STRATEGIE BANCARIE E TECNOLOGIA ADALBERTO ALBERICI

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STRATEGIE BANCARIE E TECNOLOGIA ADALBERTO ALBERICI
STRATEGIE BANCARIE E TECNOLOGIA
LE RICADUTE ORGANIZZATIVE PER AREE DI BUSINESS
ADALBERTO ALBERICI
Working Paper n.05.2003 – marzo
Dipartimento di Economia Politica e Aziendale
Università degli Studi di Milano
via Conservatorio, 7
20122 Milano
tel. ++39/02/50321501
fax ++39/02/50321450
E Mail: [email protected]
Documento pubblicato come Quaderno di Ricerca dal Centro Studi Bancari dell’Associazione Bancaria
Ticinese
A.ALBERICI, Strategie bancarie e tecnologie: le ricadute organizzative per aree di business (versione finale)
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ADALBERTO ALBERICI
ordinario di Economia degli intermediari finanziari
Dipartimento di Economia politica e aziendale
Facoltà di Scienze politiche - Università degli studi di Milano
STRATEGIE BANCARIE E TECNOLOGIA (*)
le ricadute organizzative per aree di business
1.
Premessa
2.
La tecnologia come fattore di “inevitabile sviluppo”
3.
Le sfide competitive per tipologie di stakeholders
4.
I vincoli al cambiamento nell’industria bancaria
5.
Lo sviluppo di un approccio organico alle aree di business
6.
L’impiego della tecnologia per aree di business: ipotesi normative
7.
Sintesi normativa e Conclusioni
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(*) Documento pubblicato come Quaderno di ricerca n, 24 del dicembre 2002 dal Centro studi
bancari dell’Associazione bancaria ticinese, Villa Negroni, 6943 Vezia- Lugano (Svizzera)
www.csbancari.ch
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1.
Premessa
La tecnologia, in quanto fattore d’impatto sull’organizzazione e leva strategica a
disposizione del management, si caratterizza oggi: a) quale elemento di distruzione di assetti
consolidati nell’industria bancaria e b) quale elemento di costruzione di nuove strategie
competitive, di nuovi processi produttivi e di nuove aree strategiche di affari. La comprensione del
fenomeno deve fare riferimento a entrambe le visuali, pena la sopravvalutazione delle possibilità di
sviluppo della tecnologia medesima piuttosto che delle minacce che questa produce nei confronti
dei competitors del sistema bancario.
Per affrontare questo tema, secondo l’approccio proposto, è necessario mettere in luce
quattro aspetti sostanziali del rapporto fra tecnologia e industria finanziaria che costituiscono l’asse
portante del presente lavoro.
Il primo aspetto è legato al chiarimento di quali siano i fattori ineludibili dello sviluppo
della tecnologia ossia di quali siano i punti di non ritorno, verso i quali le banche stesse stanno
procedendo con velocità diversa e con gradi di consapevolezza differenti.
Il secondo aspetto è riferito alla messa a fuoco delle sfide e dei vincoli per le banche , nella
misura in cui questi rappresentano le opportunità di business che il mercato presenta e i punti di
debolezza interni alle organizzazioni. Su questi l’intervento del management deve svilupparsi nella
direzione di un assetto adeguato alla dinamica competitiva e proattivo sotto il profilo delle proposte
alla clientela.
Il terzo aspetto concerne la definizione degli spazi di applicazione della tecnologia. Sotto
questo profilo, occorre evidenziare che la tecnologia non è un fattore produttivo “unico” e
replicabile nelle diverse aree strategiche di affari ma presenta gradazioni e logiche applicative
differenti in rapporto alle specifiche produttive del presidio di mercato. Oggi i business della banca
sono infatti fortemente differenziati: la banca non è più un'entità unica ma un’impresa che compete
in combinazioni prodotto – mercato che tendono a non avere più nulla in comune fra loro. Ne segue
che esistono problemi e applicazioni tecnologiche, che devono essere coniugati nelle diverse aree di
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business, non con una logica di omologazione e di livellamento, ma di rispondenza sostanziale alle
specifiche di gestione. In questo contesto è importante individuare le componenti elementari e le
differenti valenze del vantaggio competitivo che la tecnologia può generare nelle diverse aree di
business della banca.
2.
La tecnologia come fattore di “inevitabile sviluppo”
Con riferimento alla prima visuale definita in premessa , vale a dire ai fattori ineludibili
dello sviluppo della tecnologia, essa pone alla banca specifiche sfide di mercato e definisce
progressivamente dei punti di non ritorno nello sviluppo del percorso di applicazione e di
implementazione delle soluzioni. In questo senso, appare necessario confrontarci su alcune
suggestioni che possono essere ricondotte: 1) alla mobilità della domanda e dell’offerta; 2) alla
contendibilità dei mercati finanziari; 3) all’integrazione dei mercati; 4) alla moltiplicazione delle
transazioni potenziali finali; 5) alla riduzione delle transazioni potenziali intermedie; 6) alla
modificazione del costo delle risorse umane.
Con riferimento al primo fattore, la tecnologia imprime una spinta consistente alla mobilità
della domanda e dell’offerta di servizi finanziari (1). Ciò significa che, nel medio periodo, i
contenuti country specific, con riferimento tanto alle regole del mercato quanto alle politiche di
vigilanza, saranno progressivamente messi in discussione e privati di autonomia. Ne segue che la
tecnologia genera una maggiore contendibilità dei mercati finanziari (2), perché permette a un
numero crescente di operatori di entrare nel business dell’industria finanziaria.
