La Morenita
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La Morenita
Segue da pag. 8 vano strano che, da un momento all’altro, non fossi più depresso e quasi non sentissi più alcuna sofferenza. Ne approfittai per condividere con loro la mia esperienza, benché la legge cinese proibisca assolutamente di parlare del Vangelo ai prigionieri. Mi resi conto di come queste persone, che avevano perduto ogni speranza nella vita, avessero bisogno della buona notizia di Gesù Cristo. Non era facile parlare a chi mi aveva accolto con odio, mi aveva picchiato, non sapeva che cosa fosse un sacerdote, non aveva mai sentito parlare di Gesù. Ma col passare del tempo, ci siamo conosciuti meglio, fino a entrare in confidenza e familiarità. I loro cuori pieni di odio sono cambiati. Dalle mie parole e atteggiamenti hanno capito che il sacerdote è una persona buona. Nelle conversazioni ho cercato gradualmente di fare conoscere la nostra fede, di illuminare il significato della vita e della morte, trasmettere la speranza che avevo in cuore. Quando parlavo di queste verità tutti i compagni di prigionia erano attenti e accettavano le mie parole. Da quel momento sono diventato il loro centro di attenzione. Ogni giorno presentavo segretamente qualche aspetto del Vangelo. Dopo alcuni mesi, il clima era completamente mutato. La pulizia era regolare, i prigionieri non gridavano, non bestemmiavano, non si picchiavano come erano soliti fare prima; anzi, cominciarono ad aiutarsi e incoraggiarsi a vicenda. Quando mi raccoglievo in preghiera, nessuno mi disturbava. I carcerieri si meravigliavano e non riuscivano a spiegarsi che cosa fosse successo. Ogni volta che passava l’ispezione per controllare ordine e igiene, la nostra cella otteneva encomi e premi. Il Vangelo di Cristo aveva cambiato il modo di vivere di molti prigionieri, dava loro nuovo coraggio per diventare umani. Alla fine alcuni di essi chiesero di essere battezzati e di fare parte della Chiesa. Nonostante la vita in prigione fosse dura, mi sentivo pienamente realizzato come sacerdote, nel constatare come, attraverso la mia presenza, molti funzionari e criminali avessero cominciato a comprendere la Chiesa e il Vangelo. Dopo trecento anni di persecuzione, la Chiesa di Roma riacquistò la completa libertà. Anche la storia della Chiesa in Cina è segnata da secoli di persecuzione, ma sono convinto che Dio stia preparando la sua liberazione. Come cristiani e cattolici, dobbiamo affrontare tanti problemi, eppure la Chiesa cresce velocemente, più che in tanti paesi liberi. Sorprende il fatto che, proprio durante la persecuzione, il Signore della messe ha inviato un gran numero di operai e che durante i venti anni di apertura politica (dalla metà degli anni ottanta) si è registrata una crescente fioritura di vocazioni. Il fervore dei giovani missionari cinesi è indescrivibile. Con la grazia speciale di Dio il numero di noi cristiani è aumentato in fretta. In un piccolo villaggio dove tre anni fa non c’era alcun cristiano, oggi quasi tutti i tremila abitanti sono entrati nella Chiesa mediante il battesimo. La ragione di una tale crescita non è dovuta soltanto al lavoro dei sacerdoti, ma ogni cristiano è diventato missionario attivo. Persiste ancora la pressione del governo sui cattolici, ma ottiene l’effetto contrario: i fedeli si uniscono più strettamente alla Chiesa, ne sostengono le iniziative e si assumono le responsabilità nel lavoro pastorale. I cattolici uniti al Papa sono oltre sei milioni, un numero superiore ai seguaci della “chiesa patriottica”, ma ancora una goccia nell’oceano, rispetto alla popolazione totale del paese (1.3 miliardi di abitanti). Eppure sono convinto che, con la grazia di Dio e l’impegno dei suoi sacerdoti e fedeli, in un futuro non troppo lontano, la