RicordandoBorsellino - Istituto Borsellino Mazara
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RicordandoBorsellino - Istituto Borsellino Mazara
RICORDANDO PAOLO BORSELLINO Sono oram ai trascorsi p iù d i d ieci anni d al fragore d ell esp losione d el tritolo che ha u cciso Giovanni Falcone, Francesca Morbillo, Paolo Borsellino e i loro fed eli agenti d i scorta e ancora oggi, p ieno d i vita, affiora il loro ricord o in questo bel lavoro. Qu el senso d i p rofond o scoram ento che tu tti abbiam o p rovato d i fronte all atroce eccid io d i Cap aci e d i via D Am elio, si è trasform ato nella ribellione e nell im p egno civile p er tentare d i recu p erare a qu esta nostra m artoriata terra u na d im ensione p iù u m ana, p iù civile e p iù d em ocratica, u na cond izione collettiva finalm ente affrancata d al p otere m afioso e d alla sottocu ltu ra che, d a oltre cent anni, lo alim enta e lo sostiene. Purtroppo ci sono volu te d u e stragi enorm i p er gu ard are in faccia il m ostro che avevam o in seno nonostante u n u nico, antico ed interm inabile filo d i sangu e, tessu to p er oltre un secolo dalla Mafia, attraversasse la storia della nostra terra. Il sangu e d i tanti fed eli servitori d ello Stato che p er afferm are che esiste u n solo p otere che è il p otere d ello Stato, d elle su e leggi e d elle su e istitu zioni, hanno d ovu to p agare con la vita qu esto loro im p egno; la vita d i tanti cittad ini, il cu i u nico sogno era quello di una vita normale in un paese normale. Un elenco interm inabile d i nom i: m a in ogni nom e c'è la storia d i u na traged ia fam iliare ove vive lancinante l'indelebile dolore di tanti madri, padri, fratelli, figli. E l'insiem e d i qu este traged ie è la scand alosa vergogna d ella nostra isola, la ferita insanabile d ella nostra dignità di cittadini. Se non vogliam o scad ere in u na retorica d i circostanza, tu tto ciò non lo p ossiam o e non lo d obbiam o m ai dimenticare. Deve rim anere scolp ito ind elebilm ente nella m em oria di ciascu no d i noi com e im p eritu ro valore d el nostro agire quotidiano. Recu p erand o, anche attraverso lavori com e qu esto, d all oblio im p osto d a u na società che sem bra avere sm arrito valori ed id eali, la forza straord inaria d i u n esem p io etico che deve alimentare il nostro impegno quotidiano. La storia esem p lare d i u n u om o che ha vissu to gli ideali al costo della sua stessa vita. E p rop rio in ciò consiste la grand ezza d i Paolo BORSELLIN O: la su a non fu u na scelta d i virtu osism o etico, m a il p u ro e sem p lice esito d i u n etica d i-questo-m ond o, che si esau risce integralm ente nel risp etto d el d overe qu otid iano, perché, come è stato detto, " un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli, le pressioni; perché questa è la base di tutta la moralità umana". Ma la lotta al p otere m afioso non p u ò basarsi u nicam ente su lla rep ressione: è necessario u n p rocesso d i rieducazione sociale e culturale che parta dal basso. I giudici possono agire solo in parte nella lotta alla mafia d iceva Paolo Borsellino, m agistrato attento anche a cogliere i segnali d ella società. Ed aggiu ngeva se la mafia è un istituzione antistato che attira consensi perché ritenuta più efficiente dello Stato, è compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando i giovani alla cultura dello Stato e delle Istituzioni . Se, d u nqu e, la lotta alla m afia è essenzialm ente lotta alla sottocu ltu ra m afiosa è, innanzitu tto, la scu ola il lu ogo p rivilegiato p er stim olare nelle nu ove generazioni, m ed iante u na incessabile azione d i p rom ozione sociale, d i ed u cazione e crescita cu ltu rale, u na forte coscienza critica e civile, u na reazione d i rigetto d el fenom eno m afioso e d i ciò che la su bcu ltu ra m afiosa rap p resenta in term ini d i illegalità, sopraffazione, orrore, violenza fisica e morale, ipocrisia e abusi. Rinsald and o u n corred o d i valori nei qu ali i giovani p ossano riconoscersi, che p ossa costitu ire il com u ne sentire, che possano rafforzarne l'identità. Intercettand o, orientand o e convogliand o verso le Istitu zioni d em ocratiche i loro bisogni e le loro esigenze, rend end oli consap evoli d ei loro d iritti e d overi, abitu and oli all esercizio d ella d em ocrazia e d ella resp onsabilità p olitica, alim entand o il senso d ell im p ortanza d ella p artecip azione, svilu p p and o la coscienza d ella ind ignazione d ella rip rovazione e p erché no d ella ribellione d a contrap p orre all accettazione, all assu efazione, all im m obilism o, al fatalism o; invitand oli a gu ard are oltre il loro am biente, oltre la loro fam iglia, oltre la loro realtà, aiu tand oli a cap ire che, nonostante le d ifficoltà, i lim iti, i cond izionam enti, u n orizzonte esistenziale d iverso e migliore è possibile. Che basta volerlo d avvero, con il sacrificio, con l im p egno, nel risp etto d elle regole e nell onestà. Senza scorciatoie. Ed è p rop rio qu esta la p iù p reziosa ered ità che Paolo BORSELLIN O ci ha lasciato e che non p ossiam o d isp erd ere: il suo esempio, il coraggio del dovere, la sua stessa vita. Una vita d u nqu e d a im itare e non d a am m irare retoricamente. Una vita d a im itare raccogliend o e cond ivid end o il su o sogno d i u n Paese libero d alla schiavitù m afiosa, d i u n Paese in cu i la giu stizia sia giu stizia p er tu tti e d i tu tti, d im ostrand o ogni giorno con i fatti, attraverso i fatti, d i essere degni testim one d ella su a storia che è anche p arte d ella storia del nostro Paese. Massimo Russo Magistrato grazie ad u na ferrea forza interiore, Borsellino ha potuto perseguire l obiettivo d ella legalità fino alla fine. Qu esto lavoro è stato p ensato com e d ocu m ento e testim onianza d i u n p assato che è vivo e p resente nella nostra memoria. La nostra società, che nel su o veloce p roced ere tende ad insabbiare e a rend ere sem p re m eno nitid i avvenim enti d i grand e im p ortanza sociale, non è riu scita m inim am ente a sbiad ire, a d ieci anni d alla su a m orte, il ricord o d ella figu ra d i Paolo Borsellino, p ersonaggio em blem atico d ella lotta a Cosa N ostra . Questa m artoriata isola, e p articolarm ente la nostra p rovincia, che p er anni è stata schiavizzata d a p iccoli u om ini dal grand e p otere m afioso , oggi d eve a qu esto m agistrato d i alta moralità e senso di civiltà