PHILOSOPHY FOR CHILDREN – UNA STRATEGIA DI

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PHILOSOPHY FOR CHILDREN – UNA STRATEGIA DI
PHILOSOPHY FOR CHILDREN – UNA STRATEGIA DI EDUCAZIONE AL
DIALOGO ED ALL’INTER-PENSARE
molte persone, quando debbono generalizzare, avanzano risposte incompatibili
con la complessità ed il contenuto delle loro stesse convinzioni…
Quando, attraverso il lavoro sulle alternative e attraverso il dialogo reciproco,
giungono ad una sistemazione armoniosa delle loro convinzioni...
essi raggiungono la verità etica
Martha Nussbaum, La fragilità del bene (Il Mulino, Bologna, 1996, p. 60)
Filosofia come pratica ed esperienza
Socrate
Filosofia antica
Epicuro
Etica
esercizi spirituali
stoici
ermeneutica
psicologia
epistemologia
paradigma della complessità
cognitivismo
costruttivismo
Vygostkij
pratiche filosofiche
pensiero batesoniano
P4C
dialogo
metalogo
Scienze educazione
metodologie attive
didattica partecipativa
Che cos’è Philosophy for Children: idee, autori, modelli di riferimento
Philosophy for Children è una complessa esperienza educativa elaborata negli anni ’70 del secolo
scorso dal filosofo statunitense Matthew Lipman, ad oggi diffusa ed applicata largamente anche nel
contesto europeo. Si tratta, in buona sostanza, di una strategia finalizzata a promuovere il filosofare
tra bambini e ragazzi a partire dalla scolarizzazione primaria, che non richiede ne implica pregresse
conoscenze teoriche nell’ambito della storia della filosofia, né specifiche competenze in ingresso
nell’utilizzo di metodiche e strategie consapevoli di riflessione ed argomentazione. In generale, è
possibile individuare gli obiettivi centrali del curricolo P4C nello sviluppo delle abilità di
ragionamento, soprattutto in connessione con i processi di problem solving, di argomentazione e di
metariflessione (Santi, 1995), nell’orizzonte di una concreta democratizzazione del pensiero e di un
atteggiamento olistico verso il pensare stesso, qui inteso anche come inter-pensare
(pensiero/dialogo) e meta-pensare ( pensiero autoriflessivo).
La concezione della filosofia posta a fondamento di Philosophy for Children, pertanto, emerge da
principio come essenzialmente pratica, cioè orientata all’agire ed alla condivisione. Tale idea della
filosofia, nonostante la deriva specialistica ed iper-settoriale della riflessione filosofica soprattutto
nel corso del XX secolo, origina da radici antiche, individuabili in parte della grande tradizione
greca.
Il riferimento principale è naturalmente alla figura di Socrate, dedito alla pratica
esclusivamente orale del dialogo filosofico: ciò che di Socrate è stato tramandato e tuttora permane,
è infatti non un complesso di opere bensì un metodo d’indagine filosofica basato sul dialogo e volto
a ‘far partorire’ direttamente dall’interlocutore meno esperto (allievo) le proprie verità e concezioni
del mondo, opportunamente falsificate grazie al lavoro maieutico favorito dall’interlocutore più
esperto (maestro/levatrice). Il senso ed il messaggio provocatorio della figura di Socrate, sebbene
‘mascherati’ dalle successive evoluzioni della filosofia in direzione ‘specialistica’ e sotto l’egida
della speculazione astratta, lasciano tuttavia un’impronta nello sviluppo del pensiero filosofico, che
permane viva soprattutto nell’ambito della riflessione etica. L’etica è infatti la branca del pensiero
filosofico orientata all’agire per definizione, poiché si occupa di studiare i fondamenti razionali che
consentono di guidare moralmente il comportamento umano, ricercando i criteri che consentano
all’individuo di gestire la propria libertà secondo ragione: da Socrate ed Aristotele sino
all’utilitarismo inglese, al pensiero kantiano ed all’etica contemporanea (col fondamentale
contributo di Jonas, Gehlen e Levinas tra gli altri), un orientamento prassico nella filosofia non è
mai venuto meno.
