Dental 1.qxd - DentalClinics

Transcript

Dental 1.qxd - DentalClinics
Corso ECM on line
MODULO DIDATTICO 2
Bifosfonati: caratteristiche
farmacologiche
e indicazioni all’utilizzo
I bifosfonati, analoghi sintetici dei pirofosfati introdotti sul mercato negli anni ’70,
sono un gruppo di farmaci ampiamente
raccomandati e utilizzati per ridurre il
rischio di osteoporosi nelle donne in
menopausa, e impiegati nella terapia della
malattia di Paget, in chirurgia ortopedica,
negli iperparatiroidismi e in corso di terapie corticosteroidee prolungate. Basandosi
sulle linee guida dell’American Society of
Clinical Oncology, l’uso dei bifosfonati è inoltre da considerarsi il trattamento di elezione per l’ipercalcemia moderata e severa
associata a neoplasie e per le lesioni
osteolitiche metastatiche, associate al
tumore della mammella o della prostata o
al mieloma multiplo, in combinazione con
altri agenti chemioterapici (1-4).
Il loro meccanismo d’azione prevede l’inibizione del riassorbimento del tessuto
osseo da parte degli osteoclasti. I bifosfonati sono assorbiti dai cristalli d’idrossiapatite riducendo il tasso di ricambio osseo
e il suo dissolvimento aumentando così il
volume osseo sia a livello corticale sia trabecolare. Essi non vengono metabolizzati e
quindi permangono nell’osso, a concentrazioni elevate, anche per lunghi periodi di
tempo. Quando un sito osseo, in cui il
bifosfonato è stato trattenuto, si riattiva
anche dopo mesi o anni di quiescenza, il
farmaco viene liberato dai cristalli di idrossiapatite e rientra in circolo. È stato ipotizzato che i bifosfonati possano agire a livello del ricambio osseo su differenti livelli. A
livello tissutale, inibiscono il riassorbimento osseo riducendone il turn-over, così
come viene indicato da differenti markers
biochimici; a livello cellulare, hanno come
target gli osteoclasti, inibendone la funzione e diminuendone il reclutamento, la vita
REVIEW
Osteonecrosi
mascellare
da bifosfonati:
lo stato dell’arte
Paolo G. Arduino, Lucia Reggio, Roberto Broccoletti, Mario Carbone.
Azienda Ospedaliero-Universitaria “San Giovanni Battista di Torino
Dipartimento Capo e Collo: Centro di eccellenza, assistenza-didattica e ricerca in Campo
odontostomatologico, c/o Unito Lingotto Dental School
I PREMESSA: nel 2003 vengono segnalati in letteratura i primi casi di una probabile relazione fra terapia endovenosa con bifosfonati e necrosi avascolare
alle ossa mascellari, dovuti fondamentalmente a manovre di avulsioni dentarie
o traumi accidentali. L’effetto anti-angiogenico attribuito ai bifosfonati, probabilmente dovuto alla capacità di ridurre il livello circolatorio del fattore di crescita
vascolo-endoteliale, sommato a microtraumi e successivi fenomeni di natura
infiammatoria, potrebbe giocare un ruolo importante nel determinare i cambiamenti ischemici responsabili di tale fenomeno necrotico a livello osseo.
I IL PROBLEMA: il quadro clinico si presenta come un focolaio osteomielitico,
singolo o multiplo, che appare nelle fasi iniziali come una banale patologia
infiammatoria alveolare, refrattaria alle comuni manovre terapeutiche locali e
sistemiche; il focolaio tende poi a estendersi in zone limitrofe fino a manifestarsi come vaste aree di necrosi ossea; l’osso esposto è di colore giallo-biancastro, circondato da aree mucose fortemente edematose e arrossate. Il
paziente riferisce una forte sintomatologia algica e difficoltà nell’alimentarsi (il
dolore è solitamente resistente ai comuni farmaci antinfiammatori), e vengono
riportate zone di parestesia cutanea; il focolaio di necrosi può accompagnarsi
ad ascessi più o meno gravi che tendono a guarire solo parzialmente con la
terapia antibiotica e solitamente diventano cronici.
I CONCLUSIONI: i pazienti che devono intraprendere una terapia endovenosa con bifosfonati dovrebbero essere informati su questa possibile complicanza. A oggi non esistono dati scientifici certi e un protocollo chiaro sulle
corrette modalità da seguire per la prevenzione di questa complicanza.
media e l’attività sulla superficie ossea
stessa; infine, a livello molecolare, è stato
ipotizzato che i bifosfonati modulino la
funzione osteoclastica interagendo con
recettori cellulari di superficie ed enzimi
intracellulari.
Anno II - n°2 - maggio 2009
15
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
PUNTO CHIAVE
I bifosfonati
si distinguono
sulla base
della struttura
chimica delle
catene laterali.
I bifosfonati possono essere fra loro distinti
per la diversa struttura chimica delle catene
laterali dalle quali dipende la potenza
relativa, l’affinità e il grado di tossicità, in
non amino-bifosfonati (acido etidronico,
acido clodronico, acido tiludronico), che
vengono metabolizzati all’interno delle cellule in composti citotossici, e in amino-bifosfonati (acido alendronico, acido ibandronico, acido pamidronico, acido risedronico,
acido zoledronico), caratterizzati invece da
una maggiore potenza per quanto riguarda
l’effetto inibente il riassorbimento osseo
mediato dagli osteoclasti (tabella I). Gli
amino-bifosfonati determinano l’apoptosi
degli osteoclasti mediante l’inibizione della
fase di isoprenilazione nella sintesi del colesterolo. Ne consegue quindi un deficit di
alcune proteine indispensabili per la
sopravvivenza e l’attività degli osteoclasti. I
non amino-bifosfonati, invece, determinano
un’inibizione dell’attività osteoclastica. Essi
vengono metabolizzati all’interno dell’osteoclasta e incorporati in un analogo
dell’ATP non idrolizzabile. Vengono quindi
inibiti enzimi che utilizzano l’ATP indispensabili per l’attività dell’osteoclasta.
Il metabolismo del tessuto osseo è caratte-
rizzato dal continuo alternarsi di apposizione, risultato dell’attività osteoblastica, e
riassorbimento, esito dell’azione degli
osteoclasti (2).
La differenziazione e l’attivazione della linea
osteoclastica è stimolata dal sistema RANKRANKligando, che nell’osso sano è controllata dalla secrezione, a opera degli osteoblasti, dell’osteoprotegerina, proteina in
grado di bloccare l’attività osteoclastica (5).
Nella regolazione di questo delicato equilibrio entrano in gioco PTH, calcitonina ed
estrogeni. Questi ultimi possiedono loro
ricettori su diverse linee cellulari presenti
nell’osso e agiscono stimolando la produzione di osteoprotegerina e bloccando quindi il sistema RANK-RANKligando e la conseguente attivazione osteoclastica (2); sono
inoltre in grado di indurre direttamente l’apoptosi degli osteoclasti in attività (6).
