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Estratto da:
Ada Leverson
Una seconda occasione
Titolo originale dell’opera
Love at Second Sight (1916)
Traduzione dall’inglese
di Elisabetta Di Stefano
© 2013 astoria srl
via Aristide De Togni 7 – 20123 Milano
Prima edizione: aprile 2013
ISBN 978-88-96919-55-2
Progetto grafico: zevilhéritier
www.astoriaedizioni.it
Uno spaventoso rumore, grida laceranti, una lite impari
in cima alle scale, il brusco sbattere di una porta…
Edith balzò in piedi dall’angolino del divano blu accanto
al fuoco, su cui riposava pensando alla sua ospite, e corse
alla porta.
“Archie… Archie! Vieni subito qui! Cos’è questo rumore?”
Un bambino di dieci anni entrò con calma nella stanza.
“Non sono stato io a fare rumore,” disse, “è stata madame
Frabelle.”
Sua madre lo osservò. Era un bel bambino dai chiari
occhi grigi che ti guardavano dritto in faccia senza lasciar
trapelare niente di niente, lunghe ciglia che ammorbidivano il suo sguardo regalandogli anche un’espressione leggermente ironica, una faccia rotonda, una fronte molto ampia,
e lisci capelli color paglia. Già a quella giovane età aveva il
riserbo inespressivo della scuola privata dove sarebbe stato
mandato, con qualcosa della soave superiorità dell’università a cui era destinato. Edith pensava che avesse ereditato
questi due tratti da lei.
Lei lo fissò, rimuginando, come aveva rimuginato spes1
so, sull’impossibilità di indovinare, seppur vagamente, cosa
stesse davvero accadendo dietro quella larga fronte. E lui
le restituì lo sguardo, in modo rispettoso ma senza far trasparire nulla. Lei era una donna snella, bionda e attraente,
con più vivacità e carattere di quanto ne abbiano di solito
le donne di questo genere. Come il bambino, aveva occhi
grigi con lunghe ciglia, e capelli blonde-cendre: la bocca e il
mento erano alla Burne-Jones e il suo fascino, che era notevole anche se involontario, e di solito inconsapevole, agiva
in parte sui sensi e in parte sull’intelletto. Di fondo non era
una di quelle donne che irritano tutte le altre con il loro
potere (e ancor di più con la loro ferma volontà) di attrarre gli uomini; lei era davvero e insolitamente indifferente
all’ammirazione generale. Eppure, che non fosse una donna
fredda, incapace di sentimenti appassionati, era ovvio per
ogni fisionomista; le labbra pienamente incurvate mostravano il suo temperamento generoso e amante del piacere,
mentre gli occhi sorridenti e vivaci dallo sguardo delicato
parlavano di meticolosità e discernimento. La sua voce era
bassa e morbida, vibrante, e lei rideva spesso e con facilità,
essendo prontissima a vedere e a godersi il lato divertente
della vita. Ma sia la capacità d’osservazione sia le emozioni erano istintivamente dissimulate attraverso un modo di
fare tranquillo e discreto, tanto che si era resa ancor più
popolare apparendo riservata. Edith Ottley avrebbe potuto essere con estrema facilità il centro di qualsiasi gruppo,
eppure… non lo era! Le donne le erano grate, e in cambio
ammettevano che fosse graziosa, spontanea e affascinante.
Quel giorno era vestita molto semplicemente di blu scuro
e sarebbe potuta passare per la sorella maggiore di Archie.
“Non è niente. Non è stata colpa mia. È stata colpa sua.
Madame Frabelle ha detto che mi avrebbe insegnato lei a
prendere il suo mandolino e usarlo come mazza da cricket.
Non c’è bisogno che mi insegni; lo so già.”
“Ora, Archie, sai benissimo che non hai nessun diritto di
entrare in camera sua quando lei non c’è.”
“Come faccio a entrare quando lei c’è…? Non me lo
permetterebbe. E poi, non voglio.”
“Non è carino da parte tua; non dovresti entrare da lei
senza il suo permesso.”
“Non è la sua camera, è la tua camera. O perlomeno, è
la camera degli ospiti.”
