Qualificazione di interesse
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Qualificazione di interesse
Direttiva 2003/48/CE- Presupposto oggettivo QUALIFICAZIONE DI INTERESSE Maurizio Ravezzi Membro della Commissione Normativa Comunitaria ***** Con la Direttiva 2003/48/CE il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato le nuove norme che disciplinano la corresponsione di interessi a persone fisiche residenti in stato della comunità europea. La direttiva recepita in Italia con legge del 31/10/03 ha effetto a partire dal 01/01/05. I principi fondamentali di tale direttiva sono i seguenti: 1. 2. 3. A. la direttiva nasce con lo scopo di accertare la tassazione nello stato di residenza (evitando abusi e evasione) secondo la legislazione dello stato di residenza (interna e convenzionale) attraverso la scambio di informazioni. Le ritenute convenzionali non sono disapplicabili perché riguardano i rapporti bilaterali tra due stati in presenza di scambio di informazioni e secondo quella che è stata l’integrazione interna della norma convenzionale (con la relativa eliminazione della doppia imposizione) ex articolo 16 della direttiva. Gli stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per far si che gli adempimenti necessari alla attuazione della direttiva siano eseguiti da agenti pagatori stabiliti nel territorio della Comunità Europea indipendentemente dal luogo di residenza del soggetto debitore Le ritenute della direttiva sono disapplicabili se c’è lo scambio di informazioni o recuperabili attraverso l’eliminazione della doppia imposizione. Definizione di Interessi e sue esenzioni Presupposto oggettivo per l’applicazione della normativa è il pagamento di interessi effettuato in ambito comunitario a favore di persone fisiche che hanno, ai fini fiscali, la residenza in un paese delle Comunità diverso da quello dell’agente pagatore. La direttiva ne fornisce una definizione, che ai fini dell’applicazione della norma deve essere analizzata con quella prevista dalla normativa interna e con quella simile prevista dal modello OCSE. Le convenzioni firmate dall’Italia ai fini di un migliore coordinamento fanno generalmente rinvio alla normativa interna, che invece è assente nella Direttiva. Articolo 6 - Definizione pagamento di interessi del Art. 44 Dlgs 344/2003 (Redditi di capitale) a) interessi pagati, o accreditati su un conto (tramite agente pagatore), relativi a crediti di qualsivoglia natura, assistiti o meno da garanzie ipotecarie e corredati o meno di una clausola di partecipazione agli utili del debitore, in particolare i redditi dei titoli del debito pubblico e i redditi prodotti dalle obbligazioni, compresi i premi connessi a tali titoli o obbligazioni; le penalità di mora non costituiscono pagamenti di interessi; b) interessi maturati o capitalizzati alla cessione, al rimborso o al riscatto dei crediti di cui alla lettera a) DEFINIZIONE INTERESSE MODELLO OCSE: art. 11 comma 3 a) gli interessi e gli altri proventi i redditi derivanti da crediti di ogni derivanti da mutui, depositi e conti tipo, garantiti o meno da ipoteca, che diano o meno un diritto di correnti; partecipazione agli utili del debitore, e che rientrano in tale b) gli interessi e gli altri proventi categoria in particolare i redditi delle obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli diversi dalle azioni e derivanti da titoli del debito compresi i premi titoli similari, nonché dei certificati pubblico, derivanti. di massa; g-ter) i proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito; Art. 6/344 comma 2: I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti., 5. Per quanto riguarda il paragrafo 1, lettere b) e d), gli Stati membri hanno la possibilità di richiedere agli agenti pagatori nel loro territorio l’annualizzazione degli interessi per un periodo che non può essere superiore a un anno e di considerare gli interessi annualizzati come un pagamento di interessi anche se durante tale periodo non hanno luogo cessioni, riscatti o rimborsi. Gli interessi colpiti dalla normativa sono quelli derivanti dai : 1) depositi in contanti compresi i depositi cauzionali in forma liquida, 2) tutti i tipi di obbligazioni indipendentemente dal fatto che l’emittente sia pubblico o privato e tutti i tipi di titoli liberamente negoziabili 3) nonché le quote di OICVM. Sono