CHI COME DIO? I. I Figli di Dio I.1 Se il Signore ha

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CHI COME DIO? I. I Figli di Dio I.1 Se il Signore ha
CHI COME DIO?
UOMINI, ANGELI E DEMONI
È importante che il lettore di questo brano abbia già letto il libro GENESI BIBLICA di don Guido
Bortoluzzi. Tutte le citazioni riguardanti la Genesi sono prese dalla Bibbia tradotta dall’Arcivescovo di
Firenze Mons. Antonio Martini vissuto a metà del sec. XVIII, commentata da padre Marco Sales ed edita
nel 1938, perché è la Bibbia scelta dal Signore stesso durante la rivelazione. Le citazioni del Nuovo
Testamento sono state prese, invece, dall’Edizione CEI.
I.
I Figli di Dio
I.1 Se il Signore ha ritenuto opportuno ridare dopo oltre tremila anni una nuova rivelazione
sugli stessi temi della creazione dell’universo e dell’origine dell’uomo già dati a Mosè, è perché
qualcosa di sostanziale nei secoli era andato perduto e il senso profondo di questi temi era stato
perso. Nella Genesi mosaica vi sono espressioni che sembrano criptate e che lasciano il lettore nello
sconcerto e nella più profonda incomprensione. Prendiamo ad esempio il capitolo VI in cui si parla
dei Figli di Dio come se l’Autore si rivolgesse a chi è già a conoscenza della loro identità, mentre
nulla ci viene in aiuto sulla comprensione della loro origine. Non parliamo poi di tutto il
simbolismo del terzo capitolo, veramente difficile da interpretare. Da questi semplici esempi, è
evidente che nella Genesi dei versetti o brani o capitoli sono andati o perduti o ritoccati e che il
Signore ora intende riportare alla luce la verità.
Perciò sta a noi far convergere ciò che abbiamo appreso dalla Genesi mosaica con ciò che ci è
giunto da questa rivelazione. Scopriremo, infatti, che le due rivelazioni si completano a vicenda.
Nella rivelazione ricevuta da don Guido Bortoluzzi sono superati gli equivoci e i giochi di parole. In
primo luogo qui prendiamo conoscenza dell’identità dei Figli di Dio di cui parla la Genesi mosaica:
essi sono i discendenti legittimi e geneticamente puri di Adamo e della Donna, mentre i figli degli
uomini sono il frutto dell’ibridazione della specie. Perciò il versetto 6,1 diventa automaticamente
chiaro. La storia delle origini, semplice e logica, ora non ha più nulla di mitico, come alcuni
sostenevano. Da questo momento si apre una serie di considerazioni che interessano tutte le scienze
umane: antropologiche, biologiche, etiche, morali e teologiche. Riprenderemo questo discorso più
avanti.
I.2 Altro elemento interessante e apparentemente contrastante fra le due rivelazioni sta nel
fatto che in quella avuta da don Guido manca la figura del ‘Tentatore’, che invece troviamo nella
Genesi mosaica.
Questo fatto mi diede a suo tempo non poco turbamento perché sappiamo che sia i Vangeli che
Gesù e la Madonna, nelle loro tante apparizioni e locuzioni, ci invitano a guardarci e proteggerci
dalle azioni di Satana che cerca in tutti i modi di distoglierci dal Progetto di Dio. Ciò presume la sua
concreta esistenza. Gesù e Maria parlano di Satana come di un soggetto reale. Anzi, sottolineano
che è un’identità ben precisa, intelligente e malvagia e non il male indefinito.
Condividendo in cuor mio questi soprannaturali insegnamenti, e certa d’altro canto della
sincerità e onestà intellettuale di don Guido, mi proposi di sondare questo mistero. Ero sicura che
nella rivelazione di don Guido avrei trovato la chiave.
Nei primi tempi pensavo che don Guido, avendo avuto visioni e locuzioni e raccontato fatti e
immagini, non poteva né aver visto né sentito tutto ciò che è invisibile e prettamente spirituale,
quindi nemmeno il Maligno. Perciò, pensavo, gli episodi da lui narrati sarebbero stati solo gli effetti
visibili delle interazioni di Satana.
Ma, dopo varie riletture del suo testo, cominciai a riconsiderare quei fatti da una luce diversa.
Pur rimanendo ferma sul principio dell’esistenza di Satana, mi proposi di riconsiderare con occhio
indagatore tutte le conoscenze che avevo su questo argomento e di esaminare tutte le varie
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interpretazioni. Arrivai, così, a trarre le mie conclusioni che mi accingo ora a riproporle al lettore e a
rifare insieme questo percorso.
Partiamo anzitutto dal fatto che Satana è un Angelo, l’Angelo ribelle per antonomasia. Perciò,
studiando in modo approfondito la natura e l’identità degli Angeli, sarà più facile comprendere
anche la natura e l’identità del ‘Tentatore’.
II. Gli Angeli
II.1 Il ‘Misterium iniquitatis’, ovvero il mistero del male, ha dato molto filo da torcere a tanti
teologi e in tante epoche e finora è stato veramente un mistero. Nella Tradizione il nesso fra la colpa
e il dolore starebbe, prima ancora che nel peccato originale, nel racconto della ribellione e caduta
degli Angeli, così strettamente legato alla condizione umana. Sottolineo ancora una volta che non si
intende mettere in dubbio l’esistenza degli Angeli e di Satana.
Vediamo, in sintesi, cosa si dice nell’odierna dottrina del CCC (il Catechismo della Chiesa
Cattolica), del 1992. Prende atto dell’esistenza degli Angeli, e la definisce una verità di fede. Non
parla della loro creazione, ma solo della loro caduta di natura spirituale. La loro denominazione non
definisce la loro natura, ma il loro ufficio di servitori e messaggeri di Dio. Li definisce ‘creature
immortali e puramente spirituali’ e ricorda i molti loro interventi nella storia dell’uomo, come ad
esempio in soccorso a Lot, ad Agar, ad Abramo, a Giuseppe … e allo stesso Gesù nel deserto e
nell’orto degli ulivi. Distingue come ruoli gli Angeli dagli Arcangeli. L’Arcangelo Raffaele viene in
soccorso a Tobia, l’Arcangelo Gabriele annuncia a Maria l’Incarnazione del Verbo di Dio, ecc. Ogni
uomo è assistito da un Angelo Custode, pronto ad intervenire ad ogni giusta richiesta di aiuto. Il
CCC aggiunge, inoltre, che furono creati buoni, ma che alcuni rifiutarono di sottomettersi a Dio.
Nell’Apocalisse si dice che sono miriadi di miriadi divisi in cori secondo le loro caratteristiche.
Alcuni di essi si ribellarono a Dio e furono precipitati come folgore. Secondo la Tradizione il primo
fra essi, il più bello e splendente, venne chiamato ‘Lucifero’, ossia il ‘Portatore della luce di Dio’,
cioè dello Spirito di Dio. Questi, sentendosi bello e perfetto, s’innamorò di se stesso. Peccò di
superbia e d’insubordinazione. Non sopportando più l’autorità di Dio e sentendosi un dio lui stesso,
trasgredì ai Suoi comandi. Altri come lui lo seguirono in questo insano sentimento e tutti i ribelli
furono puniti e, diventati demoni, secondo la Tradizione, furono precipitati sulla terra.
Fin qui va tutto bene. Solo che nessuna di queste fonti ci parla della loro creazione né del vero
motivo della loro disobbedienza. Né nella Bibbia né nella rivelazione fatta a don Guido questa
notizia, rilevante per comprendere il problema del male e della sofferenza, viene accennata.
Partendo comunque dal presupposto certo della loro esistenza, ciò che a questo punto ci preme
capire è la loro identità.
II.2 Analizziamo ora i fatti con senso critico. Mi chiedo: perché Dio, di fronte alla loro
ribellione, di qualunque natura essa sia stata, li avrebbe scaraventati sulla terra? Che bisogno aveva
Dio, anzitutto, di precipitarli sulla terra se erano immateriali, cioè puri Spiriti? Lo Spirito non
occupa spazio, né gli si addice un luogo: è Spirito. E perché proprio sulla terra, con mille altre
possibilità che avrebbe avuto, se proprio qui aveva deciso di creare l’uomo?
E poi, Dio progetta e crea l’uomo e decide di metterlo alla prova. Così permette che Lucifero, il
capo degli Angeli ribelli, istituito da Dio stesso ‘Principe di questo mondo’, e quindi insofferente a
qualunque intrusione nel suo territorio, venga a tentare l’uomo, pur sapendo che le potenzialità
malefiche di Lucifero erano di gran lunga superiori alle difese dell’uomo. E Dio sta lì a guardare, da
spettatore, che la cosa infausta succeda. Poca considerazione e amore per la propria creatura! Infatti,
sempre secondo la dottrina, il Tentatore insidia la donna, ritenuta più fragile, perché a sua volta
insidi l’uomo. L’uomo tentato si lusinga di poter diventare capace di conoscere il bene e il male e
ascolta il Tentatore. Allora Dio punisce l’uomo, lo priva della Sua amicizia e lo scaccia dal Paradiso
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Terrestre per farlo vivere nella sofferenza. Infine, per rimediare ad un errore più Suo che dell’uomo,
gli promette un Salvatore.