La tecnologia imprime anche una spinta irreversibile all’integrazione dei mercati (3), sia a
livello spaziale che temporale: spaziale, perché essa facilita, in linea di principio, le aggregazioni
dei mercati; temporale, perché la tecnologia consente di sviluppare un continuum di contrattazioni
nel corso del tempo. Peraltro, le diversità dei paesi sotto il profilo fiscale, produttivo e finanziario
può condizionare la velocità del processo di aggregazione e di integrazione dei mercati stessi.
La tecnologia moltiplica poi le transazioni potenziali finali (4) che si possono sviluppare nel
sistema finanziario, in quanto un maggior numero di soggetti può sviluppare potenzialmente un
maggior numero di transazioni. Sotto il profilo competitivo, ciò genera per gli intermediari
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finanziari l’esigenza di presidiare il fattore “connessione” ossia la relazione di clientela, non solo
nella logica della segmentazione comportamentale ma, ormai in quella ineludibile in certe
combinazione di prodotto - canale, secondo l’approccio one to one accompagnato dal crescente
sviluppo dell’autosegmentazione della clientela anche tramite lo sviluppo di esperienze di banca
virtuale di terza generazione. A ciò è collegata la riduzione del peso delle transazioni potenziali
intermedie (5) per effetto della tecnologia concorre, nello stesso tempo, a ridurle. Il ruolo di
brokerage, inteso nel senso più antico del termine ossia di controparte che facilita la transazione fra
due soggetti supportandone lo scambio dei flussi finanziari, potrebbe essere messo radicalmente in
discussione.
La tecnologia, da ultimo, modifica il costo relativo delle risorse umane (6). Ciò significa che
la direzione della modificazione non è a priori né al rialzo né al ribasso. La tecnologia obbligherà
infatti le banche a prendere atto che esistono risorse umane high value e high pricing, che devono
essere remunerate in modo adeguato e tramite strumenti opportuni (stock option ad esempio) per
gestire fasi critiche della loro attività a fronte di risorse umane la cui capacità di partecipazione al
processo produttivo risulta progressivamente decrescente. Ne consegue che la banca è
tendenzialmente schiacciata fra due categorie contrapposte di capitale umano: la prima non risente
dell’effetto labour saving della tecnologia stessa e moltiplica i propri spazi di inserimento in
relazione allo sviluppo stesso della tecnologia; la seconda subisce l’effetto labour saving della
tecnologia ed esercita tensione, non solo sulla capacità della banca di creare vantaggio competitivo,
ma soprattutto sul conto economico. A ciò si aggiunge il fatto che la prima componente tende ad
essere scarsa, anche se riferita ad una dimensione del mercato del lavoro internazionale; la seconda
tende ad essere abbondante e riferita esclusivamente ai mercati domestici.
3.
LE SFIDE COMPETITIVE PER TIPOLOGIE DI STAKEHOLDERS
A fronte dei fattori esaminati, in termini di punti di non ritorno che il mercato impone alle
banche, è necessario riflettere sia sulle sfide competitive che le stesse devono lanciare che sui
vincoli che le condizionano. Le sfide competitive possono essere riferite alla corretta e proficua
definizione dei rapporti con la domand a, con i processi di globalizzazione, con la vigilanza, con gli
altri competitors, con la maturità del settore bancario.
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La prima sfida su cui le banche devono confrontarsi è quindi il rapporto con la domanda. La
tecnologia spinge infatti al confronto con funzioni di domande “allargate”. Ciò significa che vi sono
più utenti ed un maggior numero di contatti. Nello stesso tempo le funzioni di domanda sono anche
“approfondite”, nella misura in cui la connessione difficilmente appare autosufficiente. Il cliente
nella connessione ricerca infatti la soddisfazione che deriva dalla realizzazione di uno scambio
complesso, in cui la transazione è contaminata dal servizio e dal valore aggiunto dello stesso. Se ciò
è vero in linea di principio, la banca risulta schiacciata fra l'esigenza di una massificazione spinta
dei processi produttivi per il conseguimento di significative economie di scala e l'esigenza di
personalizzazione altrettanto consistente dei servizi finanziari secondo una logica tailor made. Ciò
spinge nella direzione di un’efficace e radicale segmentazione del mercato finale in funzione non
solo di un potente screening dei bisogni presenti sul mercato ma di un’aggregazione dei clienti in
categorie omogenee di riferimento sempre più strette, in rapporto alle quali sia possibile
differenziare il processo produttivo. Se tale assunto è vero dal punto di vista logico, l’osservazione
delle dinamiche in atto, quantomeno nel sistema bancario italiano, segnala la grande difficoltà
mostrata dalle banche anche solo ne lla separazione della clientela di massa o retail da quella a
valore aggiunto, sia private che corporate.
La seconda sfida che coinvolge le banche è quella del rapporto con i processi di
globalizzazione. La tecnologia produce infatti una destabilizzazione sostanziale dei concetti
“globale” e “locale”, in quanto la valenza economica e competitiva della “connessione tecnologica”
permette alla domanda locale di accedere al mercato globale e viceversa all’offerta globale di
accedere a mercati locali, anche remoti.
Ne segue che gli ambiti di scelta per gli intermediari finanziari possono essere collegati a tre
direzioni differenti: a) competere con strategie internazionali sui mercati internazionali; b)
competere con strategie domestiche sui mercati domestic i; c) competere sui mercati internazionali e
su quelli domestici offrendone l’accesso alla domanda locale.
In termini analitici, le prime due direzioni rappresentano una presa d’atto e un conseguente
orientamento della linea di azione rispetto alla natura globale e locale della domanda e dell’offerta
nei differenti comparti del sistema finanziario. La terza direzione rappresenta invece una forma di
strategia proattiva che proprio tenuto conto delle prime due direzioni interviene all’interno degli
spazi di potenziale esclusione e di inefficienza. Nel primo caso, la logica di approccio è quella
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dell’hub finanziario ossia della creazione di macrostrutture visibili a livello internazionale,
riconosciute come punto di incontro e di scambio fra domanda e offerta, capaci di intermediare
grandi e qualificate quantità di flussi finanziari. Nel secondo caso, la logica di approccio è quella
del network finanziario locale, ossia della creazione di un sistema complesso di attori e di
competenze, capace di individuare e di proporre soluzioni alla comunità economica di riferimento.
