Con la festa di S. Omobono la chiusura del Giubileo,Sabato la

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Con la festa di S. Omobono la chiusura del Giubileo,Sabato la
Mons.
Napolioni:
«La
maternità segno quotidiano
del Natale»
Un nuovo anno iniziato guardando a Maria, al mistero di una
ragazza che è madre di Dio e che dà senso a ogni maternità e a
ogni vita. Così il vescovo Antonio Napolioni nella Messa
presieduta in Cattedrale nel pomeriggio di domenica 1°
gennaio, solennità di Maria Madre di Dio e 50esima Giornata
mondiale della pace.
Nella sua riflessione mons. Napolioni si è soffermato proprio
sulla maternità. Non solo quella di un Dio Creatore che ha
voluto assaporare lui stesso l’abbraccio di una madre, ma
anche quella quotidiana e attuale che il Vescovo ha avuto modo
di conoscere da vicino in queste settimane, incontrando tante
mamme con i propri bambini. Ambienti e situazioni anche molto
differenti tra loro. Come l’ospedale cittadino, le tante
famiglie incontrante nelle case e nelle parrocchie, o le
diverse strutture di accoglienza. Ad esempio quella per
ragazze madri che stanno uscendo dal tunnel delle droga, dove
il Vescovo ha passato il pomeriggio del 1° gennaio: in
famiglia!
Segni del Natale, li ha definiti il Vescovo. Ben più
significativi degli addobbi natalizi che tra pochi giorni
torneranno negli scatoloni chiudendo la parentesi di queste
festività.
Mons. Napolioni ha aiutato a entrare nel profondo del mistero
della maternità: quello di Maria e quello della Chiesa. «In
fondo – ha ricordato il Vescovo – la storia del mondo è storia
di un’unica grande maternità»: quella di un Dio che dona se
stesso.
Un “miracolo” che si rinnova ogni giorno in quei neonati
capaci di ridare vita alle proprie madri, mentre esse si
prendono cura di loro in un vero e proprio circolo d’amore.
L’attenzione del Vescovo è andata anche alla 50esima Giornata
mondiale della pace, dal titolo “La nonviolenza: stile di una
politica per la pace”. L’invito del Papa a praticare stili di
nonviolenza – ha ricordato mons. Napolioni – è rivolto a
tutti: a cominciare proprio dalle famiglie.
La celebrazione, molto partecipata, è stata animata con il
canto dalla Corale di Pieve Delmona, accompagnata all’organo
dal maestro Fausto Caporali. Il servizio d’ordine è stato
garantito come in tutte le festività dall’Associazione
Nazionale Carabinieri, mentre come tradizione del 1° gennaio
hanno prestato servizio all’altare
Parrocchia di Casalbuttano.
i
ministranti
della
A loro il Vescovo, prima della benedizione finale, ha voluto
dire grazie insieme agli auguri, «che concretizzeremo giorno
per giorno aiutandoci». In questo senso un pensiero
particolare mons. Napolioni l’ha voluto rivolgere al
Perinsigne Capitolo della Cattedrale, rappresentato da molti
dei canonici che hanno concelebrato l’Eucaristia. Il Vescovo
ha ricordato l’importanza del loro ministero, svolto
quotidianamente nella preghiera e nelle confessioni, «facendo
della Cattedrale non solo un capolavoro d’arte, ma un vero
santuario di fede».
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«La Vergine Maria antidoto
alla frenesia del tempo»
«Siamo schiavi o figli del tempo? Rischiamo di esserne
schiavi, invece, siamo chiamati ad esserne figli! Figli del
nostro tempo, della storia che abbiamo alle spalle, figli del
dono di Dio che in ogni istante ci rende vivi, non tanto
perché è il burattinaio che non taglia i fili per chissà quale
destino di bontà, mentre ad altri sembra che la vita sfugga
sempre, ma perché è realmente fonte di vita, anche nel male e
nel dolore! È talmente fonte di vita che ama i suoi figli, li
custodisce e li rende immortali, li riempi di eternità e li
libera dalla schiavitù del tempo». Ha esordito così mons.
Napolioni nell’omelia dell’ultima Messa dell’anno, celebrata,
come da tradizione, nella chiesa cittadina di S. Agostino.
Un’Eucaristia caratterizzata dal rendimento di grazie per i
dodici mesi trascorsi attraverso il canto del Te Deum proposto
dalla schola cantorum parrocchiale diretta dal maestro Isidoro
Gusperti.
La Messa, ben partecipata da fedeli provenienti da tutta la
città, è stata concelebrata dal parroco di S. Agostino-S.
Pietro don Stefano Moruzzi, dal vicario don Roberto Musa, dai
collaboratori parrocchiali don Giuseppe Ferri e don Pier
Altero Ziglioli e dal sacerdote residente mons. Ruggero
Zucchelli.
All’inizio mons. Napolioni ha venerato con l’incenso
l’artistico presepio posto ai piedi del presbiterio, quindi ha
ricevuto il saluto di don Moruzzi che ha ricordato l’antica
tradizione di celebrare il Te Deum in S. Agostino: «La
presenza del Vescovo, successore degli apostoli – ha detto –
rinsalda la nostra fede e la nostra appartenenza alla Chiesa
universale».