Tumori solidi come principalmente il carcinoma mammario o prostatico, ma anche
vescicale, epatico, renale, a origine tiroidea
o il melanoma, danno frequentemente
secondarismi ossei. Le metastasi possono
essere osteolitiche o osteoaddensanti, in
entrambi i casi vi è un’alterazione del normale metabolismo osseo (7): le cellule
CLASSIFICAZIONE DEI BIFOSFONATI E INDICAZIONI TERAPEUTICHE
AMINO-BIFOSFONATI
Principio attivo
I Acido zoledronico
I Acido pamidronico
I Acido alendronico
I Acido ibandronico
I Acido risedronico
Nome commerciale
Potenza relativa
Via di somministrazione
Utilizzo
Zometa
Aclasta
10000
Endovena
Pz oncologici
Osteoporosi
Aredia
100
Endovena
Pz oncologici
Fosamax
1500
Per os
Osteoporosi
Boniva
750
Per os endovena
Osteoporosi
Actonel
2000
Per os
Osteoporosi
NON AMINO-BIFOSFONATI
Principio attivo
Nome commerciale
Potenza relativa
Via di somministrazione
Utilizzo
I Acido etidronico
Didronel
1
Per os
Osteoporosi
Skelid
10
Per os
Osteoporosi
Difosfonal
10
Intramuscolo
Osteoporosi
I Acido tiludronico
I Clodronato
Tabella I
16
Anno II - n°2 - maggio 2009
REVIEW
tumorali sono in grado di secernere PTHrP
(parathyroid hormonerelated protein) (8)
che stimola l’espressione, a opera di osteoblasti e cellule stromali, del RANKligando, il
quale attraverso il suo recettore situato
sugli osteoclasti, ne attiva la maturazione e
l’attività di riassorbimento; le cellule tumorali perdono inoltre la capacità di secernere
osteoprotegerina (9).
L’alterata secrezione di fattori di crescita
quali TGF-beta, IGF-I e EGF stimola la crescita, la progressione e l’angiogenesi tumorale (10,11).
A questo quadro si aggiunge l’effetto delle
ormonoterapie effettuate in caso di tumore
mammario e prostatico che riducono drasticamente i livelli di estrogeni e di conseguenza la loro azione trofica sul tessuto
osseo.
Anche nel caso del mieloma multiplo, in cui
si ha coinvolgimento osseo nel 95-100% dei
casi, si ha un disequilibrio del sistema
RANK-RANKligando- osteoprotegerina,
accompagnato da un’ipersecrezione di
metalloproteinasi che distruggono la matrice ossea e di IL-6 che funge da fattore di
crescita tumorale (12).
È su questo quadro di alterazione metabolica che intervengono i bifosfonati.
L’elevata incidenza di metastasi ossee, unita
alla relativamente lunga aspettativa di vita
di questi pazienti (24 mesi di media per i
carcinomi mammari dalla diagnosi di metastasi, 40 per i carcinoma prostatici e 20 per i
mielomi), rende considerevole la prevalenza
di secondarietà ossee.
Il trattamento delle metastasi ossee ha
scopo prettamente palliativo, che però
risulta di primaria importanza sia per assicurare la miglior qualità di vita ai pazienti
che per prevenire complicanze che peggiorerebbero significativamente la prognosi.
Le complicanze scheletriche più frequenti
consistono in fratture patologiche, compressioni midollari, necessità di radioterapia palliativa e ipercalcemia maligna, e nel-
PREVALENZA DI SRE NEI DIVERSI TIPI DI TUMORE
Evento
mammella
proststa
mieloma
altri
68%
49%
51%
48%
43%
33%
34%
34%
I Totale SRE
I Radioterapia palliativa
I Fratture patologiche
I Ipercalcemia maligna
I Chirurgia ossea
I Compressione midollare e crollo vertebrale
52%
25%
37%
22%
13%
1%
9%
4%
11%
4%
4%
5%
3%
8%
2%
4%
Tabella II
l’insieme prendono il nome di SRE (13). È
dimostrato che il manifestarsi di un SRE
peggiora notevolmente la prognosi della
malattia (14).
Il manifestarsi di una complicanza scheletrica è influenzato dalla progressione della
malattia e dal tipo di neoplasia, risultando
più frequente nelle donne con carcinoma
mammario che nel 70% dei casi manifestano un SRE in un periodo di osservazione di
2 anni, di cui il 50% è rappresentato da frattura patologica (13) (tabella II).
Risulta inoltre molto importante il controllo
del dolore osseo di cui la presenza di metastasi è la principale causa. I meccanismi
attraverso cui si manifesta il dolore, sebbene poco noti, sembrano essere dovuti alla
secrezione massima di citochine proinfiammatorie in sede tumorale, alla compressione e all’infiltrazione nervosa nonché ai meccanismi di osteolisi (9). Effetto molto
importante della terapia con bifosfonati è la
significativa riduzione del dolore osseo che
si verifica in più dell’80% dei casi e che risulta netta nel 55% (1).
È ampiamente dimostrato in letteratura
che l’utilizzo di bifosfonati per via endovenosa ostacola il riassorbimento osseo e lo
sviluppo della malattia metastatica (15). Si
assiste alla riduzione del rischio di SRE
(16), al miglioramento della deambulazione (17), della qualità e dell’aspettativa di
vita del paziente affetto da malattia metastatica ossea.
Gli effetti antiinvasivi, antitumorali e antian-
PUNTO CHIAVE
Grazie alle loro
proprietà antitumorali,
antiangiogenetiche
e antiinvasive
i bifosfonati sono
usati in terapia
oncologica.
Anno II - n°2 - maggio 2009
17
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
PUNTO CHIAVE
È del 2003 la prima
segnalazione
di una nuova
reazione avversa
associata all’uso
di bifosfonati.
18
Anno II - n°2 - maggio 2009
giogenetici dei bifosfonati determinano
inoltre un’azione adiuvante nei confronti
della chemioterapia, della radioterapia e
della terapia oncologica in generale (18).
Nella patologia osteoporotica si assiste alla
riduzione della densità ossea e all’alterazione della sua microstruttura a seguito del
calo dei livelli di estrogeni dovuto alla
menopausa (20). Ne consegue una maggior
fragilità ossea e un maggior rischio di fratture patologiche che normalmente interessano
bacino, ossa lunghe distali e corpi vertebrali.
Il verificarsi di una frattura patologica peggiora notevolmente l’aspettativa nonché la
qualità di vita creando dolore, allettamento,
debilitazione e una mortalità del 20-24% nel
primo anno dopo la frattura del bacino (21).
Vengono utilizzati anche in questo caso i
bifosfonati per via orale o intramuscolo, ed
è dimostrato in letteratura che non solo si
previene la riduzione della massa ossea ma
se ne favorisce l’incremento (22), ostacolando l’alterazione strutturale e la maggior
fragilità
Viene così migliorata la qualità e l’aspettativa di vita delle pazienti, nonché la deambulazione e la possibilità di movimento che
risultano essere molto importanti nel controllare il progredire dell’osteoporosi (23).
La somministrazione per via orale deve
essere quotidiana e l’assunzione deve avvenire lontano dai pasti dal momento che
solo il 5% della dose introdotta viene assorbita (24-25).
La somministrazione intramuscolo avviene
per clodronato, ibandronato e pamidronato
ed è indicata per il trattamento dell’osteoporosi. Essa è però poco diffusa data la scomodità per il paziente rispetto alla via orale,
soprattutto tenendo conto del carattere cronico che caratterizza l’osteoporosi.