Ciò che appare ineludibile è il concetto di scelta: qualora una banca non prendesse posizione a
fronte delle tre direzioni citate, il risultato finale non potrebbe essere altro che quello di una
progressiva riduzione del numero e del valore aggiunto delle transazioni.
La terza sfida è legata al rapporto con la vigilanza. Questa appare critica non solo per la
fisiologica asimmetria di ruolo che coinvolge controllati e controllori, ma soprattutto perché la
vigilanza tende ormai a rompere sia pure con fatica, almeno nel caso italiano, il trade off tra stabilità
ed efficienza, convergendo verso obiettivi di efficienza e di crescita della qualità dei comportamenti
e delle performance. Se tale dinamica si presenta come proattiva nei confronti del sistema, nello
stesso tempo l’allargamento del mercato finanziario pone seri problemi di definizione dell’oggetto
di vigilanza, facendo perdere quell’identità fra controllori e controllati data dal sistema paese. Si
pensi in questo senso alle transazioni realizzate on line nel mercato domestico su prodotti di altri
sistemi finanziari piuttosto che alla presenza di conglomerati finanziari cross countries. Nel medio
periodo si svilupperà di conseguenza un equilibrio dinamico che vedrà, da un lato, gli intermediari
finanziari cercare l’assetto più favorevole di costi da vigilanza – assetto regolamentare –
performance di mercato e, dall’altro lato, le Autorità di vigilanza allargare le strategie di intervento
verso modalità ad hoc. Quest’ultimo aspetto appare del tutto in linea con le raccomandazioni del
Comitato di Basilea nell’ambito della definizione dei “tre pilastri” della vigilanza, con riferimento
al controllo dei rischi finanziari.
La quarta sfida di mercato è rappresentata dal rapporto con i competitori. Ciò pone
soprattutto un problema definitorio ex ante su chi siano i reali competitors della banca.
L’interrogativo è rilevante nella misura in cui la dinamica di mercato ha completamente smembrato
il concetto di competitor sia in termini orizzontali che verticali. Nel primo caso, ad oggi, qualunque
soggetto può diventare competitore della banca e attore dell’industria finanziaria purché sia dotato
di tre requisiti sostanziali: il possesso di una rete distributiva efficace; la disponibilità di risorse
commerciali; la capacità di gestione della tecnologia. I sistemi postali piuttosto che la grande
distribuzione organizzata godono dei tre requisiti citati. Nella dimensione verticale, la capacità della
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banca di operare su aree di business differenti la pone, per definizione, a confronto con un elevata
varietà di competitors. Ne segue che i concorrenti nell’area dell’asset management possono essere
del tutto differenti da quelli dell’area del corporate finance e così via.
La quinta sfida è infine legata alla gestione del ciclo di vita. È terminata infatti l'età della
combinazione impieghi e depositi delle banche, e con questa il concetto di “banca unica”. La banca
oggi compete in quattro aree di business differenti, vale a dire: il corporate finance, l'asset
management, il sistema dei pagamenti, il risk management. Queste aree di business presuppongono
e sono qualificate da logiche competitive completamente differenti fra loro. La tecnologia, peraltro,
può svolgere ruoli e attività completamente differenziate all'interno delle quattro aree suddette. Ne
segue che la banca è tendenzialmente obbligata a scegliere in quali aree di business operare, con
quali risorse e con quali obiettivi. Ciò significa che il concetto di banca universale contiene al suo
interno un concetto di multidivisionalità che impone al management della banca una selezione
consapevole delle combinazioni prodotto – mercato da presidiare.
4.
I vincoli al cambiamento nell’industria bancaria
Con riferimento al processo di definizione delle strategie competitive sopra esaminato, è
necessario prendere atto che le banche devono confrontarsi al loro interno con una serie di vincoli e
di resistenze strutturali che incidono nel loro insieme sul processo di cambiamento. Questi possono
essere riferiti a resistenze informative, tecnologiche e manageriali.
Le resistenze informative sono ancora legate innanzitutto alla elevata disomogeneità nelle
modalità di raccolta, di utilizzo e di immagazzinamento delle informazioni sul cliente. Le varie aree
gestionali della banca (fidi, legale, contenzioso, ufficio rischi, asset-lability management,
commerciale, marketing) tendono infatti a seguire la relazione di clientela secondo la propria
visuale specifica di lettura e molto spesso senza spazi di comunicazione effettiva. In secondo luogo,
l’informativa sull’impresa tende ad essere “esperenziale” e quindi esposta a take over nel momento
in cui chi segue la relazione con l’affidato abbandona l’organizzazione o l’ambito territoriale di
interesse. Ne segue che le informazioni sulla clientela divengono patrimonio individuale (people
specific) e non della banca in quanto tale (firm specific). L’effetto è pertanto quello della presenza
congiunta di alte asimmetrie informative fra banca e impresa e di basse, o comunque attenuate,
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asimmetrie informative fra impresa e responsabile di relazione. A ciò si aggiunge un ulteriore
elemento di tensione legato al mismatching fra disponibilità di informazioni e diritti decisionali tale
per cui chi dispone di informazioni efficaci (il responsabili di relazione) non dispone di diritti
decisionali adeguati e, viceversa, chi non dispone di informazioni adeguate (la direzione centrale)
dispone di forti diritti decisionali.
