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Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia
Le basi neurobiologiche dei processi cognitivi
intrinseci e loro modulazione mediante nuove
tecniche di elettrofisiologia non invasiva
Relatore: Chiar.mo Prof.
Alessandro Rossi
Laureanda
Giulia Sprugnoli
A.A 2014/2015
Dipartimento di Scienze Mediche Chirurgiche e Neuroscienze
Dipartimento di Biotecnologie Mediche
Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo
Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia
Le basi neurobiologiche dei processi cognitivi
intrinseci e loro modulazione mediante nuove
tecniche di elettrofisiologia non invasiva
Relatore: Chiar.mo Prof.
Alessandro Rossi
Laureanda
Giulia Sprugnoli
A. A. 2014/2015
2
Alla mia famiglia,
che mi ha supportato (e soprattutto sopportato)
in questo lungo cammino.
3
INTRODUZIONE ........................................................................................................... 10
Un insight nell’Insight: definizioni ............................................................................. 11
Insight nell’insight: identificare il processo ................................................................ 13
Insight o InsightS?....................................................................................................... 15
Insight-task .................................................................................................................. 16
Insight e creatività ....................................................................................................... 21
REVISIONE DELLA LETTERATURA ........................................................................ 23
Metodi di ricerca ......................................................................................................... 23
RISULTATI DELLA REVISIONE ................................................................................ 25
Asimmetria emisferica ed Insight ............................................................................... 25
Attività oscillatoria durante l’insight problem solving ............................................... 26
Attività oscillatoria durante la preparazione mentale e il resting-state ....................... 28
ERPs (event-related potential) durante l’insight problem solving .............................. 29
Attivazione fMRI e Insight ......................................................................................... 31
Stimolazione elettrica transcranica e Insight............................................................... 33
TMS and insight .......................................................................................................... 35
Conclusioni ................................................................................................................. 36
PARTE SPERIMENTALE: neuropsicologia clinica ...................................................... 39
METODICHE NEUROFISIOLOGICHE E DI NEURO-IMAGING ............................ 39
Elettroencefalografia (EEG)........................................................................................ 39
Risonanza magnetica funzionale (fMRI) .................................................................... 41
Diffusion Tensor Imaging (DTI) ................................................................................. 42
METODICHE DI NEUROSTIMOLAZIONE NON INVASIVA (Non-Invasive Brain
Stimulation - NiBS)......................................................................................................... 43
Introduzione ................................................................................................................ 43
Tipi di Stimolazione elettrica transcranica (tES) ........................................................ 44
Meccanismi fisiologici della tES ................................................................................ 48
Usi clinici delle tecniche di tES .................................................................................. 50
Stimolazione magnetica transcranica (TMS) .............................................................. 52
METODICHE DI ANALISI GENETICA ...................................................................... 54
4
MATERIALI E METODI ............................................................................................... 56
Partecipanti .................................................................................................................. 56
MRI ............................................................................................................................. 56
Assessment neurocognitivo ......................................................................................... 56
Insight-task .................................................................................................................. 58
Seduta di Stimolazione elettrica .................................................................................. 59
ANALISI STATISTICA ................................................................................................. 64
RISULTATI .................................................................................................................... 66
tACS ............................................................................................................................ 66
tRNS ............................................................................................................................ 68
fMRI ............................................................................................................................ 70
Clustering e Predizione ............................................................................................... 72
DISCUSSIONE ............................................................................................................... 75
Stimolazione ................................................................................................................ 75
fMRI ............................................................................................................................ 76
Clustering e Predizione ............................................................................................... 77
CONCLUSIONI .............................................................................................................. 79
BIBLIOGRAFIA............................................................................................................. 81
RINGRAZIAMENTI ...................................................................................................... 88
5
La sola cosa realmente di valore è l’Intuizione.
A. Einstein
La tradizione vuole che la famosissima Teoria della Relatività si delineò una sera nei
pensieri di Albert Einstein attraverso un’immagine che fu, per così dire, illuminante:
ricordando il suo viaggio in tram a Berna da cui vide l’imponente torre dell’orologio,
immaginò che il vagone aumentasse la sua velocità fino a raggiungere quella della luce.
Naturalmente comprese subito che l’orologio della torre in quel caso gli sarebbe
sembrato immobile e che il suo orologio al polso avrebbe continuato a scandire i
secondi normalmente: “La soluzione mi apparve all’improvviso, pensando che i nostri
concetti e le nostre leggi sullo spazio e sul tempo possono rivendicare una validità solo
nella misura in cui si trovano in chiara relazione con la nostra esperienza.”1
Proprio quest’affascinante processo cognitivo intrinseco -intuizione, illuminazione, o in
termini tecnici insight, ritenuto da alcuni scienziati la forma più alta e pura di
conoscenza- è tra gli oggetti di ricerca di un grande progetto di studio, condotto dal
dipartimento di Neurologia del professor Alessandro Rossi, all’interno del quale
s’inserisce questa tesi.
Il progetto Apollo prevede una valutazione multimodale di giovani volontari che ha
come scopo fondamentale quello di trovare correlazioni tra le performance degli
individui cui è somministrata una stimolazione e il loro pattern neurofisiologico basale a
riposo. Per fare tutto ciò, è stata messa a punto una fitta rete di collaborazioni a livello
sia intraospedaliero che extraospedaliero, grazie alla quale i soggetti possono essere
1
http://www.astronomia.com/2007/05/29/il-dubbio-di-einstein-la-nascita-della-relativita-ristretta/.
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studiati dal punto di vista genetico, neurofisiologico, neuroradiologico e, infine, con le
nuove tecniche di stimolazione magnetica ed elettrica non invasiva. Per prima cosa, essi
sono sottoposti a uno studio di risonanza magnetica funzionale e nella stessa seduta
svolgono semplici e brevi task su laptop per valutare le funzioni cognitive di base.
Quindi, per quanto riguarda l’analisi genetica di alcuni polimorfismi cruciali per la
plasticità neuronale e che sembrano avere correlazioni anche con la variabilità di
risposta ai diversi tipi di stimolazione, è effettuato un brushing orale che ci permetterà, a
raccolta conclusa, di effettuare le analisi di diversi polimorfismi (in primis quello del
BDNF), ritenute utili a integrare i dati per le correlazioni delle varie risposte
neurofisiologiche. A questo punto, completato l’assessment neurologico di base, i
volontari partecipano a sedute di stimolazione magnetica ed elettrica, volte ad
aumentare alcune capacità cognitive specifiche (come appunto l’insight, argomento
centrale questa di questa tesi) ma anche volte al semplice studio della risposta
elettrofisiologica cerebrale del soggetto, cui vengono somministrate stimolazioni
elettriche e magnetiche. Le sedute prevedono inoltre una parte iniziale di studio
elettroencefalografico ad alta densità (128 canali, per ottenere un EEG resting-state del
soggetto) che è stato reso disponibile grazie alla collaborazione della neuropsichiatria di
Roma Tor Vergata, tramite il professor Giorgio Di Lorenzo.
I processi cognitivi intrinseci hanno da sempre attratto l’attenzione dei ricercatori, vista
la loro natura sfuggente e mal delineabile nei confronti della rigorosa valutazione
scientifica. Possiamo definire un processo cognitivo intrinseco come un’attivazione
neurale inconscia che si verifica indipendentemente e in maniera involontaria rispetto
alla coscienza, della quale il soggetto diventa consapevole soltanto nel momento in cui
determina una notevole “forza” di attivazione cerebrale.
I primi studi che miravano a identificare l’esistenza di processi subconsci, precedenti le
azioni volontarie e consapevoli, sono stati condotti a partire dagli anni Sessanta, quando
due ricercatori tedeschi scoprirono il bereitschaftpotential, il “potenziale di
preparazione” o “potenziale di prontezza”. Altri esperimenti successivamente
confermarono questi risultati, registrando il potenziale di prontezza che precedeva la
decisione cosciente del soggetto di circa 0,35 secondi, quindi prima dell’insorgenza del
potenziale di azione. Come vedremo nel dettaglio, il processo dell’Intuizione, può
essere incluso in questa categoria di processi mentali; esso origina, infatti, da
7
un’attivazione cerebrale e riorganizzazione mentale del tutto inconscia e involontaria
nel soggetto.
Che cos’è quindi questa illuminazione, intuizione o insight? Partendo da una definizione
enciclopedica, essa è descritta come la conoscenza raggiunta senza applicare un
ragionamento; il termine deriva dal latino intuitio che ha il significato letterale di
“osservare dentro”, quindi di comprendere immediatamente qualcosa senza aver
bisogno dell'aiuto della ragione. In campo neuroscientifico, il processo d’insight è
definito come un’imprevedibile ed improvvisa comprensione, indicata comunemente
come il momento “Aha!” o “Eureka!”. Non solo scientificamente, ma anche nel
linguaggio comune, è chiara la differenza tra il processo di conoscenza analitica, step by
steps, che deriva da un ragionamento logico ben riproducibile e spiegabile dal soggetto
stesso e la cosiddetta “illuminazione”, quella conoscenza che giunge in maniera del
tutto inaspettata, senza aver fatto un percorso logico riproducibile (perlomeno a livello
conscio) e che ci strappa solitamente un’esclamazione tipo “Aha!”.
In letteratura, il momento dell’intuizione è spesso associato o incluso in quello molto
più ampio di Creatività che, proprio come il concetto di insight, non è stato ancora ben
identificato e delineato dal punto di vista neurofisiologico. D’altro canto una miriade di
scoperte scientifiche (dal famoso Eureka di Archimede, alla stessa Teoria della
Relatività) sembra derivino proprio da intuizioni del tutto improvvise ed inaspettate;
questa stretta e frequente associazione tra l’evento dell’intuizione e alcune delle
scoperte creative e innovative più importanti della storia umana, non ha di certo
facilitato il compito dei neuroscienziati nella definizione e delineazione dei due processi
cognitivi.
Negli ultimi dieci anni tuttavia, sembrano emergere alcuni dati preliminari che ci
permettono se non di definire completamente, perlomeno di inquadrare il processo
mentale dell’intuizione dal punto di vista neurofisiologico, come afferma John Kounios,
uno dei massimi neuroscienziati esperti di questo settore cognitivo 2 . Con queste
premesse, abbiamo ipotizzato che fosse effettivamente possibile testare, con un nostro
studio, un protocollo di stimolazione elettrica non invasiva, che potesse incrementare,
potenziare o anche solo velocizzare (in una parola: modulare) il processo
dell’intuizione.
2
Mente & Cervello, N. 120, anno XII, pag. 26
8
Per creare un protocollo potenzialmente di successo, dovevamo innanzitutto individuare
le aree cerebrali implicate nel processo e quindi estrapolare il relativo pattern
oscillatorio presente durante il fenomeno Aha! Per cercare di portare alla luce questi
dati, è stato essenziale quindi compiere una raccolta ed un’analisi critica degli studi che
in letteratura hanno usato metodiche di neuroimaging, neurofisiologiche e di
stimolazione elettrica non invasiva per definire e caratterizzare il processo di insight; da
questa revisione della letteratura sono stati estrapolati i risultati salienti per quanto
riguarda la localizzazione anatomica e la specifica attività cerebrale associata
all’intuizione. Tenendo quindi presenti queste evidenze anatomo-fisiologiche emerse
dalla letteratura, (che comunque non sono abbondanti né confermate in maniera
uniforme nei vari studi), è stato infine progettato l’esperimento di stimolazione elettrica
non invasiva volto al potenziamento della capacità di raggiungere l’Aha moment.
9
INTRODUZIONE
L’inizio della ricerca scientifica nell’ambito dell’insight problem solving è fatta risalire
classicamente ai primi del 1900, quando lo psicologo tedesco Köhler (1920) osservò che
gli scimpanzé erano capaci di risolvere problemi improvvisamente, sommando
contemporaneamente tutti gli elementi essenziali per trovare la soluzione, piuttosto che
usare l’approccio più “tradizionale” del trial and error. Nella sua visione, il processo
d’insight rappresentava un aspetto fondamentale dell’organizzazione del pensiero, non
soltanto applicabile al problem solving, ma anche all'apprendimento generale.3
Nel corso degli anni diverse teorie, spesso supportate da dati comportamentali, sono
state proposte per cercare di delineare questo affascinante e misterioso processo
cognitivo, tuttavia nessuna ha raggiunto una definizione conclusiva date le difficoltà
tecniche di studio del fenomeno, così improvviso e involontario. Ad oggi tuttavia, visti i
recenti ed enormi progressi che si sono avuti in ambito neurofisiologico e di
neuroimaging, è nata una nuova era di ricerca per l’insight. Grazie al perfezionamento
di tecniche come la risonanza magnetica funzionale e l’elettroencefalografia ad alta
risoluzione, sono emersi i primi dati attendibili sulla localizzazione anatomica e sul
modello fisiologico su cui si basa l’intuizione. Come possiamo immaginare, questa
ricerca è ancora ad una fase iniziale; tra gli stessi neuroscienziati, per esempio, non è
stato definito un protocollo di studio standardizzato per quanto riguarda lo studio
dell’insight. Tutto ciò ha dato vita, nel corso degli anni, ad esperimenti strutturati e
condotti in maniera profondamente diversa l’uno dall’altro, a partire dal tipo di task
usato per valutare il fenomeno intuitivo, fino alla specifica capacità studiata in
laboratorio ritenuta una forma d’insight. Nel voler condurre uno studio sperimentale di
stimolazione elettrica non invasiva volto ad accrescere il fenomeno dell’intuizione, non
potevamo prescindere dall’effettuare una revisione della letteratura che ci permettesse
di fare chiarezza sui dati emersi fino ad ora e di trovare quelli più significativi su cui
costruire il protocollo di stimolazione.
3
http://www.sapere.it/enciclopedia/K%C3%B6hler,+Wolfgang.html/
10
Un insight nell’Insight: definizioni
Lungo tutta la storia dell’umanità ci sono state numerose scoperte scientifiche
riconducibili tradizionalmente a episodi d’illuminazione improvvisa, (la scoperta della
legge di gravitazione universale di Newton grazie all’episodio della mela caduta in
testa, quella della struttura del benzene da parte di Kekulé, le scoperte di Poincarè in
ambito matematico), tuttavia quella cui classicamente si fa riferimento come primo
episodio di vera intuizione presente nella storia dell’uomo è la scoperta del principio del
galleggiamento da parte di Archimede. L’intuizione avvenne del tutto inaspettatamente
durante il suo bagno, guardando fuoriuscire l’acqua dalla vasca a causa dell’immersione
del suo corpo e si narra che egli ne fu così entusiasta che uscì nudo correndo per le
strade e urlando “Eureka!” (in greco, “ho trovato”). Questa descrizione riassume alcune
caratteristiche del meccanismo dell’intuizione che saranno in seguito proposte come
caratteri fondamentali dagli psicologi appartenenti alla corrente della Gestalt, i primi ad
interessarsi del fenomeno.
A questo punto occorre precisare quali sono i metodi di problem solving generalmente
riconosciuti dai neuropsicologi. Possono esserne definiti tre esattamente: il metodo
analitico di ricerca (search), l’insight e il semplice richiamo mnemonico (memory
retrieval) (Novick 2003).
Il metodo di ricerca analitica è il metodo più comunemente usato nella soluzione di
gran parte dei problemi nella vita quotidiana e non, identificato da tre caratteristiche
fondamentali:
1) è un metodo di ricerca deliberatamente messo in atto dal soggetto a livello
prevalentemente conscio;
2) porta al raggiungimento della soluzione grazie ad un processo step by step, dalla
presentazione iniziale del problema alla sua soluzione;
3) ogni passo in avanti verso la soluzione è chiaramente riportabile e motivabile dal
soggetto, che riesce quindi a spiegare il raggiungimento della soluzione.
Il richiamo mnemonico (memory retrieval) si basa semplicemente sul riportare alla
luce informazioni e conoscenze precedentemente apprese, non ristrutturate, per
adeguarsi alla soluzione del problema. Alcune volte, tuttavia, la presentazione
improvvisa di queste informazioni, consolidate nei circuiti cerebrali ma non
immediatamente accessibili alla coscienza, può simulare un Aha moment; dopo
11
un’attenta analisi però emerge come non ci sia stato effettivamente nessun fenomeno di
riorganizzazione, elemento essenziale per parlare di insight (Lisa Aziz-Zadeh 2009).
Infine abbiamo l’insight process, il momento dell’intuizione improvvisa che stiamo
cercando di delineare in questa trattazione. Esso, come iniziamo a capire, è
sostanzialmente diverso dai metodi appena descritti. Il momento Eureka può essere
definito, in accordo con le teorie succedutesi nel corso degli anni, come un’improvvisa e
inaspettata rivelazione della soluzione che si palesa in tutta la sua ovvietà. Il soggetto, al
primo approccio con il problema, può incorrere nell’impasse, cioè in un impedimento
nella progressione verso la soluzione del problema, che appare insuperabile. Esso
inoltre non è capace di spiegare come ha raggiunto la soluzione, ma effettivamente la
sua mente ha creato nuove analogie semantiche ed altre associazioni non dominanti che
hanno ridefinito il problema, portandolo ad una nuova visione di esso e,
conseguentemente, alla soluzione. Secondo questa definizione quindi, il fenomeno
dell’insight è considerato un processo mentale articolato, non singolo (Edward M.
Bowden 2005), ma non tutti gli scienziati sono concordi nel sostenere questa visione.
Valutando cronologicamente le varie teorie succedutesi negli anni, come abbiamo
accennato, i primi psicologi ad addentrarsi nel campo misterioso dell’Aha moment sono
stati quelli appartenenti alla scuola della Gestalt. Essi ritenevano che l’insight fosse
basato sulla ristrutturazione del cuore del problema, processo reso possibile, a livello
inconscio, dal ridefinire e riorganizzare i suoi aspetti di base e dal creare perciò una
nuova e useful solution. Caratteristicamente il tutto avveniva in maniera assolutamente
improvvisa e inaspettata (Kohler 1925). Allo studio della scuola Gestalt, si deve anche
l’introduzione dei primi task classicamente usati per la valutazione dell’insight, come il
nine dots problem che analizzeremo in dettaglio successivamente.
Seguendo questa linea di pensiero, più recentemente, Bowden e Jung-Beeman hanno
offerto un’accurata analisi del fenomeno nella review “New approaches to demystifying
insight” (Edward M. Bowden 2005). Come avevamo anticipato nella differenziazione
dei tre processi di problem solving, essi definiscono l’Aha moment come una chiara e
improvvisa soluzione (intuizione) che compare inaspettatamente nella mente del
soggetto per problemi cui non era stata ancora trovata una risposta. Molto spesso essa
insorge dopo aver superato l’impasse nel momento in cui si formano nuove associazioni
tra le caratteristiche del problema le quali, dando vita ad una nuova rappresentazione,
12
permettono di farci oltrepassare il blocco mentale; è implicita l’impossibilità del
soggetto di spiegare come ha raggiunto la soluzione.
Arrivando ai nostri giorni, infine, gli psicologi Kounios and Beeman hanno ripreso e
rielaborato quest’ultima teoria per definire ancora più precisamente la struttura d’essere
dell’insight (Beeman 2014) .
