5 - Istituto Nazionale di Urbanistica

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5 - Istituto Nazionale di Urbanistica
MODELLI DI RIGENERAZIONE URBANA TRA IDENTITÀ E SVILUPPO
Chiapparo Nadia, Chiapparo Simona, Boscarol Matteo, Galano Giovanni , Masella Gabriella,
Ruggieri Elena Raffaella
L’amministrazione comunale di Napoli, in risposta al grave evento tellurico del 1980, vara, con
“legge 219”, il programma straordinario di edilizia residenziale. Le azioni ricostruttive, ispirate ad un
rigido pragmatismo, non sono riuscite né ad integrarsi con le specifiche orografie locali, né a
garantire il rispetto delle preesistenti morfologie architettoniche. In questo contesto si auspicano
interventi innovativi di recupero e riqualificazione del territorio che lo salvaguardino evitando il
ricorso ad un ulteriore carico urbanistico – emblematico il caso del Centro Direzionale di Napoli
impiantato nel quartiere periferico di Poggioreale - ma puntando a prassi di “ rigenerazione
urbana” che mantengano viva la memoria culturale di una popolazione che , nel caso specifico
di Napoli, trova nell’instabilità geologica un’originaria matrice identitaria. In tale prospettiva
esemplare l’iniziativa artistica, denominata Terraemotus, realizzata subito dopo il sisma del 1980.
IL PROGRAMMA STRAORDINARIO LEGGE 219/81 A NAPOLI E LA SUA “RIMOZIONE”: IL CASO DI
SCAMPIA E DELLA PERIFERIA NORD
Bernardino Stangherlin
1)
SCAMPIA : LE ATTUALI CONDIZIONI DEL QUARTIERE
1.a) Scampia come “non città”
1.b) La struttura urbana del quartiere come fonte di disagio sociale
1.c) L’isolamento fisico del quartiere come fonte di emarginazione
1.d) Una comunità mai nata
2)
GLI INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE REALIZZATI E PROGRAMMATI
2.a) Il Programma Straordinario legge 219/81, validità e criticità degli interventi;
2.b) Il Programma di Riqualificazione delle “Vele”.
3) I PROBLEMI IRRISOLTI. ALCUNE RIFLESSIONI
SI RIPORTA SOLO PARTE CAP: 1
1) SCAMPIA : LE ATTUALI CONDIZIONI DEL QUARTIERE
Fin da pochi anni dopo la nascita del quartiere molteplici sono state le analisi che sono state
formulate per individuare ed eliminare le cause del disagio urbano di Scampia.
Nei mass media e nella pubblicistica specializzata Scampia è diventato negli ultimi trenta anni
l’esempio di tutto ciò che in negativo contraddistingue la periferia di una grande città.
Si ritiene qui opportuno citare solo alcune di queste analisi, in quanto le più incisive nel definire i
problemi che ancora investono il quartiere.
1.a) Scampia come “non città”
Uno delle migliori definizioni della “città” è quella che la individua come “il luogo dove più grande
è la concentrazione delle opportunità, degli scambi, delle relazioni sociali”.
In questo senso Scampia è periferia e non è città, non tanto perché distante dal centro urbano,
ma in quanto il negativo della città, appunto “non città”: mancano infatti molte delle opportunità
che caratterizzano la città, l’”urbano”…………., soprattutto le opportunità di lavoro, oltre che
quelle di relazioni sociali, di svago.
In questo senso alcuni quartieri della zona nord di Napoli sono già più città di Scampia : si trovano
infatti lungo assi di comunicazione, godono di scambi non rilevanti ma importanti nella economia
urbana.
1.b) La struttura urbana del quartiere come fonte di disagio sociale
L’impianto urbanistico, le regole costitutive del tessuto urbano del quartiere fanno sì, nonostante il
rilevante numero di attrezzature realizzate, che non esistano veri centri, vere piazze, vere strade
intese come luogo di incontro e di scambio sociale.