Le resistenze tecnologiche interagiscono con quelle informative nella misura in cui
l’information technology rappresenta il veicolo di diffusione organizzativa dell’informazione stessa.
Gli elementi caratteristici devono essere riferiti in questo senso alla tendenziale coesistenza nella
banca di sistemi informatici differenti (scheda cliente SIM, pratica elettronica di fido, flussi di
ritorno della Centrale dei rischi), spesso uniti ad una differenziazione dei software applicativi e
della struttura hardware. Ciò contribuisce a produrre chinese walls informatici che di conseguenza
diventano informativi in quanto la maggiore o minore permeabilità dei sistemi può precludere di
fatto non solo la trasmissione dell’informazione ma anche la sua conservazione organizzata secondo
gli approcci di datawarehousing. Sintomatico è il caso del track record delle aziende in stato d
insolvenza per cui, almeno nel caso italiano, le differenti fasi del recupero, giudiziale o
stragiudiziale, del credito difficilmente vengono conservate in via continuativa.
Le resistenze manageriali fanno riferimento alla rilevanza e al peso dell’assetto delle
competenze disponibili sotto il profilo della capacità di diagnosi dei fabbiosgni e della rischiosità
delle aziende clienti. In questi termini, ad una maggiore varietà e articolazione delle competenze e
dei ruoli organizzativi corrisponde una più forte capacità di valutazione imprenditoriale. Viceversa,
se l’assetto manageriale presenta sia caratteristiche di limitata diversificazione delle competenze
nella direzione della sola area creditizia sia specifiche di contenuta differenziazione dei ruolidi
client management e di product management , la diffusione delle informazioni e la qualità del
processo valutativo tendono ad essere ridotte e comunque non approfondite. Larga parte delle
banche italiane presenta una forte aderenza al secondo profilo delineato per effetto del percorso
evolutivo legato ai vincoli della specializzazione produttiva e temporale nella sola arena
competitiva del credito.
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5.
Lo sviluppo di un approccio organico alle aree di business
Le caratteristiche di scenario riferite, nella loro complessità, all’intera industria finanziaria,
devono essere opportunamente articolate e definite in termini analitici al fine di evidenziare le
dinamiche che emergono all’interno dei diversi comparti del mercato finanziario, che rappresentano
per le banche aree di business. Nell’ambito delle suddette aree risultano comprese tutte le funzioni
di base necessarie allo sviluppo del sistema economico e alla produzione di ricchezza ovvero i
processi di finanziamento delle imprese e delle famiglie, l’attività di investimento delle risorse, le
modalità di trasferimento e di scambio delle risorse medesime. Sebbene il tratto comune ai segmenti
individuati sia rappresentato dall’aderenza allo storico principio strategico di fondo dell’Unione
Europea (levelling the playing field) per cui le differenze competitive fra aree geografiche vengono
meno in uno spazio aperto di mercato, essi appaiono fortemente differenziati quanto ad ambiti
operativi, a contenuti gestionali e, soprattutto, a modalità di incontro fra la domanda e l’offerta.
Proprio sotto quest’ultimo aspetto, il rapporto fra dimensione locale e dimensione globale si
presenta fortemente disomogeneo e di conseguenza critico per lo sviluppo del mercato stesso.
Con riferimento al mercato del risk management occorre mettere in luce alcune tendenze
evolutive sostanziali. In primo luogo, si assiste ad un accorpamento e ad una riconfigurazione dei
mercati sugli strumenti derivati e sui titoli del debito pubblico, da una logica operativa nazionale ad
una sovranazionale, per effetto delle scomparsa delle singole valute domestiche in ambito Unione
monetaria. In secondo luogo, il mercato dei corporate bonds presenta una dinamica di crescita, per
effetto sia della riduzione strutturale dei tassi di riferimento del mercato sia della rimozione
dell’effetto “massimale” connesso al rating del debito sovrano. Da ciò segue che lo sviluppo e la
propagazione del credit risk spread diviene il rischio finanziario primario sul mercato dei titoli di
stato e dei corporate bonds. Infine, è in atto un processo di accorpamento e di riconfigurazione dei
mercati sui titoli del capitale di rischio su scala internazionale, secondo la logica del network,
dell’integrazione o del conflitto. Peraltro, lo scenario di riferimento relativo alle Borse Valori
appare molto complesso, in quanto non è possibile prevedere ad oggi con certezza lo sviluppo di un
unico mercato europeo, analogamente al comparto dei titoli di stato e degli strumenti derivati. Ciò
per effetto di tre fattori. In primo luogo, i regimi fiscali dei differenti paesi dell’Unione europea,
relativi alla tassazione del reddito d’impresa e al trattamento impositivo dell’equity, sono
radicalmente diversi. Il circuito EASDAQ, operativo dalla fine del 1996, mette in luce in questo
senso una difficoltà sostanziale a far coesistere nello stesso listino aziende con profili fiscali di
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origine differenti. In secondo luogo, le strategie delle stock exchange companies nazionali non sono
ancora definite con chiarezza quanto ad architettura definitiva dei primi e dei secondi mercati
domestici. In terzo luogo, l’orientamento strategico di fondo delle stock exchange companies
comprende nello stesso tempo obiettivi a valenza sia “domestica” (come dimostra la borsa
londinese) sia collaborativa- internazionale (come dimostra l’accordo fra la borsa di Parigi e quella
di Francoforte). Ne segue che il raggiungimento di un equilibrio stabile ed efficiente fra domanda e
offerta appare più complesso in quanto se è vero che l’offerta di risorse finanziarie, come avviene
per il mercato dei derivati e dei titoli di stato, è rivolta al mercato globale indipendentemente
dall’area geografica di provenienza, la domanda incontra problemi di accesso e di segnalazione già
a livello domestico. Tali problemi appaiono inoltre tanto più forti quanto più la dimensione
dell’impresa si riduce.