Nei primi mesi del 2008 è stata, tuttavia,
approvata la somministrazione di 5 mg
Zometa (acido zoledronico) per via endovenosa una sola volta l’anno come trattamento dell’osteoporosi; i primi risultati sembra-
Figura 1
no buoni sia per quanto riguarda l’efficacia
sia per la sicurezza (26,27). Questa nuova
schedula di somministrazione, detta
Aclasta, apre la possibilità di utilizzo dei
bifosfonati endovena anche per l’osteoporosi, disegnando tuttavia un nuovo possibile
quadro epidemiologico (24).
Osteonecrosi mascellare
associata all’uso
di bifosfonati
Nel 2003 vengono segnalati all’attenzione
della comunità scientifica internazionale i
primi casi di una nuova reazione avversa
associata all’uso di bifosfonati (28).
Si tratta di una necrosi avascolare delle
ossa mascellari caratterizzata da esposizione di osso necrotico e associata a sovrinfezione batterica e infiammazione dei tessuti
molli circostanti, definita BRONJ (biphosphonate related osteonecrisis of the
jaws).(Figura1)
Il numero dei casi aumenta consistentemente nel giro di pochi anni, compatibilmente con la crescita esponenziale delle
prescrizioni, data la loro dimostrata efficacia, sia dei bifosfonati intravenosi sia di
quelli orali e intramuscolo (29).
Epidemiologia
L’incidenza di BRONJ nella popolazione trattata con bifosfonati per via endovenosa è
REVIEW
del 0.8-12%, fra i pazienti in cura con bifosfonati orali è del 0.7% (30).
Per quanto riguarda la somministrazione
orale, è emersa più recentemente l’associazione con la necrosi (31), data la minor
potenza rispetto alla via parenterale; anche
in questo caso, però, sia il numero di casi di
BRONJ che il numero di prescrizioni è in
continuo aumento (32).
L’analisi della popolazione affetta da BRONJ
mette in luce come siano la sesta e la settima decade di vita a essere le più colpite,
principalmente per la maggior probabilità di
incontrare patologie oncologiche e/o osteoporosi postmenopausale.
Si riscontra un aumento del rischio di sviluppare BRONJ del 9% per ogni decade passata a partire dai sessanta anni (30).
Tuttavia, recenti studi denunciano la presenza di BRONJ in bambini e adolescenti
trattati con bifosfonati per osteogenesi
imperfetta, displasia fibrosa e osteoporosi
secondaria (33).
La patologia sembra distribuirsi in modo
equivalente tra i due sessi.
Alcuni autori evidenziano la maggior prevalenza di BRONJ nella razza caucasica (30)
Eziopatogenesi
Nella maggior parte dei casi la necrosi ha
come causa scatenante un intervento di chirurgia orale che generalmente è rappresentato da estrazione dentaria. Secondo la letteratura, infatti, l’estrazione dentaria è la
causa scatenante nel 40-86% dei casi (3436).
Altre possibili cause scatenanti sono l’inserimento di impianti (34), la presenza di
parodontopatia e di ascessi parodontali
(37), il trauma protesico, l’esposizione di
tori (34), l’estrazione di denti inclusi e, in
alcuni casi, si può verificare necrosi spontaneamente; tuttavia è presumibile che ove
non sia evidente una causa scatenante possano esserci stati traumi o infezioni croniche o latenti (34).
È comunque chiaro che la causa scatenante
della BRONJ è un insulto o un trauma a cui
l’osso, il cui metabolismo risulta alterato dai
bifosfonati, non è in grado di rispondere (38).
L’azione dei bifosfonati è, come noto, volta al
blocco dell’attività osteoclastica, ma, ottenendo ciò, essi riducono anche il normale
turnover osseo fatto dalla continua alternanza di apposizione e riassorbimento (39).
In caso di trauma, infezione e conseguente
osteolisi, fisiologicamente il tessuto osseo si
attiva tramite rimodellamento e neoapposizione per colmare il difetto formatosi e guarire; questo fisiologico processo non avviene
nell’osso alterato dal trattamento con bifosfonati e non è possibile arrivare a guarigione bensì si manifesta la necrosi (35).
Si aggiunge inoltre l’attività anti-neoangiogenetica posseduta dai bifosfonati che
rende quindi l’osso scarsamente vascolarizzato e incapace di ricevere nutrimento, ossigeno, fattori di crescita e i mediatori dell’infiammazione necessari nella fase di guarigione (40).
Si aggiunge, ancora, la sovrinfezione batterica, che a partire dal cavo orale e dalla dentatura residua, raggiunge l’osso necrotico
(38).
Inoltre, la riduzione dell’attività macrofagica
provocata dai bifosfonati rende difficile l’azione del sistema immunitario, per altro già
spesso compromesso, del paziente.
Risulta evidente che i fattori di rischio elencati precedentemente aggravano l’incapacità dell’osso di fronteggiare l’insulto esterno e di guarire (30).
Ci si è a lungo interrogati sul perché la
necrosi associata a bifosfonati colpisca solo
le ossa mascellari, dal momento che l’azione di questi farmaci è sistemica e l’intero
apparato scheletrico capta le molecole con i
medesimi meccanismi. La spiegazione più
plausibile e abbracciata dalla maggior parte
degli autori, è che nessun segmento osseo
dell’organismo è così facilmente comunicante con un ambiente molto settico come
PUNTO CHIAVE
Nella gran parte
dei casi la necrosi
viene scatenata
da un intervento
di chirurgia orale,
come un’estrazione.
Anno II - n°2 - maggio 2009
19
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
il cavo orale(38), inoltre le stimolazioni biomeccaniche continue che i mascellari subiscono rendono il loro turnover molto elevato e di conseguenza maggiore la captazione
dei bifosfonati.
È tuttavia da segnalare che è stato pubblicato un articolo che presenta un unico caso
di osteonecrosi associata a bifosfonati del
condotto uditivo esterno (41).
Fattori di rischio
PUNTO CHIAVE
Esposizione ossea
infiammazione, dolore
e infezione dei
tessuti circostanti
sono tipici della
lesione da bifosfonati.
Sono stati identificati diversi fattori di
rischio per lo sviluppo di BRONJ.
Innanzitutto il rischio è maggiore per i
pazienti in terapia endovenosa rispetto a
quelli in terapia per os in particolare per
quanto riguarda l’acido zolendronico (42),
inoltre maggiore è il tempo di esposizione
al farmaco e maggiore è il rischio di sviluppare BRONJ, tuttavia si possono avere casi
di lesione dopo pochissime somministrazioni (30).
L’età avanzata risulta aumentare il rischio di
sviluppo di BRONJ per il fisiologico decadimento fisico, per la maggior prevalenza di
patologie tumorali e osteoporosi e per la
concomitante presenza di altre malattie.
Importante risulta infatti il quadro sistemico del paziente: il rischio di sviluppo di
BRONJ aumenta in caso di concomitante
chemioterapia (6), terapia con corticosteroidei (6), diabete non compensato (30) e
recentemente si è analizzata la correlazione
con eventuali squilibri elettrolitici e ormo-
Figura 2
20
Anno II - n°2 - maggio 2009
nali, come per esempio l’ipocalcemia e l’elevato dosaggio sierico di PTH (43).
Fattori di rischio molto importanti risultano
essere la cattiva igiene orale, la presenza di
parodontopatia (37) e di protesi incongrue;
è fattore di rischio anche l’eventuale presenza di torus, esostosi o linee milojoidee
molto rappresentate in quanto zone di maggior traumatismo (30).
