leggi il diario della mobilità a Malta

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GOZO STORY
di Tiziana Bertelli
Domenica 11 Novembre 2012
Aeroporti, voli, chiacchierate con la mia compagna di viaggio, Nadia. Arriviamo a La Valletta in
orario insieme al gruppo degli altri docenti che, come noi, hanno preso il volo da Fiumicino.
Ecco i nostri nomi: Nadia di Adria, Sara di La Spezia, Marco di Arma di Taggia, Luca e Graziella di
Tortolì, Stefano di S.Benedetto del Tronto, Fernando di Novi Ligure, Riccardo di Stresa, Elio e Alda di
Cingoli, Giuseppe e Raffaele di Favara, io di Bardolino e il capogruppo Francesco dell’Accademia
delle 5T. Insegniamo tutti (ma ci sono anche un paio di presidi) in scuole alberghiere, le materie più
disparate, siamo reduci da ore di preparazione sul tema del marketing dell’enogastronomia
territoriale, argomento di questo progetto di mobilità Leonardo dell’Unione Europea che ci vede
protagonisti sul campo per una settimana, e abbiamo un compito: quello di verificare in che modo i
prodotti agroalimentari tipici del territorio che visiteremo sono promossi e valorizzati dalle singole
aziende, anche coadiuvate dalle scuole locali.
Prelievo in pullmino. CALDISSIMO. SOLISSIMO. Anche un bel po’ di vento, che sentiamo
specialmente sul traghetto che ci scodella a Mgarr-il porticciolo di Gozo. Il mare è increspato ma le
acque sono bluuuu e stupende. Risaliamo in pullmino e,
attraverso un saliscendi di stradine tortuose (in fondo lo
stemma di Gozo sono tre colline) e architetture basse di
tufo giallastro, skylines di cattedrali barocche che
sembrano spuntare dall’orizzonte e paesetti
addormentati nel torpore della domenica, giungiamo a
Ta Cenc, l’hotel sulla scogliera, poco distante da Sannat.
A sera, prima e durante la cena, Lawrence, il nostro
anfitrione del “Sir Mikelangelo Refalo Centre of Further Studies”, ci spiega
con dovizia di particolari e precisione di linguaggio la sua terra, Gozo, e il
sistema scolastico maltese. Tra tutte le informazioni mi colpisce il fatto che
gli studenti maltesi ricevono, a partire dalla scuola primaria, una
sovvenzione statale il cui ammontare può variare a seconda del corso di
studi prescelto, ma che viene riconosciuta a tutti. Lo scarso rendimento o
le ripetute assenze vengono, però, tassati. Chissà se un sistema così
gioverebbe ai nostri studenti…. Ciò che ci accomuna ai docenti maltesi
sono invece le 18 ore di lezione settimanali su, però, un totale di 30 ore
settimanali complessive retribuite. Riflettiamo…..
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Lunedì 12 Novembre 2012
E’ per oggi l’incontro al Ministero di Gozo con Joyce Dimech, Direttrice dei Customer Services, e
con Silvana Sultana, del Progetto Eco-Gozo (il cui scopo è quello di rendere l’isola la capitale
dell’eco sostenibilità entro il 2015, grazie a energie alternative, raccolta differenziata e fonti
rinnovabili. Un progetto con il quale si intende anche preservare l’identità culturale e le bellezze
naturali dell’isola di Gozo, senza sacrificarle al turismo di massa). Clima amichevole, tazze di caffè
per tutti, ci presentiamo uno ad uno. Già poco prima Lawrence ci aveva spiegato che ci saranno le
elezioni tra pochi mesi: 25 anni di centro-destra, a parte due anni, e pare che anche queste
elezioni confermeranno l’attuale governo. Ci spiega anche che il tasso di disoccupazione è al di
sotto del 6%, al 5°o 6° posto nell’Unione Europea! Un bel traguardo, anche se Gozo, in particolare,
soffre per la fuoriuscita di molti giovani che, universitari per forza di cose a La Valletta, scelgono
poi di rimanere a Malta a lavorare. Il pendolarismo Gozo-Malta è piuttosto accentuato ed è in
discussione da tempo il progetto per la costruzione di un tunnel sotterraneo che unisca le due
isole.
I gozitani vanno anche fieri della totale assenza di immigrati clandestini: 0 su tutta l’isola e solo
275 registrati a Malta e poi orientati con un programma
specifico verso altri paesi europei.
Mrs. Dimech ci spiega in inglese come il Ministero di Gozo sia
responsabile di ogni aspetto della realtà gozitana e il Primo
Ministro Mrs. Giovanna Debono, del Partito Nazionalista, sia
membro del Parlamento di Malta. Gozo è fiera del proprio
sistema sanitario: c’è un ospedale con 280 posti letto,
perfettamente funzionante e l’assistenza medica è, su un
territorio così piccolo abitato da soli 30.000 abitanti, puntuale
e immancabile. Il problema è però quello dell’invecchiamento della popolazione (del 2% in più di
quanto accade a Malta): nel 2018 ci saranno meno di 2000 giovani compresi tra gli 11 e i 16 anni!
Chiediamo subito naturalmente notizie sull’età pensionabile (siamo italiani, siamo insegnanti e
siamo, quasi tutti nel gruppo, di lungo corso….): fino allo scorso anno era 60-61 anni, ora è 62 anni
e tra 10 anni sarà a 65 anni. Ascoltiamo, mormoriamo, incassiamo. Qualcuno di noi fa un rapido
calcolo mentale di quanto tempo gli ci vorrebbe per espatriare….
L’impegno maggiore del governo al momento riguarda il promuovere sempre maggiori
investimenti a Gozo per aumentare i posti di lavoro, soprattutto nel privato, anche offrendo
incentivi. Per il momento, infatti, i dipendenti pubblici sono in grande maggioranza (addirittura 6%
in più di Malta, in proporzione). I settori principali in cui investire sono il turismo e l’agricoltura.
Naturalmente, i problemi maggiori per l’agricoltura sono la mancanza di acqua (gli impianti di
desalinizzazione sono molto costosi e l’acqua piovana è praticamente assente, con una media di
300 giorni di sole all’anno) e il costo dell’elettricità. Per questo si sta puntando sull’impiego di
energia rinnovabile (per esempio, tutti gli edifici pubblici e la maggioranza di quelli privati hanno
pannelli solari – Lawrence ci dice di averli da 15 anni). Ma per l’esportazione dei prodotti agricoli
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l’altro grande problema è il costo del trasporto: fino a poco tempo fa gli agricoltori potevano
trasportare gratis sul traghetto i propri prodotti, ma ora non è più così.
In ogni caso, l’agroalimentare sta crescendo: si tratta di piccole coltivazioni che commercializzano i
propri prodotti, per esempio i pomodori (il 40% dell’esportazione dei quali viene proprio da Gozo –
Il ketchup di McDonald in Francia è gozitano!!!), che entrano anche in mercati di nicchia, tipo il
biologico. Per quanto riguarda il vino e l’olio, dall’entrata nell’Unione Europea nel 2004, la regola è
di utilizzare uve e olive autoctone. La storia dell’olio a Malta è veramente singolare perché, per
anni, sotto l’influenza inglese, il burro l’ha fatta da padrone sulle tavole e quindi la coltivazione
dell’ulivo è caduta in disuso. Solo in tempi relativamente recenti, è stata nuovamente reintrodotta
e, infatti, se ci guardiamo in giro, gli alberi di ulivo che vediamo sono tutti giovani ed esili, nulla a
che vedere con i millenari colossi di certe regioni della Grecia…
Ma veniamo a noi e parliamo di scuola: gli edifici scolastici di Gozo sono stati costruiti negli anni
’50 (a parte la nuovissima scuola media maschile – sì perché sessi separati nella scuola media….) e
sono tutti più grandi e con più aule di quanto sarebbe necessario, considerato che le famiglie ora
hanno una media di solo 1 o 2 figli. Anche qui, ascoltiamo, mormoriamo e sospiriamo ripensando
alle nostre affollatissime, numerosissime e rumorosissime classi in perenne ebollizione.
