Andrea Occhipinti di Dagur Kári Vincitore di 6 premi Edda Vincitore
Transcript
Andrea Occhipinti di Dagur Kári Vincitore di 6 premi Edda Vincitore
Andrea Occhipinti presenta di Dagur Kári Vincitore di 6 premi Edda Vincitore del Rotterdam Film Festival Candidato all’Oscar per l’Islanda come miglior film straniero Candidato agli European Film Awards Uscita: 21 novembre Ufficio stampa Studio PUNTOeVIRGOLA Cast tecnico Regia Dagur Kári Sceneggiatura Dagur Kári Fotografia Rasmus Videbæk Montaggio Daniel Dencik Musiche Suono Scenografia Costumi Acconciature e trucco Slowblow Pétur Einarsson Jón Steinar Ragnarsson Linda B. Árnadóttir e Tanja Dehmel Frida Metúsalemsdóttir Prodotto da Zik Zak Filmworks Essential Filmproduktion The Bureau M&M Productions Produttori Philippe Bober Kim Magnusson Skúli Fr. Malmquist Thorir Snær Sigurjónsson Co-prodotto da Distribuzione Ufficio stampa Sol Gatti-Pascual Lucky Red Studio PUNTOeVIRGOLA +39.06.39388909 [email protected] Una coproduzione Islanda/Germania/Regno Unito/Danimarca 2003 Durata 93 min. 2 Cast artistico Nói Tómas Lemarquis Kiddi Beikon Thröstur Leó Gunnarsson Iris Elin Hansdóttir Lina Anna Fridriksdóttir Oskar Hjalti Rögnvaldsson Prestur Pétur Einarsson Gylfi Kjartan Bjargmundsson Dabbi Greipur Gislason 3 Sinossi Chi è Nói: lo scemo del villaggio o un genio incompreso? Il diciassettenne Nói vive in un fiordo remoto nel nord dell’Islanda e si lascia trasportare dalla vita. In inverno il fiordo è completamente tagliato fuori dal mondo, circondato da montagne minacciose e sepolto sotto un manto di neve. Nói sogna di fuggire da questa prigione dalle mura bianche assieme a Iris, una ragazza di città finita a lavorare nello squallido distributore di benzina. Ma i suoi maldestri tentativi di fuga finiscono in un totale fallimento. Un disastro naturale manderà in frantumi l’universo di Nói ma gli aprirà uno spiraglio verso i suoi sogni. 4 “Che ne pensa dell’Islanda?” In termini geografici l’ISLANDA è - in ordine di grandezza - la seconda isola d’Europa dopo il Regno Unito. La sua massa terrestre ha avuto origine 65 milioni di anni fa in seguito ad uno spostamento dei continenti. Gode di un clima temperato, oceanico, sorprendente mite d’inverno e fresco in estate. Negli ultimi cento anni, la temperatura ha superato i 20 gradi per ben sei volte. E’ sempre giorno durante i tre mesi estivi e gli islandesi godono solamente di tre ore di luce durante l’inverno. L’Islanda ha conosciuto una sola guerra: La guerra del Merluzzo degli anni Settanta contro l’Inghilterra, dalla quale è uscita vittoriosa. L’Islanda è la maggiore produttrice d’Europa di banane, è il primo paese ad avere democraticamente eletto una donna come presidente, e vanta il maggior numero di scrittori pro capite di qualsiasi altro paese al mondo. Gli islandesi sono persone affascinanti; molti affermano di credere negli elfi e negli gnomi, comprano le bevande alle enoteche di Stato e vi danno il benvenuto con la frase “Che ne pensa dell’Islanda?” Superficie: 103.000 km² di cui 12.000 km² sono ricoperti da ghiacciai. Terreno arabile: 1.000 km² Popolazione: 280.000 Pecore: 1.350.000 Merluzzo pescato per abitante per anno: 2.780 Capitale: Reykjavik (170 000 abitanti) Turismo: 150.000 visitatori l’anno Religione: 98% protestanti, 1% cattolici Esportazioni: merluzzo 80%, prodotti industriali 17% Bolungarvik: ambientazione di Nói Albinói: 957 abitanti Per sopravvivere in Islanda - salve: Gódan dag Mi sono perso: Ég er tynd Non capisco: Ég skil ekki Il freddo mi uccide: Kuldinn er ad drepa mig! Andiamo a cena: Förum út ad borda Sono allergico al merluzzo: Ég er med ofnæmi fyrir thorski Quando ci sarà la prossima eruzione del vulcano? Hvenær er næste eldgos? Che diavolo sta facendo sul mio tetto? Hvad í andskotanum ertu ad gera á thakinu mínu? Quante volte si masturba? Hvad fróar thú thér oft? Dammi i soldi o ti faccio saltare le cervella: Láttu mig fá peningana eda ég skyt af thér hausinn! 