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I mercati del Sud-est asiatico: un’utopia di crescita
Quando nel 2008 e nel 2010 l’economia globale si è trovata ad affrontare una recessione, le opportunità di crescita nel Sud-est asiatico sono rimaste praticamente inalterate. Con la creazione di un
mercato unico nella regione ASEAN (ASEAN Economic Community
– AEC), prevista entro il 2015, per le aziende del settore della plastica e della gomma in fase di crescita si aprono ulteriori opportunità, soprattutto in vista dei rallentamenti verificatisi in Europa e negli
USA. In previsione della K 2013 – la principale fiera del settore per
le materie plastiche e la gomma che si terrà a Düsseldorf dal 16 al
23 ottobre – cogliamo l’occasione per presentare una panoramica di
questo mercato.
L’Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico (Association of
Southeast Asian Nations – ASEAN) conta 600 milioni di consumatori, con un PIL pari a 1,5 miliardi di euro e una superficie geografica
di 4,4 milioni di chilometri quadrati.
Con tutta la forza dei suoi dieci membri – Brunei, Birmania (Myanmar), Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Filippine, Singapore,
Thailandia e Vietnam – l’ASEAN si sta muovendo nell’ottica di un
trend di espansione ottimistico e rappresenta un punto di riferimento
per società multinazionali e internazionali.
I fatturati di esportazione dei paesi ASEAN sono strettamente legati
agli USA e all’Europa, ma l’orientamento verso i mercati di consumo
regionali in costante aumento ha mitigato le ripercussioni della crisi
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globale sul gruppo. L’industria della plastica dell’area ASEAN ha fatto registrare un solido tasso di crescita annuale del 9%, tenendo testa agli effetti negativi di domanda in declino, oscillazione dei prezzi,
limiti di capacità produttiva e carenza di manodopera.
L’ASEAN 5 – che potrebbe rappresentare un contrappunto del
gruppo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) – comprende Indonesia, Malesia, Filippine, Thailandia e Vietnam. Stando alle previsioni
del Fondo Monetario Internazionale, questa compagine otterrà una
crescita del 6,1%.
L’accordo di libero scambio: i lati positivi e quelli negativi
Con l’intento di rafforzare ulteriormente la propria sfera d’influenza,
l’ASEAN ha definito iniziative commerciali come l’ASEAN Free Trade Agreement (AFTA), siglata nel 2010. Questa misura ha permesso di ridurre in una fascia compresa fra lo zero e il 5% i dazi
d’importazione per merci classificate come sensibili o molto sensibili. Altri accordi stipulati con economie mature comprendono
l’ASEAN-Korea Free Trade Area con la Corea; l’ACFTA, un accordo
commerciale
con
la
Cina;
l’iniziativa
Expanded
Economic
Engagement – conosciuta anche come 3E – varata nel 2012 al fine
di sostenere investimenti e relazioni commerciali con gli Stati Uniti.
Alcuni paesi hanno già iniziato a operare in sintonia con l’ACFTA.
L’Indonesia con i suoi 240 milioni di consumatori, ad esempio, nella
sua versione riveduta dell’esenzione dai dazi del 2011 ha ampliato
la gamma di prodotti in plastica a dazio zero, passando da 8.738 articoli a 10.012 nel contesto dell’ACFTA, il che significa anche dover
far fronte alle merci più economiche provenienti dalla Cina che infiltrano il mercato locale. Questo elenco comprende prodotti finiti in
plastica come rivestimenti, imballaggi, casalinghi e giocattoli (questi
prodotti rappresentano il 30% delle importazioni complessive di articoli in plastica dell’Indonesia).
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L’ASEAN Economic Community (AEC) punta a un singolo mercato
e un’unica base di produzione, caratterizzati da un libero flusso di
merci, servizi, investimenti, capitali e manodopera specializzata. Le
barriere commerciali sono destinate a cadere a partire dal 2015.
Dalla Cina all’ASEAN: uno scenario eterogeneo
L’incomparabile ascesa della Cina ha generato un enorme portfolio
di investimenti. Ma ciò che sale prima o poi è destinato a scendere.