Un progetto di recente realizzazione è l’Istituto Alberghiero di Gozo (che visiteremo), sede
staccata della più illustre casa-madre maltese, nato nell’ottica
della promozione del turismo e dell’enogastronomia sull’isola,
specialmente in bassa stagione. Per ora i corsi che vi si tengono
sono pochi ma sono destinati a crescere. Anche se, Mrs. Dimech
ci fa notare, con la recente enfasi voluta dai nuovi programmi
che enfatizzano le cosiddette “core competences”, le
competenze di base, e le materie cosiddette teoriche a scapito
delle pratiche, gli istituti di tipo professionale come quello
alberghiero sono diventati meno attraenti per gli studenti
perché le ore dedicate alla pratica sono diminuite. A chi lo
dice…. Insomma, pare che anche qui la tendenza alla
liceizzazione non sia stata accolta con molto entusiasmo.
Comunque, altre notizie sulla scuola alberghiera: gli studenti
vanno in stage negli alberghi di Malta, hanno il ristorante aperto
al pubblico due volte la settimana (ecco, anche qui; e anzi, il
collega di Tortolì/Sardegna mi dice che anche la loro scuola ha il
ristorante aperto al pubblico… miracoli delle regioni
autonome?!?), hanno alcune stanze che utilizzano per i corsi di
housekeeping ma che, all’occorrenza, possono utilizzare anche
per gruppetti di ospiti. Sono in tutto diciotto posti letto.
La scuola inizia il 3° lunedì di Settembre e finisce la 1^ settimana
di Luglio (come faranno con il caldo torrido??), con due
settimane di vacanza a Natale, una settimana a Pasqua più
ponti e feste pubbliche varie, cinque credo. Ci sono due sessioni
di esame: una a metà anno e una alla fine per tutti gli studenti,
con commissioni esterne, e Lawrence – che è un pezzo grosso ☺ - fa parte del board che prepara i
test.
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Freschi di tutte queste informazioni, ci dirigiamo in pullmino verso la nostra prossima tappa
mattutina: l’Istituto per il Turismo di Gozo (alias Scuola Alberghiera), la sede staccata dell’Istituto
Maltese. Il settore più sviluppato è la cucina ma, in tutto, ci sono 70 studenti e 7 docenti: la
giovane cordiale direttrice maltese, Maria Fenech Ottard, forse un po’ intimidita dalla nostra
entusiastica sete di informazioni, ci spiega che il lavoro da fare per la promozione di questo settore
di specializzazione a Gozo è ancora molto; l’immagine della scuola va promossa e le famiglie
invogliate a mandare i ragazzi a studiare qui piuttosto che in altre scuole superiori. Come già
sapevamo, ci dice che la scuola apre al pubblico due volte la settimana con un menu completo a
scelta per soli 8 Euro. Cucinano e servono gli studenti (ah, solo due studenti di Sala!! E ahimè
nessun corso di Accoglienza turistica o Ricevimento d’Hotel).
La cucina gozitana è una cucina povera ma saporita (pomodori, capperi, tonno) e ne abbiamo un
gustoso assaggio grazie ai piatti preparati apposta per noi da un piccolo gruppo di studenti cuochi
che, purtroppo, però, scompaiono alla nostra venuta. Troppo timidi? Fortunatamente affianca la
direttrice nelle spiegazioni lo chef, che è un grande nel suo campo. Ha scritto anche un ricettario
che riceveremo in omaggio e ci spiega con attenzione e passione alcune delle specialità che stiamo
assaggiando: per esempio gli involtini di cavolfiore e salsiccia che gradiamo particolarmente. Ci
spiega anche che i maltesi usano mangiare la carne di maiale cruda,
molto speziata (a proposito, già notato che qui il pepe viene
spolverato con abbondanza su qualsiasi piatto), ma ai turisti viene
sempre servita cotta. Meno male.
Indago un po’ con la direttrice se ci sono possibilità di stabilire dei
contatti per progetti di scambio, ma l’impressione è che l’ospitalità
in famiglia – sia data, sia ricevuta – non sia molto apprezzata: pare
che le famiglie del luogo non siano molto propense ad ospitare e
che, a causa delle difficoltà di comunicazione, il vivere anche solo
per una settimana in una famiglia italiana non appaia allettante per i
ragazzi gozitani. Mi dice che hanno già fatto un’esperienza del
genere in passato e non è andata bene. Invece, sono favorevoli ad
organizzare stage in ristoranti o hotel fornendo l’alloggio presso la
scuola. Rifletteremo.
Passiamo poi a visitare le due cucine, di cui una didattica, dove lo chef ci spiega che gli studenti
fanno un anno obbligatorio di stage all’estero, specialmente nel Regno Unito, e poi uno stage
locale monitorato dalla scuola (che mi sembra molto assomigliare alla nostra Alternanza scuolalavoro). Nella scuola insegnano due chef part-time, che lavorano anche in ristoranti esterni.
Terminata la visita della scuola, veniamo affidati da Lawrence al “Cavaliere”, ex-preside della
scuola “M.Refalo” e appassionato conoscitore di tutto ciò che è gozitano, nonché nostra guida
turistica per i prossimi giorni. Parla perfettamente l’italiano e subito, mentre viaggiamo alla volta
di Xewkija (pron. Sciauchía – credo….) per ammirare la facciata della chiesa di S. Giovanni ci spiega
che il maltese è una lingua semitica con influssi inglesi, italiani, arabi. Una delizia. Proseguiamo
verso Ovest direzione Ta Pinu, dove ci attende in aperta campagna, circondato da un alone di pace
soleggiata e silenziosa, il santuario della Madonna omonima: la nostra guida ci racconta la storia
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della voce misteriosa udita da una devota del luogo, poi entriamo e osserviamo – non senza un
certo qual sbigottimento – le pareti della sacrestia completamente ricoperte di ex-voto. Ta Pinu.
Ma il clou della giornata deve ancora venire, con la gita in
barca alla Finestra Azzurra – the Azure Window, una delle
perle di Gozo. Il pullmino ci lascia a pochi passi dal porticciolo
da dove partono le barchette per il giro della scogliera. Siamo
un po’ titubanti, sappiamo che la finestra azzurra si può
vedere anche dalla terraferma, in cima alla scogliera pochi
passi più in là; e poi siamo ancora tutti vestiti un po’ tipo
cerimonia, giacca e cravatta e completini eleganti per la visita
al Ministero della mattina e appariamo totalmente incongrui
con il paesaggio. Due o tre inglesi (I presume) le cui teste
galleggiano a bagno poco più in là ci osservano incuriositi,
come se avessero visto un branco di pinguini all’arrembaggio.
Il Cavaliere insiste per imbarcarci così come siamo, tacchi o
non tacchi, sette in una barca e sette in un’altra, ci infilano in
testa un bel salvagente (ma non a tutti… qualcuno non lo
merita, evidentemente…) e via che partiamo infilando dritto
dritto il primo spiraglio nella roccia verso il mare aperto.
Il mare non è azzurro, di più, e noi galleggiamo non si sa come
sulle acque increspate dal leggero vento.
Il nostro barcaiolo sembra sapere il fatto suo e piano piano anche i più riluttanti si rilassano e
prendono a fare foto, a fare video, a sentire se l’acqua è fredda, è calda, no è fredda, ad asciugarsi
gli spruzzi ma tanto è inutile, ad ammirare estasiati la scogliera di roccia stratificata che ci sovrasta
assumendo le più varie forme, finché dietro uno sperone roccioso non raggiungiamo a bocca
aperta la finestra azzurra, uno stralcio di cielo incorniciato dalla roccia. WOW!
Ritorniamo dalla spedizione un po’ straniti, magicati, quasi come dopo un’apparizione, quasi come
da un picnic a Hanging Rock… Scendiamo a terra e prosaicamente ci avviamo verso il baretto pochi
passi più in su per un caffè (espresso!!!!) che ci riporti alla realtà.
