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NUMERO 12
In-formando
Settembre 2012
A cura di Maria Berretta
Editoriale
in Vetrina
“Per una nuova stagione di legalità”
Democrazia Economica
“Una legge per la partecipazione dei lavoratori”
di Maurizio Petriccioli
a cura di Emanuela Di Filippo
Previdenza
“Il testo unificato dei disegni di legge in materia
di deroghe ai nuovi requisiti di accesso al pensionamento:
le possibili soluzioni della Commissione lavoro ai problemi aperti”
a cura di Angelo Marinelli
Fiscalità Locale
“Novità addizionale regionale, andamento Imu
ed entrate territoriali”
a cura di Paola Serra
Fisco
“L’economia italiana nel contesto internazionale: una sintesi
ragionata dei dati diffusi da Banca d’Italia”
a cura di Lorenzo Lusignoli
La Cassetta degli Attrezzi
“Dossier Previdenza”
di Valeria Picchio
Slides “Debito pubblico”
di Angelo Marinelli
“Modifiche DL esodati”
Formazione
“Viaggio studio all’OIL di Torino”
a cura di Luca Barilà
In Pillole
Formazione Sindacale
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NOTIZIARIO DIPENDENTI
Editoriale: “Per una nuova stagione di legalità”
di Maurizio Petriccioli, Segretario Confederale Cisl
Si scrive Legalità e si legge Emergenza Nazionale.
Si dice illegalità e si parla di un diffuso relativismo etico e morale che
ha provocato e provoca un esteso fenomeno di “devianza del
cittadino” di fronte alla legge.
Le cronache ogni giorno non ci risparmiano l’immagine di un Paese di
“furbi” per i quali l’importante non è osservare o violare la legge, la
norma sociale o peggior ancora la norma della coscienza, ma
dribblare le conseguenze della violazione che comporta un giudizio e
una pena.
Il relativismo etico e morale ha determinato una “delocalizzazione
della coscienza”, per cui la stessa idea di giustizia viene scollegata
dalla legge, dall’imperativo ontologico, e viene modellata sulla alla
prassi quotidiana orientata unicamente a ciò che è utile e
vantaggioso.
Prassi quest’ultima dettata da una sorta di imperativo strumentale.
Di legalità se ne sta parlando da decenni.
Una data per tutte 1991: in primavera il Ministero dell’Interno organizza
una conferenza internazionale su “Cultura della legalità”; autunno la
Cei, Conferenza Episcopale Italiana pubblica il documento “Educare
alla legalità”.
La società italiana si mobilitava per creare un argine all’illegalità.
E proprio nel 1992 si registrano due avvenimenti in forte
contrapposizione che hanno finito con il caratterizzare la storia italiana
dell’ultimo ventennio. Il 17 febbraio 1992 con l’arresto di Mario Chiesa
prende il via la lotta a tangentopoli con l’operazione della
magistratura milanese denominata Mani Pulite.
La magistratura parte all’assalto del “malaffare politico istituzionale”
basato sulla corruzione di politici e funzionari pubblici che dilapidano
soldi pubblici. 23 maggio e 19 luglio 1992 la mafia di Totò Reina
colpisce al cuore la magistratura palermitana con gli attentati a
Falcone e Borsellino.
I due avvenimenti rappresentano forse le due facce della stessa
medaglia che si chiama illegalità.
Il deficit di legalità nel nostro Paese è dunque una condizione storica,
umana, nella quale questa nostra società è immersa, anche se non
sommersa del tutto: la Corte dei Conti ci viene a dire che il fenomeno
della corruzione costa alla collettività nazionale oltre 40 miliardi, circa il
2 per cento del PIL.
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La magistratura di Palermo continua ad indagare sul connubio mafiapolitica.
Nelle scuole si continua a fare educazione alla legalità che viene
considerata come funzione regolatrice della vita sociale dei valori
della democrazia, come esercizio dei diritti di cittadinanza.
Intanto, cresce la società ispirata all’etica della furbizia, del
tornaconto, dell’egoismo.
Fino ad oggi sembra che la legalità sia stata affrontata con un
approccio culturale improntato alle parole del Principe Salina che nel
Gattopardo, parlando della rivoluzione garibaldina e dell’annessione
della Sicilia all’Italia, affermava: “Bisogna cambiare tutto perché
niente deve cambiare”.
Abbiamo agito in questi anni su tutti gli elementi della cultura:
l’elemento simbolico elaborando riti collettivi contro la corruzione e la
criminalità, l’elemento tecnologico con leggi e strutture di giustizia,
l’elemento etico proponendo principi e comportamenti virtuosi,
l’elemento politico offrendo più autonomia alle realtà locali e
territoriali, l’elemento assiologico parlando di valori e presentando
testimoni credibili che sono morti per l’ideale della giustizia e della
legalità.
Tutto questo non è bastato per produrre una diffusa cultura della
legalità. E agli occhi degli altri paesi l’Italia viene vista come il Paese
dell’illegalità dove l’impunità è una costante diffusa.
Allora probabilmente per produrre un reale cambiamento dobbiamo
cambiare registro.
Dobbiamo cominciare a dire che la micro illegalità, esempio
parcheggiare in doppia fila, è altrettanto dannosa quanto la macro
illegalità, esempio la corruzione o la criminalità organizzata.
La micro illegalità allena le coscienze delle persone alla violazione
sistematica della legge civile che regola la convivenza delle persone,
limitandone i diritti e atrofizzandone il dovere di reciprocità.
Bisogna agire sulla responsabilità morale personale che mai può essere
“allentata” dall’irresponsabilità collettiva del “così fan tutti”.
Bisogna formare nella persona “una coscienza legale, certa e retta”,
che poi corrisponde alla dimensione della coscienza morale dove si
incontrano la libertà dell’uomo, che si fonda sulla ragione, e la legge
universale e naturale che si fonda sul rispetto e la responsabilità verso il
prossimo, o se si vuole sulla regola aurea cristiana “Tutto quanto volete
che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.
Allora bisogna riportare nel giusto alveo le “coscienze delocalizzate”
che giudicano il male non male, e il bene non bene.
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Solo così possiamo iniziare quel lungo processo di “bonifica della
società italiana” dall’inquinamento della illegalità.
Infatti oltre a formare e sviluppare una coscienza personale e
necessario costruire una rinnovata coscienza collettiva che tenda ad
arginare il crescente fenomeno dell’illegalità in questa direzione si
muove la Cisl attraverso l’animazione di reti che operano nella società
civile.
La promozione di un progetto culturale di nuovo “incivilimento” passa
necessariamente dall’attivazione di sinergie e mondi vitali che aiutino
a promuovere una nuova “stagione di legalità”.
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“Una legge per la partecipazione dei lavoratori”
di Emanuela Di Filippo
La legge di sostegno alla partecipazione dei lavoratori non nasce
come testo normativo autonomo ma come sostanziale emendamento
inserito dai Senatori T. Treu ( PD) e M. Castro (PdL) nel quadro ben più
ampio e complesso della legge n.92/2012 “Disposizioni in materia di
riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”.
Una circostanza che testimonia l’impegno e la sensibilità del
Parlamento sul tema e, al tempo stesso, riflette una lunga storia di
elaborazioni,
proposte,
dibattiti
maturati
nelle
Commissioni
Parlamentari delle ultime Legislature per giungere a un testo condiviso.
Tentativi, come sappiamo, allora, senza esito.
Nell’Art.4 ( commi 62 e 63) della nuova legge confluiscono, quindi,
elementi essenziali delle elaborazioni pregresse prodotte da esponenti
del PD e del PdL.