gran parte della propria rinascita. E grazie a Borsellino, che insiem e a Falcone e ad altri m artiri d el nostro tem p o, che si è p otu ta d efinire e d elim itare la m afia siciliana, qu ale società organizzata complementare allo Stato . Siam o ferm am ente convinti che il sacrificio d i u n u om o com e Paolo Borsellino, che ha trascorso la p rop ria esistenza vivendo attim o p er attim o la p rop ria m orte, non è stato vano. In lu i la ricerca d ella verità, p u r nelle incessanti d ifficoltà d i fronte ad u na organizzazione consolid ata nel tem p o com e Cosa N ostra, non ha m ai su bito alcu n arresto; E intrinseco il d esid erio che le nu ove generazioni, a cu i qu esto lavoro è rivolto, non abbiano a resp irare l aria m alsana d ella violenza, d elle estorsioni, d egli assassinii, d el facile clientelismo. Il nostro au gu rio è qu ello che gli u om ini d i d om ani cred ano che la giu stizia sia l u nica chiave p ossibile p er ap rire le porte del futuro di una società moderna e consapevole di vivere la propria libertà fino in fondo. Mazara del Vallo, 22 aprile 2003 prof. Angelo Ditta Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940. La fam iglia vive in u n qu artiere borghese d i Palermo: la Magione. E m olto attaccato a qu esto qu artiere d ove ha trascorso tutta la giovinezza. Ambedue i genitori erano farmacisti. Dop o aver frequ entato il Liceo classico iscrive alla facoltà di giurisprudenza a Palermo. Meli si Paolo Borsellino, il giu d ice che ha lottato contro la m afia, era u n u om o la cu i integrità m orale ha valicato gli schieram enti e fatto sì che tu tte le p ersone rette lo ad ottassero come bandiera dell'impegno contro la criminalità. Il 27.06.1962, all età d i 22 anni, si laurea con 110 e lode e, pochi giorni dopo, subisce la perdita del padre. E stato il giu d ice che ha conqu istato l'affetto d ella gente e un posto riservato nella memoria della società civile. Ora è affid ato a lu i il com p ito d i p rovved ere alla fam iglia. Si im p egna con l'ord ine d ei farm acisti a tenere la farm acia d el p ad re fino al consegu im ento d ella lau rea d i su a sorella. Stu d ia p er su p erare il concorso in m agistratu ra e ci riesce nel 1963. Ecco la sua storia Con il Cap itano Basile lavora alla p rim a ind agine su lla m afia e d a qu esto m om ento com incia il su o im p egno senza sosta p er sconfiggere l'organizzazione m afiosa e nel 1980 fa arrestare i primi sei mafiosi. N el 1965 Borsellino viene m and ato al Tribunale civile di Enna come uditore giudiziario. N ello stesso anno il capitano Basile viene u cciso in un agguato. N el 1967 ha il p rim o incarico d irettivo: Pretore a Mazara del Vallo, d ove gestisce il periodo del dopo terremoto. Per la fam iglia Borsellino arriva la p rim a scorta con le difficoltà che ne conseguono. Il 23 d icem bre d el 1968 Borsellino si sp osa, continu a a lavorare a Mazara del Vallo facendo avanti e ind ietro d a Palermo, anche più volte al giorno. N el 1969 viene trasferito alla Pretura di Monreale d ove lavora fianco a fianco con il cap itano d ei Carabinieri Emanuele Basile. N el 1975 Borsellino viene trasferito al Tribunale di Palermo e a lu glio entra all'Ufficio Istruzione Processi Penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Fare il m agistrato a Palermo ha u n senso p rofond o, non è u na p rofessione qu alu nqu e. L'am ore per la su a terra, p er la giu stizia gli d anno qu ella sp inta interiore che lo p orta a d iventare m agistrato senza trascu rare i d overi verso la su a famiglia. Da qu esto m om ento il clim a in casa Borsellino cam bia e il giu d ice stesso d eve relazionarsi con "qu ei ragazzi" che gli sono sem p re a fianco e che cam bieranno p er sem p re le abitudini sue e della sua famiglia. Il su o m od o d i fare, la su a d ecisione influ enzano il "sentire" d ei su oi fam iliari. Dalle p arole d ella m oglie si p u ò com p rend ere il risp etto e la sofferenza che si alternano nei loro cuori: "...Il suo modo di esercitare la funzione di giudice lo condivido perché anch' io credo nei valori che lo ispirano....N on penso mai, per egoismo, per desiderio di una vita facile, di ostacolarlo....N on è stato un sacrificio immolare la sua vita al mestiere di giudice: ama tantissimo cercare la verità, qualunque essa sia." La scorta costringe il giu d ice e la su a fam iglia a convivere con un nuovo sentimento: la paura. E' così che Borsellino ne p arla e la affronta: "La paura è normale che ci sia, in ogni uomo, l' importante è che sia accompagnata dal coraggio. N on bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, sennò diventa un ostacolo che ti impedisce di andare avanti." d ella p olizia giu d iziaria, l'istitu zione d i nu ove regole p er la scelta d ei giu d ici p op olari e d i controlli bancari p er rintracciare i capitali mafiosi. Il Pool com p rend e qu attro m agistrati. Falcone, Borsellino e Barrile lavorano u no a fianco all'altro sotto la gu id a d i Rocco Chinnici. Si intraved e e, lentam ente, si instau ra u n legam e com u nitario tra i giu d ici che appartengono al pool. E' nei giovani la forza su cu i contare p er cam biare la m entalità d ella gente e i m agistrati lo sanno. Vogliono scu otere le coscienze e sentire intorno a sé la stima della gente. Borsellino com incia a p rom u overe e a p artecip are ai d ibattiti nelle scu ole, p arla ai giovani nelle feste giovanili d i p iazza, alle tavole rotond e p er sp iegare e p er sconfiggere u na volta per sempre la cultura mafiosa. N el tem p o che gli rim ane d op o il lavoro, cercherà d i incontrare i giovani, di comunicare loro questi nuovi sentimenti e di renderli protagonisti della lotta alla mafia. Parallelam ente continu a il lavoro nel p ool. Qu esta squ ad ra fu nziona bene, m a si com p rend e che p er sconfiggere la mafia il pool, da solo, non è sufficiente. Si chied e la p rom ozione d i p ool d i giu d ici inqu irenti, coord inati tra loro ed in continu o contatto, il p otenziam ento Borsellino lavora senza sosta, firm a p rovved im enti, indaga, ascolta con dedizione e responsabilità. Per qu esto Chinnici scrive u na lettera al p resid ente del Tribunale di Palermo p er sollecitare u n encom io nei confronti su oi e d i Giovanni Falcone, im p ortante p er eventu ali incarichi direttivi futuri. A p rop osito d i Borsellino così scrive Chinnici: "M agistrato degno di ammirazione, dotato di raro intuito, di eccezionale