inoltre considerate produttive di interessi le obbligazioni che prevedono una clausola di partecipazione agli utili del debitore a meno che i fondi prestati non partecipino effettivamente al rischio d’impresa. Così come è strutturata la norma , nella nozione d’interesse, rientrano per i titoli di debito, sia i flussi cedolari sia gli interessi maturati o capitalizzati realizzati alla cessione, al rimborso o al riscatto. L’opzione degli Stati membri indicata al paragrafo 5 ha impatto anche nel calcolo della ritenuta ex art. 11 paragrafo 2 lett. e). Questa potrebbe essere un opzione costosa per il sistema bancario (IT e back-office). Nel caso in cui venga esercitata essa esplica effetto sia in termini di valori da dichiarare sia in termini di ritenuta da applicare, con la conseguenza che la ritenuta si potrebbe applicare alla totalità della vendita o riscatto. La categoria concettuale di interesse nella direttiva sul risparmio viene definita attraverso la fonte debitoria (“credito”) di qualsiasi natura e non attraverso “l’impiego capitale” come nel diritto tributario italiano (Marchetti, Escalar, Gallo). La distinzione così delineata rivestirebbe importanza fondamentale ai fini di un corretto inquadramento della definizione inserita nella direttiva includendovi solo il caso dei rapporti di finanziamento cioè dove il rapporto giuridico sotteso all'impiego di capitale è di tipo obbligatorio, riconducibile allo schema del debito-credito ..." nel quale "la terzietà che viene così ad intercorrere fra finanziatore e finanziato, ... giustifica a carico di quest'ultimo la corresponsione di un corrispettivo per la disponibilità in godimento del capitale riconosciutogli dal primo, sub specie di interesse ...". Mentre ai fini della definizione di rettido di capitale nel diritto tributario italiano nessuna rilevanza è destinata ad assumere la configurazione civilistica assunta dall'atto che ha dato luogo alla nascita di tale rapporto. Potrà trattarsi quindi sia di un negozio unilaterale, che di un contratto a prestazioni corrispettive, che di un contratto con comunione di scopo e così via (Escalar). Generalmente una definizione è presupposto ai criteri di localizzazione del reddito nella fiscalità internazionale e alla successiva modalità di tassazione. Nella direttiva sul risparmio la definizione è presupposto di un accertamento la cui tassazione è attribuita al paese di residenza (e solo temporaneamente e parzialmente nel paese di accertamento). Ci troviamo di fronte a uno sforzo di accertamento di una base imponibile definita interesse. I problemi di coordinamento sotto il profilo teorico sono molteplici, anche se qui di seguito verranno analizzati solo alcuni attinenti il non allineamento della definizione di interesse e livello comunitario, nazionale e convenzionale per mancanza di rinvio della prima alla seconda e alla terza. Il primo problema da affrontare concerne i titoli strutturati. Ci troviamo di fronte a crediti che possono produrre interessi ma la cui misura puo’ essere condizionata dal profilo di rischio dello credito sottostante. Una soluzione semplicistica ma attinente alla definzione fondata sulla fonte debitoria sarebbe quella di prendere tutta la componente cedola e il premio di emissione, mentre una soluzione piu’ attinente alla realtà e alla teoria economica di interesse ci porterebbe a enucleare solo la componente di interesse e premio assumendo una totale rimborsabilità del capitale a scadenza. Alla stessa stregua qualche dubbio lo pone l’inclusione qui operata sui proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito in quanto pur sussistendo un credito, l’interesse da questo credito derivante è esprimibile secondo parametri diversi da quelli del mercato del denaro e tale dubbio deriva dall’assenza di aleatorietà sui beni oggetto del rapporto debito/credito come si evince negli esempi indicati nella norma, quasi ad indicare un requisito qualificante della "non rischiosità della fonte produttiva" ai fini della nozione di interesse. Se tale tesi passasse si dovrebbero escludere tutte le obbligazioni che non prevedono la garanzia del capitale a scadenza. g-bis) i proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute; La maggior parte delle convenzioni concluse dall’ Italia prevede, infine, una norma residuale con la quale si fa rientrare