I vari lotti esistono come parti staccate dal resto del quartiere, sono mondi a sé in cui vivono micro
comunità che si ignorano, ed alcune volte sono tra loro ostili, soprattutto nei casi in cui sono abitati
da ceti diversi.
La distanza dei lotti tra di loro e dalle strade incrementa questo isolamento ed ostacola
l’integrazione.
Le fasce verdi che separano
ingovernato ed abbandonato.
le case dalle strade diventano così terra di nessuno, territorio
Le strade sono per lo più autostrade urbane, lontane anni luce dal carattere delle strade che
connotano i centri delle città, e non ci si riferisce qui a via Toledo o a via Chiaia, basta paragonarle
a corso Secondigliano o anche al non esaltante esempio di via Miano Agnano.
Le strade di Scampia mancano di negozi ed attività che “riempiano “ il vuoto di questi enormi
corridoi di attraversamento del quartiere …
INTERVENTI POST SISMA QUALI OCCASIONI DI QUALITA' PROGETTUALE: ESEMPI E RIFLESSIONI
Enrico Sicignano - Giacomo Di Ruocco
Spesso le ricostruzioni post sisma sono state dettate quasi prevalentemente da criteri squisitamente
tecnici e da ragioni economiche. In taluni casi però le ricostruzioni hanno visto grandi progettisti
impegnati nel conseguire obiettivi di qualità. E' il caso degli interventi nel Belice(la piazza e la
chiesa di Salemi di Alvaro Siza Vieira,il Museo di Gibellina di Francesco Venezia,le residenze a San
Pietro a Patierno,Napoli di Francesco Venezia,l'intervento di Monteruscello di Agostino
Renna,ecc.)con positive ricadute per la cultura ed il territorio. A trenta anni di distanza molto è
stato fatto,molto è ancora da fare...forse non lo si farà mai più. Ma se lo si dovesse,in che modo?
Queste anche le considerazioni e le riflessioni del contributo
LA RI-COSTRUZIONE DI UN EDIFICIO E DI DUE CASE: TRE ESPERIENZE PROGETTUALI
Enrico Sicignano
Il contributo riferisce delle esperienze progettuali e costruttive di tre edifici ricostruiti dopo il sisma
del 23-11-80:un edificio plurifamilare in un centro storico devastato e due case unifamiliari(la Casa
Ida,menzione speciale al Premio Luigi Cosenza 1990) e la Casa del Veterinario,tutte in provincia di
Napoli.I progetti hanno coniugato il rispetto della normativa antisismica ,quella degli strumenti
urbanistici con vincoli di varia natura e con le esigenze e le aspettative della committenza)
RECUPERARE CON GLI ABITANTI
Cinzia Langella
Negli anni ’80, nell’ambito del programma straordinario per l’edilizia residenziale a Napoli,
cominciava la verifica delle possibilità che si aprivano alla progettazione urbana dall'apporto
dell'antropologia e della sociologia.
A Ponticelli si operava con l’esproprio generalizzato delle aree di intervento. Nell’ambito del corso
di Tecnologia del recupero edilizio dell’anno accademico 1987/88, attraverso un seminario tenuto
sul posto, dal titolo “Recupero urbano prudente a Ponticelli”, un piccolo numero di studenti (tra cui
io), guidati la prof. Isabella Amirante e dall’architetto e sociologo Heide Moldenhauer, fu coinvolto
in una interessante esperimento di progettazione partecipata.
L’obiettivo era pervenire ad un progetto che, oltre a osservare gli standard tecnologico
prestazionali indicati dal Commissariato di Governo, rispondesse puntualmente alle esigenze degli
abitanti raccolte attraverso la mediazione di esperti.
La relazione, da inserire nella sessione V “Il riscatto di Napoli e della sua area metropolitana”,
descriverà l’intera esperienza.
TRASFORMAZIONI D’EMERGENZA
Sergio Stenti
Si vuole mettere in luce la differenza che è esistita tra diversi tipi d’intervento edilizio che il PSER ha
attuato nella città di Napoli e ragionare sui risultati oggi misurabili.