Il testo “ bipartisan” delega il Governo ad adottare, entro nove mesi
dall’entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi
finalizzati a favorire forme di “coinvolgimento dei lavoratori
nell’impresa”, coinvolgimento che diventa effettivo attraverso la
successiva stipulazione, in sede aziendale, di contratti collettivi ma
anche individuali in relazione agli specifici strumenti partecipativi
oggetto di pattuizione .
Ne scaturisce un quadro ampio e articolato di strumenti di
partecipazione e di democrazia economica.
I punti di maggior rilievo sono riconducibili agli obblighi di informazione
e consultazione; agli organismi bilaterali; alla partecipazione negli
organismi di sorveglianza; alla partecipazione agli utili e al capitale
d’impresa.
Gli obblighi d’informazione e consultazione (Art 4, comma 62, lettera
a) fanno esplicito riferimento alla negoziazione e ai livelli minimi fissati
dal decreto legislativo di trasposizione della Direttiva Comunitaria
2002/14. Ricordiamo che la Direttiva, e quindi la norma di trasposizione,
fornisce una definizione dettagliata di cosa si debba intendere per
informazione e consultazione precisandone anche le procedure di
attuazione. Sono definizione e procedure molto più ampie e pervasive
rispetto alle prassi vigenti nel nostro sistema di relazioni industriali.
La norma era esplicitamente prevista nel Disegno di Legge Treu.
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Viene poi valorizzato il ruolo degli organismi congiunti, paritetici o
comunque misti. Possono assolvere compiti di verifica sull’applicazione
e sugli esiti di piani o decisioni concordate (comma 62 lettera b) ma
possono anche essere dotati di competenze di controllo su aspetti
inerenti l’organizzazione della produzione (forme di remunerazione
collegate al risultato, salute e sicurezza dei lavoratori, organizzazione
del lavoro, formazione professionale, pari opportunità); welfare
aziendale (servizi sociali destinati ai lavoratori e famiglie); materie
attinenti la responsabilità sociale dell’impresa (vedi la lett.c).
Entrambe le formule erano già previste nel disegno di Legge Castro.
La valorizzazione della bilateralità aziendale è obiettivo ampiamente
condivisibile. E’ però evidente che un eventuale organismo bilaterale
sulla retribuzione accessoria non può che avere compiti di analisi e
documentazione dato che la negoziazione sulla retribuzione
accessoria resta una specifica prerogativa della contrattazione
aziendale. Accanto, poi, alla bilateralità legata all’organizzazione
della produzione e al welfare aziendale vanno valorizzati gli organismi
bilaterali che ampliano le conoscenze sulle materie proprie dello
sviluppo tecnologico e produttivo delle aziende e di verifica di piani o
decisioni assunte (bilateralità di “governance”).
La partecipazione negli organi societari è tema di rilievo presente nella
nuova norma come diritto di partecipazione dei rappresentanti dei
lavoratori negli organi di controllo. Si afferma, infatti, (lett. f) che i
rappresentanti dei lavoratori possono essere presenti nei “Consigli di
Sorveglianza”, come membri a pieno titolo, nelle SpA o nelle società
che abbiano assunto la forma giuridica di Società Europea, e nelle
quali lo statuto preveda che l’amministrazione e il controllo sono
esercitati da un Consiglio di Gestione e da un Consiglio di Sorveglianza.
Le società devono occupare complessivamente più di trecento
lavoratori.
Tale diritto viene poi esteso prevedendo che (lett. d), anche nelle altre
fattispecie di società commerciali, i rappresentanti dei lavoratori
possano aver un diritto di controllo sull’andamento o su determinate
scelte di gestione aziendale mediante la partecipazione in organi di
sorveglianza.
La partecipazione dei lavoratori negli organi societari è la forma di
coinvolgimento di maggior rilievo prevista nel DdL Treu ed è questo,
del resto, l’elemento di massima differenziazione di tutto il nostro
sistema di relazioni industriali rispetto ai modelli presenti nei paesi del
Centro e Nord Europa.
La nuova legge, prendendo a riferimento le disposizioni contenute
nelle norme di trasposizione della Direttiva sullo Statuto di Società
Europa, assume questa nuova forma di partecipazione.
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Un obiettivo fortemente sostenuto dalla Cisl considerando che le
poche applicazioni che si sono avute, in Italia, del “modello duale”
(consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza), in occasione di
processi di fusione tra grandi Istituti di Credito, hanno privilegiato gli
assetti di potere esistenti al momento della fusione e non si sono mai
tradotti in momenti di innovazione e democratizzazione della
“governance” aziendale.
E’ importante, poi, che il principio della partecipazione in organismi di
sorveglianza sia proposto anche per le altre fattispecie di società
commerciali sprovviste di un apposito Consiglio di Sorveglianza.
Nel DdL Treu tale organismo è rappresentato da un Comitato
Consultivo, composto da rappresentanti dei lavoratori, che riceve
informazioni obbligatorie e periodiche dall’organo amministrativo delle
società sulla situazione economica e produttiva delle società stesse.
Su tali comunicazioni il comitato consultivo esprime parere preventivo
e non vincolante.
La partecipazione finanziaria è prevista attraverso una duplice
modalità. Come partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al
capitale di impresa anche in relazione all’attuazione e al risultato di
determinati piani industriali (lett. e) e con conseguente accesso dei
rappresentanti sindacali alle informazioni sull’andamento dei piani
medesimi. Oppure come accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti
al possesso di azioni (lett. g).
In questo caso l’elemento di maggior interesse è dato dal fatto che
l’azionariato dei dipendenti prevede strutture di rappresentanza
collettiva dei dipendenti azionisti.
Le strutture collettive possono essere fondazioni, società d’investimento
a capitale variabile (SICAV), oppure associazioni dei lavoratori azionisti.
L’azionariato dei lavoratori, individuale e collettivo, è già presente nei
DdL dei Senatori T. Treu e M. Castro.
Il dato di rilievo è che, la nuova legge prevedendo, accanto
all’azionariato individuale, l’azionariato collettivo, prefigura anche una
pluralità di formule organizzare per l’azionariato dei dipendenti,
Fondazioni, SICAV e Associazioni dei dipendenti azionisti.
Nella strategia della Cisl l’azionariato collettivo è lo strumento che
consente ai dipendenti azionisti di avere diritto di parola nelle sedi
della “governance” sociale: l’Assemblea degli azionisti.
Quello che, quindi, dovrà essere sempre garantito, al di là delle
formule organizzative prescelte, è l’effettiva possibilità per l’insieme dei
lavoratori di esprimere un “voto collettivo” nella Assemblea degli
azionisti.
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La disciplina civilistica attuale pone notevoli difficoltà a tale
adempimento e questo ostacolo mortifica e penalizza il significato
complessivo delle esperienze di azionariato dei dipendenti.
La praticabilità e effettività del “voto collettivo” dovrebbe allora essere
un punto ben presente nei decreti legislativi attuativi della nuova
norma.
In conclusione l’attuale testo normativo rappresenta un passo
importante per la realizzazione di un quadro normativo di sostegno alla
partecipazione dei lavoratori dipendenti nei luoghi di lavoro.
E’ un testo che raccoglie l’elaborazione decennale delle Commissioni
Parlamentari e, in tale contesto, le elaborazioni della Cisl hanno
esercitato una specifica influenza. E quindi importante che il disegno
complessivo contenuto nella legge delega si completi con decreti
legislativi attuativi che di quella elaborazione tengano conto.