nel concetto di interesse, ogni provento h) gli interessi e gli altri proventi assimilabile ai redditi derivanti da derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, somme date in prestito in base alla normativa fiscale dello Stato esclusi i rapporti attraverso cui contraente da cui i redditi derivano. possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in Gli interessi di mora sarebbero, sulla base delle convenzioni dipendenza di un evento incerto. stipulate dall’Italia, assimilati agli a) (…) le penalità di mora non Art. 6/344 comma 2:Gli interessi interessi, con la conseguente costituiscono pagamenti di moratori e gli interessi per applicazione degli articoli previsti interessi; per gli stessi. Al contrario il rinvio dilazione di pagamento alla normativa Italiana invece costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano consente di non far rientrare nella categoria dei redditi di capitale tali i crediti su cui tali interessi sono interessi maturati Sono formalmente esclusi altresi’ dalla nozione di interesse le categorie sopra menzionate (pronti contro termine) in quanto benché dal punto di vista economico l'operazione in esame sia riconducibile fra quelle di finanziamento.dal punto di vista giuridico formale si tratta NON già di un'operazione produttiva di interessi o comunque di redditi di capitale riconducibili alla categoria dei frutti civili, ma di un'operazione da cui consegue un guadagno differenziale (Marchetti). Rimane da domandarci se gli interessi compensativi siano o no compresi nella definizione comunitaria. Una definizione piuttosto restrittiva della nozione di "...interessi aventi natura compensativa ..." è fornita dal Lupi, Gli interessi non derivanti ..., pagg. 98-99, là dove rileva che tali interessi "... sembrano trovare la più appagante collocazione a proposito del risarcimento del danno, anche se le argomentazioni a fondamento di tale conclusione non possono considerarsi definite in modo rigoroso". Si ritiene che tali interessi per assimilazione a quelli di mora siano esenti dalla definizione comunitaria. Come altresi’ rimangono esenti tutti i proventi rappresentativi di differenziali positivi in dipendenza di eventi incerti da cui potevano scaturire differenziali anche negativi sia se intervengono sui crediti da cui scaturiscono interessi sia, a maggior ragione, se intervengono su nozionali non rappresentativi di crediti. Nella categoria di differenziali dipendenti da eventi incerti che intervengono su crediti rientrano i differenziali generati successivamente all’emissione e pertanto non assimilabili al concetto di premio di emissione, in quanto la norma comunitaria parla genericamente di premi, intendendo probabilmente come tale i premi di emissione. B. Proventi derivanti dalla gestione di masse patrimoniale c) redditi derivanti da pagamenti di interessi, direttamente o tramite un’entità di cui all’articolo 4, paragrafo 2, distribuiti da: i) OICVM autorizzati ai sensi della direttiva 85/611/CEE; ii) entità che beneficiano dell’opzione di cui all’articolo 4, paragrafo 3; iii) organismi di investimento collettivo stabiliti al di fuori del territorio di cui all’articolo 7; lett. g) i proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti; d) redditi realizzati alla cessione, al rimborso o al riscatto di partecipazioni o quote nei seguenti organismi ed entità, se questi investono direttamente o indirettamente tramite altri organismi di investimento collettivo o entità di cui sopra oltre il 40 % del loro attivo in crediti di cui alla lettera a): i) OICVM autorizzati ai sensi della direttiva 85/611/CEE; ii) entità che beneficiano dell’opzione di cui all’articolo 4, paragrafo 3; iii) organismi di investimento collettivo stabiliti al di fuori del territorio di cui all’articolo 7. La definizione di interesse è estesa nell’articolo 6(1)(c) ai redditi distribuiti dagli OICVM armonizzati, o da entità che pur rientrando nell’articolo 4(2) abbiano potato per essere trattati come OICVM armonizzati sulla base dell’art 4 (3), e tutti gli organismi di investimento collettivo stabiliti al di fuori della UE. L’opzione ex articolo 4 (3) è prevista solo per entità residenti in uno Stato membro e questo sembrerebbe escludere salvo accordi diversi tra l’UE e altri stati non appartenenti alla UE di estendere tale opzione a