Il tabagismo e l’abitudine all’abbondante
consumo d’alcol, infine, rappresentano un
altro fattore di rischio.
Aspetti clinici
La tipica lesione da bifosfonati è caratterizzata da esposizione ossea, con infiammazione e infezione dei tessuti circostanti associata a sintomatologia dolorosa importante.
Tuttavia è possibile osservare lesioni prive
di esposizione ossea, in cui i tessuti mucosi
rimangono integri sopra il focolaio osteonecrotico e infettivo (38).
L’insorgenza della malattia è subdola, generalmente passa inosservata o viene scambiata per un problema di tipo odontogeno
fino a quando il quadro clinico o la sintomatologia divengono evidenti.
L’osso esposto si presenta scarsamente
sanguinante, inizialmente di colore bianco
avorio con superficie liscia, mentre con il
progredire della necrosi appare irregolare,
con colorazione dal grigio-giallastro fino al
bruno e di consistenza duro-gessosa
(34).(Fig.2)
L’area di osso esposto è circondata da
mucosa francamente eritematosa reattiva
all’infezione batterica la quale si manifesta
con pus e fistole mucose (36).
La lesione osteonecrotica è accompagnata
da forte dolore, costante o intermittente,
dovuto principalmente al progredire dell’infezione e dell’infiammazione (40).
Si riscontra soventemente alitosi dovuta
alla costante raccolta batterica.
La successiva progressione della malattia
porta all’estensione dell’area di necrosi con
REVIEW
Figura 3
Figura 4
possibili fratture mandibolari, compressione nervosa, parestesia (36) e fistole mucocutanee (44).
È inoltre possibile assistere all’interessamento dei seni mascellari e delle fosse
nasali con possibili sinusiti secondarie,
comunicazioni buccosinusali ed epistassi.
La necrosi insorge, secondo la maggioranza
degli studi pubblicati, con maggior frequenza a livello mandibolare; questo dato è spiegabile considerando la minor vascolarizzazione e cellularità della mandibola che presenta una maggior percentuale di corticale
rispetto alla mascella (39).
Zone di maggior frequenza per l’insorgenza
di BRONJ sono inoltre tori, esostosi, linee
milojoidee, sinfisi mentoniera perchè più
facilmente soggette a trauma e perchè
generalmente ricoperte di mucosa sottile e
delicata.
ziali delle lesioni di maggior estensione.
Al contrario la tomografia computerizzata
(TC) è in grado di identificare anche le lesioni iniziali e di stabilire con precisione i confini della necrosi (45).
Con la TC siamo, infatti, in grado di individuare le alterazioni della trabecolatura
ossea, le reazioni periostali, l’alterazione
della midollare, la formazione di sequestri ed
eventualmente l’interessamento del nervo
mandibolare o dei seni paranasali (46).
È possibile avvalersi della risonanza magnetica nucleare che, in associazione con la TC,
permette di completare il quadro diagnostico definendo meglio le modificazioni a livello della midollare (46), della corticale e dell’area subcorticale nonché l’esatta estensione della lesione e soprattutto dell’infezione.
Alcuni autori hanno presentato la possibilità di utilizzare la medicina nucleare: attraverso la scintigrafia 99Tcm-MDP (47), la
tomografia a emissione di positroni con 2(fluorine-18)-fluoro-2-deoxy-Dglucose (FDG)
che risulta essere un esame non invasivo e
capace di evidenziare le aree osteomielitiche (48); è stato ancora proposto il monitoraggio dei livelli sierici di PTH (49) per valutare lo sviluppo delle lesioni già presenti, e
del “morning fasting” serum C-terminal telopeptide (CTX), un supposto marker del
tunover osseo, per valutare il rischio di sviluppo di osteonecrosi: per valori compresi
tra 150 e 300 pg/ml si ha rischio lieve, tra
Diagnosi e stadiazione
Risulta molto importante confermare il
quadro clinico con l’imaging radiografico
in quanto l’estensione della necrosi
apprezzabile clinicamente generalmente è
minore di quella osservabile radiograficamente.(Fig.3 e 4)
L’esame radiologico più comune e pratico,
quale l’ortopantomografia, non risulta adatto alla diagnosi di BRONJ: non è in grado
infatti di identificare le lesioni in fase iniziale e non descrive correttamente i limiti spa-
PUNTO CHIAVE
Per confermare
il quadro clinico
è fondamentale
eseguire imaging
radiografico.
Anno II - n°2 - maggio 2009
21
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
PUNTO CHIAVE
I primi approcci
terapeutici volti
a risolvere
la problematica
furono fallimentari.
terapeutici iniziali sono drammaticamente
falliti (41).
Attraverso protocolli ben sperimentati,
venne semplice affiancare la BRONJ all’osteoradionecrosi, che era ben conosciuta e
affrontata; si provò quindi a utilizzare l’ozono terapia nella camera iperbarica, trattamento efficace nella necrosi da rx ma non
giovante alla BRONJ (36).
La riduzione della vascolarizzazione causata dai bifosfonati, e dai farmaci frequentemente associati, rende difficile il raggiungimento delle aree necrotiche a opera dei
farmaci (44).
Venne provato l’approccio chirurgico recettivo, il quale portò a totale insuccesso, in
quanto determinava recidive in altissima
percentuale; risultava molto difficile determinare con precisione l’estensione dell’area di necrosi e di infezione, e l’intervento
in sé era fonte di trauma termico e mecca-
100 e 150 pg medio e alto per valori minori
di 100 pg/ml (34). Tali teorie però non sono
supportate da chiara evidenza scientifica.
Solo dopo l’unione della diagnosi clinica e
di quella strumentale è possibile avere un
quadro preciso della situazione, stadiarla e
definire il piano terapeutico.
Tre sono le principali stadiazioni proposte:
Ruggiero (con la modifica di Bagan), Marx e
McMahon, le prime due basate esclusivamente sul quadro clinico sintomatologico,
l’ultima basata sulla clinica unita alla diagnosi strumentale (tabella III, IV e V).
Prevenzione e terapia
Dall’emergere dei primi casi di BRONJ del
2003, la comunità scientifica si è trovata a
dover affrontare un problema nuovo e
assolutamente sconosciuto, e i tentativi
STADIAZIONE DI RUGGIERO E MODIFICA DI SCULLY
Stadio
II
I II
I III
Clinica (Ruggiero)
osso esposto ma asintomatico/no lesioni
cliniche con dolore
Clinica (Bagan)
osso necrotico esposto (o fistola) senza sintomatologia
Osso esposto con dolore, infiammazione
ed infezione
osso necrotico esposto (o fistola) con sintomi controllati
(IIIa) e non (IIIb)
Come stadio II + fratture patologiche
e/o fistole muco-cutanee e/o erosione
corticale inferiore
Fratture patologiche, fistole extraorali o segni
di osteolisi fino alla corticale inf.