Il mercato dei servizi di pagamento tenderà a ruotare intorno a tre elementi rilevanti che
vedono nella componete telematica e nel passaggio dalle reti proprietarie al Web l’asse portante di
sviluppo: la sicurezza; il presidio, il controllo e l’armonizzazione degli standard; l’efficienza. Sotto
questo profilo, i parametri suddetti appaiono rileva nti nella misura in cui: la gestione della sicurezza
è l’elemento portante e la condizione necessaria allo sviluppo delle transazioni; il controllo e
l’armonizzazione degli standard di trasmissione dei flussi finanziari rappresenta la condizione
necessaria non solo per l’allargamento del mercato di riferimento dei servizi di pagamento ma
soprattutto per il conseguimento di obiettivi di riduzione dei costi e di crescita della sicurezza
medesima; l’efficienza costituisce il parametro di sintesi che indica la realizzazione di un sistema
coerente di costi, di prezzi e di tempi per il cliente. Numerosi lavori della Commissione Europea si
sono concentrati proprio sui tre parametri descritti come condizioni di sviluppo del business
dell’electronic payment systems. La ricerca di equilibrio fra domanda e offerta si sposta pertanto a
livello globale proprio per la natura stessa del servizio di pagamento che necessita dell’assenza di
barriere tanto domestiche quanto valutarie. Se tale equilibrio è sostanzialmente raggiunto – si pensi
al circuito delle carte di credito – nell’area dei pagamenti al dettaglio ossia per la clientela privata,
esistono ancora notevoli margini di miglioramento nell’area dei pagamenti all’ingrosso per le
imprese. In questo caso infatti il posizionamento complessivo del sistema finanziario non appare
sufficientemente compatto e definito; ciò per effetto: di livelli di sicurezza non ancora elevati
soprattutto nell’ambito delle transazioni sovranazionali ed extra UE; di standard di trasmissione dei
flussi finanziari non ancora definiti nell’assetto finale e comunque sovrapposti (vedi SWIFT ed
EDIFACT); di livelli di efficienza non omogenei e comunque mediamente bassi.
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L’attività di asset management costituisce ad oggi una delle aree strategiche di affari rilevanti
per la produzione del valore nelle banche. Il tratto distintivo di tale area è costituito dallo stadio del
ciclo di vita occupato: a differenza della fase di maturità o addirittura del declino attraversata da
aree di attività tradizionali, l'asset management si trova posizionato in una fase di sviluppo. Ciò per
effetto sia del trasferimento strutturale delle risorse finanziarie delle famiglie dall’area di
investimento costituita dai titoli del debito pubblico sia della creazione di nuovi prodotti di
investimento da parte degli intermediari finanziari medesimi. Sebbene i tratti distintivi dell’asset
management siano quelli tipici delle attività in fase di sviluppo (crescita delle quote di mercato;
scarsa rilevanza della variabile prezzo; esperienza dell’acquirente limitata) lo scenario di
riferimento dopo la piena realizzazione dell’Euro tende però a modificarsi; ciò per effetto: della
maggiore esperienza che gli acquirenti avranno acquisito sul prodotto e della maggiore capacità di
comparazione dello stesso nel tempo (quale performance su quale arco di tempo) e nello spazio
(quale prodotto è superiore ad altri); dalle disposizioni normative che obbligheranno in modo
vincolante le Società di Gestione del Risparmio (SGR) a dichiarare i propri obiettivi di breve e di
medio termine (benchmarking); della riduzione dei tassi di sviluppo del mercato. Ciò non porta
evidentemente alla maturità il settore ma piuttosto al consolidamento definitivo del suo sviluppo e
alla fissazione di “regole del gioco” a lungo termine condivise, tipiche peraltro di un settore quanto
meno “cresciuto”. Tali elementi modificano la tradizionale contrapposizione fra chi produce e chi
distribuisce riproponendola, in termini più forti, come scelta fra “produzione” o “assemblaggio”. La
prima scelta sarà di pochi funds manager, a livello mondiale. La seconda scelta riguarderà invece
larga parte degli intermediari finanziari, il cui posizionamento sarà o quello di semplice distributore
o piuttosto quella di assemblatore ad alto va lore aggiunto. Sotto questo profilo, l’equilibrio fra
domanda e offerta tende chiaramente a stabilizzarsi a livello globale. Dal lato dell’offerta peraltro,
la dimensione locale acquisterà un ruolo “distributivo” che potrà essere qualificato o come mero
trasferimento di prodotti altrui o come attività di servizio a valore aggiunto.
Il mercato del corporate finance tende ad essere suddiviso in due comparti distinti, vale a dire
l’area delle operazioni di finanza – investment banking – che intervengono con differenti modalità
sulla struttura del capitale dell’impresa e sui processi di emissione delle passività (venture capital,
merger and acqusition, quotazione in borsa, merchant banking) e l’area delle operazioni di
finanziamento tradizionale. Il primo comparto assume un profilo di maggiore complessità sia per le
competenze che gli intermediari finanziari devono mettere in campo sia per le specifiche che
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coinvolgono l’impresa. Ne segue che la dimensione globale diviene ex ante l’ambiente più
favorevole per lo sviluppo di operazioni strutturate che consentono, da un lato, agli intermediari
finanziari di raggiungere una massa critica sufficiente per costruire e per attirare competenze
tecniche, finanziarie, giuridiche e, dall’altro lato, alle imprese di disporre di un ampio ed efficace
mercato dei capitali. Al riguardo, occorre ricordare che se, come nel caso italiano dove oltre il 60%
delle operazioni di finanza svolte nel Paese interessa intermediari finanziari internazionali avendo
ad oggetto aziende almeno di medie dimensioni, lo spiazzamento della dimensione locale tende ad
essere una regola del gioco, i rischi di esclusione per le aziende di piccole e medie dimensioni che
non possono accedere al mercato globale sono particolarmente elevati. Il secondo comparto
rappresenta per larga parte delle banche italiane, ma anche francesi e in parte tedesche, la principale
area di investimento. In questo caso, le competenze da mettere in campo sono indubbiamente
minori e lo sviluppo dell’operazione assume una valenza in prevalenza locale. Da questo punto di
vista, il credito, che soprattutto per le Piccole e Medie Imprese rappresenta uno strumento
essenziale di sviluppo, rischia di diventare attività matura e poco remunerativa. Ciò per effetto della
riduzione strutturale dei tassi di interesse che rende meno appettibile la concessione di
finanziamento e dell’elevato stock in essere di sofferenze bancarie che destabilizza la redditività
complessiva della banca. In questo caso, se la dimensione locale è la regola del gioco, sono elevati i
rischi di perdita di interesse per il campo di gioco.