Ed è anche importante che le parti sociali esercitino una presenza
vigile sull’iniziativa del Governo, dando il loro specifico contributo alla
piena realizzazione della legge sulla partecipazione.
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“Il testo unificato dei disegni di legge in materia di deroghe
ai nuovi requisiti di accesso al pensionamento: le possibili
soluzioni della Commissione lavoro ai problemi aperti”
di Angelo Marinelli
Il testo unificato degli emendamenti in materia di requisiti per la
fruizione delle deroghe per l’accesso al trattamento pensionistico (DDL
Damiano, Dozzo e Paladini) elaborato dal Comitato ristretto è stato
adottato all’unanimità dalla Commissione lavoro della Camera dei
deputati come disegno di legge da discutere in aula.
Il voto contrario di alcune forze politiche ne ha finora impedito la
calendarizzazione in aula.
Le Segreterie confederali di Cisl, Cgil e Uil hanno censurato tale
comportamento, auspicando che in tempi brevi possa essere
accelerato l’iter di discussione del disegno di legge, in modo da
pervenire ad una nuova proposta che ampli la platea dei lavoratori
beneficiari delle deroghe all’applicazione dei nuovi requisiti
pensionistici.
Molte delle norme contenute nel provvedimento proposto sono
“maturate” prima dell’entrata in vigore del decreto legge 95/2012.
Pertanto, alcune ipotesi di soluzione dovranno essere coordinate con i
criteri di allargamento delle tutele, peraltro solo parziali e riferiti ad un
contingente complessivo di 55.000 unità, adottati con il provvedimento
sulla “spending review” (decreto legge 95/2012, convertito con
modificazioni nella legge 7 agosto 2012 n° 135).
Un esempio per tutti: il testo del disegno di legge in esame modifica le
norme contenute nel decreto legge 201/2011 relative alle deroghe per
i soggetti autorizzati al versamento della contribuzione volontaria,
prevedendo la possibilità di accedere al pensionamento con i requisiti
previgenti a coloro che abbiano presentato la relativa domanda alla
data del 31 gennaio 2012 e a condizione che perfezionino i requisiti utili
alla decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre
2018, mentre il decreto legge 95/2012 ha migliorato la tutela dei
soggetti autorizzati ai versamenti volontari prima del 4/12/2011,
rientranti nel contingente delle ulteriori 55.000 unità salvaguardate
consentendo il perfezionano i requisiti anagrafici e contributivi utili a
comportare la decorrenza del trattamento pensionistico fra il 24° ed il
36° mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge
201/2011 (ovvero maturazione più finestra aperta entro il 6/12/2014).
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Fra le misure previste dal disegno di legge spicca la proposta di
introdurre, in via sperimentale, fino al 31/12/2017, la possibilità per tutti i
lavoratori e le lavoratrici di accedere al pensionamento
anticipatamente rispetto ai nuovi requisiti vigenti, a condizione che il
trattamento pensionistico sia liquidato interamente con il sistema di
calcolo contributivo, anche con riferimento all’anzianità contributiva
maturata prima del 1° gennaio 1996.
La proposta prevede l’accesso al pensionamento, in presenza di
un’anzianità contributiva minima di 35 anni, nel biennio 2013 -2015 al
compimento di un’età anagrafica pari a 57 anni per le lavoratrici
dipendenti, a 58 anni per i lavoratori dipendenti e le lavoratrici
autonome e a 59 anni per i lavoratori autonomi; nel biennio 2016 –
2017 al compimento di un’età pari o superiore a 59 anni, per i
lavoratori e le lavoratrici dipendenti e a 60 anni per i lavoratori e le
lavoratrici autonome.
Le ulteriori novità presenti nel testo riguardano il miglioramento dei
termini e delle modalità che danno diritto alla conservazione dei
vecchi requisiti, previgenti la riforma Monti – Fornero.
In particolare le misure stabiliscono l’ammissione alle deroghe dei
lavoratori destinatari degli accordi collettivi di mobilità e di gestione
delle eccedenze occupazionali siglati entro il 31/12/2011 (superando,
dunque, l’attuale criterio che include nella tutela i soli accordi siglati
entro il 4/12/2011).
Per i lavoratori collocati in mobilità ordinaria la possibilità di accedere
al pensionamento con i vecchi requisiti è salvaguardata fino a 24 mesi
dalla fine del periodo di fruizione dell’indennità di mobilità di cui
all’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, a
prescindere dalla data di conclusione della procedura di mobilità
avviata sulla base degli accordi sindacali e dalla data di effettivo
collocamento in mobilità, eventualmente preceduto da un periodo di
fruizione di cassa integrazione guadagni.
In sostanza, i lavoratori potrebbero accedere al pensionamento
perfezionando i requisiti pensionistici previgenti la riforma entro 24 mesi
dopo la fine della fruizione dell’indennità di mobilità (la cui durata,
ovviamente, varia in funzione dell’età e del luogo di operatività delle
aziende di dipendenza).
Vengono, inoltre, riconosciute le deroghe anche ai lavoratori
destinatari di accordi per la gestione delle eccedenze occupazionali
con utilizzo di ammortizzatori sociali stipulati entro il 31 dicembre 2011,
anche in sede non governativa.
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Migliorerebbe pure la situazione dei lavoratori “esodati” in senso
stretto, ovvero di coloro che abbiano cessato l’attività lavorativa entro
il 31 dicembre 2011 per risoluzione unilaterale da parte del datore di
lavoro o in conseguenza di fallimento dell'impresa o in ragione di
accordi individuali sottoscritti entro il 31 dicembre 2011 o in
applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati, a
condizione che questi lavoratori maturino i requisiti per il diritto di
accesso al pensionamento, secondo la previgente normativa, entro 24
mesi dalla entrata in vigore del Decreto legge 6 dicembre 2011, n° 201,
quindi entro il 6 dicembre 2012.
La novità consentirebbe di includere fra i soggetti salvaguardati tutti
coloro che entro il 6/12/2013 maturino il diritto ma non la decorrenza
del trattamento pensionistico.
Anche in questo caso il beneficio non risulterebbe più condizionato
alla mancata ripresa dell’attività lavorativa (ammissibile in via
temporanea) dopo la sottoscrizione degli accordi individuali o collettivi
di incentivo all’esodo.
Inoltre, i vecchi requisiti per l’accesso al pensionamento
continuerebbero ad applicarsi ai lavoratori titolari di prestazione
straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo
2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 alla data del 31
dicembre 2011 o per i quali non siano ancora trascorsi 24 mesi dal
termine del periodo di fruizione della predetta prestazione
straordinaria. Più problematico appare il riferimento all'articolo 6,
comma 2-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14 per i lavoratori
non ancora titolari di prestazione straordinaria al 31/12/2011 ma
destinatari di accordi collettivi siglati entro la stessa data.
Infatti, in tale previsione, che disciplina le deroghe per i lavoratori
firmatari di accordi di incentivo all’esodo, si stabilisce anche (nella
nuova formulazione modificata dal disegno di legge in esame) che il
lavoratore debba maturare il diritto all’accesso al pensionamento
entro un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di entrata in
vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, ovvero entro il 6/12/2013.
Tuttavia, si specifica per questi lavoratori la possibilità di utilizzare la
facoltà di accedere al pensionamento anticipatamente con il
ricalcolo contributivo dell’intera carriera lavorativa.