5 Il Regista Dagur Kári Cineasta islandese nato nel 1973, Dagur Kari si diploma nel 1999 alla National Film School, Danimarca. “Lost Weekend”, il film da lui realizzato per il diploma, ottiene 11 premi internazionali (tra cui Brest, Angers, Poitiers, Monaco e Tel Aviv). Nói Albinói è il primo lungometraggio di Dagur Kári. Dagur Kári lavora inoltre come musicista nella band “Slowblow”, che ha pubblicato due album e composto la colonna sonora di Nói Albinói. E’ attualmente impegnato a Copenhagen, alla lavorazione di un film appartenente alla corrente Dogma. Intervista a Dagur Kári Hai sempre avuto l’intenzione di tornare in Islanda dopo gli studi in Danimarca? Ho iniziato la scuola di cinematografia danese nel 1995 e mi sono diplomato nel 1999 con un mediometraggio della durata di 40 min intitolato LOST WEEKEND, girato in Danimarca. Per diverso tempo ho pensato che i miei film non sarebbero stati necessariamente ambientati in Islanda. Ma Nói Albinói è un’antica idea che ho sempre fortemente associato all’Islanda dove ho sempre avuto l’intenzione di realizzare il mio primo film per raccontare le mie origini. E da cosa nasce l’idea di Nói Albinói? Il personaggio di Nói Albinói vive dentro di me da diversi anni. Nasce ancor prima del mio interesse per il cinema, e ad un certo punto ho anche preso in considerazione l’idea di realizzare dei cartoni animati o dei fumetti con questo personaggio. Negli anni, ho collezionato ogni sorta di idea su di lui, e quando ho finito gli studi di cinematografia, erano abbastanza mature da essere trasformate in sceneggiatura. E per quanto riguarda l’ambientazione del film? All’inizio, il film non doveva essere ambientato in un villaggio sperduto; ero orientato più su Reykjavik. Ma alla fine mi sembrava che Reykjavik fosse troppo legata alla realtà: volevo creare un universo che non esisteva ma che sarebbe potuto esistere. Mi interessavano molto i fiordi dell’ovest per la loro atmosfera inquietante e per il magnifico scenario estremamente visivo. Chiaramente eravamo molto condizionati dalla neve, ed era molto probabile che vi fosse neve in quella zona. In inverno può essere completamente tagliata fuori dal resto del mondo a causa del suo clima estremo. E’ stato difficile fare il casting? L’Islanda è piccola e tutti si conoscono. Se ti siedi per un po’ ad un bar di Reykjavik, in men che non si dica avrai conosciuto tutto il tuo cast artistico e anche quello tecnico. Per Nói non volevo nomi famosi. La maggior parte degli attori sono esordienti e non celebrità. Cercavo soprattutto i tipi giusti, ed è per questo che è una combinazione di attori professionisti e non. La donna che interpreta Lina, la nonna, consegna la posta nel mio vicinato; ho conosciuto la ragazza che interpreta Iris in un ristorante vegetariano. Molti membri del cast sono amici personali, come lo psicologo. Per quanto riguarda il personaggio di Noi, avevo le idee chiare sul fatto che doveva avere un aspetto molto particolare, quasi alienato. E poiché non conosco nessun bravo attore islandese albino di quell’età, la scelta migliore è stata Tomas Lemarquis. Non solo è un attore molto diligente e di talento, ma possiede anche l’aspetto che cercavo. Hai composto le musiche di Nói Albinói? 6 Si, con il mio amico Orri. Siamo componenti di una band che si chiama “Slowblow”. Ci sono poche cose al mondo che mi piacciono di più del fare musica. E’ per questo motivo che cerchiamo di tenerci alla larga dall’aspetto commerciale. La musica rappresenta per noi uno svago dalle nostre vite professionali e non permettiamo che niente rovini questo piacere. Ma tuttavia siamo riusciti a pubblicare due album indipendentemente e ne abbiamo uno nuovo in cantiere. Credi che il tema del film sia molto islandese? Non era mia intenzione realizzare un film tipicamente islandese. Mi piace fare film ambientati in un microcosmo isolato, in un universo circoscritto che non è veramente parte del mondo come lo conosciamo, ma neanche surreale. E’ a metà strada. Ma a parte ciò, credo che il film sia solamente la mia versione di una storia che è stata già detta e ridetta: il giovane ribelle, che non riesce ad inserirsi da nessuna parte. E tenta la fuga… E’ un vecchio cliché ma volevo realizzare la mia versione di questo tipo di storia. La voglia di scappare, di trasferirsi, è una cosa che riguarda l’Islanda in