammortamenti e svalutazioni
Ammortamenti
TOTALE COSTI PER AMMORTAMENTI E SVALUTAZIONI
TOTALE COSTI PER ATTIVITÀ PRINCIPALE
-104.752
-45.462
-567
-9.661
-160.442
-3.665
-3.665
-278.633
DIFFERENZA TRA VALORI E COSTI ATTIVITÀ PRINCIPALE 696.002
Proventi e oneri finanziari
Proventi finanziari
Interessi attivi su depositi e dilazioni
11.652
Interessi attivi su titoli
4.248
TOTALE PROVENTI FINANZIARI
Oneri finanziari
Perdita su titoli
Spese e commissioni bancarie
TOTALE ONERI FINANZIARI
TOTALE PROVENTI E ONERI FINANZIARI
Proventi e oneri straordinari
Proventi straordinari
Oblazioni, donazioni, lasciti in denaro
TOTALE PROVENTI E ONERI STRAORDINARI
Totale delle partite straordinarie
Oneri tributari
IRPEG
ICI
Addizionale regionale e comunale
TOTALE ONERI TRIBUTARI
Risultato d’esercizio prima dei costi attività istituzionali
Costi attività istituzionale
Tributi ordinario su saldo netto istituzionale
Totale COSTI ATTIVITÀ ISTITUZIONALE
Proventi oneri da arrotondamento
UTILE NETTO D’ESERCIZIO
15.900
-1
-5.068
-5.069
10.831
1.670
1.670
1.670
-160.370
-141.603
-2.370
-304.343
404.160
-17.350
-17.350
3
386.813
400
ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO
Come appare dal Bilancio dell’Istituto Diocesano Sostentamento del Clero i
redditi prodotti nel 2008 sono stati complessivamente di euro 386.813 con
decremento di euro 21.576. Con questo reddito si copre la retribuzione dei
sacerdoti in Diocesi per circa un mese e mezzo come in modo dettagliato viene
indicato nel seguente prospetto fornito dall’Istituto Centrale.
RIEPILOGO DEI PRINCIPALI DATI
DELLA GESTIONE SACERDOTI RELATIVI ALL’ANNO 2008
A - Sistema di SOSTENTAMENTO CLERO
1) Numero medio dei sacerdoti nel sistema
2) Remunerazioni annue lorde dovute ai sacerdoti
3) Copertura remunerazioni annue lorde:
a) Remunerazioni da Parrocchie:
b) Remunerazioni da altri enti ecclesiastici
c) Stipendi da enti non ecclesiastici
d) Pensioni computabili
e) Sistema sostentamento clero
362
5.124.012,00
419.264,00 8.18%
170.086,00 3.32%
458.578,00 8.95%
395.341,00 7.72%
3.680.743,00 71.83%
TOTALE (a+b+c+d+e)
5.124.012,00
8) Oneri sistema Sostentamento Clero (4+5+6+7)
4.008.863,66
4)
5)
6)
7)
Integrazioni lorde disposte in favore dei sacerdoti (*) 3.682.080,00
Contributi previdenziali (Fondo Clero LN.P.S.)
308.131,13
Remunerazioni da tribunali eccl. Regionali
0,00
Contributo assistenza domestica
18.652,53
B - Sistema di PREVIDENZA INTEGRATIVA
1)Numero medio dei sacerdoti nel sistema
2) Assegni annui lordi dovuti ai sacerdoti
3) Copertura assegni annui lordi:
a) Pensioni Fondo Clero I.N.P.S.
b) Altre pensioni computabili
c) Contributo diocesi
d) Sistema previdenza integrativa
TOTALE (a+b+c+d)
4)
5)
6)
7)
8)
Assegni lordi disposti in favore dei sacerdoti (*)
Incremento contributo Diocesi
Contributi previdenziali (Fondo Clero I.N.P.S.)