entità non residenti nella UE creando pertanto un’assimmetria tra normativa CFC e direttiva sul risparmio. Tale redditi distribuiti da tali entità o organismi rientrano nell’ambito di applicazione oggettivo della direttiva solo nella misura in cui derivano da crediti indicati nel paragrafo a). Allorché un agente pagatore non dispone di informazioni circa la proporzione del reddito derivante da pagamenti di interessi (esempio si pensi ai fondi hedge), l’importo totale del reddito viene considerato un pagamento di interessi sia ai fini dichiarativi che ai fini dell’applicazione della ritenuta. La definizione di interesse include all’articolo Art. 6(1)(d)) il reddito realizzato attraverso la vendita, il riscatto o il rimborso di quote o azioni delle entità indicate nell’articolo Art. 6(1)(c), se durante il periodo transitorio (periodo “ritenuta”) queste hanno investito piu’ del 40% dei loro attivi in crediti ex Art. 6(1)(a); dal 1° gennaio 2011 la percentuale del 40% viene ridotta al 25 %. Allorché un agente pagatore non dispone di informazioni circa la proporzione dei crediti componenti l’attivo (esempio si pensi ai fondi hedge), l’importo dell’attivo si suppone composto in misura superiore alla percentuale del 40% sopra indicato. Ex paragrafo 5 vale la stessa opzione per gli stati membri circa l’annualizzazione degli interessi prevista per l’articolo 6.1.b. Nel caso in cui venga esercitata essa esplica effetto sia in termini di valori da dichiarare sia in termini di ritenuta da applicare, con la conseguenza che la ritenuta si potrebbe applicare alla totalità della vendita o riscatto. Questa potrebbe essere un area di difficile coordinamento tra gli stati membri. Gli Stati membri hanno la possibilità di escludere dalla definizione di pagamenti di interessi i redditi ex art 6.1.c. e 6.1.d derivanti da organismi o entità stabiliti nel loro territorio qualora l'investimento in crediti di cui art. 6.1.a., da parte di tali entità non sia stato superiore al 15 % del loro attivo. Tuttavia gli Stati membri possono includere redditi di cui alla lettera d) nella definizione del pagamento di interessi solo nella misura in cui tali redditi corrispondano a redditi che, direttamente o indirettamente, derivino da pagamenti di interessi ai sensi delle lettere a) e b). 2. Per quanto riguarda il paragrafo 1, lettere c) e d), allorché un agente pagatore non dispone di informazioni circa la proporzione del reddito derivante da pagamenti di interessi, l’importo totale del reddito viene considerato un pagamento di interessi. 3. Per quanto riguarda il paragrafo 1, lettera d), allorché un agente pagatore non dispone di informazioni circa la percentuale dell’attivo investita in crediti, ovvero in partecipazioni o quote contemplate da detta lettera d), tale percentuale si considera superiore al 40 %. Qualora egli non sia in grado di determinare l’importo del reddito realizzato dal beneficiario effettivo, il reddito si considera il prodotto della cessione, del rimborso o del riscatto delle partecipazioni o quote 6. In deroga al paragrafo 1, lettere c) e d), gli Stati membri hanno la possibilità di escludere dalla definizione di pagamenti di interessi i redditi contemplati da tali disposizioni derivanti da organismi o entità stabiliti nel loro territorio qualora l'investimento in crediti di cui al paragrafo 1, lettera a), da parte di tali entità non sia stato superiore al 15 % del loro attivo. Altresì, in deroga al paragrafo 4, gli Stati membri possono decidere di escludere dalla definizione di pagamento di interessi prevista dal paragrafo 1 gli interessi pagati o accreditati su un conto di un'entità di cui all'articolo 4, paragrafo 2, che non benefici dell'opzione di cui all'articolo 4, paragrafo 3 e che sia stabilita nel loro territorio qualora l'investimento di tali entità in crediti di cui al paragrafo 1, lettera a) non sia stato superiore al 15 % del loro attivo. L'esercizio di tale opzione da parte di uno Stato membro è vincolante per gli altri Stati membri. 7. Dal 1° gennaio 2011 la percentuale di cui al paragrafo 1, lettera d), e al paragrafo 3 è pari al 25 %. 