coraggio, di non comune senso di responsabilità, oggetto di gravi minacce, ha condotto a termine l' istruzione di procedimenti a carico di pericolose associazioni a delinquere di stampo mafioso". L'encomio richiesto, non è mai arrivato. Poi il d ram m a: il 4 agosto 1983 viene u cciso il giu d ice Rocco Chinnici con un'autobomba. Borsellino è distrutto. Dopo Basile anche Chinnici viene strap p ato alla vita e il vu oto si fa sentire m olto. Ancora la m oglie d i Borsellino racconta il legame di suo marito con Chinnici: "Con Rocco, mio marito ha un rapporto di amicizia e di fiducia intensa e reciproca. Una collaborazione durata tanti anni, fondata sulla massima intesa...per Paolo la sua uccisione è un altro dolore atroce..." Il "Cap o" d el p ool, il p u nto d i riferim ento, viene a m ancare e si ha l'im p ressione che la m afia, qu esta entità che tu tto ved e e tu tto osserva, abbia ben com p reso lo sp irito ed il nuovo modo di lavorare dei giudici siciliani. Borsellino con m olta p reoccupazione commenta: "La mafia ha capito tutto: è Chinnici la testa che dirige il Pool". A sostitu ire Chinnici arriva a Palermo il giu d ice Caponnetto e il p ool, sem p re p iù affiatato, continu a nell'incessante lavoro raggiu ngend o i p rim i risultati. "Sentiamo la gente fare il tifo per noi". Il Pool non vu ole sentirsi solo, cerca lo Stato e i cittadini, vuole una mobilitazione generale contro la mafia. N el 1984 viene arrestato Vito Ciancimino e si p ente Buscetta, Borsellino sottolinea in ogni m om ento il ru olo fond am entale d ei p entiti nelle ind agini e nella p rep arazione d ei processi. Com incia la p rep arazione d el Maxiprocesso e viene ucciso il commissario Beppe Montana. Ancora sangu e, p er ferm are le p ersone p iù im p ortanti nelle ind agini su lla m afia e l'elenco d ei m orti è destinato ad aumentare. Il clim a è terribile: Falcone e Borsellino vengono im m ed iatam ente trasferiti all'Asinara p er conclu d ere le memorie, predisporre gli atti senza correre ulteriori rischi. All'inizio d el maxiprocesso l'op inione p u bblica inizia a criticare i magistrati, le scorte e il ruolo che si sono costruiti. N el 1986 Borsellino d iventa Procuratore di Marsala p er m eriti, scavalcand o u n m agistrato che d oveva p reced erlo per anzianità. Vuole continuare le indagini sulla Mafia in quella provincia. Per cinqu e anni gu id erà u na d elle p rocu re p iù impegnate sul fronte della lotta alla criminalità organizzata. A Palermo c è Falcone e a Marsala c è Borsellino, un modo per scop rire tu tti i collegam enti esistenti tra la m afia d i Palermo e quella della provincia. Vive in u n ap p artam ento nella caserm a d ei carabinieri p er non m ettere a rischio la vita degli u om ini d ella scorta. In su o aiu to arriva Diego Cavaliero, m agistrato d i p rim a nom ina. Lavorano tanto e con p assione. Sem p re fianco a fianco, Borsellino è u n esem p io p er il giovane, non si risp arm ia m ai. Tem e che la conclusione del maxiprocesso attenui l'attenzione su lla lotta alla m afia, che il clim a scem i e si torni alla norm alità. Per questo Borsellino cerca ancora u na volta la p resenza d ello Stato, incita la società civile a continu are le m obilitazioni p er tenere d esta l'attenzione su lla m afia e frenare chi p ensa d i p oter piano piano ritornare alla normalità. Invece, il clim a com incia a cam biare. Il fronte u nico, che aveva portato a grandi vittorie della magistratura siciliana e che aveva visto l'op inione p u bblica avvicinarsi agli u om ini in prima linea e stringersi intorno a loro, comincia a cedere. N el 1987 Caponnetto è costretto a lasciare la gu id a del Pool per m otivi d i salu te. Tu tti a Palermo asp ettavano la nom ina d i Falcone al su o p osto, anche Borsellino è ottim ista. Presto, p erò, si rend e conto che il Consiglio Su p eriore d ella Magistratura (CSM) non è d ello stesso p arere e si d iffond e il terrore di veder distruggere il Pool. Borsellino scend e in cam p o e com incia u na vera e prop ria gu erra, p arla ovu nqu e e racconta cosa stia accad end o alla p rocu ra d i Palermo; su i giornali, in televisione e nei convegni continu a a lanciare l'allarme. A cau sa d elle su e d ichiarazioni Borsellino rischia il p rovvedimento d iscip linare. Solo Cossiga, Presidente della Repubblica, interviene in su o ap p oggio, chied end o d i ind agare su lle d ichiarazioni d el m agistrato p er accertare cosa stesse accadendo nel palazzo di giustizia di Palermo. Il 31 lu glio il CSM convoca Borsellino che rinnova le accuse e le sue perplessità. Il 14 settem bre il CSM si p ronu ncia: Falcone p erd e e Antonino Meli, p er anzianità, p rend e il p osto che d oveva essere suo. Paolo Borsellino viene riabilitato, torna a Marsala e riprende a capofitto a lavorare. Nuovi magistrati arrivano a dargli una mano, giovani e, a volte, d i p rim a nom ina, fra d i essi ricord iam o Massim o Russo, e lo affiancano im p egnand osi con lo stesso fervore e con lo stesso coraggio nelle indagini su fatti di mafia. I p entiti cominciano a p arlare e le ind agini su connessioni tra mafia e politica prendono forma. Borsellino è convinto che p er sconfiggere la m afia i p entiti abbiano u n ru olo fond am entale. Anche i giu d ici, p erò, d ovranno essere attenti a controllare e ricontrollare ogni d ichiarazione, a ricercare i riscontri e ad intervenire solo qu and o ogni fatto p ossa essere provato. E' u n'op era lu nga m a i risultati non tarderanno ad arrivare. Da qu esto m om ento gli attacchi a Borsellino d iventano forti ed incessanti. Le ind iscrezioni su Falcone e Borsellino sono orm ai qu otid iane; si p arla d i cand id atu re alla Camera o alla carica d i Sindaco. I d u e m agistrati sm entiscono ogni cosa. Com incia, intanto, il d ibattito su ll'istitu zione d ella Superprocura e su chi porre a capo del nuovo organismo. Falcone, intanto, va a Roma com e d irettore d egli affari penali e preme per l'istituzione della Superprocura. Con Falcone a Roma, Borsellino si sente d i avere u n ap p oggio in p iù e così d ecid e d i tornare a Palermo; lo segu ono il sostituto Ingroia e il maresciallo Canale. N u ovi p entiti e nu ove rivelazioni conferm ano il legam e tra la m afia e la p olitica, rip rend ono gli attacchi al magistrato e lo sconforto ogni tanto si manifesta. E' in prima fila e tenta di ricostruire quel clima che, ai tem p i d el Pool, gli aveva p erm esso d i raggiu ngere