Infine, vengono ampliate le deroghe per i soggetti autorizzati alla
prosecuzione volontaria della contribuzione a condizione che abbiano
presentato la relativa domanda alla data del 31 gennaio 2012 e che
perfezionino i requisiti utili alla decorrenza del trattamento pensionistico
entro il 31 dicembre 2018.
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Rispetto alla situazione vigente tali soggetti conserverebbero il diritto di
accesso al pensionamento con i vecchi requisiti anche nel caso
abbiano
effettuato
attività
lavorativa
successivamente
all’autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione.
Da notare che il testo del provvedimento propone anche per i
lavoratori pubblici la possibilità di accesso al pensionamento a 64 anni
nel caso in cui, in base ai requisiti previgenti, avrebbero maturato
entro il 31 dicembre 2012 i requisiti per il diritto di accesso al
pensionamento (con un'anzianità minima di 35 anni).
Analoga estensione della tutela finora vigente solo per le lavoratrici
del settore privato viene proposta per le lavoratrici pubbliche
consentendo il pensionamento di vecchiaia ad un'età' anagrafica non
inferiore a 64 anni a condizione che maturino entro il 31 dicembre 2012
un'anzianità contributiva di almeno 20 ed un'età di 60 anni.
Le soluzioni individuate nel disegno di legge consentono di ampliare in
molti casi le situazioni salvaguardate ma l’affastellamento normativo,
frutto di interventi successivi realizzati assumendo criteri diversi, richiede
di rivedere l’intera materia al fine di determinare ulteriori incertezze
applicative e disparità di trattamento fra lavoratori che usufruiscono
delle deroghe in tempi diversi.
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Scheda di lettura
delle ipotesi di modifica alle deroghe per l’accesso al pensionamento
con i requisiti previgenti la riforma Monti – Fornero,
a confronto con la normativa attuale per
alcune tipologie di soggetti tutelati
Tipologia beneficiari
delle deroghe
all’applicazione dei
nuovi requisiti
pensionistici
Lavoratori in mobilità o
destinatari di accordi di
gestione delle eccedenze
occupazionali
(Cigs,
ecc.)
Normativa attuale
lavoratori salvaguardati
dall’applicazione dei nuovi
requisiti
Ipotesi testo unificato degli
emendamenti approvato
dalla Commissione lavoro
della Camera dei deputati
Destinatari di accordi di
mobilità
ordinaria
stipulati
entro
il
4/12/2011,
a
condizione
che
la
maturazione
dei
requisiti
avvenga entro il periodo di
fruizione della mobilità con
cessazione dell’attività entro
la stessa data, e destinatari di
accordi di mobilità lunga
stipulati prima del 4/12/2011
con cessazione dell’attività in
pari data, in entrambi i casi la
fruizione della mobilità è
verificata alla data del 24-72012 (29.050 lavoratori in
mobilità ordinaria e lunga);
Lavoratori
destinatari
di
accordi collettivi di gestione
delle
eccedenze
occupazionali
mediante
l’utilizzo
di
ammortizzatori
sociali,
stipulati
in
sede
governativa
entro
il
31/12/2011 e collocati in
mobilità ordinaria o lunga
prima o dopo tale data
(considerati
all’interno
dell’ulteriore contingente di
55.000 unità salvaguardate,
sulla base del decreto legge
95/2012), purché maturino i
requisiti entro il periodo di
fruizione
dell’indennità
di
mobilità.
La tutela copre i lavoratori
collocati in mobilità sulla base di
accordi
sindacali
stipulati
anteriormente al 31 dicembre
2011 e che maturano i requisiti
per il pensionamento entro
ventiquattro mesi dalla fine del
periodo
di
fruizione
dell’indennità di mobilità, a
prescindere dalla data di
conclusione della procedura di
mobilità e della data di effettivo
collocamento in mobilità, che
può essere preceduto anche
da un periodo di fruizione di
cassa integrazione guadagni.
Sono validi anche gli accordi di
gestione
delle
eccedenze
occupazionali non stipulati in
sede governativa.
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Autorizzati
alla
contribuzione volontaria
Soggetti
firmatari
di
accordi
individuali
o
beneficiari di accordi
collettivi
di
incentivo
all’esodo
NOTIZIARIO DIPENDENTI
Soggetti
autorizzati
al
versamento
della
contribuzione volontaria in
data
antecedente
al
4/12/2011, a condizione che:
esista
almeno
un
contributo
volontario
accreditato
o
accreditabile
al
6/12/2011;
la
decorrenza
del
trattamento
avvenga
entro
24
mesi
dal
6/12/2011 (cioè entro il
6/12/2013)
non vi sia mai stata
ripresa
dell’attività
lavorativa
dopo
l’autorizzazione
alla
contribuzione volontaria.
La
platea
è
stata
ulteriormente allargata, con
riferimento
ai
soggetti
rientranti nel contingente delle
ulteriori
55.000
unità
salvaguardate, a coloro che
matureranno la decorrenza
del trattamento fra il 24° e il
36° mese dalla entrata in
vigore del decreto legge
201/2011
(cioè
entro
il
6/12/2014).
- 6.890
lavoratori
che
abbiano risolto il rapporto
di
lavoro
entro
il
31/12/2011, a seguito di
accordi
individuali
o
collettivi
di
incentivo
all’esodo e a condizione
che la decorrenza della
pensione, sulla base dei
requisiti
previgenti,
avvenga entro 24 mesi
dalla data di entrata in
vigore del Decreto legge
201/2011
(entro
il
6/12/2013);
-
Ulteriori
unità
salvaguardate, nei limiti
del
contingente
complessivo di 55.000
unità, il cui trattamento
pensionistico decorre fra il
24°
e
il
36°
mese
dall’entrata in vigore del
Decreto legge 201/2011
(entro il 6/12/2014;
Le deroghe si applicano ai
lavoratori
autorizzati
alla
prosecuzione volontaria della
contribuzione che abbiano
presentato
la
relativa
domanda alla data del 31
gennaio 2012, a condizione
che perfezionino i requisiti utili
alla
decorrenza
del
trattamento pensionistico entro
il
31
dicembre
2018.
successivamente
all’autorizzazione
alla
prosecuzione volontaria della
contribuzione è consentito lo
svolgimento
dell’attività
lavorativa.
Non rileva più l’eventuale
mancato versamento, alla
data di entrata in vigore del
presente decreto, di almeno
un
contributo
volontario
accreditato o accreditabile.
-
-
La tutela viene allargata ai
lavoratori il cui rapporto di
lavoro
si
risolva
unilateralmente
o
in
conseguenza di fallimento
dell'impresa o in ragione di
accordi
individuali
sottoscritti
entro
il
31
dicembre
2011
o
in
applicazione di accordi
collettivi
di
incentivo
all'esodo stipulati, anch’essi
entro il 31 dicembre 2011
(quindi sono inclusi nella
tutela anche i lavoratori
cessati successivamente al
31/12/2011, a condizione
che gli accordi con data
certa siano stati stipulati
entro la medesima data).
Il diritto di accesso al
pensionamento
con
i
requisiti previgenti deve
maturare entro 24 mesi
dalla data di entrata in
vigore del decreto.
IN-FORMANDO
Titolari di prestazioni a
carico
dei
fondi
di
solidarietà di settore
PAGINA 15
-
A condizione, in ogni
caso, che il lavoratore,
successivamente
alla
risoluzione del rapporto di
lavoro,
non
abbia
intrapreso una nuova
attività lavorativa.
