L`altra faccia della luna

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L`altra faccia della luna
Aquilino
L’altra faccia della luna
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Maryam
Arpa
danzatrice
PARTE PRIMA
ARPA -
Maryam del deserto
non un fiore di sabbia
soltanto un granello
sia questo sia quello
non fa differenza.
Le hanno detto
tu non hai un cuore
ma che cosa respira nel petto
di questa bambina
che ha lo sguardo
curvo di obbedienza?
Quando è sola lo leva alla luna
come alzasse le braccia a implorare
oh dea luna Ishtar pallida e muta
anch'io voglio un cuore.
Quando è sola lo leva alla duna
che ha la forma di un corpo di donna
una voce di brezza l'avvolge
respira l'amore
MARYAM - Amore era il primo vagito, quando il sangue della madre ancora mi vestiva. E io
urlavo (...). Amore la prima mestruazione, quando scorsi il sangue profondo. E io urlai (...).
Amore la notte di nozze, quando piansi il sangue dell'umiliazione e della paura. E io ho urlato
(...). Amore il sangue del parto, quando urlo ancora più forte (...). Amore le regole, i divieti, le
percosse, il disprezzo, la violenza della mia vita di donna. E io grido (...). Amore di sangue, rosso
come il tramonto delle cose, quando si teme che l'oscurità non se ne vada più...
Spero che qualche imbecille, a questo punto, non dica: accendi la luce. Scusate per l'imbecille,
ma noi donne non siamo tanto stupide. Se manca l'interruttore, come si fa ad accendere? E se
anche ci fosse, un cartello avviserebbe: PERICOLO, VIETATO ALLE DONNE. Bisogna avere
il pisello per accendere la luce. Noi che siamo castrate... cieche, le mani in avanti, qualcuno che
ci guida, o un cane lupo o un furbacchione che approfitta della situazione, sbattiamo contro gli
spigoli, ci riempiamo di ematomi, non possiamo allontanarci da casa se non per fare la spesa con
gli occhi bassi... Mi chiamo Maryam. Quella è la Danza. E' muta. Quest'altra è l'Arpa. E' cieca.
Io non sono sorda, come qualcuno sta già pensando. Le donne, come i bambini, ascoltano tutto.
Siamo qui per raccontarvi una storia di due-tremila anni. Se avete faccende urgenti da sbrigare...
però senza rimborso del biglietto. Nemmeno a noi hanno mai rimborsato niente.
Maryam era una bambina nata nel deserto...
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MARYAM - Vivo in una tribù, la mia casa è il deserto e, ovunque ci portino i cammelli, niente
sembra cambiare. La tenda, la duna, la palma, la luna, la notte, l'alba... Il deserto è la femmina
del cielo, dice mia madre. Mio padre ride e dice che soltanto la sabbia è femmina, incostante e
infida, capace di portare alla pazzia, se non si conosce la pista segreta che conduce al cuore
dell'oasi.
Mio padre afferma che il deserto è maschio, come il pozzo che dà la vita, come lo scorpione che
la toglie, come il recinto che trattiene i cammelli, come il pugno dell'uomo che comanda.
Io sono nata femmina, sono soltanto sabbia.
Quando sarò fecondata, diventerò oasi e il guerriero riposerà sul mio grembo.
Prima di me, tre altre figlie sono state abbandonate al sole, affinché tornassero alla sabbia. Non
era il momento di avere femmine in famiglia.
Quando guardo verso l'orizzonte che confonde la vista, sento un vagito di dolore e di tristezza e
una mano gelida si insinua sotto le vesti. Allora mi affretto, perché ho paura.
Sono nata per essere sposata a un cugino che non ho mai visto. Quando io avrò nove anni, lui ne
avrà trentaquattro, mi farà stendere e mi penetrerà in silenzio, con vigore, con violenza.
Mostrerà a tutti lo straccio insanguinato e io potrò finalmente piangere.