Un primo intervento era basato su logiche tipo intervento pubblico anni ottanta. Edifici di solito in
linea, del tutto estranei ai contesti, su suoli rimasugli di precedenti urbanizzazioni pubbliche.
Costruzioni con tecniche edilizie prefabbricati e altre in opera tradizionale. Tali edificazioni hanno
rappresentato un ulteriore intasamento urbanistico, occupazione di aree interstiziali, quasi mera
quantità edilizia costruita in emergenza. Oltre questo
primo tipo
ci sono stati interventi di
maggiore respiro progettuale e urbanistico come a Taverna del Ferro di P. Barucci p.e. Interventi
con una maggiore sperimentazione , per molti versi simile alle Vele di Scampia, ma dai risultati
fortemente problematici.
Un secondo tipo è stato quello di maggiore adeguamento ai contesti storici con rielaborazioni
tipologiche delle abitazioni a corte tradizionale. Questi hanno dato migliori frutti, ricostruito tessuti,
equilibrato contesti. Per una valutazione meno in astratto o solo architettonica è però necessaria
una verifica abitativa sia come uso sia come durata edilizia, sia come patrimonio pubblico sul
quale è necessario qualche intervento trasformativo.
AREA FLEGREA: RECUPERO EDILIZIO E BRADISISMO
Roberto Gerundo – Francesco Di Maggio
La ricerca intende produrre alcune riflessioni in merito al tema del recupero del tessuto edilizio
nell’area flegrea dopo il terremoto del 1980 in riferimento, sia alla normativa che da esso scaturisce
che alle vicende legate alla seconda crisi bradisitica (1982-1984) con particolare riferimento al
recupero del centro storico di Pozzuoli completamente sgombrato nell’ottobre del 1983.
Si cerca, quindi, di capire se in queste esperienze si possono ritrovare meccanismi e/o
contraddizioni utili ad una migliore comprensione dei processi più generali del recupero edilizio
post-sisma che si pone sempre, con maggiore peso, come uno degli aspetti emergenziali di breve
e medio periodo.
AREA FLEGREA: RICOSTRUZIONE E MONTERUSCIELLO
Roberto Gerundo – Francesco Di Maggio
Questa ricerca intende analizzare l'esperienza avutasi nell’area flegrea dove, dopo il terremoto del
novembre del 1980 e la sua prima fase di emergenza, riesplode prepotentemente, il fenomeno del
bradisismo (1982-1984) che culminerà nel ottobre del 1983 all’evacuazione dell’intero centro
storico di Pozzuoli ed all’allontanamento di circa 30.000 persone ed alla nascita della “nuova città”
di Monterusciello di circa 5.000 alloggi per circa 20.000 vani.
Lo studio intende approfondire la particolare circostanza che vede l’innescarsi una nuova
emergenza che, in un certo senso, si sovrappone una fase di ricostruzione e sviluppo post-sismica
appena avviata e, quindi la possibilità di delineare processi e/o contraddizioni che possano far
meglio comprendere come si sia interfacciata la fase relativa alla ricostruzione ed allo sviluppo
economico e produttivo lanciata dalla legge 219/1981 ed il nuovo assetto urbanistico che il
secondo bradisismo provocherà.
IL RISCATTO DI NAPOLI E DELLA SUA AREA METROPOLITANA
RESTAURO, RIQUALIFICAZIONE E RINNOVAMENTO DEL CENTRO STORICO DI NAPOLI
Claudia Aveta
Di fronte alla crisi economica e sociale in cui versano Napoli e la sua area metropolitana anche chi
studia questioni legate al restauro ed alla riqualificazione dei tessuti urbani storici deve interrogarsi
sugli esiti delle scelte avvenute all’indomani del sisma del 1980, compiendo un bilancio delle
esperienze che, proprio dal confronto con la realtà di oggi, si dimostra deludente, se non
fallimentare. Emergono iniziative frammentarie ed inefficaci, senza un quadro generale di
riferimento; inoltre, Indirizzi e Carte internazionali sembrano del tutto ignorati, così come il concetto
di conservazione integrata.