particolare? E’ un ambiente che si presta a questo genere di storie? La maggior parte della gente, ad un certo punto della loro vita, lascia l’Islanda. E’ in qualche modo una necessità quando vivi in un’isola così remota. Ma quasi tutti, prima o poi, fanno ritorno. Tuttavia, per quanto riguarda questa storia in particolare, non mi stavo confrontando con la realtà islandese poiché volevo che il film avesse un universo a sé. Quali sono le tue influenze per quanto riguarda la cinematografia? Tutto tranne i film! Mi piace molto realizzare film, ma vederli è come studiare l’algebra o simile. Immagino che sia dovuto al fatto che è divenuta la mia professione, perché prima non era affatto così. Ma attualmente sono molto preso dalle sitcom. E ho imparato molto sulla cinematografia dai Simpson. Hai una predilezione per la figura del perdente, come il padre di Nói, o Nói stesso? A mio parere gli eroi sono estremamente noiosi, intendo quei personaggi in grado di fare qualsiasi cosa. Trovo sia più interessante quando le persone comunicano male e non sanno come affrontare le cose. Come nelle sitcom, dove i personaggi affrontano gli stessi problemi in ogni episodio. Non imparano mai e vanno avanti per dieci anni!. Se fossero eroi, basterebbe un solo episodio per risolvere tutto e passare ad altro. Vi è un’interpretazione biblica o mitologica del film? Mi interessa molto lavorare con i miti a livello subconscio. Voglio che il pubblico si senta legato a qualcosa di mitico e di universale attraverso i propri sentimenti, in modo viscerale. Ma se guardando il film si accorge materialmente di cosa si tratta, allora il compito è fallito. A mio parere niente è più patetico delle storie che hanno chiari riferimenti biblici o di altro genere. Se un film ha un personaggio che si chiama Eva la quale raccoglie una mela, io mi alzo e esco dal cinema. Quindi deve essere una cosa estremamente indefinibile. Senza svelare la fine del film, possiamo dire che l’evento finale sia causato da Nói? Può essere interpretato in un qualche tipo di punizione, e se così fosse, perché? Il finale dovrebbe avere un doppio senso, ovvero, che a volte la peggiore cosa possibile possa anche rappresentare un nuovo inizio. Hai perso tutto e questa è una cosa terribile, ma sei stato anche liberato da tutto. Per me, era l’unica via di fuga per Noi, ma non voglio approfondire. E’ aperto alle interpretazioni ed il pubblico deve decidere da solo. 7 Vi sono alcuni elementi comici ed assurdi integrati a quella che può essere definita una storia tragica. Li ha inseriti intenzionalmente nel film così da non renderlo esageratamente tragico? Per me, è il contrario: vi sono alcuni elementi tragici inseriti in quella che può essere definita una storia comica. Inizio sempre dalla comicità, e cerco sempre di non seguire una trama. Ma mi piace inserire un finale ben preciso. E’ ciò che lo rende un film anziché l’episodio pilota di una sitcom! Nói Albinói è impostato allo stesso modo di Lost Weekend, con situazioni strane e divertenti ed una maledizione alla fine. Ho sempre utilizzato questa forma, e sembra che anche i miei progetti futuri non faranno eccezione. Tuttavia trovo singolare il fatto che le mie sceneggiature nascono tipo fumetto, ma il film che ne emerge finisce per essere molto più serio di quanto chiunque si aspettasse, me compreso. Non so perché succede ciò. E’ una di quelle cose che proprio non riesco a controllare. E questo le piace o cerca di combatterlo? Sicuramente non è una cosa di cui sono consapevole, ma la accetto e la trovo alquanto eccitante. Ho sempre pensato che Lost Weekend sarebbe stato soprattutto divertente, ma quando abbiamo iniziato le riprese, mi sono accorto che gli attori parlavano e si muovevano in modo estremamente lento. Non ho chiesto io di fare così, e sicuramente andava contro la realizzazione di una commedia, ma da qualche parte è uscita fuori questa cosa, quindi ho deciso di non cambiarla e di vedere cosa sarebbe successo al film. E’ successa la stessa cosa con Nói Albinói? In un certo senso, ma non in modo così radicale come in Lost Weekend. Forse la spiegazione sta nel fatto che Lost Weekend