Essi considerano l’Aha moment come una “qualsiasi improvvisa comprensione,
realizzazione, o soluzione di un problema che scaturisce da una riorganizzazione degli
elementi, costituenti la rappresentazione mentale del problema nel soggetto stesso, la
quale conduce ad una interpretazione non ovvia o non dominante”. Anche in questo
caso, il processo è ritenuto inconscio, tuttavia l’impasse non è considerato una
caratteristica essenziale e fondamentale dell’insight, in quanto la sua inclusione
obbligatoria comporterebbe la necessità di escludere tre tipologie di fenomeno intuitivo:
1) quello che avviene quando non ci stiamo concentrando sul problema;
2) quella che compare quando abbiamo iniziato ad usare il metodo analitico ma
non siamo ancora arrivati all’impasse;
3) quell’intuizione che esula da qualsiasi problema fosse stato posto alla nostra
attenzione.
Inoltre, essi considerano come una caratteristica non essenziale del processo d’insight
l’insorgenza improvvisa del sentimento positivo cosciente (la piacevole sorpresa) che
accompagna molto spesso l’Aha moment, ma che non è sempre presente.
Negli anni perciò, come abbiamo visto, sono state apportate definizioni sempre più
ricche in termini di caratteristiche attribuite all’insight per giungere alla sua definizione
più completa; ciononostante, il cuore del processo è sempre stato riferito alla creazione
di associazioni mentali e alla ristrutturazione del problema in una nuova e più utile
visione.
Insight nell’insight: identificare il processo
Dopo l’analisi delle definizioni succedutesi nel corso degli anni sull’insight, dobbiamo
identificare le operazioni mentali ritenute necessarie per sperimentare l’intuizione.
Come possiamo aspettarci, vi sono divere teorie diffuse tra i neuroscienziati;
MacGregor, Ormerod, e Chronicle sono stati i primi a proporre una teoria che
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individuasse i punti salienti di questo processo: The Progress Monitoring Theory
(2001). Questa teoria è basata sul metodo hill-climbing: il soggetto prova a raggiungere
la soluzione partendo dallo stato corrente del problema tenendo presente l’obiettivo e
cercando di minimizzare la distanza che lo separa da esso. Quando però giunge al
momento dell’impasse, comprende l’inutilità di questo metodo e inizia quindi a cercare
un nuovo approccio. In questa visione, se il gap di passaggi richiesti per arrivare alla
soluzione partendo dal problema non è profondo, è più probabile che il soggetto arrivi al
momento dell’intuizione. Inoltre, essi considerano il fenomeno Eureka come un
epifenomeno del meccanismo di problem solving generale e ritengono che i
sottoprocessi dell’insight e del metodo analitico siano basati sugli stessi meccanismi
neurofisiologici (Jones 2003).
Al contrario, Knoblich e colleghi hanno introdotto “The Representational Change
Theory” (2001), che ha una visione del processo profondamente diversa dall’ipotesi
precedente. Secondo la loro teoria, il soggetto crea una rappresentazione mentale del
problema molto riduttiva e ristretta, la quale è costruita e modellata sulle esperienze e
conoscenze passate, consolidate nella memoria. Per trovare la soluzione e superare
l’impasse, egli deve abbandonare le restrizioni inutili (unnecessary constraints) che ha
creato nella sua personale rappresentazione del problema, liberandosi dalle conoscenze
passate che automaticamente sono richiamate alla memoria. Infine è necessario
decomporre il problema nei suoi elementi essenziali, suddividendolo in perceptual
chunks. Questi processi portano a una nuova, creativa e risolutiva rappresentazione del
problema. Secondo Knoblich perciò, l’elemento caratterizzante il processo d’insight è la
ristrutturazione, coerentemente con le definizioni d’intuizione succedutesi negli anni.
Tuttavia, entrambe le teorie hanno ricevuto supporto sperimentale per la loro veridicità;
in particolar modo la “Progress Monitoring Theory” si adatta meglio alla risoluzione di
problemi che sono multistep, mentre la “Representational Change Theory” spiega in
misura maggiore i problemi costituiti da un unico step risolutivo.
Infine, anche Bowden e Beeman hanno proposto una particolare successione dei
processi mentali che conducono all’insight, molto simile alla teoria di Knoblich. Essi
ritengono che i passaggi fondamentali siano costituiti da:
1) una prima forte attivazione di informazioni non correlate con la soluzione e una
attivazione debole di altre informazioni che è invece fondamentale e critica nel
condurre il soggetto alla soluzione;
14
2) una ristrutturazione e integrazione degli elementi del problema, resa possibile
dalla creazione di relazioni nuove e non dominanti per l’individuo nel contesto
del problema;
3) per finire, l’emergere a livello conscio di tutto il processo di rielaborazione
svoltosi per gran parte inconsciamente.
Probabilmente i passaggi del processo identificati da Bowden e Beeman sono quelli più
concordanti anche con la definizione d’insight e sembrano effettivamente identificare i
punti salienti del processo; sono necessarie, tuttavia, ancora conferme neurofisiologiche
per avvalorare definitivamente questa tesi.
Insight o InsightS?
Un punto focale di discussione in ambito neuroscientifico sull’Aha moment è se esso sia
un processo caratteristico solo del meccanismo del problem solving o entri in gioco
anche in altri domini cognitivi. Benché la maggioranza dei ricercatori lo consideri
limitato al problem solving di alto ordine cognitivo, contrapponendolo al metodo
analitico, lo psicologo Bowden ha proposto che esso non sia limitato a questo campo,
ma che costituisca un processo generale della cognizione.
Bowden lo riconosce infatti anche:
1) nella percezione visiva: quando si ha l’improvviso riconoscimento di un oggetto
in una immagine sfocata o ambigua;
2) nella comprensione del linguaggio: quando si comprende improvvisamente una
metafora o una battuta.
Secondo la sua visione l’insight condivide processi del problem solving generale con il
dominio della comprensione del linguaggio e della percezione visiva; infatti, anche in
questi due meccanismi dobbiamo estrapolare un’informazione non chiara dal contesto
del problema, integrarla con le nostre conoscenze (attraverso un processo
inconsapevole) e farla emergere alla coscienza (Edward M. Bowden 2005) .
La base per il network di questo processo è stata teorizzata in funzione dell’asimmetria
emisferica: l’iniziale attivazione dominante dovrebbe avere luogo nell’emisfero sinistro,
autore di una fine attivazione semantica, più specifica, mentre la debole attivazione
semantica potrebbe verificarsi nell’emisfero destro, tradizionalmente correlato con
un’attivazione semantica grossolana, meno specifica. Più precisamente, Bowden
15
ipotizza che la regione implicata nella riorganizzazione degli elementi del problema
possa essere il giro temporale antero-superiore destro, dato che molti studi sulla
comprensione del linguaggio mostrano un ruolo fondamentale di questa regione nei task
che prevedono una costruzione di relazioni semantiche distanti e poiché in generale
sembra più coinvolto nei meccanismi di insight piuttosto che in quelli analitici.
Considerando quindi i vari domini cognitivi nei quali tale processo sembra essere
implicato (identificazione di stimoli ambigui, giochi di parole, metafore, creazioni
artistiche e scientifiche), Bowden e Beeman affermano anche che tutti i tipi di Eureka
moment richiedono un comune network neurale e le stesse operazioni mentali (che sono
parzialmente condivise anche con il metodo analitico), mostrando tuttavia allo stesso
tempo differenze nei pattern neurali tra i vari tipi di insight process, oltre che tra il
processo analitico e quello intuitivo. Questa differenziazione ci permetterebbe di parlare
non soltanto di un insight process e dei non-insight process, ma anche di identificare i
vari sottocampi della cognizione nei quali possiamo sperimentare un’intuizione
improvvisa (percezione, comprensione linguistica e, naturalmente, problem solving).
La letteratura comunque ad oggi non è concorde nel ritenere che l’Aha moment sia un
tipo di problem solving che utilizza network distinti e processi mentali dedicati (Theory
of the Special Process), o sia un componente dello stesso problem solving basato sui
medesimi meccanismi cognitivi del metodo analitico (Theory of Business as Usual;
(Edward M. Bowden 2005). Probabilmente, grazie ai recenti sviluppi delle tecniche di
neuroimaging e di quelle neurofisiologiche, sarà possibile fare luce su questo punto
oscuro negli anni futuri.
Insight-task
Come abbiamo già accennato, la scuola Gestalt che per prima si interessò al fenomeno
Aha, introdusse anche alcuni dei test (Nine dots problem4), che saranno definiti “classici
insight problem” per contrapporli ad altri task creati più recentemente con
caratteristiche pressoché opposte rispetto ai primi.
I classici insight-problems presentano, infatti, numerose limitazioni e, per ovviare a
queste, sono state sviluppate nel corso degli anni altre tipologie di task. Innanzitutto, la
strategia di insight problem solving per questi task classici era ipotizzata a priori,
16
ovvero veniva assunto, come dato di fatto, che il soggetto raggiungesse la soluzione
attraverso l’intuizione e non con il metodo analitico perché i problemi erano strutturati
per condurlo ad utilizzare questo metodo a discapito dell’altro. Naturalmente questa
premessa non è confermata da tutti i soggetti (un quarto circa riporta di risolvere questi
problemi analiticamente) e tale metodo di valutazione del processo cognitivo è
inaccettabile ai fini di una conduzione sperimentale basata sull’evidenza (Edward M.
Bowden 2005). Inoltre, essi sono tipicamente molto difficili da risolvere; soltanto una
piccola percentuale di soggetti li risolve o trova la soluzione in un intervallo di tempo
accettabile e quindi ogni singolo esperimento può prevedere la soluzione e la
presentazione di pochi di questi problemi. Infine, sono problemi unici, irripetibili e di
tipo visuo-spaziale, indipendenti quindi dalle conoscenze linguistiche del soggetto, ma
composti ognuno da diverse caratteristiche di struttura e quindi richiedenti specifiche
operazioni mentali, (la risoluzione si basa su un processo generativo-operativo). Ciò
limita enormemente la comparazione dei risultati e l’attendibilità dei dati raccolti. I
classici insight-problems sono: Nine dot problem (Maier 1931), il Dunker candle task
(Abraham 2007) e Eight Coin problem (Öllinger 2013).
La seconda categoria di insight-problem include: gli Anagrammi, gli Indovinelli, i
Matchstick arithmetic aroblems, i Chinese logogrips, i Rebus puzzle, RAT e le CRA. A
differenza dei problemi classici, questi sono basati per la maggior parte sulla
comprensione verbale, sono molto più facili e veloci da risolvere quando somministrati
al campione di popolazione appropriato linguisticamente e sono disponibili molti più
trial per tipologia di problema (ciò è di fondamentale importanza per avere l’affidabilità
dei risultati estrapolati).
I Rebus Puzzles, creati da Cunningham e MacGregor nel 2006, sono composti da
informazioni visive e verbali che devono essere integrate e reinterpretate le une in
funzione delle altre per dar vita ad un modo di dire che corrisponda al rebus presentato.
In questo tipo di task il soggetto deve attuare una constraints relaxation delle regole
grammaticali e di lettura, per ricavare il reale significato dello stimolo visivo composto,
(come teorizzato nella Representational Change Theory).
I Matchstick arithmetic problems (sviluppati da Knoblich nel 1999) sono equazioni
errate scritte in numeri romani con i fiammiferi che non si basano quindi su
17
comprensione verbale e linguistica. Il soggetto può muovere soltanto un fiammifero per
rendere l’equazione esatta matematicamente (Knoblich 1999).
Gli anagrammi (Novick 2003) e gli indovinelli (Luo J. 2003) sono puri problemi
verbali; i Chinese logogriphs sono un tipo particolare d’indovinello, dove la risposta è
un altro carattere cinese che indica una frase, un modo di dire, una parola che deve
essere trovata sommando, sottraendo o sostituendo un segmento dell’indovinello
iniziale, dopo aver compreso il significato nascosto dell’indovinello.
Il Mednick’s Remote Associates Test, comunemente chiamato RAT, (Mednick 1962),
creato negli anni Sessanta per misurare la capacità del pensiero creativo convergente e
spesso per valutare la creatività in generale (Crystal Gibson 2009), è stato usato
recentemente anche per misurare l’insight problem solving (Cerruti C. 2009),
(Razumnikova 2009). In effetti, è stato dimostrato che la performance nelle RAT
correla con lo score nei classici problemi d’insight (Dallob 1993), (Schooler 1995).
L’introduzione di questo test ha segnato una profonda rottura nei confronti dello studio
dell’insight condotto con i task classici; grazie alle sue caratteristiche innovative, infatti,
ha permesso di intraprendere un nuovo tipo di ricerca molto più accurata sul momento
Eureka ma, soprattutto, ha ispirato la creazione delle Compound Remote Associates
problems (CRA) da parte di Bowden e colleghi, uno dei task attualmente più usati per
valutare la capacità d’insight (Edward M. Bowden 2005).
Sia nelle CRA che nelle RAT, gli stimoli consistono in tre parole per le quali in
soggetto deve trovare una quarta che si relaziona con le altre tre; nelle CRA la soluzione
deve formare una parola composta con tutte le altre tre (compound appunto) mentre per
le RAT non è necessario. I vantaggi nell’uso di questi task sono dati dalle caratteristiche
fondamentali degli stimoli: possono essere risolti in pochi secondi, possono essere
presentati in uno spazio visivo ridotto, la soluzione è una singola parola che facilita lo
scoring, sono suddivise per difficoltà, gli stimoli sono numerosi, e infine, possono
essere risolti sia con il metodo analitico che con insight; questo ci permette di analizzare
contemporaneamente i due processi. Tale possibilità ha introdotto una rivoluzione
rispetto alle vecchie concezioni di insight-task appunto, dove si riteneva fosse il tipo di
problema e la sua struttura a determinare indifferentemente per tutti i soggetti il metodo
di risoluzione (analitico o intuitivo). Per differenziare i due metodi di problem solving
durante l’esecuzione del task, ai soggetti è fornita una breve spiegazione che li rende
capaci di indicare con quale metodo hanno raggiunto ogni risposta fornita.
18
L’attendibilità di questa autovalutazione da parte dei soggetti è stata dimostrata dai
differenti pattern a livello comportamentale e nell’attività neurale (Bowden 2003a,
Edward M. Bowden 2007).
Bowden e Beeman perciò, supportati dalle recenti evidenze di neuroimaging, hanno
proposto che la scelta del metodo di risoluzione per questi problemi dipenda dalle
caratteristiche individuali neurocognitive del soggetto: chi ha un determinato pattern
neurofisiologico sembra essere più predisposto a usare l’insight problem solving.
Per riassumere quindi, essi hanno creato le CRA per avere un grande numero di
problemi risolvibili velocemente via insight o analiticamente, meno confondenti nella
loro presentazione e nella struttura per il soggetto se paragonati alle RAT ed, infine,
anche più adatte ad essere risolte tramite metodo analitico rispetto al loro precursore.
Infine, ricordiamo come entrambi i task non sono stati usati solo nella valutazione
dell’Eureka moment nel corso degli anni, ma anche per analizzare l’attenzione (Rowe
2007), (Wegbreit 2012), il disturbo bipolare e la creatività (Fodor 1999), e gli stati
emotivi (Mikulincer 2000).
Dai primi del Novecento quindi, grazie ad una parallela evoluzione del concetto di
insight, gli scienziati hanno creato una batteria di task molto più standardizzata e
appropriata per indagare l’intuizione, la quale ha permesso di considerare oggigiorno
l’identificazione del network e dei meccanismi intuitivi, un obiettivo realmente
raggiungibile.
Figura 1 Esempi di insight task.
19
20
Insight e creatività
L’analisi dei task usati per la valutazione dell’intuizione ci introduce all’ultimo punto
oscuro dell’interessante, quanto ancora misteriosa, ricerca sull’Aha moment: la
definizione del corretto rapporto esistente tra insight e creatività. Come abbiamo appena
visto, infatti, benché le RAT siano state create per la valutazione del pensiero
convergente creativo, sono divenute anche uno strumento utilizzato nella valutazione
dell’intuizione ed hanno ispirato la creazione delle CRA.
Questa sovrapposizione dei task (o di task molto simili come CRA e RAT) per lo studio
delle capacità di insight e di creatività, solleva una questione importante, cioè se sia
possibile considerare il fenomeno dell’intuizione come una componente della creatività
umana.
Innanzitutto, la creatività può essere definita come la più complessa di tutte le attività
umane nonché come il motore dello sviluppo e del progresso in ogni ambito. Più
precisamente, essa è la capacità di cambiare modelli preformati di pensiero, conducendo
alla creazione di qualcosa estremamente utile, nuovo e generativo (Sternberg RJ 1995).
Questa concezione universalmente accettata di creatività potrebbe includere quindi
anche l’ultima definizione d’insight: “realizzazione, (…) che scaturisce da una
riorganizzazione degli elementi costituenti la rappresentazione mentale del problema
nel soggetto, la quale conduce ad una interpretazione non ovvia o non dominante”
(Beeman 2014). In effetti, Mednick a suo tempo, descrisse la creatività come l’abilità di
utilizzare associazioni remote non dominanti tra gli elementi del problema per scoprire
soluzioni non ovvie a un problema posto.
L’Aha moment è considerato, secondo alcuni scienziati, uno specifico processo della
cognizione creativa, assieme al pensiero divergente e alla creatività artistica (Kanso
2010).
Più precisamente, i momenti d’intuizione sono ritenuti componenti della
creatività perché moltissimi processi creativi iniziano proprio con un “Eureka!”, come
abbiamo accennato per le scoperte scientifiche (Newton, Archimede); tuttavia, l’insight
non è certamente implicato in tutte le fasi del pensiero creativo, (come durante la fase
della valutazione dell’idea generata) e non è una caratteristica fondamentale ed
indispensabile del processo creativo. A conferma della visione dell’intuizione come
possibile processo inziale della creatività, è stato visto che i punteggi ottenuti agli
insight-problem correlano con quelli ottenuti nei test di pensiero creativo (Edward M.
Bowden 2007) e con altre abilità cognitive (identificazione di figure sfocate o
21
sovrapposte, percezione) che non sono invece correlate con i punteggi ottenuti ai test di
ragionamento analitico (Edward M. Bowden 2005).
Infine, i test usati per l’assessment della creatività e dell’insight non sono così
chiaramente e completamente separabili. Molti creativity-task richiedono un pensiero
divergente, come nell’Alternate Uses task (il pensiero divergente è definito come
l’abilità di generare multiple risposte in relazione ad “problema aperto”, (Guilford
1967); gli insight-task sono basati o soltanto sul pensiero convergente (l’abilità di
trovare l’unica soluzione al problema) o su entrambe le tipologie di pensiero (Abraham
2007).
Per quanto riguarda le CRA e le RAT, il processo mentale che conduce alla soluzione è
suddivisibile in due fasi: nella prima fase è richiesto un pensiero divergente volto a
esplorare le connessioni possibili tra le parole fornite, nella seconda invece è necessario
un pensiero convergente che conduca il soggetto a una sola parola correlata nei
confronti delle altre date. Il pensiero convergente è quindi il primo step da attuare per
risolvere questi nuovi insight-task ed è la base del processo creativo; di conseguenza noi
riteniamo che sia plausibile considerare l’intuizione come un elemento iniziale del
pensiero creativo, non sempre necessario naturalmente, ma che può dare il via ad un
processo creativo-generativo manifestandosi inizialmente con questa illuminazione del
tutto inaspettata e improvvisa, come è avvenuto, infatti, in moltissime scoperte
scientifiche.