8. Le percentuali di cui al paragrafo 1, lettera d), e al paragrafo 6 sono determinate con riguardo alla politica di investimento esposta nel regolamento del fondo o nei documenti costitutivi degli organismi o delle entità interessati e, in assenza di tale riferimento, con riguardo all'effettiva composizione dell'attivo degli organismi o delle entità interessati. Nel caso delle gestioni collettive di patrimoni, non è riscontrabile lo schema produttivo tipico degli interessi e/o frutti civili e cioè il "... trasferimento (o dazione) in godimento del capitale ad un altro soggetto perché ne goda riconoscendo al titolare del capitale il corrispettivo di tale godimento" e "ciò non tanto perché il rapporto di mandato non possa di per sé dar luogo ad una dazione in godimento del capitale ad un terzo soggetto (il mandatario) quanto piuttosto perché nel caso specifico il mandato è un negozio-mezzo per la realizzazione del reddito che viene prodotto a valle del contratto di gestione". E "... proprio il fatto che il mandato rappresenti il negozio-mezzo per la produzione del reddito porta a dover ricondurre il reddito da gestione nell'ambito della categoria dei redditi derivanti da un utilizzo strumentale del capitale". Gli utili derivanti dalla gestione collettiva di patrimoni non costituiscono, in altre parole, il corrispettivo del godimento dei capitali affidati al gestore ma soltanto il prodotto dell'attività di gestione in quanto il nesso di corrispettività non intercorre tra l'utile e la concessione in godimento del capitale, bensì tra il compenso riconosciuto al gestore e l'assunzione di un obbligo di fare e cioè quello di gestire il patrimonio affidato in gestione. Nella direttiva i proventi derivanti dalla gestione collettiva dei patrimoni vengono analizzati attraverso il presupposto oggettivo della qualificazione di interesse applicato attraverso la trasparenza del veicolo di investimento e pertanto disconoscendo a quest’ultimo un presupposto soggettivo. Questo conferma un approccio già adottato da alcuni stati membri (fra cui l’Italia) che disconoscevano l’applicabilità delle convenzioni contro le doppie imposizioni agli OICVM per mancanza del presupposto soggettivo (contra Belgio). 4. Al momento stesso in cui degli interessi ai sensi del paragrafo 1 sono pagati o accreditati su un conto il cui titolare sia un'entità di cui all'articolo 4, paragrafo 2, che non benefici dell'opzione di cui all'articolo 4, paragrafo 3, detti interessi vanno considerati un pagamento di interessi da parte di tale entità. Nel contratto di mandato di gestione individuale il nesso di corrispettività intercorre direttamente fra il compimento degli atti giuridici per i quali il mandato è stato conferito ed il pagamento del compenso. Ai fini di evitare complicazioni particolari sulle gestioni patrimoniali individuali, è opportuno gli stati membri strutturino l’opzione ex articolo 4.3. in maniera tale che l’agente pagatore opti per essere trattato come OICVM al fine di escludere dal monitoraggio della trasparenza totale gli interessi di servizio di una gestione patrimoniale. C. Esclusioni dalla definizione di interesse Protocollo Direttiva Articolo 44/344 (12) Nel definire la nozione di pagamenti di interessi e il meccanismo dell’agente pagatore si dovrebbe fare riferimento, ove opportuno, alla direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM)(4). c) le rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del codice civile; d) i compensi per prestazioni di fideiussione o di altra garanzia; e) gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale e al patrimonio in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società (…) f) gli utili derivanti da associazioni in partecipazione e dai contratti indicati nel primo comma dell’articolo 2554 del codice civile, salvo il disposto della lettera c) del comma 2 dell’articolo 53 g-quater) i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione; g-quinquies) i redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui alla lettera hbis) del comma 1, dell’articolo 50 erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale; (13) Il campo d’applicazione della presente direttiva dovrebbe limitarsi all’imposizione sui redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi su crediti ed escludere in particolare le questioni relative alla tassazione delle prestazioni pensionistiche e assicurative. Se da un lato la definizione di reddito di capitale nel diritto italiano assorbe il concetto civilistico di frutto civile nel piu’ ampio alveo dei