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Ancora in riferimento alla filosofia antica, inoltre, altra importante dimensione pratica della
riflessione filosofica è individuabile nei cosiddetti esercizi spirituali, destinati a promuovere il
progresso spirituale verso lo stato ideale della saggezza (Hadot, 1988). Soprattutto in relazione alle
scuole stoica ed epicurea, infatti, la filosofia è concepita come sapere orientato alla praxis, il cui
scopo è di guidare l’uomo verso una vita capace di dominare il dolore e la paura e finalizzare l’agire
a decisioni giuste e razionali. Per Epicuro, come per gli stoici, la filosofia è insomma un vero e
proprio esercizio ed anche una terapia rivolta alla felicità dell’anima; nulla di più lontano da
un’idea astratta del pensiero filosofico insomma.
Ulteriore ambito di ricerca filosofica collocabile in un’ideale dote teorica della P4C, è infine quello
ermeneutico: l’ermeneutica infatti, con la sua attenzione all’analisi del linguaggio e ad
un’interpretazione della verità come storicamente e culturalmente situata (il riferimento è al lavoro
di Gadamer, Ricoeur, Habermas tra gli altri), esalta la dimensione dialogica e sociale del pensiero.
Philosophy for Children però, in quanto strategia eminentemente educativa, prende le mosse ed
utilizza categorie, teorie e concetti propri di ambiti disciplinari extra-filosofici. Il riferimento, in
particolare, è a psicologia e scienze dell’educazione, che forniscono a P4C alcuni dei frameworks e
delle intuizioni pedagogiche essenziali alla sua formalizzazione. In ambito psicologico, il
costruttivismo cognitivista e l’impostazione vigotskiana pongono il contributo fondamentale.
Il costruttivismo, sottolineando la costruttività del soggetto in direzione della continua
ristrutturazione del già pensato (Santi, 1995) individua nell’apprendimento la fondamentale
dimensione di cambiamento concettuale, perseguita esplicitamente anche da P4C nell’interazione
dialogica. La conoscenza, in base a questa impostazione, è sempre situata (situated cognition) ed il
contesto assicura un valore determinante nell’orientare i processi di apprendimento e l’evoluzione
delle abilità cognitive individuali. Il focus è individuato pertanto nella correlazione stringente tra
architettura del sistema cognitivo, base di conoscenza su cui essa s’innesta e qualità dei processi di
controllo utilizzati (Santi, 1995).
Tale approccio si radicalizza ulteriormente nell’ambito della psicologia storico-culturale di
Vygotskij, ove i processi di framing sociale pongono direttamente gli elementi costruttivi dei
modelli di conoscenza e di pensiero personali. Foriera di notevoli mutamenti prospettici è anche
l’interpretazione vigotskiana dello sviluppo del linguaggio infantile, ove l’elemento dialogico
(linguaggio sociale) viene concepito come preesistente e preponderante rispetto al linguaggio
interno-pensiero.
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Evidente come tale visione non possa che contribuire a fornire modelli teorici rilevanti ad una
metodica come P4C, che individua nella dimensione dialogica del pensiero l’obiettivo principale
del proprio curricolo.
Vygostkij, inoltre, elabora il concetto fondamentale di area di sviluppo prossimale (quella ‘zona’
cognitiva dove il bambino può sviluppare, sotto la guida di partner più esperti, competenze nuove e
‘prossimali’ alle sue attuali capacità,che non saprebbe consolidare autonomamente ) posto alla base
di tutte le successive elaborazioni in materia di scaffolding e peer education, e centrale anche
nell’idea di generazione e condivisione di saperi e competenze attiva in P4C.