22
REVISIONE DELLA LETTERATURA
Metodi di ricerca
Per costruire l’esperimento di neuromodulazione, come accennato, è stato necessario
condurre una ricerca in letteratura allo scopo di trovare le evidenze neurofisiologiche ed
anatomiche alla base dell’insight-process.
Gli articoli rilevanti sono stati selezionati grazie alla ricerca sui database PubMed e
Google Scholar, senza restrizioni temporali. Per trovare gli articoli di nostro interesse
sono state inserite nei campi di ricerca queste parole: “functional magnetic resonance
imaging”,
“electroencephalography”,
“magnetoencephalography”,
“transcranial
magnetic stimulation”, “transcranial direct current stimulation”, “transcranial alternating
current stimulation”, “transcranial random noise stimulation” (e i relativi acronimi:
rispettivamente TMS, tDCS, tACS, tRNS), combinandole individualmente con le parole
chiave correlate all’insight, come: “Insight”, “Insight problem solving”, “Insight
divergent thinking”, “Divergent thinking”, “Eureka”, “Aha”, “Aha reaction”, “Aha
moment”. Abbiamo escluso volontariamente gli articoli che: trattavano di pazienti con
malattie organiche, parlavano d’ideazioni magiche, si focalizzavano solo su studi
comportamentali, le review, quelli che non citavano l’insight nel loro abstract a meno
che non riportassero l’uso di task come CRA, RAT e indovinelli, ed infine quelli che
non riportavano le coordinate di attivazione per la fMRI.
La raccolta finale includeva 39 studi, così suddivisi (Figura 2 per i metodi di ricerca,
Figura 3 per le percentuali della ricerca, Figura 9 per la tabella riassuntiva sugli studi):
•
1 studio di rTMS,
•
13di fMRI,
•
20 condotti con l’analisi EEG,
•
5 di neuromodulazione (tDCS).
Per ogni studio sono state selezionate le seguenti informazioni: numero di soggetti
inclusi, età media, caratteristiche del disegno sperimentale, specifiche del task usato,
risultati principali. Per gli studi fMRI sono stati raccolti i dati relativi alle singole
specifiche attivazioni dei foci cerebrali; su di questi è stata condotta un’analisi
quantitativa (Activation Likelihood Estimation, ALE) che ha permesso l’identificazione
delle regioni cerebrali più comunemente implicate nel fenomeno dell’insight. Per gli
23
studi di tDCS e rTMS sono state quindi selezionate le informazioni sul montaggio
specifico e sul setup della stimolazione.
Figura 2 La figura indica la metodica di ricerca degli articoli nei due database; inoltre ne sono stati
selezionati altri tre attraverso le parole chiave: 1) “tDCS and NINE DOT PROBLEM” (Chi, 2012); 2)
“tDCS and RAT” (Cerruti, 2009); 3) “tDCS and USE GENERATION TASK” (Chrysikou, 2013).
Figura 2 Risultati relativi alla ricerca condotta su PubMed e Google Scholar (39 studi).
24
RISULTATI DELLA REVISIONE
Asimmetria emisferica ed Insight
Una buona parte di neuro-ricercatori sostiene che l’asimmetria cerebrale sia la base
strutturale e fisiologica per l’insight problem solving (Kanso 2010), con molti studi
(Beeman 2014), (Beeman 2000), (Edward M. Bowden 2007) che ipotizzano il ruolo
prominente dell’emisfero di destra. Nello specifico, è stato chiamato in causa al giro
temporale antero-superiore di destra, visto il suo fondamentale ruolo nella ricerca di
associazioni semantiche distanti tra le parole e, in generale, in una più grossolana
codifica semantica (Edward M. Bowden 2007).
Tuttavia, la nostra analisi della letteratura non supporta interamente questa visione del
processo, con una netta lateralizzazione dell’attivazione oscillatoria cerebrale, sia
durante la preparazione mentale all’intuizione, sia durante i momenti d’insight.
Negli studi di “eventi-insight” (quelli che non affrontano la preparazione mentale
all’insight né il resting-state), la maggior parte delle attivazioni sono diffuse a tutto
l’encefalo (Figura 5). Soltanto alcuni pattern oscillatori sembrano essere lateralizzati a
destra con attività gamma nel lobo temporale e nel frontale, alfa nel parietale e theta nel
temporale. Per quanto riguarda invece, l’attivazione dell’emisfero sinistro, possiamo
notare, tra i lavori emersi in letteratura, soltanto un potenziamento della coerenza nella
banda alfa-1 e beta-1 localizzate ai lobi parietali e temporali di sinistra.
Nello studio che valuta la preparazione mentale all’insight, (John Kounios 2006), i
risultati mostrano soltanto un generalizzato decremento della potenza di alfa, senza
evidenza di nessuna lateralizzazione.
Per quanto riguarda l’analisi del resting-state dei soggetti, inconsapevoli sul tipo di task
che avrebbero successivamente risolto e, soprattutto, per quelli che mostravano una
percentuale maggiore di risoluzione degli anagrammi con insight piuttosto che con il
metodo analitico (John Kounios and Jennifer L. Stevenson 2008), è stata rilevata una
maggiore lateralizzazione delle attivazioni: gamma e beta power localizzati nel frontale
destro, la banda alfa invece presente nel lobo frontale sinistro, e l’attività gamma nel
temporale sinistro. Un dato interessante è che molti di questi pattern registrati durante il
resting-state dei soggetti si trovano nell’emisfero opposto rispetto a quanto rilevato
nelle registrazioni online dell’Aha moment, per esempio un burst di gamma nel
temporale sinistro al posto del destro. Dobbiamo comunque precisare che, avendo
25
trovato in letteratura soltanto uno studio sulla preparazione mentale pre-insighted un
altro sul resting-state, non possiamo ritenere questi dati definitivi, ma sono necessarie
conferme successive.
Per concludere, le poche evidenze della letteratura non supportano una visione del
processo intuitivo che lo vedrebbe così strettamente limitato all’emisfero destro,
notiamo piuttosto una diffusa attivazione cerebrale interemisferica, all’interno della
quale si inseriscono pochi pattern di attività oscillatoria specifici dell’emisfero destro.
Inoltre, per quanto riguarda il resting-state dei soggetti con “elevato insight”, possiamo
rilevare una certa lateralizzazione frontale destra, che però non si presenta negli altri
lobi.
Figura 3 Attività cerebrale nella preparazione mentale all’insight e durante il resting-state.
Attività oscillatoria durante l’insight problem solving
L’analisi dell’attività oscillatoria durante la risoluzione di insight-task, richiede di
considerare i vari tipi di test usati nei diversi esperimenti dato che ciò può in parte
spiegare la variabilità dei dati emersa in letteratura.
26
Le CRA e le RAT sono state usate in quattro su sei studi EEG (Figura 3). Benché le
RAT siano state tradizionalmente più usate per la valutazione della creatività, essendo
questi due test molto simili tra loro, il processo mentale richiesto per trovare la
soluzione è equivalente secondo il nostro punto di vista, quindi possono essere
considerati entrambi insight-task.
Questi quattro studi mostrano un’importante diminuzione, nel lobo frontale, della
potenza in alfa (emisfero destro) e della coerenza (bilateralmente); tuttavia, per quanto
riguarda le onde beta, essi riportano risultati opposti (incremento della coerenza
bilateralmente) e anche un aumento di theta power (bilateralmente). Complessivamente,
questi dati comunque dimostrano un pattern bilaterale di attivazione, con una
lateralizzazione destra spiccata solo per la componente alfa.
Per ciò che concerne il lobo parietale, gli studi suggeriscono un incremento nella
potenza di quasi tutte le frequenze (alfa, theta, gamma) e anche un incremento della
coerenza per le bande alfa-1 e beta-1. Come osservato a livello frontale, anche nel
parietale sembra emergere un pattern di attivazione bilaterale con una lateralizzazione
destra soltanto per quanto riguarda l’aumento dell’alfa power.
Per quanto riguarda il lobo temporale, i risultati sono molto meno consistenti poiché
ogni studio dimostra un pattern oscillatorio differente: un burst di attività gamma
(emisfero destro), un incremento nel theta power (destro), così come un decremento
bilaterale della coerenza in alfa, beta, theta e delta (Δ=1.5–3.5 Hz) e, addirittura,
risultati opposti per la banda alfa (aumento della coerenza nell’emisfero sinistro). In
conclusione comunque, le attivazioni temporali sembrano avere un pattern di
localizzazione meno bilaterale, con una predominanza dell’emisfero destro per la banda
gamma.
Infine, nel lobo occipitale, troviamo un’attivazione completamente diffusa ai due
emisferi, anche se gli stessi studi non riportano dati sovrapponibili. Uno studio, infatti,
riporta un aumento della potenza in theta e gamma, mentre l’altro una diminuzione della
coerenza in alfa.
Per concludere, nonostante l’utilizzo di task simili, non si ha un’evidente concordanza
di risultati nei vari studi; sono riportati infatti cambiamenti in quasi tutte le frequenze
per ogni lobo, bilateralmente o unilateralmente. Nonostante questo, sembra emergere un
ruolo più importante per le onde alfa e, forse, anche per le onde gamma, in quanto i
risultati più consistenti mostrano una diminuzione dell’alfa (power e coerenza) per il
27
lobo frontale, ed un incremento della potenza in alfa nel lobo parietale destro durante
l’insight problem solving.
Figura 4 Pattern oscillatorio durante l’insight problem solving.
Attività oscillatoria durante la preparazione mentale e il resting-state
Come abbiamo in precedenza accennato, in letteratura è presente un solo studio sulla
mental preparation all’insight ed un altro sul resting-state dei soggetti con elevato
insight problem solving. Essi usano due task verbali: le CRA e gli anagrammi; per
quanto riguarda il primo, sappiamo come in questo task sia richiesta una complessa
riorganizzazione e creazione di relazioni semantiche tra le parole somministrate, negli
anagrammi invece il soggetto deve focalizzarsi sulla parola per cercare di trovare la
corretta disposizione delle lettere fornite. In entrambi i casi comunque, è richiesto un
processo di ristrutturazione degli elementi forniti.
Nello studio sulla preparazione mentale (Figura 4), i risultati dimostrano un decremento
della potenza di alfa nel lobo temporale, frontale, parietale che sono tradizionalmente
associate al controllo cognitivo e al processamento semantico, per questo gli autori
28
suggeriscono di leggere questo dato come un’attivazione delle aree fondamentali per la
codifica semantica. Al contrario, la corteccia occipitale presenta un aumento della
potenza in banda alfa, che potrebbe indicare la “defocalizzazione dell’attenzione” verso
gli stimoli esterni a favore di una maggiore attenzione introspettiva, a sua volta
responsabile nel soggetto con insight del “pensare fuori dagli schemi” (“thinking
outside the box”) per trovare la soluzione al problema.
Curiosamente, alcuni di questi risultati sono in contrapposizione con quelli emergenti
dall’analisi del resting-state nell’altro studio. In quest’ultimo, infatti, si riporta
l’incremento della potenza in alfa nel temporale e frontale sinistro assieme ad una
diminuzione della stessa onda nei lobi occipitali. È presente un pattern lateralizzato
limitato al frontale destro che evidenzia un aumento della potenza nelle bande gamma e
beta; nel lobo temporale invece è stato rilevato un incremento bilaterale delle onde beta
e alfa (power) con una maggiore ampiezza delle onde gamma (power) limitata però al
temporale sinistro. Per quanto riguarda la corteccia parietale, si evidenzia un
potenziamento bilaterale del gamma power e destro per la componente beta-3. Infine, il
lobo occipitale rivela un incremento del beta-1 power e un decremento della potenza
nella banda beta-3. Come possiamo dedurre, il pattern di attività oscillatoria nella
mental preparation sembra essere molto diverso, quasi opposto, da quello del restingstate. Nella preparazione all’insight sembrano rilevanti soltanto variazioni dell’attività
oscillatoria in banda alfa; per il resting-state invece assumono valore anche le variazioni
delle onde beta e gamma, soprattutto a livello del lobo parietale e temporale, che sono
anche confermate dagli studi sull’insight moment puro.
Naturalmente, nonostante queste prime evidenze sui processi che precedono il vero
momento Eureka, sono necessari altri studi che confermino o smentiscano questi iniziali
risultati.
ERPs (event-related potential) durante l’insight problem solving
La letteratura che si occupa dello studio dei potenziali evento-correlati (qualsiasi
risposta elettrofisiologica che consegue ad uno stimolo interno o esterno) correlata con
l’insight problem solving, è quasi completamente basata sulla risoluzione di Chinese
logogriphs (indovinelli). Nel riportare i dati degli studi selezionati, abbiamo fatto
29
riferimento alle dichiarazioni degli autori in quanto, in molti casi, i risultati non erano
riportati con chiarezza.
La prima evidenza che emerge dalla letteratura (Figura 6), è che le regioni più attivate
sono a livello della corteccia parietale e temporale, senza evidenza di lateralizzazione:
nel lobo parietale soltanto due studi riportano la predominanza delle onde N400 e P600
nell’emisfero sinistro, mentre per quanto riguarda la regione frontale e temporale ci
sono evidenze di alcuni ERPs lateralizzati a destra. In generale, inoltre, possiamo vedere
chiaramente come molti potenziali siano rilevati nei siti centrali: [Fz], [Cz], [Pz].
Considerando gli ERPs emersi nei lobi frontali, un ruolo di primo piano lo assume
l’onda N400, in quanto si presenta aumentata (maggiore negatività) in 5 studi, mentre
soltanto uno riporta il suo decremento. Essendo stata registrata nei vari studi
bilateralmente o nelle singole regioni destre e sinistre, la N400 non sembra presentare
predominanza emisferica. Passando alla P200 questa è riportata in un singolo studio con
un interessamento esclusivamente frontale in entrambi gli emisferi. La P300 è stata
invece riportata a livello centrale in forma sia aumentata che diminuita, ma soltanto in
due studi. Inoltre, due registrazioni possono essere interpretate come aumenti della P600
con una localizzazione generalizzata. Infine, accanto a questi pattern di ERPs più
definiti, vi sono deflessioni più tardive, come la N1500-2500, che tuttavia, sono molto
meno consistenti.
Per il lobo parietale è segnalata una sola volta l’onda N100 nelle regioni centrali; 4 studi
sono concordi nel riportare un incremento della N400 sempre a livello mediano. Sono
stati registrati quindi incrementi nelle deflessioni positive più tardive (P200-600; P350650; P300-800) con un pattern bilaterale e centrale, tranne la P500-700 con una
registrazione limitata all’emisfero sinistro. Altre deflessioni positive (che aumentano
durante l’insight problem solving) sono state registrate nei tempi di latenza successivi,
soltanto un’onda negativa è stata riportata e tutte presentano un pattern bilaterale.
Il lobo temporale che sembra essere coinvolto in misura maggiore è quello di destra,
tuttavia i pochi dati riportano comunque un incremento della N400 bilateralmente. Una
menzione a parte per l’onda destra P400-0 ms prima della risoluzione dell’indovinello,
che si accompagna con una N400-0 a livello frontale sinistro.
Infine, nella corteccia occipitale possiamo notare un incremento della N400
bilateralmente e di altre deflessioni positive più tardive (P200-600; P300-800).
30
In conclusione, la N400 sembra una delle onde più implicate per il fenomeno insight
nell’intero encefalo, confermata dalla maggior parte degli studi sugli ERPs disponibili
in letteratura, assieme alle deflessioni positive P300 e P400. C’è una discreta
concordanza negli studi per quanto riguarda le variazioni degli ERPs, tuttavia la
localizzazione sembra essere molto approssimativa, le regioni centrali sembrano
comunque avere un ruolo di primo piano nell’Eureka moment.
Figura 5 Variazioni degli ERPs durante l’insight problem solving.
Attivazione fMRI e Insight
La valutazione quantitativa dei pattern spaziali di attivazioni pubblicati sull’insight
problem solving è stata analizzata con la tecnica ALE (activation likelihood estimate)
grazie al GingerAle software v2.3.2 (www.brainmap.org). Questo metodo permette di
creare una mappa statistica indicante i voxel di encefalo che risultano attivati in misura
maggiore di quanto lo sarebbero per un’attivazione casuale.
31
Cluster number
Volume (mm^3)
Weighted Center
x
1
2112
y
-44.6 3.96
Extrema Value and Localization
z
29.38
Brodmann Area Hemisphere
Lobe
Gyrus/Region
Left
Frontal
Precentral Gyrus
Left
Frontal
Precentral Gyrus
Left
Temporal
Middle Temporal Gyrus
BA 31
Left
Occipital
Precuneus
BA 6
Right
Frontal
Superior Frontal Gyrus
BA 32
Left
x
y
z
0.0202
-42
2
28
BA 6
0.0190
-50
6
28
BA 6
0.0193
-30
-62
32
BA 39
0.0175
-26
-70
30
0.0195
6
14
50
2
1728
-28.5 -65.4
31.45
3
1608
3.59 14.64
45.72
0.0145
0
12
40
4
1384
-33.4 17.68
-2.27
0.0281
-34
18
-2
Left
Sublobar
Claustrum
5
976
-49.1 -58.3
-3.19
0.0189
-50
-56
-2
BA 37
Left
Temporal
Middle Temporal Gyrus
0.0155
-48
-66
-6
BA 37
Left
Occipital
Middle Occipital Gyrus
6
440
-5.33 -79.8 -32.55
0.0165
-6
-80
-32
Left
Cerebellum
Uvula
7
440
-27.1 -0.93
55.99
0.0155
-26
0
56
BA 6
Left
Frontal
Precentral Gyrus
8
368
39.29 7.35
13.77
0.0124
38
8
14
BA 13
Right
Subcortical
Insula
0.0111
44
2
16
BA 13
Right
Subcortical
Insula
Limbic
Cingulate Gyrus
9
328
-39.3 12.46
10.63
0.0146
-38
12
10
BA 13
Left
Subcortical
Insula
10
328
26.97
47.44
0.0147
26
-70
48
BA 7
Right
Parietal
Precuneus
11
312
52.13 -56.1
-9.21
0.0141
52
-56
-10
BA 37
Right
Temporal
Fusiform Gyrus
-69
Figura 6 Risultati del metodo di analisi ALE.
Figura 7 Attivazioni fMRI correlate all’insight e sovrapposizione con altri network.
La metanalisi quantitativa sui dati fMRI evidenzia un network di regioni cerebrali che
include: la corteccia cingolata anteriore, il lobo parietale e prefrontale sinistro, regioni
bilaterali temporo-occipitali, l’insula e il giro mediale temporale sinistro. Visto il ruolo
funzionale di queste regioni riportato in letteratura, che le vede coinvolte
prevalentemente nelle funzioni esecutive e nel processo di ragionamento astratto, è stata
condotta anche un’analisi della sovrapposizione tra la mappa insight e i network
resting-state fMRI attivati in altri processi mentali. Da questo confronto è risultata una
condivisione di aree cerebrali con il network della salienza anteriore e quello delle
funzioni esecutive sinistre.
32
Stimolazione elettrica transcranica e Insight
Per quanto riguarda l’utilizzo della stimolazione elettrica non invasiva nella
modulazione dell’insight problem solving, dalla ricerca in letteratura sono emersi tre
studi (Carlo Cerruti 2009), (Nili Metuki 2012) (Evangelia G. Chrysikou 2013) che
hanno utilizzato la tDCS posizionata sopra la corteccia prefrontale e due (Richard P.