redditi derivanti dall’impiego di capitale e quelli ad questi ultimi assillabili; la definizione comunitaria esclude alcune categorie di frutti civili: le rendite perpetue oltre ai dividendi e pertanto a questa categoria è impossibile fare riferimento per identificare una omogenea categoria concettuale. Un’altra importante esclusione di carattere oggettivo, oltre a quelle menzionate nella tabella sopra riportata, riguarda le prestazioni assicurative e pensionistiche. D. Titoli negoziabili e le caratteristiche principali del mercato delle obbligazioni internazionale Le Obbligazioni internazionali hanno le seguenti caratteristiche principali. Sono: emesse dalle grandi aziende, dagli enti pubblici territoriali nazionali e dalle organizzazioni internazionali quali la banca mondiale e la Banca europea per gli investimenti; denominate in qualsiasi valuta; collocate pricipalmente agli investitori internazionali attraverso sindacati composti da intermediari internazionali; ; emesse nella forma giuridica “al portatore”, i cui pagamenti di interessi avvengono attraverso banche depositarie che gestiscono sistemi accentrati in forma elettronica di deposito titoli. Il mercato internazionale delle obbligazioni è il piu’ grande mercato dei capitali al mondo per quanto concerne il reddito fisso, con oltre 4000 miliardi di euro di obbligazioni in circolazione nel 2001 (contro i 2900 miliardi di euro di fondi e depositi detenuti da parte di intermediari per conto di non residenti cd. Mercato Offshore), di cui il 50% emesse da emittenti europei, per il 90% detenute da investitori istituzionali (fondi, assicurazioni, banche) e il restante 10% da persone fisiche direttamente di cui il 50% residenti in europa (di cui circa 170 miliardi di euro detenuti da banche per conto di clientela non residente nel paese di residenza della banca). Sebbene molte obbligazione vengano detenute fino a scadenza, le stesse vengono quotate sul mercato secondario. E’ un mercato molto largo, liquido e efficiente in termini di costi con opportunità di diversificazione su valuta, paesi ed emittenti con diversi ratings. La durata tipica è 5-10 anni. I tre centri maggiori sono Londra, New York e Tokyo, con Londra che gestisce 60%-80% del mercato primario (emissioni) e 75% del mercato secondario (trading). A Londra vi lavorano circa 100.000 persone direttamente sul mercato, mentre 6000 lavorano sui servizi di banca depositaria e sistemi di pagamento. A parte la ritenuta alla fonte per l’investitore, i rischi per il mercato obbligazionario internazionale derivanti dalla direttiva sono: a) incertezza, b) perdita di competitività, c) perdita di innovazione. a) Incertezza Un rischio inerente alla direttiva era la clausola di 'gross-up' e 'call' delle emissioni obbligazionari internazionali. Questa clausole avrebbero obbligato l’emittente a lordizzare il prelievo impositivo incremento il rendimento dell’obbligazione o alternativamente avrebbe potuto lasciare all’emittente la possibilità di rimborsare anticipatamente l’intera emissione. La riduzione dei tassi avrebbe reso questa ultima alternativa la piu’ preferibile e profittevole per l’emittente (potendosi cosi rifinanziarsi a tassi piu’ bassi) evitando altresi’ i costi derivanti dal gross-up. Tale azione destabilizzerebbe il mercato. Si calcola che tra l’80%-90% delle obbligazioni in circolazione al 2001 quota sopra la pari, con una plusvalenza corposa sulle scadenze piu’ lunghe. L’effetto sul mercato si amplificherebbe per effetto dei derivati utilizzati a fini di copertura di portafogli obbligazionari. Pertanto alla perdita sulle obbligazioni per effetto del richiamo si aggiungerebbe per l’investitore istituzionale uno scoperto sulla posizione di copertura. Tale effetto destabilizzante (valtabile in 7,5-18 miliardi di euro) avrebbe potrebbe generare un terremoto (per fondi pensione, assicurazioni, banche soprattutto svizzere) finanziario e un effetto sfiducia (per investitori individuali) difficile da recuperare, in cui si sarebbe potuto mettere a repentaglio le prestazioni pensionistiche di intere generazioni a favore degli emittenti. Il solo effetto annuncio puo’ generare nervosismo sul mercato e questo si traduce in un incremento dei rendimenti (e una diminuzione dei corsi della obbligazioni a tasso fisso) e in una perdita di efficienza del mercato internazionale gestito dall’Europa e in particolare da Londra. Un esempio di tale terremoto lo abbiamo avuto nella storia quando ad esempio fu introdotta negli USA nel 1987 una ritenuta alla fonte per effetto della cessazione di efficacia del trattato tra USA e Antille Olandesi. 