grossi risultati. In u na d ichiarazione si p u ò riassu m ere lo stato d 'anim o d i Borsellino in qu el m om ento: "Un pentito è credibile solo se si trovano i riscontri alle sue dichiarazioni. Se non ci sono gli elementi di prova, la sua confessione non vale nulla. E' la legge che lo dice...e io sono un giudice che questa legge deve applicarla. I rapporti tra mafia e politica? Sono convinto che ci siano. E ne sono convinto non per gli esempi processuali, che sono pochissimi, ma per un assunto logico: è l' essenza stessa della mafia che costringe l' organizzazione a cercare il contatto con il mondo politico. ...e' maturata nello Stato e nei politici la volontà di recidere questi legami con la mafia? A questa volontà del mondo politico non ho mai creduto". Così, m atu rati i requ isiti p er essere d ichiarato id oneo alle fu nzioni d irettive su p eriori Paolo Borsellino, pur rim anend o ap p licato alla Procu ra d ella Rep u bblica d i Marsala, chied e ed ottiene d i essere trasferito a Palerm o con fu nzioni d i Procuratore Aggiunto. Grazie alle su e ind iscu sse cap acità investigative, in d ata 11.12.1991 è d elegato alla Direzione Distrettuale Antimafia. I Magistrati, con l'arrivo d i Borsellino, trovano nuova fiducia. A Borsellino vengono, com u nqu e, tolte le ind agini su lla m afia d i Palermo d al procuratore Giammanco e gli vengono, in alternativa, assegnate qu elle d i Agrigento e Trapani. N onostante l am arezza, Borsellino ricom incia a lavorare con l'impegno e la dedizione di sempre. Con qu esta consap evolezza il giu d ice, invece d i scoraggiarsi, si im m erge nel lavoro con ancora p iù convinzione, come se la sconfitta della mafia dipendesse solo dal suo operato e quello dei magistrati che lo circondano. Intanto a Roma viene finalm ente istitu ita la Superprocura e vengono ap erte le cand id atu re; Falcone è il nu m ero u no m a, anche qu esta volta, sa che non sarà facile. Borsellino lo sostiene a sp ad a tratta sebbene non fosse d 'accord o su lla su a p artenza d a Palermo. Il su o im p egno aumenta quando viene resa nota la candidatura di Cordova. Borsellino esce allo scop erto, p arla, d ichiara, si m u ove: è d i nu ovo in p rim a linea. I d u e m agistrati lottano u no a fianco all'altro, tem ono che la su p erp rocu ra p ossa d ivenire u n arm a p ericolosa se in p ossesso d i m agistrati che non conoscono la mafia siciliana. N el Maggio 1992 finalm ente Falcone raggiu nge i numeri necessari per vincere l'elezione a Superprocuratore. Borsellino e Falcone esu ltano, m a il giorno d op o Falcone viene u cciso insiem e alla m oglie a Capaci; la m afia sa che in qu el p osto il giudice Falcone era troppo pericoloso. Borsellino soffre m olto, il legam e che ha con Falcone è sp eciale e lu i è m orto tra le su e braccia. Tu tti i m om enti trascorsi insiem e, d a qu elli p iù belli a qu elli p iù bru tti, gli tornano alla mente. Gli viene offerto d i p rend ere il p osto d i Falcone nella cand id atu ra alla superprocura, m a Borsellino rifiu ta, sebbene sia consap evole che qu ella sia l'u nica m aniera che ha p er condurre in prima persona le indagini sulla strage di Capaci. Così risp ond e al Ministro: "...La scomparsa di Falcone mi ha reso destinatario di un dolore che mi impedisce di rendermi beneficiario di effetti comunque riconducibili a tale luttuoso evento....". Resta a Palermo, nella p rocu ra d ei veleni p er continu are la lotta alla m afia, d iventand o sem p re p iù consap evole che qu alcosa si è rotto, che il su o m om ento è vicino. Dalle p rim e ind agini nel p ool, alle serate insiem e, alle battu te p er sd ram m atizzare, ai m om enti d i lotta p iù d u ra qu and o insiem e sem bravano "intoccabili", al p eriod o forzato all'Asinara fino al distacco per Roma. Ad u n m ese d alla m orte dell'amico Falcone, tra le fiaccole e con m olta em ozione p arla d i lu i, cerca d i raccontarlo. Vu ole collaborare alle ind agini su ll'attentato di Capaci d i com p etenza d ella p rocu ra d i Caltanissetta. Le ind agini p rosegu ono, i p entiti au m entano e il giu d ice cerca d i sentirne il p iù possibile. Una vita sp eciale, qu ella d ei d u e am ici magistrati, d ensa d i p assione e d i am ore p er la p rop ria terra. Du e caratteri d iversi, com p lem entari tra loro, u no u n p o' p iù razionale l'altro p iù p assionale, entram bi con u n carism a, u na forza d 'anim o ed uno spirito di abnegazione esemplari. Arriva la volta d ei p entiti Messina e Mutolo, orm ai Cosa N ostra com incia ad avere sem bianze conosciu te. Sp esso i p entiti hanno chiesto d i p alare con Falcone o con Borsellino perché sap evano d i p otersi fid are, perché ne conoscevano le qualità morali e l'intuito investigativo. Continu a a lottare p er p oter avere la d elega p er ascoltare il p entito Mutolo. Insiste e alla fine il 19 lu glio 1992 alle 7 d i m attina Giammanco gli com u nica telefonicam ente che finalm ente avrà qu ella d elega e p otrà ascoltare Mutolo. Lo stesso giorno, alle 16.58, mentre Borsellino esce dalla palazzina di via D Amelio dove vivono la madre e la sorella, viene fatta esplodere un autobomba imbottita di tritolo che uccide il giudice e gli agenti della sua scorta. I corp i ingiu riati e m aciu llati d i Paolo Borsellino e d ella su a scorta si sono confu si insiem e in via D Am elio; e così è bene che nella nostra m em oria essi rim angano tu tti insiem e: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Clau d io Traina, Vincenzo Li Muli e Walter Cu sina. Paolo Borsellino aveva trascorso le u ltim e ore p rim a d ell attentato a Villagrazia d i Carini, d all onorevole Giu sep p e Tricoli, am ico d el m agistrato fin d ai tem p i d ell Università. Con lui due dei tre figli e la moglie Agnese. La villa si trova a p oca d istanza d al lu ogo in cu i il 23 m aggio era stato u cciso Giovanni Falcone e confina con u na casa d i p rop rietà d ei Borsellino. La fam iglia d el giu d ice, qu ell anno, non ci era and ata a p assare le vacanze p er m otivi d i sicurezza.. Erano le 11 qu and o Borsellino arrivò a Villagrazia con i fam iliari. N on li asp ettavam o raccontò Tricoli a p oche ore d alla m orte d el m agistrato e d el resto Paolo non com u nicava m ai p rim a le su e visite. Li ho su bito invitati a p ranzare con noi . Paolo era sereno d isse ancora Tricoli era tranquillo e scherzava. Domani doveva partire per la Germania, m otivi d i lavoro. N on so altro, anche