Chi 2011), (Richard P. Chi 2012) che hanno optato per un montaggio a livello
temporale. Nelle modulazioni del prefrontale sono state usate: le CRA per uno studio,
quindi le RAT ed infine Uncommon uses task (Figura 9).
Negli studi sul temporale invece, sono stati usati il Nine dot problem ed il Matchstick
problems come test di valutazione del miglioramento della capacità di insight. In
entrambi gli studi la tDCS anodale è applicata al lobo temporale anteriore destro ed il
catodo al lobo controlaterale (L-R+); ciò ha dimostrato un incremento della percentuale
di risoluzione del task da parte dei partecipanti, al contrario della stimolazione sham o
di quella con disposizione opposta degli elettrodi (L+R-). In Chi et al. 2011, soltanto il
20% dei soggetti ha risolto i matchstick problems (la tipologia 2, più difficile) con la
stimolazione sham, ma la percentuale è salita al 60% dopo aver somministrato cinque
minuti di tDCS (effetto registrato online, durante la stimolazione). I Matchstick
problems di tipo 3, più facili rispetto al tipo 2, sono stati risolti dal 45% dei soggetti con
la stimolazione sham, mentre sotto stimolazione (L- R+) la percentuale è quasi
raddoppiata, arrivando all’85%.
Nell’altro studio con tDCS applicata sul temporale, nessuno dei partecipanti è riuscito a
risolvere il task con la stimolazione sham, mentre il 40% ha trovato la soluzione durante
o dopo i tre minuti di stimolazione L- R+ (Richard P. Chi 2012). Dobbiamo ribadire,
tuttavia, che il Nine dot problem è un singolo problema non ripetibile, all-in-one; questo
limita di molto l’attendibilità dei risultati.
Il primo studio che ha applicato la tDCS alla corteccia prefrontale per facilitare
l’insorgenza dell’insight è stato quello di Cerruti et al. 2009. Sono stati condotti due
esperimenti per la precisione: nel primo è stato dimostrato che la stimolazione anodale
sulla corteccia prefrontale dorsolaterale di sinistra incrementava il punteggio raggiunto
nelle RAT, al contrario della stimolazione sham e la catodale applicata sullo stesso sito,
le quali non hanno dimostrato avere effetti sulla performance. Conseguentemente,
nell’esperimento successivo, è stato deciso di testare gli effetti della stimolazione
anodale sulla corteccia prefrontale dorsolaterale di destra, ma i risultati hanno
33
confermato l’incremento del punteggio soltanto per l’applicazione della tDCS sulla
corteccia di sinistra (gli elettrodi di riferimento erano posti sulla regione sovraorbitale
controlaterale al sito di stimolazione, in entrambi gli esperimenti).
Dopo questo primo studio, in quello di Metuki del 2012 è stato confermato l’effetto
positivo della tDCS anodale sopra la corteccia prefrontale di sinistra nel task delle CRA,
comparata con la stimolazione sham. Dobbiamo però sottolineare che il miglioramento
nella performance dei soggetti non è relativo al numero di risposte totali corrette fornite,
che non si è modificato con la stimolazione (i partecipanti avevano un tempo massimo
di 7 secondi soltanto per risolvere ogni trial), ma corrisponde ad un incremento di
risposte corrette nel riconoscimento della soluzione dopo lo scadere dei 7 secondi (una
parola veniva presentata come soluzione e il soggetto doveva decidere se fosse o meno
la soluzione al problema precedente). Tra l’altro, il miglioramento sembrava dipendere
dallo stato motivazionale ed emozionale del soggetto che si apprestava a sottoporsi al
test.
Infine, Chrysikou nel 2013 ha applicato la tDCS catodale sia sopra la corteccia
prefrontale di destra che di sinistra, comparata alla sham e alla stimolazione della
corteccia destra, nel task degli Uses generation test. I risultati riportavano che soltanto la
stimolazione catodale sulla corteccia prefrontale di sinistra induceva un miglioramento
della performance, aumentando il numero delle risposte date per gli usi alternativi e la
relativa velocità di risposta.
Come abbiamo visto, non sono disponibili in letteratura molti studi di stimolazione
applicati al campo dell’insight e fino ad ora si sono registrati solo studi che usano la
stimolazione a corrente diretta (tDCS). Nei due studi che hanno stimolato le regioni
temporali, i risultati sono concordanti con un effettivo miglioramento della performance
per il protocollo L-R+. Per le stimolazioni prefrontali invece, i risultati sono discordanti,
riportando miglioramenti sia per una stimolazione anodale che catodale della corteccia
prefrontale sinistra; tuttavia sembra essere più accreditato un effetto positivo della
stimolazione anodale sulla corteccia prefrontale sinistra, considerando inoltre che il task
degli usi alternativi non è un vero insight-full task, bensì un test usato in maniera più
appropriata per valutare la capacità creativa dei soggetti, attraverso l’uso del pensiero
divergente puro.
34
TMS and insight
È stato trovato in letteratura soltanto uno studio di TMS, in particolar modo di rTMS
che valutasse l’effetto sulla capacità d’insight (Figura 9). Il task su cui si basa lo studio
permette la valutazione della performance intuitiva applicabile nel campo della
percezione: il soggetto doveva, infatti, riconoscere immagini degradate (immagini twotone, black and white), ricevendo la stimolazione magnetica al vertice, alla corteccia
prefrontale laterale ed una sham. I risultati hanno dimostrato che la rTMS sulla
corteccia prefrontale laterale sia destra che sinistra ha diminuito la percentuale di
riconoscimento delle “immagini binarie” soltanto a 30 minuti dalla learning phase (in
cui era mostrata l’immagine non degradata). In questo specifico campo di insight
quindi, in ambito percettivo, non sembra avvalorato il maggior contributo dell’area
prefrontale laterale di sinistra rispetto a quella di destra, ma entrambe sembrano entrare
in gioco in modo importante nel riconoscimento di immagini degradate.
Figura 8 Stimolazione cerebrale non invasiva (NiBS) applicata all’insight problem solving
35
Conclusioni
L’analisi dei 39 studi presenti in letteratura ha rivelato una situazione molto più
complessa di quella teorizzata da alcuni studiosi.
Innanzitutto, per quanto riguarda gli studi EEG, non è presente una lateralizzazione del
fenomeno insight nell’emisfero di destra così evidente come era stato ipotizzato da
molti neuroricercatori. Vi sono alcuni dati di specifici burst a livello destro che
potrebbero influire sull’insight problem solving in maniera determinante, tuttavia, non
essendo supportate da una grande quantità di studi, questi dati non ci permettono ad
oggi di definire l’Eureka moment un processo a localizzazione esclusivamente destra. Il
coinvolgimento dell’emisfero di sinistra risulta inoltre prominente analizzando le mappe
quantitative fMRI emerse dalla letteratura. Anche dal punto di vista di attività
oscillatoria cerebrale identificata durante gli eventi insight, non vi è una concordanza
marcata tra gli studi.
Visti questi risultati multiformi e poco chiarificatori, abbiamo deciso di creare un
protocollo di neuromodulazione basandoci sulle evidenze più forti ricavabili nei vari
studi. Per prima cosa, sono state selezionate come aree target quelle emerse dalle
registrazioni EEG condotte da Beeman e colleghi (parietale e temporale destro, P4 e
T8), alle quali erano stati anche associati precisi pattern di attività oscillatoria (il
parietale sembra attivarsi precocemente su frequenze alfa, mentre il temporale scarica
nel momento dell’illuminazione con una banda gamma, come riportato in Figura 10,
(Mark Jung-Beeman 2004). Questo modello di attivazione insight-correlata non è
supportato dalle evidenze fMRI (a parte altri studi fMRI degli stessi autori), per cui
abbiamo scelto di inserire anche le zone rilevanti dell’emisfero sinistro emerse dalla
metanalisi dei 13 studi fMRI (frontale e parietale sinistri, F3 e P3) considerando anche
che la stimolazione tDCS del frontale induceva effetti positivi nella performance dei
soggetti.
Grazie a questo protocollo sperimentale basato su più evidenze anatomofisiologiche di
insight process, abbiamo realizzato un esperimento di neuromodulazione di ampia
portata, con un approccio nettamente più completo rispetto ai cinque studi tDCS
precedentemente condotti.
Authors
Participants
Technique
Task
36
Luo et al. (2011)
13 (median age 22.4 years)
ERPs
chinese logogriphs
Qiu et al. (2008)
Aziz-Zadeh et al. (2009)
Dandan et al (2013)
Sandkühler et al. (2008)
Luo et al. (2004)
Qiu et al. (2010)
Tian et al. (2011)
Jung-Beeman et al. (2004)
Kounios et al. (2008)
Metuki et al. (2012)
18 (median age 22.3 y.)
12 (median age 26 y.)
16 (median age 22.38 y. )
21 (median age 26.4 y.)
13 (median age 26.7 y.)
16(median age: 22.6 years)
16 (median age 22.6 y.)
EX1:13, EX2:19, (18–29 y.)
26 (median age 22 y.)
21 (median age: 23,1 y.)
ERPs
fMRI
fMRI
EEG
fMRI
fMRI
fMRI
fMRI + EEG
EEG
tDCS
Chi et al. (2011)
60 (median age: 22 y.)
tDCS
Chi et al. (2012)
Chrysikou et al. (2013)
Razumnikova et al. (2007)
Luo e Niki (2003)
Kounios et al. (2006) part 1
22, aged 19-63 y.
48, (mean age 23.38 y.)
39, aged 17-20 y.
7, aged 20-22 y.
19
tDCS
tDCS
EEG
fMRI
EEG
chinese logogriphs
anagram
technical problems
CRA
ambiguous sentences
chinese logogriphs
chinese logogriphs
CRA
anagrams
CRA
matchstick arithmetic
problem
nine-dot problem
Use generation task
RAT
riddles
CRA
Cerruti et al. (2009)
EX1:18 subjects (mean age
25.5 years); EX2: 12 new
subjects (mean age 25.4)
tDCS
RAT
Lang et al. 2006
Mai et al. 2004
26 (mean age 24 y.)
14 (mean age 22,2 y.)
ERPs
ERPs
Giovannelli et al. 2010
33, (mean age 24.2 y.)
rTMS
Sheth et al. 2009
Wu et al. 2013
18, (mean age 21.2 y.)
14, age range 19–25 y.
EEG
ERPs and fMRI
Shen et al. 2013
13, age range 23-28 y.
ERPs
Minami et al. 2014
13, (mean age 24.6 y.)
EEG
Zhang et al. 2011
12, (mean age 22.3 y.)
ERPs
Wang et al. 2009
12, (mean age 21,4 y.)
ERPs
Zhao et al. 2014
Zhao et al. 2013
17, (mean age 23.3 y.)
17, (mean age 23,6 y.)
ERPs
fMRI
Zhao et al. 2011
13, (mean age, 21.9 y.)
ERPs
Qiu et al. 2006
Xing et al. 2011
Luo et al. 2006
Vartanian et al. 2005
Danko et al. 2003
(communication)
12, (mean age, 21.4 y.)
12, (mean age 23.4 y.)
21, age range 21-35 y.
15, (mean age 26.5 y.)
ERPs
ERPs
fMRI
fMRI
number reduction task
chinese riddles
seventy gray-scale
images
sixteen brainteaser
chinese characters
chinese riddle
problems
paired gray and 2-tone
images
chinese characters
chinese logogriphs
riddles
chinese riddles
chinese riddles
chinese charactergeneration task
chinese logogriphs
chinese logogriphs
riddles
anagram task
30 students
EEG
RAT
Hao et al. 2013
17, (mean age 22.1 y.)
fMRI
prototypes-solving
problems
Luo et al. 2013
30, (mean age 23.5 y.)
fMRI
heuristics prototype
Figura 9 Tabella riassuntiva degli studi selezionati in letteratura.
37
Figura 10 Gli eventi temporali registrati nello studio di Beeman et al., 2014 (R: momento di risposta del
soggetto per la comparsa dell’illuminazione, linea viola: attività del parietale destro, linea verde: attività
del temporale destro).
38
PARTE SPERIMENTALE: neuropsicologia clinica
La neuropsicologia è una disciplina delle neuroscienze che studia, grazie a metodologie
sperimentali e quantitative, i processi cognitivi e comportamentali correlandoli con i
meccanismi anatomofunzionali che ne sottendono il funzionamento. Essa si occupa
quindi del rapporto tra mente e cervello.
La neuropsicologia clinica invece è una scienza applicata che studia l’espressione
comportamentale di una disfunzione cerebrale, che prevede l’integrazione della
neurologia, della neuroanatomia, della neurofisiologia, della neurochimica e della
psicologia.
La valutazione neuropsicologica indaga le funzioni cognitive del paziente sia con
l’esecuzione di compiti standardizzati, sia attraverso la somministrazione di prove
create specificatamente per esplorare alcune aree cognitive. Essa permette quindi di
descrivere il funzionamento cognitivo globale di una persona ed evidenziare i processi
eventualmente danneggiati.
In prima istanza vengono generalmente somministrati test cartacei psicometrici al
paziente che poi viene indirizzato allo studio attraverso le nuove metodiche di imaging
(come DTI ed fMRI) e agli strumenti di indagine neurofisiologica (EEG, TMS). 5
METODICHE NEUROFISIOLOGICHE E DI NEUROIMAGING
Elettroencefalografia (EEG)
L’indagine strumentale del sistema nervoso consta di varie tecniche di neurofisiologia
clinica, comprende oltre all’elettroencefalografia, anche le indagini ultrasonografiche
(Doppler extra- e trans-cranico) e tecniche di analisi del movimento (actigrafia, studio
dei movimenti oculari, analisi del cammino).
L’EEG consiste nella registrazione, attraverso lo scalpo integro, dell’attività elettrica
spontanea della corteccia cerebrale. Negli esami di routine sono applicati 20 elettrodi
metallici a distanze regolari sul cuoio capelluto, secondo lo schema 10-20, rispetto a
quattro punti di repere: nasion, inion, punti preauricolari. Le differenze di potenziale tra
coppie di elettrodi (derivazioni bipolari) o tra un elettrodo attivo riferito a un elettrodo
5
Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012.
39
indifferente (derivazioni monopolari) vengono amplificate in contemporanea da degli
amplificatori. Essendo le oscillazioni di potenziale di origine cerebrale di piccola
ampiezza (decine di microvolt) molte attività fisiologiche (come contrazioni muscolari e
movimenti oculari) e anche esterne possono interferire con la registrazione
elettroencefalografica creando artefatti. I potenziali amplificati possono essere registrati
su carta, e quindi parleremo di EEG analogico, o su supporto elettromagnetico per
l’EEG digitale, oggi metodica preferita.
L’EEG è generato dalla corteccia cerebrale, in particolar modo il massimo contributo è
dato dai neuroni piramidali. Gli eventi elettrici registrati non sono rappresentati dai
potenziali d’azione ma dai potenziali post sinaptici (ricordiamo che ne esistono due tipi:
quelli eccitatori o EPSP e quelli inibitori o IPSP). Essi sono generati a livello del soma
o dei dendriti, sono eventi graduati piuttosto lenti e suscettibili di sommazione sia
spaziale che temporale. Dato che le cellule piramidali sono disposte perpendicolarmente
alla superficie corticale, solo i segnali elettrici di queste ultime possono sommarsi e
generare vettori dipolari, consentendo la registrazione superficiale.
La negatività superficiale si ottiene quando un EPSP che si forma in corrispondenza dei
dendriti apicali delle cellule piramidali, (dove si avrà un’abbondanza di sinapsi
eccitatorie), da vita a un flusso di corrente diretto verso il soma cellulare, per cui la
porzione periferica del dipolo del neurone piramidale diviene negativa (più vicina
all’elettrodo registrante). Si visualizza ancora la negatività superficiale quando un IPSP
si forma a livello del corpo cellulare. La positività invece si registra quando si generano
IPSP sui dendriti apicali o per EPSP sul corpo cellulare.
L’EEG normale è caratterizzato da una marcata variabilità in conseguenza della
condizione fisiologica del soggetto, in particolare della sua età e vigilanza.
Nell’adulto in stato di veglia, la caratteristica principale del tracciato è l’attività alfa,
costituita da un ritmo compreso tra 8 e 12 Hz, molto evidente sulle regioni parietooccipitali, soprattutto se il soggetto mantiene gli occhi chiusi. È fisiologica anche la
presenza di ritmi beta, più rapidi (tra 13 e i 25 Hz) di minore ampiezza sulle regioni
frontali e centrali, e di brevi sequenze più lente (theta, da 4 a 7 Hz) nelle regioni frontali
laterali e temporali. Vista l’enorme variabilità interindividuale nell’espressione di questi
ritmi, si definisce EEG normale un tracciato provo di elementi patologici (attività critica
ed epilettiforme, anomalie lente, anomalie d’ampiezza, quadri periodici, deviazioni
dalla norma di pattern normali).
40
L’EEG è uno strumento insostituibile nello studio dell’epilessia e delle encefalopatie
diffuse, ormai di limitata utilità invece nello studio delle lesioni cerebrali strutturali la
cui diagnosi è resa pressoché immediata dalle moderne tecniche di neuroimaging.6
Risonanza magnetica funzionale (fMRI)
La risonanza magnetica funzionale è una metodica che, nell’ambito delle tecniche di
risonanza, utilizza il segnale BOLD per mappare le aree cerebrali che si attivano mentre
il soggetto svolge un compito motorio, linguistico, cognitivo oppure mentre è in
condizioni di totale risposo mentale e fisico (resting-state fMRI).
Nel momento in cui sono reclutate (e quindi attivate) aree cerebrali specifiche per
l’esecuzione di alcuni compiti, cambia in esse il rapporto fra la quantità di
ossiemoglobina
rispetto
a
quella
di
deossiemoglobina;
il
segnale
BOLD
specificatamente si basa sulla quantità di deossiemoglobina che ha proprietà
paramagnetiche e che, dopo la ricostruzione delle immagini, permetterà la
visualizzazione delle aree attivate.
Nella pratica clinica essa è utilizzata nella valutazione prechirurgica per pazienti con
tumori cerebrali (per mappare le aree del linguaggio o sensitivo-motorie), nei pazienti
con epilessia temporale farmaco-resistente (per mappare le funzioni mnesiche e
linguistiche).7
In ambito di ricerca, la fMRI permette di valutare le attivazioni task correlate in pazienti
con patologie neurologiche o in soggetti sani per approfondire le conoscenze sul
funzionamento delle diverse aree cerebrali e per gli studi sulla plasticità cerebrale
conseguente ad una lesione di varia natura. Infine, può anche essere utilizzata come
marcatore biologico per follow-up di soggetti con patologie degenerative.
Il motivo per cui i nostri soggetti sono stati sottoposti ad uno studio funzionale prima
della seduta di stimolazione elettrica riguarda però l’aspetto di resting-state: la fMRI ci
permette infatti di rilevare le fluttuazioni a bassa frequenza del segnale BOLD
dell’encefalo durante lo stato di riposo fisico e mentale (il soggetto rimane
completamente immobile durante la scansione, con occhi aperti senza dover effettuare
alcun compito cognitivo). Dall’analisi dei dati resting-state si risale alla sincronia delle
6
7
Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012.
http://www.neurochirurgia-udine.it/news/malattie.php?id=22
41
fluttuazioni delle varie aree cerebrali, che si realizza tra aree che appartengono ad un
network comune (sensomotorio, linguistico…). 8
Il nostro scopo è di cercare una correlazione tra il resting-state del soggetto e la sua
risposta alla stimolazione elettrica, in altre parole la ricerca di possibili pattern
oscillatori di attivazione (substrati fisiologici quindi) capaci di giustificare un maggiore
o minore incremento nella performance quando somministriamo dall’esterno una
corrente elettrica.