È una storia terrificante che non fa onore a Dio. Dio manca non solo di amore, ma di Giustizia
e di Sapienza, attributi che sono propri di Dio. Per prima cosa, quando mai un padre metterebbe alla
prova il proprio figlio solo per vedere se è in grado di cavarsela?
Proviamo a raffigurarci questa storia in termini odierni. Un padre possiede un pit bull e, vista la
sua pericolosità, lo rinchiude in giardino. Poi prende il proprio figlioletto, ancora inesperto, e lo
mette in giardino insieme al pit bull, dopo avergli fatto delle raccomandazioni. Succede
l’inevitabile: il pit bull, che non sopporta l’intruso ed è geloso, morde il bambino. E il padre cosa
fa? Contro ogni logica prende il bambino, lo sculaccia e lo manda in castigo lasciando il cane
indisturbato nel giardino, pronto a mordere di nuovo appena ne ha l’occasione. Un padre simile
nessuno lo vorrebbe come padre. È una storia che abbiamo attribuito a Dio. Vista così ci dà l’idea di
un dio pagano più che di un Dio-Padre. Eppure quella di Adamo e il serpente nel Paradiso Terrestre
è una storia che viene ancora raccontata a catechismo, così che chi l’ascolta si guarda bene di
provare riconoscenza e amore per Dio, ma solo timore e … avversione.
Se volessimo trarne una sommaria conclusione, parrebbe che Dio, dopo aver fallito con gli
Angeli, abbia fallito anche con Adamo!
II.3 La storia degli Angeli e dei Demoni e il racconto del peccato originale ha infervorato i
primi secoli cristiani e molti santi, con punti di vista talvolta completamente diversi, si sono
prodigati a stendere le loro teorie. Quasi tutti definiscono gli Angeli puri Spiriti, creati prima
dell’uomo e talvolta ancor prima della stessa creazione. Facciamone una sintetica rassegna.
S. Ireneo (n.140-m.202) dice che Satana, dopo la venuta di Cristo, avendo appreso chiaramente
dalle Sue parole e da quelle degli Apostoli d’esser stato condannato, imputa il peccato della sua
apostasia a Colui che l’ha creato. Divenne nemico di Dio per invidia dell’umanità, geloso della
creatura plasmata da Dio a Sua immagine e somiglianza e si adoprò per farla diventare anch’essa
nemica di Dio. Quanto alla loro natura, tutti siamo figli di Dio perché creati da Lui. Non tutti, però,
rimangono figli di Dio, ma solo quelli che credono e fanno la Sua volontà. Crede nel ruolo della
donna quale causa della rovina (Eva) e della Salvezza dell’umanità (Maria).
Tertulliano (n.155-m.220) sostiene che la colpa di Satana e dei demoni va individuata nell’aver
nutrito invidia per Adamo e per i Figli di Dio creati ad immagine e somiglianza di Dio. Per questo
ingannò l’uomo e lo fece peccare. Ripropone il peccato degli Angeli come peccato sessuale
commesso quando avrebbero abbandonato il cielo per contrarre matrimonio carnale con le figlie
degli uomini (vedi Genesi 6,1-2). Egli distingue gli spiriti malvagi in due categorie: da un lato il
Diavolo e gli Angeli che sono decaduti per aver commesso il peccato con le figlie degli uomini e,
dall’altra parte, i nati dal peccato sessuale degli Angeli con le figlie degli uomini.
Origene (n.185-m.253) respinge il peccato carnale degli Angeli con le figlie degli uomini di cui
i demoni sarebbero i figli. Satana fu creato buono, ma, abusando della sua libertà, peccò d’orgoglio
perché voleva essere come Dio, sottraendosi alla Sua Volontà. Il male è l’assenza del Bene e va
dunque identificato con il peccato e le sue conseguenze. Il diavolo non è opera di Dio, ma, in
quanto essere libero, ha potuto diventare oppositore a Dio.
Giulio Africano, architetto e scrittore contemporaneo di Origene, in un frammento della sua
Cronografia, riconosce nei ‘Figli di Dio’ i Figli di Set e nelle ‘figlie degli uomini’ la progenie di
Caino, razza depravata.
San Gregorio Nazianzieno (n.335-m.368) riprende il peccato di Satana e degli Angeli come
mero peccato d’orgoglio nel voler essere come Dio. Di qui l’invidia e la tentazione contro i nostri
progenitori per farli cadere.
Per S. Giovanni Crisostomo (n.344-m.407) Satana era già caduto prima della creazione
dell’uomo, altrimenti non avrebbe potuto avere invidia. I demoni sono esseri incorporei e non
possono perciò provare concupiscenza. Il loro peccato è concettuale e per questo motivo non può
essere perdonato.
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S. Girolamo (n.345 circa-m.419), che tradusse la Bibbia nella Vulgata, cioè in latino volgare o
parlato per distinguerlo da quello classico, disse chiaramente che dell’origine degli Angeli non se ne
sa nulla e perciò non volle pronunciarsi.
S. Agostino (n.354-m.430) disse che Satana e gli Angeli non caddero per invidia dell’uomo, ma
per superbia nella non accettazione della loro condizione di creature e che ciò avvenne prima della
creazione dell’uomo. Non furono creati cattivi (a differenza di quanto sostenuto dalla credenza
manichea dalla cui dottrina proveniva), ma lo divennero presto per invidia. Lucifero voleva essere
insuperabile, perfino rispetto a Dio, al centro di tutto e al posto di Dio. S’innamorò della propria
grandezza e l’amore egoistico di sè lo insuperbì. Nega la possibilità di un loro peccato sessuale con
le figlie degli uomini. Sostiene tuttavia che i Figli di Dio si sono uniti alle figlie degli uomini, ma
che questi non sarebbero stati Angeli, ma uomini.
Per S. Gregorio Magno (n.540-m.604) Satana faceva parte del coro dei Cherubini superando
tutti gli altri per la sua scienza. Credendo di poter essere autosufficiente, ha desiderato essere uguale
a Dio e sostituirsi a Lui. Distaccatosi da Dio, ha voluto introdurre questo peccato anche nel mondo.
S. Isidoro (n.560-m.604) ricapitola in sé le dottrine dei Padri della Chiesa. L’origine del male
deriva da un essere superiore che ha indotto l’uomo al male e vede nel serpente della Genesi il
simbolo di Satana che non ha superato la sua prova, ancor prima della creazione delle cose visibili.
L’impossibilità del perdono di Dio verso gli Angeli ribelli dipende dalla loro incapacità di
pentimento.
II.4 Fra tutte queste idee e contraddizioni crescevano intanto le eresie gnostiche di cui
ricordiamo due correnti principali: ‘il monismo’ secondo il quale gli Angeli cattivi e tutto il creato
sarebbero stati un’emanazione dell’Entità Suprema; e ‘il dualismo’, di cui Marcione ne è il maggior
esponente, secondo cui il mondo sarebbe stato prodotto da un Demiurgo cattivo, avversario del Dio
buono. Lo stesso Demiurgo avrebbe ispirato l’Antico Testamento, dove ‘l’ira di Dio’ e ‘i castighi di
Dio’ parevano messi lì a terrorizzare l’animo umano; sarebbe nemico di Cristo che invece è buono e
venuto a ripristinare il bene. Cristo è visto come vittima espiatoria del Demiurgo.
In questa pluralità di vedute presero il sopravvento le voci più autorevoli cristiane e, dalla loro
combinazione, si affermò una teoria che vide gli Angeli come creature prettamente spirituali, create
prima dell’uomo e messe alla prova da Dio. Alcuni Angeli, con a capo Lucifero, caddero per
presunzione e orgoglio e, per odio contro Dio, tentarono l’uomo per farlo a sua volta cadere.
Così prese consistenza una Tradizione unificata che ben presto fu assunta dalla Chiesa ufficiale.
Tali differenze di opinioni dei pensatori cristiani dei primi secoli dopo Cristo ci mostrano,
dunque, che all’inizio non ci fu una dottrina unitaria cristiana sull’origine e identità degli Angeli, di
Satana e dei Demòni. Ciò era dovuto al fatto che la Bibbia descrive sì molti interventi di Angeli,
specie nell’Apocalisse dove si ricorda la loro caduta, ma non parla in nessun luogo della loro
origine.
Ciò che invece ora sappiamo con certezza è solo che gli Angeli, Satana e i Demoni sono stati
creati buoni e che alcuni usarono malamente il loro libero arbitrio e si opposero a Dio divenendo
Demòni. Così alcuni di essi interferirono e interferiscono ancora positivamente sugli uomini come
ad esempio gli Angeli, gli Arcangeli e gli Angeli Custodi, mentre altri diventati Demòni,
manifestano la loro influenza malefica. Sappiamo anche che Satana non rappresenta il male
indefinito, ma che è un’autentica persona intelligente, o insieme di più persone e ben definite. Tutto
questo lo conosciamo soprattutto attraverso le molte rivelazioni di Gesù e di Maria e anche
attraverso gli esorcismi. Ma sulla loro vera identità c’è stato fino ad ora un velo di mistero e una
grande incertezza, come diceva saggiamente S. Girolamo.