Sempre in ambito cognitivista, poi, innegabili sono i legami di parentela, nelle pur significative
diversità di finalizzazione complessiva e sfondo valoriale dei rispettivi programmi, con gli approcci
e relative strategie educative finalizzati
a sviluppare, diversificare ed estendere le abilità di
pensiero, in particolare per quanto attiene gli approcci centrati sul meta-pensare o thinking about
thinking approaches (Nickerson, Perkins e Smith, 1989, in Santi - 1995).
Elemento centrale di correlazione emerge pure in relazione alle teorie motivazionali e che
sottolineano il carattere ‘beliefs-dependent’ dei processi di pensiero (Dweck, 1983, in Santi, 1995);
in particolare si pensi alle elaborazioni di Bruner relative alla cogenza di motivazioni, epistemologie
e gerarchie di valori personali nella strutturazione dei processi di interpretazione e rappresentazione
della realtà, a cominciare da quelli ‘elementari’ della percezione.
In ambito precipuamente pedagogico il riferimento è invece all’impostazione di Dewey, volta a
promuovere attraverso le attività educative un pensiero concepito come struttura complessa e
multidimensionale (e non summa di skills separate) e concentrata sulla dimensione attiva del
processo educativo, visto come elemento nodale di una più complessiva educazione alla
cittadinanza ed alla partecipazione democratica. L’approccio multidimensionale richiama infine
anche ai fondamentali contributi forniti dall’epistemologia, nell’ambito del cosiddetto ‘paradigma
della complessità’, in particolare per quanto riguarda la riflessione interdisciplinare su modalità e
forme della conoscenza, e sul rapporto tra comunicazione e strutture del pensiero così centrale ad
esempio nel lavoro di Gregory Bateson.
Risulta evidente, in definitiva, come Philosophy for Children, pur nella specificità ed originalità dei
sui strumenti e della finalizzazione educativa del curricolo, possa essere inserita in un ampio
contesto di pratiche e modelli teorici, che trascorrono fluidamente dalla riflessione/pratica filosofica
in senso stretto sino alle terre di confine degli studi epistemologici per volgere poi al terreno
psicopedagogico e propriamente educativo.
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ambito
disciplinare
etica
correlati pratici
concetti chiave
metodiche
determinazione di valori morali
orientamento del comportamento
finalizzata all’agire
umano; definizione di gerarchie
valoriali individuali
l’agire ed il linguaggio come campo
analisi del linguaggio e della
di interpretazione filosofica
forma-dialogo
natura essenzialmente dialogica e
individuazione di forme e strutture
relazionale dell’umano
dialogiche
situated cognition
analisi comparata architetture
costruttivismo
studio delle architetture cognitive
cognitive/contesti di apprendimento
cognitivismo
individuali
programmi per l’insegnamento delle
ermeneutica
abilità di pensiero
scuola storico-
zona di sviluppo prossimale
strategie di scaffolding educativo
culturale
centralità del linguaggio nella
analisi del linguaggio infantile
costruzione del pensiero
storicamente situata
apprendimento attivo
tecniche di educazione attiva
educazione al pensiero
educazione alla partecipazione
multidimensionale
democratica
pedagogia
G
OI
NG
TO
…
Philosophy for Children
EDUCARE AL PENSIERO MULTI-DIMENSIONALE E COMPLESSO
(ETICO, CRITICO, CREATIVO)
INTEGRARE DIME NSIONE COGNITIVA ED EMOTIVA
NELL’APPRENDIMENTO
PROMUOVERE L’AUTONOMIA NEI PROCESSI DELIBERATIVI
PRATICARE IL FILOSOFARE NELLA SUA DIMENSIONE DIALOGICA E
SOCIALE
EDUCARE AL DIALOGO ED ALLA CORRETTA ARGOMENTAZIONE
INTEGRARE LO SVILUPPO DI ABILITA’ COGNITIVE E LE ESPERIENZE
DI PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA
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Il contesto della P4C: pratiche filosofiche e sfida della complessità
La filosofia nel mondo contemporaneo sperimenta un profondo ‘problema di senso’ e di
marginalizzazione in seguito alla sua progressiva specializzazione (Bocchi, 2005). La centralità