con me era estremamente riservato . Alla fine d el p ranzo Borsellino rip osò u n p oco. Poi, alle 16,40, avvisò gli u om ini d ella su a scorta d i p rep ararsi. Salu tò la m oglie e i figli. Ci siam o abbracciati ricord ò Tricoli!, gli ho au gu rato bu on viaggio . Anche in qu esto caso il giu d ice non aveva com u nicato p reventivam ente la su a d estinazione. Tricoli ap p rese la notizia, m ezz ora d op o, d alla televisione. Qu and o ho sentito che c era stata u n esp losione a Palerm o m i si è gelato il sangu e. Fino all u ltim o ho sp erato che non fosse lu i. Agnese e i d u e figli erano in giard ino con m ia m oglie, io ero am m u tolito, non sap evo che fare. Poi, all im p rovviso, è entrata u n am ica d ei ragazzi: C è stato un attentato! . Agnese si è alzata d i scatto, p oi ha chiesto a m ia m oglie d i accom p agnarla a casa d ella su ocera. Aveva cap ito tu tto . Dop o l u ccisione d i Falcone ricord a ancora l onorevole Paolo era distrutto. Era com e se gli avessero u cciso u n fratello. E p oi aveva d ovu to raccogliere su lle su e sp alle u n ered ità m orale che tu tti gli attribu ivano, m a che era anche p esante d a sop p ortare . N onostante i p ericoli ed i p roblem i d i u na vita blind ata, Borsellino non p erse m ai la su a serenità d anim o. Du rante il p ranzo l am ico gli aveva chiesto: Com e fai a non avere p au ra, a continu are, m algrad o tu tto, ad avere fid u cia nella gente? . Aveva risposto con sorriso bonario: Sono cattolico, credere nell umanità per me è un dovere . Via D'Amelio, cronaca di una strage Era il 19 luglio del 1992: alle 17,47 i p rim i lanci d i agenzia dettero la notizia di un attentato a Palermo. Il primo lancio d'agenzia p arlava genericam ente d i u n attentato, com p iu to a Palerm o nei p ressi d ella fiera d el Med iterraneo. Dava la notizia d ella m orte d i alm eno qu attro persone, forse molti feriti. Era u n pom eriggio d i u na d om enica afosa e sonnolenta, che d a qu el m om ento d iventò convu lsa, frenetica, e soprattutto tristemente indimenticabile. Alle 17:47 giunse qu el p rim o annu ncio che gettò il p aese nel d ram m a d i u na nu ova, violentissim a sfid a alle istitu zioni d em ocratiche: nell'esp losione d i u n'au tom obile im bottita d i tritolo era rim asto coinvolto il giu d ice Paolo Borsellino, p rocu ratore aggiu nto d i Palerm o. L'esp losione era avvenu ta in via D'Am elio, d ove vivevano la m ad re e la sorella del magistrato. Lo scenario, u no scorcio d i Beiru t: il m anto strad ale sconvolto p er d u ecento m etri, l'ed ificio 'sventrato', con m u ri lesionati, infissi di balconi e finestre divelti fino al quinto piano. Poco dopo le 18, la conferma: Borsellino era rim asto u cciso insiem e con cinqu e agenti d i scorta. Le agenzie sp iegarono che il corp o d el m agistrato, com p letam ente carbonizzato, con il braccio d estro troncato d i netto, giaceva nel cortile d el p alazzo. Erano p assati neanche d u e m esi d all assassinio d i Giovanni Falcone. Siamo in guerra com m entò il sind aco d i Palerm o Ald o Rizzo d obbiam o p rep ararci a resistere, non p ossiam o illu d erci che qu esta sia la fine . In serata, sfilarono in via D'Amelio il ministro dell' Interno Nicola Mancino, il cap o d ella p olizia Vincenzo Parisi, il card inale Salvatore Pappalardo. Poi i vertici delle istituzioni si riu nirono in Prefettu ra p er ricostru ire il p u zzle d i u na giornata convu lsa: con il m inistro d ella Giu stizia Clau d io Martelli, oltre a Mancino, c erano i responsabili della polizia e dei carabinieri e il capo della Dia. Si d ecise d i ad ottare m isu re straord inare e u rgenti con le quali affrontare l' emergenza antimafia. Borsellino ha u n forte rap p orto con la m orte; è p resente in ogni p arte d ella su a vita. Tem e p er gli altri, p er la su a fam iglia, p er i ragazzi d ella scorta. E' m olto p rotettivo con i suoi collaboratori e con la sua famiglia. Parla spesso della morte u n p o' p er scherzarci sop ra u n p o' p er ricord arsi sem p re che non è p oi così lontana. "Se muoio adesso, il mio compito l' ho svolto". H a visto m orire m olte p ersone, u om ini d i valore m orale ed intellettu ale e sa benissim o d i non essere esente d a u na fine sim ile. Ep p u re a volte scherza con la m orte, se ne prende gioco, ci ride sopra. "N on sono né un eroe né un kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell' aldilà. Ma l' importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento... Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno". C'è u na frase ind im enticabile d i Paolo Borsellino, la su a rep lica grand e e nitid a alla p olem ica sui "p rofessionisti d ell'antim afia": "N on ho mai chiesto di occuparmi di mafia. Ci sono entrato per caso. E poi ci sono rimasto per un problema morale. La gente mi moriva attorno". La gente m i m oriva attorno: u n p roblem a m orale. E' d etto con una semplicità ed una precisione assolute. Qui Falcone cominciò a lavorare in modo nuovo. Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca M orvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte. Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte. N on poteva ignorare, e non ignorava, Giovanni Falcone, l' estremo pericolo che correva, perché troppe vite di suoi compagni di lavoro e di suoi amici sono state stroncate sullo stesso percorso che egli si imponeva. Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché non si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto d' amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato. Perché se l' amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, e per coloro che gli sono stati accanto in questa meravigliosa avventura, amare Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria a cui essa appartiene. E non solo nelle tecniche di indagine. M a anche consapevole che il lavoro dei magistrati e degli inquirenti doveva entrare sulla stessa lunghezza d'onda del sentire di ognuno. La lotta alla mafia (primo problema da risolvere nella nostra terra, bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell' indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità. Ricordo la felicità di Falcone, quando in un breve periodo di entusiasmo, conseguente ai dirompenti successi originati dalle dichiarazioni di Buscetta, egli mi disse: "La gente fa il tifo per noi". E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l'appoggio morale della popolazione dà al lavoro del giudice. Significava soprattutto che il nostro lavoro, il suo lavoro, stava anche sommovendo le coscienze, rompendo i sentimenti di accettazione della convivenza con la mafia, che costituiscono la sua vera forza. (...) Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo, continuando la loro opera...dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo". [Estratto d al d iscorso tenu to d a Paolo Borsellino il 23 giu gno 1992 alla cerim onia p rom ossa d ai boy-scou t d ella p arrocchia d i Sant'Ernesto a Palerm o; il testo integrale è nel libro d i Um berto Lu centini, Paolo Borsellino. Il valore d i u na vita, Mond ad ori, Milano 1994, alle pp . 256-258]. Sono diventato giudice perché nutrivo grandissima passione per il diritto civile ed entrai in magistratura con l' idea di diventare un civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalle necessità di inseguire i compensi dei clienti. La magistratura mi appariva la carriera per me più percorribile per dar sfogo al mio desiderio di ricerca giuridica, non appagabile con la carriera universitaria, per la quale occorrevano tempo e santi in paradiso. Fui fortunato e diventai magistrato nove mesi dopo la laurea (1964) e fino al 1980 mi occupai soprattutto di cause civili, cui dedicavo il meglio di me stesso. E' vero che nel 1975, per rientrare a Palermo, ove ha sempre vissuto la mia famiglia, ero approdato all' ufficio istruzione processi penali, ma alternai l' applicazione, anche se saltuaria, a una sezione civile e continuai a dedicarmi soprattutto alle problematiche dei diritti reali, delle distanze legali, delle divisioni ereditarie. Il 4 maggio 1980 uccisero il capitano Emanuele Basile e il consigliere Chinnici volle che mi occupassi io dell' istruttoria del relativo procedimento. N el mio stesso ufficio frattanto era approdato, provenendo anch' egli dal civile, il mio amico d' infanzia Giovanni Falcone, e sin da allora capii che il mio lavoro doveva essere un altro. A vevo scelto di rimanere in Sicilia e a questa scelta dovevo dare un senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso a occuparmi quasi casualmente, ma se amavo questa terra di essi dovevo esclusivamente occuparmi. forma di criminalità. N el senso che il lavoro è assicurato a taluni (pochi) togliendolo ad altri (molti). N on ho più lasciato questo lavoro e da quel giorno mi occupo pressoché esclusivamente della criminalità mafiosa. La produzione e il commercio della droga, che pure hanno fornito Cosa N ostra di mezzi economici prima impensabili, sono accidenti di questo sistema criminale e non necessari alla sua perpetuazione. E sono ottimista perché vedo che verso di essa i giovani, siciliani e non, hanno oggi attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant'anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanta io e la mia generazione ne abbiamo avuta. La mafia (Cosa N ostra) è un' organizzazione criminale, unitaria e verticisticamente strutturata, che si distingue da ogni altra per la sua caratteristica di "territorialità". Il conflitto irreversibile con lo Stato, cui Cosa N ostra è in sostanziale concorrenza (hanno lo stesso territorio e si attribuiscono le stesse funzioni) è risolto condizionando lo Stato dall' interno, cioè con infiltrazioni negli organi pubblici che tendono a condizionare la volontà di questi perché venga indirizzata verso il soddisfacimento degli interessi mafiosi e non di quelli di tutta la comunità sociale. Essa è divisa in famiglie, collegate tra loro per la dipendenza da una direzione comune (Cupola), che tendono a esercitare sul territorio la stessa sovranità che su esso esercita, o deve esercitare, legittimamente, lo Stato. Ciò comporta che Cosa N ostra tende ad appropriarsi di tutte le ricchezze che si producono o affluiscono sul territorio, principalmente con l'imposizione di tangenti (paragonabili alle esazioni fiscali dello Stato) e con l' accaparramento degli appalti pubblici, fornendo al contempo una serie di servizi apparenti riconducibili a quelli di giustizia, ordine pubblico, lavoro, che dovrebbero essere gestiti esclusivamente dallo Stato. A lle altre organizzazioni criminali di tipo mafioso (camorra, ' ndrangheta, sacra corona unita) difetta la caratteristica della unitarietà ed esclusività. Sono organizzazioni criminali che agiscono con le stesse caratteristiche di sopraffazione e violenza di Cosa N ostra, ma non ne hanno l' organizzazione verticistica e unitaria. E' naturalmente una fornitura apparente perché a somma algebrica zero, nel senso che ogni esigenza di giustizia è soddisfatta dalla mafia mediante una corrispondente ingiustizia. N el senso che la tutela dalle altre forme di criminalità (storicamente soprattutto dal terrorismo) è fornita attraverso l' imposizione di altra e più grave [Estratti d a u na lettera che la m attina d el 19 lu glio 1992 Borsellino aveva iniziato a scrivere in risp osta ad u na professoressa di Padova che tre mesi prima lo aveva invitato ad u n incontro con gli stu d enti d i u n liceo. Abbiam o rip reso il testo dalle pp. 289-291 del libro di Umberto Lucentini citato]. Usufruiscono inoltre in forma minore del "consenso" di cui Cosa N ostra si avvale per accreditarsi come istituzione alternativa allo Stato, che tuttavia con gli organi di questo viene a confondersi. criminali mafiose che guadagnavano centinaia e centinaia, se non migliaia di miliardi dal traffico delle sostanze stupefacenti, quelle stesse famiglie non trascuravano di continuare ad esercitare quelle che erano le attività essenziali della criminalità mafiosa, perché la droga non lo era e non lo è mai stata. Io sono sempre stato estremamente convinto che la mafia sia un sistema, non tanto parallelo, ma piuttosto alternativo al sistema dello stato ed è proprio questo che distingue la mafia da ogni altra forma di criminalità. In particolare nell' ordinamento del nostro stato, a differenza che in qualsiasi altro Stato, si tratta di un organizzazione criminale dal grossissimo potere, e sebbene organizzazioni criminali di grandissimo potere e di grandissima potenzialità vi siano anche negli altri stati, il nostro mi pare sia l' unico paese in cui a chiare lettere si è potuto dire, da tutte le parti politiche, che l' esistenza in questa forma di criminalità mette addirittura in forse l'esercizio della democrazia. Probabilmente in nessuna altra parte del mondo esiste una