Nell’omelia mons. Napolioni ha stigmatizzato il comportamento
dell’uomo contemporaneo che sembra sempre più schiavo del
tempo: «Anche i nuovi mezzi digitali invece di aiutarci a
vivere meglio – ha spiegato – aumentano la nostra ansia. La
tecnologia oggi è ansiogena! Per cui non solo non ci basta il
tempo, ma non lo sappiamo gustare, non ci sappiamo fermare a
pensare, a capire. Siamo in preda a che cosa non si sa: a un
motore che non si ferma eppure all’improvviso si inceppa,
troppo tardi a volte per essere protagonisti della nostra
vita».
Il presule ha evidenziato due trappole che rendono gli uomini
schiavi del tempo: «Anzitutto la frenesia: per cui rincorriamo
un benessere che non troviamo, perché lo cerchiamo male e
cresce in noi una insoddisfazione che cerca risposte che ci
ammalano sempre di più. Sempre più schiavi di mille forme di
dipendenza. A tal proposito non posso che appoggiare chi nella
nostra città giustamente cerca di limitare i danni della
dipendenza dal gioco d’azzardo che rovina le persone, le
intelligenze, le coscienze, le famiglie, la società stessa. Il
dramma è che questa società attraverso le sue istituzioni un
po’ alimenta queste dipendenze e un po’ cerca di ridurne i
danni».
Guardando alla notte dell’ultimo dell’anno mons. Napolioni ha
auspicato che si utilizzino meno botti e alcolici, ma si
riscopra la gioia dello stare in famiglia, ma anche in piazza,
ritrovando la fiducia dell’essere insieme.
Una seconda schiavitù riguarda la tentazione della nostalgia a
scapito della memoria: «Nella fede noi viviamo il memoriale
della morte e risurrezione del Signore! Non possiamo non
ricordare la sorgente, il dono della salvezza, cosa ha fatto
Dio per noi, chi siamo davvero, la fonte della nostra gioia e
speranza. Non siamo nel mondo per sbaglio, siamo vivi per
grazia e per amore». Eppure se tutto questo non si traduce in
uno sguardo positivo sul presente e sul futuro e si guarda al
passato nelle sue forme esteriori come se fossero le uniche
«si cade nella malattia della memoria. La cultura europea, la
più ricca ed evoluta del pianeta, si sta ammalando gravemente
di un ripiegamento sul passato tanto è vero che non siamo
capaci di trasmettere ai nostri giovani la voglia e la
capacità di costruire un futuro più degno e più bello della
vita che li abbiamo consegnato. Magari perché gli abbiamo
illusi di un benessere materiale, senza dare loro un benessere
interiore, di una pace profonda che diventa fecondità».
L’antidoto a tutto questo è Maria Santissima che nel mistero
della Natività da parte sua «custodiva tutte queste cose
meditandole nel suo cuore». Il silenzio di Maria è un silenzio
colmo di pace: «Lei ha fatto pace col tempo, perché l’eterno è
entrato in lei, ha fatto della sua giovinezza la più
importante maternità della storia. E farà della sua fedeltà
sotto la croce un’esperienza d’amore infinito, tanto che nel
suo cuore tutti i nostri frammenti di tempo, anche quelli più
bizzarri e intrisi di peccato, trova misericordia, tenerezza
di madre e speranza».
E così ha concluso: «Lei è regina della pace non solo per
l’esemplarità dei suoi sentimenti, ma perché ci da’ la forza
di essere costruttori di pace, con stili di tenerezza e
gratuità, in ogni situazione di vita. Impariamo da lei,
guardiamo lei, parliamone con lei, lasciamoci guidare da lei
affinché tutta la Chiesa sia più mariana e perciò più madre e
più feconda».
Ascolta l’omelia di mons. Napolioni
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Domenica 1° gennaio, mons. Napolioni presiederà, alle 18, in
Cattedrale, il solenne Pontificale nella solennità di Maria
Madre di Dio e nella 50a Giornata mondiale della pace che
quest’anno ha come tema: «La nonviolenza: stile di una
politica per la pace». I canti saranno proposti dalla corale
parrocchiale di Pieve Delmona.
Messaggio del Papa per la Giornata mondiale per la pace
Nonviolenza e commercio delle
armi: il 13 gennaio alle Acli
riflessioni dopo la Marcia
della pace di Bologna
Proseguirà idealmente venerdì 13 gennaio nel terzo incontro
del laboratorio Laudato si’ promosso delle Acli Cremonesi,
l’esperienza che una trentina di cremonesi ha vissuto sabato
31 dicembre a Bologna prendendo parte alla 49ª edizione della
Marcia nazionale per la pace.
L’appuntamento dell’ultimo dell’anno è iniziato nel pomeriggio
di San Silvestro ai Giardini Margherita, dove ha preso avvio
la Marcia. Tappe a San Petronio per il Te Deum con
l’arcivescovo di Bologna e alla Stazione di Bologna prima di
giungere al Palazzetto dello Sport. Le riflessioni teologiche
e spirituali richiamate durante la Marcia quali ragioni
fondative della “nonviolenza, stile di una politica per la
pace” (tema scelto da Papa Francesco per la 50 esima Giornata
mondiale della pace del 1° gennaio 2017) hanno trovato alcune
traduzioni operative proprio negli interventi e nelle
testimonianze durante la tavola rotonda al Paladozza.
Ribadito ancora una volta che le guerre si possono e si devono
prevenire, trasformare, riconciliare con azioni politiche
attive e creative, l’interrogativo si è focalizzato sulle
caratteristiche e gli ambiti di una politica per la pace.
Per Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas italiana, “la
guerra mondiale a pezzi, in quest’ultimo decennio, ha visto
una continua crescita del dramma dei profughi: solo nel 2016
sono state 65,3 milioni le persone costrette a scappare”.