Un caffè e una cheese cake dopo, siamo pronti per fare quattro passi sulla scogliera e rivedere la
finestra azzurra de otro lado. Il suolo che calpestiamo è intarsiato di resti di conchiglie.
E’ metà pomeriggio e facciamo ritorno a seguito del Cavaliere a Victoria, la capitale di Gozo, detta
anche Rabat. Lì visitiamo la cattedrale San Giorgio, nascosta tra i suggestivi vicoli del centro, con le
opere di Mattia Preti. Il Cavaliere è molto molto religioso – ci dice che ogni sera va a messa in
quella cattedrale – ma impariamo presto che qui a Gozo/Malta questo è abbastanza la norma. Le
immagini religiose sono ovunque, per le strade, negli uffici, a scuola (la M.Refalo ha una cappella al
suo interno), nei negozi e le chiese non si contano. L’avevo letto sulla guida ma, in questo caso, la
realtà supera la fantasia.
Victoria ci piace e così, riportati dal pullmino in hotel, ci riposiamo 6 minuti 6 e poi io e Nadia,
infaticabili e bisognose di vero moto, inforcate le scarpe da trekking, ci rifiondiamo via Sannat giù
per la strada che riporta a Victoria. In un’oretta ci siamo anche se, nel frattempo, si è fatto buio.
On the way ci fermiamo in farmacia e in un minisupermercato per una piccola folle spesa di acqua
e mandorle locali. Camminando osserviamo che tutte le case hanno un nome: ogni piccola casetta
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ha accanto alla porta d’entrata una targa con un nome, la maggioranza in Inglese, coccolo,
poetico, da casa dei settenani. Arrivate a Victoria, poltriamo una mezzoretta in un caffè in piazza
del Ministero, poi perlustriamo ancora una volta la zona attorno a San Giorgio, anche se è ormai
tardi, i negozi stanno chiudendo e l’ora di cena si avvicina. Ci perdiamo un po’ per i vicoli, così, per
il gusto di farlo in un posto che non conosciamo e poi ci dirigiamo al bus terminal per il rientro. Qui
spendiamo una fortuna per il biglietto (gli unici altri due passeggeri, due veneziani, ci spiegano
che, fino all’anno scorso, il parco autobus era pittoresco, del tipo Grecia anni ottanta, e il biglietto
costava una cosa come 35 cent, poi l’hanno rinnovato con queste meraviglie hi-tech e così anche
la tariffa è aumentata a ben 2 euro e 20 per una singola corsa di sette minuti, come la nostra per
arrivare a Ta Cenc. Prendere o lasciare).
La cena in hotel ci vede tutti di nuovo riuniti a scambiarci le impressioni della giornata e le foto su
Facebook, grazie a Sara che tagga indomita! Lo chef è italiano, di Conegliano, (mi pareva un
accento conosciuto…) quindi le pappe hanno un che di noto anche se rivisitate alla gozitana. I vini
non hanno nome e non eccellono, però meglio il bianco (un anonimo Green Label) del rosso.
Martedì 13 Novembre 2012
Iniziamo oggi la ricognizione delle aziende locali che lavorano e
producono cibi tradizionali. Curiosissimi e armati fino ai denti di
carta per gli appunti, macchine fotografiche, cellulari, iPad,
tablet e tutto il meglio dell’elettronica per non perderci neanche
una virgola di quanto vedremo, varchiamo la soglia del primo
piccolo produttore, Gozo Cottage (il sottotitolo è “Genuine
Flavours of Gozo”), situato nella zona industriale di
Victoria.L’accoglienza è molto cordiale e la proprietaria ci
racconta che l’azienda iniziò nel 2003 a produrre olio di oliva
locale. Una novità per quei tempi, perché fino ad allora tutto l’olio di oliva veniva – incredibile a
credersi a queste latitudini – importato. Il nome di un piccolo villaggio gozitano, Żebbuġ, significa
proprio “oliva”. Due secoli fa, Gozo era piena di alberi di olivo e la missione che questa piccola
azienda si è data è proprio quella di riportare la coltivazione agli antichi
splendori. Il cammino, dagli inizi, è stato in ascesa: infatti, dalle 25
tonnellate di olive conferite ai frantoi (ce ne sono 2 a Gozo e 5 a Malta)
nel 2008, si è passati alle 100 tonnellate del 2012. La signora ci spiega
che è importante aiutare i contadini a produrre olio locale e a
comprendere l’importanza di tale recupero della tradizione. Ci sono
due tipi di cultivar, la carolea e la carotina (credo) e la Gozo Cottage
vende anche olive da mangiare in salamoia. Non paté (ma potrebbe
essere un’idea….).
Dopo l’olio, hanno cominciato a produrre il limoncello, puro senza
additivi né conservanti, prodotto con uno spessore sottilissimo di
scorza esterna e l’aggiunta del 96% di alcool inglese. Il limone utilizzato
è quello tipico di Malta, simile a quello siciliano, solo dalla forma più allungata. Poco più in là, nel
secondo locale, vediamo un ragazzo al lavoro proprio mentre pela un limone con un macchinario
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apposito. Nello stesso locale c’è il macchinario per produrre l’olio ma ormai siamo al 13 di
Novembre e la nuova produzione è finita da un pezzo e il macchinario è fermo…. E pensare che a
Bardolino l’11 Novembre-San Martino ha inizio per tradizione la raccolta….
Altri prodotti locali commercializzati sono i pomodori secchi e il sale grosso, confetture di frutti
vari e la marmellata di carrubo (nell’area antistante la sala colazioni del nostro albergo c’è un
meraviglioso centenario carrubo che estende i suoi rami ad ombreggiare tutto il cortile). Anche
aceto di vino.
Apprendiamo che a Gozo non esistono consorzi per la tutela dei prodotti agroalimentari. Ecco un
punto debole.
Il nostro capogruppo Francesco assesta qualcuna delle sue domande a triplo taglio, prende
appunti, soppesa, osserva in silenzio, valuta e alla fine apprezza. Tiro un gran sospiro di sollievo
che questa piccola azienda abbia passato l’esame.
Così possiamo passare alla prossima. Next door. Più grande e ben
organizzata. La Jubilee Foods.
La Jubilee Foods è parte delle Jubilee Group Companies con bistrò,
caffè, ristoranti e negozi per la vendita al dettaglio. La nostra guida è
gioviale, prodiga di informazioni ed evidentemente entusiasta del
successo che i prodotti stanno avendo sul mercato maltese. La
Jubilee nasce come cafeteria nel 1995 (con una filiale anche a
Budapest), ma oggi hanno una linea molto differenziata e, nei punti
di vendita, si trovano gli stessi prodotti presenti nei caffè e nei
ristoranti della catena. Il punto forte della Jubilee è che i prodotti
sono confezionati con ingredienti genuini, sono fatti a mano con un
uso limitatissimo di macchinari, come si faceva nelle case tradizionalmente: a riprova di questo
assistiamo alla preparazione dei ravioli.
Il segreto dei ravioli ci viene svelato dalla nostra guida e tradotto dal fido Lawrence: NON due fogli
di pasta l’uno sovrapposto all’altro con in mezzo la farcitura (eh no! Così son capaci tutti….) ma
ogni raviolo viene ripiegato a tasca individualmente. Per il ripieno dei ravioli artigianali vengono
utilizzati uova, prezzemolo, sale, pepe, oltre al pregiato formaggio di capra di Gozo, (prodotto
caseario tipico insieme con il formaggio pepato), mentre per i ravioli industriali viene usata
comunemente la ricotta. Poi farina, acqua e semolino per l’impasto. Basta. Non c’è altro. Di
conservanti (non preservativi, mannaggia….CONSERVANTI!! ☺)
nemmeno l’ombra.
Tutti i prodotti sono stagionali, quindi al momento il lampuki la
fa da padrone: si traduce “dorado” in italiano, è il pesce più
pescato dai maltesi e di lampuki sono anche le celeberrime e
tradizionalissime “lampuki pies”, ghiottoneria gozitana
novembrina, che affiancano le più verdi pea pies e ad altri
involtini di pasta dai ripieni più disparati che trovi dappertutto e
che ricordano tanto il mondo anglo-sassone. Insomma, le
ricette sono tutte tradizionali con un tocco creativo.