II.5 Cerchiamo ora di risalire nel tempo e capire perché nella Tradizione ebraica e nei testi più
antichi della Bibbia non si parla di Satana né di Demòni. Come mai?
Mentre il popolo ebraico cerca di risollevarsi dagli effetti devastanti della cattività babilonese,
una nuova minaccia, inosservata dai più e quasi silenziosa, si affaccia al suo orizzonte. I nuovi
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contatti con la cultura ellenistica sembrano mettere in crisi il suo valore fondamentale, il
monoteismo, perché i greci, politeisti, insinuano a Israele di non essere coerente con l’unicità del
proprio Dio in quanto anche Questi è un Dio dalla famiglia allargata a causa della presenza nella
Bibbia dei ‘Figli di Dio’.
Questo attacco, inconfutabile agli occhi pagani, doveva in qualche modo avere una risposta.
L’occasione si presentò in modo inaspettato intorno alla metà del III secolo a.C. quando il re egizio
Tolomeo II Filadelfo, desideroso di arricchire la biblioteca alessandrina dei Sacri Testi, invita ad
Alessandria 72 studiosi ebrei di Sacre Scritture per tradurre dall’ebraico in greco la Bibbia.
All’epoca il greco era considerato la lingua diplomatica, la più acculturata dei popoli che si
affacciavano alle rive del Mediterraneo.
I ‘72’ dotti ebrei, detti più comunemente ‘I Settanta’, farisei per cultura e origine, si recarono ad
Alessandria e, con l’occasione di fare la traduzione, che li impegnò per più d’un secolo, unirono al
lavoro il loro fine ben preciso: togliere dal Testo Sacro quelle espressioni divenute scomode e
oggetto di critica alla loro Fede. Perciò, sia pur con un nobile proposito dal loro punto di vista, si
accinsero a sostituire, dove ritennero opportuno, tutte le forme riguardanti quegli ‘esseri divini’, gli
‘elohim’ (termine plurale, le divinità, riferito ai ‘Figli di Dio’), con l’aggettivo sostantivato greco
che poteva essere considerato equivalente: ‘anghelòi’ (ossia ‘gli inviati da Dio con una missione
speciale in soccorso degli uomini’). Solo che, con il passare del tempo, quello che era un aggettivo
sostantivato (Angeli = ‘Uomini’ inviati) venne considerato non più come un attributo, ma come un
nome specifico di quella categoria, gli Angeli. Questo termine prese da allora un significato
autonomo e si staccò completamente dal concetto di ‘Uomini divini, i Figli di Dio’. E, per finire,
venne data loro una veste solamente spirituale di ‘puri Spiriti’. Quelli che erano gli Uomini dagli
‘Spiriti puri’, perché possedevano nella loro essenza lo Spirito di Dio, vennero detti ‘puri Spiriti’.
Così, con l’inversione dei due termini, cambiò sostanzialmente il significato del loro appellativo.
I Settanta rispettarono il testo originale solo in poche accezioni, come ad esempio al versetto
6,1 della Genesi. Lì rispettarono l’espressione originale di ‘Figli di Dio’ perché in quel contesto
l’espressione ‘anghelòi’ avrebbe potuto causare più danno che beneficio. Ciò vuol dire che già si
cominciava a considerare gli Angeli quali esseri celesti puramente spirituali e lo scandalo di tali
unioni di esseri celesti con donne umane andava evitato. Perciò preferirono lasciare l’espressione
originaria. Da lì la confusione nei pensatori dei primi secoli del cristianesimo i quali considerarono
‘i Figli di Dio’ ora uomini, vedi Giulio Africano che li identificò con i discendenti di Set; ora invece
li considerarono esseri creati immateriali, vedi S. Giovanni Crisostomo, S. Agostino, S. Gregorio
Magno, S. Isidoro…, come se i Figli di Dio e gli Angeli fossero state due categoria distinte.
Tutte le traduzioni che seguirono, compresa quella latina di S. Girolamo, detta Vulgata e redatta
intorno al 400 d.C., presero come base la traduzione greca dei Settanta e l’errore si trasmise in tutte
le lingue moderne. Tuttavia S. Girolamo, uomo di altissima cultura che conosceva sia il greco che
l’ebraico, oltre al latino, confrontò i testi greci con quegli ebraici ed evidentemente riscontrò
l’anomalia se preferì astenersi dal riferire la sua opinione e, per non entrare in contestazione con la
Chiesa Cristiana ufficiale, disse semplicemente che dell’origine degli Angeli, in verità, non se ne
sapeva nulla.
Fra i commentatori della Bibbia troviamo la stessa distinzione: c’è chi definisce il racconto dei
Figli di Dio che si unirono alle figlie degli uomini una credenza mitologica, c’è chi vede nei Figli di
Dio degli esseri celesti prettamente spirituali, e c’è chi li identifica con i discendenti di Set. Fra
questi ultimi troviamo padre Marco Sales, commentatore della Bibbia vissuto nel XCIII secolo,
Bibbia che fu scelta dal Signore perché proprio a quella don Guido facesse riferimento.
Tuttavia è sintomatico che alcuni Pensatori, come lo gnostico Tertulliano, avessero ritenuto che
il peccato degli Angeli fosse stato un peccato sessuale. Questo ci induce a pensare che come si era
trasposta la storia dell’uomo nella sfera angelica, così la tradizione dell’origine degli Angeli si sia
modellata dopo il V secolo d.C. sulla storia delle origini dell’uomo, con la variate che il peccato
degli Angeli divenne un peccato di natura solamente spirituale.
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II.6 Nella Tradizione ebraica non c’è stato questo fermento letterario perché la Bibbia che essi
tuttora leggono non è quella tradotta dai Settanta nel III secolo a.C., ma quella ebraica originale che
non ha subito trasformazioni. Quindi non hanno formulato teorie su Angeli e Demòni. E questo va a
loro favore.
II.7 Prendiamo nuovamente in mano la rivelazione avuta da don Guido. Vediamo che nella
panoramica della creazione intera, dall’Alfa all’Omega, cioè che parte da Dio (l’Alfa) e arriva alla
creazione dei Figli di Dio (l’Omega), comprendendo fra i due estremi i sei giorni o fasi della
creazione, non trova spazio la creazione degli Angeli. Ora, ragionando, non sarebbe stato logico che
il Signore omettesse una cosa così importante, e indispensabile per comprendere la dinamica degli
eventi e le relative responsabilità delle prime generazioni, se desiderava, come disse a don Guido,
spiegare i punti oscuri della Genesi.
Alla fine dobbiamo constatare che tutto ciò che fu detto a proposito degli Angeli calza
perfettamente con la storia dei Figli di Dio. Perciò dobbiamo giungere alla conclusione, semplice e
logica, che il ‘misterium iniquitatis’ ora non è più un mistero e che il male prese inizio con
l’insubordinazione di Adamo. Fu lui il primo ribelle, il grande contestatore, l’oppositore a Dio e da
lì partì la ribellione di altri suoi discendenti che lo imitarono nei sentimenti e nelle opere, come
quella di unirsi alle discendenti di Caino, le figlie degli uomini, accelerando il processo di
ibridazione che portò tanta sofferenza psicofisica e morale nel mondo.
E, riflettendo ancora, la Tradizione gnostica (che va a grosse linee dal 200 a.C al 300 d.C) e
quella del primo cristianesimo involontariamente offuscarono sì la Verità, ma costituirono un passo
necessario per rendere esplicito il ruolo dell’influenza di Satana sull’umanità senza che si dovesse
ricorrere prematuramente alla spiegazione della vera essenza del peccato originale, giacché la
cultura dei secoli scorsi non sarebbe stata in grado di comprenderne il risvolto genetico-scientifico
e, di lì, quello teologico. Sebbene Giulio Africano avesse intuito che gli Angeli non erano altro che i
discendenti di Set e Terulliano avesse supposto che esistono due categorie di esseri malvagi, gli
Angeli decaduti (per noi: i Figli di Dio geneticamente perfetti divenuti ribelli) e i discendenti di
questi rapporti carnali con le figlie degli uomini (gli ibridi, solo quelli ribelli), cosa peraltro giusta
che denota una grande intuizione, non seppero strutturare e organizzare questi pensieri, né
avrebbero potuto fare altrimenti con i mezzi e le conoscenze che avevano.
II.8 Ma i tempi ora sono maturi perché venga compresa rettamente la storia delle nostre
origini e l’identità dei Figli di Dio, ovvero degli Angeli. Riporto un passo dell’omelia sulla ‘natura
degli Angeli’ di Giovanni Paolo II del 6 agosto 1986, che riprende in parte un concetto già espresso
dal Concilio Vaticano I (1870). In quell’udienza il Santo Padre afferma che: “Dio creò insieme e
dal nulla fin dall’inizio del tempo (dell’umanità) l’una e l’altra creatura, quella spirituale e quella
corporea, cioè l’angelica e la terrena, e quindi creò la natura umana come ad entrambi comune,
essendo costituita di corpo”.