32 miliardi dollari di emissioni furono assoggettati a tale ritenuta e il corsi obbligazionari di emittenti USA crollarono del 15%-20% costringendo il governo degli USA a riconfermare nuovamente dopo due settimane l’esenzione. L’introduzione di una ritenuta avrebbe ingenerato uno spostamento delle emissioni (offerta) e degli investimenti attraverso gli intermediari (domanda) al di fuori dell’europa, llo stesso modo come si creo’ il mercato europeo. Infatti il mercato internazionale londinese si sviluppo’ grazie all’introduzione di una ritenuta negli USA nel 1963. Tale disastro finanziario lo si è potuto evitare attraverso l’articolo 15 della direttiva ("grandfathering") oltre ad altre esenzioni di carattere oggettivo (esempio le prestazioni assicurative). Per quanto concerne l’esenzione dal presupposto oggettivo si è scelto la via dell’esenzione piu’ ampia evitando cosi’’ interpretazioni di carattere legale che avrebbero comunque mantenuto un livello di incertezza oltre a una segmentazione del mercato e dei rendimenti con conseguenza in termini di inefficienza e il liquidità. b) Competitività e Innovazione nei mercati finanziari Il mercato internazionale dei reddito fisso è fortemente condizionato dalla normativa legale e fiscale che impatta sull’innovazione, l’efficienza e la competitività dello stesso, in quanto gli aspetti regolamentari possono aumentare i costi di emissione e ridurre la velocità di esecuzione riducendo cosi’ la flessibilità del mercato. Piuttosto che adattarsi ai nuovi vincoli a costi piu’ elevati il mercato tende a muoversi cercando nella globalizzazione di trovare localizzazioni piu’ consone. Pertanto l’articolo 15 della direttiva risponde a una esigenza di mantenimento della competitività della piazza londinese (e relativi posti di lavoro) sulle emissioni obbligazionarie internazionali evitando pericolose migrazioni rese piu’ facili per effetto: a) trading e pagamenti elettronici, b) globalizzazione degli intermediari, c) l’alta capacità del mercato dei capitali di consolidare e di rendere efficiente costi e fiscalità delle emissioni e distribuzioni di capitale; d) competizione delle altre piazze non europee (svizzere e americane) poste al di fuori dei vincoli europei. c) Costi amministrativi La direttiva avrà un impatto economico sugli agenti di pagamento (prezzo di emissione delle obbligazioni detenute, portafogli e regolamenti degli OICVM, calcolo delle basi imponibili, calcolo dell’imposta, raccolta delle informazioni) e se si considera che i margini di questi sono particolarmente bassi e i volumi sono al contrario mastodontici, ci si puo’ rendere conto come un piccolo incremento in termini costi unitari puo’ avere un impatto amplificato di dimensioni colossali. Gli agenti di pagamento sono già soggetti a una forte competitività e la direttiva incoraggerà la nomina di agenti di pagamento non europei al fine di disapplicare la direttiva. Questo produrrà una migrazione delle attività operative di middle e back-office al di fuori della europa. Data la natura integrata: emissioni, deposito, pagamenti; c’è il rischio di una migrazione complessiva di questa attività al di fuori della Europa. I costi derivanti da questa direttiva sono: a) costi informatici, b) costi una-tantum di tipo amministrativo, c) costi annuali di mantenimento degli obblighi previsti dalla direttiva. Questi oneri verrebbero principalmente sopportati dalle banche depositarie e da tutti gli intermediari che devono riconoscere un interesse a un non residente persona fisica. Da questa necessità di escludere l’intero mercato internazionale delle obbligazione dal presupposto oggettivo delle direttiva attraverso l’articolo 15 per l’intero periodo transitorio. Protocollo 22) Per evitare squilibri del mercato, durante il periodo transitorio la presente direttiva non si dovrebbe applicare ai pagamenti di interessi su determinati titoli di credito negoziabili. Articolo 15 Titoli di credito negoziabili 1. Durante il periodo transitorio di cui all'articolo 10, ma sino al 31 dicembre 2010 al più tardi, le