E così nel 2012 la competitività cinese è scemata, in presenza di un
rallentamento dell’economia, con il tasso di incremento delle esportazioni precipitato dal 34% nel 2010 a un magro 2,7% in confronto
nel 2012. Nel frattempo, la crescita del settore automobilistico – un
punto di riferimento per l’industria delle materie plastiche e della
gomma – si è dimezzata passando dal 7,3% nel 2010 al 3,7% nel
2012. E la crescita edilizia, che era schizzata al 20% nel 2010, è
improvvisamente scesa all’1% nel 2012.
Nonostante questi rallentamenti, la Cina ha fatto registrare
un’espansione media del 7,5% nel 2012 e per quest’anno è prevista
una crescita dell’8,1%. Anche se questa dinamica ha subito una
frenata, gli analisti prevedono che entro il 2016 la Cina sorpasserà
gli USA come più grande economia del mondo.
Tuttavia, i salari in aumento e gli incentivi commerciali unilaterali
che privilegiano i produttori locali, stanno iniziando a erodere il vantaggio della Cina. Il Boston Consulting Group ritiene che i costi di
produzione siano destinati a raddoppiare o triplicare entro il 2020.
Tutti questi fattori dovrebbero essere di buon auspicio per i membri
dell’ASEAN, con un dirottamento della produzione dalla Cina a paesi come il Vietnam e l’Indonesia, dove i costi di produzione sono più
contenuti.
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Singapore: il centro dell’elettronica stampata
L’elettronica stampata o quella organica, così come l’elettronica
“verde”, la bioelettronica e i dispositivi di sicurezza rappresentano
aree di crescita emergenti per il settore dell’elettronica di Singapore,
secondo le affermazioni dell’Economic Development Board (EDB).
L’elettronica stampata contribuisce già adesso per il 10% alla produzione nazionale complessiva di articoli elettronici ed entro il 2020
è prevista un’espansione del 30%, di fronte a un mercato globale
dove ci si attende una crescita superiore a 9,4 miliardi di euro nel
2016, stando alla BCC Research.
Le applicazioni comprendono prodotti monouso, etichette di sicurezza per il commercio, display flessibili e packaging intelligenti in
grado di rilevare la scadenza di prodotti alimentari.
L’Institute of Materials Research and Engineering (IMRE) di Singapore, ad esempio, ha lanciato grazie alla nanotecnologia un rivoluzionario materiale polimerico per moduli elettronici e celle solari a
film sottile, in grado di ridurre i costi per i semiconduttori e accelerare i processi di produzione.
Inoltre, Cima NanoTec, una multinazionale statunitense, e IMRE cureranno un progetto comune dedicato alla creazione di nuovi nanomateriali, processi e dispositivi sostenibili per conduttori trasparenti
da utilizzare per la produzione di parti elettroniche e celle solari organiche più economiche ed efficienti.
Thailandia: un ruolo chiave nella bioplastica
L’offensiva di stampo governativo per la promozione della bioplastica in Thailandia crea vantaggi sia per il mercato nazionale, sia per
l’intero mercato asiatico dei materiali bio-rinnovabili, dove secondo
le recenti stime di Frost & Sullivan (Analisi strategica del mercato
dei materiali bio-rinnovabili nella regione Asia/Pacifico) si prevede
un tasso di crescita superiore al 19% fino al 2018. La società affer-
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ma che il mercato Asia/Pacifico ha guadagnato 36,1 milioni di euro
nel 2011 e prevede il raggiungimento di quota 130 milioni di euro
nel 2018.
L’iniziativa per trasformare la Thailandia nel principale centro regionale per la bioplastica entro il 2021 risale alla strategia quindicennale stilata nel 2006. Il piano sembra funzionare poiché il terzo produttore mondiale di bioplastica (dopo il Giappone e la Cina) dispone
delle risorse agricole, infrastrutture e piattaforme governative necessarie allo scopo.
Il successo s’impernia anche sulle capacità produttive del paese per
quanto concerne l’acido polilattico a base biologica (PLA). Secondo
quanto riportato dalla National Innovation Agency (NIA) tailandese e
dal nova-Institut tedesco, l’output di PLA della Thailandia aumenterà
da 182.000 tonnellate/anno ottenute nel 2011 a 721.000 tonnellate
nel 2020. E questo a fronte delle capacità asiatiche in termini di
PLA, che presumibilmente supereranno le 350.000 tonnellate. La
maggior parte di questi quantitativi è però destinata all’esportazione
in quanto la domanda interna permane debole.