Con parole più semplici si potrebbe dire così: ‘Dio creò insieme (simul, ossia nell’arco di due sole
generazioni) e dal nulla (cioè non per evoluzione) fin dall’inizio del tempo (dell’umanità) l’una e l’altra
creatura, quella spirituale o angelica (perché dotata di Spirito) e quella corporea o terrena (la stirpe
privata invece dello Spirito di Dio perché discendente dal peccato originale), cioè creò la natura umana ad
entrambi comune, essendo costituita di corpo’.
Perciò la creatura terrena, quella discendente naturale di Eva, mutilata dello Spirito, rimase
formata solamente di anima o psiche, e di corpo.
Con sorpresa, già nel 1086, il Santo Padre, prestando la sua voce allo Spirito Santo che soffia
su chi vuole e quando vuole, ha dichiarato che gli Angeli sono creature spirituali sì, perché dotate di
Spirito, ma corporee perché dotate anch’esse di un corpo materiale, e, di conseguenza, nato
carnalmente.
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Questa affermazione, dunque, toglie qualunque dubbio riguardo alla natura degli Angeli: se
sono esseri spirituali in quanto dotati dello Spirito di Dio, ma sono al tempo stesso anche dotati di
una natura umana, cioè corporea e materiale, essi non possono che essere i Figli di Dio, i Figli
geneticamente puri di Adamo e della Donna. Essi, possedendo ‘per loro costituzione’ lo Spirito di
Dio, possedevano altresì i doni preternaturali e soprannaturali.
Da qui l’altro concetto: se gli ‘Angeli’ della traduzione veterotestamentaria possiedono ‘per
loro natura’ lo Spirito di Dio, sono anche ‘dei’ nel senso di ‘compartecipi della Divinità’.
L’espressione non ci deve turbare se pensiamo che anche Gesù, nel Vangelo di Giovanni al cap. 10,
usa questo termine quando dice agli Apostoli: “Non sapete che anche voi siete dei?” con il
significato che erano anch’essi destinati a ricevere lo Spirito di Dio a Pentecoste.
II.9 Quando si parla di Angeli si dice abitualmente che sono ‘puri Spiriti’. Anche in questo
caso dobbiamo precisare: l’espressione originaria non intende dire che sono ‘Esseri eterei’ o ‘Esseri
celesti’, ma semplicemente che sono ‘Esseri puri’ o ‘Spiriti puri’ e non contaminati dalle
conseguenze del peccato originale: cioè sono i Figli di Dio, quelli del cap.6 della Genesi. Né poteva
essere altrimenti se per accoppiarsi carnalmente con le figlie degli uomini ci voleva per forza un
corpo. Uomini, dunque, geneticamente perfetti che hanno camminato con le loro gambe su questa
terra.
La loro dimensione era trinitaria. Possedevano per loro costituzione: un corpo fisico, una
psiche, o anima, e uno Spirito, lo Spirito di Dio. Adamo stesso, benché si sia comportato
indegnamente e gli siano stati ritirati i diritti della primogenitura, rimane tuttora dotato di Spirito,
ma di uno Spirito annichilito che non riesce a relazionarsi con il Padre fin tanto che permane la sua
contestazione. È come nella parabola del Figliol prodigo il quale restò sempre a tutti gli effetti figlio
di suo padre benché avesse abbandonato il tetto paterno e si fosse adattato per orgoglio a fare il
guardiano di porci. Solo quando si umiliò a chiedere perdono e si decise a voler cambiar vita, fu
reintegrato a pieno titolo nella famiglia.
Gesù nella Lettera ai Romani dettata alla Valtorta dice che “nulla di ciò che è spirituale può
andare perduto”, lasciandoci intendere che la contestazione degli Angeli non può durare in eterno.
Non così per noi che non nasciamo trinitari, ma che diventiamo figli per adozione passando
dalla morte spirituale (per l’assenza dello Spirito) alla Vita spirituale con il Battesimo. Per noi sì si
può verificare l’eventualità di perdere lo Spirito di Dio e di passare nuovamente dalla Vita alla
morte spirituale, la così detta seconda morte, dopo quella di origine! Questo perché lo Spirito che
riceviamo non lo abbiamo per costituzione e, se lo rifiutiamo o lo perdiamo, ritorna al Padre.
Vediamo ora cosa accadde all’umanità quando perse lo Spirito di Dio.
III. Il peccato originale
III.1 La Genesi mosaica non appaga più il bisogno di conoscenza dell’uomo moderno perché
le sue smagliature l’hanno resa poco credibile. Mi riferisco in particolare all’immagine di Dio che,
dalla Genesi mosaica che ci è pervenuta, ne esce deformata e svilita o, quantomeno, priva di
misericordia. Solo con la venuta di Gesù veniamo a conoscere veramente Dio come ‘Padre’,
concetto che né per gli Ebrei, né per i Mussulmani è concepibile. Dio rimane per molti solo giudice
e giustiziere.
Molti teologi, al contrario, rifiutano i concetti di Inferno e del Demonio perché, pensano,
vadano contro la Misericordia di Dio. Inoltre, accettando come buona la tesi dell’evoluzionismo,
negano la creazione di un Uomo e di una Donna perfetti, quindi anche il peccato originale che
avrebbe corrotto i loro discendenti, qualunque esso sia stato.
A don Guido, invece, uomo saldamente ancorato alla teologia classica e alla Tradizione, senza
svolazzi d’immaginazione, suonò fortemente stridente la mancanza della figura del ‘Tentatore’. Con
questa novità si mettevano in crisi un po’ tutti i suoi schemi e le sue certezze. Però, a mio giudizio, è
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proprio questo suo silenzio di commenti e questa sua lotta interiore a rendere credibile quanto ha
visto e testimoniato. Orbene: nel racconto del peccato originale di questa rivelazione non c’è alcun
accenno alla presenza di qualsivoglia personalità che influenzi il primo Uomo e lo spinga a peccare.
Don Guido, fedele al suo mandato di testimone, si astenne da qualunque commento. Non così
possiamo fare noi.
III.2 Ora sappiamo che questo peccato, dopo la rivelazione fatta dal Signore a don Guido, è la
contravvenzione del primo Uomo ad un ordine preciso di Dio: generare secondo la propria specie.
Perciò questo peccato considerato un misterioso fino ad ora, ora non è più un mistero. Non mi
dilungo su questo tema in questo intervento perché l’ibridazione della specie umana perfetta
avvenuta per iniziativa del primo Uomo Adamo è già stata sviscerata sufficientemente nel testo
Genesi Biblica di don Guido Bortoluzzi. Dirò solo che la Chiesa Cattolica è già aperta a questo
proposito perché Benedetto XVI nella sua catechesi del 10 dicembre 2008 affermò che ‘alla natura
originariamente buona dell’uomo questo peccato sovrappose una seconda natura che ha corrotto
biologicamente l’umanità e che, sempre biologicamente, ossia geneticamente, questa corruzione si è
trasmessa fino ai giorni nostri’. Se, come afferma il Santo Padre, la corruzione è stata biologica
perché alla natura dell’uomo se ne è sovrapposta una diversa, è chiaro che proprio all’ibridazione
egli intende. Perciò non si può più ridurre il peccato originale ad un mero peccato di pensiero.
IV. Il serpente
IV.1 Al paragrafo 48, ossia ancor prima di affrontare i temi forti della rivelazione, la Madonna
interviene dicendo a don Guido: “È una rivelazione come a Mosè”. Ciò significa che i contenuti
delle due rivelazioni sono gli stessi, anche se presentati in modo diverso in rapporto alla cultura di
popoli e di epoche diverse. Quindi la presenza del Tentatore, elemento fondamentale alla
comprensione dei fatti e delle responsabilità, se fosse stato comunicato dal Signore a Mosè, non
avrebbe potuto essere stato omesso nella rivelazione fatta a don Guido senza stravolgere l’etica e
l’insegnamento di tutto il contesto.
Ma sappiamo altresì che Satana è esiste. Come conciliare dunque queste due posizioni?
Sappiamo anche che Satana è nome collettivo degli Angeli ribelli. Il primo Angelo ribelle fu
Lucifero, detto poi anche ‘Satana’ per antonomasia.
Riesaminai la Genesi mosaica con occhio indagatore. Osservai che non solo nella Genesi, ma in
tutta la Bibbia non si parla della creazione degli Angeli, né dell’oggetto della loro caduta. Si
nominano in vari punti Satana e gli Angeli e si raccontano le loro imprese, questo sì, ma sulla loro
origine e identità c’è un silenzio totale. L’Apocalisse è il Libro che ci dà di loro più informazioni,
ma sempre in chiave allegorica e il peccato di Lucifero rimane pur sempre avvolto nel mistero,
anche se ricondotto come causa prima alla disobbedienza e alla superbia. Perché?
Osservai anche che il termine ‘Satana’ cominciò ad essere nominato solo negli scritti posteriori
al Pentateuco, non prima.
Nella Genesi Satana non è nominato. È nominato invece ‘il serpente’ a cui viene attribuito il
ruolo di tentatore, come ad esempio nei versetti Gn. 3,1 “ora, il serpente era il più astuto di tutti gli
animali …”, e in Gn. 3,4“… il serpente disse alla donna …”, e poi al versetto 3,13: “il serpente mi
ha sedotta e io ho mangiato.” e ancora ai versetti 3,14-15: “e il Signore Iddio disse al serpente …”.