Eppure, ha aggiunto, si vive “ovattati da falsità che non ci
fanno vedere la sofferenza di questa gente, così ci
infastidiscono 190mila profughi arrivati nel nostro Paese,
mentre altri 5mila, in un anno, sono morti nel Mediterraneo”.
Se c’è un legame tra povertà e guerra, allora “politiche
nonviolente – ha precisato – vanno verso la lotta alla
povertà”.
Vi è poi il legame tra guerra e ambiente, laddove “vi sono, ad
esempio, degrado e inquinamento”. E c’è un rapporto tra guerra
e speculazioni finanziarie, con “una finanza non governata che
specula anche sul cibo”. E proprio il cibo, ha un legame
diretto con la guerra, perché “sempre più lo si strumentalizza
per ridurre alla fame il nemico, ignorando tutti i civili che
muoiono di conseguenza, e che non rientrano nei computi delle
vittime della guerra”.
Per Angela Dogliotti Marasso, presidente del Centro studi
Sereno Regis di Torino, occorre un articolato lavoro dal basso
per costruire consenso e massa critica a favore di politiche
nonviolente.
Indicate alcune piste: riconoscere e risolvere il conflitto
che c’è prima di tutto dentro ciascuno, e quindi educare alla
trasformazione non violenta dei conflitti personali e sociali.
Sviluppare l’empatia come capacità di identificarsi nelle
sofferenze altrui. Prediligere sempre i metodi cooperativi e
collaborativi a tutti i livelli. Difendere il territorio e i
beni comuni con la lotta nonviolenta. Lavorare perché la
finanza e la tecnoscienza mettano al centro i bisogni umani
invece del profitto. Costruire politiche coerenti con la
difesa nonviolenta (come i corpi civili di pace, la difesa
popolare nonviolenta e la messa al bando delle armi nucleari).
Don Renato Sacco, segretario di Pax Christi Italia, ha
invitato a mobilitarsi contro il ripetuto invio di bombe
italiane all’Arabia Saudita che sta distruggendo lo Yemen e
massacrando la popolazione, specialmente i bambini. Il
sacerdote ha quindi sottolineato che le spese militari
italiane nel 2017 saranno di 23,4 miliardi di euro, ben 64
milioni al giorno, a fronte di un tasso di povertà crescente
nel Paese. E si è domandato: “Di quale sicurezza abbiamo
bisogno oggi? Degli F35, di nuovi sistemi d’armi o di posti di
lavoro, di efficaci politiche della scuola, della sanità e
della difesa del territorio dal dissesto ambientale?”
La pratica della nonviolenza – ha detto mons. Luigi Bettazzi,
vescovo emerito di Ivrea già presidente di Pax Christi – è il
cuore stesso del Vangelo e va vissuta in tre dimensioni
precise: nella contemplazione e nella preghiera per alimentare
la coscienza, con l’azione nonviolenta e nella profezia per la
giustizia e la pace.
Le tematiche dell’evento dell’ultimo dell’anno (promosso
daall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro,
Caritas Italiana, Pax Christi, Azione Cattolica Italiana
insieme all’Arcidiocesi di Bologna) saranno ulteriormente
sviluppate in occasione del terzo incontro del laboratorio
sull’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” ideato dalle
Acli provinciali cremonesi. L’appuntamento è nel pomeriggio
del 13 gennaio alle 17.30 presso la sede delle Acli
provinciali (via card. Massaia, 22). Tema dell’incontro “Il
commercio delle armi, la denuncia di papa Francesco e la
responsabilità dei credenti”. Interverranno la presidente
provinciale Carla Bellani e l’assistente ecclesiastico don
Antonio Agnelli.
Gemellaggio
terremoto/19.
L'esperienza di volontariato
degli studenti di IV e V del
Liceo Vida
Pian di Pieca, 1° gennaio 2017
Condivisione. Macerie. Solidarietà. Collaborazione. Unione.
Sorrisi. Tristezza. Altruismo. Sostegno.
Prendiamo il testimone da Nicoletta… siamo un gruppo di
ragazzi di IV e V del Liceo Vida di Cremona che, con
convinzione ed entusiasmo, ha aderito al progetto
“DiamociUnaMano” proposto dalla Caritas cremonese.
Un’esperienza intensa ed arricchente, a contatto con la
struggente realtà del terremoto nel Centro Italia, ci ha resi
partecipi di sofferenza, sorrisi e collaborazione, nella
consapevolezza di non essere mai soli, perché sempre
supportati dalla preziosa guida degli operatori della Caritas
di Cremona, che ci hanno accompagnato anche nella visita delle
famiglie rimaste sul territorio.
Il piazzale della chiesa di S. Cassiano (MC), dove don Luigi è
parroco, era pieno di macerie. Le macerie. Sono pezzi della
chiesa, del campanile e sono una parte dell’animo delle
persone. Abbiamo spostato tanti pezzi. Quelli più belli e
preziosi li passavamo tra le nostre mani, in una catena
inarrestabile, fino al bancale dove venivano impilati, in
attesa di “dare nuova vita”. In don Luigi quei pezzi trovavano
già un’unità grazie alla sua incrollabile tenacia e
determinazione.
Finché
il
suo
viso,
insieme
ai
nostri,
ha
cambiato
espressione, quando abbiamo spalancato la porta della
canonica. Tutti i giorni apriamo e chiudiamo porte fisiche e
non. Quella mattina (martedì 27 dicembre) abbiamo contribuito
ad aprire la porta della sua casa, del suo cuore e del suo
sogno, che le macerie del campanile avevano chiuso.