6.
L’ IMPIEGO DELLA TECNOLOGIA PER AREE DI BUSINESS: IPOTESI NORMATIVE
Si è detto che la tecnologia rappresenta per la banca una leva competitiva funzionale alla
creazione di valore. Peraltro, come più volte evidenziato, l’applicazione è differenziata in relazione
all’area di business. Appare rilevante in questo senso coniugare la visione della dinamica
competitiva delle quattro aree di business di riferimento della banca con le modalità d’uso della
tecnologia con l’obiettivo di delineare una mappa applicativa di riferimento.
Riguardo al mercato del risk management, il dato di fondo è riferito allo sviluppo di attività di
dealing “pesante” e alla conseguente distinzione fra banche primarie e secondarie. Ciò conduce allo
sviluppo di piattaforme tecnologiche relative a: logiche integrate di asset liability management;
trading systems; monitoring dei credit risk spread; sistemi di value at risk; sistemi di financial
forecasting.
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Ne segue che il management deve intervenire con la leva tecnologica attraverso una strategia
prevalentemente di back office. L’efficacia dell’azione strategica è peraltro data dalla capacità di
coniugare il modello o strumento tecnologico con il modello manageriale.
Con riferimento al mercato dei servizi di pagamento, il vantaggio competitivo è legato allo
sviluppo di circuiti di pagamento integrati con la funzione monetaria e contabile del privato o
dell’impresa. Ciò significa che la tecnologia deve essere gestita con l’obiettivo di portare a
realizzare: una check truncation sostanziale del flusso finanziario e documentale; l’integrazione fra
corporate banking interbancario (C.B.I.), contabilità aziendale e tesoreria aziendale; la multi
direzionalità per paese e per valuta dei flussi dispositivi; l’integrazione fra disposizione di
pagamento e ricorso al finanziamento, per quanto concerne la clientela retail; la vendita della
“sicurezza” per transazioni reali, integrate con la logica del portale.
Ciò spinge a intervenire con la leva tecnologica attraverso una strategia che dal back office si
muova al front office, con l’obiettivo di integrarsi con i processi contabili, finanziari e decisionali
del cliente.
Con riferimento al mercato dell’asset management, il vantaggio competitivo é legato allo
sviluppo di soluzioni di vendita che pongono il cliente all’interno di una relazione fiduciaria
professionale. La tecnologia é l’asse di trasmissione della relazione. Peraltro, ciò deve avvenire
sulla base di alcuni significativi parametri di valore: trading on line quale soluzione necessaria; il
trading on line quale soluzione out of price, in quanto è basato su un processo di integrazione a
monte del cliente nei confronti della banca; l’educazione del cliente alla auto segmentazione in
funzione del canale; lo sviluppo del pricing per canale; la distribuzione di prodotti informativi
“riservati” (report societari, previsioni di mercato, rating gestori).
Ciò spinge la banca a intervenire con la leva tecnologica attraverso una strategia di front office
per cui, disposta a perdere il cliente per effetto della virtualizzazione del trading, lo riconquista con
il valore aggiunto della propria consulenza e della propria cultura delle relazione.
Con riferimento infine al me rcato del corporate finance, gli spazi di vitualizzazione sono
ridotti per effetto della valenza personalistica del rapporto con l’impresa. La tecnologia, peraltro,
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A.ALBERICI, Strategie bancarie e tecnologie: le ricadute organizzative per aree di business (versione finale)
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deve agire su: servizi reali informativi on line (credit recovering, informazioni commerciali
pregiudizievoli su clienti); servizi reali commerciali (portali per le imprese, networking fra imprese
appartenenti
a
distretti);
virtualizzazione
dei
servizi
finanziari
ripetitivi
(e-factoring);
datawherehousing per informazioni di marketing; rating and pricing system.
Ciò spinge la banca a intervenire con la leva tecnologica attraverso una strategia di front
office e con una di back office, rivolta soprattutto alla funzione di marketing e in parte a quella
credito.
7. SINTESI NORMATIVA E CONCLUS IONI
La sfida delle applicazioni tecnologiche nell’attività bancaria si pone nello stesso tempo
come fattore inevitabile, ossia come vincolo gestionale per il management, e come leva di sviluppo
dell’attività e del valore della banca. Se il successo competitivo nelle singole banche, pertanto, sarà
legato alla capacità di affrontare i suddetti vincoli, con la logica dell’investimento e del progetto, e
di cogliere gli spazi che la tecnologia offre per la costruzione del vantaggio competitivo, occorre
delineare alcuni punti fermi e alcune prescrizioni che emergono dalla diagnosi di sistema.