Più avanti, al versetto successivo e assai significativo, Dio dice: “porrò inimicizia fra te (serpente)
e la donna e fra ‘il tuo seme’ (la discendenza del serpente) e il seme di lei (la discendenza della
donna)” (Gn. 3,15). Da qui si deduce che non può essere un ofide, ma semmai un mammifero.
Nella tradizione rabbinica posteriore a Mosè non si parla di un serpente, ma di un cammello. Questo
solo per dire che questo soggetto misterioso sempre un simbolo era e, col passare del tempo,
nemmeno troppo chiaro. Comunque sia, doveva trattarsi di un essere la cui ‘discendenza’ si
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contrapporrà … (e il testo usa il futuro) a quella della donna. E conclude: “Essa (la donna) ti
schiaccerà la testa, e tu (serpente) le insidierai il calcagno” (Gn. 3,15). Quest’ultima frase esprime
due concetti di intensità diversa poiché l’insidiare il calcagno ha un significato circoscritto e
limitato, ma lo schiacciamento della testa ci dà l’idea di un qualcosa di una portata ben maggiore e
definitiva: la morte del così detto serpente. È implicita, dunque, una vittoria schiacciante della
‘discendenza’ della Donna su quella del serpente. Ma sull’identità del serpente non si dice nulla.
IV.2 Riflettendo, ‘il serpente’ non poteva essere nemmeno sinonimo di ‘Satana’ perché sempre
lo stesso Mosè, a cui è attribuito tutto il Pentateuco, ricorre ad un serpente di bronzo innalzato su
un’asta per salvare gli Ebrei che durante l’attraversamento del deserto di Sin erano stati morsi dai
serpenti: era sufficiente che lo guardassero per essere sanati. Nel libro dei Numeri al capitolo 21
troviamo questo interessante episodio che ci dà la prova che per gli Ebrei l’immagine del serpente
non è assolutamente un simbolo negativo, ma una figura salvifica. Perciò non può essere l’emblema
del maligno. Di chi, allora, potrebbe essere il simbolo?
Attraverso una libera interpretazione proviamo a supporre che il Signore, con anticipo di
millenni, abbia comandato a Mosè di innalzare un simbolo per loro di chiaro richiamo alla Genesi,
sia pur a loro scientificamente incomprensibile (ma non già per noi) che richiamasse il concetto
dell’ibridazione e della corruzione dell’umanità, qui rappresentate dalla scienza odierna dalla spirale
del DNA che si avvolge come un serpente. A questo punto il messaggio per noi diventa chiaro:
chiunque guardi con onestà di cuore il proprio ‘io’, cioè le proprie inclinazioni racchiuse nel proprio
DNA, mettendo a nudo verso se stesso i propri peccati, debolezze, tendenze, inclinazioni e difetti
ereditari, e chieda aiuto a Dio, può essere sanato. Il simbolo salvifico di allora può diventare mezzo
di purificazione ancor oggi perché Gesù possa intervenire con la sua Grazia per portarvi guarigione
e redenzione. Tutti dobbiamo partire nel nostro cammino spirituale dalla conoscenza e
dall’accettazione di noi stessi, sapendoci eredi di Caino.
Dunque, quel serpente che troviamo nel terzo capitolo della Genesi non poteva essere che un
simbolo, un termine allusivo. Il mettere a fuoco ‘il serpente’ era già allora, e lo è sicuramente anche
oggi, un atto salvifico.
È intuibile che gli Ebrei di allora avessero ben chiaro a che cosa Mosè alludesse nel deserto,
poiché si presume che egli abbia anche illustrato loro la Genesi e che quel simbolo fosse stato
spiegato e compreso. Dobbiamo tener conto che nella lingua ebraica antica l’uso di metafore, di
allusioni, di termini o espressioni a doppio senso erano frequenti perché il gioco di parole era un
modo di esprimersi a loro comune. Quindi, cosa Mosè e gli antichi Ebrei intendessero con
l’espressione ‘serpente’ era per loro un concetto noto, cosa che non lo è più per noi che abbiamo
perduto questa ricchezza espressiva ed abbiamo, per nostra conformazione mentale, un modo
univoco di usare i vocaboli. Ecco perché quando troviamo delle allusioni scritte nella Bibbia,
talvolta non capiamo il senso reale che esse nascondono. Accade talvolta che si faccia dell’esegesi
su termini che non sono altro che soprannomi …
IV.3 Passiamo allora al testo di don Guido perché, se è vero che “è una rivelazione come a
Mosè”, è qui che a mio avviso troviamo la spiegazione del significato nascosto della voce
‘serpente’ e capiremo quale ruolo abbia avuto nella storia delle origini dell’uomo.
Due volte il Signore usò il termine ‘demone’. La prima quando il giovane Uomo, Adamo, dopo
che ebbe rapito alla madre la bimba neonata, figlia sua, la prima vera Donna della specie umana, fu
raggiunto, graffiato e morso dalla madre naturale ancestre. Il Signore precisò di quest’ultima: “Sarà
(la madre ancestre) ‘il demone’ per l’uomo” (§132). La seconda volta che il Signore usò
l’espressione ‘demone’ fu quando nel laboratorio del giovane Uomo don Guido notò una serie di
pietre preziose di vari colori incastonate sugli stipiti delle finestre. Queste pietre riflettevano sulle
pareti variopinti raggi di sole componendo colorati giochi di luce, e il Signore nuovamente
intervenne dicendo: “Oggetti preziosi, pericolosi. L’uomo ha volto al male tutte le cose più
preziose, schiavo del ‘demone’ della cupidigia e della sensualità” (§143-4). Don Guido osserva:
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“Era la seconda volta che veniva nominato il demonio, e capivo che non si trattava di un essere
intelligente senza corpo, ma di una passione dell’uomo cattivo”.
Analizziamo per ora la prima di queste due espressioni. Il ‘demone’ qui è sicuramente uno
pseudonimo della madre ancestre che ferisce l’Uomo e che più tardi ‘sarà’ (nota il futuro) la
protagonista insieme all’Uomo del peccato originale. Quindi, al momento della nascita della Donna,
essa non è ancora un demone. ‘Demone’ lo diventerà solo dopo, quando sarà usata da Adamo nel
peccato originale. Lo diventerà perché questa volta non verrà più usata dal Signore come lo era stata
in precedenza, come semplice madre in affitto per la creazione della prima coppia umana e perciò
conosciuta allora ‘in bene’ (nel senso biblico di rapporto generativo) dal giovane Uomo secondo il
progetto di Dio; questa volta lo diventerà (un demone) perché conosciuta dall’Uomo ‘in male’, cioè
al di fuori del progetto di Dio e senza che in essa fosse intervenuto il Signore con una nuova
creazione. Così la madre ancestre contriburà, come un demone per l’umanità, con i suoi cromosomi
al concepimento di un figlio ibrido e illegittimo dell’Uomo, Caino, menomato e tarato il quale, a
sua volta, trasmetterà ai suoi discendenti delle tare ereditarie.
Non è lei come soggetto fisico, sia ben chiaro, il demone, ma il suo sangue ancestrale che
corromperà, con il suo rapporto generativo adultero con Adamo, il sangue del nascituro Caino. Si
osservi l’uso del futuro: ‘sarà’, perché l’ereditarietà coinvolgerà le generazioni future. Dice infatti
la Genesi mosaica al cap. 6: ‘Ora avendo gli uomini (i Cainiti) cominciato a moltiplicare sopra la
terra, e avendo avuto delle figlie (più somiglianti delle altre al nonno paterno Adamo) , i Figli di Dio (gli
Adamiti geneticamente puri) vedendo che le figlie degli uomini erano belle (ossia meno brutte e senza pelo),
presero per loro mogli quelle che fra tutte loro piacquero’). Perciò la discendenza di questo
fantomatico serpente, la madre ancestre, trasmetterà, a causa della futura promiscuità fra le due
discendenze di Adamo, anche ai figli della stirpe perfetta dei Figli di Dio la distorsione genetica di
Caino. Sarà questo DNA alterato la causa di molte malattie ereditarie, che generalmente non sono
riscontrabili nel regno animale, e in primo luogo causa delle alterazioni psicologiche.
IV.4 Per essere più espliciti, sempre dalla rivelazione fatta a don Guido sappiamo che nelle
prime generazioni non tutta la figliolanza di Dio verrà subito compromessa. Infatti la Bimba
legittima allora neonata, una volta cresciuta e diventata Donna, diventerà la Madre dei Figli di Dio,
i figli legittimi di Adamo, nati geneticamente puri e quindi perfetti, come Abele, Set, Enos, Cainan,
ecc. Per loro questo demone di alterazione genetica non esiste.
Perciò, nei primi tempi convivranno due discendenze parallele e distinte: a) la stirpe di Adamo
e la Donna, ossia quella legittima dei ‘Figli di Dio’, composta di Uomini e Donne belli e alti più di
due metri; e b) la stirpe illegittima di Adamo e la femmina ancestre, detta anche la stirpe dei ‘figli
dell’Uomo’ (perché non più di Dio) o semplicemente la stirpe ‘dei figli degli uomini’: discendenza
ibrida, piccola e brutta, frutto dell’incrocio di due specie pure, quella umana e quella ancestre.