Il lavoro a S. Cassiano ha riportato alla luce anche una
campana, grande festa e sprone per ripartire davvero!
Il nostro piccolo contributo si è poi concluso vedendo quel
piazzale sgombero, frutto di una fatica umile e costante. La
stessa che ci ha motivato nello stare con alcuni bambini
accorsi a Pian di Pieca (MC) per vivere momenti di gioia e
condivisione che speriamo e (crediamo) abbiano provato nello
scartare i regali, consumare la merenda delle quattro e
correre nel
desiderata.
prato
per
afferrare
quella
bandiera
tanto
La nostra esperienza non finisce però qui. Essa si è
alimentata anche attraverso “uscite sul campo” e ascolto di
chi il terremoto l’ha vissuto davvero, come il parroco di
Camerino, don Marco, che ci ha trasmesso e confidato ciò che
il cuore gli sta suggerendo in questi momenti difficili.
È viale Giacomo Leopardi. Sulla destra c’è il silenzio di un
centro storico in zona rossa. Un silenzio che rende il cuore
freddo. Dall’altra parte c’è un paesaggio mozzafiato con
sfumature infinite rosa e azzurre del tramonto. Così Leopardi
sembra dividere il vuoto di quelle case e la pienezza di un
paesaggio rigenerante. Mentre Don Marco racconta di una
Camerino giovane e fervente, devota al suo patrono, S.
Venanzio, le strade ora sono deserte, in attesa di una
rinascita.
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Gli studenti del Liceo Vida di Cremona
volontari sui luoghi del sisma
Volontari per il gemellaggio con Camerino: ecco come fare
Speciale terremoto con il diario dei giorni precedenti
In Caritas anche per queste
feste
la
raccolta
dei
panettoni
Prosegue per tutto il tempo di Natale la tradizionale raccolta
di panettoni, pandori e dolci promossa da Caritas Cremonese.
Una iniziativa di solidarietà portata avanti ormai da alcuni
anni e che intende rappresentare un concreto segno di speranza
per quanti stanno vivendo situazioni difficili.
«È un’iniziativa – spiega Marco Tassini, operatore di Caritas
Cremonese – che stiamo portando avanti ormai da alcuni anni.
Era tradizione che la Chiesa cremonese ogni anno, a Natale e a
Pasqua, offrisse panettoni e colombe ai detenuti della casa
circondariale cittadina. Un gesto molto apprezzato dai
carcerati che hanno sempre espresso grande gioia per questo
segno di attenzione. Da questa consapevolezza è nata l’idea
che tale dono diventasse davvero il regalo di una persona a
un’altra. Così noi operatori, insieme ai nostri amici e
familiari, ci siamo mobilitati per procurare personalmente i
dolci da portare in carcere. La risposta è stata così forte
che ci è stato possibile offrire questo presente anche agli
ospiti delle nostre strutture e ad alcune delle famiglie in
difficoltà seguite dalla Caritas, in particolare quelle con
bambini piccoli, e che sappiamo non si potrebbero permettere
questo acquisto per le festività natalizie».
Una proposta di solidarietà che anche quest’anno si rinnova
aperta a tutti coloro che volessero offrire il proprio
contributo – singoli, gruppi e parrocchie –perché anche a
quanti vivono le feste lontano dalla propria famiglia o,
comunque, in una situazione di forte disagio non manchi un
piccolo segno di speranza e di vicinanza, appunto attraverso
il regalo dei dolci tipici di queste feste.
La raccolta proseguirà durante tutte le vacanze natalizie
presso l’ufficio Caritas di via Stenico 2 B (tel. 0372-35063;
e-mail [email protected]).
La locandina dell’iniziativa
Accettata dal Vescovo la
rinuncia a parroco di don
Doldi
Con l’inizio del 2017 don Emilio Doldi lascerà la guida delle
parrocchie di S. Daniele Po e Isola Pescaroli. L’annuncio è
stato dato dal vicario episcopale per la Pastorale, don
Gianpaolo Maccagni, nel corso del Consiglio pastorale
parrocchiale che si è tenuto nella serata di mercoledì 14
dicembre.
Il vescovo Antonio Napolioni, infatti, ha accettato la
rinuncia a parroco delle parrocchie “San Daniele profeta” in
S. Daniele Po e “S. Biagio” in Isola Pescaroli presentata dal
sacerdote originario di Castelleone. La rinuncia avrà effetto
dal 1° gennaio 2017.
Don Emilio continuerà comunque a risiedere in parrocchia con
l’incarico di collaboratore parrocchiale.
Dal 1° gennaio 2017, in attesa della nomina del nuovo parroco,
sarà amministratore parrocchiale il vicario zonale della Zona
pastorale VIII don Emilio Garattini.
Don Emilio Doldi è nato a Credera il 9 luglio 1944 ed è stato
ordinato sacerdote il 28 giugno 1969 mentre risedeva nella
parrocchia di Castelleone.
Ha iniziato il proprio ministero come vicario a Isola
Dovarese. Nel 1977 il trasferimento a Roggione di
Pizzighettone, parrocchia della quale nel 1987 è diventato
parroco.
Nel 2003 il vescovo Dante Lafranconi l’ha scelto come parroco
di S. Daniele Po e Isola Pescaroli.
Nuovi corsi di formazione
liturgica e musicale
La Scuola diocesana di musica sacra “Dante Caifa” offre una
nuova opportunità di formazione e approfondimento per i
musicisti, animatori ed operatori impegnati in diocesi
nell’attività musicale. I due corsi dedicati alla Musicologia
Liturgica e all’Armonia avranno carattere seminariale e si
svolgeranno con lezioni tenute il sabato pomeriggio nel
periodo dal 14 gennaio al 25 marzo con cadenza quindicinale
per un totale di sei incontri.