organizzazione criminale la quale si è posta storicamente e si continua a porre, nonostante talvolta questo lo abbiamo dimenticato e nonostante talora facilmente si continui a dimenticarlo, come un sistema alternativo, che offre dei servizi che lo Stato non riesce ad offrire. Questa e la particolarità della mafia e, anche nel momento in cui la mafia traeva - e forse ancora continua a trarre, anche se probabilmente in misura minore - i suoi massimi proventi dalla produzione e dal traffico delle sostanze stupefacenti, l' organizzazione mafiosa non ha mai dimenticato che questo non costituiva affatto la sua essenza. Tanto che, e questo lo abbiamo vissuto tutti coloro che abbiamo partecipato a quella esperienza del maxiprocesso e del pool antimafia, anche in quei momenti ed anche quando vi erano famiglie La caratteristica fondamentale della criminalità mafiosa, che qualcuno chiama territorialità, si riassume nella pretesa, non di avere ma addirittura vorrei dire di essere il territorio, così come il territorio è parte dello Stato, tanto che lo Stato "è" un territorio e non "ha" un territorio, dato che esso è una sua componente essenziale. La famiglia mafiosa non ha mai dimenticato che sua caratteristica essenziale è quella di esercitare su un determinato territorio una sovranità piena. N aturalmente si determina un conflitto tra uno stato che intende legittimamente esercitare una sovranità su un territorio e un ordinamento giuridico alternativo, il quale sullo stesso territorio intende esercitare una analoga sovranità, seppure con mezzi diversi. Questo conflitto - ecco perché io non le chiamo istituzioni parallele ma soltanto alternative - si compone normalmente non con l' assalto al palazzo del comune o al palazzo del governo da parte delle truppe della criminalità mafiosa, ma attraverso il condizionamento o il tentativo di condizionamento dall' interno, delle persone, atte ad esprimere la volontà dell' ente pubblico, che rappresenta sul territorio determinate istituzioni. La soluzione finale del problema, la finalità cui devono tendere le forze politiche che veramente intendono combattere la mafia, è quella di chiudere questi canali di infiltrazione, attraverso i quali la volontà delle persone fisiche che impersonano l' ente pubblico, di coloro che sono abilitati ad esprimere la volontà delle istituzioni pubbliche che operano sul territorio, viene condizionata da queste istituzioni alternative. Chiudere come? Ci sono stati chiesti esempi concreti. Ebbene in Italia mi sembra che spesso le istituzioni pubbliche non vengano considerate dalle forze politiche come istituzioni dove inviare i migliori che vadano ad impersonare la volontà, ma piuttosto teatri di lobbies che si azzuffano e si scornano per impossessarsi quanto più possibile di fette di potere per esercitalo in funzione non tanto del bene pubblico, ma di interesse particolari. Questa è l' accusa che da più parti viene fatta alla "partitocrazia", a quella che da tutti dispregiativa mente è cosi chiamata, ma da tutti sostanzialmente sopportata. L' occupazione da parte dei partiti e delle lobbies partitiche delle istituzioni pubbliche crea la strada naturale perché all' interno di queste istituzioni si formino volontà che non sono dirette al bene pubblico ma ad interessi particolari. Chiudere queste strade attraverso interventi, anche istituzionali, significa evidentemente chiudere possibilità di accesso delle organizzazioni criminali all' interno delle organizzazioni dello Stato. Certamente questo deve farsi salvando i principi democratici che reggono oggi tutte le nostre istituzioni. La sordità del potere politico a modificare radicalmente quelle che sono le legislazioni che regolano, ad esempio, gli enti locali è chiaramente una sordità nei confronti di un problema il quale, una volta affrontato e risolto nel migliore dei modi, impedirà l' accesso all' interno degli enti locali di quelle lobbies che vanno li dentro per provocare, come normalmente provocano, affinché la volontà di coloro che gestiscono le istituzioni sia rivolta non al bene pubblico ma agli interessi di questi o quel gruppo affaristico, fra i quali primeggia l'organizzazione mafiosa. [Relazione p resentata d a Borsellino in d ata 27 m arzo 1992 a Palazzo Trinacria, a Palerm o, in occasione d ella tavola rotonda su "Criminalità, politica e giustizia"] Su lla strage d i via D Am elio sono otto i p rocessi già conclusi e si p ossono d ivid ere in tre filoni: il p rim o (tre processi) venne istruito su lle d ichiarazioni d i Vincenzo Scarantino e p ortò alla cond anna d ello stesso a 18 anni d i reclu sione; il second o d etto Borsellino bis (d u e p rocessi) - si è in attesa che si p ronu nci la Corte d i Cassazione - ha p ortato alla cond anna all ergastolo d i tred ici m afiosi; il terzo d etto Borsellino ter (tre p rocessi) è nato d alle d ichiarazioni d el p entito Giovanni Bru sca e Salvatore Cangem i e si è ap p ena conclu so con cond anne a p ene d ai 13 ai 18 anni p er i collaboratori Bru sca, Cangem i e Ferrante a d ieci ergastoli p er altrettanti m afiosi e all annu llam ento d elle assolu zioni d ei qu attro cap im and am ento Antonino Giu ffrè, Salvatore Buscemi, Giuseppe Farinella e Nitto Santapaola. Si attendono il nono ed il decimo.. L'ep isod io p iù significativo che m i lega a m io p ad re è legato alla su a bontà d 'anim o, essend o m io p ad re fond am entalm ente u na p ersona bu ona e carica d i u na sconfinata umanità. Qu and o avevo qu ind ici anni m i chiese d i regalare il m io m otorino al figlio d i u na ved ova il cu i m arito era m orto in u na strage d i m afia, p oiché gli necessitava p er recarsi in u na borgata di Palermo ove svolgeva l'attività di panettiere. Ad un collaboratore di giu stizia forniva p ersonalm ente le lam ette e la schiu m a d a barba, in u n p eriod o storico in cu i m ancavano d el tu tto le agevolazioni d i cu i ad esso essi fruiscono. Mio p ad re, nonostante gli im p egni d i lavoro, trovava sem p re il tem p o d i stare in fam iglia e segu ire p ersonalm ente le nostre attività, fossero esse di studio o ludiche. N on p osso d im enticare con che am ore e trasp orto m i ha fatto "rip etere" le m ie p rim e d u e m aterie u niversitarie, d ed icand om i intere serate p rim a d egli esam i. Era p rem u roso, sem p re p resente, non solo ai fam iliari p iù stretti m a anche ai tanti cugini e parenti collaterali. Basti p ensare che, d i