In primo luogo, la molteplicità delle aree di business in cui la banca può potenzialmente
confrontarsi tende a evidenziare il concetto di tecnologia “dedicata”, vale a dire di tecnologia che si
posiziona con riferimento alle specifiche del singolo business. Ciò significa che se la capacità di
cogliere tale posizionamento – differente in ciascuna area di attività – rappresenta il pre requisito
per affrontare la sfida competitiva, la capacità di creazione di modelli manageriali solidi e coerenti
al loro interno costituisce la condizione di successo sostanziale della banca. L’area del credit risk
management appare sintomatica in questo senso.
In secondo luogo, le applicazioni tecnologiche tendono a
evidenziare ed esaltare la
contrapposizione fra back office e front office. Nel primo caso, l’impatto applicativo appare in prima
battuta rivolto al potenziamento dell’efficienza di processo. Viceversa, nel secondo caso, l’impatto
applicativo è orientato ad obiettivi di efficacia. Se tali profili appaiono nel breve periodo non solo
del tutto fisiologici ma anche attraenti, ben diverso è il giudizio relativo alle condizioni di
sostenibilità nel medio periodo.
La realizzazione di processi produttivi efficienti grazie all’uso mirato della tecnologia
richiede una forte capacità d’uso delle risorse, finanziarie e soprattutto umane, liberate dal processo
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A.ALBERICI, Strategie bancarie e tecnologie: le ricadute organizzative per aree di business (versione finale)
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stesso e una finalizzazione del processo verso obiettivi espliciti di volume e di redditività. Qualora
ciò non si verificasse, la pressione dei costi operativi non reinvestiti e la mancanza di un
collegamento a obiettivi di profitto tenderebbe a erodere il vantaggio creato dalla stessa crescita di
efficienza. Peraltro, anche il conseguimento della crescita dell’efficacia dell’offerta, collegato a
logiche di front office, richiede un pesante intervento sotto il profilo della ricerca dei valori
“fondamentali” di successo. In particolare, questi sono legati ai concetti di segmentazione della
clientela e di sviluppo di relazioni, non spontanee ma di mercato.
Nel primo caso, la capacità di penetrazione e di “livellamento del campo di gioco” della
tecnologia moltiplica le opportunità di contatto così come le possibilità di perdita della connessione.
La lettura del mercato per raggruppamenti omogenei di cliente rappresenta non solo la leva per
“superare” gli avversari, grazie ad una lettura più rivoluzionaria e radicale del sistema clienti, ma
soprattutto per cogliere nella varietà del mercato medesimo una fonte di vantaggio competitivo, che
è sfruttabile grazie alle potenzialità della tecnologia. Nel secondo caso, la connessione, realizzata
con la tecnologia e all’interno di un segmento target, deve essere protetta e preservata per effetto
dei contenuti professionali della relazione. Ciò appare tuttavia possibile se la banca stessa muove da
una interpretazione delle relazioni di clientela quale “fenomeno spontaneo” ad una visione proattiva
e di investimento. In questo senso, l’acquisto o la produzione di competenze professionali distintive
e sostanziali rappresenta il passaggio critico che, in prospettiva, tenderà a discriminare le banche fra
“vincenti” e “perdenti” a livello di sistema.
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La serie dei Working Papers del Dipartimento di Economia Politica e Aziendale può essere richiesta
al seguente indirizzo: Sezione Working Papers - Dipartimento di Economia Politica e Aziendale Università degli Studi di Milano, Via Conservatorio 7 - 20122 Milano - Italy - fax 39-02-50321450
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Papers già pubblicati/Papers already published
94.01 – D. CHECCHI, La moderazione salariale negli anni 80 in Italia. Alcune ipotesi interpretative basate sul
comportamento dei sindacati
94.02 – G. BARBA NAVARETTI, What Determines Intra-Industry Gaps in Technology? A Simple Theoretical
Framework for the Analysis of Technological Capabilities in Developing Countries
94.03 – G. MARZI, Production, Prices and Wage-Profit Curves:An Evaluation of the Empirical Results
94.04 – D. CHECCHI, Capital Controls and Conflict of Interests
94.05 – I. VALSECCHI, Job Modelling and Incentive Design: a Preliminary Study
94.06 – M. FLORIO, Cost Benefit Analysis: a Research Agenda
94.07 – A. D’ISANTO, La scissione di società e le altre operazioni straordinarie: natura, presupposti economici e
problematiche realizzative
94.08 – G. PIZZUTTO, Esistenza dell’ equilibrio economico generale: approcci alternativi
94.09 – M. FLORIO, Cost Benefit Analysis of Infrastructures in the Context of the EU Regional Policy
94.10 – D. CHECCHI - A. ICHINO - A. RUSTICHINI, Social Mobility and Efficiency - A Re-examination of the
Problem of Intergenerational Mobility in Italy
94.11 – D. CHECCHI - G. RAMPA - .L. RAMPA, Fluttuazioni cicliche di medio termine nell’economia italiana del
dopoguerra
95.01 – G. BARBA NAVARETTI, Promoting the Strong or Supporting the Weak? Technological Gaps and
Segmented Labour Markets in Sub-Saharan African Industry
95.02 – D. CHECCHI, I sistemi di assicurazione contro la disoccupazione: un'analisi comparata
95.03 – I. VALSECCHI, Job Design and Maximum Joint Surplus
95.04 – M. FLORIO, Large Firms, Entrepreneurship and Regional Policy: "Growth Poles" in the Mezzogiorno over
Forty Years
95.05 – V. CERASI - S. DALTUNG, The Optimal Size of a Bank: Costs and Benefits of Diversification
95.06 – M. BERTOLDI, Il miracolo economico dei quattro dragoni: mito o realtà?