Contributo assistenza domestica
Oneri sistema Previdenza Integrativa (4+5+6+7)
C - POLIZZA SANITARIA
1) Premio assicurativo annuo pro-capite
2) Rimborsi ai Sacerdoti per assistenza sanitaria
3) Premio Corrisposto alla
Soc. Cattolica di Assicurazione
D - CONTRIBUTI ASSIST. DOMESTICA CASE CLERO
401
100%
28
445.820,00
34.095,00 7.65%
62.313,00 13.98%
0,00 0.00%
349.416,00 78.38%
445.824,00
349.416,00
0,00
0,00
3.315,78
352.731,78
563.73
516.586,37
219.854,70
11.245,00
100%
ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO
E - TOTALE GENERALE ONERI (A8 + B8 + C3 + D) 4.592.695,14
F - FONTI DI COPERTURA
1) Somme rese disponibili dall’ I.D.S.C.
(Redditi del patrimonio)
400.000,00 8.71%
2) Erogazioni Liberali (**)
198.246,34 4.32%
3) Somme prelevate dalla quota dell’otto per mille dell’IRPEF (***) 3.994.448,80 86.97%
4) TOTALE (1+2+3)
4.592.695,14 100%
(*) Inclusi i conguagli (a credito ovvero a debito) riferiti ad anni precedenti il 2008
(**) Erogazioni liberali pervenute nel 2007 (utilizzate nel 2008) da persone
residenti nella circoscrizione territoriale della Diocesi
(***) Somme destinate (per l’anno 2008) dalla CEI al sostentamento del Clero
Per raggiungere il fabbisogno totale l’Istituto Centrale ha versato per il
Sostentamento del Clero a servizio della nostra Diocesi la somma di euro
3.994.448,80.
Complessivamente alla nostra Diocesi, nell’anno 2008, sono pervenuti le
seguenti somme dell’otto per mille:
Per
Per
Per
Per
il sostentamento del Clero
le esigenze di Culto e della Pastorale
le esigenze delle opere di carità
il restauro beni architettonici
TOTALE EROGAZIONI 2007
3.994.448,80
1.092.110,34
615.713,23
485.838,00
6.188.110,37
Le assegnazioni dei fondi per il Culto e la Pastorale e per le Opere di Carità
sono state pubblicate sul numero di Dicembre 2008 della Rivista Diocesana.
I contributi dell’otto per mille per il restauro dei beni architettonici sono stati assegnati alle Parrocchie di Santino, Varallo Pombia, Lesa, Oleggio e San
Rocco Novara
Si anticipa che nel 2008 la CEI ha accolto le domande di contributo delle
Parrocchie di Falmenta e Bieno.
Come si può notare, a fronte del pagamento del premio per la polizza assicurativa, per i sacerdoti della Diocesi, versato dall’Istituto Centrale di euro
219.854,70, l’Assicurazione Cattolica ha rimborsato euro 516.586,37.
L’Istituto Centrale ha versato per i contributi sociali per i servizi domestici e
per le Case di riposo del Clero la somma di euro 33.213,31.
Diventa perciò urgente che in tutte le Parrocchie con le iniziative dei Consigli
Parrocchiali per gli affari economici ci sia un impegno per raccogliere le firme
a favore della Chiesa Cattolica sui modelli Unico e Cud secondo le indicazioni
divulgate con il materiale fornito dalla CEI,
consegnato a tutte le Parrocchie e pubblicate sul numero di Aprile della
Rivista Diocesana.