-
La
conservazione
dei
requisiti
previgenti
è
salvaguardata anche in
caso
di
eventuale
prestazione di altra attività
lavorativa
di
natura
temporanea
dopo
la
sottoscrizione degli accordi
individuali o la stipulazione
degli accordi collettivi di
incentivo all’esodo
-
17.710
lavoratori
già
titolari di assegno di
prestazione straordinaria
a carico dei fondi alla
data del 4/12/2011 o
divenuti
titolari
successivamente
sulla
base di accordi collettivi
stipulati entro la stessa
data (a condizione che
rimangano a carico dei
fondi fino al 62° anno;
Ulteriori 1.600 lavoratori
che, alla data del 4
dicembre
2011,
non
erano
titolari
di
prestazione straordinaria
a carico dei fondi di
solidarietà ma per i quali il
diritto
all’accesso
ai
predetti fondi era previsto
da accordi stipulati alla
suddetta data e ferma
restando la permanenza
nel fondo fino al 62° anno
di età.
-
La tutela riguarda:
i lavoratori che alla data
del 31 dicembre 2011 sono
prestazione
titolari di
straordinaria a carico dei
fondi di solidarietà di settore
o per i quali non siano
trascorsi 24 mesi dal termine
del periodo di fruizione
della predetta prestazione
straordinaria
i lavoratori per i quali il
diritto di accesso ai fondi
per effetto di accordi
collettivi stipulati entro il
31/12/2011, ferma restando
la maturazione del diritto di
accesso al pensionamento
entro 24 mesi dal 6/12/2011
(entro il 6/12/2013).
Si specifica la facoltà di
accedere al trattamento
pensionistico con nuovi
requisiti
anticipati,
a
condizione che si accetti il
ricalcolo con il metodo
contributivo
dell’intera
carriera lavorativa.
-
Lavoratori in esonero dal
servizio di cui all'articolo
72,
comma
1,
del
decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112
-
Lavoratori
con
provvedimento
di
concessione di esonero
dal
servizio
emanato
prima del 4 dicembre
2011
-
-
-
Lavoratori
con
provvedimento
di
concessione di esonero dal
servizio emanato prima del
31 dicembre 2011
PAGINA 16
NOTIZIARIO DIPENDENTI
Ipotesi nuovi requisiti per la facoltà di accesso al pensionamento (DDL
Damiano, Dozzo e Paladini) con trattamento pensionistico interamente
liquidato con il sistema di calcolo contributivo (anche con riferimento
all’anzianità contributiva maturata prima del 1° gennaio 1996).
Dal 1/01/2013
al 31/12/2015
Dal 1/01/2016
al 31/12/2017
Lavoratori dipendenti
58 anni e 35 cbt
59 anni e 35 cbt
Lavoratrici dipendenti
57 anni e 35 cbt
59 anni e 35 cbt
Lavoratori autonomi
59 anni e 35 cbt
60 anni e 35 cbt
Lavoratrici autonome
58 anni e 35 cbt
60 anni e 35 cbt
IN-FORMANDO
PAGINA 17
“Novità addizionale regionale, andamento Imu, entrate
territoriali”
di Paola Serra
Addizionale regionale si anticipa. Come è già accaduto più volte nei
provvedimenti legislativi varati nell’ultimo anno, le norme di fisco locale
sono state anticipate rispetto a quanto stabilito nei decreti legislativi
attuativi del federalismo fiscale e in un caso è stata resa addirittura
retroattiva.
La legge 135/12 (la Spending review) ha stabilito che le Regioni
interessate da piani di rientro dal deficit sanitario, possano con una loro
legge stabilire l’anticipo al 2013 dell’incremento dell’aliquota
dell’addizionale regionale fissata nel decreto attuativo del federalismo
regionale.
In particolare, il D.lgs 68/11 stabiliva che dal 2014 le regioni potessero
aumentare l’aliquota di base al massimo dell’1,1%; tale facoltà viene
concessa anticipatamente al 2013 ma solo in alcuni casi.
Nel Dl 201/11 (SalvaItalia) l’aliquota di base era stata incrementa dello
0,33% (passando da 0,9% a 1,23%) retroattivamente al primo gennaio
2011.
L’ulteriore anticipo, quindi, si andrebbe a sommare agli aumenti già
stabiliti.
Le regioni che dovessero avvalersi di questa opportunità aggiuntiva di
manovrare la leva fiscale, passerebbero ad un’aliquota di base del
2,33% con la possibilità di arrivare fino ad un massimo del 2,83%
(l’aliquota infatti può variare dello 0,5%).
Per un reddito di 15mila euro questo significherebbe passare da 184 a
349 euro annui: a fronte di un raddoppio dell’aliquota
corrispondentemente cresce il debito fiscale.
Inoltre, nel caso di mancato rispetto del piano di rientro resterebbe
invariata l’extraliquota dello 0,3% portando l’aliquota base al 2,63%
La maggiorazione dell’addizionale regionale stabilita nel Dl 201/11 sta
determinando entrate in linea con quanto preventivato nella relazione
tecnica.
Secondo il Bollettino delle Entrate tributarie, nei primi sette mesi del
2012 gli incassi sono cresciuti di quasi il 26% (+1,1 miliardi euro) rispetto
allo stesso periodo del 2011; queste risorse, però, non affluiscono alle
casse regionali perché contemporaneamente vengono ridotte di un
pari importo le risorse trasferite dallo Stato.
PAGINA 18
NOTIZIARIO DIPENDENTI
Analogo meccanismo di trasferimento delle risorse raccolte a livello
locale e trasferite nelle casse statali, è stato utilizzato per una quota del
gettito Imu.
Le entrate fiscali complessive, infatti, fanno registrare un andamento
molto dinamico con l’apporto consistente della prima rata dell’Imu
che ha portato 3,9 miliardi di euro di incassi.
Il Ministero dell’Economia definisce in “sostenuta crescita” le entrate
territoriali complessive: + 7,2% rispetto ai primi sette mesi del 2011 (+1,4
miliardi euro) per un totale di quasi 21,4 miliardi di euro, che vedono
anche il contributo dell’addizionale comunale (+10% pari a 145 milioni
di euro nei primi sette mesi).
Sindaci e Governatori, quindi, hanno utilizzato largamente la facoltà di
manovrare la leva fiscale a fronte di regole più severe del patto di
stabilità che hanno ridotto le risorse a loro disposizione.
L’attuazione del federalismo fiscale si sta traducendo in un aggravio
dell’imposizione fiscale a livello locale senza che corrispondentemente
vengano alleggerite le imposte statali.
IN-FORMANDO
PAGINA 19
“L’economia italiana nel contesto internazionale: una sintesi
ragionata dei dati diffusi da Banca d’Italia”
di Lorenzo Lusignoli
Premessa
L’economia Europea sta attraversando un periodo di recessione che è
unico nel panorama mondiale ma che, dato il peso che questa ha
all’interno dello scenario internazionale, finisce per determinare un
freno anche allo sviluppo delle economie extraeuropee.
Il riacutizzarsi della crisi sui mercati finanziari, con il recente forte
aumento degli spread per alcuni paesi mediterranei (tra i quali l’Italia)
e l’andamento negativo dei principali indici di borsa, è sicuramente in
buona parte dovuto all’azione degli speculatori ma, come si vedrà,
non è certo indipendente dalle dinamiche economiche di fondo e
dalle politiche fiscali attuate nell’ultimo anno.
Nel prosieguo s’intende fornire alcuni elementi utili a conoscere
l’andamento e a ragionare sulle cause dei principali problemi
economici che attraversano il nostro continente, attraverso una lettura
ragionata dei dati contenuti nel Bollettino Economico della Banca
d’Italia presentato a luglio scorso (n. 69), che saranno integrati con
alcuni recenti dati statistici pubblicati da Istat, Fmi e Ocse.
