Transcript
pdf
ritratto %"/*&-"%&--"304"t(&/&3"-$06/4&-(6$$*(3061 «Gli in-house? A loro spetta valutare i rischi» La sensibilità al business è una chiave indispensabile per essere un buon legale. In trincea per la difesa del brand, la professionista si aspetta un 2013 all’insegna del contenzioso di Gaia Giorgio Fedi I nterloquisce senza sforzo con i colleghi avvocati, avendo ben salda l’idea che però il ruolo principale del legale in house è quello di tradurre l’idea di business dei vertici, individuarne il rischio, e poi di mediare tra le esigenze dell’impresa e l’approccio dei legali. Daniela Della Rosa, general counsel di Gucci Group, una carriera tra studi legali internazionali e imprese multinazionali, in questi anni vive in trincea nella battaglia senza quartiere per la difesa di un marchio che recentemente Interbrand ha riconfermato come il primo brand italiano nel settore del lusso nel mondo. Da giurista a “woman on board”: oltre alla responsabilità sul team legale è consigliere delegato di Guccio Gucci, la sussidiaria del gruppo che detiene il marchio, è consigliere indipendente della futura probabile matricola di Borsa Moleskine e siede in numerosi cda. Ma quel genere di sensibilità al business che completa le capacità di un amministratore oggi è una qualità indispensabile pure per i legali, sia che si trovino all’interno, sia che vivano all’esterno delle aziende (condizioni entrambe sperimentate da Della Rosa). «Il ruolo del legale in house consiste principalmente nel cercare di tradurre un’esigenza commerciale in una tematica legale, attraverso una serie di valutazioni in termini di gestione di rischio», argomenta al telefono con TopLegal. Poi c’è il passaggio all’esterno. «Gli studi che hanno un dna più commerciale nell’approccio hanno facilità a individuare eventuali rischi o a rassicurare quando non ci sono, altri non riescono». A volte il legale ha difficoltà a calarsi tTopLegal Marzo 2013 nella realtà specifica. Quando ci riesce, spiega, «contribuisce in misura determinante alla buona riuscita dell’operazione. Da ex avvocato, il rapporto con gli studi legali esterni è piuttosto semplice». Questo perché lei parla la stessa lingua, comprende le logiche dell’interlocutore. Del resto, tutta la sua carriera si è svolta in un mondo sospeso tra l’attrazione della carriera da libero professionista e la seduzione dell’impresa. Dopo una laurea alla Luiss a pieni voti, con un semestre di Erasmus in Inghilterra che l’aveva spinta ad accarezzare l’idea di una carriera internazionale, una borsa di studio la porta a New York Columbia, dove consegue un LL.M con un focus particolare su tematiche internazionali e materia ambientale. La prima esperienza di lavoro è a Washington da Covington & Burling, l’abilitazione forense la prende a New York ancora prima di fare l’esame in Italia, e poi viene arruolata nell’ufficio di Bruxelles dell’americano Akin Gump Strauss Hauer & Feld. Lì lavora per alcuni anni su temi legati all’arbitrato all’interno del Wto e sugli aspetti regolamentari relativi all’apertura del mercato in Europa in alcuni settori, come tlc ed energia. Poi decide di fare il salto dall’altra parte del mercato, sul lato dei committenti di servizi legali, e approda all’Ibm all’alba del 2000, dove il timore del millenium bug aveva spinto la multinazionale a dotarsi di un team ad hoc per gestire il contenzioso, in cui entra Della Rosa. La precauzione si rivela eccessiva: «Ricordo solo un caso, un contenzioso in Turchia che si concluse con un accordo transattivo». Quindi ritratto passa alla Levi’s, come associate general counsel per l’Europa. «Mi occupavo anche di contenzioso, ma più legato alla tematica della proprietà intellettuale e dei marchi, seguivo tutti gli aspetti legati al prodotto soprattutto nel settore retail». Poi il ritorno alla libera professione, sempre a Bruxelles per Akin Gump Strauss Hauer & Feld come senior international counsel, a occuparsi di «questioni commerciali e societarie per diversi gruppi», e a seguire «tematiche retail per vari tipi di business, anche bancario e tecnologia». Nel 2007, Gucci le offre di assumere la responsabilità sull’ufficio legale a livello globale, dando supporto ad altri brand di lusso del gruppo, e Della Rosa torna in Italia. Un incarico prestigioso, con un lavoro ben complesso: il gruppo si dice fiero di «un indotto produttivo sul territorio italiano di oltre 45mila operatori di settore, tra calzature, abbigliamento, gioielleria, seta, e oltre 50 società a gestione diretta». Vanno gestiti i profili legali sia in ottica di approvigionamento sulla materia prima sia di specifiche di prodotto «Avendo un sistema di produzione integrato, tutte le tematiche legate al marchio si sposano con importanza determinante con la realtà industriale dell’azienda, è un lavoro completamente diverso da quello che si fa su altri brand che hanno produzione a pioggia a livello globale», spiega. Il lavoro sulla tutela del marchio ovviamente è quello che più impegna il team legale, «Intrabrand ci ha riconfermati come il primo brand italiano nel settore del lusso nel mondo, e come tale ci troviamo ad affrontare un imponente problema di contraffazione di marchi, oltre che di disegni e di modelli». Poi ci sono i temi relativi a compliance, 231, privacy, contrattualistica, e ovviamente tutte le tematiche giuslavoristiche, particolarmente importanti per un gruppo che «ha internalizzato sia capacità produttiva sia la catena distributiva in alcuni Paesi». Ma il lavoro sulla proprietà intellettuale resta comunque il punto più sensibile del gruppo, a cui è legata anche la contrattualistica legata alla comunicazione del marchio, alla distribuzione e alla tutela del marchio sui diversi mercati. Così come quelle connesse con la fisiologica evoluzione del business legata all’innovazione. «Con le nuove forme di vendita online del prodotto tramite i falsi siti, i mirror site, fanno sì che la distribuzione di prodotto falso nella rete fisica faccia il paio con una vendita di prodotto falso anche nella rete virtuale. Tra l’altro, in que- Daniela Della Rosa di Gucci sto mondo, la contraffazione acquista una fruibilità sempre più facile, e con minori rischi». In generale, spiega Della Rosa, adesso occorre stare attenti a una serie di situazioni che «ci impongono di essere particolarmente attenti anche a queste nuove fenomenologie, che richiedono un adattamento della struttura legale e della metodologia per difendere il marchio». Poi c’è anche il lavoro per i contenuti fruibili in via digitale: «Abbiamo depositato il marchio per il dominio di primo livello .gucci». Sulla proprietà intellettuale «c’è una squadra dedicata che sto cercando di accrescere, perché il marchio è uno degli asset principali del business. La squadra è basata prevalentemente a Firenze, ma collabora con colleghi negli Stati Uniti e in Asia per situazioni specifiche». Ovviamente, si occupa spesso anche di litigare. Di recente, il gruppo ha vinto alcune cause per la difesa del brand: con un manipolo di altri gruppi contro la linea di profumi Falso d’autore; contro Guess ha vinto una causa in America per la tutela di alcuni modelli, e sono allo stato pendenti altre cause contro lo stesso convenuto in altre giurisdizioni (Italia, Francia e Cina). Anche per quest’anno, Della Rosa si aspetta un largo utilizzo «del contenzioso come strumento principe per la tutela dei diritti in materia di proprietà intellettuale», oltre a una particolare attenzione sulle «tematiche digitali, con tutte quelle che possono esserne le declinazioni legali». TL TopLegal Marzo 2013 t