Qui alla Jubilee Foods hanno sia il surgelato che il fresco e il controllo su tutti i prodotti freschi
conferiti dagli agricoltori locali è strettissimo.
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Naturalmente il procedimento manuale e gli ingredienti naturali fanno lievitare il prezzo ma pare
che la gente sia comunque pronta a pagare un po’ di più – specialmente a Malta, più che a Gozo per avere un prodotto di eccellenza.
Marco, il nostro attento economista, chiede la fatidica domanda che tutti da tempo vogliamo
porre: “How much?”. La risposta: una confezione di 8 ravioli (in verità sono ravioloni giganti) che
pesa 500 grammi costa 2.95 Euro. Il giusto.
A Victoria, in Piazza Indipendenza, visitiamo il negozio della Jubilee
Foods e, immediatamente dopo, il Caffè lì accanto. Il punto vendita di
Piazza Indipendenza è turisticamente orientato ma, ci viene spiegato, ci
sono altri negozi per i cittadini locali, magari con più prodotti refrigerati.
Anche qui l’ospitalità e impeccabile: assaggiamo vari tipi di formaggio,
tra cui il tipico pepato, il miele di Comino, assolutamente puro e scevro
da qualsiasi forma di inquinamento (quando visiteremo Comino,
Venerdì, ci ricorderemo di questo miele e cercheremo sull’isola gli
alveari, ma senza successo perché, ci verrà spiegato dopo, si tratta di
alveari temporanei), e assaporiamo il paradisiaco caffè aromatizzato ai
chiodi di garofano. Una delizia non per tutti! Infatti i più agognano un espresso vecchia maniera,
ma tant’è….
Ed ora, eccoci pronti per la visita alla scuola di Lawrence, il Sir Michelangelo Refalo Centre for
Further Studies, che raggiungiamo poco più in giù lungo la Via della Repubblica, la trafficata via dei
negozi e degli shopping centres di Victoria. All’edificio si accede attraverso un cortile alla cui
sommità svetta il simbolo di Gozo, le tre colline. Nell’atrio mi colpiscono subito l’elenco, esposto
accanto alla segreteria, degli insegnanti assenti oggi (così gli studenti sanno subito quali lezioni
non si terranno e il loro stipendio mensile non verrà decurtato
in questo caso per la mancata frequenza) e l’andirivieni
indaffarato di studenti e docenti. Un bel colpo d’occhio. Il
preside Marcel Xuereb, che già avevo incontrato al convegno
di apertura del progetto a San Ginesio, ci riceve cordiale nel
suo studio prima di iniziare la visita della scuola: un saluto di
benvenuto, la consegna dei doni da parte delle scuole ospiti e
poi il disbrigo delle faccende burocratiche, firme, timbri,
dichiarazioni nonché un piccolo simpatico buffet per
rifocillarci.
Un’occhiata veloce e furtiva alle due aule docenti, che sono come tutte le aule docenti di questo
mondo, affollate, rumorose e fervide di trambusto, libri, borse, verifiche in via di correzione.
La scuola è frequentata da studenti dai 16 anni in su, coloro che intendono poi iscriversi ai vari
corsi universitari; infatti sia i programmi sia i testi degli esami finali sono preparati in strettissima
collaborazione con l’università. Percorriamo lo stretto corridoio lungo il quale sono situate alcune
aule (e la cappella), arriviamo alla mensa, un bel locale luminoso dove gli studenti possono
rifocillarsi tra le lezioni e sbirciamo all’interno di qualche aula, mentre Lawrence ci spiega che
tutte, anche se l’arredo è antiquato, sono dotate di LIM e ogni insegnante ha il proprio portatile
fornito dal Ministero. Arriviamo alla biblioteca, che gestisce anche una piccola vendita di libri usati,
e dove troviamo alcuni studenti affaccendati attorno ai computer. Il responsabile della biblioteca
ci fa vedere alcuni testi per lo studio della lingua italiana, un’antologia, Camilleri, Sciascia, e ci
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spiega che gli studenti anche qui usano libri di testo che acquistano e non fotocopie o dossier
forniti dalla scuola.
Le classi non sono molto numerose; alcune sono veramente piccole, con 4 o 5 studenti (la gioia di
noi docenti di lingue straniere) e il massimo sono 25 alunni per classe. In alcune classi ci sono i
cosiddetti LSA (Learning Support Assistant), corrispondenti ai nostri insegnanti di sostegno per gli
alunni con disabilità: qui, però, non sono così numerosi come nelle scuole medie.
Veniamo accompagnati in un’aula più spaziosa delle altre dove è stata organizzata per noi una
breve lezione di introduzione alla storia di Gozo, tenuta da un simpatico e preparato collega di
Lawrence. Ascoltarlo è bello perché parla con vera passione di gozitano.
Impariamo molte cose come, per esempio, che Malta non è mai stata ricca di risorse naturali ma
tutti se la contendevano fin dai primi abitanti che arrivarono da Agrigento 7000 anni fa per la sua
posizione strategica nel Mediterraneo. Testimoni delle antiche civiltà sono i templi di Gigantija del
3600 a.C., che visiteremo, e il cui ruolo, proprio come Stonehenge o le Piramidi, nessuno conosce
di preciso. Templi per la preghiera? Luoghi di sepoltura?
Antichi orologi o calendari?
I primi veri colonizzatori furono i Fenici, grandi commercianti,
poi i Romani.
Attorno al 60 d.C. giunse a Malta San Paolo e da lui si fa partire
la conversione dell’isola al Cristianesimo.
Dopo aver fatto parte dell’Impero Romano d’Oriente, nell’870
giunsero gli Arabi (che, incidentally, oltre alle coltivazioni degli
agrumi e del cotone, introdussero pure la lingua e il maltese,
oggi, è l’unica lingua con elementi arabi riconosciuta nell’U.E.). Quando nell’undicesimo secolo
arrivarono i Normanni, la maggior parte dei maltesi era musulmana: non così a Gozo, rimasta
cristiana.
Nel Medioevo Malta aveva meno di 20.000 abitanti, era debole per i continui attacchi dei pirati e
non produceva prodotti naturali sufficienti al sostentamento, da qui la dipendenza dalla Sicilia e, in
seguito, il fondersi della storia maltese con quella del Mediterraneo, con le Crociate, i Templari e i
Cavalieri di San Giovanni. Questi ultimi, senza territorio perché cacciati da Rodi nel 1522, vicini
scomodi per l’impero ottomano, si stabiliscono a Malta. Sono coraggiosi, eccellenti navigatori,
ricchi perché finanziati, nella loro battaglia contro l’islam, dai re di tutta Europa e portano a Malta
l’arte, la cultura e la ricchezza dell’Europa. E’ del 1565 il grande assedio di Malta da parte dei
Turchi: se Malta fosse caduta, l’accesso alla terraferma europea sarebbe stato garantito. I Turchi
stringono d’assedio l’isola, la conquistano ma sanno di non poter prolungare la permanenza in
inverno, per mancanza di rifornimenti. Nel 1566, ha inizio la costruzione de La Valletta (dal nome
di La Vallette, Grande Maestro), quando i Cavalieri di San Giovanni cominciano a pensare di potersi
stabilire permanentemente qui. Sono figli delle famiglie più ricche d’Europa (per legge, i cavalieri
dovevano lasciare un terzo del loro patrimonio a Malta) e possono permettersi di chiamare i
migliori architetti: La Valletta diventa così una preziosa vetrina dell’arte del tempo.
Arriviamo al 1789, alla Rivoluzione Francese che blocca il passaggio di denaro e di ricchezze verso
Malta e a Napoleone che, per conquistare l’isola, ricorre ad astuzie strategiche di ogni sorta,
probabilmente sostenuto da alcuni Cavalieri di San Giovanni francesi. Napoleone se ne va ben
presto e, dal 1800 al 1964, le isole sono in mano agli Inglesi, che vedono in Malta uno scalo verso
le Indie. Prima del 1861, gli inglesi non si preoccupano molto della presenza di italiani sull’isola né
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del fatto che le due lingue parlate sono l’italiano e l’inglese. Ma dopo l’unità d’Italia, gli inglesi
cominciano a cacciare gli italiani e comincia il processo di anglicizzazione dell’isola.