Diffusion Tensor Imaging (DTI)
La DTI è una tecnica di risonanza magnetica che consente la visualizzazione dei
principali fasci di sostanza bianca grazie al calcolo della diffusività apparente delle
molecole d’acqua nel tessuto cerebrale. Essa è quindi utilizzata non solo per visionare e
monitorare la perdita progressiva dei fasci in patologie come la SLA, ma anche in
ambito prechirurgico per evidenziare l’infiltrazione di fasci della sostanza bianca da
parte di tumori. Nei disturbi del linguaggio permette quindi di ricostruire i fascicoli
coinvolti con l’intento di rilevare alcune alterazioni o asimmetrie sferiche.
Di fondamentale interesse infine, in ambito neuropsicologico è lo studio dei fascicoli
associativi che mettono in comunicazione i due emisferi o differenti lobi cerebrali. 9
Anche con questa metodica, il nostro intento è di identificare un substrato anatomico
che giustifichi le diverse performance dei soggetti in ambito di modulazione elettrica.
8
9
Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012.
Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012.
42
METODICHE DI NEUROSTIMOLAZIONE NON
INVASIVA (Non-Invasive Brain Stimulation - NiBS)
Introduzione
La stimolazione elettrica transcranica (tES) e la stimolazione magnetica transcranica
(TMS), rappresentano le metodiche di neuromodulazione cerebrale non invasiva più
importanti ad oggi.
Esse sono metodiche di stimolazione non invasiva del sistema nervoso che possono
modulare, anche a lungo, l’eccitabilità neuronale, indicendo fenomeni di neuroplasticità
duraturi. Trovano il loro maggior impiego clinico nel trattamento della depressione, del
dolore cronico, disturbo ossessivo-compulsivo e nella riabilitazione post-ictus. La
stimolazione cerebrale profonda rappresenta invece la principale metodica di
stimolazione invasiva per il trattamento della malattia di Parkinson non controllata
farmacologicamente.
La stimolazione elettrica dell’encefalo durante gli interventi
neurochirurgici ha permesso di identificare la funzione di varie regioni cerebrali e
consente di elaborare mappe funzionali del cervello per evitare di lesionare aree
funzionalmente fondamentali nel corso delle operazioni chirurgiche.
L’utilizzo di queste metodiche con il fine di modulare l’attività elettrica centrale è
effettivamente noto dall’antichità: nel 43-48 a.C. Scribonius Largus osservò che
applicare una torpedine (pesce che produce correnti elettriche) sulla testa di una
paziente con cefalea intensa comportava un’alterazione transitoria della coscienza con
miglioramento del dolore percepito. La stessa metodica “naturalista” fu utilizzata
nell’XI secolo dal medico arabo Ibn-Sidah per il trattamento dell’epilessia. Nel XVIII
secolo Luigi Galvani e Alessandro Volta iniziarono una profonda discussione sugli
effetti biologici delle correnti elettriche, e Giovanni Aldini dai primi dell’Ottocento
osservò gli effetti clinici di diversi tipi di stimolazione elettrica in una moltitudine di
disturbi. Infine, nel 1896, il medico francese Jacques-Arsène d’Arsonval a Parigi
osservò che un intenso campo magnetico alternato poteva produrre la percezione di
fosfeni. Da queste prime scoperte sono nate le tecniche di neuromodulazione attuali. 10
10
http://www.treccani.it/enciclopedia/stimolazione-cerebrale-elettrica-e-magnetica_%28Dizionario-di-
Medicina%29/
43
Tipi di Stimolazione elettrica transcranica (tES)
La stimolazione elettrica transcranica comprende tutte le metodiche di applicazione non
invasiva di corrente elettrica sullo scalpo tramite elettrodi, che sono applicati
nell’ambito della ricerca e della clinica. L’attenzione verso la tES è riemersa dal 2000,
ma come abbiamo visto precedentemente, i presupposti per la sua attuazione risalivano
addirittura all’Ottocento; anche se il massimo sviluppo delle tecniche moderne si è
avuto nell’ultimo secolo.
Gli approcci contemporanei di tES, indicati con la sigla tCS, (tACS, tDCS, tRNS) sono
soltanto l’evoluzione di tecniche meno recenti che possono essere raggruppate in 4
categorie principali (Guleyupoglu B 2013) :
•
Stimolazione Elettrica Craniale (CES), derivante dall’Electrosleep (ES) che
comprende la Terapia di Elettro-stimolazione Cranica (CET), l’Elettroterapia
Trans Cerebrale (TCET) e la Terapia NeuroElettrica (NET);
•
Elettroanestesia e le sue varianti (Stimolazione Elettrica Transcutanea Craniale:
TCES, Limoge e Stimolazione Interferenziale);
•
Stimolazione Polarizzante o Corrente Diretta, includente la recente Stimolazione
a Corrente Diretta transcranica (tDCS), la Micropolarizzazione Transcranica, la
tDCS ad alta definizione (HD-tDCS) e la Stimolazione Galvanica Vestibolare
(GVS);
•
Terapia Elettroconvulsivante (ECT), inizialmente chiamata Electroshock
Therapy, evoluta nella Focal Electrically Administered Seizure Therapy
(FEAST).
Ai fini della nostra trattazione, approfondiremo tre moderne tecniche di stimolazione
elettrica: Stimolazione transcranica a Corrente Diretta (tDCS), Stimolazione
transcranica Random-Noise (tRNS), Stimolazione transcranica a Corrente Alternata
(tACS). Queste tecniche aumentano l’eccitabilità del sistema nervoso attraverso la
realizzazione di un campo elettrico creato dal passaggio della corrente negli elettrodi e
vengono messe in contrapposizione con le complementari tecniche di stimolazione
invasiva (i.e. DBS, deep brain stimulation).
Per quanto riguarda la dose della corrente erogata, questa dipende dal montaggio degli
elettrodi e dal tipo di onda impiegata (come possiamo intuire, infatti, nei tre tipi di
stimolazione vengono usate tre tipologie di correnti diverse: DC -corrente diretta- flusso
44
di corrente ininterrotta e unidirezionale; AC –corrente alternata- onde sinusoidali;
Random Noise- rumore bianco), anche se solitamente si usano intensità attorno a 1mA.
Considerando le caratteristiche della corrente erogata e quindi del campo
elettromagnetico creato, assieme alle proprietà conduttive dei tessuti umani, si possono
fare delle approssimazioni fisiche per il campo generato. In primo luogo possiamo
considerare nullo il campo magnetico che si crea per il passaggio di corrente ed inoltre
il tessuto cerebrale può essere considerato come un elemento a resistività media (Ruffini
G 2013).
Per quanto riguarda la durata della stimolazione, essa generalmente è programmata per
almeno 20 minuti; gli elettrodi usati devono essere minimo due, uno posizionato sopra
la regione target, l’altro viene messo generalmente nella regione controlaterale
corrispondente.
Nella Stimolazione transcranica a Corrente Diretta (tDCS) una bassa corrente diretta
(DC, generalmente con intensità di 1mA, in alcuni studi è stata portata fino a 2mA) è
trasmessa dall'anodo (elettrodo positivo) al catodo (elettrodo negativo) posizionati sullo
scalpo in modo tale da erogare la corrente a regioni di interesse specifico. I primi studi
sugli animali dimostrarono che si produceva un incremento di eccitabilità della
membrana nei neuroni sotto l'anodo e, contemporaneamente, un'inibizione per quelli
posti sotto il catodo. Nell’uomo questi risultati sono stati confermati studiando l’effetto
che la stimolazione produceva sulla corteccia motoria e visiva, anche se rimane da
chiarire se altre variabili possano determinare gli effetti specifici, in particolar modo
l’intensità di stimolazione. La grandezza degli elettrodi è notevole, sono disponibili
quelli da 35 cm2 o da 25 cm2; queste larghezze sono preferite per questioni di sicurezza
in quanto la densità di corrente prodotta è più bassa. Nel 2007 è stata introdotta tuttavia
la HD-tDCS (High Definition tDCS), una forma focalizzata di tDCS, dove gli elettrodi
erano stati modificati per ottenere un passaggio di corrente in un’area cerebrale molto
più ristretta. In sintesi per la tDCS, gli effetti di eccitazione ed inibizione
sull’eccitabilità neuronale sono a breve termine, mentre le modificazioni sinaptiche
sono
modificazioni
a
lungo
termine
della
plasticità,
come
analizzeremo
successivamente. L’effetto sembra essere più forte dopo il termine della stimolazione e
l’effetto rispetto alle oscillazioni cerebrali è aspecifico.
Nella Stimolazione transcranica Random-Noise (tRNS), sono invece stimolate entrambe
le aree sotto gli elettrodi con una corrente la cui ampiezza varia casualmente (random)
45
nel range di frequenze da 100-500 Hz. Essa comporta una modulazione dell’eccitabilità
corticale attraverso un meccanismo di risonanza stocastica, l’effetto anche in questo
caso sembra permanere anche dopo la cessazione della stimolazione (fino a 60 minuti
dal termine della stimolazione, forse dovuto alla continua attivazione e rettificazione dei
canali voltaggio dipendenti permeabili al sodio) ed è aspecifico rispetto alle oscillazioni
cerebrali.
Nella tACS abbiamo un’erogazione di una debole corrente alternata (AC) che oscilla
con una frequenza predeterminata dallo sperimentatore (generalmente scelta all’interno
dello spettro di frequenze dell’EEG: 1-100 Hz) ed è trasmessa dall’anodo al catodo. Il
principio cui fa riferimento l’applicazione della tACS è quello dell’entrainment
cerebrale: la frequenza somministrata (che cambia continuamente polarità), dovrebbe
corrispondere a quella implicata naturalmente nel compito effettuato dall’area target.
Tutto ciò comporta una sincronizzazione della scarica neuronale in quella specifica
frequenza (di fatto viene amplificato il vettore dell’oscillazione endogena). Anche in
questo caso l’effetto permane per diversi minuti dopo la stimolazione.
Naturalmente, i protocolli per le stimolazioni sono determinati generalmente grazie a
tecniche di neuroimaging, come la fMRI, che ci permettono di individuare le aree
corticali funzionalmente importanti su cui poi saranno posti gli elettrodi; nel caso della
tACS, la frequenza da utilizzare viene scelta sulla base delle evidenze neurofisiologiche
disponibili in letteratura, per esempio, da uno studio EEG task-mirato.
È importante sottolineare come studi recenti (Lang N 2005), (Keeser D 2011)
dimostrano che gli effetti neurologici della tDCS non sono strettamente rilevabili solo
nelle aree poste in corrispondenza degli elettrodi e addirittura la modulazione della
connettività provocata non si esaurisce con la cessazione della stimolazione ma perdura
per un certo periodo anche successivamente, si parla infatti di after-effects (Keeser D
2011). Questi risultati fanno ipotizzare che la tDCS non abbia un’azione limitata
soltanto alla corteccia target, ma che coinvolga anche i network di cui fanno parte le
aree direttamente stimolate e inibite. In effetti, nello studio di Boros et al. 2008,
somministrando tDCS anodale alla corteccia premotoria (PMC) è stata rilevata un
aumento dell’eccitabilità anche nella corteccia motoria primaria (M1). Infine, il Default
Mode Network (DMN) e l’Attention Network (AN) hanno dimostrato di subire gli
effetti della stimolazione anche se le aree in questione non erano quelle direttamente
interessate (Keeser D 2011).
46
47
Meccanismi fisiologici della tES
Le prime ricerche sugli animali (BINDMAN LJ 1962), (PURPURA DP 1965)
dimostrarono che una piccola corrente elettrica diretta (DC) passante sull’elettrodo
anodale, induceva una depolarizzazione della membrana cellulare neuronale, portando
quindi ad un aumento dell’eccitabilità neuronale. Conseguentemente, il passaggio di
corrente a livello del catodo determinava esattamente l’effetto opposto sulla membrana
cellulare (ovvero l’iperpolarizzazione), diminuendo la probabilità di scarica neuronale.
Dobbiamo precisare che, a differenza di quello che avviene nella TMS dove si genera
un vero e proprio potenziale d’azione, ciò non è possibile nelle tecniche di tCS, poiché
la stimolazione elettrica è sottosoglia mentre quella magnetica soprasoglia, quindi in
grado di far scaricare effettivamente il neurone piramidale. L’effetto indotto è di
depolarizzazione bimodale cellulare: depolarizzazione del soma e iperpolarizzazione dei
dendriti apicali (Radman T 2009). Questo processo avviene in conseguenza del campo
elettrico esterno cui è sottoposta la popolazione neuronale, che determina uno
spostamento forzato degli ioni intracellulari, alterando la carica interna della cellula e la
differenza di potenziale transmembrana. È stato ipotizzato che la depolarizzazione del
soma, visto il suo ruolo di integratore centrale di diversi input, abbia una maggiore
influenza della modifica assonale, ma dati scarseggiano ancora per supportare questa
teoria (Ruffini G 2013). Un campo elettrico orientato dai dendriti verso l’assone di una
cellula, determina un’iperpolarizzazione dei dendriti stessi e una depolarizzazione
(sottosoglia) dell’assone o del soma. Questo effetto, associato alla disposizione dei
neuroni piramidali nella corteccia, è alla base dell’effetto di eccitazione corticale sotto
stimolazione anodale della tDCS e inibitorio per i neuroni sottoposti all’azione del
catodo.
Abbiamo parlato fino ad ora esclusivamente di neuroni piramidali, questo perché ad
oggi, non è ancora chiaro se anche altri tipi cellulari, come la glia o gli interneuroni
siano interessati dal alterazioni nella loro funzione.
I meccanismi più accreditati alla base della modifica plastica corticale duratura (che si
realizza attraverso la riorganizzazione delle sinapsi) sono ritenuti essere gli stessi che
permettono anche il processo dell’apprendimento: la Long Term Potentiation (LTP) e la
Long Term Depression (LTD). La generazione di una LTP è ormai accertata per tre tipi
di stimolazione elettrica soprasoglia: quella tetanica, quella che prevede il theta burst e
la stimolazione primed burst. La stimolazione tetanica prevede uno o più treni di 50
48
100 impulsi, a 100 Hz; la long term potentiation persiste per un periodo variabile da 1 a
3 ore successivamente al termine della stimolazione (dipendentemente dal protocollo
specifico utilizzato). La stimolazione theta burst consiste in uno o più treni di burst a
bassa frequenza, ognuno dei quali include 3-10 impulsi a 50 Hz (ricordiamo che le onde
theta aumentano come componente EEG nel soggetto impegnato in compiti di
apprendimento). La stimolazione primed burst infine, eroga 5 impulsi di cui il primo
precede gli ultimi 4 di 170 ms (sempre a 100 Hz). In due esperimenti in vitro(su
corteccia motoria di topo) recentemente è stata dimostrata l’induzione del fenomeno
LTP dopo stimolazione con corrente diretta sottosoglia (Fritsch 2010). Avvalorando
questi risultati, anche l’after-effects registrato dopo la tDCS è stato dimostrato (sempre
in vitro) essere mediato dai cambiamenti nella forza dei recettori NMDA (D. Liebetanz
2002). Ci sono infine evidenze sempre più importanti che le modifiche a lungo termine
post tDCS sia dovute alle modificazioni sinaptiche dei recettori gabaergici e
glutamatergici e che la tDCS moduli la forza delle sinapsi corticali (Nitsche 2011).
Passando ai recenti studi in vivo, condotti per spiegare le modifiche a lungo termine
della plasticità neuronale, è stato rilevato che nei ratti la polarizzazione anodale della
corteccia somatosensoriale modifica l’accumulo di cAMP (A. Moriwaki 1994)
accompagnata da un aumento della concentrazione di calcio ione intracellulare (N.
Islam 1995), da un incremento temporaneo nell’espressione genica di c-fos, ed infine,
dall’incremento citoplasmatico della PKC (N. Islam 1995).
Per quanto riguarda gli studi comportamentali e cognitivi, sui conigli applicando la
tDCS anodale sopra la corteccia motoria, si sono incrementate le capacità di
apprendimento nei task di movimento, mentre l’applicazione sulla corteccia visiva
determinava l’incremento delle capacità di apprendimento nei task di evitamento.
Questi reperti possono essere spiegati dai meccanismi indotti di potenziamento
sinaptico dipendenti dal BDNF (brain-derived neurotrophic factor) e confermano i
risultati sull’induzione del LTP.
Come sappiamo, il glutammato si lega ai recettori AMPA (alfa-Amino-3-Idrossi-5Metil-4-isoxazolonepropionato, permeabile a ioni sodio e potassio) solo se presente in
elevata concentrazione (quindi per scariche ripetute e ravvicinate); l’attivazione dei
recettori AMPA determina il distacco degli ioni di magnesio dai recettori NMDA (Nmetil-D-aspartato, altro recettore postsinaptico del glutammato) che può quindi rendersi
permeabile al calcio, favorendo il suo ingresso in elevata quantità all’interno della
49
cellula. Il calcio a sua volta, attivando una serie di secondi messaggeri intracellulari,
come la chinasi calcio-calmodulina dipendente, modifica la citoarchitettura del neurone
in questione; in particolar modo si ha l’aumento dell’espressione dei recettori AMPA di
membrana e della loro permeabilità agli ioni, è incrementata la produzione del fattore di
crescita neuronale, facilitando pertanto la plasticità neuronale.
Il meccanismo della LTP nell’ambito della tCS è supportato da studi in cui,
somministrando l’antagonista dei recettori NMDA, si bloccano gli effetti della
stimolazione anodale e catodale sui potenziali motori evocati (MEP) dalla TMS.
La saturazione del fenomeno LTP, che induce una LTD (long term depression),
potrebbe anche spiegare come mai gli effetti della stimolazioni elettrica sono dosedipendenti (G Batsikadze 2013).
Considerando infine che ogni regione neurale si trova inserita in un network associativo,
è stato studiato se il comportamento del singolo neurone in relazione alla stimolazione
con corrente elettrica dipenda, in una discreta parte, anche dalle dinamiche del network
in cui si trova inserito. Naturalmente la risposta emergente dai primi dati, è affermativa
(D. Reato 2010). Come possiamo aspettarci, l’attività oscillatoria neurale di base su cui
applichiamo la tDCS o la tACS, influisce in maniera importante su quella che è l’attività
risultante del network; la tACS somministrata alla frequenza di oscillazione endogena
neurale (in vitro), comporta un incremento maggiore delle oscillazioni se rapportata alla
tDCS. Infine, gli effetti sulle oscillazioni del network sono maggiori se la frequenza di
stimolazione erogata combacia con quella dell’oscillazione endogena, suggerendo un
effetto stile risonanza (Caroline Di Bernardi Luft 2014).