Tabella III
STADIAZIONE DI MARX
Stadio
I0
II
I II
I III
Tabella IV
22
Anno II - n°2 - maggio 2009
Clinica
Situazione pre-patologica e sub-clinica, assenza di esposizione ossea e dolore
a Esposizione ossea < 1 cm senza dolore
b Esposizione ossea > 1 cm senza dolore
a Esposizione ossea < 2 cm con dolore e infezione
b Esposizione ossea > 2 cm con dolore e infezione
a Esposizioni ossee multiple con dolore e infezione ma assenza di osteolisi e/o fistole oro-cutanee e/o
fratture patologiche
b Esposizioni ossee multiple con dolore, infezione e osteolisi e/o fistole oro-cutanee e/o fratture patologiche
REVIEW
STADIAZIONE DI MC MAHON
Stadio
II
I II
I III
I IV
IV
I VI
Clinica
Assenza di osso esposto con lieve dolore; assenza
di infiammazione o infezione perilesionale
Esami strumentali
Assenza di alterazioni in OPT, ma visibili alla scansione
al radioisotopo, TC e RMI
Complicanze
Assenti
Assenza di osso esposto con lieve dolore; assenza
di infiammazione o infezione perilesionale
Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo,
TC e RMI
Assenti
Assenza di osso esposto, con dolore intenso,
infiammazione e infezione perilesionale
Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo,
TC e RMI
Assenti
Presenza di esposizione ossea < 2 cm con dolore
intenso, infiammazione e infezione perilesionale;
lieve alitosi
Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo,
TC e RMI
Assenti
Presenza di esposizione ossea > 2 cm con dolore
intenso, infiammazione e infezione perilesionale;
alitosi
Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo,
TC e RMI
Assenti
Presenza di esposizione ossea > 4 cm con dolore
intenso, infiammazione e infezione perilesionale;
forte alitosi
Alterazioni visibili in OPT, alla scansione al radioisotopo,
TC e RMI
Fratture mandibolari e/o fistole
muco-cutanee e/o CBS e/o
lisi della corticale inferiore
Tabella V
nico sull’osso, scatenando nuovamente la
patogenesi della necrosi.
Sebbene a oggi non esista ancora un trattamento definitivo e risolutivo per la cura
delle lesioni osteonecrotiche da bifosfonati, sono stati formulati differenti protocolli
terapeutici, con una maggior percentuale
di successo clinico e una minore percentuale di recidive (35).
A oggi, in letteratura, è considerato come
successo clinico l’ottenimento della chiusura mucosa dell’esposizione ossea, in
assenza di segni o sintomi d’infezione e
infiammazione (50), e che quind,i è verso
questo obiettivo che tendono gli attuali
protocolli terapeutici.
Il piano di trattamento dovrebbe essere
sempre impostato in base alla stadiazione
(tabella VI-VII).
In caso di lesioni di dimensioni ridotte e/o
con segni e sintomi d’infezione e infiammazione assenti o scarsi, secondo le diverse scuole, possono essere usate diverse
terapie spesso combinate tra loro. Fra queste, si possono effettuare dei lavaggi della
lesione con soluzione di metronidazolo al
5% o di clorexidina 0,12% (40) o minocicli-
na cloridrato (36) che, oltre all’azione farmacologia del principio attivo, esercitano
un’azione di lavaggio meccanico e di ossigenazione della lesione e che devono essere eseguiti quotidianamente attraverso l’utilizzo di una ago-canula.
Quasi in tutti i casi viene prescritta una
terapia antibiotica a largo spettro e mirata
su GRAM negativi e anaerobi, che costituiscono la tipica flora della lesione osteonecrotica, (48,51) come per esempio la combinazione di amoxicillina + acido clavulanico associato a metronidazolo, e può
risultare utile far seguire un antibiogramma per focalizzare il target della cura antibiotica (52).
In taluni casi è possibile effettuare un
debridement superficiale della lesione o
strumentarla in superficie con ultrasuoni o
strumenti piezoelettrici (52).
Qualora ci si trovi innanzi a lesioni osteonecrotiche di maggiori dimensioni e/o
associate a sintomatologia dolorosa, infezione e infiammazione importante, in
assenza però di complicazioni quali fistole
orocutanee, CBS o comunicazioni oronasali, coinvolgimento del nervo mandibolare,
PUNTO CHIAVE
Non esistono ancora
trattamenti definitivi
e risolutivi, tuttavia
sono stati formulati
diversi protocolli
terapeutici.
Anno II - n°2 - maggio 2009
23
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
PROTOCOLLI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI IN PAZIENTI IN TERAPIA CON BF
E BRONJ
Tipo di paziente
I Paziente pre-bifosfonato
I Paziente in terapia PO
- OPT
- Piano di cura e bonifica
- DTR e istruzioni igiene
- Esecuzione di cure conservative, endodontiche e protesiche necessarie
- Estrazione elementi persi o dalla prognosi incerta
- Interruzione tabagismo
- Riduzione alcolici
- OPT annuale e controlli semestrali
- DTR e motivazione all’igiene
- Cure conservative, endodontiche e protesiche necessarie
- Estrazione elementi persi con intervento a lembo e copertura antibiotica post
intervento standard
- Interruzione tabagismo
I Paziente in terapia EV
- Riduzione alcolici
- OPT annuale e controlli semestrali
- DTR e motivazione all’igiene ogni 4-6 mesi
- Cure conservative, endodontiche e protesiche necessarie
- Estrazione elementi persi con intervento a lembo e copertura antibiotica
(da 1 g prima a 10 gg dopo) in centro di riferimento ospedaliero
- Interruzione tabagismo
- Riduzione alcolici
Tabella VI
PUNTO CHIAVE
Prima dell’intervento
chirurgico occorre
sempre valutare
il rapporto
rischio-beneficio.
24
Anno II - n°2 - maggio 2009
della corticale inferiore della mandibola o
di fratture patologiche, oltre a rimanere
valide le scelte terapeutiche della terapia
antibiotica sistemica e locale, è indicato
affiancare una terapia analgesica e ricorrere alla terapia chirurgica conservativa.
Quest’ultima consiste nella rimozione di
eventuali sequestri ossei e delle zone di
osso francamente necrotico (51).
Per le lesioni osteonecrotiche che, in
aggiunta al quadro in precedenza descritto,
presentano le complicanze sopra elencate,
risulta necessario ricorrere alla terapia chirurgica resettiva con ampie resezioni di
osso necrotico. Tuttavia, sia per la chirurgia
conservativa che per quella resettiva, è
importante valutare il quadro sistemico del
paziente: spesso, infatti, non vi sono le
condizioni adatte ad affrontare un intervento chirurgico dato il quadro medico
generale fortemente compromesso che
questi pazienti presentano e diviene quindi
obbligatorio ripiegare sulle opzioni terapeutiche non chirurgiche.
È importante inoltre valutare il rapporto
rischio-beneficio la terapia chirurgica,
infatti, pur determinando un effetto antalgico sicuramente più a lungo termine e pur
avendo migliorato nettamente le percentuali di successo, non assicura la guarigione e l’eventualità di malattia recidivante è
ancora una realtà; questo è valido in particolare nel caso della terapia chirurgica
resettiva che comporta interventi molto
invasivi, invalidanti e che determinano una
qualità di vita scarsa con difficoltà di alimentazione, di relazione con gli altri e
l’uso di otturatori (51). Valutando inoltre
che l’attesa di vita di questi pazienti spesso è scarsa, in definitiva non sempre si
REVIEW
ricorre a terapia chirurgica anche in presenza di lesioni avanzate.
È comunque opinione comune della letteratura internazionale che, dati tutti questi
aspetti, sia sempre meglio mantenere un
approccio il più conservativo possibile
(35).