Il corso di Musicologia Liturgica sarà tenuto da don Graziano
Ghisolfi e verterà sulle funzioni, i significati e le
caratteristiche del canto e della musica nella liturgia,
ripercorrendo il rapporto musica e liturgia nella storia e
offrendo la riflessione teologica e pastorale sul binomio
musica e liturgia anche attraverso i documenti del Magistero
della Chiesa. L’obiettivo è di accrescere la consapevolezza
della corretta dimensione musicale nella liturgia
approfondendo il senso del celebrare e le chiavi di
interpretazione e valorizzazione dell’azione musicale.
Il corso di Armonia sarà tenuto da Gianmaria Segalini e
offrirà la possibilità di apprendere,
sperimentare e
praticare gli elementi basilari del codice musicale in ordine
agli elementi armonici e melodici.
I corsi prevedono la frequenza aperta a tutti gli interessati
oltre che agli allievi della Scuola. Altre informazione sono
disponibili sul sito www.scuolamusicasacra.cremona.it
e
rivolgendosi
alla
segreteria
(email [email protected], tel. 0372-29785,
cel. 335-7090051).
Lettera ai lombardi in attesa
della visita del Papa
“In questa terra, laboriosa fino alla frenesia e forse incerta
fino allo smarrimento, generosa fino allo sperpero e forse
intimorita fino alla spavento, sentiamo il bisogno e
domandiamo la grazia di essere confermati in quella fede che
gli Apostoli ci hanno trasmesso e che attraversa i secoli fino
a noi. Ci incamminiamo verso l’evento della visita papale con
il desiderio che non si riduca a esperienza di una emozione
intensa e passeggera: sia piuttosto una grazia che conforti,
confermi, orienti la nostra fede, nel nostro cammino verso la
Pasqua, in preghiera con Maria e offra ragioni e segni per la
speranza di tutti gli uomini e le donne della nostra terra”.
Inizia così la lettera inviata, nell’imminenza del Natale, dal
Consiglio Episcopale Milanese a tutti i fedeli e cittadini
ambrosiani, insieme a tutti i lombardi, per prepararsi alla
visita apostolica di Papa Francesco a Milano, in programma il
25 marzo 2017. Un evento di fede che coinvolgerà tutte le
diocesi della regione.
“L’intensità di quella giornata – si legge nella missiva –
rivela l’affetto del Papa e il suo desiderio di raggiungere
tutti e noi tutti vogliamo prepararci a ricambiare l’affetto e
a farci raggiungere dalla sua parola. Vogliamo tutti essere
presenti, non pretendendo il privilegio di essere i primi, i
vicini, i preferiti, ma desiderando la grazia di essere
benedetti dentro il popolo numeroso che questa città esprimerà
in quell’occasione”.
“Ci prepariamo a ringraziare il Papa per il dono del Giubileo
straordinario della Misericordia annunciato in Misericordiae
vultus – si legge ancora nella lettera –. Avremo cura che
l’abbondante effusione di grazie, sperimentata da molti,
continui a portare frutto nel vivere il sacramento della
riconciliazione nelle nostre chiese e nelle chiese
penitenziali (in coerenza con quanto ci chiede il Papa nella
lettera apostolica Misericordia et misera, in cui sono
richiamati anche altri aspetti importanti del cammino
successivo al Giubileo)”.
“Dobbiamo insistere sulla conversione missionaria delle nostre
comunità e la responsabilità della testimonianza di cui deve
farsi carico ogni battezzato”, viene poi sottolineato. E
ancora: “Nessuno deve lasciarsi rubare la gioia
dell’evangelizzazione (EG 83), che diventa conversazione
quotidiana, educazione alla fede nelle famiglie, pratica
ordinaria negli affetti, nel lavoro, nella festa. Un ‘popolo
numeroso’ ha bisogno del Vangelo e questa nostra città lo
invoca con segni e linguaggi molteplici”.
Il testo integrale della lettera
Il programma della visita
Il Santo Padre partirà alle 7.10 dall’aeroporto di Ciampino.
Alle 8 è previsto l’arrivo all’aeroporto di Milano-Linate,
dove il Papa sarà accolto dall’arcivescovo Angelo Scola e
dalle istituzioni.
La prima tappa, alle 8.30, alle Case Bianche di via Salomonevia Zama, nella parrocchia di San Galdino: papa Francesco
visiterà due famiglie. Alle 9, sul piazzale, rivolgerà un
breve saluto e incontrerà i rappresentanti delle famiglie
residenti e di famiglie Rom, islamiche, immigrate.
Poi lo spostamento in auto verso il Duomo, con arrivo previsto
alle 10. In Cattedrale si recherà nello scurolo di San Carlo
per l’adorazione del Santissimo Sacramento e la venerazione
delle reliquie di San Carlo; incontrerà i sacerdoti e i
consacrati rispondendo ad alcune loro domande. Alle 11
saluterà i fedeli radunati in Piazza Duomo, reciterà l’Angelus
e benedirà i fedeli sulla piazza.
Poi il trasferimento a San Vittore, dove alle 11.30 saluterà
il personale della Direzione e della Polizia penitenziaria e,
nell’area carceraria, incontrerà i detenuti ed entrerà in
alcune celle. Alle 12.30, nel Terzo raggio, il pranzo con 100
detenuti.