Non si piange davanti al marito la prima notte di nozze, perché potrebbe intenderlo come un
rifiuto e se venissi ripudiata dovrei camminare sempre dritto davanti a me, verso la morte della
sabbia ardente, tra le braccia delle neonate divorate dalle volpi.
Io sono la sabbia e il sangue che la intride.
Io sono sabbia.
Quando mio padre ride, mia madre sorride. Lo saluta prostrandosi nove volte a braccia tese, lui
ride soddisfatto e lei sorride di nascosto.
Madre - le ho domandato - nostro padre ride di noi donne?
Ride perché è un uomo e il suo corpo è fatto per il possesso, la battaglia, il lavoro e il fracasso.
Non senti quanto è rumoroso anche di notte? Egli grida, ride, salta, corre, viaggia, suda,
percuote, uccide. Questo fanno gli uomini.
A noi donne che cosa resta?
L'altra faccia della luna, quella che si tiene nascosta.
Non sappiamo come è fatta.
Nemmeno l'uomo, per nostra fortuna.
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Io sono sabbia femmina e mio padre, maschio, mi corre sopra urlando con gli zoccoli del
cammello. La sua agitazione si illude di porre i confini del predominio.
Ma quando è passato, la sabbia si ricompone e non restano tracce della scorreria.
Ogni volta il deserto ritorna una pace di dune, morbide come i seni delle donne.
Io sono Maryam e quello che sarò mi riempie di stupore e di gioia.
Ascoltate! Io sono Maryam e quello che sarò ancora nessuno può saperlo!
Il mondo è sabbia! La sabbia è donna!
Donna guerriera!
Si racconta della battaglia di Sufyan, quando Aisha levò alto il velo come uno stendardo e cento
altre donne la seguirono e cento donne rincorsero urlando i nemici e ognuna vendicò il marito e
il figlio e il fratello, tagliando nasi e orecchi per farne braccialetti, mozzando teste e riempiendo
ceste di mani amputate e di occhi strappati dalle orbite come fanno i corvi!
Cento donne si unirono nella danza della vittoria e gli uomini guardarono con ammirazione e con
timore le mogli, le madri, le figlie!
Suonate, tamburi!
La donna ha ucciso il nemico!
La sabbia è intrisa di sangue!
Nessuno può fermare una donna quando la battaglia la chiama!
ARPA - La donna alza lo sguardo
ha il fuoco dentro gli occhi
sa urlare come un uomo
è forte più di un uomo
uccide come un uomo
uccide più di un uomo
la donna alza la spada
uccide il suo nemico
la donna che dà vita
sa dare anche la morte
tremate se vi guarda
la donna sa lottare
MARYAM - Madre, chi sono io? Sangue, sabbia, guerriera?
Tu sei sangue.
Fare figli? E' questo il senso della mia vita?
Tu sei sabbia.
Riverire il marito? E' questo il senso?
Tu sei guerriera.
Fare l'amore? Questo devo fare?
Tu sei colei che è.
Chi sono io?
Tu sei l'origine.
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Ma dopo di me che cosa è venuto?
Dopo di te è venuto l'uomo.
PARTE SECONDA
ARPA -
Un giorno è apparso Dio
gli ha detto Sei il profeta
chi era solo un uomo
ha scritto la parola
Perché non posso anch'io
raggiungere la meta
il dono voglio anch'io
di dare la parola
Profetessa profetessa
sei sabbia solo sabbia
a te non è concessa
che questa cupa rabbia
MARYAM - Si dice: all'inizio era il Caos... No, no. Il Caos è venuto dopo. Con il commercio, la
politica, la televisione e il traffico all'ora di punta. All'inizio c'era l'Energia. Una Grande
Ovaia che sparò fuori stelle e pianeti. Uno di questi era la Terra. La prima scimmia
antropomorfa fu una femmina, che aveva bisogno di stare eretta per dare un occhio ai maschi
pasticcioni. Anche il primo uomo fu una donna. E' tutto scientificamente documentato. Il cielo
era l'aria, il sole la stella, il fuoco la fiamma... tutto era femminile. Non avevano ancora
inventato il dio maschio. La donna comandava sui figli sia femmine sia maschi e continuava a
comandare anche quando erano diventati adulti, perché li aveva fatti lei.