L’economia internazionale
Le previsioni sul Pil mondiale del Fondo Monetario Internazionale danno
indicazioni precise: ci sarà un rallentamento della crescita nel 2012 (dal
3,9% del 2011 al 3,5%) imputabile esclusivamente all’Europa.
Tra i paesi avanzati l’area dell’Euro è prevista in contrazione (-0,3%), in
controtendenza rispetto al recupero pur modesto segnato nel 2011
(1,5%), ristagna il Regno Unito (0,2%), mentre sia il Giappone (2,4%) che
gli USA (2,0%) mostrano visibili segnali di ripresa1.
Anche i paesi emergenti (Brasile, Cina, India e Russia) mostrano
qualche segno di rallentamento rispetto allo corso anno ma la loro
media si mantiene su livelli assai elevati (5,6%).
Complessivamente si riduce la crescita del commercio mondiale, che
passa dal 5,9% del 2011 a 3,8% nel 2012, perché il rinvigorimento dei
flussi commerciali legato all’Asia e al Nord America è rimasto limitato al
primo trimestre.
1 Tali previsioni sono state sostanzialmente confermate dall’Ocse ad inizio settembre,
a meno di piccole variazioni decimali (cfr. An Interim Economic Assessment, Oecd,
settembre 2012).
PAGINA 20
NOTIZIARIO DIPENDENTI
Le previsioni risultano migliori per il 2013, anche se dovrebbe
permanere la debolezza dell’area euro.
I due fattori principali di rischio indicati per la crescita futura
risulterebbero essere: le crisi dei debiti sovrani in alcuni paesi europei, in
assenza di un rafforzamento dell’architettura istituzionale della UE, e il
forte deficit di bilancio accumulato negli USA, che potrebbe
precludere ad una forte stretta di bilancio.
L’inflazione si è ridotta sia a causa delle debolezze del ciclo
economico sia a causa della flessione dei prezzi delle materie prime, in
particolare del petrolio.
La necessità di fornire un impulso monetario alla crescita e la discesa
dell’inflazione hanno dato lo spunto ai paesi avanzati per effettuare
politiche monetarie più espansive.
La BCE, la Fed e le Banche centrali di Giappone e Inghilterra hanno
agito in tal senso, così come quelle dei principali paesi emergenti.
La Bce2, in particolare, dopo i grandi interventi espansivi a seguito della
crisi del 2008-2009 (dal settembre 2008 al maggio 2009 il tasso di sconto
era passato dal 4,25% all’1%) aveva tenuto una posizione attendista
per tutto il 2010 e per i primo trimestre del 2011, mantenendo invariato il
tasso principale all’1%.
Ad Aprile e a Luglio 2011 era poi intervenuta addirittura due volte per
aumentare i tassi complessivamente dello 0,5%, adottando dunque
una politica restrittiva.
Tuttavia dopo la nomina di Draghi a governatore la politica monetaria
ha cambiato nuovamente corso ed è tornata ad essere espansiva:
con 3 successivi interventi (dal novembre 2011 al luglio 2012) il tasso
principale è sceso dall’1,5% allo 0,75%.
L’attività economica ristagna nell’area dell’euro, dove ad un modesto
incremento del Pil tedesco del primo trimestre (0,5%) si contrappone
una diminuzione di quello spagnolo (-0,3%) e Italiano (-0,8%), mentre
registra una sostanziale invarianza quello francese.
Nel secondo trimestre permane la debolezza dell’attività economica e
sia gli indicatori elaborati dalla Banca d’Italia che le valutazioni degli
esperti dell’Eurosistema sono concordi nel prevedere una dinamica
negativa del Pil dell’intera area nel 2012.
Anche all’interno di quest’area si conferma il raffreddamento
dell’inflazione legato prevalentemente al contenimento dei prezzi dei
prodotti energetici.
La crescita della liquidità è stata molto bassa nel primo semestre e sia il
credito alle imprese che quello alle famiglie non hanno fatto
riscontrare aumenti di rilievo.
2 Le tappe della politica monetaria europea sono tratte dai Bollettini mensili della
Bce.
IN-FORMANDO
PAGINA 21
Anche per questi andamenti le scelte del Consiglio direttivo della Bce
di fine giugno sono state orientate ad ampliare l’accesso alla liquidità
tramite un abbassamento dei tassi di sconto.
I mercati finanziari hanno fatto registrare nel secondo trimestre del 2012
una forte avversione verso le attività più rischiose ed un aumento della
volatilità sul comparto dei titoli di Stato, soprattutto nell’area dell’euro,
determinando sensibili variazioni degli spread sui titoli decennali
(aumentati sensibilmente in Grecia, Spagna e Italia).
Si ritiene che tra le cause principali vi siano l’instabilità politica in Grecia
e la crisi del sistema bancario spagnolo.
Anche i principali
indici azionari
hanno fatto registrare
complessivamente una flessione a partire dalla fine di marzo, mentre si
sono ridotti gli afflussi di capitale dai paesi emergenti.
Allo scopo di ridare fiducia ai mercati, contenere gli spread sui tassi
d’interesse e recuperare uno spazio adeguato per la politica
monetaria, il Board della Bce riunitosi il 6 settembre ha approvato con
ampia maggioranza (solo la Bundesbank si è opposta) il piano Draghi,
che prevede la possibilità per la Banca Centrale di effettuare acquisti
illimitati dei titoli dei paesi sovrani sui mercati secondari3.
Si tratta di una decisione senza precedenti che preclude ad un
maggiore interventismo della Bce, ne aumenta i poteri in termini di
politica monetaria mantenendone tuttavia il coordinamento con le
politiche fiscali adottate dai singoli governi.
L’acquisto dei titoli sarà infatti subordinato al mantenimento degli
impegni presi dai governi relativi alla riforme e agli equilibri di finanza
pubblica.
Il nuovo indirizzo di politica monetaria non prevede comunque un
aumento della quantità di moneta in circolazione, poiché quella
immessa con l’acquisto dei titoli verrà sterilizzata ovvero compensata
da una corrispondente riduzione della moneta già in circolazione da
parte della Bce.
Infine, il cambio euro-dollaro nell’ultimo trimestre si è sensibilmente
indebolito (-9%) pur rimanendo ben al di sopra della parità, mentre il
cambio euro-yen ha mostrato un indebolimento ancora più forte
(-12%).
3 L’effetto positivo sugli spread in realtà è solo indiretto, poiché la possibilità di
acquisto dei titoli è riservata a quelli di breve e medio termine (con scadenza fino a
tre anni), mentre gli spread si riferiscono ai titoli a lungo termine (scadenza a dieci
anni).
PAGINA 22
NOTIZIARIO DIPENDENTI
L’economia italiana
La flessione del Pil nel primo trimestre (-0,8%) è da imputare sia alla
variazione dei consumi (-0,6%) che alla variazione degli investimenti
(-3,6%), mentre gli scambi commerciali con l’estero hanno fornito un
contributo positivo (le esportazioni sono calate poco a fronte di un
grande calo delle importazioni).
Le stime effettuate dalla Banca d’Italia prevedono un calo della
produzione industriale e del Pil (-0,5%) anche nel secondo trimestre,
dovuto solo in piccola parte (un decimo di punto) al terremoto che ha
colpito l’Emilia Romagna.
In realtà gli ultimi dati Istat di settembre rilevano per lo stesso trimestre
un calo superiore (-0,8%) con una riduzione congiunturale di valore
aggiunto in tutti e tre i comparti dell’attività economica (agricoltura,
industria e servizi).
