Pagamenti pubblici: Italia colpevole

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Pagamenti pubblici: Italia colpevole
Pagamenti pubblici: Italia colpevole
"La Stampa" del 18 dicembre 2011
"Il suicidio di un imprenditore veneto legato alla crisi in cui si era venuta a trovare la sua piccola
impresa, per l'impossibilità di ricevere il pagamento dei crediti che vantava nei confronti di enti
pubblici per i quali aveva lavorato, è purtroppo solo l'ultimo di una serie...."
Pagamenti pubblici: Italia colpevole
Il suicidio di un imprenditore veneto legato alla crisi in cui si era venuta a trovare la sua piccola impresa, per
l'impossibilità di ricevere il pagamento dei crediti che vantava nei confronti di enti pubblici per i quali aveva
lavorato, è purtroppo solo l'ultimo di una serie. La vicenda denunzia una prassi ampia e risalente nel tempo, da
parte di enti pubblici debitori. Lo Stato è un cattivo pagatore. Chi lavora ad esempio per le Asl conosce gli
enormi ritardi con i quali ottiene il pagamento corrispondente alle forniture effettuate.
In Italia i ritardi e l'incertezza che vi è legata sono imponenti. Ma non si tratta di fenomeno solo italiano, se
l'Unione europea ha dovuto recentemente approvare una nuova direttiva relativa alla lotta ai ritardi di
pagamento nelle transazioni commerciali, anche per il caso in cui il debitore sia un’amministrazione o
un'impresa pubblica. La direttiva muove dalla constatazione che «sebbene le merci siano fornite e i servizi
prestati, molte delle relative fatture sono pagate ben oltre il termine stabilito.
I ritardi nel pagamento influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle
imprese. Essi compromettono anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere a un
finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti. Il rischio di tali effetti negativi aumenta
considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l'accesso al finanziamento diventa più
difficile».
La direttiva stabilisce per i debitori enti o imprese pubblici un termine di trenta giorni per il pagamento,
prorogabile a certe condizioni fino a sessanta giorni e a tal fine considera la specificità della situazione degli
enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria. L'adeguamento dell'ordinamento nazionale deve avvenire
entro il marzo 2013. In un primo tempo la direttiva è stata esclusa della legge comunitaria 2011, con l'evidente
intento di ritardarne al massimo il recepimento. Ora però l'attuazione della direttiva è oggetto, sotto forma di
delega al governo, della legge dello scorso novembre che porta il nome di Statuto dell'impresa. I tempi di
adempimento dovrebbero essere al massimo accelerati ed anche definita in modo ragionevole e utile alla vita
delle imprese la questione dell' enorme debito pubblico legato a contratti conclusi ed eseguiti
antecedentemente. Si tratta di questione di grande importanza anche ai fini del rilancio dell'attività produttiva
e, quindi, della difesa del lavoro. E' in gioco la sopravvivenza stessa di molte piccole e medie industrie. Vien
fatto di pensare a quando, invece di pagare i debiti, il governo investiva il Parlamento di una proposta di
modificare la Costituzione per proclamare la libertà d'impresa!
Va aggiunto che non si tratta soltanto di una questione che riguarda l'attività economica. Il diritto al pacifico
godimento dei beni entra nell'elenco dei diritti fondamentali considerati dalla Convenzione europea dei diritti
dell'uomo, che vincola anche l'Italia. Esso riguarda egualmente le persone fisiche e quelle giuridiche. E non si
tratta solo del diritto di proprietà disciplinato dalla normativa interna, poiché concerne anche i crediti, quando
questi siano ormai liquidi ed esigibili o appaiano comunque ben fondati. L'Italia è già stata condannata per
violazione di questo diritto in un caso in cui ingenti crediti d'imposta vantati da una società erano stati pagati
dall'amministrazione pubblica con ritardi che andavano da cinque a dieci anni (e in larga misura mediante
titoli del debito pubblico). L'impresa aveva dovuto indebitarsi con banche e con privati ed era finita in
liquidazione. La sentenza è del 1993, ma la pratica viziosa dello Stato non si è interrotta.
La direttiva europea prevede anche che lo Stato incentivi le buone prassi e pubblichi un elenco dei soggetti che
sono buoni pagatori. Se si vogliono mettere le imprese italiane in grado di agire e competere e se si vogliono
attirare gli investimenti esteri, sarebbe necessario che un simile elenco contenesse in prima fila proprio lo
Stato, gli enti e le imprese pubbliche.
Vladimiro Zagrebelsky
2011-12-18