È sul filo di questo ragionamento che è
stato recentemente proposto l’utilizzo di
un laser terapeutico sulle lesioni osteonecrotiche. È noto, infatti, in letteratura, che
l’utilizzo di un fascio laser a bassa lunghezza d’onda (low level laser teraphy LLLT)
abbia effetti positivi sui tessuti biologici: si
ottiene stimolazione della differenziazione,
della proliferazione e dell’attività di osteoblasti, fibroblasti, cellule endoteliali e
immunitarie, nonché un effetto antibatterico e antifungino. L’utilizzo della LLLT non
ha controindicazioni, è ripetibile ed è totalmente indolore per il paziente. È indicato
in lesioni di piccola dimensione o in tutti
quei casi in cui, per ragioni di compromissione sistemica, non si può intervenire a
livello chirurgico. Risultati preliminari del
nostro gruppo hanno dimostrato un effetto
antalgico, antiedemigeno, antibatterico
statisticamente significativi, nonché l’ottenimento di una totale o parziale riepitelizzazione e chiusura mucosa (53).
Dalla letteratura emerge il ruolo di primaria importanza che esercita la prevenzione:
se inizialmente infatti non erano noti i
meccanismi eziopatogenetici della BRONJ
e i suoi fattori di rischio e quindi non era
possibile adottare misure preventive, a
oggi la prevenzione risulta il primo passo
nell’ottenimento di una soluzione a questo
problema (36).
È stato dimostrato che aumentando le
misure preventive nei pazienti in terapia
con bifosfonati è possibile ottenere una
drastica riduzione dell’incidenza di BRONJ
(54, 55).
Intercettando i pazienti prima dell’inizio
della terapia con bifosfonati, grazie alla
collaborazione tra oncologi, ematologi e
odontoiatri e alla maggior informazione sia
PUNTO CHIAVE
In letteratura
è opinione diffusa
il fatto di seguire
un approccio
il più conservativo
possibile.
PROTOCOLLI TERAPEUTICI IN PZ IN TERAPIA CON BF E BRONJ+*
Tipo di lesione
I Lesione iniziale
I Lesione avanzata
Aspetti clinici
Terapia
- Dimensioni <2cm
- Lavaggi topici con metronidazolo/clorexidina/
- Assenza o scarsa presenza di pus, minociclina cloridrato
dolore ed infiammazione
- Terapia antibiotico sistemica
- Strumentazione con US o piezon della superficie esposta
- LLLT
- Dimensioni >2 cm
- Presenza di pus, dolore ed
infiammazione
I Lesione complicata Dimensioni >2 cm
Presenza di pus, dolore ed
infiammazione
Presenza di CBS e/o comunicazioni
oronasali e/o parestesia e/o fistole
mucocutanee e/o interessamento
della corticale inferiore e/o frattura
mandibolare
- Lavaggi topici con metronidazolo/clorexidina/minociclina
cloridrato
- Terapia antibiotico sistemica
- LLLT
- Terapia antalgica
- Chirurgia conservativa
- Lavaggi topici con metronidazolo/clorexidina/minociclina
- Terapia antibiotico sistemica
- LLLT
- Terapia antalgica
- Chirurgia conservativa
- Chirurgia resettiva
*Tali pazienti sono sempre da riferire presso un centro ospedaliero
Tabella VII
Anno II - n°2 - maggio 2009
25
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
PUNTO CHIAVE
Obbiettivo
terapeutico primario
è la riduzione
della sintomatologia
e dell’infezione.
26
Anno II - n°2 - maggio 2009
dei pazienti che degli operatori, è possibile
eseguire una visita odontostomatologica
per individuare eventuali foci di infezione
attivi o elementi che verosimilmente
potrebbero dare problemi in futuro e di formulare un programma di cura e bonifica
(55).
Così facendo vengono drasticamente ridotte
le possibili cause scatenanti della necrosi.
Una volta iniziata la terapia con bifosfonati,
risulta necessario mantenere sotto controllo i pazienti, monitorarne e seguirne le condizioni di salute generale e del cavo orale,
all’interno di programmi di screening per
intercettare precocemente eventuali lesioni
osteonecrotiche incipienti (55).
Durante le terapie odontoiatriche effettuate
prima dell’inizio della somministrazione di
bifosfonati non sono necessarie particolari
misure preventive né è necessario effettuare
copertura antibiotica (36).
Una volta iniziata la terapia con bifosfonati,
nel management della salute orale risulta
fondamentale il mantenimento di un’igiene
gengivale ottimale (30,55) e di assenza di
parodontopatia attiva (37), che, come detto,
rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di BRONJ; allo stesso modo risulta
necessario l’interruzione di eventuale abitudine al fumo e la riduzione del consumo di
alcool (55).
Dalla più recente letteratura, emerge la
necessità di distinguere la popolazione in
cura con bifosfonati per motivi oncologici e
quella affetta da osteoporosi (55). In
entrambi i casi è possibile eseguire tutte le
terapie conservative e endodontiche ed è
imperativo il mantenimento degli elementi
residui per evitare la necessità di estrazione
(36).
Necessario risulta inoltre assicurarsi che i
pazienti possiedano protesi congrue e non
traumatizzanti la mucosa (36).
Per le restanti cure però è importante sapere che i pazienti in terapia con bifosfonati
per la malattia osteoporotica presentano un
rischio di sviluppo di BRONJ molto più
ridotto (34) e di conseguenza anche il loro
management deve esser differente (56): in
assenza di altri fattori di rischio quali diabete o terapia con corticosteroidi, è possibile
gestire in ambito ambulatoriale qualsiasi
tipo di cura odontoiatrica necessaria, in letteratura infatti non emergono controindicazioni assolute nel trattamento chirurgico dei
pazienti in terapia con bifosfonati orali
(56,51). Le procedure chirurgiche andranno
comunque eseguite con procedura a lembo
e chiusura per prima intenzione e sotto
copertura antibiotica.
Al contrario, nei pazienti in terapia con bifosfonati per via endovenosa, e nei pazienti in
terapia orale, ma presentanti ulteriori fattori
di rischio (e.g. terapia cortisoniche protratte), l’odontoiatra dovrebbe assolutamente
cercare di evitare qualsiasi tipo di intervento chirurgico, preferendo le cure conservative, endodontiche e proteiche non invasive
che possono invece essere eseguite in tranquillità.
Qualora però il mantenimento di un elemento compromesso e infetto comporti un
rischio troppo elevato di sviluppare BRONJ
e si debba quindi ricorrere all’estrazione,
risulta consigliabile inviare il paziente a
centri di riferimento ospedalieri.
Le procedure chirurgiche devono esser eseguite in campo asettico,con intervento a
lembo, con sutura per ottenere chiusura
mucosa, con tecniche minimamente invasive e sotto copertura antibiotica da iniziarsi
prima dell’intervento e da proseguirsi per 10
giorni dopo di questo (36).
Conclusioni
Key points:
I
I bifosfonati sono farmaci utilizzati con
elevato successo terapeutico in patologie
caratterizzate da aumentata osteolisi ossea
quali metastasi ossee da tumori solidi, mie-
REVIEW
loma multiplo, osteoporosi, morbo di Paget
osseo, ipercalcemia maligna.
I La loro azione determina una diminuzione
della vascolarizzazione e del potenziale rigenerativo delle ossa mascellari che se esposte a trauma possono sviluppare BRONJ.