della riflessione filosofica nel globale contesto delle conoscenze umane è palesemente venuta
meno, in virtù delle direzioni principali che la disciplina ha intrapreso e della profonda
trasformazione in senso tecnico-strumentale della cultura occidentale. Questa ‘crisi’, però, ha
prodotto una rinnovata esigenza ed ampia interrogazione circa la necessità/possibilità di ritrovare
per la filosofia stessa una dimensione di senso unitaria, ricercando strategie nuove e storicamente
situate per superare i limiti di un sapere sempre più frammentario e distante dalle problematiche
e dagli stili di pensiero attuali. La direzione emergente dagli sforzi di riattualizzazione della
filosofia che si moltiplicano negli ultimi anni pare, se non precisamente definita, creativa e
dotata di numerose opzioni trasformative: in particolare, è significativo l’emergere di un’ampia e
variegata riflessione e sperimentazione relativa alle nuove ‘pratiche filosofiche’, concepite da
molti come l’elemento cardine per una reale vivificazione della filosofia al di fuori dei recinti
stretti ed iper-specialistici eretti nel corso del XX secolo, in direzione di un recupero concreto
della dimensione del filosofare. Due paiono i concetti-chiave fondamentali cui le nuove pratiche
filosofiche fanno riferimento: complessità (con il portato di interdisciplinarità e sperimentazione
che tale ‘paradigma’ comporta) e concretezza. Grazie alla complessità, la filosofia s’interroga
sulle sue relazioni con le scienze umane ed esatte, curvandosi ad una dimensione epistemologica
ampia e ricca di stimoli; la dimensione della concretezza, invece, la spinge a re-inventarsi in un
orizzonte orientato all’agire, delineando da un lato nuove professionalità e metodiche
d’intervento nell’area di agio e disagio esistenziale e d’altro canto recuperando centralità e
strategicità al filosofare stesso. In conflitto con la ‘tendenza scolastica’ apparsa dominante negli
ultimi decenni, dunque, si assiste al fiorire di numerose sperimentazioni che mirano a porre il
pensiero filosofico a contatto diretto con l’esperienza umana, inducendo la filosofia a
confrontarsi con campi d’intervento da cui era rimasta esclusa (Frega et al., 2005).
Si sviluppano così modalità nuove e specifiche di pratica filosofica, i cui elementi cardine fanno
riferimento a forme variegate d’intervento professionale, che muovono dal campo prettamente
educativo al complesso settore dell’intervento sociale, senza trascurare le applicazioni nei
contesti produttivi ed alle rivoluzionate problematiche etiche legate ai progressi della scienza.
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Nell’ambito delle pratiche, la filosofia rinnova trasformandola la concezione antica che la
collocava nel ruolo di disciplina intellettuale deputata ad individuare, elaborare e riconoscere i
presupposti alla base delle Weltanschaungen che informano pensiero e società, consentendo alla
riflessione contemporanea di esercitarsi criticamente in direzione dei presupposti impliciti che
informano i vari campi di attività sociale.
La valenza ‘pratica’ di questa nouvelle vague filosofica, insomma, non si riduce certo
all’applicazione di specifiche tecniche settoriali, favorendo l’emergere di strutturate e complesse
‘cornici di senso’ in cui singoli e gruppi possano inscrivere le loro esperienze; si tratta insomma
di una trasformazione in senso epistemologico del processo definito come filosofare, arricchita
dall’elaborazione di strategie ed attività a sfondo filosofico che (se ‘lavorano’ in territori
differenti e con alcune limitazioni strutturali) contribuiscono comunque in senso globale alla
riattivazione di una direzione prassica della filosofia nel suo complesso. In questo percorso
acquista particolare rilevanza una concezione della filosofia come paideia, che la richiama al
confronto con le discipline psicologiche e formative e ad interrogarsi in modo nuovo in relazione
alla propria identità (Frega, 2005).