Dato che la vita era semplice e non c'erano questioni come l'osservanza dei confini o la
proprietà privata o il monopolio o la multinazionale... la donna poteva allevare i figli e avere
le mestruazioni senza dovere rinunciare a emanare quelle poche leggi che bastavano per la
convivenza.
Trovava anche il tempo per farsi bella, andare al mercato e divertirsi con le amiche.
L'uomo era invidioso.
Era anche più cattivo. Forse a causa dei peli che lo facevano assomigliare ancora a uno
scimmione.
Era anche più forte e più bugiardo.
Si sentiva un idiota, quando si paragonava alla donna; e un certo punto decise di mettersi in
proprio
ARPA - Ascolta, donna, io sono stanco di camminare per tutto il giorno. Sai che cosa ho
pensato? Ti costruisco una casa. Sei contenta? Ti faccio le pareti, il tetto, il pavimento, la
porta e anche una finestra, così puoi spiare chi passa. Sei contenta? Tu stattene qui tranquilla a
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riposarti, mentre io vado a caccia. Sei contenta? Prepara il fuoco, perché stasera facciamo
festa. Dimmi che sei contenta, altrimenti mi arrabbio
MARYAM - Trascorsi il pomeriggio a fantasticare su come avrei potuto rendere più accogliente
la casa con quadri alle pareti, tappeti sul pavimento, tende alla finestra e deliziosi oggetti di
artigianato collocati qua e là. Dedicai finalmente del tempo a me stessa e mi feci bella.
Strofinai il corpo con pietra pomice, chiodi di garofano e zenzero. Lavai i capelli con tuorlo
d'uovo. Imbiancai il viso con pasta di mandorle e di gelsomino. Infarinai il collo. Tinsi con
l'hennè i capelli, le mani e i piedi. Mi accucciai sul falò di incenso, mirra e legno di sandalo.
Depilai le parti intime, perché il mio uomo mi voleva bambina e anche quelle tinsi con
l'hennè. Quella sera, avrei danzato solamente per il mio uomo, perché era stato buono con
me, perché volevo che continuasse a essere buono
ARPA - Ho eretto una recinzione attorno alla casa, per sicurezza. E ho messo una serratura alla
porta. La chiave la tengo io, per sicurezza
MARYAM - L'uomo fece sapere a tutti che la sua casa era privata e che per entrarci bisognava
essere invitati. Gli intrusi se la sarebbero vista con lui e infatti dopo tre giorni aveva già
ammazzato cinque estranei, i cui parenti giurarono vendetta. Fecero la guerra, ma le donne,
per sicurezza, non poterono partecipare. Una donna domandò al marito: Sei sicuro che sia una
cosa fatta bene? Mi sembra che questa sicurezza diventi troppo pericolosa. Non posso
lasciare liberi i figli, perché ho paura che i tuoi nemici li uccidano. Nemmeno io posso uscire,
perché tu hai paura che il nemico mi violenti. Non si stava meglio prima?
ARPA - Ascolta, donna. Ci sono cose che tu non puoi capire
MARYAM - E tu, invece, sì?
ARPA - Certo, perché ho sentito le voci della rivelazione che sono scese dal cielo
MARYAM - E perché io non le ho sentite?
ARPA - Perché erano voci maschili e si rivolgevano agli uomini
MARYAM - E che cosa ti hanno detto quelle voci?