Ecco che ora la frase del § 132 diventa molto chiara: ‘il sangue della femmina ancestre’, la
protagonista insieme ad Adamo del peccato originale (che non è dunque la vera Donna), “sarà (con
i suoi geni) il ‘demone’ per l’umanità ibridata” perché trasmetterà nel DNA della loro progenie i
caratteri ancestrali e gli istinti del regno animale. ‘Il demone’ diventerà perciò il DNA corrotto
della stirpe ibrida (vedi il richiamo al serpente) alla quale, dopo l’estinzione dei Figli di Dio,
appartiene oggi tutta l’umanità. Il DNA è il codice della vita. È buono se perfetto come Dio lo ha
creato, non è più buono se è risultante dall’incrocio dei cromosomi di due specie diverse, di per sè
singolarmente buone, ma intrecciate in modo anomalo e casuale. Il pregiudizio sta nell’alterazione
cromosomica che ne è derivata: uomini dalle tendenze e dai caratteri somatici animaleschi.
IV.5 La seconda volta che venne usata l’espressione ‘demone’ fu per sottolineare la cupidigia
e la sensualità dell’uomo in preda alle passioni.
Importante questione: come mai l’Uomo, creato perfetto, poteva essere incline alle passioni? La
perfezione non contraddice la libertà, anzi, la potenzia. Fra i doni preternaturali e soprannaturali c’è
posto anche per il libero arbitrio. Dove c’è la libertà c’è la possibilità di agire in bene o in male,
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ossia secondo il Pensiero di Dio o contro il Pensiero di Dio. Adamo conosceva il Pensiero di Dio
perché l’unico comandamento che aveva ricevuto era: “Ogni specie generi secondo la propria
specie” e questa espressione ritorna quasi una ventina di volte nei primi capitoli della Genesi. La
cupidigia, dunque, stava nel volere ciò che non gli era concesso: la proprietà della vita. Dio voleva
essere e rimanere il Creatore dell’uomo. La sensualità, invece, qui raffigurata simbolicamente dai
raggi di luce colorati emanati dalle pietre preziose, stava nel godere di un dono che, usato
impropriamente, poteva diventare causa di tentazione. Va chiarito: l’ammirazione del bello è una
virtù e può diventare preghiera di lode a Dio, ma se sovverte la scala dei valori scavalcando il Bene
Supremo, ecco che allora diventa causa di tentazione e un dèmone per l’uomo fino a renderlo
schiavo.
Che dire di questa nostra generazione? Essa pare veramente disorientata di fronte a falsi ideali,
sia di cupidigia che di sensualità. La scienza mal orientata cerca affannosamente di appropriarsi
nuovamente della vita manipolando il codice genetico umano, animale e vegetale. Crede di aver
fatto delle conquiste innestando geni umani in cellule animali generando delle ‘chimere’, e non sa
che sta ripetendo in vitro il peccato originale. Che cos’è questo se non cupidigia nel volersi
appropriare di ciò che non gli è concesso, il diritto di disporre della vita? Essa appartiene a Dio
solo. L’uomo l’ha solo in concessione e non in proprietà e quando dovrà renderla a Dio, che gliel’ha
data, ne dovrà rispondere.
Concludendo: fin qui non abbiamo riscontrato nessuna presenza soprannaturale, intelligente e
malvagia che abbia condizionato l’Uomo, se non il suo ‘io’ che diviene il suo cattivo ispiratore.
IV.6 Attraverso questa prima comprensione, veniamo anche a conoscere la vera identità di
Eva. Eva è colei con la quale Adamo ha commesso il peccato originale. Non è dunque una donna o
la prima vera Donna, ma la madre-in-affitto del primo Uomo e della prima Donna: una femmina
ancestre, dunque, che non appartiene al genere umano, una bestia.
Il termine Eva significa ‘la madre di tutti i viventi’. I viventi di allora in senso biologico erano
tre: Adamo, la Donna e Caino. Eva fu solo una pseudo-madre per i primi due Figli di Dio nel
portare la loro gestazione, mentre fu vera madre biologica per Caino e capostipite di tutta la sua
discendenza ibrida, ossia di tutta l’umanità di ora. Quindi noi siamo realmente figli naturali di Eva,
come recita opportunamente la preghiera della ‘Salve Regina’, chiamandoci ‘esuli figli di Eva’,
perché esuli, purtroppo, dal Regno di Dio poiché privati dello Spirito di Dio.
Aveva detto il Signore dopo il peccato originale: “Il Mio Spirito non rimarrà per sempre
nell’uomo perché egli è carne” (Gn. 6,3), che, tradotto in linguaggio corrente: l’uomo,
geneticamente corrotto, è diventato solo preda degli istinti della carne e non può trattenere lo Spirito
di Dio.
IV.7 Nella Genesi, in verità, ‘il serpente’ è una parola polisemica perché ora sostituisce
Adamo, ora l’Ancestre, Eva.
A: Quando il (soprannome) ‘serpente’ della Genesi sostituisce Eva, chiamata nella Tradizione
ebraica Lilith. Il fatto che questa rivelazione contempli due, così dette, mogli per Adamo, benché
non trovi un riscontro diretto ma solo indiretto nella rivelazione mosaica, non è una novità per la
cultura ebraica. Infatti, nella Tradizione orale ebraica, che prende origine addirittura al tempo di
Mosè e con aggiunte varie fu messa per iscritto solo intorno al V sec. d.C. conosciuta come Bereshit
Rabbà, si contemplano due mogli di Adamo: una, la prima (la partner del peccato originale, Eva),
che generò mostri e diavoli e fu chiamata Lilith e una, la vera Donna (la moglie legittima), che
generò Uomini.
Mettendo insieme questi elementi, ora è chiaro cosa significhi il termine ermetico ‘serpente’
della Genesi mosaica. Se questo serpente “era il più astuto di tutti gli animali”, ossia il più
intelligente, (escluso, com’è ovvio, che fosse un ofide) ‘l’animale più astuto’, ossia il più
intelligente, non poteva che essere l’Ancestre-madre-in-affitto dei Figli di Dio che, quanto a
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intelligenza, era la punta di diamante della sua specie in funzione del suo scopo e di tutta la
creazione fino al momento della nascita dell’Uomo. Si distingueva dalle sue sorelle anche perché di
carnagione chiara e senza pelo e dall’espressione degli occhi quasi umana. Ma era pur sempre e
solo una bestia.
Eva era diventata anche zoppicante dopo la colluttazione con Adamo: camminava barcollando,
ancheggiando qua e là come fanno (metaforicamente) i serpenti: “serpens erat”, diceva don Guido
mettendo in evidenza che questo termine non era un sostantivo ma un participio presente del verbo
‘sèrpeo’ che significa ‘ondeggiare’, ossia: colei che procedeva ondeggiando come … un serpente.
Anche il suo profilo richiamava, ironicamente, quello di un serpente: fronte bassa, mento
sfuggente, occhi sporgenti, lingua lunga e sibilante, labbra sottili e lunghe fino alla radice delle
mascelle, perfino i canini un po’ più lunghi degli altri denti che richiamavano quelli dei serpenti.
Non potremmo trovarle ‘un soprannome’ più appropriato e sarcastico.
Una semplice curiosità: nella XI edizione del vocabolario Zingarelli, ed. del gennaio 1986,
troviamo sotto la voce ‘Eva’ questa definizione: “Nome diffuso dal racconto biblico, sia in greco,
Eua, quanto in latino, Hèva. L’origine ebraica Hannah è tradizionalmente spiegata con il verbo
hajah (vivere), per cui Eva significherebbe ‘madre dei viventi’... Interessante l’ipotesi che
collegherebbe il nome ebraico con un nome semitico del ‘serpente’ ”. Se questa ipotesi fosse più
che un’ipotesi, identificherebbe il soprannome di Eva con il serpente.
Ma ciò che veramente diventa chiarificatore è il versetto in cui si dice che la discendenza del
serpente avrebbe insidiato la discendenza della Donna. Noi ora sappiamo che questo ‘insidiare’
consiste anzitutto nella minaccia genetica. Lo vediamo espresso in Gn. 6,2 dove si dice che “i Figli
di Dio videro che (alcune) delle figlie degli uomini erano belle e le presero per loro mogli”, o
concubine, da cui nacquero i giganti, “uomini potenti (Gn.6,4) … ma intesi a mal fare (Gn.6,5)”.
Grazie al Cielo, il testo biblico dice poi anche una frase assai rassicurante (Gn. 3,15): “Ella (ossia
la Donna) ti (a te serpente) schiaccerà la testa”. Qui si preannuncia la vittoria finale della Donna
sul serpente, cioè: la Donna ‘predominerà con la Sua discendenza (il Suo seme) sul pregiudizio
dell’ibridazione’. In ciò è racchiusa la promessa della successiva Redenzione.
B: Quando il (soprannome) ‘serpente’ sostituisce il nome Adamo. Resta ancora un problema
riguardo al serpente: il versetto 3,4 recita: “il serpente disse alla donna …” ; e, poco oltre, il
versetto 3,14 dice: “il Signore Dio disse al serpente …”. È chiaro che Dio non parla in termini
linguistici neppure ad un’ancestre. Poi al versetto 3,1 si legge: “ ed esso (il serpente) disse…”.