Usi clinici delle tecniche di tES
tDCS. Per quanto riguarda la tDCS, la tecnica sviluppatasi per prima rispetto alle altre,
vi sono numerosi studi che attestano ormai una sua efficacia in diverse malattie
neurologiche e psichiatriche, grazie ad una applicazione ripetuta nell’arco di poche
settimane. Per prima cosa, è riportato un effetto analgesico importante per il dolore
neuropatico, sia post-traumatico al midollo spinale (Fregni F 2006), (Wrigley PJ 2013),
secondario a infezione da HTLV-1 (Gonçalves GS 2013) e da polineuropatia diabetica
(Kim YJ 2013), sia di origine centrale che periferica, soprattutto se localizzato agli arti
inferiori, quando è applicata una stimolazione anodale alla corteccia M1 (corteccia
50
motoria primaria) controlaterale rispetto al sito di dolore o sull’emisfero di sinistra.
Sono presenti anche due studi (Franziska Wickmann and Charles Tim ̈aus 2015),
(Alexandre F. DaSilva 2012), che ne attestano l’efficacia nell’emicrania, dove la tDCS è
applicata sulla V1 (corteccia visiva primaria sottoposta a stimolazione catodale, quindi
inibitoria). Per la capacità di indurre fenomeni di plasticità, l’utilizzo della tDCS è stato
valutato in numerosi studi per il recupero motorio post-ictus, al momento attuale sembra
avere un modesto effetto di recupero parziale della performance motoria la stimolazione
combinata catodale sulla regione controlaterale M1 e anodale sulla M1 ipsilesionale,
nella fase cronica (Lindenberg R 2010), (Lefebvre S 2012), (Lefebvre S 2014). Una
conseguenza di stroke sinistro dove è stata valutata l’applicazione della tDCS è l’afasia,
nella quale la stimolazione anodale dell’area di Broca ha dimostrato un miglioramento
della sintomatologia, possibile nella fase post-acuta e cronica (Marangolo P 2013),
(Polanowska KE 2013). Nella depressione, l’applicazione di una stimolazione anodale
sulla DLPFC sinistra assieme alla catodale sulla corteccia orbitofrontale sinistra sembra
avere effetto antidepressivo nel soggetto che presenta o meno un trattamento
farmacologico (Boggio PS 2008), (Loo CK 2010), con possibili effetti positivi anche sui
disturbi cognitivi (Boggio PS 2007). Infine, vi sono evidenze (Cogiamanian F 2008),
(Truini A 2011) per un possibile effetto di interferenza con le vie spino-talamiche e
lemniscali applicando una tsDCS: transcutaneous spinal direct current stimulation,
come metodica alternativa rispetto alla Invasive high-frequency epidural electrical
spinal cord stimulation (SCS), applicata negli ultimi trent’anni a numerose sindromi
dolorifiche. Questi sono gli ambiti in cui ad oggi è possibile trovare delle evidenze
concordanti fra i vari studi sull’efficacia di questo tipo di stimolazione, probabilmente la
lista delle possibili applicazioni della tDCS sarà destinata ad aumentare in futuro, visto
che lo studio in questo campo è comunque appena agli albori.
tACS. Essendosi sviluppata molto più recentemente della tDCS, gli studi di
applicazione della tACS in campo medico effettivamente scarseggiano ancora. Sembra
quindi, viste le sue specifiche modalità di azione, che possa avere un’indicazione nei
disturbi in cui sono presenti anomalie dei pattern oscillatori, come il Parkinson e la
Schizofrenia, (Gonzalez-Burgos 2008), (Burns 2011). In un recente studio (Kirson
2007) addirittura è stata somministrata una tACS alla frequenza 200kHz che ha
dimostrato di inibire la crescita del glioblastoma senza effetti collaterali importanti nei
pazienti. Sta diventando inoltre routine l’applicazione della tACS alla soglia dei fosfeni
51
individuale con somministrazione trans-orbitale nel danno al nervo ottico (Sabel 2011).
Infine, vi sono evidenze di un suo possibile utilizzo per migliorare le performance
motorie se utilizzata tACS a 10 e 40 Hz (Joundi 2012), (Pogosyan 2009).
tRNS. Per la tRNS, l’ultima tecnica in ordine cronologico sviluppatasi, vi sono studi
che dimostrano un incremento della performance nei task di apprendimento motorio
implicito e in quelli di perceptual learning (Terney D. 2008), (Ambrus G. G. 2011),
(Saiote C. 2013).
Stimolazione magnetica transcranica (TMS)
La TMS è una tecnica di neuromodulazione e neurostimolazione non invasiva basata sul
principio dell’induzione elettromagnetica. Essa prevede l’applicazione di un campo
magnetico su un’area cerebrale attraverso un coil posizionato opportunamente sullo
scalpo e collegato ad uno stimolatore.
Il campo elettrico generato grazie a quello magnetico per il flusso di corrente nella
bobina, depolarizza i neuroni e, quando sono usati stimoli ripetuti può modulare
l’eccitabilità corticale aumentandola o diminuendola. La TMS può essere condotta con
un singolo stimolo, a coppie di stimoli o con stimoli ripetitivi.
Nel primo caso, utilizzata soprattutto nella diagnostica neurofisiologica, può permettere
di creare mappe della corteccia motoria e studiare le vie della conduzione motoria
(grazie allo studio dei potenziali evocati motori), trovando applicazione quindi nella
mielopatia spondilogena, nella sclerosi multipla, nelle malattie del motoneurone e nella
negligenza spaziale unilaterale. Le altre due metodiche invece sono usate
prevalentemente nell’ambito della ricerca, permettendo di studiare i parametri
d’inibizione e facilitazione corticale, di modulare anche per diversi minuti l’eccitabilità
corticale e di caratterizzare le relazioni corticocorticali.
Nella rTMS si ha una serie di stimoli (treno) che si ripete per diversi secondi o minuti si
induce una modificazione dell’eccitabilità cerebrale della zona stimolata, che può
persistere anche per diversi minuti dopo il termine della stimolazione stessa (dando vita
ad effetti postumi). Questa osservazione pone il presupposto per un’applicazione clinica
della rTMS in tutte le condizioni che si associano a un’alterata eccitabilità o funzione di
una parte del sistema nervoso centrale. Le frequenze della rTMS sono generalmente
differenziate in alte (>1 Hz, eccitatorie) e basse (<1 Hz, inibitorie). Naturalmente vi
52
sono anche altri parametri in grado di influenzare l’effetto clinico, quali la forma del
campo magnetico (bifasico e monofasico), la sua intensità, il tipo di bobina e
l’intervallo tra le serie di stimoli.
Ad oggi, tuttavia, gli effetti biologici della TMS non sono ancora del tutto chiari. Un
singolo impulso magnetico applicato a un modello di neuroni corticali induce una breve
scarica seguita da un periodo di silenzio. Questo rilievo fa ipotizzare che un flusso di
calcio seguito da un’apertura dei canali del potassio voltaggio-dipendenti sia
responsabile dell’iperpolarizzazione che segue la scarica neuronale. Altri autori hanno
osservato un incremento dell’espressione dell’mRNA per i trasportatori delle
monoamine, effetto ricercato anche con farmaci antidepressivi e psicostimolanti. La
rTMS modula i trasportatori delle monoamine modificando l’attività sinaptica
monoaminergica attraverso un rapido recupero della serotonina, della dopamina e della
noradrenalina. Pur mancando ancora dati conclusivi, la rTMS sembra oggi una
promettente possibilità di trattamento non invasivo per diverse condizioni
neuropsichiatriche e il numero delle potenziali applicazioni continua ad aumentare.
Più precisamente essa è stata impiegata nei disturbi psichiatrici, quali la depressione, la
mania acuta, i disturbi bipolari, gli attacchi di panico, le allucinazioni, il disturbo
ossessivo- compulsivo, la schizofrenia, la catatonia, il disturbo postraumatico da stress e
in malattie neurologiche quali malattia di Parkinson, distonia, tic, tinnito, spasticità o
epilessia. Non mancano dati anche in campo riabilitativo, come nel recupero dell’afasia
o della funzionalità motoria della mano dopo un ictus, nelle sindromi dolorose(dolore
neuropatico, viscerale ed emicrania). Le aree cerebrali esplorate con successo dalla
rTMS per il trattamento di disturbi del movimento e di disturbi affettivi sono
principalmente la corteccia motoria, la corteccia premotoria, la corteccia frontale
bilaterale per la malattia di Parkinson e la corteccia prefrontale dorsolaterale per la
depressione e i comportamenti ossessivo-compulsivi.11
In ambito cognitivo può essere applicata per studiare i processi neurali su cui si basa il
funzionamento delle aree corticali superiori, in particolar modo per i processi mnesici,
linguistici, attentivi. La stimolazione magnetica può, infatti, simulare una lesione
nell’area stimolata (inducendone temporaneamente la perdita di funzione).
11
http://www.treccani.it/enciclopedia/stimolazione-cerebrale-elettrica-e-magnetica_%28Dizionario-diMedicina%29/
53
La rTMS in USA è ad oggi approvata come terapia per la depressione (grazie alla
stimolazione della corteccia dorso-laterale pre-frontale, DLPFC) e si sta affermando
sempre più il suo successo nel trattamento nei pazienti affetti da disturbo ossessivo
compulsivo non rispondente a farmaci.12
METODICHE DI ANALISI GENETICA
Ai fini della caratterizzazione completa dei partecipanti, è stata creata una
collaborazione con il Dipartimento di Genetica della nostra A. O. U. S. per completare
anche un’indagine sui polimorfismi genetici implicati nei meccanismi di plasticità
neuronale. Attraverso un brushing con spatola effettuato nel cavo orale si è raccolto il
materiale genetico necessario a poter effettuare un’analisi di alcuni genotipi di molecole
che potrebbero giustificare le diverse risposte ai tipi di stimolazione elettrica e
magnetica somministrati nelle varie fasi del progetto Apollo.
Il primo polimorfismo genetico oggetto di studio è quello del BDNF. Il brain-derived
neurotrophic factor regola numerosi aspetti della dinamica cellulare, in particolar modo
la sopravvivenza, la proliferazione, la crescita sinaptica nel sistema nervoso centrale.
Nel cervello adulto è stato dimostrato che modula il fenomeno del LTP e LTD
dipendente dai recettori NMDA; più precisamente il BDNF maturo (mBDNF) è
implicato in tutte le fasi del LTP, mentre il suo precursore (pro-BDNF) nel LTD. Il
BDNF è presente nella popolazione (nel 30% dei caucasici) come polimorfismo in cui si
ha una sostituzione aminoacidica non conservativa della valina al posto di metionina al
codone 66 (Val66Met). È stato recentemente dimostrato come questo polimorfismo sia
responsabile di un accumulo e trasporto anomalo di proBDNF nei ratti e quindi anche di
una sua alterata secrezione (Egan MF 2003). Inoltre, è stato appurato che il
polimorfismo Val66Met ha conseguenze funzionali in soggetti sani come ridurre la
capacità di memoria episodica. Essendosi sviluppate queste nuove metodiche di
neuromodulazione e stimolazione, che hanno alla base il meccanismo LTP, si è voluto
procedere con lo studio dei genotipi per cercare di trovare eventuali correlazioni con la
risposta individuale alle metodiche di neuromodulazione. Un tipo particolare di TMS, la
theta burst stimulation (TBS) è inibita (per l’after-effect facilitatorio) dalla memantina,
cosa che suggerisce come anche la TBS dipenda negli effetti a lungo termine dai
recettori NMDA (Huang YZ 2007). Per quanto riguarda gli after-effects della tDCS (sia
12
Il Bergamini di Neurologia, R. Mutani, Edizioni Libreria Cortina, Torino 2012. 54
anodali che catodali), come avevamo già accennato, sono anch’essi soppressi dalla
somministrazione di antagonisti recettoriali NMDA; ciò che è da sottolineare è che gli
stessi antagonisti non determinano nessuna interferenza durante la stimolazione
(Nitsche MA 2008). La carbamazepina invece, antagonista dei canali del sodio, blocca
gli effetti della tDCS anodale sia durante sia dopo la stimolazione, in linea con il
principio del riarrangimento degli ioni intracellulari indotto dal campo elettrico creato.
Contemporaneamente, lo stesso farmaco non ha azione sugli effetti della tDCS catodale
che induce presumibilmente quindi un’iperpolarizzazione grazie allo spostamento di
ioni potassio.
In un recente studio è emerso come il polimorfismo Val66Met dimostra generalmente
una risposta minore a tre protocolli diversa di stimolazione: TBS, PAS e tDCS/1 Hz
rTMS (Cheeran B 2008), rispetto alla risposta dei soggetti con Val66Val. Tuttavia vi
sono anche risultati contrastanti: nello studio di Antal et al. 2010, è confermata la
minore risposta dei soggetti Val66Met alla iTBS, ma nella tDCS anodale, benché
l’incremento dei MEPs post tDCS si abbia anche nei soggetti Val66Val, questo è stato
maggiore nei soggetti con la sostituzione aminoacidica. Anche nella tDCS catodale è
stata quindi confermata questa maggiore risposta (inibitoria stavolta) dei soggetti
Val66Met. Infine, non sono state trovate differenze significative di risposta nei due
gruppi di soggetti nel post tRNS. Questo conferma l’ipotesi per cui il meccanismo
d’induzione della plasticità tRNS indotto sia dovuto alla continua attivazione e
rettificazione dei canali voltaggio dipendenti permeabili al sodio. Oltre a questo
meccanismo è ipotizzato anche quello della modifica del rapporto segnale-rumore
indotta a livello centrale (Antal A 2010).
55
MATERIALI E METODI
Partecipanti
Sono stati reclutati 31 giovani volontari che non presentavano malattie neurologiche o
pregressi episodi neurologici (età media: 24, 35; 15 femmine e 14 maschi) a cui sono
stati somministrati questionari per la valutazione del mancinismo, del cronotipo,
anamnestici e psicologici (attualmente in fase di elaborazione).
MRI
Tutti i volontari che non presentavano controindicazioni (su 31, tre soggetti sono stati
esclusi per dispositivi metallici impiantati e due non hanno completato lo studio di
neuroimaging per problemi tecnici) come prima fase sperimentale sono stati sottoposti
ad un esteso esame neuroradiologico con 1.5 Tesla Philips Intera Scanner (Philips
Medical Systems, Best, the Netherlands). Ai fini del nostro studio sono state effettuate
queste sequenze:
1) 1 scansione T1-weighted fast field echo (FFE) 1-mm-spessore per immagini
assiali dell’intero cervello (TE = 4.6 ms, TR = 30.00 ms, flip angle = 30.00,
FOV = 250 mm, matrix 256 9 256, slice number = 150):
2) 1 scansione DTI
3) 2 sequenze fMRI BOLD acquisite in condizioni di riposo assoluto (TR/TE 2500
40 ms1, 200 scans, 23 interleaved slices, 1-mm gap). Ai pazienti era chiesto di
tenere gli occhi aperti e non svolgere alcun compito cognitivo.
Assessment neurocognitivo
Prima di procedere con la parte sperimentale di stimolazione elettrica, i partecipanti
hanno svolto otto tipologie di task cognitivi che ci hanno permesso di caratterizzare e
definire le loro funzioni esecutive di base. I task erano effettuati in un’unica seduta
presso il laboratorio di stimolazione magnetica delle Scotte su laptop Dell (grazie al
programma Eprime 2.0); le istruzioni erano visualizzate sullo schermo prima dell’inizio
di ogni task, sono state fornite cuffie isolanti per tutta la durata della prova (Husqvarna).
56
In ordine ogni soggetto ha eseguito i seguenti test per la valutazione delle relative
funzioni:
1) Global/Local
task:
permette
di
valutare
l’attenzione
del
soggetto
(somministrando stimoli interferenti con il compito richiesto) e nel dettaglio, la
global precedence (la precedence fa riferimento al livello di processamento in
cui è diretta principalmente l’attenzione, in questo caso a livello globale);
2) Matrici di Raven avanzate: indicatori dell’intelligenza fluida (Gf), in altre
parole la capacità di ragionamento logico indipendente dalle conoscenze e
competenze acquisite nel corso della vita, (si contrappone all’intelligenza
cristallizzata, rappresentata dalla capacità di utilizzare conoscenze, competenze,
nozioni acquisite per risolvere problemi);
3) Go-no go task: questo task permette la valutazione della capacità d’inibizione
del soggetto di fronte ad un tipo particolare di stimolo presentato, essa fa parte
delle sei funzioni esecutive superiori;
4) Digit span task: test che valuta la working memory verbale, definita come la
capacità di immagazzinare temporaneamente informazioni verbali che l’encefalo
può elaborare per risolvere un problema o eseguire un determinato compito;
5) Pop task: che permette la valutazione della capacità di switching del soggetto
(funzione esecutiva anch’essa), definita come la capacità di modificare le
proprie azioni in relazioni ad uno stimolo precedente;
6) Visual search: è un task per identificare la capacità del soggetto di dirigere
l’attenzione verso un determinato obiettivo tralasciando i distrattori presenti nel
contesto;
7) Change detection: permette di valutare la visual working memory, la capacità di
immagazzinare temporaneamente stimoli esclusivamente presenti nel campo
visivo per elaborarli successivamente, è complementare alla verbal working
memory;
8) TIB (test breve d’intelligenza): permette di valutare l’intelligenza generale
(fornendo un valore di Quoziente Intellettivo rapportato al sesso, all’età del
soggetto e alla sua scolarità) grazie alla sua correlazione con le abilità di lettura.
57
Per ogni test è stato estrapolato il tempo medio di reazione e l’accuratezza; il profilo
cognitivo di ogni soggetto per le otto funzioni esecutive analizzate è stato quindi
correlato con la performance ottenuta all’insight-task sotto stimolazione elettrica.
Insight-task
Tenendo presenti i risultati della ricerca effettuata in letteratura, abbiamo ritenuto il test
delle CRA (Compound Remote Associates problems), create da Bowden e JungBeeman nel 2003, il task più appropriato da utilizzare per valutare il momento Eureka.
Essendo il CRA task, un compito “linguistico”, non applicabile quindi a una
popolazione che non fosse madrelingua inglese, si è reso necessario procurarsi la
versione italiana di questo test. Da questa ricerca è nata la collaborazione con il gruppo
di psicologici cognitivi dell’università Bicocca di Milano, diretti da Carola Salvi che ci
ha cortesemente fornito la versione italiana del test appena pubblicato. Essendo, infatti,
anche loro interessati allo studio del meccanismo Eureka, hanno condotto tre
esperimenti su un largo campione di soggetti naive (317) che ha portato alla selezione di
122 Compound Remote Associates problems e di 88 Rebus Puzzles. Dal momento
chele caratteristiche dei Rebus Puzzles sono molto simili a quelle delle CRA ed
entrambi sono ritenuti insight-task, abbiamo deciso di somministrare entrambi i tipi di
test ai soggetti nella fase sperimentale.
Ci sono quindi stati forniti gli stimoli suddivisi in 12 blocchi comprendenti 10 items
bilanciati per quanto riguarda la reliability. Tuttavia, per lo scopo del nostro studio,
erano necessari solo 7 blocchi ai fini della stimolazione elettrica, più un ultimo blocco
da utilizzare nella seconda fase del progetto Apollo (somministrarlo in assenza di
stimolazione ma acquisendo l’EEG a 128 canali per cercare di confermare le evidenze
neurofisiologiche della letteratura); per questo abbiamo ridistribuito i blocchi numero 4,
8, 11 e 12 all’interno degli altri 8, basandoci sulla percentuale di risoluzione con metodo
insight per ogni items. Ogni problema risolto da più del 50% della popolazione
campione con il metodo analitico (secondo i dati forniti da Carola Salvi e collaboratori)
era considerato come problema “non insight”. Così facendo abbiamo ottenuto 8 blocchi
da 15 items ognuno, bilanciati per difficoltà di risoluzione e di probabilità di risoluzione
con insight e metodo analitico.