Alle 13.45 il Santo Padre lascerà San Vittore e si trasferirà
in auto al Parco di Monza, dove, nell’area dell’ex ippodromo,
attraverserà i vari reparti in cui è suddivisa l’area,
salutando i fedeli. Nella zona della sacrestia sarà accolto
dalle Autorità locali e avrà un breve incontro con i Vescovi
concelebranti e gli organizzatori della visita. Alle 15 avrà
inizio la solenne concelebrazione eucaristica, al termine
della quale il cardinale Scola porgerà il suo ringraziamento.
Alle 16.30 il trasferimento per l’ultima tappa allo stadio
Meazza a San Siro dove, alle 17.30, incontrerà i ragazzi
cresimandi, i genitori, i padrini e le madrine, rispondendo ad
alcune domande di un cresimando, di un genitore e di un
catechista.
Alle 18 il Santo Padre lascerà lo stadio e raggiungerà
l’aeroporto di Milano-Linate, dove alle 18.30 è previsto il
congedo. Alle 19.30 l’atterraggio all’aeroporto di Ciampino.
Il sito ufficiale www.papamilano2017.it
Il logo dell’evento
Mani che accolgono, le montagne e il Duomo: questo il logo per
la visita di Papa Francesco a Milano, ideato da Adriano Attus
(direttore creativo del Sole 24 Ore) e Luca Pitoni (designer e
direttore creativo di Donna Moderna):.
L’elaborazione del logo è partita tenendo come punto di
riferimento la frase biblica degli Atti degli apostoli scelta
come titolo della visita del Papa alle terre ambrosiane: “In
questa città io ho un popolo numeroso, dice il Signore” (At.
18,10).
L’idea di popolo è rappresentata nel logo dalle mani che si
tendono verso il Papa. Mani che sono anche ali angeliche, ali
delle colombe della pace, ma che nel loro insieme raffigurano
il profilo del Duomo. Un profilo che ricorda anche le montagne
che caratterizzano le zone nord della Diocesi di Milano.
Il popolo, i fedeli, dalla terra con le loro mani aperte vanno
verso il Santo Padre, che nella parte superiore del logo tutti
abbraccia.
L’abbraccio del Papa diventa anche un sorriso.
La composizione delle due parti del logo delinea al centro una
croce.
In questo logo è raffigurata l’osmosi tra la città e il
Pontefice. «Abbiamo voluto rendere al massimo la semplicità
auspicata dal Santo Padre, togliendo dal logo ogni riferimento
all’apparato liturgico – commentano Attus e Pitoni –. Tutta
Milano, quella religiosa e quella laica, tende le proprie
mani, che rappresentano anche il Duomo, al Papa, che
abbraccia, sorride e dona speranza e pace a tutti».
A
Riga
il
39°
Incontro
europeo
dei
giovani
organizzato da Taizé
Se per i giovani della diocesi di Cremona sarà agosto il tempo
per una intensa settimana di spiritualità e formazione a Taizè
(grazie alla proposta della Pastorale giovanile guidata dal
vescovo Antonio nel contesto della fase preparatoria del
Sinodo diocesano dei giovani), per molti altri coetanei di
tutta Europa proprio i giorni in attesa del Capodanno saranno
l’occasione per un momento di preghiera e riflessione
attraverso la spiritualità di Taizè, la comunità ecumenica
internazionale, formata da un centinaio di fratelli, che ogni
anno accoglie decine di migliaia di giovani cristiani.
L’occasione è il 39° Incontro europeo dei giovani organizzato
da Taizé a Riga, dove i giovani dai 18 ai 35 anni di ogni
parte del Continente potranno vivere il Capodanno in modo del
tutto originale: in preghiera, facendo incontri, partecipando
a laboratori su temi come l’arte, la cultura e la storia (con
interventi di esponenti della società civile), vivendo la
condivisione e la solidarietà, portando un messaggio di pace e
di riconciliazione.
Un modo concreto per dire no a chi semina odio e disprezzo
dell’altro. Per dire che “il male non ha l’ultima parola nella
nostra storia”. È papa Francesco a dare con queste parole il
benvenuto ai giovani che hanno deciso di lasciare i loro
“divani” di casa – così si legge nel messaggio del Pontefice –
per partecipare al “pellegrinaggio della fiducia sulla terra”.
Un appuntamento che si rinnova ogni anno in un punto diverso
del nostro continente e che quest’anno si svolgerà dal 28
dicembre al 1° gennaio a Riga, capitale della Lettonia. E’ qui
che si riuniranno decine di migliaia di giovani in una nuova
tappa del “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”, iniziato da
frère Roger, alla fine degli anni 70.
È la prima volta che un Incontro europeo è organizzato in un
Paese dell’ex Unione Sovietica. Qui le famiglie hanno aperto
le loro case per ospitare i giovani pellegrini.
“Ortodossi, protestanti e cattolici – è l’augurio di Papa
Francesco -, con queste giornate vissute all’insegna di una
reale fraternità, voi esprimete il desiderio di essere
protagonisti della storia, di non lasciare che siano gli altri
a decidere del vostro futuro”.
Tema dell’incontro europeo: “Insieme per aprire cammini di
speranza”. A Riga, i giovani non lasceranno fuori dalla porta
dei loro cuori i problemi che stanno scuotendo il mondo e
l’Europa. L’attentato di Berlino, l’attacco kamikaze in una
Chiesa copta ortodossa in Egitto. L’Ucraina.
