COMMENTO ETICHETTATURA ALIMENTI_genn2011
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COMMENTO ETICHETTATURA ALIMENTI_genn2011
Indicazione d’origine nella etichetta dei prodotti alimentari: dubbi interpretativi nell’applicazione della normativa. La Commissione Agricoltura della Camera dei deputati in sede deliberante, ha recentemente varato il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari”, che prevede l'indicazione obbligatoria sulle etichette dei prodotti alimentari dell'origine geografica delle materie prime utilizzate nella preparazione La legge introduce all’articolo 4 l’obbligo di riportare sulle etichette di tutti i prodotti alimentari il “luogo di origine o di provenienza”, e rinvia a successivi decreti interministeriali di attuazione i criteri e le modalità che ogni filiera produttiva dovrà seguire. Il testo dice : “Per i prodotti alimentari non trasformati, l’indicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti.” Fintantochè quindi non saranno emanati i decreti di attuazione. non potrà scattare l’obbligo di indicare l’origine che inizierà però ad essere applicato 90 giorni dopo l’emanazione dei suddetti decreti interministeriali, firmati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza tra lo Stato e le Regioni e Province autonome. Ciò è dovuto al fatto che questi decreti dovranno venire notificati alla Commissione europea, che si riserverà prima di emanare il suo parere un periodo la cui durata ordinaria è appunto di tre mesi, rinnovabili di ulteriori tre. Prima di entrare più in dettaglio nelle norme introdotte occorre sottolineare che l’intera legge si pone in potenziale contrasto con le attuali norme comunitarie e potrebbe innescare una procedura d’infrazione comunitaria, considerando il precedente della legge 204/2004 (articolo 1-bis), che ugualmente introduceva il medesimo obbligo,quando la Commissione europea censurò il comportamento dell’Italia sostenendo l'incompatibilità della norma italiana con il diritto comunitario. Questo rischio è talmente reale in quanto l’intera materia dell’informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari è in corso di riforma a livello europeo e nel testo attualmente in discussione viene riconfermata la linea già prevista dalla Direttiva 2000/13/CE, ovvero che l’indicazione dell’origine dei prodotti diventa obbligatoria quando l’omissione della stessa possa indurre in errore il consumatore, con la proposta di renderla in ogni caso obbligatoria per tutte le carni fresche ed il latte fresco. Ciò significa che difficilmente potrà essere accettata una legge come quella italiana che impone regole non condivise, che ove passasse il vaglio della Commissione UE potrebbe limitare se non impedire de facto la libera circolazione delle merci. Ma torniamo ai decreti di cui sopra che dovrebbero stabilire: - le “modalità per l’indicazione obbligatoria” - le “disposizioni relative alla tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza del territorio nazionale” (art. 4, comma 3) - “i prodotti alimentari soggetti all’obbligo dell’indicazione” - “il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o produzione dei prodotti” (art. 4 , comma 3) Per quanto riguarda la tracciabilità, in base al reg. CE 178/2002 tutti gli operatori della filiera alimentare e dei mangimi sono obbligati a dotarsi di un registro dei prodotti sia in ingresso che in uscita ove annotare anche i rispettivi fornitori e clienti. Ciò consente alle autorità di controllo, nel caso in cui vi siano dei pericoli per la sicurezza dei prodotti, di poter andare a ritroso lungo la filiera per accertare la causa e nelle stesso tempo di poter intervenire efficacemente . Essendo già operativo il sistema di garanzia della sicurezza alimentare dove è previsto che gli operatori registrino tutta una serie di informazioni dettagliate, mettendole a disposizione delle autorità di controllo, non si ravvede la necessità di prevedere ulteriori disposizioni specifiche al riguardo. Omettendo di parlare di alimenti non trasformati per i quali la legge è molto chiara perché specifica che “ l'indicazione del luogo di origine o di provenienza” corrisponde al “Paese di produzione”, cerchiamo ora di approfondire la questione relativa agli alimenti trasformati, in quanto l'indicazione dell’origine può risultare più complicata per via dell’interpretazione da dare alla parola “prevalente” riferita alla materia prima agricola utilizzata. La legge prevede che in etichetta sia indicata accanto alla località dell'ultima trasformazione sostanziale anche il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nel processo produttivo. La questione dunque, è cosa si debba intendere per “prevalente”: 1) 2) Se il termine è in riferimento solo alla tipologia di materia prima agricola più presente nel prodotto rispetto ad altre ( ad es. nel caso della pasta fresca l’indicazione della farina rispetto alle uova ) e quindi in caso si utilizzino quantitativi della stessa tipologia di materia prima provenienti da luoghi diversi indicare le diverse origini; O se il termine debba intendersi in riferimento anche all’origine e quindi indicare nel caso di cui sopra solo l’origine predominante ( ad. es. farina italiana ) posto che vi sia utilizzo di materia prima proveniente da altri luoghi. Poiché la legge è rimasta nel generico della definizione di prodotto trasformato, ovvero non ha differenziato tra prima e seconda trasformazione ( ad es. la farina è di prima trasformazione, la pasta è di seconda ), nel caso stesso della pasta si potrebbe interpretare come materia prima agricola prevalente piuttosto che la farina , prodotto da cui deriva la pasta, il grano da cui origina la stessa farina. In quest’ultimo caso diventerebbe difficoltoso per il produttore della pasta andare ad indicare nella etichetta l’origine del grano, non fosse altro per il fatto che molto spesso la farina è ottenuta da miscelazione di grani di origine diversa e che il pastaio deve affidarsi, assumendone la responsabilità, comunque a quanto descritto dal produttore di farina nella etichetta della stessa. C’è un’altra questione relativa alla paventata corrispondenza tra l’indicazione dell’origine e la possibilità di definire il prodotto "Made in Italy", dal quale discenderebbe che solo nel caso in cui sia attestata l’origine italiana delle materie prime utilizzate potrebbe essere appellato in tal modo il prodotto. Mettere in relazione esclusiva il termine "Made in Italy" con l’origine nazionale della materia prima significherebbe impedire di poter chiamare italiani prodotti che sono fabbricati con materia prima mancante sul territorio nazionale ( es. caffè, cacao, etc ) od ottenuta mixando varie origini per migliorare le caratteristiche ed elevare la qualità organolettica del prodotto finale ( es. i vari grani che concorrono alla produzione delle paste alimentari tipiche ). Sarebbe certamente una forzatura non riconoscere che il "Made in Italy" è piuttosto il risultato di una combinazione di vari elementi quali ad es. la capacità di operare scelte oculate nella selezione delle materie prime, l’accorta azione di mixare correttamente le stesse materie prime, il rispetto di processi produttivi tradizionali e consolidati agganciati al territorio di riferimento etc. Auspichiamo che in sede di predisposizione dei decreti attuativi tutti dubbi interpretativi ed i passaggi poco chiari della stessa legge, che abbiamo evidenziato, possano essere affrontati e risolti, prevedendo anche per gli operatori di seconda trasformazione ( ad es. pastai ) una deresponsabilizzazione sulla veridicità dell’origine della materia prima agricola in quanto impossibilitati a verificare la correttezza dell’indicazione, trasferita direttamente dall’etichetta del fornitore. Arcangelo Roncacci Responsabile Confartigianato Alimentazione