58
Per quanto riguarda i Rebus Puzzles, avendo una probabilità di risoluzione con insight
molto alta mediamente, sono stati suddivisi in 8 blocchi da 11 items ciascuno,
bilanciandoli per la difficoltà di risoluzione che spaziava dallo 0% al 100%. In
definitiva quindi, ognuno dei 7 blocchi (più l’ottavo che non è stato utilizzato in questa
fase sperimentale) risultava formato da 15 CRA e da 11 Rebus Puzzles; le CRA
all’interno del blocco sono state disposte in maniera casuale e per prime, non ordinata
secondo nessun parametro, i Rebus invece sono stati ordinati in ogni blocco in maniera
decrescente per percentuale di risoluzione.
Infine, abbiamo chiesto ai collaboratori se potevano anche fornirci alcuni stimoli
d’esempio da poter somministrare nel training obbligatorio prima della modulazione,
cosicché il soggetto familiarizzasse con la dinamica e la struttura del task.
Seduta di Stimolazione elettrica
Completata la valutazione di base, il soggetto poteva quindi accedere all’esperimento di
neuromodulazione elettrica che si è tenuto nel laboratorio di stimolazione magnetica
delle Scotte. I volontari hanno risolto la versione italiana delle CRA e dei Rebus Puzzle
seduti di fronte ad un laptop Dell (programma per somministrare gli stimoli: Eprime
2.0), la somministrazione di corrente elettrica è avvenuta tramite lo stimolatore Starstim
(Neuroelectrics) concesso gentilmente da Sook-Lei Liew, Chan Division of
Occupational Science and Occupational Therapy, Università della California del Sud,
Los Angeles, CA, USA (Figura 11). Grazie a questo dispositivo è stato possibile creare
i protocolli per la stimolazione corticale contenenti otto canali: un elettrodo era quello
stimolante, tre fungevano da elettrodi di ritorno per la corrente, altri quattro erano
deputati alla registrazione EEG pre-stimolazione. In questo modo, abbiamo ottenuto un
pattern di stimolazione della corteccia molto focale (Figura 12-13), limitato all’effettiva
area individuata come target secondo le evidenze estrapolate dalla letteratura.
Precisamente sono state scelte come aree da stimolare, secondo i risultati emersi dagli
studi EEG, il parietale destro (P4) e il temporale destro (T8). Queste regioni sono state
sottoposte sia alla modulazione con tACS, che a quella con tRNS. Per decidere la
frequenza della stimolazione a corrente alternata ci siamo basati su quelli che erano i
risultati emersi dalla letteratura, in particolar modo dagli studi di Beeman e colleghi,
dove il parietale destro mostrava un’attivazione maggiore sulla banda alfa, quindi a
59
10Hz, mentre il temporale scaricava ad una frequenza di 40 Hz (onde gamma) nel
momento d’illuminazione. Perciò, come stimolazione candidata a incrementare l’attività
del parietale, abbiamo scelto la tACS a 10Hz (banda alfa), per il temporale invece la
stimolazione candidata a determinare un potenziamento della sua attività è stata
identificata nella tACS a 40 Hz (banda gamma). Come abbiamo specificato in
precedenza, per l’applicazione di una modulazione con tRNS non è necessario definire
la frequenza specifica dell’area cerebrale in quanto la corrente oscilla autonomamente
dalla frequenza di 100 a quella di 500 Hz, per cui tale stimolazione è stata applicata non
solo ai siti d’interesse principali (parietale destro e temporale destro) ma soprattutto a
quelli emersi dall’analisi degli studi fMRI sull’insight che mostravano un’attività
prevalente nelle zone frontali e parietali sinistre per le quali non vi erano evidenze
elettroencefalografiche rilevanti.
Figura 11 Neurostimolatore Starstim;A:cuffia, B:stimolatore wireless, C:elettrodi per registrazione di
EEG, D:elettrodi per la registrazione di EEG e stimolazione (quelli usati), E: elettrodi per una
stimolazione cerebrale meno focale.
60
Figura 12 Template di stimolazione P4: a sinistra stimolazione tACS, a destra stimolazione tRNS.
Figura 13 Template stimolazione T8: a sinistra stimolazione tACS, a destra stimolazione tRNS.
Sono state quindi aggiunte come condizioni accessorie anche le stimolazioni tACS
invertite rispetto all’accoppiamento fondamentale onda-sede: ovvero è stata
somministrata anche la tACS a 10 Hz alla regione del temporale e la tACS a 40 Hz alla
regione parietale, in maniera da avere le condizioni di controllo. Ad ogni soggetto
inoltre, è stata somministrata la condizione di stimolazione placebo detta “sham”, nella
quale si ha una iniziale erogazione di corrente (tACS) al soggetto che si arresta dopo 30
secondi. Le varie condizioni di stimolazione somministrate ai soggetti sono state
randomizzate nell’ordine di esecuzione. La seduta di stimolazione prevedeva quindi 7
sessioni di stimolazione, in ognuna veniva somministrato uno dei blocchi
precedentemente creati, composti da CRA (15) e da Rebus Puzzle (11).
Sul soggetto per prima cosa era effettuata una pulizia del cuoio capelluto con
Clorexidina e cotone per eliminare l’eccesso di sebo e migliorare la conduzione, quindi
veniva montata la cuffia dello stimolatore con gli elettrodi posizionati nelle regioni
d’interesse: F3, F4, P3, P4, T7, T8, O1, O2, con interposizione di gel conduttivo tra
l’elettrodo e lo scalpo.
A questo punto il volontario svolgeva un training al pc che gli permetteva di
61
comprendere sia il tipo di task (tramite la risoluzione di esempi di CRA e Rebus), sia di
capire come si sarebbe svolto il test e le relative modalità di risposta: gli stimoli erano
forniti automaticamente dal pc e permanevano sullo schermo per 20 secondi, il soggetto
era invitato a premere la barra spaziatrice appena la soluzione compariva alla mente, se
allo scadere del tempo il soggetto non aveva ancora risposto,
la casella per
l’inserimento della soluzione andava a sovrapporsi allo stimolo. A questo punto le
indicazioni erano di lasciare vuota la casella se essi non avevano assolutamente idea di
quale fosse la soluzione, se invece avevano ipotizzato una risposta della quale non erano
completamente sicuri era consigliato loro di inserirla ugualmente, senza soffermarsi
ulteriormente sul problema. Dopo aver fornito la risposta per ogni problema, al soggetto
era chiesto (tramite una schermata del pc) di premere il tasto “I” se aveva usato il
metodo intuitivo per trovare la soluzione, o il tasto “A” nel caso in cui avesse adottato
un metodo analitico. La spiegazione della differenza tra metodo analitico e insight era
fornita nella fase di training come segue: “Per INSIGHT si intende che la risposta ti è
venuta in mente all’improvviso (inaspettatamente) mentre provavi a trovare la
soluzione, senza essere in grado di spiegare come l'hai trovata. Questo tipo di soluzione
si associa spesso ad esclamazioni di sorpresa come «Aha!». ANALITICAMENTE
invece significa che hai individuato la risposta dopo aver deliberatamente e
consapevolmente provato diverse parole fino a quando non hai trovato quella corretta.
In questo caso, ad esempio, saresti in grado di indicare i passaggi che ti hanno portato
alla soluzione”. La prima parte del blocco era composta dalle CRA, dopodiché il
soggetto, premendo la barra spaziatrice, passava automaticamente alla risoluzione dei
Rebus.
Per ogni blocco (in cui era prevista una diversa stimolazione), il protocollo sperimentale
era così strutturato:
1) Test delle impedenze relative alla stimolazione che il soggetto sarebbe andato a
ricevere (da ripetersi per ogni condizione), in modo da controllare la conduttività
degli elettrodi e contemporaneamente far familiarizzare il soggetto con la
possibile comparsa della sensazione di pizzicore e formicolio che talvolta è
avvertita focalmente sotto l’elettrodo stimolante;
2) 3 minuti di registrazione di EEG a riposo (registrato grazie allo Stimolatore
Starstim), durante i quali al soggetto è chiesto di rilassarsi, non parlare,
62
mantenere gli occhi aperti e muoversi il meno possibile, focalizzandosi sulla
scritta “Dell” del pc;
3) salita graduale e progressiva dell’intensità di corrente (tRNS/tACS a seconda
della condizione) per 30 secondi;
4) due minuti di adattamento del soggetto alla stimolazione, durante i quali esso
poteva muoversi e rilassarsi nell’attesa di iniziare il task;
5) risoluzione del task strutturato come spiegato precedentemente (l’inizio del test
era comunicato dallo sperimentatore allo scadere dei due minuti di adattamento
alla stimolazione);
6) termine della stimolazione (tempo per l’azzeramento della corrente 30 secondi);
7) esecuzione di un breve compito distrattore (Odd Even, della durata di 2 minuti),
nel quale di fronte alla comparsa di numeri in maniera casuale al pc, essi
dovevano premere il più velocemente possibile il tasto “1” se il numero
presentato era pari, “9” per i numeri dispari. Anche di questo test sono in fase di
calcolo le percentuali di accuratezza e i tempi di reazione, in maniera da valutare
il calo dell’attenzione del soggetto durante la risoluzione dei blocchi.
La sessione di stimolazione aveva in totale una durata media di tre ore e mezzo.
63
ANALISI STATISTICA
L'analisi statistica è stata condotta attraverso modelli lineari generalizzati (GLM) per la
valutazione di ipotesi di interazione tra i fattori relativi alla tipologia di stimolazione
utilizzata (fattore “STIMOLAZIONE”), l'area cerebrale stimolata (“REGIONE”) e il
tempo inteso come l'ordine dei blocchi sperimentali (“TEMPO”). Il modello utilizzato
ha previsto un’analisi multivariata della covarianza (Multivariate ANCOVA =
MANCOVA) a misure ripetute (Repeated Measures = RP-MANCOVA), con una soglia
di significatività statistica pari a 0.05 (p.value) e correzione per confronti multipli
attraverso il metodo Bonferroni (p.<0.05). Qualora valori di MAIN Effect o Interazione
tra fattori fossero risultati significativi, il confronto post-hoc per coppie di condizioni è
stato verificato applicando la correzione per confronti multipli di Bonferroni (p.<0.05).
I valori analizzati sono stati: (i) il numero di risposte corrette rispetto al numero totale
di prove (“Accuratezza”); (i) i tempi di risposta medi alle prove risolte correttamente
(“Tempo reazione”). Questi indici sono stati valutati sia per le risposte date entro il
limite di tempo a disposizione (20") sia oltre la scadenza. Per verificare dove l’effetto
della tES fosse più marcato, le risposte dei soggetti sono state suddivise in tre categorie
sulla base della difficoltà riportata nel campione di standardizzazione dei test utilizzati
(Difficili/Medie/Facili). Inoltre, sono state valutate le strategie di risoluzione del task
(Attraverso Intuizione / Attraverso ragionamento Logico).
Covariate. Le analisi sono state condotte includendo le variabili Sesso, Età, Scolarità e
altre variabili derivate dalla valutazione neuropsicologica come covariate, ottenendo
quindi una stima netta delle differenze nelle varie condizioni che non fossero inficiate
da differenze interindividuali già presenti prima dell'esperimento.
Predizione dell’esito. Successivamente, per valutare quali potessero essere le variabili
con il più alto valore predittivo rispetto alla risposta alla stimolazione elettrica noninvasiva, è stato applicato un modello di Clustering Two-Steps nel quale i soggetti sono
stati raggruppati automaticamente in due gruppi denominati “Responders” e
“NonResponders” sulla base dei valori (“miglioramenti”) ottenuti durante le varie
stimolazioni. Questo ha permesso di stimare il profilo prototipico del candidato a
rispondere ad interventi di modulazione per il potenziamento delle capacità intrinseche
di intuizione, un’informazione utile per guidare le future investigazioni e il
reclutamento dei candidati, oltre ad essere un aspetto di rilievo sotto il profilo etico data
la ormai accertata variabilità individuale nella risposta alla tES.
64
Risonanza Magnetica Funzionale. A questo si è aggiunta un’analisi del profilo di
connettività funzionale a riposo in fMRI che ha fornito informazioni circa le aree
responsabili nello svolgimento del compito somministrato ai candidati, oltre a, come
citato per l'analisi di clustering, identificare le aree la cui attivazione spontanea a riposo
è in grado di distinguere soggetti ad alta/bassa capacità di intuizione ma soprattutto
soggetti Responders/NonResponders.
65
RISULTATI
Le analisi hanno mostrato effetti significativi per entrambe le metodiche di modulazione
utilizzate (tACS, tRNS), i quali verranno esposti di seguito distinti per i due tipi di
stimolazione.
tACS
CRA. La stimolazione a corrente alternata ha mostrato un incremento
significativo della capacità di intuizione per entrambe le frequenze impiegate, con una
riduzione significativa dei tempi di reazione nelle risposte corrette per la stimolazione a
10Hz nelle aree Parietale Destro per le risposte a media difficoltà [F(5,29) = 19.18,
p<0.001, diminuzione dei RT del 28%] e Temporale Destro [F(5,29) = 17.93, p<0.001,
diminuzione dei RT del 25%] per le risposte più facili (Figura 15).
Un incremento significativo del numero di risposte corrette fornite è stato osservato
durante la stimolazione a 40Hz sul sito di stimolazione Parietale Destro [F(5,29) = 25.34,
p<0.001] con un aumento della performance pari al 45% dei livelli di accuratezza senza
stimolazione (Figura 14), assieme ad un incremento più modesto dell’accuratezza per la
stimolazione a 40Hz sul Temporale Destro. L’analisi delle risposte corrette sulla base
della difficoltà ha mostrato un effetto preponderante per le risposte Difficili e Medie,
con effetti nulli per le prove indicate come Facili (Figura 14).
Sia per le risposte in generale sia per quelle Difficili/Medie, l’effetto è stato identificato
per le risposte date entro il limite di tempo (20") con nessun effetto significativo per le
risposte date oltre il limite. L’analisi delle strategie di risoluzione non ha fornito dati
significativi, tuttavia mostrando alcuni trend che suggeriscono la possibile utilità di
questa indagine anche in studi futuri.
REBUS. L'analisi relativa al secondo task impiegato ha evidenziato un solo
risultato significativo, relativo ad una diminuzione dei tempi di reazione delle prove più
difficili durante la stimolazione a 10Hz sul sito Temporale Destro [F(5,29) = 24.18,
p<0.001, diminuzione dei RT del 46%] (Figura 16).
66
Figura 14 Accuratezza delle risposte nello studio tACS in riferimento alle CRA. Si nota un forte
incremento (+45%) di risposte corrette fornite con la stimolazione tACS 40Hz sul Parietale Destro (P4)
per le prove difficili, con un incremento minore anche nelle prove medie. Anche la stimolazione tACS 40
sul Temporale Destro (T8) ha incrementato l’accuratezza delle risposte fornite rispetto alla sham in
misura minore, ma sempre per le prove difficili.
67
Figura 15 Tempi di reazione per le risposte corrette fornite alle CRA. Si notano decrementi dei tempi di
reazione sia per la stimolazione tACS a 10 Hz applicata sul Parietale Destro (P4), nei trial a Media
difficoltà, sia sul Temporale Destro (T8) nelle prove più Facili (rispettivamente -28% e -25%).
Figura 16 Tempi di reazione per le risposte corrette ai Rebus. Si nota un decremento (-46%) dei tempi di
reazione per le risposte più difficili alla condizione di stimolazione tACS 10 Hz sul Temporale Destro
(T8).
tRNS
CRA. La stimolazione random noise ha mostrato un incremento significativo
della capacità di intuizione per la stimolazione effettuata sul sito Parietale Destro e
Temporale Destro, con effetti dissociati per Tempi di Reazione e Accuratezza. Nello
specifico, un incremento significativo del numero di risposte corrette fornite è stato
osservato durante la stimolazione tRNS sul sito Temporale Destro [F(5,29) = 25.34,
p<0.001] con un aumento della performance pari al 28,3% dei livelli di accuratezza
senza stimolazione per le risposte difficili e del 28% per le medie (Figura 17).
68
Una riduzione significativa dei tempi di reazione nelle risposte corrette è stata ottenuta
durante la stimolazione sul Parietale Destro [F(5,29) = 18.47, p<0.001, diminuzione dei
RT del 27%] (Figura 18). L’effetto sui tempi di reazione si è osservato maggiormente
per le prove Medie e Facili. Sia per le risposte in generale sia per quelle Difficili/Medie,
l'effetto è stato identificato per le risposte date entro il limite di tempo (20") con nessun
effetto significativo per le risposte date oltre il limite. Ancora una volta, l'analisi delle
strategie di risoluzione non ha fornito risultati significativi.
REBUS. L'analisi dei dati relativi ai rebus non ha mostrato alcun effetto
significativo né per Tempi di Reazione né per l'Accuratezza per la stimolazione tRNS.
Figura 17 Accuratezza nelle CRA per lo studio tRNS. Si nota un aumento dell’accuratezza pari al
28,30% per le risposte difficili e del 28% per le medie, nella condizione sul Temporale Destro (T8).
69
Figura 18 Tempi di reazione per le risposte corrette durante la tRNS per le CRA. Si nota un decremento
dei tempi per la condizione tRNS sul Parietale Destro (P4) pari al 27% nelle risposte Medie e, in misura
minore, per le risposte Facili.
fMRI
Come avvenuto per le variabili inserite nel clustering, le analisi di Risonanza Magnetica
Funzionale in stato di riposo hanno contribuito ad identificare il profilo di connettività a
riposo responsabile delle differenze nella risposta a tACS e tRNS nel nostro campione.
Nello specifico è stato impiegato un GLM basato su un atlante anatomico composto da
120 aeree corticali e sottocorticali; la connettività è stata stimata come correlazione
prodotto-momento di Pearson, utilizzando una soglia statistica pari a p.<0.05 corretta
con False Discovery Rate. Come riportato in figura19 e 20, le aree di stimolazione
situate nel lobo Temporale di destra (T8, Figura 19) e lobo Parietale di Destra (giro
70
angolare, P4, Figura 20) mostrano un differente profilo di connettività verso altre
regioni cerebrali corticali e sottocorticali, facenti parte o meno del network
dell'intuizione. Nel dettaglio, le immagini incluse nelle Figure 19 e 20 rappresentano le
aree di aumentata (in rosso/giallo) o diminuita (in blu/celeste) sincronizzazione tra l'area
stimolata tramite tACS/tRNS (cerchio verde) e il resto del cervello nei soggetti che
rispondono maggiormente alla stimolazione con tRNS e/o tACS. Le aree evidenziate
sono per lo più situate nel lobo temporale destro stesso, come anche in quello parietale,
mentre sono evidenti anche altre connessioni con strutture sottocorticali quali
l'amigdala, e aree situate nell'emisfero controlaterale quali la corteccia motoria ed il
lobo temporale di sinistra (Figura 19 e 20). I risultati suggeriscono che una maggiore
connessione a riposo tra il lobo temporale e parietale di destra sia un fattore predittivo di
risposta alla stimolazione e miglioramento nei punteggi alle CRA, ad indicare che un
network dell'intuizione ben coeso già prima dell'intervento con tES può essere un fattore
predisponente alla riuscita della neuromodulazione. A questo si aggiunge la connettività
di queste aree con strutture apparentemente non facenti parte del network
dell'intuizione, suggerendo altri interessanti scenari per ottimizzare in futuro i protocolli
di stimolazione elettrica non invasiva volti al miglioramento delle funzioni cognitive.