I La BRONJ si manifesta con osso necrotico
esposto, infezione, dolore e infiammazione
dei tessuti perilesionali e può complicarsi
con CBS, comunicazioni oronasali, fistole
orocutanee, interessamento del nervo mandibolare e parestesia, frattura mandibolare.
I La diagnosi è prettamente clinica, poi
associata a quella strumentale (principalmente TC), attraverso cui si esegue anche la
stadiazione delle lesioni.
I In base allo stadio, si utilizzano terapie
topico-conservative, chirurgia conservativa,
chirurgia recettiva.
I Di fondamentale importanza risulta la prevenzione attraverso cui è possibile ridurre
l’incidenza di BRONJ
Di fronte a un problema nuovo, grave e di
dimensioni crescenti la comunità scientifica
internazionale si è mobilitata per comprenderne i meccanismi eziopatogenetici, i fattori di rischio, e per trovare protocolli terapeutici efficaci.
Sebbene non esista a oggi una terapia univoca e risolutiva per la BRONJ, è ora possibile affrontare questo problema con maggior competenza avendo a disposizione protocolli terapeutici maggiormente efficaci e
dai risultati più prevedibili.
L’attenta valutazione del quadro complessivo del paziente risulta fondamentale per
una corretta impostazione terapeutica.
Deve esser obiettivo terapeutico primario la
riduzione della sintomatologia e dell’infezione per assicurare a pazienti già fortemente defedati un miglioramento della qualità
di vita.
In attesa di ulteriori progressi terapeutici,
deve essere primo investimento quello di
risorse per l’attuazione di ottimi programmi
di prevenzione e di screening.
Bibliografia
1 Pavlakis N, Schmidt R. Bisphosphonates for
breast cancer. Cochrane Database Syst Rev .
2005 Jul 20;(3):CD003474
2 Berenson JR, Lichtenstein A, Porter L et al.
Efficacy of pamidronate in reducing skeletal
events in patients with advanced multiple
myeloma. Myeloma Aredia Study Group. N Engl J
Med. 1996; 334: 488-93.
3 Wellington K, Goa KL. Zoledronic acid: a review
of its use in the management of bone
metastases and hypercalcaemia of malignancy.
Drugs 2003; 63: 417-37.
4 Reid IR, Brown JP, Burckhardt P, et al.
Intravenous zoledronic acid in postmenopausal
women with low bone mineral density. N Engl J
Med 2002; 346: 653-61.
5 Aapro M, Abrahamsson PA, Body JJ, et al.
Guidance on the use of bisphosphonates in solid
tumours: recommendations of an international
expert panel. Ann Oncol 2008; 19: 420-32.
6 Hirbe A, Morgan EA et al. Skeletal complications
of breast cancer therapies.Clin Cancer Res
2006; 12: 6309-314.
7 Sahni M, Guenther HL, Fleisch H, Collin P, Martin
TJ. Bisphosphonates act on rat bone resorption
through the mediation of osteoblasts. J Clin
Invest 1993; 91: 2004-11.
8 Guise TA, Mundy GR. Cancer and bone. Endocr
Rev 1997; 19: 18-54.
9 Rodan GA, Fleisch HA. Bisphosphonates:
mechanisms of action. J Clin Invest 1996; 97:
2692-6.
10 Brown JE, Neville-Webbw H et al. The role of
bisphosphonate in brest and prostate cancer.
Endocrine-related Cancer 2004; 11: 207-24.
11 Marx RE. Pamidronate (Aredia) and Zoledronate
(Zometa) induced avascular necrosis of the jaws:
a growing epidemic. J Oral Maxillofac Surg 2003;
61: 1115-7.
12 Yeh HS, Berenson JR. Treatment for myeloma
bone disease. Clin Cancer Res 2006; 12: 627984.
13 Lipton A, Theriault RL, Hortobagyi GN et al.
Pamidronate prevents skeletal complications and
is effective palliative treatment in women with
brest carcinoma and osteolytic bone metastases:
long term followup of two randomized, placebocontrolled trials. Cancer 2000; 88: 1082-90.
14 Botteman M, Barghout T, Stephens J, et al. Cost
effectiveness of bisphosphonates in the
Anno II - n°2 - maggio 2009
27
DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
Anno II - n°2 - maggio 2009
management of breast cancer patients with bone
metastases. Ann Oncol 2007; 18: 393.
Body JJ. Breast cancer: bisphosphonate therapy
for metastatic bone disease. Clin Cancer Res
2006; 12: 6258-63.
Coleman RE. Bisphosphonates in breast cancer.
Annali of Oncology 2005; 16: 687-95.
Body JJ, Coleman R, Clezardin P, et al.
International Society of Geriatric Oncology
(SIOG) clinical practice recommendations for the
use of bisphosphonates in elderly patients. Eur J
Cancer 2007; 43: 852-58.
Ali SM, Esteva FJ, Hortobagyi G et al. Safety and
efficacy of bisphosphonates beyond 24 months
in cancer patients. J Clin Oncol 2001; 19: 343437.
Durie BG, Katz M, Crowley J. Osteonecrosis of
the jaw and bisphosphonates. N Engl J Med
2005; 353: 99-102.
Pazianas M, Miller P, Blumentals WA, Bernal M,
Kothawala P. A review of the literature on
osteonecrosis of the jaw in patients with
osteoporosis treated with oral bisphosphonates:
prevalence, risk factors, and clinical
characteristics. Clin Ther 2007; 29: 1548-58.
Leibson CL,Tosteson AN, Gabriel SE et al. Mortality disability and nursing home use for person
with and without hip fracture:a population-based
study. J Am Geriatr Soc 2002; 50: 1644-50.
Chaiamnuay S, Saag KG. Postmenopausal
osteoporosis.What have we learned since the
introduction of bisphosphonates? Rev Endocr
Metab Disord 2006; 7:101-12.
Marx RE, Cillo JE Jr, Ulloa JJ. Oral
bisphosphonate-induced
osteonecrosis:risk
factors, prediction of risk using serum CTX
testing, prevention and treantment.J oral
Maxillofac Surg 2007; 65: 2397-410.
Reid IR, Brown JP, Burckhardt P, et al.
Intravenous zoledronic acid in postmenopausal
women with low bone mineral density. N Engl J
Med 2002; 346: 653-61.
Barni S, Mandalà M, Cazzaniga M, Cabiddu M,
Cremonesi M. Bisphosphonates and metastatic
bone disease. Ann Oncol 2006; 17 Suppl 2:ii9195.
Black DM, Delmas PD, Eastell R, Reid IR,
Boonen S, Cauley JA. HORIZON Pivotal
Fracture Trial. Once-yearly zoledronic acid for
treatment of postmenopausal osteoporosis.
New England Journal of Medicine 2007; 356:
1809-22.
Reker RR, Del mas PD. Effects of intravenous
zoledronic acid once yearly on bone remodeling
and bone structure. J Bone Mineral Res 2008;
23: 6-16.
28 Migliorati CA. Bisphosphonates and oral cavity
avascular bone necrosis. J Clin Oncol 2003; 21:
4253-4.
29 Greenberg MS. Intravenous bisphosphonates
and osteonecrosis. Oral Surg Oral Med Oral
Pathol Oral Radiol Endod 2004; 98: 259-60.
30 AAOMS. Position paper on bisphosphonaterelated osteonecrosis of the jaw. Sept, 25 2006.
31 Lipton A, Theriault RL, Hortobagyi GN et al.
Pamidronate prevents skeletal complications
and is effective palliative treatment in women
with brest carcinoma and osteolytic bone
metastases: long term follow-up of two
randomized, placebo-controlled trials. Cancer
2000; 88: 1082-90.