fatto, m io p ad re cresceva i sette figli della sorella più grande, rimasta vedova prematuramente e non in grad o econom icam ente d i sostenere u na così nu m erosa famiglia. N on siam o stati m ai né viziati né agevolati in alcu n m od o, p iu ttosto "resp onsabilizzati" d i fronte a situ azioni m olto p iù grand i d i noi, così che al m om ento d ella su a m orte si p u ò d ire che eravam o a nostro m od o "p rep arati", p rep arati d a u n p ad re che tu tto avrebbe p otu to d esid erare che lasciarci così giovani. E' u n d ato qu esto im p ortante, p oiché sin d ai p rim i giorni su ccessivi alla su a m orte circolava la voce che egli fosse andato incontro a questo infausto destino "rassegnato". N iente d i così falso: m io p ad re am ava la vita e le tante p iccole o grand i sorp rese che qu esta ci riservava in m od o assoluto, così d a ap p arirm i im p ossibile che egli and asse incontro alla m orte ritenend ola in qu el m om ento u n evento ineluttabile. In verità - non posso fare a meno di ribadirlo anche in qu esta sed e - m io p ad re è stato lasciato "solo", solo d alle "istitu zioni" m a solo anche d a tanti su oi colleghi che non hanno volu to o sap u to fare "qu ad rato" attorno a Lu i nel m om ento in cu i, invece, occorreva m assim a coesione e d istribu zione d elle responsabilità. Tuttavia noi non abbiamo alcun rammarico, poiché se la m orte d i m io p ad re, u nitam ente a qu ella d i tanti p rim a d i Lu i, è servita a svegliare d al torp ore tante coscienze siciliane, ciò ci riempie di gioia. Mio p ad re, com e d all'altra p arte Giovanni Falcone, su bì attacchi e d ai cc.d d . "p oteri forti" e d a ap p arati interni alla stessa m agistratu ra, intenti p iù a "norm alizzare" il lavoro d egli u ffici giu d iziari che ad orientarlo con d ecisioni alla lotta alla crim inalità organizzata. Tu ttavia cred o che gli attacchi che, oggi, la m agistratu ra su bisce siano d i tip o d iverso; non vorrei entrare nel m erito d i u na qu estione che non d ebbo e non p osso affrontare, attesa p eraltro la m ia attu ale collocazione in u n am m inistrazione d ello Stato, m a in generale ritengo che si stia assistend o ad u no scontro d i p oteri , qu ello giu d iziario d a u n lato e qu ello p olitico d all altro, che p oco si p resta ad u n p arallelism o con qu ello che in realtà negli anni 80 e p rim issim i anni 90 si verificò tra alcu ni ap p arati d ello Stato ed alcu ni rappresentanti della magistratura, tra cui mio padre. Dop o d ieci anni ciò che m i m anca m aggiorm ente d i m io p ad re m i d isp iace essere rip etitivo è la su a bontà ed enorme generosità. Mio p ad re m i ha trasm esso u n grand issim o p atrim onio m orale che si p u ò cond ensare in u na sola p arola: l u m iltà. Si sentiva sem p re l u ltim o d egli u ltim i, i m eriti erano sem p re d egli altri, non si atteggiava m ai a p rotagonista ed era p rivo d i qu alsiasi am bizione, a tal p u nto d i non m anifestare alcu n interesse a ricop rire qu el fam oso incarico d i Su p er Procu ratore Antim afia, rim anend o p rioritaria p er Lu i la vicinanza alla Sua famiglia ed alla Sua Palermo. Avrei tanto d esid erato m io p ad re al m io fianco nel m om ento in cu i m i sono trovato veram ente d a solo a fronteggiare situ azioni m olto p iù grand i d i m e, nel m om ento in cu i ho scelto d i fare qu esta p rofessione, nel m om ento in cu i avrei avu to tanto bisogno d i u n su o consiglio, d i u n su o sguardo, ma non è stato così. Sono p erò convinto d i esserm i sem p re com p ortato com e Lu i m i avrebbe su ggerito d i com p ortarm i e la fed e che io e la m ia fam iglia abbiam o ci rend e tranqu illi che u n giorno Lo rivedremo, bello e sorridente come lo ricordiamo sempre. N on c è u n ep isod io p iù significativo, m a è tu tta la nostra vita, a p artire d all infanzia. Qu el rap p orto bellissim o, qu asi d i p rotezione nei m iei confronti d a p arte d i Paolo, che m i consid erò sem p re la sorellina p iccola, anche qu and o p oi d iventam m o ad u lti e io divenni mamma. Mi gu ard ava sem p re con grand e tenerezza e forse è questa la cosa che, oggi, di lui più mi manca. E p oi m i m anca la giu stizia. H o sem p re avu to fid u cia nelle Istituzioni, come Paolo mi aveva insegnato. Qu and o d iventava qu asi im p ossibile averla lu i m i d iceva attenzione, non è nelle Istitu zioni che si p u ò non avere fid u cia m a, qu alche volta, negli u om ini che ricop rono certi ru oli . Oggi m i fa m ale p ensare che p er trop p o tem p o ci sono stati d egli u om ini che hanno rivestito ru oli che, decisamente, non hanno saputo ricoprire se è vero, come è vero, che troppe verità sono rimaste nascoste. E ora, con gli attacchi che la m agistratu ra sta su bend o, m i sem bra d i rived ere u n film già visto, con la p au ra d i conoscere già il finale: si tratta, infatti, d egli stessi attacchi su biti d a Paolo, solo che ad esso vengono p erp etrati con p iù cattiveria. Prim a, infatti, c era p iù p u d ore in certe cose, m entre oggi si agisce con la certezza d i p oter arrivare agli scop i che si vogliono raggiungere. Al d i là d ell attività d ella m agistratu ra e d ei m agistrati che hanno lavorato ai p rocessi p er la strage d i via D Am elio, a cu i sono grata anche p erché si sono svolti abbastanza in fretta, se consid eriam o che ci sono p rocessi che d op o venti o trent anni ancora ricom inciano d accap o , ho la sensazione, m a non so d ire a che livello, che l Italia, p u rtrop p o, sia il Paese d ei trop p i m isteri d ove, rigu ard o a certi fatti, non si vuole arrivare alla verità. E uno di questi è la morte di Paolo. Per la realizzazione d i qu esta p u bblicazione si ringraziano i seguenti siti internet: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20) 21) www.rai.it www.borsellinocentro.it www.digilander.libero.it www.clarence.com www.peacelink.it www.democrazialegalita.it www.bibliomilanoest.it www.namaste-ostiglia.it www.legge-e-giustizia.it www.pianetacalabria.com www.repubblica.it www.giustiziacarita.it www.osservatoriomonopoli.it www.anm-palermo.com www.corriere.it www.agbrescia.com www.antimafiaduemila.com www.capitanoultimo.it www.misteriditalia.com www.giustizia.it www.gds.it This document was created with Win2PDF available at http://www.win2pdf.com. The unregistered version of Win2PDF is for evaluation or non-commercial use only. This page will not be added after purchasing Win2PDF.