Figura 19 Connettività funzionale del giro temporale di destra. Nei soggetti che hanno risposto in misura
maggiore alla stimolazione si nota un incremento della connettività con il giro temporale fusiforme di
destra, con il giro paraippocampale di destra, con l’amigdala di destra e con il giro paraippocampale di
destra. Si riporta invece una diminuzione della connettività negli stessi soggetti con il polo occipitale
bilaterale, con l’area temporo-occipitale di sinistra e con il giro fusiforme occipitale di sinistra.
71
Figura 20 Connettività funzionale del giro angolare di destra (parietale). Si presenta aumentata nei
soggetti rispondenti in misura maggiore alla tES per quanto riguarda le regioni dell’amigdala destra e
sinistra, del giro fusiforme di sinistra (temporale) e del giro temporale mediale di destra. Inoltre, si nota
un aumento della connettività tra il parietale destro e la corteccia motoria/premotoria controlaterale, oltre
ad una diminuita connettività con le regioni dell'insula destra e della corteccia prefrontale destra.
Clustering e Predizione
Due analisi di Clustering sono state effettuate sul campione, utilizzando i punteggi
ottenuti durante le stimolazioni tRNS e tACS. I risultati ottenuti sono riportati nelle
Figure 21 e 22, dove sono visibili (i) la suddivisione in gruppi del campione per le due
metodiche (2 gruppi per la tACS, 4 gruppi per la tRNS; goodness of classification index
= 0.78 e 0.74 per tACS e tRNS, rispettivamente), e (ii) la caratterizzazione del
campione sulla base delle risposte date al task di intuizione oltre ad altre variabili
raccolte quali i task cognitivi inerenti la memoria, l'attenzione, l'intelligenza fluida, il
quoziente di intelligenza e le funzioni esecutive. Come è osservabile, il profilo dei
soggetti Responders e NonResponders identificati dall'algoritmo si distingue anzitutto
per i punteggi al test CRA in entrambe le stimolazioni tES, mentre i predittori più
importanti per la risposta alla stimolazione tACS e tRNS differiscono notevolmente. Si
rilevano, infatti, predittori legati alla Working Memory (WM) ed all'intelligenza fluida
(RAPM) per la tACS, mentre sono stati identificati predittori significativi quali il sesso
di appartenenza e il quoziente intellettivo per la tRNS. Questi risultati indicano come le
due metodiche di stimolazione interagiscano con l’attività cerebrale in modalità
sostanzialmente diverse e conseguentemente, come lo stesso soggetto possa rispondere
in maniera differente ai due tipi di stimolazione, mostrando i presupposti per dare vita
ad una stimolazione “personalizzata”.
72
Figura 21 Clustering e relativi predittori per la performance alla tACS. I primi parametri (Accuratezza ed
RT) sono riferiti alla performance sotto stimolazione tACS, secondo i quali i soggetti sono stati divisi in
gruppi. Come notiamo, gli indicatori che correlano con le migliori performance alla stimolazione sono: la
Working Memory Verbale, la performance alle Matrici di Raven (intelligenza fluida) ed il Visual Search.
Il campione si presenta suddiviso in due gruppi sulla base della risposta alla tACS.
73
Figura 22 Clustering e relativi predittori per la performance alla tRNS. I primi parametri (Accuratezza ed
RT) sono riferiti alla performance sotto stimolazione tRNS, secondo i quali i soggetti sono stati divisi in
gruppi, in questa analisi i gruppi sono quattro. Gli indicatori che correlano con le migliori performance
alla stimolazione sono: il genere, il Quoziente Intellettivo e la Working Memory Visiva.
74
DISCUSSIONE
Stimolazione
I risultati del nostro studio dimostrano come sia effettivamente possibile aumentare la
capacità di intuizione grazie ad entrambi i tipi di modulazione elettrica applicata (tACS
e tRNS) che non erano stati ancora testati in letteratura su questo processo cognitivo
intrinseco.
Ricordiamo come il nostro protocollo era stato creato basandoci sulle evidenze
neurofisiologiche ricavate da Beeman e colleghi, per cui ci aspettavamo un effetto
maggiore di potenziamento cognitivo nella condizione tACS a 10Hz del parietale destro
(P4) e tACS 40Hz sul temporale destro (T8). I risultati ottenuti per il task delle CRA,
confermano in parte questa teoria, dimostrando però come l’effetto specifico della
frequenza di stimolazione somministrata sia indipendente dalla sede che la riceve
(nell’ambito di P4 e T8). La diminuzione dei tempi di risposta (calcolati sulle risposte
corrette fornite) infatti, si è registrata in maniera significativa alla tACS a 10 Hz
somministrata sia sulla regione parietale di destra che su quella temporale.
Parallelamente l’aumento dell’accuratezza nelle risposte fornite (entro il tempo
massimo di 20 secondi previsto dal test), si è verificato in entrambi i siti modulati dalla
tACS
a
40
Hz.
Questi
miglioramenti
della
performance,
indipendenti
dall’accoppiamento “sito di stimolazione-frequenza” ipotizzati da Beeman, sembrano
suggerire che l’attività alfa possa intervenire prevalentemente sulla prima parte del
processo di illuminazione, dove è necessario inibire le idee dominanti e le vecchie
interpretazioni mentali soggettive per elaborare deboli associazioni (Beeman 2014),
contribuendo
quindi
a
velocizzare
questa
fase
iniziale
del
processo.
Contemporaneamente, l’effetto dell’oscillazione gamma somministrata con la tACS
sull’accuratezza, in maniera indipendente dalla sede, fa ipotizzare che questa frequenza
di scarica neuronale sia quella effettivamente messa in atto nel momento in cui il
soggetto elabora la nuova interpretazione del problema e trova la corretta soluzione
portandola alla coscienza (Tallon-Baudry C 1999), fase finale del processo intuitivo.
L’importanza delle frequenze di attivazione cerebrale individuate dai precedenti studi,
(che sono qui amplificate dalla modulazione-tACS alla stessa frequenza di attivazione
endogena), sono perciò confermate dai nostri risultati; tuttavia non sembra esistere una
75
relazione forte di tipo frequenza-sede per le due aree implicate nel processo, quanto
piuttosto un’interazione frequenza-potenziamento di una specifica fase del processo
intuitivo che si riflette su una specifica variabile del task (tACS-alfa che agisce sui
tempi di reazione e tACS-gamma che migliora i tempi di accuratezza). Gli effetti sopra
citati di potenziamento sono stati rilevati per la maggior parte nelle prove CRA a
maggiore difficoltà (per l’analisi i problemi erano stati suddivisi in quelli a bassa, media
ed elevata difficoltà), ciò sottolinea come l’intervento di modulazione vada a potenziare
il soggetto nel suo punto “più debole”, enfatizzando l’efficacia dei risultati raggiunti.
Per quanto riguarda le aree sinistre stimolate (parietale e frontale), selezionate per la
stimolazione grazie alla metanalisi quantitativa degli studi fMRI presenti in letteratura
(nei quali erano usati molti tipi di task diversi), i risultati ottenuti non hanno dimostrato
risultati significativi, né per i Rebus né per le CRA; probabilmente queste aree non sono
funzionalmente rilevanti nell’esecuzione degli insight-task usati nel nostro esperimento.
In riferimento ai risultati ottenuti nell’esecuzione dei Rebus si è verificato un
miglioramento solo nei tempi di reazione con la stimolazione tACS a 10 Hz sulla sede
del temporale destro. Questo dato conferma l’ipotesi dell’importanza delle oscillazioni
cerebrali di tipo alfa per la prima parte del processo intuitivo che influisce
maggiormente sui tempi di reazione ma porta verso un interrogativo: possiamo parlare
di incremento effettivo dell’intuizione o di aumento della performance in un test
specifico anche se pur sempre basato sull’intuizione, visto il minimo miglioramento
della performance nei Rebus? Per rispondere a questa domanda, che sorge
spontaneamente dati i risultati non sovrapponibili tra la performance dei Rebus e nelle
CRA, sarà necessario forse ricorrere in futuro ad un nuovo test che cerchi di valutare in
modo ancora più standardizzato la capacità d’insight individuale.
fMRI
L’analisi della connettività a riposo dei soggetti ha confermato le ipotesi sulla
strutturazione dell’insight-network emersa dai primi studi di Beeman. Nei soggetti con
la migliore performance alla tACS/tRNS infatti è stata rilevata una maggiore
connettività tra il temporale destro e il parietale destro (esattamente tra le stesse aree
sottoposte alla stimolazione), a conferma di un pattern caratteristico di comunicazione
76
privilegiata tra questa due regioni cerebrali implicate nel miglioramento della
performance all’insight task (CRA).
Inoltre, entrambe le regioni sembrano essere maggiormente connesse con altre aree
appartenenti allo stesso lobo, a sottolineare l’effettiva importanza delle regioni
temporali e parietali destre nel nostro esperimento.
La maggiore connettività a riposo tra il parietale e il temporale destro può essere messa
in relazione infine con il miglioramento della performance indipendente dal sito scelto
(tra P4 e T8): la stimolazione di una delle due aree cerebrali sembra, infatti, determinare
un effetto simile anche quando è modulata l’altra proprio perché esse sono strettamente
interconnesse a livello funzionale e l’incremento della performance si può trasmettere
automaticamente dall’una all’altra regione.
Questi risultati ci permettono quindi di identificare quindi un possibile marker per la
predizione della risposta del soggetto alla stimolazione, da ottenere effettuando un
semplice, breve esame, non invasivo e non dannoso, che assieme ai risultati del
clustering, permette di iniziare a delineare il prototipo del paziente rispondente alla
stimolazione applicata per aumentare una specifica funzione cognitiva.
Clustering e Predizione
L’analisi dei clustering sul campione ha dimostrato per prima cosa come la risposta
degli stessi soggetti ai due tipi di stimolazione non è sovrapponibile, in altre parole, che
coloro che rispondono in maniera positiva ad una stimolazione possono non rispondere
in maniera equivalente all’altra, essendo stati suddivisi in gruppi diversi sulla base della
performance ottenuta alle CRA.
Nella risposta alla stimolazione tACS, i soggetti sono stati suddivisi nettamente in due
gruppi identificanti i Responders e i NonResponders, la cui performance
nell’esecuzione del test sotto stimolazione correla con i predittori Working Memory,
Intelligenza Fluida e Visual Search, valutati nell’assessment cognitivo preliminare. Per
la risposta alla tRNS invece, i gruppi individuati sono quattro, e in maniera molto
inaspettata, è emerso come primo predittore della performance il sesso di appartenenza
dei soggetti, seguito poi dalla misura di Quoziente Intellettivo e da quella di Change
Detection (indicatore della visual working memory). In entrambe le stimolazioni quindi
assume un ruolo di primo piano l’Intelligenza, come Intelligenza Fluida per la risposta
77
alla tACS e come Intelligenza Generale (quoziente intellettivo) nella tRNS; inoltre in
entrambe troviamo come predittore un task propriamente visivo: il Visual Search per la
tACS e il Change Detection per la tRNS, che rappresenta, tra l’altro, il corrispettivo
visivo della Working Memory Verbale, primo predittore nella performance tACS. Il
genere dei soggetti invece, non compare tra i primi predittori per quanto riguarda la
tACS. Queste prime evidenze, che necessitano di conferma in studi successivi,
sembrano indicare che i due tipi di stimolazione somministrata interagiscono di fatto
con funzioni cerebrali diverse, emerse grazie allo studio dei predittori, che benché
presentino delle analogie in quanto a “tipologia” di funzione cognitiva, non sono
comunque sovrapponibili (i.e. Intelligenza Fluida-Generale, Working memory visivaverbale).
Inoltre tali dati permettono di aprire delle nuove prospettive per l’applicazione futura
delle tecniche di neuromodulazione. Innanzitutto da questi dati preliminari sembra
emergere che, facendo eseguire al soggetto alcuni task cognitivi valutanti le funzioni
sopra citate, possa essere predetta la successiva risposta individuale alla stimolazione.
Ciò permetterebbe di selezionare effettivamente soltanto i veri Responders per i
protocolli di stimolazione, sia in ambito di neuro-enhancement, sia in campo di
recupero
funzionale
dei
disturbi
cognitivi
acquisiti
e
del
neurosviluppo.
Contemporaneamente, valutando i suddetti predittori, sembra possibile anche
identificare il tipo di stimolazione più efficace per il paziente, come avviene, di fatto,
nella pratica clinica quando la selezione di un farmaco avviene sulla base di parametri
clinici e strumentali. La personalizzazione della terapia sul paziente sembra quindi
proporsi anche in ambito di neuromodulazione e, visto l’ampliamento esponenziale dei
campi di applicazione della tES che spaziano dai disturbi cognitivi acquisiti (i.e. deficit
di memoria nell’Alzheimer) alle malattie psichiatriche (i.e. Depressione farmaco
resistente), questa non può essere ignorata ma necessita invece di una ricerca rigorosa
volta, come avviene negli USA da alcuni anni, a identificare curve Dose-Risposta per
ciascuna metodica tES e alla strutturazione di protocolli standardizzati di intervento per
le diverse condizioni di interesse.
78
CONCLUSIONI
Nella grande varietà e scarsa uniformità di evidenze in letteratura sul campo
dell’Intuizione, il nostro studio permette di iniziare a fare luce su questo misterioso ed
affascinante processo intrinseco. I risultati dell’esperimento di stimolazione, benché del
tutto preliminari, possono far ipotizzare che i centri deputati allo svolgimento di quello
che è ritenuto un nuovo insight-task (le CRA) siano effettivamente localizzati nelle
regioni parietali e temporali di destra e che soprattutto, sia possibile incrementare la
performance dei soggetti attraverso un semplice protocollo di neuromodulazione non
invasiva e priva di effetti collaterali. La presenza di un’aumentata connettività fMRI tra
le aree in questione e al loro interno, identificata nei soggetti che raggiungono la
migliore performance sotto stimolazione, rende ancora più plausibile questa teoria.
Tuttavia, la mancanza di miglioramenti importanti nello svolgimento dei Rebus,
considerati anch’essi un insight-task, pone delle domande cui sarà obbligo cercare di
trovare una risposta negli studi futuri: forse i Rebus non sono veri insight-task? O forse
sono insight-task che attivano network ed aree differenti rispetto a quelle messe in atto
per lo svolgimento delle CRA? Sul fatto che le CRA possano essere risolte con il
metodo intuitivo vi sono molte evidenze, certamente però, essendo ancora agli albori di
studi di questo tipo, nessuna ipotesi può essere esclusa a priori.
L’analisi dei cluster ha rivelato anch’essa correlazioni interessanti per iniziare a definire
il prototipo di soggetti Responders che, ricordiamo, sarà integrato anche con l’analisi
dell’EEG a riposo dei soggetti e con l’analisi dei polimorfismi genetici. Grazie ad
ulteriori indagini sembra possibile arrivare un domani a definire, anche in questo
campo, un trattamento realmente personalizzato e useful per il paziente.
Ma, in conclusione, a che cosa è servito essere riusciti ad incrementare la capacità di
risoluzione di un particolare tipo di test nei giovani sani? Per prima cosa, è stato
dimostrato come un metodo di problem solving, apparentemente inconsapevole e
incontrollabile dall’uomo, può essere potenziato in maniera del tutto sicura e non
invasiva, in soggetti sani. Ciò prospetta la possibilità di poter andare a interagire anche
con individui in età dello sviluppo che presentano disturbi dell’apprendimento e di
problem solving, come pure in anziani che vedono declinare più o meno
fisiologicamente le loro funzioni cognitive. Dall’altro lato, si staglia il quesito etico del
possibile utilizzo di tali metodiche di neuro-enhancement anche nella popolazione sana,
79
semplicemente per incrementare il rendimento cognitivo, cosa che effettivamente negli
U.S.A. sta prendendo piede grazie alla fruibilità sul mercato globale di stimolatori a
basso costo ed all’assenza di una regolamentazione internazionale per la loro vendita e
l’utilizzo. Comunque sia, le enormi possibilità che si prospettano nell’utilizzo di queste
nuove metodiche con le più disparate applicazioni, non deve essere un freno nel
continuare a cercare di creare nuovi protocolli che aiutino i pazienti nel recupero delle
proprie funzioni originarie o semplicemente che aiutino l’uomo nella sua quotidianità.
Un “Eureka moment” in più, infatti, può rivelarsi prezioso per tutti e magari anche per
gli stessi neuroscienziati, perché come canta adesso anche Jovanotti, “è la scienza (…)
si procede per Intuizioni!”.
80
BIBLIOGRAFIA
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RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare il Professor Alessandro Rossi, che mi ha accolto nel suo reparto
nel modo in cui tutti gli studenti desiderano, avendo la premura di intuire i miei interessi
e di indirizzarmi senza esitazione verso essi. Ringrazio quindi Emiliano che mi ha
seguito con pazienza, rispondendo a ogni mio dubbio o curiosità, spronandomi e
insegnandomi costantemente, ma soprattutto trasmettendomi la sua passione. Un altro
ringraziamento va naturalmente al direttore del laboratorio, il professor Simone Rossi e
a tutto il personale con cui non ho condiviso soltanto un interesse scientifico, ma
un’esperienza di vita che mi ha fatto crescere e maturare, oltre che assolutamente
divertire.
Un ringraziamento speciale va a tutti i miei amici e parenti che hanno partecipato allo
studio, senza di voi non sarebbe stato possibile intraprenderlo: Agnese, Alberto,
Alfredo, Benedetta, Bruno, Carmine, Elena, Elia, Elio, Federica, Francesca, Francesco,
Francesco, Gilda, Giulia, Giulia, Giorgio, Ilenia, Martina, Martina, Miriam, Michele,
Maria Francesca, Nicoletta, Niccolò, Pasquale, Silvia, Sheila, Simone, Tommaso e
Verdiana.
Ringrazio tutti i miei parenti, che mi hanno sempre incoraggiato e mostrato fiducia in
questo lungo percorso, aiutandomi anche a rinvigorire anche la mia motivazione nei
momenti più duri.
Un enorme grazie va quindi al gruppo del Polpo (Andrea, Benedetta, Elisabetta,
Federica, Martina, Miriam, Michele, Nicoletta, Nicolò) senza di voi questi sei anni
sarebbero stati molto più tristi e faticosi; inutile dire che avete reso questo percorso,
intrapreso assieme per caso, fantastico; quasi quasi lo riinizierei per trascorrere con voi
altri momenti come tutti quelli passati insieme in questi anni!
Grazie Federica, Maria Francesca, Miriam, e Nicoletta; quando ci sono troppe cose da
dire forse la miglior cosa è il silenzio, io vi dico solamente ancora con tutto il cuore
grazie, nella convinzione che questo sia solo il primo traguardo di tutti quelli che
condivideremo (anche solo con il cuore) insieme. Infine, un grazie speciale a Giulio,
Mario, Antonietta e Luciano, che, sono sicura, mi hanno guidato anche da lassù.
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