95.07 – P. CEOLIN, Innovazione tecnologica ed alta velocità ferroviaria: un'analisi
95.08 – G. BOGNETTI, La teoria della finanza a Milano nella seconda metà del Settecento: il pensiero di Pietro
Verri
95.09 – M. FLORIO, Tax Neutrality in the King-Fullerton Framework, Investment Externalities, and Growth
95.10 – D. CHECCHI, La mobilità sociale: alcuni problemi interpretativi e alcune misure sul caso italiano
95.11 – G. BRUNELLO - D. CHECCHI , Does Imitation help? Forty Years of Wage Determination in the Italian
Private Sector
95.12 – G. PIZZUTTO, La domanda di lavoro in condizioni di incertezza
95.13 – G. BARBA NAVARETTI - A. BIGANO, R&D Inter-firm Agreements in Developing Countries. Where?
Why? How?
95.14 – G. BOGNETTI - R. FAZIOLI, Lo sviluppo di una regolazione europea nei grandi servizi pubblici a rete
96.01 – A. SPRANZI, Il ratto dal serraglio di W. A. Mozart. Una lettura non autorizzata
96.02 – G. BARBA NAVARETTI - I. SOLOAGA - W. TAKACS, Bargains Rejected? Developing Country Trade
Policy on Used Equipment
96.03 – D. CHECCHI - G. CORNEO, Social Custom and Strategic Effects in Trade Union Membership:
Italy 1951-1993
96.04 – V. CERASI, An Empirical Analysis of Banking Concentration
96.05 – M. FLORIO, Il disegno dei servizi pubblici locali dal socialismo municipale alla teoria degli incentivi
96.06 – G. PIZZUTTO, Piecewise Deterministic Markov Processes and Investment Theory under Uncertainty:
Preliminary Notes
96.07 – I. VALSECCHI, Job Assignment and Promotion
96.08 – D. CHECCHI, L'efficacia del sistema scolastico in prospettiva storica
97.01 – I. VALSECCHI, Promotion and Hierarchy: A Review
97.02 – D. CHECCHI, Disuguaglianza e crescita. Materiali didattici
97.03 – M. SALVATI, Una rivoluzione copernicana: l'ingresso nell'Unione Economica e Monetaria
97.04 – V. CERASI - B. CHIZZOLINI - M. IVALDI, The Impact of Deregulation on Branching and Entry Costs in
the Banking Industry
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97.06 – M. FLORIO, On Cross-Country Comparability of Government Statistics:OECD National Accounts 1960-94
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Some insights from experimental data
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01.19 – R. BRAU – M. FLORIO, Privatisation as price reforms: an analysis of consumers’ welfare change in the UK
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01.22 – G. BOESSO, Analisi della performance ed external reporting: bilanci e dati aziendali on-line in Italia
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02.04 – A. BUCCI – D. CHECCHI, Crescita e disuguaglianza nei redditi a livello mondiale
02.05 – A. BUCCI, Potere di mercato ed innovazione tecnologica nei recenti modelli di crescita endogena con
concorrenza imperfetta
02.06 – A. BUCCI, When Romer meets Lucas: on human capital, imperfect competition and growth
02.07 – S. M. IACUS – D. LA TORRE, On fractal distribution function estimation and applications
02.08 – P. GIRARDELLO – O. NICOLIS – G. TONDINI, Comparing conditional variance models: theory and
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02.09 – L. CAMPIGLIO, Issues in the measurement of price indices: a new measure of inflation
02.10 – D. LA TORRE – M. ROCCA, A characterization of Ck,1 functions
02.11 – D. LA TORRE – M. ROCCA, Approximating continuous functions by iterated function systems and
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02.12 – D. LA TORRE – M. ROCCA, A survey on C1,1 functions: theory, numerical methods and applications
02.13 – D. LA TORRE – M. ROCCA, C1,1 functions and optimality conditions
02.14 – D. CHECCHI, Formazione e percorsi lavorativi dei laureati dell’Università degli Studi di Milano
02.15 – D. CHECCHI – V. DARDANONI, Mobility comparisons: Does using different measures matter?
02.16 – D. CHECCHI – C. LUCIFORA, Unions and Labour Market Institutions in Europe
02.17 – G. BOESSO, Forms of voluntary disclosure: reccomendations and business practices in Europe and U.S.
02.18 – A. MAURI – C.G. BAICU, Storia della banca in Romania – Parte Prima 02.19 – D. LA TORRE – C. VERCELLIS, C1,1approximations of generalized support vector machines
02.20 – D. LA TORRE, On generalized derivatives for C1,1 vector functions and optimality conditions
02.21 – D. LA TORRE, Necessary optimality conditions for nonsmooth optimization problems
02.22 – D. LA TORRE, Solving cardinality constrained portfolio optimization problems by C 1,1 approximations
02.23 – M. FLORIO – K. MANZONI, The abnormal returns of UK privatisations: from underpricing to outperformance
02.24 – M. FLORIO, A state without ownership: the welfare impact of British privatisations 1979-1997
02.25 – S.M.IACUS – D. LA TORRE, Nonparametric estimation of distribution and density functions in presence of
missing data: an IFS approach
02.26 – S.M. IACUS – G. PORRO, Il lavoro interinale in Italia: uno sguardo all’offerta
02.27 –G.P.CRESPI – D. LA TORRE, M. ROCCA, Second-order optimality conditions for nonsmooth multiobjective
02.28– D. CHECCHI –T. JAPPELLI, School Choice and Quality
03.01– D. CHECCHI, The Italian educational system family background and social stratification
03.02 – G. NICOLINI, – D. MARASIN,I Campionamento per popolazioni rare ed elusive: la matrice dei profili
03.03 – S. COMI, Intergenerational mobility in Europe: evidence from ECHP
03.04 –A. MAURI, Origins and early development of banking in Ethiopia
03.05– A. ALBERICI, Strategie Bancarie e tecnologia