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ID 662, ut 1, pubblicato il 10/05/2007
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la provincia nel tuo PC
NE AVETE SENTITO PARLARE? Genova G8: la
sentenza censurata.
Prima condanna per le violenze delle forze dell'ordine contro i manifestanti: "Non furono
iniziative isolate"
G8, condannato il Ministero - Missionaria picchiata, risarciti invalidità e danni morali "Ho solo
ottenuto quello che attendevo da 6 anni: giustizia"
MASSIMO CALANDRI
La censura da parte dei media è stata rigida ed assoluta: della sentenza di Genova non si
doveva parlare. Infatti incredibilmente non ne ha scritto neanche il Manifesto e dovrebbe
spiegare perché.
Alzi la mano chi ha saputo che la settimana scorsa a Genova c'è stata la prima condanna per i
pestaggi della Polizia durante il G8 del 2001. Eppure la sentenza di Genova è un passaggio
capitale per la ricostruzione della verità e la giustizia di quello che successe nel capoluogo
ligure oramai 6 anni fa. E ci spiega anche molto del disegno politico sotteso alla repressione.
Lo Stato è stato condannato a risarcire Marina Spaccini, 50 anni, pediatra triestina, volontaria
per quattro anni in Africa, per il pestaggio che subì da parte della Polizia in via Assarotti, nel
pomeriggio del 20 luglio 2001. Marina, come decine di migliaia di militanti cattolici della Rete
Lilliput, era seduta, con le mani alzate dipinte di bianco, gridando “non violenza”, quando fu
massacrata dalla Polizia. Questa si è difesa sostenendo (sic!) che non era possibile distinguere
tra le mani dipinte di bianco di Marina e i Black Block. Per il giudice Angela Latella invece la
selvaggia repressione genovese –e la cortina di menzogne sollevata per coprirle- è stata una
delle pagine più nere di tutta la storia della Polizia di Stato e per la prima volta ciò viene scritto
in una sentenza. Non solo, è ben più grave quello che è scritto nella sentenza genovese. Quelle
dei poliziotti non furono né iniziative isolate né eccessi, ma facevano parte di un disegno
criminale.
Si inizia a confermare in via processuale quello che chi scrive sostiene e scrive da sei anni. A
Genova vi fu un disegno criminale selettivo da parte di apparati dello stato. Tale disegno era
teso a terrorizzare non tanto la sinistra radicale ma il pacifismo cattolico, in particolare la Rete
Lilliput, che per la prima volta in maniera così convinta e numerosa scendeva in piazza
saldandosi in un unico enorme fronte antineoliberale con la sinistra.
Le ragazze e i ragazzi delle parrocchie furono quelli che pagarono il prezzo più alto, soprattutto
sabato. I loro spezzoni di corteo furono sistematicamente bersagliati dai lacrimogeni e
centinaia di loro furono pestati selvaggiamente. Ma, soprattutto decine di migliaia di loro, e le
loro famiglie, furono spaventati a morte in una logica pienamente terroristica. Quanti dopo
Genova sono rimasti a casa?
Di fronte all’immagine sorda data dai grandi della terra, Bush, Blair, Berlusconi, quel
movimento pacifico, colorato, credibile, fatto di persone serie e non dei pescecani rinchiusi
nella città proibita, che si era riunito intorno alle proposte concrete per un nuovo mondo
possibile del Genoa Social Forum, doveva essere schiacciato. Non lo sapevamo, ma mancavano
50 giorni all’11 settembre.
Riporto nel sito l’articolo dell’eccellente Massimo Calandri, apparso SOLO sulle pagine genovesi
di Repubblica lo scorso 29 aprile. E' normale secondo voi? Esiste ancora il diritto ad essere
informati in questo paese?