E’ del 1964 l’indipendenza, del 1974 la nascita della Repubblica di Malta, del 2004 l’entrata
nell’Unione Europea, del 2008 l’adozione dell’Euro.
Ultima nota: il 28 Ottobre è il Gozo Day, il giorno in cui si
celebra l’anelito all’autonomia di un’isola che è comunque
troppo piccola per poter trarre vantaggio dall’indipendenza da
Malta.
Si conclude qui l’excursus storico e, prima di lasciarci per il
pomeriggio libero a Victoria, Lawrence ci propone una visita
fuori-programma alla nuova scuola media maschile, l’edificio
alle spalle di dove ci troviamo ora.
Il preside ci attende gioviale, accompagnato da alcuni
collaboratori, e ci spiega, prima di accompagnarci alla visita delle aule, che la scuola ha 700
studenti, 100 docenti, LIM ovunque, portatili per ogni docente, WIFI in ogni recondito angolo.
SIGH!
Il nuovo edificio è stato costruito in meno di due anni con uno stanziamento di 8 milioni di Euro e
ha spazi amplissimi per, a noi sembra, un numero molto limitato di
studenti per ogni classe. L’aula magna è una piazza d’armi al
secondo piano con una vista mozzafiato dalle vetrate a tutta
parete; le aule docenti sono immense e vuote (forse ci sembrano
vuote perché sono immense….) e insomma tutto è nuovo di zecca
e suscita la nostra invidia. Nell’accomiatarci, Lawrence ci spiega
che le due scuole spartiscono le strutture e che, per esempio, i
corsi estivi di lingua inglese organizzati dalla Refalo si tengono qui
perché la struttura è più moderna. Interessante.
Abbiamo un paio d’ore per visitare Victoria a nostro piacimento
prima di tornare in albergo dove, prima di cena, ci aspetta una
nuova illuminante lezione sulla pittura locale. Siamo Nadia,
Riccardo, Sara e io: dopo un caffè e una fetta di torta alle noci in
piazza San Giorgio, ci accingiamo a
dare la scalata alla Cittadella, la zona
fortificata di Victoria, da dove si gode
una vista panoramica fino al mare.
Camminiamo un po’ lungo le mura, osserviamo i lavori di restauro
portati avanti da un gruppo di ragazze siciliane, fotografiamo fichi
d’India e cose buffe, visitiamo negozi di souvenir e oggetti di vetro e
poi rientriamo un po’ infreddoliti con il pullmino dell’albergo che ci
aspetta nella piazza della Town Hall.
Alle 19, siamo di nuovo ai posti di combattimento per la lezione di arte, tenuta da Mark Sagona,
collega e amico di Lawrence nonché pittore lui stesso di fama.
Quello che si sa, di solito, sull’arte a Malta gira intorno alla presenza di Caravaggio sull’isola ma è
stupefacente il numero di tutti gli altri artisti che hanno operato qui dall’inizio del 17° secolo in
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poi. L’elenco è senza fine: oltre, quindi, a Caravaggio e alla sua “Decapitazione di San Giovanni”, la
sua opera più grande in dimensioni, uso magistrale del chiaroscuro, effetto teatrale, abbiamo
Mattia Preti, Cavaliere di San Giovanni calabrese, che trasforma la con-cattedrale di La Valletta in
una sontuosa chiesa barocca (trompe-l’oeil, illusionismo, elementi architettonici dipinti, vedute dal
basso verso l’alto) e che dipinge anche il San Giorgio a Gozo; poi ancora Stefano Erardi, Giuseppe
D’Arena, Gio Nicola Buhagiar, Enrico Regnaud, Antonio Pippi (che ha dipinto la cupola della
cattedrale), Francesco Zahra, Rocco Buhagiar, Michele Busuttil, Giuseppe Grech e, nel 1800, Pietro
Paolo Carvana, Giuseppe Hyzler (che segna il passaggio dal Barocco a ideali più religiosi e ad
un’arte più casta, sotto l’influenza germanica), Pietro Gagliardi, Domenico Bruschi e, tra il 1880 e il
1920, Giuseppe Calì, per venire al ventesimo secolo con Antoine Camilleri, Pawl Carbonaro.
A Gozo non c’è museo e tutte le opere sono nelle chiese o nelle sacrestie. Anzi, fino al 1900 non
c’è pittura che non sia religiosa perché la committenza è la Chiesa.
Il nostro bravo insegnante di arte ci saluta, lasciandoci qualche copia dei cataloghi delle sue opere,
che guardo con piacere e, traboccanti di notizie che ci verranno utilissime tra due giorni, quando
visiteremo la Valletta e la con-cattedrale, ci dirigiamo a rifocillarci in sala da pranzo.
Del dopo cena ricordo la Bajtra, il locale liquore di fico d’India.
Mercoledì 14 Novembre 2012
Dell’hotel ricordo la distesa di fichi d’India e agavi sulla parte esterna
verso la scogliera (gita al faro….) e le stanze 130 e 132 perché sono
quelle con la vista verso lo spazio infinito cielomare.
Prosegue la nostra ricognizione di aziende locali e oggi tocca alla
Magro Bros., la maggior azienda di produzione alimentare di Gozo.
Anche qui un dipendente che parla italiano ci accoglie sorridente per
accompagnarci all’interno del moderno edificio che ospita la zona
visitatori, con una saletta proiezioni, uno shop fornitissimo e una serie di “vetrine” dietro le quali
possiamo vedere al lavoro alcune dipendenti che preparano confezioni regalo di dolci locali,
bottigliette di olio d’oliva, sale, miele, confetture. Il video con il quale iniziamo la nostra visita ci
spiega che la Magro Food Bros. esiste dal 1916, fin da quando era una piccola azienda famigliare di
commercianti al mercato di Gozo. Dal 1934 iniziano la lavorazione della conserva di pomodoro
(che è il loro pezzo forte). Il marchio “Savina” (con cui sono più noti oggi e che prende il nome
dalla Piazza Savina di Victoria, dove si trovava il mercato alimentare) nasce nel 2006. Oggi
producono anche latticini e hanno contatti commerciali con una cinquantina di Paesi.
Dopo il giro dello shop, una serie di assaggi e un paio di ben azzeccati acquisti (sale marino in
piccole confezioni di terracotta e l’esotica marmellata di fichi d’India – la cui etichetta recita “44%
Fruit – 60% Sugar”, in più lingue, per un incredibile totale di 104%!!), ci dirigiamo verso il caseificio,
dal marchio Hanini: qui si produce, tra l’altro, quella che chiamano “ricotta” (una ricotta dolce per
Natale, ma sarà come la nostra….? Disquisiamo incerti sul concetto filosofico di “ricotta” senza
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approdare a nulla….), altri formaggi anche da spalmare, di pecora o mucca, yogurt – fat-free,
sugar-free e tutta la gamma.
Successivamente veniamo ricevuti da una lei, in una ulteriore attrezzatissima sala presentazioni, e
qui ci viene presentata tutta la gamma dei prodotti.
Apprendiamo che la Magro ha una partecipazione al marchio CRAI, che a Malta in Luglio e Agosto
vengono lavorati ben 250.000 Kg. di pomodori, che la Magro ha
27.000 m2 di fabbrica, che hanno una tracciabilità del prodotto
che permette loro di risalire a quale contadino e da quale campo
proviene il prodotto che viene loro
conferito per la lavorazione, che usano
macchinari e contenitori italiani, che sono
certificati ISO, che vendono a Pizza HUT e a
McDonald’s, che hanno 150 dipendenti e
che sono stati la prima compagnia a usare l’HACCP a Malta. Terminiamo la
nostra visita con il giro dello stabilimento, fermo per la parte che riguarda
la conserva di pomodoro, funzionante per il resto della lavorazione: ne
percorriamo tutta la lunghezza lungo un tunnel sopraelevato a vetri.