Per quanto concerne specificamente le varie pratiche filosofiche, in ambito europeo e
nordamericano in particolare si stanno oggi affermando esperienze di consulenza, educazione ed
anche latu senso terapeutiche che ravvisano nella connessione all’ambito disciplinare della
filosofia un’alternativa all’aggancio socio-psicologico o formativo divenuto ormai usuale in
campo professionale, ravvisando in quella filosofica una competenza distintiva per attività
rivolte alla cura, all’intervento socio-educativo cosiccome al management aziendale, che trovano
nello sviluppo ed esplicitazione delle abilità riflessive ed argomentative il proprio tratto
caratterizzante.
In estrema sintesi, l’odierno stato dell’arte consente di individuare quali pratiche filosofiche
‘formalizzate’ ed ormai ampiamente sperimentate le seguenti:
1. counselling filosofico
strategia consulenziale che utilizza la cornice e lo stile argomentativo propri della filosofia per il
proprio esercizio, esulando quindi dall’approccio dominante nelle attività consulenziali basato
sull’expertise. La consulenza filosofica, attività sistematizzata a partire dall’elaborazione teorica
e dalla sperimentazione avviata negli anni ’80 dal filosofo tedesco Gerd Achenbach, si rivolge
prevalentemente a questioni di senso e di valore, a scelte esistenziali decisive per la persona
(Frega, 2005), e muove dall’intuizione classica di Novalis sulla funzione vivificatrice e
deflemmatizzante della filosofia. Tali elementi delineano la fisionomia di una strategia di
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consulenza prevalentemente individuale, anche se non banali sono state le applicazioni in
contesti differenti (ambiti produttivi, organizzazioni pubbliche, gruppi di lavoro), riconoscibili
sotto la denominazione di philosophy of management (Neri Pollastri, 2004). Differenti sono, ad
oggi, le interpretazioni della consulenza filosofica applicate dai principali teorici in campo,
oscillanti tra una concezione epistemica (il counselling è un’attività esclusivamenente volta alla
problematizzazione dei temi di ricerca individuali, utile a ricontestualizzarne confini e condizioni
argomentative) e visioni invece più ampie e ‘miste’ (nella consulenza trovano spazio le
sofferenze individuali e le problematiche emotive in quanto tali, affrontate su un piano
‘esistenziale’ e più vicino al tradizionale campo d’intervento della psicologia)
2. dialogo socratico
si tratta di una specifica forma/strategia di dialogo filosofico, strutturata in fasi sequenziali e
particolarmente definite, che prevede l’elaborazione di temi/problemi da parte di una comunità di
ricerca, con il fondamentale apporto di narrazioni individuali ed esempi esperienziali
significativi per i singoli componenti della comunità
3. Café Philó
discussioni pubbliche su argomenti e problematiche di varia tipologia (attualità, questioni etiche,
grandi themata filosofici,..), affrontate in contesti informali ed inconsueti (pub, librerie, luoghi
d’aggregazione vari). In questa pratica, il filosofo non assume il ruolo di esperto di
contenuti/conferenziere, bensì quello di facilitatore del dialogo che avviene liberamente tra non
specialisti, i quali scelgono direttamente in molti casi anche il tema di discussione
4. seminari di gruppo
Seminari di pratica filosofica, strutturati non per fornire ad un ‘pubblico’ conoscenze teoriche ma
per sperimentare ed incoraggiare la partecipazione di non specialisti a momenti di ricerca e
confronto filosofico, partendo spesso da macro-tematiche significative e problematiche.
5. Philosophy for Children
Curricolo pensato da Matthew Lipman per far accedere alunni dei diversi gradi scolastici
all’esperienza del filosofare, attraverso la costruzione in classe di comunità di ricerca e la
promozione di sessioni strutturate di discussione, confronto e dialogo filosofico. Si utilizzano
materiali (racconti e manuali) differenziati per ambiti di riflessione e per età. Le finalità
educative sono l'educazione alla convivenza democratica, l'appropriazione di competenze
relazionali e comunicative di tipo argomentativo e lo sviluppo del pensiero critico-creativo.