è ambientato in un solo ed unico luogo dall’atmosfera forte. Quindi crea uno stato d’animo particolare. In Nói è diverso perché vi sono tante ambientazioni differenti e, in questo modo, non si viene assorbiti da un unico stato d’animo. E’ stato difficile girare il film? E’ stato molto difficile. Siamo stati pesantemente condizionati dalla neve, ma quell’inverno quasi non ce n’è stata. In effetti siamo stati alquanto fortunati perché l’unica neve di tutto l’inverno è caduta proprio mentre stavamo girando le scene in esterni. Sono contento che non abbiamo mai dovuto ricorrere a neve artificiale durante tutto il film, eppure nevica in quasi tutte le scene. Il 95% delle scene interne sono state girate sul luogo. La tabella di marcia era serrata, e tutto sommato sarebbe stato impossibile se non ci fossimo trovati in quei piccoli villaggi islandesi. Sono stati girati pochissimi film da quelle parti, quindi la gente non è infastidita dall’arrivo della troupe e sono tutti molto disponibili. Se in altri paesi ti trovi a dover fare i conti con una burocrazia mostruosa, in questa zona devi solamente fare una telefonata per potere dare inizio alle riprese. La soluzione a qualsiasi problema tu possa avere è sempre in una semplice telefonata. Come si colloca la neve negli elementi scenografici e nell’atmosfera del film? E’ una grande scenografia naturale. E aggiunge inoltre una dimensione fisica al film per il fatto che è così difficile muoversi nella neve. Soprattutto quando sei inseguito dagli sbirri. Fisicamente, è impossibile scappare da un posto del genere. Per la scena della fuga, ho cercato di imitare gli inseguimenti in macchina dei film di serie B, aggiungendo semplicemente la neve come ostacolo a sorpresa. E’ stato difficile, a livello tecnico, girare in queste condizioni climatiche? Si, è strano trovarsi a sperare ogni giorno nel peggiore clima possibile, sapendo quanto sia difficile girare in quelle condizioni e quanto le apparecchiature temano il freddo. Inoltre per il direttore della fotografia è molto difficile girare con tutta quella neve, perché i contrasti sono estremamente forti e difficili da gestire. 8 Quando ha conosciuto il direttore della fotografia Rasmus Videbaeck? Alla scuola di cinematografia danese. Dove ho anche conosciuto il montatore Daniel Dencik. E’ il lato bello del passare quattro anni insieme ad una scuola. Si formano delle relazioni solide che continuano anche dopo la scuola. Ha un progetto cinematografico in Danimarca. Vuole continuare a girare in Islanda? Ho due o tre idee per dei progetti cinematografici, ma nessuno è ambientato in Islanda. Uno di questi è un film Dogma che sto attualmente sviluppando a Copenhagen. Ritengo che sia molto più semplice lavorare all’estero in una lingua straniera. Aiuta ad astrarsi dalle cose. In Islanda conosco il paese e la lingua così bene che è un po’ difficile riuscire a creare la distanza necessaria per creare un universo a sé. Mi riesce molto più facile quando mi trovo all’estero. 9 Intervista all’attore Tomas Lemarquis Ci racconti qualcosa del tuo percorso personale e professionale? Sono nato da padre francese e madre islandese. Sono cresciuto in Islanda e vi abito tutt’oggi, dopo aver conseguito il diploma in arte drammatica presso il Cours Florent di Parigi. Ho recitato in alcuni corti, e nel lungometraggio Villiljos, dove ho rincontrato Dagur Kári che conoscevo già avendo fatto il liceo insieme. Sono stato inoltre un volto nuovo della televisione islandese, un attore di teatro (una rappresentazione da me interpretata ha partecipato a diversi festival in Scandinavia) e membro di un gruppo di artisti che ha presentato diverse produzioni all’evento “Reykjavik Cultural City 2000”. Attualmente frequento la scuola di belle arti di Reykjavik, perché ritengo che ci sia una risonanza tra tutte le arti, sempre che la creazione sia onesta e sincera. Inoltre, ho sempre nutrito interesse negli aspetti visivi dell’arte drammatica. Cosa significa essere attore in Islanda? Significa farsi facilmente un nome ed avere velocemente contatti nel settore. Lo svantaggio, tuttavia, è che si tratta di un ambiente piccolo e le