obbligazioni nazionali e internazionali e gli altri titoli di credito negoziabili che siano stati emessi per la prima volta anteriormente al 1° marzo 2001, o il cui prospetto originario delle condizioni di emissione sia stato approvato prima di tale data dalle autorità competenti ai sensi della direttiva 80/390/CEE (1) o dalle autorità di paesi terzi all'uopo responsabili, non sono considerati crediti ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera a), se la loro emissione non viene riaperta il 1° marzo 2002 o dopo tale data. Tuttavia, se il periodo transitorio di cui all'articolo 10 si prolunga oltre il 31 dicembre 2010, le disposizioni del presente articolo continuano ad applicarsi solo ai titoli di credito negoziabili: - che contengono clausole di lordizzazione («gross-up») e rimborso anticipato, e - per i quali l'agente pagatore di cui all'articolo 4 è stabilito in uno Stato membro che applica la ritenuta alla fonte di cui all'articolo 11, e tale agente pagatore versa gli interessi o attribuisce il pagamento di interessi direttamente a un beneficiario effettivo residente in un altro Stato membro. Se una riapertura di emissione di un titolo negoziabile di cui sopra emesso da un governo o da un ente collegato, che agisce in qualità di autorità pubblica o il cui ruolo è riconosciuto da un trattato internazionale, viene effettuata il 1° marzo 2002 o dopo tale data, come definito nell'allegato, l'intera emissione di tale titolo, costituita dall'emissione originaria e da ogni emissione ulteriore, si considera un credito ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera a). Se una riapertura di emissione di un titolo negoziabile di cui sopra emesso da qualsiasi altro emittente non contemplato dal secondo comma viene effettuata il 1° marzo 2002 o dopo tale data, solo i titoli emessi in occasione di tale riapertura si considerano un credito ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera a). 2. Nessuna disposizione del presente articolo osta a che gli Stati membri applichino, in conformità alla loro legislazione nazionale, imposte sui redditi prodotti dai titoli di credito negoziabili di cui al paragrafo 1. L’articolo, infatti, stabilisce l’esenzione da ritenuta per i titoli di credito negoziabili emessi per la prima volta anteriormente al 1 marzo 2001; tale esenzione si protrarrà fino alla loro scadenza o se anteriore fino alla fine del periodo transitorio e comunque non oltre il 31/12/2010. Sebbene tale esenzione provocherebbe inizialmente un’ampia esenzione, questa avrà un periodo di tempo limitato: 75% del mercato ha una durata residua di meno di 10 anni, il 66% di meno di 5 anni. Nel caso in cui la Comunità dovesse decidere di prolungare il periodo transitorio oltre il 2010 l’esenzione si applicherà solo a titoli di credito che contengono la clausola di gross up e di rimborso anticipato per i quali l’agente pagatore,che eroga l’interesse ad un soggetto non residente,si trova in un paese della Comunità europea che applica la ritenuta alla fonte. Inoltre nel caso in cui l’emissione del titolo sia avvenuta prima del 1 marzo 2001, ma si sono avute riaperture anche il 1 marzo 2002 ; il trattamento applicabile varierà a seconda che i titoli siano emessi da un governo o da un ente collegato per i quali si applicherà la ritenuta all’intera emissione, ovvero siano emessi da altri emittenti per i quali la ritenuta si applicherà solo sull’importo della riapertura. E. Conclusioni Lo scambio di informazioni assicura una maggiore attinenza allo scopo della Direttiva in quanto: a) le modalità di tassazione sarebbero determinate totalmente dal paese di residenza secondo il suo diritto tributario nazionale e internazionale; b) le imposte sarebbero versate correttamente allo Stato avente potestà impositiva; c) si eviterebbe calcoli complessi sia sul prelievo che sulle modalità di eliminazione della doppia imposizione; d) si avrebbe una migliore capacità di controllo sul contribuente (reddito e capitale sottostante). Per effetto del periodo transitorio e delle esenzioni previste sul presupposto oggettivo, la direttiva potrebbe avere una non felice capacità di ridurre l’evasione fiscale e la perdita di gettito conseguente. Allo stesso tempo la direttiva potrebbe mettere distruggere valore sul mercato dei capitali internazionali e quello degli intermediari.