Chiesa in Cina potrà godere di una libertà come non ne ha mai avuta. Allora, il gigante cinese spalancherà le porte a Cristo e diventerà una forza di pace per tutta l’umanità. QUELLO CHE LA TV NON DICE La Morenita ASCOLTO Primo passo verso la pace Sintesi delle culture indigena e spagnola, pilastro che unisce e Se mi fosse concessa l’opportunità di stare faccia a faccia sostiene il Messico con i più efferati terroristi, per prima cosa li ascolterei, cercando di comprendere perché hanno agito con tanta crudeltà. Cercherei di comprendere tutte le sofferenze che li hanno portati ad atti di violenza così gravi, che sono una richiesta disperata di attenzione, di aiuto e dimostrano mancanza di coscienza di sé. Il Vangelo lo dice con chiarezza: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Ascoltare non sarebbe facile, dovrei restare calmo e lucido. Avrei bisogno di avere vicini tanti amici molto bravi nella pratica dell’ascolto profondo, dell’ascoltare senza reagire, giudicare, condannare. Così verrebbe a crearsi un’atmosfera di sostegno intorno a queste persone, potrebbero sperimentare la condivisione e confidare che li si sta ascoltando davvero. Poi dovremmo interromperci, perché ciò che è stato detto possa penetrare nella nostra coscienza. E perché, prima di tutto, dovremmo smorzare le fiamme di rabbia, odio e violenza cresciute, forti, in noi. E’ di cruciale importanza guardare come le alimentiamo e smettere immediatamente di farlo. Io ho perduto figli e figlie spirituali durante la guerra in Vietnam. Entrati nella zona di combattimento, per cercare di salvare chi era sotto le bombe, sono stati uccisi da entrambi i contendenti: ciascuno li pensava sostenitori della parte avversa. Guardando i cadaveri trucidati dei miei figli spirituali, ho sofferto profondamente… E’ una grande sfida mantenere la nostra apertura in questi momenti, ma non dobbiamo rispondere in alcun modo, finché non abbiamo recuperato la calma e la chiarezza indispensabili per analizzare la situazione in profondità, discernere le cause e le condizioni da cui scaturisce l’odio che sperimentiamo in noi stessi e nel mondo. Ogni violenza è un’ingiustizia, ma il fuoco dell’odio non si estingue aggiungendo altro odio; solo antidoto è la compassione, essa sola può alleviare le sofferenze di entrambe le parti, ma è fatta di comprensione, e per provare comprensione dobbiamo trovare vie di comunicazione tali che ci permettano di ascoltare coloro che la stanno invocando in modo così disperato. Solo quando avessimo spento la rabbia nel nostro cuore potremmo rispondere, cominciando ad invertire il ciclo della violenza. E risponderemmo punto per punto a quanto è stato detto, in modo gentile, ma fermo, per aiutarli a scoprire le loro interpretazioni sbagliate e perché recedano dagli atti violenti di loro propria volontà… Il male esiste ma anche Dio esiste. Il male e Dio sono le nostre due facce. Spetta a noi scegliere quale far risplendere. Ma anche se il male può, in un dato momento, manifestarsi in modo molto intenso, ciò non significa che Dio non sia là, e che non si possa riconoscerlo. Thich Nhat Hanh Thich Nhat Hanh, monaco buddista-zen, vietnamita, pacifista Thich Nhat Hanh, monaco buddista-zen, vietnamita, pacifista instancabile, dal 1966 esiliato in Francia, ha oggi circa 80 aninstancabile, dal 1966 esiliato in Francia, ha oggi circa 80 anni. E’ il capo carismatico del movimento “buddismo impeni. E’ il capo carismatico del movimento “buddismo impegnagnato” unisce tradizionali pratiche di meditazione la to” che che unisce alle alle tradizionali pratiche di meditazione la didisobbedienza civile attiva nonviolenta. sobbedienza civile attiva nonviolenta. Pagine a cura di Pagine Enrica aRustici cura die Giovanni Giovanni Guzzi Guzzi n. 1 - marzo 2005 9