402
UFFICIO LITURGICO
Celebrare la misericordia
“Lasciatevi riconciliare con Dio”
60° Settimana Liturgica Nazionale
Barletta, 24 - 28 agosto 2009
Lunedì 24 agosto
Ore 17,00 Celebrazione d’inizio presieduta da Mons. Giovan Battista Pichierri
Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth
Saluto di Mons. Felice Di Molfetta
Presidente del Centro di Azione Liturgica
Perdono e riconciliazione: gli scenari del tempo,
gli scenari del cuore
Mons. Bruno Forte, Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto
Martedì 25 agosto
Ore 9,30 “Dio ha posto in noi la parola della riconciliazione” (2Cor 5,19):
il messaggio dell’Apostolo Paolo
Mons. Carlo Ghidelli, Arcivescovo di Lanciano-Ortona,
Ore 11,00 Le vie della riconciliazione nei Padri e nel Magistero della Chiesa
Mons. Francesco Pio Tamburrino, Arcivescovo Metropolita di Foggia-Bovino
Ore 15,30 Linee per una comprensione teologica
del sacramento della Penitenza
Mons. Alceste Catella, Vescovo di Casale Monferrato
Ore 17,00 Perdono e riconciliazione nei riti della celebrazione eucaristica
Fr. Goffredo Boselli, Liturgista, Monastero di Bose
Ore 19,00 Cattedrale di Trani: Celebrazione Eucaristica
Ore 22,00 Cattedrale di Trani “O Amore che tanto ardi e mai ti estingui”
Concerto-Meditazione a cura di “Frammenti di Luce”
Mercoledi’ 26 agosto
Ore 9,30 Il Rito della Penitenza a circa 40 anni dalla pubblicazione
Mons. Luca Brandolini, Vescovo di Sora-Aquini-Pontecorvo,
Ore 10,30 60 anni delle Settimane Liturgiche Nazionali
Dott. Enzo Petrolino, Diacono permanente, Reggio Calabria,
Presidente della comunità del diaconato in Italia
Ore 12,00 Basilica Santa Maria Maggiore:Celebrazione Eucaristica
403
UFFICIO LITURGICO
Ore 17,00 Basilica Santo Sepolcro: Liturgia della Riconciliazione
Ore 19,00 Partenza per Castel del Monte (Andria),
visita e cena offerta dalla Regione Puglia
Giovedì 27 agosto
Ore 9,30 Effusione dello Spirito Santo e remissione dei peccati
Fr. Enzo Bianchi, Priore, Monastero di Bose
Ore 11,00 Il perdono nella preghiera del Padre nostro
Mons. Tommaso Valentinetti
Arcivescovo Metropolita di Pescara-Penne
Ore 15,30 GRUPPI DI INTERESSE
La Penitenza: il luogo della celebrazione
Mons. Antonio Valentino
Direttore Commissione regionale pugliese di Pastorale Liturgica
Arch. Rosario Scrimeri, Roma
Celebrazione della Penitenza per fanciulli e ragazzi
Don Silvano Sirboni, Liturgista, Alessandria
Iniziazione cristiana e sacramento della Penitenza
Mons. Fabio Iarlori, Liturgista, Istituto TeologicoAbruzzese-Molisano
Ministro e penitente: aspetti antropologici di una relazione
Mons. Claudio Maniago, Vescovo Ausiliare di Firenze
Ore 18,30 Basilica Santa Maria Maggiore: Celebrazione Eucaristica
Venerdì 28 agosto
Ore 8,30 Basilica Santo Sepolcro: Celebrazione Eucaristica
Ore 10,00 Per una rinnovata pastorale della Riconciliazione:
dalla celebrazione alla vita
Mons. Giancarlo Maria Bregantini
Arcivescovo Metropolita di Campobasso-Boiano
Sede del convegno: Paladisfida “Mario Borgia” – Via G. Leopardi - Barletta
La Settimana è aperta a tutti: Sacerdoti, Diaconi, Religiosi/e, Laici
Per partecipare alla Settimana Liturgica e conoscere le condizioni rivolgersi
alla Segreteria CAL –Via Liberiana 17 – 00185 Roma
tel. 06.4741870 fax 06.4741860
e-mail: [email protected]
www.centroazioneliturgica.it
Segreteria Diocesana di Barletta, c/o Parrocchia S. Paolo Apostolo,
Via G. Donizetti 1 - telefax 0883.574040- cell. 327.2282575
404
INFORMAZIONI
DIOECESIS
Cronaca breve
del territorio gaudenziano
ORDINAZIONI PRESBITERALI
Con decreto vescovile
in data 16 luglio 2009
Sabato 6 giugno 2009, nella Chiesa
Cattedrale di Novara, mons. Renato
Corti ha ordinato sacerdoti:
Don Luigi Trentani è stato nominato
Vicario parrocchiale di S. Antonio abate,
del Cuore Immacolato di Maria e di
Glisente nel comune di Castelletto Ticino.