occasioni finiscono subito. Vorrei fare carriera come attore e continuare a lavorare nelle arti plastiche, perché avere più di una occupazione è una cosa molto islandese.. Ma lavorerò ovunque i progetti siano interessanti, in qualsiasi paese si trovino. Devo dire che l’Islanda non è solamente geograficamente isolata ma lo è anche culturalmente. E’ per questo motivo che molti islandesi vanno all’estero. Ad esempio, è molto comune fare un lungo viaggio oltreoceano al termine degli studi. Ma i legami con l’Islanda rimangono sempre molto forti: la maggior parte degli islandesi alla fine torna sempre a casa. Nói, adolescente ribelle che si rivolta contro il padre, ha un solo sogno: andare via. Ti assomiglia sotto questo aspetto? Confesso di avere la necessità costante di viaggiare, di avere la mente aperta a nuove influenze. Non è positivo attaccarsi troppo a certi luoghi. Per quanto riguarda la ribellione, gran parte della mia si è svolta durante l’adolescenza, pure se si possono scoprirne alcuni aspetti nel mio lavoro. Quando ho letto per la prima volta il copione di Nói Albinói, ho provato una simpatia immediata per il personaggio. Nói è molto umano, una brava persona, ma un grande incompreso. Una sensazione che conosco bene! A mio parere io e Nói abbiamo tante cose in comune. Ha un atteggiamento strafottente che lo aiuta a seguire la sua strada senza prendere la vita troppo sul serio. Chi impedisce ad Iris di fuggire con Nói? Diversamente da Nói, ha paura di seguire la sua strada. Sta provando a costruire la sua vita per la seconda volta, dopo aver fallito nella capitale, e quindi non è pronta a correre dei rischi. Credo però che ami Nói. Lo voglio credere, perlomeno. In un modo o nell’altro può Noi essere ritenuto responsabile della catastrofe che avviene? Non credo che Nói ne sia responsabile. E’ una persona molto matura, una persona che non si attacca ai luoghi o alle persone. Per lui, le cose durano finché durano. Ha capito molto tempo fa che può contare solo su se stesso. Da un lato, questo accorgimento potrebbe facilitare la sua partenza permettendogli di trovare un posto che gli vada a genio, che per me è l’unica fuga possibile, sia che questo posto abbia le palme o che non ce l’abbia. Che la catastrofe sia positiva o negativa non ha importanza, la vita va avanti, in un modo o nell’altro. Io cerco di vedere il lato positivo di questa triste storia. 10 Zik Zak Filmworks La Zik Zak filmworks è stata fondata nel 1995 da Skúli Fr. Malmquist e Thorir Snær Sigujónsson, mentre frequentavano ancora l’università. La loro motivazione iniziale era quella di aiutare giovani cineasti esordienti a realizzare le loro idee, poiché poche case di produzione islandesi si occupavano allora dei lavori e delle idee di registi esordienti. FILMOGRAFIA 2003 2002 2001 2000 NÓI ALBINÓI di Dagur Kári Selezione ufficiale a Rotterdam 2003 (in concorso) MOBILES di Mikael Torfarson DRAMARAMA film collettivo FIASCO di Ragnar Bragason The Coproduction Office La Coproduction Office è un etichetta per la produzione cinematografica e le vendite internazionali. La società è stata fondata nel 1987 da Philippe Bober, ed è apprezzata per la scoperta e il lancio di nuovi talenti della regia. La Coproduction Office produce e vende, con grande attenzione, un piccolo numero di selezionatissimi film d’autore (2-3 l’anno). FILMOGRAFIA 2003 2003 2002 2001 2001 2000 2000 2000 1996 1996 NÓI ALBINÓI di Dagur Kari Selezione ufficiale Rotterdam 2003 (in concorso) PLEASANT DAYS di Kornél Mundruczat Premio Silver Leopard al Festival di Locarno JAPON di Carlos Reygadas Quinzaine des réalizateurs, Menzione speciale Caméra d’Or Cannes 2002 LOVELY RITA di Jessica Hausner Selezione ufficiale Cannes 2001, FIPRESCI Vienna 2001 DOG DAYS di Ulrich Seidi Premio della Giuria Venezia 2001, premio della giuria Gijon 2001 SUZHOU RIVER di Lou Ye Premio Tiger Award Rotterdam 2000, premio della giuria a Tokio, Filmex e altri 4 festival SONGS FROM THE SECOND FLOOR di Roy Andersson Premio speciale della giuria Cannes 2000 AUDITION di Miike Takashi FIPRESCI Rotterdam 2000 LE ONDE DEL DESTINO di Lars Von Trier IL REGNO di Lars Von Trier 11