Neppure l’ancestre parlava con parole, ma si esprimeva con il suo estro, il suo comportamento,
perché ‘era la sua stagione’, era andata in calore. Un linguaggio che l’Uomo capiva bene e che gli
suggerisce il momento opportuno per raggiungere il suo scopo. La composizione di questi versetti è
metaforica e qui il termine ‘serpente’ non sostituisce più la femmina ancestre, ma l’Uomo stesso che
riflette tra sé. Potremmo dire che questa espressione è una figura retorica propria di un genere
letterario. Nel brano è Adamo che, dopo la nascita di Caino e il fallimento di tutte le sue illusioni, si
giustifica verso la sua coscienza e si nasconde dietro quella femmina, Eva, per nascondere la
propria responsabilità: ‘Eva mi ha tentato offrendomi il suo frutto, il latte dei suoi seni, ed io ho
mangiato, l’ho posseduta’. La struttura di questi versetti ermetici non è da attribuirsi a Mosè, ma
piuttosto agli scribi yahawisti che, alla corte di re Salomone, hanno collaborato, tre secoli dopo, alla
stesura del testo in ebraico, manipolando il testo mosaico per nascondere la responsabilità del loro
re che, reso psicologicamente fragile dalle sue mille concubine, si era macchiato del terribile delitto
contro Dio di aver introdotto nel tempio gli idoli pagani. Quindi, come secondo gli scribi re
Salomone non doveva risultare responsabile di tale atto blasfemo perché la colpa andava girata alla
regina di Saba e alle altre sue numerose amanti, così, per analogia, la colpa di Adamo doveva
ricadere sulla Donna (che, ora sappiamo, al tempo del peccato originale era poco più che neonata e
non poteva certo avere nessuna colpa di questo peccato) e infine sul serpente, termine indefinito.
Astuto gioco di parole e di contenuti.
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Adamo resta quindi l’unico responsabile della sua colpa perché un animale, quella femmina
ancestre o Eva che dir si voglia, non poteva essere depositaria di responsabilità. Infatti egli
tergiversò quasi due anni prima di decidersi a compiere quel gesto, ‘tentennando’, ovvero
oscillando (e qui torna la forma poetica di come procede un serpente, ondeggiando) fra opposte
pulsioni: ‘lo faccio o non lo faccio?’ E, se la femmina ancestre deve essere sollevata da ogni
responsabilità perché animale, lo deve essere tanto più la Donna che a quel momento non aveva
neppure due anni.
In conclusione, ‘il serpente’ è un termine polisemico che, nel gioco di espressioni, nei versetti
di prima aveva sostituito la femmina ancestre Eva, mentre qui sostituisce Adamo.
Purtroppo nel gioco delle responsabilità da allora in poi in tutte le civiltà la donna fu sempre
colpevolizzata come la causa di tutti i mali. Tutti abbiamo in mente frasi come questa: “La Grazia
che Eva ci tolse …”. Dovremmo aggiungere: “per colpa di Adamo”. Oppure: “La Grazia che
Adamo ci tolse”.
IV.8 Esclusa la responsabilità della Donna e dell’Ancestre, resta da considerare quella di un
Tentatore esterno. Ma la rivelazione ricevuta da don Guido non fa il minimo accenno ad un essere
puramente spirituale, ‘il Demonio tentatore’ che avrebbe influenzato il pensiero di Adamo.
Nemmeno in Bereshit Rabbà può essere rintracciato un ‘tentatore’ al di fuori dell’animo stesso di
Adamo. In breve, Adamo si lasciò tentare dal suo ‘io’, pretendendo, e illudendosi, di imitare Dio
volendo creare la vita fuori dal progetto di Dio. E generò … Caino! S. Paolo questo lo sapeva bene!
Come autorevolmente diceva S. Paolo, che ebbe pure lui delle rivelazioni direttamente dal Signore,
così sosteneva: la responsabilità del peccato originale fu ‘solo’ di Adamo.
È interessante vedere come l’Apostolo delle genti abbia insistito su questo concetto che è
fondamentale nella nostra dottrina. Riporto qui il brano per intero della Lettera ai Romani cap.5,
versetti 12-20 nell’edizione della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, ove ribadisce per sette
volte questo concetto che evidentemente sapeva essere ostico non solo per gli Ebrei, ma per il
mondo intero:
“Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la
morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Fino alla
legge infatti c’era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca
la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una
trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di quello che doveva venire.
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti,
molto di più la Grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo Uomo, Gesù Cristo, si sono
riversati in abbondanza su tutti gli uomini. E non è accaduto per il dono di Grazia come per il
peccato di uno solo: il giudizio partì da un solo atto per la condanna, il dono di Grazia invece da
molte cadute per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa
di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della
giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche
per l’opera di giustizia di Uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà Vita.
Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche
per l’obbedienza di Uno solo tutti saranno costituiti giusti.
La legge poi sopraggiunse a dare piena coscienza della caduta, ma laddove è abbondato il
peccato, ha sovrabbondato la Grazia, perché come il peccato aveva regnato con la morte, così
regni anche la Grazia con la giustizia per la Vita eterna,per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore”.
Se dunque la causa del peccato originale è solo di Adamo, e qui è chiaro che S. Paolo non
mitiga la sua responsabilità ricorrendo ad alcuna causa antecedente al di fuori di lui, ogni altra
interpretazione è del tutto arbitraria. Come si può ben vedere, non vi è nel brano paolino alcun
richiamo ad un essere superiore che con la sua astuzia avrebbe indotto Adamo a peccare. Dopo
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questa testimonianza riguardo alla responsabilità del peccato originale, sarebbe bene prenderne
finalmente atto e iniziare a procedere con animo aperto in questa direzione.
V. Satana
V.1 Se la presenza del male nella Tradizione cristiana prende origine dalla storia dagli Angeli,
e gli Angeli non sono che una proiezione umana dei Figli di Dio, ne deriva una conseguenza
sconcertante: l’identificazione di Adamo con la figura di Lucifero. La grandissima somiglianza
delle motivazioni della caduta di Lucifero e quelle della caduta di Adamo hanno così tanti punti in
comune da condurci facilmente alla sovrapposizione delle due figure.
E questo è allora il momento di tornare alla rivelazione data dal Signore a don Guido e fare le
nostre deduzioni.
Il titolo di Lucifero era dovuto al fatto che Adamo era ‘il Portatore per eccellenza della Luce
soprannaturale di Dio’: al momento della sua creazione Adamo era l’unico essere in assoluto sul
pianeta a possedere lo Spirito di Dio. Era trinitario perché formato per natura inscindibile di corpo,
anima e Spirito, aveva cioè il DNA divino. Era, con una raffigurazione non troppo appropriata ma
che rende l’idea, per metà divino e per metà terrestre. Era a metà strada fra Dio e la Sua creazione,
il mediatore. Adamo, nella creazione, era il Figlio primogenito di Dio, il Campione, il Prototipo,
l’Essere Superiore. A lui Dio aveva dato il potere sul mondo, e a lui tutti gli altri esseri viventi erano
sottomessi.
Gesù chiama Satana ‘il Principe di questo mondo’. E Satana tenta Gesù nel deserto dicendo:
“Tutte queste cose ti darò se ti prostrerai a me e mi adorerai, perché a me sono state date”. A che
titolo avrebbe potuto dargli tutte le cose del mondo se non le avesse possedute già? A lui importava
essere riconosciuto come dio, pur in cambio di tutto. Questo è un passo che ci mostra tutta la
fragilità di Satana nella sua ambizione. Egli si sarebbe spogliato di tutti i beni, pur di esser
riconosciuto il dio in terra ed essere adorato da Gesù, proprio come Adamo.
Consideriamo ora Adamo. Adamo pretendeva essere adorato dalla Donna, da Abele, dagli
ancestri, da Eva e dalla sua progenie, Caino. Quale marito o padre pretenderebbe una genuflessione,
e per di più una genuflessione doppia, ossia con entrambi le ginocchia a terra, dalla moglie e dai
figli ogniqualvolta si fossero trovati alla sua presenza? Questo lo può pretendere solo chi si sente un
dio in terra. Probabilmente il Signore gli avrà insegnato che quando pregava doveva inginocchiarsi,
per rendere chiaro il rapporto che c’è fra l’essere creato e Dio suo Creatore. E ad Adamo non parve
vero imitare Dio per mettere in evidenza il suo rapporto con chi era stato generato da lui. Lui era il
primo, non solo in senso temporale, ma anche per potenza, bellezza e ingegno … Perciò gli pareva
ovvio pretendere obbedienza e adorazione come potenza suprema. Non si dice forse che Satana è la
scimmia di Dio?
Tutto è all’insegna del suo arrogante atteggiamento. “Si ammirò ed attrasse a sé la superbia.