Rispetto allo scorso anno il calo del Pil risulterebbe del 2,6%. Anche i
dati negativi sulla produzione industriale sono tutt’altro che
incoraggianti: un ulteriore calo a luglio dello 0,2% rispetto al dato già
negativo di giugno, che porta la contrazione su base annua al -7,3%.
Le previsioni più recenti per l’intero 2012 non sono certo migliori: l’OCSE
stima un calo del Pil pari al 2,4%, rivedendo sensibilmente al ribasso le
stime già preoccupanti effettuate a luglio scorso (che indicavano un
calo dell’1,7%.).
L’andamento del Pil italiano sarebbe il peggiore tra i paesi G7 ed uno
dei peggiori all’interno dell’Europa.
L’inflazione si mantiene stabile intorno al 3% sostenuta (circa per l’1%)
dall’aumento delle imposte indirette.
Sul fronte delle imprese, al sensibile decremento degli investimenti nel
primo trimestre, legato ai mancati acquisti per i beni di trasporto
(-12,5%) e alla crisi del mercato immobiliare (-19,6% di compravendite),
si aggiunge il deterioramento delle condizioni per investire per la metà
delle imprese nel secondo trimestre.
Le aspettative delle imprese continuano ad essere negative
nonostante i miglioramenti di competitività sui mercati internazionali
dovuti al deprezzamento dell’euro in concomitanza con una
sostanziale invarianza del costo del lavoro per unità di prodotto.
Il clima di fiducia dei consumatori è sceso a livelli minimi, mentre la
diminuzione del reddito disponibile (-1%) e le difficoltà sul mercato del
lavoro (disoccupazione in aumento, forte ricorso alla cassa
integrazione ecc.) determinano una contrazione della spesa delle
famiglie, i cui consumi sono scesi sia nel primo (-1%) che nel secondo
trimestre. Per contro si è ridotto l’indebitamento delle famiglie che si è
attestato intorno al 65%.
IN-FORMANDO
PAGINA 23
Con particolare riguardo al mercato del lavoro, nel primo trimestre
l’occupazione è diminuita dello 0,4% mentre il tasso di disoccupazione
è aumentato dal 8,6% al 10,9%, anche per via di un sensibile aumento
dell’offerta di lavoro.
Le indagini congiunturali segnalano per il prossimo futuro ulteriori
criticità nel mercato del lavoro, con ripercussioni negative su
occupazione e cassa integrazione guadagni. Da sottolineare inoltre
che le retribuzioni sono diminuite in termini reali, nonostante le
retribuzioni di fatto abbiano mostrato aumenti mediamente superiori a
quelle contrattuali, a causa della crescita dei prezzi al consumo.
La Banca d’Italia prevede che le retribuzioni in termini reali
continueranno a ridursi nel biennio 2012-2013. Varia anche la
composizione degli occupati con la quota di dipendenti a tempo
indeterminato che scende dal 74,6% al 72,9%.
I flussi di commercio con l’estero sono diminuiti ma il deficit di conto
corrente (-13,6 miliardi) si è ridotto perché la diminuzione delle
importazioni è stata superiore a quella delle esportazioni.
Nonostante la riduzione dei prezzi alla produzione, l’inflazione si è
mantenuta al di sopra del 3% prevalentemente a causa delle misure
d’incremento delle imposte indirette prese nell’estate 2011 (aumento
dell’aliquota ordinaria Iva dal 20 al 21% e incremento delle accise sui
carburanti).
Il secondo trimestre dell’anno ha fatto registrare un significativo rialzo
dei rendimenti dei titoli di Stato per le ragioni già accennate: lo spread
sui Btp è aumentato fino a 480 punti base. Il declassamento di Moody’s
relativo al credito sovrano è andato di pari passo con un calo
dell’indice di borsa che nei primi sei mesi è stato pari al 13%,
prevalentemente trascinato al ribasso dai comparti bancari e
assicurativi.
Le previsioni elaborate dalla Banca d’Italia si basano sull’ipotesi che il
nostro spread rispetto ai titoli tedeschi si mantenga sui valori inferiori ai
500 punti base e che il credito a famiglie e imprese riparta anche se
gradualmente: il Pil scenderebbe del 2% nel 2012 e dello 0,2% nel 2013
a fronte di un inflazione (IPCA) che si manterrebbe al 3% nel primo
anno per poi calare all’1,8% nel secondo.
I consumi continuerebbero a segnare il passo, mentre resterebbe
positiva la componente delle esportazioni, forte soprattutto nel 2013.
L’andamento dell’inflazione dovrebbe riflettere almeno in parte la
rimodulazione delle aliquote Iva prevista dal recente decreto sulla
spending review (con lo slittamento al 2013 dell’aumento
originariamente previsto per il prossimo ottobre).
PAGINA 24
NOTIZIARIO DIPENDENTI
Interessante il confronto con le stime del bollettino economico del 2011
che prevedevano una crescita del Pil nel 2012 dell’1,1%.
Le componenti negative che nelle nuove previsioni starebbero alla
base della riduzione del Pil del 2% sarebbero: l’aumento degli spread
(-0,4%), le restrizioni al credito (-0,6%), le manovre di finanza pubblica
(-1%), il rallentamento economia mondiale (-0,5%), il calo di fiducia
nelle famiglie (-0,5%), una componente residuale (-0,1%).
Si prevede, infine, un ulteriore aumento della disoccupazione che
dovrebbe situarsi nel 2013 al di sopra dell’11%, mentre l’indebitamento
netto dovrebbe quest’anno scendere al di sotto del 3%, rispettando i
vincoli europei, grazie al forte avanzo primario.
Brevi considerazioni
Come abbiamo visto, il quadro dell’economia italiana è tutt’altro che
roseo ma si colloca pienamente all’interno del più vasto panorama
dell’area dell’euro. Anche le politiche economiche condotte,
improntate sostanzialmente all’austerità, seguono fedelmente le
indicazioni e gli impegni presi in sede europea. Se dal lato della
politica monetaria la Bce, con il recente cambio di corso impresso da
Draghi, sembra cercare almeno in parte di smarcarsi da uno schema
che la vedeva finalizzata esclusivamente alla stabilità del cambio e
dell’inflazione per prendere maggiori iniziative volte a scongiurare un
ulteriore crisi finanziaria e fornire un impulso alla crescita, la politica
fiscale nell’area dell’euro continua ad essere fortemente ancorata ai
principi fissati dal Patto di Stabilità, del quale il Fiscal Compact
costituisce un rafforzamento, a prescindere dall’andamento della
congiuntura economica. In un contesto internazionale di debole
domanda, la riproposizione delle virtuosità del pareggio di bilancio
sembra essere una ricetta anacronistica in particolare per i paesi in
recessione dove rischia di creare un circolo vizioso: le manovre di
risanamento determinano una caduta ulteriore del Pil (documentato
dai dati di Banca d’Italia) ed uno sforamento rispetto agli obiettivi di
bilancio che richiede ulteriori manovre restrittive. Inoltre, se le manovre
di risanamento sono effettuate anche nei principali partner economici,
la depressione economica dovuta alla riduzione della domanda si
diffonde attraverso i mercati esteri. Le politiche della crescita sono
esclusivamente orientate all’offerta e guardano prevalentemente
all’andamento del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP).