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Le idee-guida in Philosophy for Children
Il programma P4C si pone l’obiettivo di sviluppare i bambini e ragazzi le abilità di
ragionamento, in relazione alle aree essenziali della comprensione/autocomprensione,
riflessività, argomentazione e metacognizione. Non si tratta dunque di una mera strategia di
rinforzo per le competenze logiche, sulla scorta dei numerosi metodi di sviluppo cognitivo
altrove formalizzati; la dimensione etico-sociale è infatti molto accentuata, e mira a sollecitare
nei discenti la sensibilità verso le componenti etiche ed estetiche dell’esistenza, attraverso
l’esperienza nodale del dialogo come processo di costruzione collettiva di conoscenza e di senso.
L’educazione alla partecipazione democratica avviene in P4C proprio attraverso il dialogo
filosofico, e la trasformazione dei normali contesti di apprendimento in comunità di ricerca. Il
pensiero, concepito essenzialmente come inter-pensare, è valorizzato nella sua multidimensionalità, di cui vengono esplosi gli elementi etici, estetici e critici, allo scopo di
valorizzare sia le competenze cognitive sia quelle meta-cognitive e sociali.
Si delinea così una ricerca volta a maturare un pensiero insieme autoriflessivo, contestualizzato e
complesso, dove il filosofare costituisce il come della ricerca stessa, e viene inteso nella duplice
accezione di modalità di pensiero/argomentazione e ‘framework per il pensiero’ stesso (Paul,
1990 - in Santi, 1995). Attenzione fondamentale del programma è rivolta all’apprendimento
significativo, coinvolgendo i discenti nella loro globalità di persone e costruendo così esperienze
capaci di essere da loro utilizzate e ricontestualizzate nei concreti vissuti e nelle relazioni
quotidiane. La dimensione valoriale e valutativa di P4C è essenziale, cosi come l’attenzione alla
componente emotiva e motivazionale del pensiero: uno degli scopi principali del curricolo,
infatti, è quello di ‘educare un giudizio migliore’ (Sharp, 2005), rendendo più consapevoli i
presupposti personali alla base dei processi deliberativi ed emancipando il giudizio dal suo
carattere primigenio di doxa, incoraggiandolo così a diventare responsabile delle proprie
premesse e capace di aprirsi al confronto trasformativo con l’altro.
Le componenti del pensiero complesso vengono individuate da Philosophy for Children in due
assi principali: pensiero critico - caratterizzato da consapevolezza dei criteri utilizzati
nell’elaborazione dei giudizi, auto-correttività, sensibilità al contesto; pensiero creativo –
caratterizzato dalla capacità di meravigliarsi ed essere generativi, indipendenti, espressivi;
pensiero valoriale - connotato da capacità empatica, attenzione all’altro ed alla dimensione degli
affetti e dei valori morali (Sharp, 2005).
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P4C si basa inoltre su alcune essenziali premesse, che evidenziano la centralità (nella costruzione
di un ‘buon giudizio’) della partecipazione democratica e della capacità di mettere in costante
discussione le proprie epistemologie personali grazie al confronto dialogico con l’altro. La
consapevolezza delle strutture del proprio pensiero, e dei metodi utilizzati nell’argomentazione,
costituiscono ulteriore elemento-cardine nell’esperienza del filosofare tra pari. Di conseguenza,
il lavoro sulla struttura argomentativa del dialogo filosofico acquista un’importanza strategica
nella prassi di Philosophy for Children, sempre puntando a rendere esplicite le procedure
argomentative utilizzate dai dialoganti nel contesto di concrete comunità di ricerca.