Immagini della storia della famiglia Magro fino ai giorni nostri, incorniciate
e appese lungo la passerella, ci accompagnano lungo la visita.
Al termine della interessante visita, risaliamo sul nostro mezzo alla volta della Cittadella di Victoria:
alle 11.00 ci attende il Direttore incaricato del Turismo a Gozo. Qualcuno di noi è in astinenza da
caffè e resiste, qualcun altro è in astinenza da caffè e NON resiste e – saggiamente – si ferma al
Café Jubilee a farsene uno (che chissà quando mai si ripresenterà l’occasione….). Percorriamo il
lungo tratto lungo il bastione fino a raggiungere il luogo dell’incontro: anche qui il benvenuto è
caloroso e, mentre attendiamo il Direttore, un gentilissimo rappresentante del Centro Culturale di
Gozo, che ha sede qui, ci spiega che la costruzione della Cittadella come è adesso risale al 1600 e
aveva la funzione di scuola militare. Ci mostra, incisi sullo spesso muro, graffiti che rappresentano
navi stilizzate e ci spiega che, in questo modo, era possibile identificare a prima vista le navi
amiche e quelle nemiche. Il Centro Culturale ospita al momento una mostra di pittura il cui
soggetto è Madre Teresa. L’ispirazione religiosa è presente anche qui.
Il responsabile dell’Assessorato alla Cultura ci fa indi accomodare in una sala riunioni (dove il
cellulare non prende neanche a sberle) e ci spiega che in questi ultimi anni a Gozo ci si sta
concentrando in particolar modo sul marketing dei prodotti e cibi locali, partendo dalle differenti
identità dei singoli villaggi. L’obiettivo è quello di professionalizzare quanto più possibile queste
realtà: si stanno per esempio tenendo corsi per Cultural Managers, in collaborazione con
l’Università di Malta e, in vista del 2018, anno in cui Malta sarà capitale europea della cultura, si
stanno preparando gli eventi, le strutture e la loro sostenibilità nel tempo. In particolare, i progetti
sono due: un Istituto di Ricerca per l’Identità Culturale, in collaborazione con altre realtà del
bacino mediterraneo, e le Artists’ Residences, artisti di vario genere (danza, musica, pittura,
teatro…) che, ospitati a Gozo per tre mesi o più, qui vivono e operano inseriti nella realtà locale,
coinvolgendone gli abitanti.
Esistono anche altri progetti territoriali di volontariato, che fanno capo ai Comuni (i quali, per
inciso, esistono solo dal 1994! Prima, ci spiegano, era un po’ il parroco che teneva le fila della
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comunità locale, dall’ufficio anagrafe in su): per esempio, le bande musicali comunali molto hanno
fatto e stanno facendo per tenere vive le tradizioni musicali locali. Poi ci sono i gemellaggi, i gruppi
folkloristici, i gruppi teatrali, i cori e le scuole di danza. Ultima informazione: le guide turistiche
gozitane sono diplomate all’Istituto Turistico di Malta (sarebbe interessante un gemellaggio con il
nostro Turistico…).
Interviene a questo punto Mr. Tabone, dal 2010 il giovane preparatissimo Direttore del Turismo e
dello Sviluppo Economico di Gozo. Ci sottolinea che Gozo è una
destinazione turistica differente da Malta e tutto punta su
questa sua differenza. Il focus è sull’immagine naturalistica
dell’isola e sulle tradizioni locali e questa visione riguarda
naturalmente questioni che sono economiche, sociali e
ambientali. Il progetto Eco-Gozo punta in questa direzione: per
esempio, viene incentivato lo sviluppo dell’ospitalità
agrituristica, oltre a quella alberghiera (a Gozo ci sono
comunque 2 hotel cinque stelle). Gli organismi che operano in
questo settore sono la Malta National Tourism Authority (responsabile dell’applicazione della
normativa e delle politiche e da cui dipende la classificazione delle strutture alberghiere) e,
localmente, la Gozo Tourism Association, che rappresenta il settore privato. A Gozo il 70% delle
strutture ricettive sono farmhouses, Bed&Breakfast e appartamenti indipendenti; solo il 30% è
rappresentato dagli hotel. Per aprire una struttura i passi necessari sono l’osservanza di quanto
previsto dal piano regolatore in materia di sicurezza, antincendio, …; poi l’accessibilità; infine
l’autorizzazione viene data dal Ministero del Turismo di Malta. Il procedimento è abbastanza
breve, se non ci sono problemi e si parla addirittura di cento nuove strutture ricettive per
quest’anno! Naturalmente ci sono anche problemi di quelle che vengono definite “unlicenced
properties”, strutture non autorizzate, e le ispezioni in questo senso sono rigidissime.
Il motto è “Preserve our Differences”, perché valorizzare i propri prodotti significa valorizzare il
territorio, e in modo sinergico. A
questo punto della presentazione, viene
osservato che il logo prescelto
per pubblicizzare Gozo non riesce ad
esprimere le peculiarità della
piccola isola, per esempio rispetto a
Malta: potrebbe essere un
logo adatto a qualsiasi località
balneare ma non rende
giustizia alla tradizione e ai prodotti
locali. Non so se sono
d’accordo e questo logo mi piace, lo
trovo allegro e, nelle varie
forme, ci puoi leggere quello che
vuoi, il blu del cielo, il verde dei
campi, il sole, anche magari un pesce
stilizzato. Il bello è che il logo è riportato su tutti i gadget che ci danno, perfino su una piccola
chiavetta USB che tutti pensano una gomma da cancellare, che fa pendant con un portachiavi.
Simpatici.
Ora moriamo di fame, stomachi che brontolano e sguardi annebbiati e così Lawrence ci deposita
alla Taverna Ta Rikardu, ricavata entro le mura della Cittadella, dove consumiamo un ottimo pasto
di piccoli assaggi locali, olive, salame e formaggi come antipasto e del tipico coniglio al forno come
main course. Grazie. Soprattutto perché il pomeriggio si preannuncia ancora ricco di visite.
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La prima tappa sono i templi megalitici di Ggantija, il sito archeologico
risalente a 5.500 anni fa, uno dei più antichi al mondo, più ancora delle
piramidi. Sono patrimonio Unesco. Si tratta di due templi, uno più
grande dell’altro, con pianta a quadrifoglio, ognuno con cinque grandi
absidi semicircolari collegate ad una navata centrale. Visitiamo i resti.
Osserviamo ciò che rimane degli altari. Notiamo i nomi incisi nella
pietra quanti secoli dopo? Il mistero è sempre lo stesso, come con le
piramidi e Stonehenge: come sono riusciti a trasportare qui e a sollevare blocchi di pietra così
enormi?
La seconda tappa è Marsalforn, la spiaggia (oltre ad essere il villaggio
da cui San Paolo partì alla volta dell’Italia). Si trova sulla costa nordoccidentale di Gozo ed è di gran lunga la stazione balneare più
rinomata dell’isola (ai gozitani si accendono gli occhi quando la
nominano…) ma così, in veste quasi invernale e nella giornata grigia
e ventosa che le abbiamo riservato, non ci fa una gran impressione.
Scendiamo al porto in pullmino e nessuno si azzarda a metter piede
a terra: troppe costruzioni (appartamenti per le vacanze, ora
sprangati), troppo vento, troppo grigio, magari un’altra volta con il sole che splende…. Sulla strada
per Marsalforn ci siamo fermati a osservare dall’alto l’unica spiaggia sabbiosa dell’isola, a pochi
passi dalla leggendaria grotta di Calipso, ora chiusa al pubblico. Sì perché Gozo è l’isola di Calipso e
il video promozionale del Ministero del Turismo assicura che, se Ulisse visitasse Gozo ai giorni
nostri, gli sarebbe ancora più difficile ripartire….
Ancora una tappa lungo la costa per vedere le saline, prima di ripartire alla volta dell’azienda TalMassar (dal siciliano “masseria”) di
Xaghra e, prima di tutto, dei suoi vigneti.