Nel 2012, la PTT Chemical Public – il più grande produttore di plastica della Thailandia – ha rilevato il 50% della società statunitense
Natureworks, un produttore chiave di PLA con una quota mondiale
del 85%, allo scopo di produrre sul territorio nazionale PLA di marchio Ingeo a base di manioca e canna da zucchero.
Per il resto del Sud-est asiatico, e in particolare per quanto riguarda
la Malesia e l’Indonesia, gli ingenti sostegni governativi destinati ai
materiali a base biologica, accanto alle considerevoli risorse agricole, sapranno a loro volta spronare la produzione di PLA e dunque
aumentare la probabilità che questa regione riesca a superare le
capacità produttive degli USA entro il 2020.
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Indonesia: prospettive di crescita nel packaging
Secondo una recente indagine svolta dal McKinsey Global Institute,
entro il 2030 in Indonesia potrebbero venire ad aggiungersi altri 90
milioni di nuovi consumatori, portando questo paese a diventare la
settima potenza economica mondiale. È per questa ragione che
l’Indonesia ha trovato la sua nicchia nell’industria del packaging,
con un incremento del fatturato dell’11% per complessivi 3,27 miliardi di euro nel 2012 rispetto all’anno precedente. Entro il 2016 il
fatturato generato dal settore del packaging dovrebbe raddoppiare,
con un tasso di crescita annua superiore al 10%.
I consumi di plastica dell’Indonesia, che nel 2011 ammontavano a
2,8 milioni di tonnellate, sono saliti a 3 milioni di tonnellate nel
2012, dove quasi il 70% dell’utilizzo di materie plastiche era da attribuire al settore del packaging per cibi e bevande.
Stando alle dichiarazioni dell’Associazione indonesiana del packaging, più del 50% delle materie plastiche è destinato alla produzione
di imballaggi flessibili/rigidi, trainata dal crescente fabbisogno di packaging da parte delle industrie nazionali di alimentari, bevande e
prodotti farmaceutici.
Per assecondare l’ingente domanda, il settore sta innovando
l’offerta di confezioni monouso e monoporzione per andare incontro
ai mercati al dettaglio e ai consumatori del ceto medio che preferiscono confezioni con un look nuovo, come i sacchetti a fondo piatto.
Filippine e Vietnam: all’opera per affrontare le sfide
Il Vietnam, che ha lavorato duro al fine di conseguire le strutture economiche
necessarie
per
fruire
delle
facilitazioni
offerte
dall’ASEAN, si è trasformato in un potenziale global player nel panorama dell’industria. Secondo le dichiarazioni della Vietnam Plastic
Association (VPA), il tasso di crescita annuale medio nel settore
della plastica di questo paese è del 15-20%. La VPA afferma inoltre
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che per l’esercizio in corso le entrate da esportazioni di plastica dovrebbero aumentare del 13,5% arrivando a 1,5 miliardi di euro, con
un incremento del 42% rispetto al 2011. Questa cifra consta per 1,2
miliardi di euro di prodotti in plastica e per il resto di materie plastiche. Il Giappone è stato per cinque anni di seguito il principale mercato di sbocco per i prodotti in plastica provenienti dal Vietnam, con
il massimo picco di esportazione pari al 24% rispetto all’anno precedente, registrato nel 2012.
Ciò nonostante, per il proprio settore della plastica il paese si appoggia tuttora in larga misura su materie prime e macchinari
d’importazione, compromettendo così la propria competitività. Inoltre anche il rapporto fra domanda e offerta rappresenta un aspetto
problematico: la capacità produttiva nazionale di PP, ad esempio, è
di 150.000 tonnellate/anno, mentre la domanda ammonta a 2,5 milioni di tonnellate/anno.
Nel frattempo, affrontando a testa bassa i venti contrari che spiravano nel 2012, le Filippine hanno fatto registrare una crescita del
6,3% della propria economia – risultato attribuibile ai settori avanzati
dei servizi e dell’industria e sostenuto in parte da una ripresa delle
esportazioni di prodotti elettronici, dopo il calo della domanda rilevato nell’anno precedente.