32 Olson KB, Hellie CM, Pienta KJ. Osteonecrosis of
jaw in patient with hormone-refractory prostate
cancer treated with zoledronic acid. Urology
2005; 66: 658.
33 Brown JJ. Bisphosphonate -associated osteonecrosis of the jaw- does it occur in children?Clin
Endocrin 2008; 68: 863-7.
34 Marx Re. Bisphosphonate-induced osteonecrosis
of the jaws: a challenge, a responsibility, and an
opportunity. Int J Periodontics Restorative Dent
2008; 28: 5-6.
35 Migliorati CA, Casiglia J, Epstein J, Jacobsen PL,
Siegel MA, Woo SB. Managing and care of
patients with bisphosphonated-associated
osteonecrosis. JADA 2005; 136: 1658-68.
36 Ruggiero SL, Gralow J, Marx RE et al. Pratical
guidelines for the prevention, diagnosis and
treatment of osteonecrosis of the jaw in patient
with cancer. J Oncol Pract 2006; 2: 7-14.
37 Ficarra G, Beninati F, Rubino I et al. osteonecrosis
of the jaws in periodontal patients with a history
of Bisphosphonates treatment. J Clin Period
2005 32: 1123-8.
38 Migliorati CA, Schubert MM, Peterson DE,
Seneda LM. Bisphosphonate-associated oral
osteonecrosis. Oral Surg Oral Med Oral Pathol
Oral Radiol Endo 2005; 99: 135.
39 Hewitt C, Farah Cs. Bisphoshonate-related
osteonecrosis of the jaws:a comprensive review.
J Oral Path Med 2007; 36: 319-28.
40 Marx RE, Sawatari Y, Fortin M et al.
Bisphosphonates-induced exposed bone
(osteonecrosis/osteopetrosis) of the jaws: Risk
factors, recognition, prevention, and treatment. J
Oral Maxillofac Surg 2005; 63: 1567-75.
41 Marx RE. Pamidronate (Aredia) and Zoledronate
(Zometa) induced avascular necrosis of the jaws:
a growing epidemic. J Oral Maxillofac Surg 2003;
61: 1115-7.
42 Bamias A., Kastritis E., Bamia C, et al. Osteonecrosis of the jaw in Cancer After Treatment
REVIEW
43
44
45
46
47
48
49
With Bsiphosphonates: incidence adn Risk
factors. J Clin Onc 2005; 23: 8580-7.
Ardine M, Generali D, Donadio M et al. Could the
long term persistence of low serum calcium
levels and high serum parathyroid formane levels
durino bisphosphonate metastatic brest cancer
patients to undergo osteonecrosisi of the jaw?
Ann Oncol 2006; 17: 1336-7.
Mignogna MD, Fedele S, Lo Russo L, Ciccarelli R,
Lo Muzio L. Case 2. Osteonecrosis of the jaws
associated with bisphosphonate therapy. J Clin
Oncol 2006; 24: 1475-77.
Bianchi SD, Scoletta M, Cassione F et al.
Computerized
tomography
findings
in
bisphosphonate-associated osteonecrosis of the
jaw in patients with cancer. Oral Surg Oral Med
Oral Patho Oral Radol Endod 2007; 104: 24958.
Bedogni A, Blandamura S, Lokmic Z, et al.
Bisphosphonate-associated
jawbone
osteonecrosis:a correlation bettween imaging
techniques and histopatology. Oral Surg Oral Med
Oral Path Oral Radiol Endod 2008; 105: 358-64.
Chiandussi S, Biasotto M, Dore F et al. Clinical
and diagnostic imaging of bisphosphonateassociated osteonecrosis of the jaws.
Dentomaxillofac Radiol 2006; 35: 236-43.
Biasotto M, Chiandussi S, Dore F, et al. Clinical
aspects and management of bisphonsteassociated osteonecrosis of the jaws. Acta
Oncologica Scandinavica 2006; 64: 348-54.
Berruti A, Dogliotti L, Tampellini M, et al. Effect of
zoledronic acid treatment based on serum
parathyroid hormone levels in patients with
50
51
52
53
54
55
56
malignant bone disease. Proc Am Soc Clin Oncol
2006; 495S: Abs 8610.
Boonyapakorn T, Schirmer I, Reichart PA, Sturm I,
Massenkeil G. Bisphosphonate-induced osteonecrosis of the jaws:prospective study of 80
patients with multiple myeloma and other malignancies. Oral Oncol 2008; 44: 857-69.
Ruggiero SL, Mehrotra B, Rosemberg TJ et al.
Osteonecrosis of the jaws associated with the
use of bisphosphonates: a review o 63 cases. J
Oral Maxillofac Surg 2004; 62: 527-34.
Migliorati CA, Siegel MA, Elting LS.
Bisphosphonates-associated osteonecrosis:a
long term complication of bisphosphonates
treatment. Lancet Oncol 2006; 7: 508-14.
Scoletta M, Reggio L, Arduino PG, Dalmasso P,
Mozzati M. Effect of Low-level Laser Irradiation
on Bisphosphonate-Induced Osteonecrosis of
the Jaws: Preliminary Results of a Prospective
Study. Articolo in attesa di pubblicazione.
Dimopoulos MA, Kastritis E, Anagnostopoulos A,
et al. Osteonecrosis of the jaw in patients with
multiple myeloma treated with bisphosphonates:
evidence ofincreased risk after treatment with
zoledronic acid. Haematologica 2006; 91: 96871.
Khan AA, Sàndor GK, Dore E, et al. Canadian
consensus
practice
guidelines
for
bisphosphonate associated osteonecrosis of the
jaw. J Rheumatol 2008; 35: 1391-7.
Grant BT, Amenedo C, Freeman K, Kraut RA.
Outcomes of placing dental implants in patients
taking oral bisphosphonates: a review of 115
cases. J Oral Maxillofac Surg 2008; 66: 223-30.
Sede:
XXII GIORNATE MILANESI DI IMPLANTOLOGIA
E IMPLANTOTECNICA
Grand Hotel Brun Via Caldera 21, Milano
I° CONGRESSO DI VIDEOCHIRURGIA
Evento rivolto a
Odontoiatri – Igienisti – Assistenti
in fase di accreditamento ECM
Segreteria organizzativa:
Segreteria Nazionale COI-AIOG –
Tel. 02/201488
Per consultare il programma visita
il sito www.cenacolo.org
13-14 novembre 2009
Sezione Milanese
Antonio Achilli – Luciano Artese – Antonio Carrassi – Aurelio Cazzaniga
Lorella Chiavistelli – Maria D’Andrea – Federica Demarosi
Lucia Di Giovanni – Danilo Di Stefano – Roberto Farina – Annarita Ferreri
Anna Rosa Ganda – Enrico Gherlone – Giulio C. Leghissa – Carlo Maiorana
Andrea Melle – Marco Miceli – Vittoria Perrotti – Adriano Piattelli
Elisabetta Maria Polizzi – Antonio Scala – Annalisa Sibille – Sandro Siervo
Massimo Simion – Sergio Spinato – Giacomo Urbani – Simone Villa
Raffaele Vinci – Amedeo Zirilli
COI-AIOG aderente