Su un piccolo colle sventolato ci riceve il
proprietario che, con dovizia di particolari
ci spiega le caratteristiche del suolo che
rendono l’uva così caratteristica: il
terreno è calcareo con un alto livello di
potassio, secco ma fertile se ben trattato.
Ci sottolinea comunque che non vengono utilizzati fertilizzanti chimici né erbicidi e che tutte le uve
usate per i loro vini provengono dal loro vigneto gozitano. Si tratta di un piccolo vigneto, piantato
nel 2006: date le piccole dimensioni, le uve vengono lavorate freschissime e solo otto ore passano
dalla vendemmia alla lavorazione. Un processo velocissimo! La vendemmia avviene il mattino
presto a causa delle alte temperature. Producono 7000 bottiglie all’anno ed esportano l’80% in
Gran Bretagna: la ragione è che, qui a Gozo, non esiste una vera e propria cultura del vino; chi
consuma vino, si produce il suo, e chi lo compra in negozio non è tanto attento alla qualità quanto
al prezzo: insomma i gozitani vogliono spendere poco per il vino che bevono e spesso l’unica
differenza ammessa è quella tra il vino bianco e il vino rosso. Stop. Non sanno cosa si perdono….
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I vitigni sono Nero d’Avola e Sangiovese. Comunque il trucco c’è e non ci viene svelato: l’aggiunta
di un 10% di uve misteriose (l’aggiunta è comunque ammessa dalla legge) per personalizzare il
vino.
Nei locali dell’azienda facciamo un piccolo tour della cantina (vediamo il bianco conservato in
acciaio e il rosso in resina), del locale dove avvengono le analisi chimiche (domanda: producete
aceto? No, per il rischio di contaminazione, probabilmente perché i locali sono molto piccoli), e
infine facciamo dei piccoli assaggi e apprendiamo che la Tal-Massar partecipa e vince competizioni
internazionali, per esempio a Bordeaux ha guadagnato la medaglia di bronzo per il Vermentino, ed
è raccomandata da TripAdvisor. Mentre degustiamo, il proprietario ci
spiega anche che il loro standard è più alto del DOC, perché il DOC ha
delle zone d’ombra che possono lasciare spazio a inganni e raggiri.
Assaggiamo 4 vini, due bianchi e due rossi, ma il Vermentino è il mio
preferito, con il suo profumo intenso di fiori. I rossi sono davvero
singolari, però, perché sanno di frutti di mare, cozze, ricci…. ci
scateniamo a trovarvi gli aromi marini più bizzarri…. assaggiamo e
riassaggiamo, alcuni (gli esperti) sentenziano, altri (gli inesperti, resi audaci dall’alcool)
azzardano….
Il proprietario è giovane, ha una grande passione per il suo lavoro e ci intrattiene davvero con
piacere sui dettagli. Quando lasciamo l’azienda, siamo piuttosto sfatti e anche un po’ brilli, ma
riusciamo comunque a trovare le parole per ringraziare della grande ospitalità e per augurare
buona fortuna ad una azienda che la merita.
Rientriamo che è ormai buio all’hotel. Questa sera a nanna presto perché domattina levataccia:
l’autobus ci aspetta prestissimo per portarci al traghetto delle 8.15 per Malta.
Giovedì 15 Novembre 2012
Il quale traghetto ci imbarca puntuale a Mgarr e ci trasporta,
sfiorando Comino sventolatissima, scodellandoci dopo una
mezzoretta a Cirkewwa. Il tempo potrebbe essere migliore ma
almeno non piove, come preannunciato. Il tragitto dal porto a La
Valletta è piuttosto lungo sulla strada costiera, ma così possiamo
vedere un po’ dei famosi resort e hotel della capitale, da Sliema
in giù, dai vari Radisson e Hilton in giù, insomma abbastanza per
apprezzare e già cominciare a sentire la mancanza della quiete
appartata di Gozo.
Scesi dal pullmino, fatte foto-ricordo sui bastioni e passati a piedi lungo il sito degli scavi dove si
sta costruendo il Nuovo Parlamento (chi può essere l’architetto? Ma Renzo Piano, chi altri….?), ci
dirigiamo verso la concattedrale di St. John, ma prima facciamo un’incursione – inattesa – nella
sede dell’Istituto Italiano di Cultura in Piazza San Giorgio, dove il nostro Lawrence sembra essere di
casa.
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Qui ci accoglie con entusiasmo la responsabile degli Studi Superiori in
Italia, colei – mi pare di capire – grazie alla quale Lawrence ha intrapreso
e portato a termine gli studi in Italia. Veniamo ricevuti prima in una salabiblioteca-cineteca zeppa di film in lingua italiana e poi nel salone
principale dell’Istituto, dal soffitto baroccamente arabescato, che ospita
ora una mostra di artisti maltesi con coloratissime vedute locali.
Una breve coda per entrare nella concattedrale poco distante e siamo in un trionfo di barocco, a
cominciare dalle volte a botte istoriate da Mattia Preti con scene della vita di San Giovanni. Vado
subito a rimirare i due Caravaggi, la “Decollazione di San Giovanni” e il “San Girolamo”, entrambi
nell’oratorio. Stupefacenti penombre e chiaroscuri.
Dalla navata centrale della Cattedrale, passo poi a visitare le cappelle, ognuna dedicata ad un
santo e ad un’area di provenienza dei Cavalieri, quella d’Aragona la più opulenta, con il San Giorgio
di Mattia Preti. Tombe e monumenti sepolcrali di cavalieri e Gran Maestri, tra cui quella di La
Vallette.
Passo poi all’adiacente ricco Museo dei paramenti sacri, degli arazzi e dei
libri illuminati, allo shop, dove acquisto alcune stampe, e poi me ne esco
dalla porta sul retro: passato una specie di capannone che pare un
mercato in chiusura, mi trovo subito su una lunga via che mi colpisce per
l’abbondanza dei balconcini di legno di tutti i colori (stile turco, per
intendersi). Foto. Prima che ripiova.
L’appuntamento con gli altri e tra una mezz’ora davanti alla cattedrale:
c’è tempo per gironzolare un po’ per le vie strette della città vecchia,
respirare un po’ di antichi muri e fantasticare su come tutto doveva
essere ai tempi dei cavalieri. Portoni si aprono su cortili, vie in discesa
verso il mare, lastricati di pietra. Ora tanti negozi, come qualsiasi zona pedonale
di qualsiasi grande città, tanta gente in giro, tanta gente anche seduta ai tavolini
fuori – nonostante il freddo. In una pasticceria che mi pare fornitissima assaggio
e compro degli “Honey rings”, deliziosi dolcetti a forma di anello farciti con un
impasto di frutta candita e spezie. Yummiiii.
Il prossimo appuntamento lo abbiamo con le cantine Marsovin, i maggiori
produttori di vino di qualità maltesi, dove giungiamo dopo un breve tratto
piovoso in pullmino.
L’azienda, ci spiega la nostra guida, fu fondata nel 1919; ora producono un milione di bottiglie
all’anno, grazie alle uve conferite dai produttori locali, di Malta e di Gozo. Ci spiega che possono
creare uno Chardonnay di tipo particolare, grazie al terreno diverso e ai diversi venti; che il vigneto
più prezioso si trova all’interno dell’isola, in un terreno una volta paludoso; che il vino Grand
Maître è dedicato ogni anno ad ognuno dei Grandi Maestri dell’Ordine. Anche qui viene
sottolineato il problema dell’alto costo del vino di qualità (l’esportazione, per esempio, è costosa
per il costo del trasporto dall’isola) e il fatto che i maltesi preferiscono i vini importati, a basso
prezzo. Per legge, comunque, l’uva utilizzata per i vini maltesi IGT è al cento per cento maltese e
gozitana. Per i DOC o tutta maltese o tutta gozitana. Il vino ha un’aroma comunque sempre molto
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fruttato, come possiamo constatare all’assaggio nell’ampia sala dove è stato allestito per noi un
buffet veramente degno di nota con salumi, formaggi, olive locali.