Nonostante la crisi che l’Europa sta vivendo, l’Incontro
europeo a Riga potrà essere un segno di speranza. La presenza
di molti giovani provenienti da Oriente e Occidente, e anche
da altri continenti, sarà un forte incentivo per quanti stanno
cercando di costruire un’Europa aperta e inclusiva, e anche
per quanti desiderano recuperare l’entusiasmo di una giovane
Europa.
E proprio la capitale della Lettonia assume un significato
particolare: la città sulle rive del Mar Baltico è
caratterizzata infatti da una lunga tradizione luterana,
esistono da tempo profondi legami tra le varie confessioni
cristiane: i rappresentanti delle Chiese cattolica romana,
ortodossa, evangelica luterana e battista della Lettonia hanno
infatti firmato insieme la lettera di invito rivolta ai
giovani; prima dell’incontro, messaggi d’amicizia saranno
inviati da papa Francesco, i Patriarchi orientali e i
responsabili anglicano, luterano e riformato. Inoltre, per la
prima volta l’Incontro europeo sarà organizzato in una città
dove molti cristiani locali sono credenti ortodossi.
Taizé e frère Roger
Tutto è incominciato nel 1940 quando, all’età di venticinque
anni, frère Roger lasciò il paese dove era nato, la Svizzera,
per andare a vivere in Francia, il paese di sua madre. Durante
una lunga malattia, aveva maturato in sé il richiamo a creare
una comunità. Quando cominciò la Seconda Guerra mondiale ci fu
la certezza che, come aveva fatto sua nonna durante il primo
conflitto mondiale, doveva senza indugio aiutare le persone
che attraversavano la prova. Il piccolo villaggio di Taizé,
dove si stabilì, era vicinissimo alla linea di demarcazione
che divideva in due la Francia: era ben collocato per
accogliere dei rifugiati che fuggivano la guerra. Alcuni amici
di Lione furono riconoscenti di poter indicare l’indirizzo di
Taizé a chi aveva bisogno di rifugio.
A Taizé, grazie a un modico prestito, frère Roger aveva
comperato una casa abbandonata da anni con degli edifici
adiacenti. Propose ad una sorella, Geneviève, di venire ad
aiutarlo ad accogliere. Tra i rifugiati che alloggiarono ci
furono degli ebrei. Le disponibilità economiche erano povere.
Senza acqua corrente, andavano ad attingere acqua al pozzo del
villaggio. Il cibo era modesto, specialmente minestre fatte
con farina di granoturco comperata a poco prezzo al vicino
mulino.
Per discrezione nei confronti di chi era accolto, frère Roger
pregava da solo, andava a cantare da solo lontano dalla casa,
nel bosco. Affinché dei rifugiati, ebrei o agnostici, non si
trovassero a disagio, Geneviève spiegava ad ognuno che era
meglio per chi lo desiderava pregare da solo nella propria
stanza.
I genitori di frère Roger, sapendo il figlio con sua sorella
in pericolo, domandarono a un amico di famiglia, ufficiale
francese in pensione, di vegliare su loro. Nell’autunno 1942,
li avvertì che erano stati scoperti e che tutti dovevano
partire subito. Fino alla fine della guerra, a Ginevra, frère
Roger visse e cominciò una vita comune con i primi fratelli.
Poterono ritornare nel 1944.
Nel 1945, un giovane uomo della regione creò un’associazione
che si faceva carico di ragazzi che la guerra aveva privato
della famiglia. Propose ai fratelli di accoglierne un certo
numero a Taizé. Una comunità di uomini non poteva occuparsi
ragazzi. Allora frère Roger chiese a sua sorella Geneviève
ritornare a Taizé per averne cura e fare loro da madre.
domenica, i fratelli accoglievano anche dei prigionieri
guerra tedeschi internati in un campo vicino a Taizé.
di
di
La
di
Poco alla volta qualche altro giovane venne ad unirsi ai primi
fratelli e il giorno di Pasqua 1949 sette uomini si
impegnarono insieme per tutta l’esistenza nel celibato, la
vita comune e una gran semplicità di vita.
Nel silenzio di un lungo ritiro durante l’inverno 1952-1953,
il fondatore della comunità scrisse la Regola di Taizé,
esprimendo per i fratelli “l’essenziale permettendo la vita
comune”.
Oggi la comunità di Taizé conta un centinaio di fratelli,
cattolici e di diverse origini evangeliche, provenienti da
quasi trenta nazioni. Con la sua stessa esistenza, la comunità
è una “parabola di comunione”, un segno concreto di
riconciliazione tra cristiani divisi e tra popoli separati.
I fratelli vivono unicamente del loro lavoro. Non accettano
nessun regalo. Non accettano per se stessi nemmeno le proprie
eredità personali, la comunità ne fa dono ai più poveri.
Alcuni fratelli vivono in luoghi svantaggiati del mondo per
essere testimoni di pace, per stare accanto a coloro che
soffrono. In queste piccole fraternità in Asia, Africa,
America Latina, i fratelli cercano di condividere le
condizioni d’esistenza di coloro che li circondano,
sforzandosi d’essere una presenza d’amore accanto ai più
poveri, ai bambini di strada, carcerati, moribondi, a chi è
ferito nel più profondo per le lacerazioni affettive, gli
abbandoni umani.
Lungo gli anni, cominciò ad arrivare a Taizé un sempre maggior
numero di giovani. Le suore di Sant’Andrea, una comunità
cattolica internazionale fondata più di sette secoli fa,
alcune suore orsoline polacche e delle suore di San Vincenzo
di Paolo assumono una parte dei compiti dell’accoglienza dei
giovani.