Prima condanna per le violenze delle forze dell'ordine contro i manifestanti: "Non
furono iniziative isolate"
G8, condannato il Ministero - Missionaria picchiata, risarciti invalidità e danni morali
"Ho solo ottenuto quello che attendevo da 6 anni: giustizia"
MASSIMO CALANDRI
LA PRIMA condanna nei confronti del Ministero dell?Interno per le illecite e gratuite violenze dei
suoi poliziotti è arrivata nei giorni scorsi, e cioè circa sei anni dopo la vergogna del G8
genovese. Ma le parole con cui il giudice istruttore Angela Latella ha motivato la sua decisione
rinfrescano la memoria.
Ricordando a tutti che quelle cariche sanguinarie,quelle teste rotte a manganellate, quei
lacrimogeni sparati contro le persone inermi, non erano frutto dell’iniziativa isolata o
dell'autonomo eccesso di qualche agente. Facevano invece parte di un più ampio disegno -così
come le menzogne raccontate più tardi per coprire le nefandezze - , che rappresenta una delle
pagine più buie nella storia della Polizia di Stato.
Il tribunale del capoluogo ligure ha dato ragione a Marina Spaccini, pediatra cinquantenne di
origine triestina, pacifista che per quattro anni ha lavorato in due ospedali missionari del Kenia.
Alle due del pomeriggio del 20 luglio, era il 2001, venne pestata a sangue in via Assarotti.
Partecipava alla manifestazione della Rete Lilliput, era tra quelli che alzava in alto le mani
dipinte di bianco urlando: "Non violenza!".
Gli agenti e i loro capi avrebbero poi raccontato che stavano dando la caccia ad un gruppo di
Black Bloc, che c'era una gran confusione e qualcuno tirava contro di loro le molotov, che non
era possibile distinguere tra "buoni" e "cattivi": bugie smascherate nel corso del processo,
come sottolineato dal giudice. I cattivi c'erano per davvero, ed erano i poliziotti che a
bastonate aprirono una vasta ferita sulla fronte della pediatra triestina. Dal momento che
quegli agenti, come in buona parte degli episodi legati al vertice, non sono stati identificati,
Angela Latella ha deciso di condannare il Ministero dell'Interno. La cifra che verrà pagata a
Marina Spaccini non è certo clamorosa - cinquemila euro tra invalidità, danni morali ed
esistenziali - , ma il punto è evidentemente un altro.
«Se risulta chiaramente che la Spaccini sia stata oggetto di un atto di violenza da parte di un
appartenente alle forze di polizia - scrive il giudice - , non si può neppure porre in dubbio che
non si sia trattato né di un'iniziativa isolata, di un qualche autonomo eccesso da parte di
qualche agente, né di un fatale inconveniente durante una legittima operazione di polizia volta
e riportare l'ordine pubblico gravemente messo in pericolo».
Perché l'intervento della polizia non fu «legittimo», è ormai abbastanza chiaro. Lo hanno
confermato i testimoni e in un certo senso gli stessi poliziotti e funzionari, con le loro
contraddizioni: «Gli aggressori erano diverse decine; l'ordine era di caricarli, disperderli ed
arrestarli», hanno detto, interrogati. Ma poi risulta che furono arrestati solo due ragazzi (non
feriti), la cui posizione fu in seguito peraltro archiviata. La pacifista era assistita dagli avvocati
Alessandra Ballerini e Marco Vano. Il giudice ha sottolineato come fotografie e filmati portati in
aula «siano stati illuminanti»: «Si vedono ammanettare persone vestite normalmente; più
poliziotti colpire con i manganelli una persona a terra, inerme. La stessa Spaccini è una
persona di cinquant'anni, di cui giustamente si sottolinea l'aspetto mite». E poi, le
testimonianze come quella di una signora settantenne che parla di una «manifestazione
assolutamente pacifica e allegra» e di aver quindi visto agenti «bastonare ferocemente persone
con le mani alzate ed inermi come lei». Marina Spaccini ha accolto il giudizio con un sorriso:
«Era semplicemente quello che attendevo da sei anni. Giustizia».
tratto da http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=1096
ID 662, ut 1, pubblicato il 10/05/2007
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