Mentre degustiamo, la guida ci racconta che quest’anno hanno creato uno Shiraz con uva passita,
tipo amarone ma più dolce, per il quale devono mantenere le uve
sulle piante fino a Settembre. Una bottiglia da mezzo litro contiene
due chili e mezzo di uva!
Visitiamo poi la cantina, alla quale si accede attraverso una
strettissima scala a chiocciola di pietra: il sotterraneo era un locale
adibito a magazzino dai Cavalieri. Tra i vini in invecchiamento, sono
custodite qui bottiglie di “Cassar de Malte” (non “champagne”, ma
quasi!) a riposo per tre anni. 18 Euro la bottiglia. Non male.
Anche qui sentiamo nelle parole della nostra guida l’orgoglio di essere stati pionieri nella
produzione di vini di qualità e di voler continuare ad esserlo, pur nella consapevolezza che il
mercato può essere più favorevole a chi produce vini mediocri a basso prezzo.
Usciamo grati e - come recentemente ci accade – un po’ brilli dalla Marsovin, risaliamo in pullmino
e partiamo alla volta di M’dina, la città murata, ultima nostra tappa su Malta prima di reimbarcarci
per il ritorno. E’ una città monumento (mi ricorda qualcosa… aspetta… Pienza, forse, anche se là i
palazzi sono rinascimentali), abitata da pochissimi, silente, austera e deserta oggi sotto questa
pioggia a torrenti. Non è il tempo migliore per visitare ma ammiriamo comunque il panorama
dall’alto delle mura, vagabondiamo un po’ per i vicoli, solo ogni tanto resi vivi dal passaggio di
qualche gruppo di turisti sfortunati come noi, entriamo nella cattedrale di San Paolo – più che
altro per asciugarci un po’ e assaporare un po’ di caldo – e poi facciamo ritorno al nostro mezzo
che ci aspetta appena fuori dalle mura.
Domani sappiamo che ci aspetta una mattinata impegnativa: nessuno lo dice ma siamo tutti un po’
nervosi per le presentazioni PowerPoint che domani faremo a scuola. Parleremo in italiano?
Parleremo in Inglese? E che pubblico ci sarà? Ma ce la faremo poi a fare tutte le presentazioni? I
prodotti tradizionali di tutte le regioni sono tanti… Nadia e io abbiamo anche tutti i prodotti tipici
che ci siamo portate dall’Italia: castagne e olive io, la mitica treccia d’aglio lei… E poi i dépliant del
territorio…. Che ne facciamo? In stanza, la sera, rapida decisione: un bel cesto regalo e via….
Venerdì 16 Novembre 2012
Ultimo giorno e Gozo già mi manca. Sono tristissima mentre, in hotel, infilo nella borsa tutto il
materiale per la presentazione a scuola, ma mi rallegro pensando alla gita in barca a Comino, che
ancora ci manca.
Fortunatamente la giornata è calda e soleggiata.
Alla “M. Refalo” il nostro gruppo viene accolto in un’aula dove già sono
assiepati studenti e alcuni docenti, credo del corso di Economia. Ci
sediamo in prima fila anche noi sui banchi e, mentre Lawrence ci
presenta, in gran fretta disponiamo i nostri materiali, prodotti tipici e
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dépliant, su un banchetto in un angolo. Tutti abbiamo pronta la nostra presentazione ma, dopo
l’intervento di Francesco sul marketing dei prodotti tradizionali (a
supporto del quale - constato con soddisfazione – vengono proiettate
le slides in Inglese tradotte da noi del Carnacina) e sulla lettura delle
etichette (idem con le slides preparate dalla nostra scuola), Lawrence
suggerisce di scegliere due presentazioni, quella di Favara e quella di
Arma di Taggia, e di lasciare le altre in dotazione alla scuola per essere
presentate in un secondo momento. Ascoltiamo così la presentazione
dei prodotti tipici della zona di Agrigento da parte di Raffaele, e di
quelli liguri da parte di Marco. Sono belle e interessanti ma sicuramente avremmo avuto bisogno
di più tempo a scuola per dare spazio a tutto il materiale che avevamo preparato. Pazienza.
A sera, in hotel, ci scambieremo comunque le presentazioni di tutte le aree italiane di provenienza
in modo da poterle utilizzare nelle nostre scuole. Oltre alle presentazioni dei vari territori,
contengono le schede descrittive - in italiano e in inglese – dei prodotti agroalimentari tradizionali
come, per quanto riguarda il nostro Garda-Baldo, il kiwi, il miele, l’asparago, il tartufo, il formaggio
casato, la castagna. Un lavoro prezioso, che non deve andare perduto.
All’uscita da scuola, un breve tour guidato della Cittadella, prima di scendere al porto per
imbarcarci per Comino.
Comino è la terza isola dell’arcipelago maltese, la più piccola, disabitata se non per un paio di
residenti e frequentata solo d’estate dai turisti che alloggiano nei
due hotel e da quelli giornalieri che la raggiungono con vari tipi di
imbarcazioni. Appena imbarcata, temo che non reggerò tutto quel
tempo in barca ma, in verità, il tragitto è breve e veniamo subito
sbarcati all’attracco di Comino in un trionfo di mare turchese e di
sole splendente. Decidiamo per una passeggiata fino alla sommità
dell’isola, dove troneggia la solita torre di avvistamento, lungo un
sentiero che si inerpica nella macchia di vegetazione mediterranea
e mentre percorriamo il quale di quando in quando ci supera un pickup con degli operai. Dove
staranno andando?
Non sembra Novembre. L’aria è mite e il sole scalda davvero. Quasi
in cima, passiamo accanto a costruzioni che pensiamo
abbandonate, forse abitazioni: dalla porta di una di queste vediamo
in lontananza sgusciare una figura. Che sia uno dei due misteriosi
abitanti rimasti? Arrivati alla cima, e anzi,
più in su, sulla cima della torre, la vista del
mare da tutti i lati è mozzafiato e non
smettiamo di fare foto per immortalare
almeno un po’ di tanta bellezza.
Ritornati al piccolo molo, in attesa della barca, i nostri coraggiosi
compagni – solo tre, in verità – non resistono e si tuffano. L’invidia è
somma, perché noi non abbiamo portato il costume. Chi avrebbe mai
pensato…. Ma il barchetto ci raccoglie presto e, trovata una baia riparata
dove attraccare, i nostri marinai ci allestiscono un piccolo pranzo a bordo,
di insalata e tonno e formaggio e le immancabili olive. Cosa chiedere di
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più?
Nel frattempo i nostri tre eroi, Riccardo, Marco e Luca, si tuffano nuovamente e giurano che in
acqua si sta alla grande. Difficile resistere. Soprattutto pensando al freddo che da domani ci
aspetta a casa.
Qui, nel mezzo del Mediterraneo, il tempo sembra essersi fermato e, in cuor mio, giuro che ci
tornerò perché un bagno nella Laguna Blu di Comino è una delle cose della vita che bisogna fare.
Non è tardi quando rientriamo in hotel, così ne approfitto per impacchettare un po’ le mie cose in
valigia, prima di cena, l’ultima, alla quale interverrà anche il preside per salutarci prima della
partenza. Ma prima traffichiamo tutti un po’ per preparare gli ultimi regalini per Lawrence, che ci
ha così sapientemente guidato alla scoperta dell’isola e dei suoi prodotti per tutta la settimana: a
lui e a Gozo è dedicata anche la poesia-sorpresa che Francesco Donadini ha composto e legge a
cena e che commuove tutti.
Eccola:
Perle di umile terra fertile
in mare amico e nemico,
perché ricco di troppi confini.
Ambite nei millenni,
ricercate dai naufraghi,
conquistate dalle religioni,
scelte dai potenti di otto lingue,
abitate e spopolate,
Gozo e Malta,
per natura vicine,
per cultura differenti,
riescono oggi a creare
un’intensa unicità mediterranea.
Perle vispe come occhi
di barche a riconoscere
il cuore del mare.
Perle ricche come sapori
e profumi inimitabili,
da non perdere!
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