Pur riconoscendo che il livello di quest’ultimo in Italia è superiore alla
media dell’aera euro, bisogna rilevare che, qualora se ne volesse
ridurre il livello, occorrerebbe agire sulla produttività poiché sarebbe
impensabile prevedere un ulteriore riduzione dei salari, i cui valori in
termini reali risultano già compressi.
IN-FORMANDO
PAGINA 25
Tuttavia i miglioramenti della produttività, pur incoraggiati anche dalle
recenti raccomandazioni dell’OCSE, difficilmente possono essere
sufficienti a determinare un rilancio della crescita in un contesto di
domanda così depresso e di aspettative negative da parte delle
imprese.
Dato che la domanda dei paesi extraeuropei non riesce ad essere
trainante, anche perché la maggior parte dei nostri commerci prende
strade all’interno dell’unione, le politiche dell’offerta non possono
essere sufficienti e le virtù dell’austerità si trasformano facilmente nei vizi
sopraindicati.
Le sollecitazioni ad un cambio radicale di politica economica, che
stimoli in misura marcata la domanda aggregata, provengono ormai
da diversi mesi soprattutto dall’amministrazione Usa ma anche da
autorevoli economisti (tra i quali Stiglitz, Krugman e Roubini), e vanno
indirizzate all’intera area dell’euro. Peraltro, anche tra coloro che
continuano a sostenere la necessità di tenere sotto controllo i conti
pubblici non mancano posizioni ortodosse ma meno assolutiste di
quelle sostenute dai paesi “virtuosi” dall’area dell’euro (Germania,
Olanda e Finlandia).
L’Ocse, ad esempio, ritiene che l’equilibrio vada perseguito attraverso
un’azione congiunta di politiche espansive, aumento dei salari ed
inflazione nei paesi in surplus come la Germania, e politiche restrittive,
riduzione del Clup e potenziamento delle esportazioni nei paesi in
deficit (Grecia, Irlanda, Italia Portogallo e Spagna).
Per quanto riguarda il nostro paese, infine, occorrerebbe ragionare se
non sia finalmente giunto il momento effettuare delle misure necessarie
a rilanciare i consumi, che anche nei dati più recenti si mostrano in
caduta, per esempio riducendo il peso del fisco su lavoratori e
pensionati. Sembra che su questo punto ci sia ormai una convergenza
non solo tra i Sindacati, Cisl in testa, ma anche tra le principali
associazioni
imprenditoriali
(soprattutto
Confindustria
e
Confcommercio).
In quest’ottica andrebbe comunque scongiurato qualsiasi ulteriore
aumento dell’imposizione fiscale e da questo punto di vista, tra l’altro,
è risultato opportuno ancorché insufficiente lo slittamento del previsto
aumento dell’Iva contenuto nel decreto sulla spending review.
PAGINA 26
NOTIZIARIO DIPENDENTI
“Viaggio studio all’OIL di Torino”
Percorso Giovani per la dirigenza Cisl
di Luca Barilà - Usr Campania
Al varcare la soglia dell’OIL si avverte immediatamente la sensazione
di essere proiettati in una dimensione diversa, inusuale, originale.
Sembra quasi di essere distanti chissà quanto dalla città di Torino,
immersi in una realtà extraterritoriale.
Un luogo che invita alla concentrazione, a riflettere, a confrontarsi con
quell’aria “internazionale” che si respira ad ogni passo.
Le impressioni prendono forma durante i lavori della tre-giorni
organizzata per i giovani dirigenti della Cisl.
Il fitto programma di interventi, lo spessore dei relatori, i temi affrontati
incentivano a cimentarsi con questioni nuove, con problematiche che
travalicano i confini nazionali e che pure mostrano tutta la loro
incidenza nelle realtà locali con cui ci rapportiamo ogni giorno.
Le questioni affrontate ci hanno permesso di allargare i nostri orizzonti,
proiettandoci in un contesto che molto spesso viene sottovalutato
perché avvertito come troppo lontano dai problemi “reali” delle
comunità territoriali.
Le azioni e gli obiettivi del Sindacato internazionale, la sostenibilità
ambientale così come le prospettive aperte dai Green jobs, le sfide
poste dalla globalizzazione e le proposte per affrontarle rappresentano
un bagaglio di conoscenze da trasfondere nell’impegno quotidiano di
ciascuno di noi.
L’opportunità, poi, di avviare il dialogo con esperienze di altri Paesi ha
costituito un’occasione per guardare gli argomenti in discussione da
un angolo prospettico diverso, utile a ricercare soluzioni condivise e
possibili per favorire la crescita dei rispettivi territori.
Lo spirito di partecipazione e di collaborazione che ha animato queste
giornate, accompagnato dall’atteggiamento propositivo di analisi, di
critica, di indagine che ci portiamo dietro, si calibrano ora sull’attività
quotidiana, confederale e di categoria, che ognuno di noi è chiamato
responsabilmente a svolgere, per individuare risposte concrete in
favore della collettività.
IN-FORMANDO
PAGINA 27
In Pillole
Formazione
Il Dipartimento Formazione Confederale organizza i seguenti percorsi
formativi presso il Centro Studi di Firenze:
•
dal 22 al 24 ottobre p.v.
“Legalità e senso di responsabilità del sindacato per una nuova
stagione di legalità” rivolto a segretari di USR, UST, Federazioni di
Categorie e dirigenti sindacali del Siulp per un numero massimo di 25
partecipanti. Il percorso si articolerà in 2 moduli, (il secondo dal 19 al 21
novembre 2012) e affronterà i seguenti temi: la persona che agisce
legalmente, le differenti forme di illegalità; lavoro e legalità, il ruolo del
sindacato come agente di legalità sul territorio e nella comunità.
•
dal 29 al 31 ottobre p.v.
“Politiche organizzative per la gestione e lo sviluppo delle persone e
delle risorse economiche” rivolto esclusivamente ai segretari
Organizzativi e Amministrativi delle Federazioni di Categoria, delle USR
e delle UST di Roma, Torino, Milano, Napoli e Palermo, per un massimo
di 40 partecipanti. Il percorso si articolerà in due moduli (il secondo dal
26 al 28 novembre 2012) e tratterà i seguenti contenuti: conoscenza
delle caratteristiche strutturali delle organizzazioni sindacali,
conoscenza dei principali concetti e modelli interpretativi dei bilanci
per valutare caratteristiche dei flussi economici e della consistenza
patrimoniale e coerenza nell’applicazione delle regole CISL,
conoscenza dei principi generali e elementi tecnici per la gestione
amministrativa CISL, conoscenza dei principi generali e elementi
tecnici per la gestione e lo sviluppo delle risorse umane interne,
capacità di valutare le caratteristiche della rappresentanza, sue
esigenze in termini di mantenimento e potenzialità di sviluppo
organizzativo, capacità di analisi del contesto e progettazione di una
offerta di servizi in sinergia con le strutture di categoria e associazioni.
•
inoltre il 24 settembre p.v.
La Segreteria regionale della CISL di Puglia, in collaborazione con il
Dipartimento Confederale Formazione sindacale Nazionale Cisl
presenta, a Bari, il percorso formativo "Sindacalisti concertatori della
tutela ambientale e dello Sviluppo Ecosostenibile", mirato alla
preparazione di una nuova figura di dirigente sindacale del settore
pubblico e privato, competente e capace di promuovere nei territori,
vertenze che siano in grado di coniugare i temi della sostenibilità
ambientale, della produzione, del lavoro, della salute dei cittadini.
Il percorso formativo si svilupperà in due moduli residenziali (15/17
ottobre e 14/16 novembre p.v.) e un evento conclusivo tra dicembre
2012 e gennaio 2013.