Don Alberto Andrini della comunità
parrocchiale di S. Bartolomeo in
Borgomanero
Don Sandro Mora della comunità
parrocchiale di Cressa
Don Antonio Soddu della comunità
parrocchiale di Fontaneto d’Agogna.
Con decreto in data 30 giugno 2009
del card. Tarcisio Bertone, Segretario
di Stato, don Filippo Ciampanelli
è stato nominato Addetto presso la
Nunziatura Apostolica in Georgia.
NOMINE
RINUNCE
Con decreto vescovile
in data 1° giugno 2009
In data 15 luglio 2009 il Vescovo ha
accettato la rinuncia alla parrocchia
di Briga Nov. di don Luigi Trentani.
Don Paolo Bosio è stato nominato
amministratore parrocchiale di
Cavallirio, rimanendo Vicario parrocchiale di Romagnano Sesia.
AGGIORNAMENTO INDIRIZZARIO
AIROLDI don MATTIA
Via Visconti, 5
28040 MASSINO VISCONTI NO
tel. 0322/219117 cell. 347/092153
Con decreto vescovile
in data 25 giugno 2009
Don Mattia Airoldi è stato nominato Vicario parrocchiale di Massino
Visconti, Brovello, Carpugnino Stropino, Lesa, Villalesa e Belgirate.
MANEA don COSTANTINO
e-mail: [email protected]
MORA don SANDRO
Via Scavini, 18
28100 NOVARA NO
tel. 032/453854 cell. 340/5551806
e-mail: [email protected]
Con decreto vescovile
in data 1° luglio 2009
Don Vittorio Moia è stato nominato
parroco di Glisente e del Cuore
Immacolato di Maria in Castelletto
Ticino, rimanendo parroco di
S. Antonio abate in Castelletto Ticino.
TRENTANI don LUIGI
Via Preti, 17
28053 CASTELLETTO TICINO NO
tel. 0331/972070
405
IN
MEMORIA
Don Modesto Platini
riunirono 850 persone, quattro
Vescovi, per esprimere con loro il ringraziamento al Signore, sotto una
grande tenda dove campeggiava la
scritta “50 anni al servizio di Dio nella Chiesa per i fratelli”.
In quella memorabile giornata,
mons. Enrico Masseroni, Arcivescovo
di Vercelli, così ricordò i loro anni di
Seminario e il loro legame al paese
nativo: “Il prete era una sorta di frutto maturo di una comunità. Ogni
anno tornavano dal Seminario a giugno, passando dai libri ai campi; in
Seminario erano entrati con una fede
impastata di lavoro e di preghiera,
con la segreta offerta di tanti sacrifici senza notizia, che intrecciavano
l’esistenza quotidiana delle nostre
case”.
Nella sera del 26 maggio don
Modesto Platini è deceduto, dopo
quasi un anno di malattia, all’età di
83 anni, presso “I Cedri” di Fara.
Era nato a Fontaneto d’Agogna il 5
giugno 1925. Mons. Leone Ossola, il
26 giugno 1949, lo ordinò sacerdote.
A Fontaneto, in quell’anno, avvenne
un fatto eccezionale: celebrarono con
lui la prima Messa anche don Carlo,
don Eugenio e don Giuseppe
Masseroni.
All’oratorio di Fontaneto, nel giugno del 1999, per la grande festa del
cinquantesimo anniversario dell’ordinazione dei quattro Sacerdoti, si
Svolse il suo primo ministero come
Vicario Parrocchiale di Romagnano
Sesia, con particolare cura dei giovani dell’Oratorio del Chioso. Come
insegnante di religione nelle scuole
medie, tecniche e di ragioneria,
incontrò numerosi ragazzi che lo vollero presente nei momenti decisivi
della loro vita. A Romagnano rimase
sempre legato da particolare affetto.