“Hai fatto qualche danno al mandolino?”
Lui fece una piccola pausa, come faceva spesso prima
di rispondere, come se si distraesse, e poi disse, come risvegliandosi da un sogno a occhi aperti:
“Ehm… no. Nessun danno”.
“Beh, cos’hai fatto?”
“Posso ripararlo,” rispose.
“Madame Frabelle è stata molto gentile con te, Archie.
Mi dispiace che tu non ti comporti in modo carino con
un’ospite in casa di tua madre. Non è il modo di fare di un
gentiluomo.”
“Oh. Beh, ci sono davvero tante cose in camera sua,
mamma, alcune sono proprio divertenti.”
“Vai a dire che ti dispiace, Archie. E non devi farlo più.”
“Sarebbe il modo di agire di un gentiluomo dire che mi
dispiace? Sarebbe il modo di agire di un bugiardo, sai.”
“Cosa! Non ti dispiace averla disturbata?”
“Mi dispiace che se ne sia accorta,” disse, mentre si voltava verso la porta.
“Queste continue scene e liti tra mio figlio e la mia ospite
mi causano moltissimo dolore,” disse Edith, con simulata
gravità.
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Lui assunse un’aria seria. “Beh, non aveva bisogno di
litigare.”
“Ma non è molto gentile con te?”
“Sì, non è male a volte. Mi piace quando mi racconta
bugie su cosa faceva suo marito – voglio dire storie. Non
è male come tipo… È una rifugiata senzatetto, mamma?”
“Non esattamente. È una vedova, e sta con noi, e dobbiamo essere carini con lei. Ora, non te lo dimenticherai di
nuovo, non è vero?”
“Va bene. Ma posso ripararlo.”
“Penso che farei meglio a salire da lei,” disse Edith.
Archie aprì educatamente la porta a sua madre.
“Non lo farei se fossi in te,” disse.
Edith tornò lentamente accanto al fuoco.
“Beh, le lascerò un momento, forse. Adesso vai a fare
qualcosa di utile.”
“Cosa, di utile? Cielo! Ho appena iniziato le vacanze,
mamma!”
“Non è un motivo perché tu passi il tempo a far preoccupare tutti, e a rompere gli strumenti musicali degli ospiti
che sono sotto il tuo tetto.”
Archie guardò verso il soffitto e sorrise, come se gli piacesse quel modo di mettere le cose.
“Penso sia contenta di avere un tetto sulla bocca – voglio
dire sulla testa,” si affrettò a correggersi. “Ma, mamma, non
è povera. Ha una collana di ambra. Per di più, l’altro giorno
ha dato a Dilly sei pence perché non si è fatta spaventare da
una mucca. Se si può permettere di dare sei pence a una
bambina per ogni animale di cui dice che non la spaventa!”
“Questo prova solo che è gentile. E io non ho detto che
fosse povera; non è questo il punto. Dobbiamo essere carini
e premurosi con chiunque stia con noi – non capisci?”
Archie rimase sovrappensiero per un altro minuto.
“Beh, non mi sorprenderei se fosse in grado di usarlo ancora,” disse in tono di consolazione, “il mandolino, voglio
dire. E poi, che ha di buono in ogni caso? Senti, mamma,
tutti gli stranieri hanno un brutto carattere?”
“Madame Frabelle non è straniera.”
“Non ho detto che lo è. Ma suo marito lo era. A volte
si arrabbiava terribilmente con lei. Lei dice che era un tipo
nobile. Le piaceva tremendamente, ma dice che lui non l’ha
mai capita. Pensi che con lui parlasse in inglese?”
“Adesso basta, Archie. Vai a trovarti qualcosa da fare.”
Mentre usciva si girò di nuovo e disse:
“A papà lei piace?”.
“Come, sì, naturalmente gli piace.”
“Che strano!” disse Archie. “Beh, dirò che mi dispiace…
quando la rivedo.”
Edith lo baciò, un’operazione che lui sopportò eroicamente. Lui attirava i baci, ma raramente lei cedeva alla tentazione. Poi tornò al divano. Voleva continuare a riflettere
su quel mistero: la sua ospite.
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