In particolare l’industria della plastica delle Filippine ha saputo eliminare uno dei tanti ostacoli che ne minacciavano la crescita. Agli
inizi del 2011, l’industria si è opposta fermamente all’imposta del
15% sulle resine d’importazione provenienti da paesi non membri
dell’ASEAN. Fattori a monte, quali l’aumento dei prezzi del petrolio
e i costi energetici, avevano già a loro volta inciso pesantemente
sulle attività produttive. E recentemente, il settore è stato colpito
dalla messa al bando a livello nazionale delle borse di plastica, sfociato in un conseguente ridimensionamento generale degli stabilimenti e delle capacità produttive in tutto il ramo industriale.
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Il mercato automobilistico filippino, a causa della scarsa domanda
interna di veicoli, è un settore industriale relativamente piccolo e
questo aspetto potrebbe indurre gli attuali produttori a chiudere le
proprie unità produttive situate sul territorio delle Filippine. Ciò potrebbe a sua volta influire sui consumi di componentistica in plastica
e gomma, benché il cloruro di polivinile (PVC) possa approfittare
della crescita del 6% nel settore edile.
Ulteriori opportunità per l’industria della plastica potrebbero derivare
dagli investimenti di produttori giapponesi di stampanti nelle Filippine. In base a un patto di libero scambio con il Giappone (JapanPhilippines Economic Partnership Agreement – JPEPA), questo è
un trend che potrebbe avere un impatto positivo sulla produzione di
packaging.
Malesia: un precursore nel campo dei dispositivi medici
In una relazione di Frost & Sullivan riguardante i dispositivi medici in
Asia, si afferma che il settore vale 46,7 miliardi di euro – un importo
che corrisponde al 26% del mercato globale. L’industria dei dispositivi medici in Malesia è fra quelle di maggior successo in Asia, con
un valore stimato di 0,84 miliardi di euro nel 2011 e pronostici pari a
1,27 miliardi di euro nel 2015.
La crescente suscettibilità alle infezioni e altre malattie emergenti
rincarano l’esigenza di un’erogazione sicura e accurata di servizi
sanitari e la richiesta di prodotti monouso.
Accanto a questi sviluppi, si registra l’impiego di materiali in plastica
e gomma d’avanguardia per garantire specifiche esatte in termini di
peso, struttura e igiene nonché per ridurre al minimo i rischi di allergie o, nel caso di guanti, di perforazioni accidentali.
Classificata come settore prioritario secondo la National Key Economic Area (NKEA), l’industria dei dispositivi medici malese è pronta per una virata nel trend d’investimento al fine di rispondere alla
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crescente domanda della regione, alimentata dall’invecchiamento
della popolazione, migliore accesso ai servizi sanitari, cambiamenti
nello stile di vita e il delinearsi di un trend verso il turismo medico,
secondo quanto affermato dalla Malaysian Investment Development
Authority (MIDA).
In Malesia sono insediate circa 190 società di tecnologia medica,
delle quali la maggior parte produce guanti medicali oppure altri articoli più pregiati come cateteri, aghi cannula, prodotti ortopedici, elettrodi medicali, attrezzature per dialisi o lenti a contatto.
Nel frattempo anche la Thailandia ha guadagnato terreno sul mercato dei dispositivi medici, aggiudicandosi una crescita annua del
9%, dove però due terzi del fabbisogno nazionale di dispositivi medici provengono da fonti di importazione. Tuttavia i produttori locali
sembrano indirizzati verso la fabbricazione di siringhe monouso, kit
per test usa e getta, guanti in latex chirurgici e altri dispositivi di minore qualità. Tassi di crescita a due cifre sono previsti anche per
Bangladesh, Pakistan, Vietnam e Indonesia.
Alla conquista del mercato con componentistica in plastica
Il miglioramento delle condizioni economiche e il vantaggioso ambiente di lavoro offerto da Singapore, Malesia, Indonesia, Thailandia
e Filippine hanno attirato ingenti flussi di investimento verso il mercato della componentistica in plastica del Sud-est asiatico.
Secondo i dati di Frost & Sullivan, nel 2011 il fatturato generato dal
mercato della componentistica in plastica ammontava a più di 1,6
miliardi di euro e potrebbe addirittura raggiungere quota 3,2 miliardi
di euro entro il 2018 grazie al robusto mercato per applicazioni elettroniche e mezzi di trasporto nella regione.