Il Vescovo, il 19 marzo 1955, gli
affidò la comunità di Cavallirio, di
406
IN
MEMORIA
cui rimase pastore per 54 anni.
Accompagnato dai genitori iniziò la
sua responsabilità di parroco con il
desiderio di una maggiore preparazione; per questo si iscrisse al “Corso
di pedagogia per il Clero”, promosso
dal Pontificio Ateneo Salesiano di
Torino.
Una sera del mese di novembre del
1991, don Modesto ricevette una
telefonata
da
un
falegname
dell’Istria, che gli esponeva i bisogni
della gente che viveva appena al di là
del Mar Adriatico e che era stata travolta da una guerra che aveva causato morte e miseria. Don Modesto si
era chiesto: perché ha telefonato a
me? Fu come se Dio mi dicesse: “Sei
pronto ad aiutarlo?”.
Don Modesto iniziò con semplicità
e con fiducia nel prossimo i suoi
numerosi viaggi verso i paesi della
ex-Jugoslavia e poi della Romania,
trasportando quanto era stato possibile raccogliere nella canonica di
Cavallirio, trasformata in magazzino.
Gli aiuti gli provenivano da ogni
zona, i volontari si lasciarono contagiare da questa missione di solidarietà che don Modesto qualche volta
stimolò anche in discoteca.
Commercio di Milano gli fu consegnato l’attestato di “socio onorario
della comunità croata-milanese”.
Nel 2005, nel 50° di Parrocchia,
pubblicò un volumetto, frutto di
quattro anni di ricerca: “La
Parrocchia di S. Gaudenzio e la sua
gente”, dove ha raccolto documenti,
tradizioni orali, avvenimenti e feste
significative. Lo scrisse con un augurio “essere sempre pietre vive della
nostra grande madre, la Chiesa”.
Alla Messa di mezzanotte dello
scorso Natale, pur gravemente
ammalato, volle essere presente con
la sua gente per condividere la gioia
della nascita di Gesù.
Manifestò il suo amore particolare
alla poesia e al suo paese nativo con
la pubblicazione del volume “Fargaj
d’Funtanei”. E’ stato il dono che consegnava a chi si recava a fargli visita
durante gli ultimi mesi di malattia:
mesi vissuti con coscienza della gravità della malattia, ma anche con
coraggio e serenità, affidandosi alla
volontà misteriosa, ma fedele del
Padre.
Il 29 maggio, nella chiesa parrocchiale di Cavallirio, gremita dai parrocchiani e da persone provenienti
dai paesi vicini, sono stati celebrati i
suoi funerali in un clima di grande
commozione.
Nel dicembre 2001 ha presentato
la pubblicazione “Ricordi di incontri,
1991-2001”. In quelle cinquanta
pagine toccanti ripercorse la storia di
quelle popolazioni, avvenimenti,
vicende, riportando le lettere di molti bambini aiutati e ringraziando i
tanti amici che lo avevano aiutato.
Nel 2003, presso la Camera di
La sua salma è stata poi accompagnata processionalmente fino all’uscita del paese e quindi trasportata
al cimitero di Fontaneto.
407
IN
MEMORIA
Don Angelo Uglione
Don Angelo, per un periodo di malattia,
dovette fermarsi a Carpignano dove svolse il suo primo ministero come vicario
parrocchiale.
Nel 1944 gli venne affidata nel periodo
più difficile della guerra la parrocchia di
Carega di Cellio, zona allora coinvolta
nello scontro tra i partigiani e le forze di
occupazione.
Nel dicembre del 1950 è stato nominato parroco di Cireggio. Nei suoi dieci
anni di permanenza in parrocchia profuse il suo zelo e la sua carità attenta
alle necessità delle famiglie, all’esigenza di realizzare nuove strutture
per la parrocchia, come l’oratorio per
i giovani.