Il contributo, partendo dallo spreco di risorse affluite nel centro storico di Napoli in occasione dei
danni sismici (ordinanza Zamberletti, legge 219/81), analizza gli esiti di norme e azioni (progetti
SIRENA, Variante del PRG del 2004) per giungere al dibattito attuale sul Grande Programma Centro
Storico UNESCO e sul Piano di Gestione.
Si cercherà di analizzare tali aspetti per far emergere criticità e delineare prospettive.
SULLA PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO PER LE AREE URBANE
Alessandro Baratta, Ileana Corbi
Il terremoto che ha distrutto nell’aprile del 2009 il centro storico dell’Aquila e molti dei paesi limitrofi,
ha riportato la memoria nazionale indietro a trent’anni fa quando l’11 novembre 1980 un ben più
violento sisma stravolgeva le vite di migliaia di persone nelle province campano-lucane segnando
profondamente la esistenza di coloro che sono sopravvissuti. I terremoti distruttivi hanno un impatto
fortissimo sia in termini di vite umane che sul tessuto urbano dei centri storici creando “cicatrici”
che, anche a causa di sconsiderati interventi post-sisma, spesso alterano profondamente l’identità
dei luoghi. Tuttavia, la presenza sul territorio italiano di un cospicuo patrimonio artisticomonumentale ma anche di una edilizia urbana, nel migliore dei casi, costruita prima dell’inizio del
secolo scorso, purtroppo, è tale da rendere poco efficaci, a livello locale, le indicazioni della
normativa sismica vigente che risulta troppo severa per una opera di prevenzione generalizzata.
L’esperienza ultra decennale nell’area urbana napoletana, in relazione al più recente evento
sismico abruzzese, può fornire a posteriori una serie di indicazioni semplici ma chiare per la
attenuazione del danno sismico su edifici in muratura.
LO SPAZIO ABITATO DEI CORTILI DI PONTICELLI. UN’ESPERIENZA DI RILIEVO NEL DOPO TERREMOTO,
DALLA PROFESSIONE ALL’UNIVERSITÀ
Claudio Gambardella
Ponticelli grazie alla Legge 219/81 Titolo VIII rientrò, come altri quartieri del Comune di Napoli, in un
vasto programma di ricostruzione. L’affidamento di un incarico professionale di rilievo di strade,
piazze, cortili e abitazioni del centro storico per consentire la successiva esecuzione delle opere da
parte del Consorzio EDIFAR, rappresentò la naturale prosecuzione di un lavoro universitario nel
Corso di Progettazione Architettonica di Riccardo Dalisi, antecedente al terremoto dell’80. Fu
anche l’occasione, però, per approfondire in quel corso, non più da studente, ma da “volontario”,
altri aspetti che il rilievo, così come era stato commissionato, non erano emersi nell’attività
professionale: l’edicole votive, come punti nodali di una ritualità sacra e pagana, o le scale,
elementi forti di una teatralizzazione dello vita quotidiana, o ancora le ringhiere dei balconi, reperti
ancora significanti di un’artigianalità povera ma dignitosa. L’esperienza, nel suo complesso, è stata
straordinaria perché da due punti di vista, diversi e complementari tra loro, ha fatto affiorare un
luogo densissimo di significati, restituendo una qualità del vivere e dell’abitare che in molti casi
proprio la ricostruzione ha cancellato, per sempre. Rievocare quell’esperienza può rappresentare
una rilettura critica, a distanza di trent’anni, di un episodio comunque esaltante di architettura per
le riflessioni non solo di natura disciplinare, ma anche di senso civile che allora sollecitò negli
studenti e negli architetti.
LA RICOSTRUZIONE: POTERI STRAORDINARI E PIANO DELLE PERIFERIE
Giovanni Dispoto