Anche uomini di Chiesa si recano a Taizé e la comunità ha così
accolto il Papa Giovanni Paolo II, quattro Arcivescovi di
Canterbury, dei Metropoliti ortodossi, i quattordici Vescovi
luterani di Svezia e numerosi pastori del mondo intero.
A partire dal 1962, dei fratelli e dei giovani, mandati da
Taizé, non hanno mai smesso di andare e venire dai Paesi
dell’Est Europa, per visitare con la massima discrezione chi
era rinchiuso all’interno dei propri confini.
Frère Roger è morto il 16 agosto 2005, a 90 anni, ucciso
durante la preghiera serale. Frère Alois, scelto da lui già da
tanto tempo come suo successore, è ora il priore della
comunità.
Il sito internet della comunità di Taizé
Le Messe natalizie celebrate
dal Vescovo in Cattedrale
Cattedrale gremita di fedeli a Natale sia alla Messa di
mezzanotte sia al Pontificale del giorno, entrambi presieduti
dal vescovo, mons. Antonio Napolioni, affiancato dall’emerito
Dante Lafranconi e dai canonici del capitolo della Cattedrale
guidati dal presidente mons. Giuseppe Perotti. Nell’omelia
della celebrazione eucaristica inizia alle 24 con l’adorazione
del presepio, il Vescovo ha fissato gli occhi sulla luce che
promana il cuore del bambino di Betlemme, un cuore di carne
che è «la grande risposta alla tentazione di noi uomini di
farci un cuore di pietra per non soffrire, per egoismo, per
paura, per vigliaccheria».
Un escamotage, però, che non funziona: «Siamo qui stasera a
riconoscere ancora una volta che la via di Dio è la via della
tenerezza, della delicatezza, del prendere l’ultimo posto per
consentire a tutti noi di sentirci di casa nel suo cuore». Un
cuore di carne al posto di un cuore di pietra «è il dono del
Natale affinché diventiamo quegli uomini e quelle donne di
buona volontà, cioè amati dal Signore, guariti da questo tocco
di Dio, da questo dono del Figlio».
«Se noi non assaporiamo con una maggiore lentezza, anche nei
nostri ritmi di vita, questa necessità di trattare noi stessi
e gli altri in maniera veramente umana anche questo Natale
potrebbe passare invano» ha proseguito il vescovo Antonio.
E dopo aver ripreso l’invito del Papa a liberare il Natale
dalla mondanità che lo tiene in ostaggio ha specificato che
cosa significa avere un cuore nuovo: «Essere più semplici e
sobri, più giusti sperimentando la pietà di Dio, cioè la
coscienza di essere suoi figli che gli affidano tutta la loro
vita»
L’omelia del vescovo Antonio nella Messa della Notte
Il video della Messa della Notte di Natale
Nella messa del giorno mons. Napolioni si è soffermato in modo
particolare sul versetto di Giovanni «Il verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo» rimarcando che la traduzione più
corretta della seconda parte della frase è «mise la sua tenda
in mezzo a noi». La parola tenda ha evocato nel Vescovo tre
significati particolari: anzitutto la tenda dei beduini e dei
pastori che ha un piccolo spazio di intimità e poi tanta ombra
per il gregge e per accogliere i forestieri: «Intimità e
accoglienza. Una casa che oggi è qui e domani si sposta. Tutto
il mondo diventa una casa. È un grande segno di fiducia: è
abitata da uomini e donne che hanno una grande fiducia nella
vita».
C’è poi la tenda dell’ospedale da campo, immagine cara a papa
Francesco per definire la Chiesa di oggi: «La Chiesa non è più
arroccata nelle grandi strutture che gli impediscono di andare
incontro all’uomo, ma vicina, presente là dove la società e le
famiglie cercano le risposte alle loro domande. Una Chiesa che
sa spostarsi, che sa guarire le ferite prima di fare le
analisi per capire tutte le malattie e le esigenze di
ciascuno. Una Chiesa che abbraccia, che tace prima di parlare,
perché quel silenzio sa della maternità amorevole di chi
rispetta la fatica di vivere e di crescere dei suoi figli».
Infine la tenda del circo: «Alcuni pensatori cattolici hanno
definito la Chiesa un circo nel quale i preti dovrebbero
essere i clown di Dio, quelli che sanno guardare talmente al
di là delle realtà di sofferenza e di stanchezza che
ripropongono sempre un sorriso». Per mons. Napolioni il Circo
è una grande palestra di fede perchè in esso si gioisce, ci si
fida – basti pensare agli acrobati sul trapezio -, ci si
allena.
E così ha concluso: «Questa tenda è la carne di Gesù: non una
tenda tessuta da un telaio, non una tenda di stoffa, ma una
tenda di carne. E questa tenda di carne siamo noi, la Chiesa
fatta di ciascuno di noi, dei bambini e degli anziani! Una
Chiesa che potrà invecchiare, ma mai morire, potrà
traformarsi, cambiare il colore della pelle, ma mai
scomparire, perché ci sarà sempre carne umane, vita degli
uomini, sofferenza dei credenti e non credenti, in cui il
Signore viene a porre la sua dimora».
La messa Pontificale si è conclusa con la benedizione
apostolica con annessa indulgenza plenaria.
Entrambe le celebrazioni sono state impreziosite dai canti del
Coro della Cattedrale diretto da don Graziano Ghisolfi e
accompagnato all’organo dal maestro Fausto Caporali.
L’omelia del Vescovo nella Messa del Giorno di Natale
Il video della Messa del Giorno di Natale