II Domenica di Avvento

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II Domenica di Avvento
Il tuo Volto io cerco, Signore
Percorsi di fede, in ascolto del Vangelo della Domenica
fra’ Alfio B. Lanfranco ofm
II Domenica di Avvento
4 dicembre 2016
Matteo 3,1-12
“In quei giorni venne Giovanni, il Battista” (Mt 3,1). Così entra in scena nel Vangelo secondo
Matteo questo grande uomo, che conduce la Chiesa, nel cammino del tempo d’Avvento, incontro al Signore
che viene. Giovanni, da subito, viene qualificato per una funzione ben precisa, quella di battezzare, e questa
sua funzione diventa la sua identità: è il Battista, il battezzatore.
Giovanni calca la scena dei suoi giorni, con insolito e sicuro protagonismo, e desta subito
l’attenzione dei suoi contemporanei, e la nostra. Lo storico Giuseppe Flavio nella sua opera Antichità
Giudaiche - importante testimonianza extrabiblica – affascinato e pieno di ammirazione, così lo descrive:
“uomo buono che esortava i Giudei a una vita corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà
verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo”(XVIII, 117).
Desta meraviglia la descrizione dettagliata che fornisce l’evangelista Matteo:
“E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi;
il suo cibo erano cavallette e miele selvatico”(3,4).
Lo immaginiamo dinanzi a noi, austero e penitente, quasi un asceta rigido e severo. Di certo la sua vita fu
austera, di una austerità che nasce dalla radicalità con cui si accoglie la Parola di Dio nella propria vita, e
ascetica, di un’ascesi tipica di chi nel cuore veglia costantemente per attendere il Signore che viene. Eppure
l’evangelista più che l’icona del penitente desidera offrirci l’icona del profeta. Sì. La descrizione che egli
fornisce ci dice che Giovanni era un profeta. Un abito profetico, il suo; così viene descritto il profeta Elia:
“Era un uomo coperto di peli; una cintura di cuoio gli cingeva i fianchi” (2Re 1,8). Ebbene cambia lo
scenario: quel Giovanni a cui accorrevano dalla città santa di Gerusalemme e da tutta la Giudea e dalle zone
vicine il fiume Giordano (cfr. v5), cioè da ogni dove, è un profeta. Colui che parla a nome di Dio.
Torniamo al primo versetto, osserviamo bene la descrizione fornita da Matteo: subito dopo averlo
presentato come il Battista, aggiunge che lui predicava nel deserto la conversione. Lui predica, lui annuncia,
lui evangelizza. È la sua prima funzione, è la sua vera identità: anche il battesimo da lui praticato è
conseguenza e segno di conversione alla Parola annunciata.
“Predicava nel deserto della Giudea dicendo
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!»(3,1-2)”.
Lui è il compimento della profezia di Isaia:
“Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!”(3,3).
Vorrei con voi, e per voi, soffermarmi su questo particolare del brano evangelico di questa II Domenica di
Avvento. Giovanni l’evangelizzatore – possiamo ben chiamarlo così – porta un annuncio: viene in mezzo a
noi il regno dei cieli. È lo stesso messaggio portato da Gesù. Con le medesime parole e con la stessa
modalità, Matteo introduce, poco dopo nella scena, Gesù di Nazaret:
“Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano…
e cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 3,13.4,17).
E lui, il Messia maestro, che annuncia la buona novella, rende evangelizzatori i suoi discepoli e affida loro lo
stesso mandato: “Strada facendo, predicate, dicendo: il regno dei cieli è vicino” (Mt 0,17).
Ecco, scopriamo con stupore e meraviglia. che non basta ammirare la schiettezza coraggiosa di
Giovanni l’evangelizzatore che annunciava il regno dei cieli e battezzava; non basta accogliere il “regno in
mezzo a noi” in Cristo Gesù. Occorre, nuovamente, convertirci alla nostra vera identità: siamo
evangelizzatori. Tutti noi. In qualsiasi situazione esistenziali ci troviamo e qualsiasi ruolo esercitiamo.
Siamo, innanzitutto, evangelizzatori: portatori della notizia buona, del Vangelo. Ogni giorno e in ogni
circostanza; con la nostra vita e la testimonianza delle buone opere, e poi, se dovesse servire, anche con
parole rispettose e coraggiose.
È l’invito che fa a tutti noi papa Francesco:
“In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario
(cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della
sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione (…). La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo
protagonismo di ciascuno dei battezzati. Questa convinzione si trasforma in un appello diretto ad ogni
cristiano, perché nessuno rinunci al proprio impegno di evangelizzazione, dal momento che, se uno ha
realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione
per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni.
Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non
diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. Se non
siamo convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù,
andavano a proclamarlo pieni di gioia: «Abbiamo incontrato il Messia» (Gv 1,41). (…) E noi che cosa
aspettiamo?(Evangelii Gaudium 120).
E noi cosa aspettiamo? Partiamo per raggiungere i luoghi della nostra quotidianità e ridiventiamo missionari
della Sua presenza. Il regno è vicino: è in mezzo a noi. È Cristo Gesù in mezzo a noi; in noi.