Un modello preso a spunto per enucleare l’articolazione delle procedure argomentative nello
spazio dialogico è quello elaborato da Stephen Toulmin, secondo cui gli elementi-chiave di
sviluppo di ogni argomentazione sono individuabili in:
1) asserzioni-pretese (claims): dichiarazioni individuali da cui origina la discussione
2) ragioni (grounds): insieme delle circostanze e dei presupposti che rendono attendibili le
asserzioni iniziali
3) garanzie (warrants): tutti gli elementi in grado di giustificare l’attendibilità delle ragioni in
relazione alle asserzioni iniziali (dati, principi logico-scientifici, regole sociali)
4) sostegno (backing): sistema generale di informazioni che costituisce il sostrato delle
garanzie (contesto delle garanzie)
5) qualificatori modali (modal qualifiers): indicano il grado di certezza o probabilità con
cui viene sostenuta un’argomentazione.
6) confutazioni possibili (possible rebuttals): eccezioni, direzioni specifiche che possono
invalidare l’argomentazione e che devono essere tematizzate dall’argomentazione stessa.
Philosophy for Children, in sintesi, rappresenta una metodica/strategia educativa impegnata a
trasformare il contesto-classe in comunità di ricerca filosofica, costruendo così uno spazio
dialogico ulteriore rispetto alle normali dinamiche scolastiche, dove sia possibile affinare e
rendere esplicite le strategie argomentative dei singoli (nell’ottica dell’interdipendenza reciproca
e della collaborazione per la costruzione di conoscenza) e maturare competenze autocritiche ed
autocorrettive essenziali non solo sul piano delle abilità cognitive ma anche su quello delle
abilità sociali ed ‘esistenziali’ complessive. Si tratta cioè di un processo volto a ‘costruire e
ricostruire le prospettive sul mondo’ (Sharp, 2005), educando alla fondamentale capacità di
chiarire le proprie premesse epistemiche, mettendosi così in grado di modificarle e confrontarle
in modo dinamico con quelle altrui.
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La struttura del dialogo nelle sessioni di P4C
In Philosophy for Children il dialogo scaturisce dalla lettura condivisa di un racconto del
curricolo (scelto tra quelli elaborati da Matthew Lipman e A.M. Sharp ), oppure in alternativa
dalla presentazione di altro materiale non strutturato (testi da varia natura, immagini, film),
sebbene l’utilizzo di materiale non strutturato richieda particolare esperienza da parte del
conduttore/facilitatore nel valutarne la fruibilità e nell’elaborare esercizi di supporto e specifici
percorsi di lavoro. Il testo-stimolo individuato, anche se costituisce programmaticamente un
‘pretesto’ per la successiva fase dialogica, non è tuttavia mai neutro o ininfluente; P4C, infatti,
non è una strategia content-free.
Alla fase di lettura, che può essere variamente declinata (lettura individuale silenziosa, condivisa,
drammatizzazione) segue poi la redazione dell’Agenda, ove i discenti partecipanti all’attività
(individualmente o per micro-gruppi) elaborano alcune domande in relazione a ‘problemi e
suggestioni’ (Striano, 2006) provocati dal testo-stimolo. Le domande, elemento-cardine
costituente l’ossatura operativa della sessione di lavoro, sono raccolte e trascritte e comincia
quindi la fase di analisi dell’Agenda, dove si valutano le caratteristiche delle domande stesse al
fine di far emergere una o più direzioni di ricerca d’interesse comune.
L’analisi dell’Agenda può essere affrontata secondo diverse modalità: ricercando elementi di
connessione e somiglianza tra domande diverse, estrapolandone temi e parole-chiave,
individuando eventuali adesioni di gruppo a specifiche domande emerse nella fase precedente.
Si passa quindi alla redazione del Piano di discussione, dove si enucleano gli interessi di
ricerca intorno cui verterà il dialogo vero e proprio; il Piano può essere redatto sia recuperando
semplicemente una delle domande precedentemente espresse, oppure attraverso la formulazione
comune di una nuova domanda di carattere più generale. Individuato così il tema di discussione
che meglio risponde agli interessi euristici e cognitivi del gruppo di dialogo nell’esperienza
situata della sessione, inizia la discussione/dialogo. In questa fase i partecipanti si muovono
cercando di fornire e condividere possibili direzioni di risposta alla domanda/tema guida della
sessione. L’attività si conclude con una fase di valutazione, ove i partecipanti forniscono un
breve feed-back rispetto ad alcuni indicatori essenziali dell’esperienza vissuta (livello
individuale di partecipazione/interesse/ascolto reciproco, significatività dei temi trattati,
benessere individuale percepito,..).