Nella tarda serata di martedì 26 maggio
don Angelo Uglione ha concluso la sua
vita terrena presso la casa di riposo
“Opera Pia Curti” di Borgomanero, all’età
di 89 anni.
Poche ore prima era deceduto il suo
amico don Modesto Platini; questa circostanza era stata prevista da don Angelo
che più volte aveva ripetuto: “Noi partiremo insieme”.
Nel settembre del 1960 venne chiamato dal vescovo al santuario di Boca
per affiancare l’anziano rettore. Per i
pellegrini realizzò la nuova scalinata di
accesso al santuario, varie ristrutturazioni dei locali adiacenti, e in particolare a loro dedicò l’entusiasmo della sua
predicazione e della guida alla preghiera.
Don Angelo era nato a Carpignano il
1° maggio 1920. Venne ordinato sacerdote con altri 25 diaconi il 13 giugno 1943.
Per la parrocchia di Carpignano quello
era stato un anno particolare per la celebrazione della prima Messa anche di don
Carlo Brugo e di don Pietro Pescio.
In quegli anni iniziò il suo impegno di
insegnante di religione nelle scuole
medie prima presso l’istituto don
Bosco di Borgomanero, poi nelle scuole statali.
408
IN
MEMORIA
Nel 1966, con la nomina del nuovo
rettore, dovette lasciare il santuario
con grande sofferenza. Sofferenza che
ha segnato tutta la sua vita procurandogli crisi di spirito e sfiducia nelle istituzioni ecclesiali che manifestava in atteggiamenti, a volte critici ed irruenti, nei
suoi scritti e negli incontri personali e
comunitari.
ci fosse maggiore informazione sul loro
stato di salute o in caso di morte.
Per i loro famigliari ha promosso un
incontro annuale al santuario della
Bocciola.
Opera impegnativa è stata il
“Martirologio umile”, con una prima
edizione nel 1982 e la seconda nel
2005.
È un volume di circa 400 pagine in cui,
dopo un elenco dei sacerdoti ordinati dal
1900, e di quelli defunti dal 1915, ogni
giorno dell’anno vengono riportati i nomi
dei sacerdoti deceduti, i loro dati essenziali ed un pensiero biblico.
Gli fu affidata la cura della chiesa di
San Gottardo in Borgomanero, frequentata non solo dagli abitanti del quartiere,
ma anche da altri devoti.
Promosse la confraternita della
Madonna del Carmelo, la devozione alla
Madonna di Lourdes per la presenza nella chiesa di S. Gottardo di una delle cappelle più antiche, dedicata alle apparizioni di Lourdes, in Diocesi (1894).
In questi anni si è reso disponibile, in
diverse parrocchie della diocesi, per animare celebrazioni, feste patronali, tridui e
per le sostituzioni di sacerdoti assenti o
malati.
Istituì nel 1992 il “Premio della bontà”
che veniva consegnato nella vigilia del
Santo Natale.
Suo ultimo impegno è stato quello del
restauro delle facciate esterne e del campanile della chiesa di San Gottardo.
Si dedicò con particolare cura alla
pubblicazione di diversi sussidi liturgici
come “Il Santo Rosario per i Sacerdoti”,
“Riceveranno la vita in Cristo”;
“Camminando con Maria” (un sussidiario per le Processioni della Madonna);
“Invocazioni, preghiere e riflessioni per i
funerali dei Sacerdoti”.
I sacerdoti sono sempre stati oggetto
delle sue premure: desiderava infatti che
La sua salma è stata esposta al saluto
dei Borgomaneresi nella sua cara chiesa
di San Gottardo, prima dello svolgimento
dei funerali celebrati nella collegiata di
Borgomanero nel pomeriggio di venerdì
29 maggio.
La salma è stata tumulata nel cimitero
di Carpignano.
409