Già a partire dal 2009, i veicoli a struttura leggera hanno iniziato a
farsi breccia e i concetti per materiali idonei a creare mezzi più leggeri sono diventati più competitivi. Nel 2011 e 2012 questo trend si
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è delineato in modo ancora più deciso, vista l’urgente necessità di
costruire veicoli a basso consumo di carburante (e in grado di rispettare le normative sulle emissioni di CO2). Oltre ai motori turbo di
dimensioni più ridotte, anche la scelta dei materiali per le strutture
leggere è diventata di capitale importanza – una vera e propria benedizione per i produttori di polimeri.
Una piccola riduzione percentuale del peso ha grandi effetti in termini di risparmio di carburante. Basti immaginare che un veicolo più
leggero del 10% può far risparmiare dal 3% al 7% di carburante.
Si prevede così che dal 2012 al 2018 il mercato per la componentistica in plastica possa far registrare una crescita di almeno il 1015%. Questo incremento sarà sostenuto anche dal boom nel settore
edilizio e delle infrastrutture.
Megatrend nell’industria automobilistica
I pronostici prevedono un’impennata del settore automobilistico,
quando nel 2015 il blocco ASEAN raggiungerà il massimo livello di
omogeneità con l’AEC in termini di commercio ed economia. In un
recente rapporto della società di consulenza globale Ernst & Young
sui veicoli leggeri si prevede per un periodo di otto anni a partire dal
2011un CAGR (tasso di crescita annuale composto) del 10,6%, con
un picco di 4,1 milioni di unità vendute entro il 2019, delle quali più
del 40% proveniente dall’Indonesia e il 33% dalla Thailandia.
La fama della Thailandia quale centro automobilistico dell’Asia è in
continuo aumento, il settore automobilistico sta crescendo ad un
ritmo attorno all’8,1% del PIL, e si pronostica che le capacità produttive locali arrivino a toccare 2,3 milioni di unità entro il 2014.
Ciò che sostiene il settore automobilistico thailandese è soprattutto
la sua posizione strategica rispetto agli altri mercati asiatici e i vari
accordi di libero scambio che assicurano un vantaggio competitivo.
Inoltre il governo appoggia l’industria automobilistica con aiuti mirati
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dedicati ai produttori.
Il settore automobilistico può inoltre contribuire a spingere i prezzi
per la gomma, soprattutto per quanto concerne i principali produttori
asiatici – Thailandia, Malesia e Indonesia – responsabili del 67%
dell’output globale. La domanda di gomma, in particolar modo per
gli pneumatici, è in aumento. Questo fattore ha contribuito a ridurre
le eccedenze di gomma del 61% nel 2011, in quanto i tre paesi produttori continuano ad accumulare riserve, abbattere piantagioni e ridurre le esportazioni per far lievitare i prezzi.
I compositi di plastica e fibra di legno: un motore di crescita
Un altro settore ad approfittare dell’aumento dei costi di produzione
in Cina è l’industria dei cosiddetti Wood-Plastics-Composites
(WPC), materiali compositi formati da plastica e fibre di legno a base di PVC. Si prevede che l’industria di WPC nel Sud-est asiatico,
ancora in erba, possa crescere del 10% l’anno entro il 2015, raggiungendo le 55.000 tonnellate di produzione, come afferma la società di consulenza austriaca Asta Eder Composites Consulting.
Rispetto alle capacità cinesi pari a 1 milione di tonnellate, la capacità del Sud-est asiatico è relativamente contenuta, però più orientata
verso le esportazioni che non la Cina. Dal 2008 al 2011 la produzione sud-est asiatica di WPC è salita a 34.000 tonnellate lasciando
così prevedere ulteriori opportunità di crescita.
Le principali applicazioni per il WPC proveniente dall’Asia riguardano la produzione di infissi per porte e finestre, pannelli per pareti interne, rivestimenti e pallet, mentre negli USA i WPC vengono utilizzati come materiale per pavimentazioni.
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Attualmente l’ASEAN raggruppa economie ancora molto eterogenee, e vede Singapore, uno dei paesi con il più alto PIL procapite,
accanto ad altri paesi con redditi molto inferiori in Indocina. Entro il
2015 si prevede però una convergenza del mercato. A partire da
quel momento innovazioni strutturali, nuove tecnologie, prodotti più
evoluti e processi d’avanguardia andranno a sostenere ulteriormente l’industria della plastica e della gomma di questa regione.
Aprile 2013
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