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L’attività di P4C viene pertanto condotta secondo un’organizzazione per singole unità,
strutturalmente e semanticamente indipendenti (sessioni), della durata media di circa
quarantacinque minuti ciascuna. Il contesto in cui si sviluppa il dialogo è quello della comunità
di ricerca, soggetto dinamico e plurale che sviluppa un percorso di indagine comune su un tema
condiviso con l’obiettivo del co-filosofare (inter-pensare). La comunità di ricerca è concepita
come soggetto epistemico (Striano, 2007), in quanto procede per costruire conoscenza a partire
da una struttura procedurale comune , in un quadro di valori condiviso.
I valori di riferimento della comunità di ricerca filosofica possono essenzialmente essere
individuati in: ascolto reciproco, empatia, disponibilità all’auto-correzione e al cambiamento,
interesse nell’esplicitazione dei criteri della propria ed altrui dimensione valutativa, apertura alla
meraviglia. Il dialogare/filosofare stesso, dunque, è sia il media privilegiato sia il fine strategico
di Philosophy for Children. Un dialogo inteso in senso creativo e generativo, però
contestualmente strutturato e vincolato ad elementi procedurali tesi a fornire stabilità,
replicabilità e comparabilità alle singole esperienze, conferendo loro una valenza educativa e
meta-educativa forte. Nel contesto di questo dialogo strutturato, attento alla dimensione logicocognitiva come a quella euristica, grande importanza assume la figura del docente conduttore
delle sessioni, che riveste il ruolo (inconsueto nell’esperienza didattica e educativa italiana) di
facilitatore. Il facilitatore del dialogo in P4C è concepito come figura con solide competenze
pedagogiche e procedurali, ed abilità specifiche nell’ambito delle pratiche e dell’indagine
filosofiche; il suo compito non è quello di governare la discussione dal punto di vista della
ricerca dei contenuti, ne tantomeno quello di indicare l’Agenda. Sotto questo profilo, anzi, egli
tende a ‘scomparire’ per lasciare spazio di protagonismo attivo alla comunità di ricerca come
soggetto del filosofare, praticando una presa di distanze metodologica ed operativa radicale dal
ruolo classico dell’insegnante-guida, ed assumendo invece una duplice funzione epistemica
(garantire direzionalità, fluidità, profondità e rigore alla discussione sotto il profilo semanticoprocessuale) e regolativa (garantire partecipazione democratica, rispetto delle regole e dell’altro
sotto il profilo procedurale).
Key-words cloud
logica
valori
Domande
euristica
conoscenza co-struita
Dialogo
inter-pensare
condivisione
fluidità
connessione
meraviglia
rigore
criteri espliciti
partecipazione attiva
ascolto
direzionalità
filosofare
creatività
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Bibliografia essenziale
Santi M., Ragionare con il discorso, Liguori editore, Napoli, 2006
Sharp A.M., Educare un giudizio migliore, in Philosophy for Children: un curricolo per
imparare a pensare, a cura di M. Santi, Liguori Editore, Napoli, 2006
Hadot P., Esercizi spirituali e filosofia antica, Einaudi, Torino, 1988
Neri Pollastri, Il pensiero e la vita, Apogeo, Milano, 2004
Schuster S., La pratica filosofica, Apogeo, Milano, 2006
(liberamente tratto dalla tesina di fine corso perfezionamento in Philosophy for Children discussa nell’a.f. 2007-2008 presso l’Università degli
studi di Padova dalla prof.ssa Manuela Bruschini)
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