ARPA - Che l'uomo deve prendersi cura della donna, come la donna si prende cura dei figli
MARYAM - Finalmente noi donne potemmo preoccuparci per la nostra sicurezza. Finalmente
diventammo strumenti che l'uomo può spezzare a suo piacimento. Finalmente esistemmo
solo finché sappiamo obbedire, finalmente fummo al mondo per morire appena l'uomo lo
ordina, finalmente respirammo solo finché l'amore dell'uomo ha bisogno di noi. Fortunate noi,
che non abbiamo altro destino che la sottomissione, altra anima che la volontà dell'uomo, altra
speranza che la sua felicità
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ARPA - Ascolta, donna. L'uomo abita il mondo, la donna l'harem. Solo in questo modo è
possibile sfuggire al disordine sociale, alla passione devastante, all'infelicità che deriva dal
disordine e dalla passione. La società umana è come il corpo: la donna è il cuore, e sta
nascosto nel petto; l'uomo è il braccio e agisce nel mondo; dalla loro armonia nasce il
pensiero rispettoso della volontà divina
MARYAM - Quando compii sette anni, mio padre disse a mia madre:
ARPA - Ho pensato bene di farla passare negli appartamenti interni dell'harem senza aspettare
che abbia dieci anni, perché non è mai troppo presto per provvedere alla salvaguardia della
virtù
MARYAM - Soltanto un ricordo mi è rimasto dell' ingresso nell'harem, quello degli eunuchi.
Erano schiavi provenienti dall'Alto Nilo, dal Sudan, dalle terre attorno al lago Ciad o
dall'Abissinia, che venivano castrati durante una tappa del viaggio, come mi raccontò Usbek,
un gigante dal viso imbronciato che per me aveva una passione segreta. Gli piaceva vedermi
inorridire quando mi descriveva come i ragazzini, dopo l'operazione, venissero sepolti nella
sabbia fino alle ascelle, per cauterizzare le ferite.
Usbek era un vero e proprio castrato, in quanto gli erano stati tagliati sia il pene sia i testicoli.
Ad altri venivano solo strappati o schiacciati
ARPA - Anzitutto, si bagna con acqua pepata la parte in questione. Poi, il tutto, testicoli e pene,
è tagliato via il più vicino possibile al corpo con un coltello a forma di falce. Oppure, si apre
lo scroto e si tolgono i due testicoli. Nel primo caso, si infila uno zipolo nell'orifizio
principale, alla radice del pene. Alcuni buttano sulla ferita olio bollente o immergono il
paziente nel letame fresco. Dopo tre giorni, il tappo viene tolto e il paziente può finalmente
orinare. Se non ci riesce, è condannato a una morte dolorosa, perché i condotti si sono ostruiti
e niente può salvarlo
MARYAM - Ecco il primo ricordo: un'impressione di violenza e di sofferenza. Ancora non mi
sentivo prigioniera dell'harem, che per me bambina era un luogo di mistero e di fascino; ma la
condizione di Usbek, prigioniero di un luogo e del proprio corpo, mi incuriosiva e mi
inquietava, come se egli fosse lo specchio di un'anima che era anche la mia
ARPA - Se vuoi conservare i valori di una società sana e forte, elimina e nascondi ciò che
costituisce una minaccia. Niente deve sfuggire al controllo
MARYAM - Se Usbek era stato castrato nella sessualità e se la nostra condizione era simile, in
che cosa avevano castrato me?
L'harem pervadeva i nostri corpi con i fumi odorosi, gli effluvi delle essenze, i profumi
inebrianti... e il desiderio di evadere illanguidiva come la nostra carne. Ma l'harem penetrava
nella carne e invadeva la mente. La nostra intelligenza venne piegata dalle cure spietate di un
giardiniere onnipotente e tutti i sogni e tutti i discorsi non avevano altro oggetto che la
soddisfazione del nostro signore, l'uomo.
Ero piccola e facile alle seduzioni. Dimenticai me stessa, persi ogni rapporto con la mia
identità e la parola libertà mi suonò come una bestemmia.