… E pensò: ‘conosco il segreto di Dio. Mi è noto il disegno. Posso tutto ciò che Lui vuole. Come ho
presieduto le prime operazioni creative posso procedere. Io sono’. La parola che solo Dio può dire
fu il grido di rovina del superbo. E fu Satana … Volle più che non avesse (già). Volle il tutto, lui che
era già tanto” (Quaderni 1945-50, pag. 339 di M. Valtorta, ed. CEV). Queste sono parole di Gesù
dette a Maria Valtorta. Sembrano dettate su misura per Adamo, invece Gesù stava parlando di colui
che, secondo la tradizione, sarebbe il ‘Portatore di Luce’: Lucifero. Non è una coincidenza. Infatti
Adamo aveva realizzato che la Neonata, la prima Donna, era sua figlia e aveva compreso la
modalità con cui era stata concepita per volere di Dio, nel sonno dice la Bibbia. Adamo ‘aveva
presieduto, infatti, alle prime operazioni creative’. E, volendo imitare Dio, pensò di fare come Dio
aveva voluto facesse per il concepimento della Donna: unirsi a Eva. Non si accoppiò per libidine,
ma per appropriarsi di ciò che era stabilito fosse di Dio: i futuri altri Figli di Dio e la vita stessa. E
divenne Satana. Volle più che non avesse (già). Volle il tutto, lui che era già tanto.
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V.2 Adamo, che era il Capostipite, il Primo, era stato creato bello, intelligente, pieno di Grazia
(ossia dello Spirito di Dio) e godeva dell’intimità con Dio. Dio gli ha fatto generare una prole
perfetta, la Bambina, che egli riconosce come sua stirpe (‘carne della mia carne, osso delle mie
ossa’, Gn. 2,23-4), non già per riconoscenza a Dio, ma per definire che era sua proprietà. E la
reclama a Dio elevandola appena nata, come a dire: “questa è mia! L’ho fatta io!”, non sapendo che
l’azione pro-creatrice di Adamo era stata di collaborazione a quella direttamente creatrice di Dio
(che aveva creato il gamete femminile) e indirettamente riconducibile a Dio perché Adamo stesso
era creatura di Dio, frutto di entrambi i gameti creati da Dio, quindi anche il suo seme era opera di
Dio.
Adamo decide di ripetere l’esperimento senza la collaborazione di Dio e genera Caino.
Evidentemente si aspettava di avere una discendenza simile in perfezione alla Bambina. Questa
decisione è già una ribellione perché, secondo il piano di Dio, Adamo avrebbe dovuto aspettare la
pubertà della Donna e generare solo con lei la prole geneticamente pura. ‘Ogni specie si moltiplichi
secondo la propria specie’, aveva detto il Signore. Invece sceglie di riprodursi secondo il suo
disegno. Quindi anche per impazienza. L’impazienza di Adamo portò alla divisione fra le sue due
stirpi, come l’impazienza di Abramo portò alla divisione fra le fedi.
Questo fatto è interessante perché l’atto sessuale è un atto di forte responsabilità che Dio ha
affidato all’uomo rendendolo partecipe della Sua azione creativa. Nella simbologia tradizionale del
frutto proibito è forte l’allusione alla sessualità …
Dunque, se Dio aveva reso Adamo compartecipe del Suo atto Creativo elevandolo in dignità da
semplicissima creatura, come gli animali per esempio, a cooperatore della Creazione (vediamo che
il Suo intervento è sempre più mediato nel tempo: prima Dio crea l’ovulo e lo spermatozoo insieme,
poi solo l’ovulo e lascia che i due gameti si uniscano tra loro e infine delega l’Uomo e la Donna a
concepire autonomamente e così via secondo questa logica) dove stava la differenza fra Adamo e le
altre creature? Che le altre creature obbedivano a Dio in via obbligata seguendo l’istinto, da Lui
donato nelle leggi naturali, per l’accoppiamento a scopo generativo (tant’è vero che l’Ancestre è
innocente poiché non è responsabile! È paragonata dal Signore a una lenza per pescare, strumento
totalmente inerte se non nelle mani del pescatore), mentre Adamo poteva scegliere liberamente
l’adesione o meno al progetto creativo di Dio attraverso l’atto pro-creativo consapevole. ‘Procreare’ significa predisporsi a favore dell’atto creativo, fare o agire perché questo avvenga. Questo
fa la differenza! La Madonna collabora con Dio al concepimento di Gesù e collabora
consapevolmente e spiritualmente all’opera redentrice dell’umanità ai piedi della Croce.
V.3 Adamo volle fare come Dio, ossia creare la vita indipendentemente da Dio, per sottrarsi a
Dio. E inciampò. Si rese ben presto conto del suo errore vedendo di aver generato un essere
anormale, Caino, che di umano aveva solo ‘la parola’. Per tutto il resto Caino era simile ad una
bestia: il suo aspetto era quello degli ancestri maschi, altezza un metro e dieci, peloso, brachicefalo,
orecchi lunghe e lanceolate che sporgevano in altezza una quindicina di centimetri dal capo, braccia
lunghe fino a metà polpaccio e gambe cortissime, quanto un terzo della sua statura totale, fronte
bassa, mento sfuggente, bocca larga fino alla radice delle mascelle, senza naso e con le fosse nasali
scoperte. Questo ciò che si vedeva. Ma l’anomalia più grave era dentro di lui: intelligenza limitata e
posta a servizio degli istinti non più regolati dalle sapienti leggi del Creatore. Creatura lussuriosa,
invidiosa, frustrata dalla gelosia. Irragionevole e ingovernabile. Questo ed altro abbiamo, in parte
percentuale, dentro di noi perché tutti ora siamo discendenti di Caino. Bel regalo ci ha fatto Adamo!
V.4 Ma il peccato di Adamo non è solo questo, che dopotutto potrebbe essere considerato una
debolezza attenuata dalla mancanza di conoscenza delle sue conseguenze. I peccati più gravi sono
venuti dopo. In breve. Il primo: nell’aver rigettato maliziosamente su Dio la colpa di questa nascita
infausta. Pensava: ‘ho rifatto quello che Tu avevi fatto, Tu mi hai insegnato la via prendendo da me
la vita’. Il versetto 2, 21 della Genesi recita: “Dio mandò ad Adamo un profondo sonno e, mentre
egli dormiva, gli tolse una delle sue costole …”. Questa la traduzione che troviamo sia nella Bibbia
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ebraica che in quelle cristiane. Ma il termine ebraico che significa ‘costola’ ha anche un altro
significato rimasto nell’ombra perché fuori dall’immaginazione dei traduttori e degli esegeti ebraici
e cristiani. Lo stesso termine può voler dire anche ‘ovulo’ o, diremmo meglio noi conoscendo la
biologia, ‘gamete’. Lungi da quella interpretazione, perché mai nessuno aveva previsto la creazione
mediata, il gamete, o spermatozoo, che Dio aveva tolto ad Adamo nel sonno lo unì a quello che Egli
aveva testé creato nel seno della madre-ancestre che doveva fungere da incubatrice, Eva. Dio aveva
fatto avvicinare quella femmina ad Adamo dormiente ed evidentemente Adamo, con somma
intelligenza, quando vide la Neonata comprese che era sua figlia. Da quel concepimento umanodivino (Dio e Adamo) nacque la Donna. Dunque Adamo si illuse di poter fare altrettanto volendo,
anche in questo caso, imitare Dio.
Il secondo peccato: nell’aver nuovamente imputato a Dio una sua colpa: la colpa di non aver
protetto Abele da Caino, benché Abele fosse un Figlio puro di Dio. E da lì partì l’odio sviscerato per
Dio e per Caino.
Il terzo: la sua vendetta contro Dio nel non concederGli altri Figli. Prendiamoli ora in esame.
(Queste colpe fanno specchio alle tre cadute riparatrici di Gesù sotto il peso della Croce).
V.5 La disobbedienza ha provocato la nascita di Caino, un essere decisamente inferiore
rispetto alla creazione diretta di Dio. Ma poiché Dio non rinnega mai Se stesso, ha riconosciuto la
dignità di Caino, in quanto partecipe, per via di trasmissione, della vita che Egli aveva donato ad
Adamo.
Caino è un essere anomalo … e non solo ritardato, che manifesta anche impulsi sessuali
sfrenati e deviati. Si accoppia per libidine.
Adamo, abbiamo visto, non si è accoppiato con l’Ancestre per impulso sessuale, ma per
deliberata intenzione creativa autonoma. Con quell’atto Adamo è già responsabile perché agisce
senza il consenso divino, anzi, contro la volontà di Dio. Caino è la conseguenza diretta della sua
disubbidienza. La delusione viene tacitata dall’attesa che la sua futura legittima sposa cresca.
Tuttavia non scaccia Caino, lo nutre e lo alleva, ma non lo tiene presso di sé, né lo manda a vivere
con gli altri ancestri: gli costruisce un casolare ai piedi della sua abitazione, dal quale però non può
accedere ai livelli superiori, dove abitano Adamo con la Donna e Abele, se non gli viene calata la
scala a pioli. Forse pensa di fare di lui uno schiavo più intelligente, a mezza strada con gli altri
ancestri. Né più né meno di quanto è successo nei secoli scorsi in America fra proprietari terrieri e
sorveglianti mulatti, spesso figli illegittimi dello stesso padrone, a metà strada fra padroni e schiavi
negri. Tutti uomini di fronte a Dio con pari dignità, ma non per quei proprietari terrieri. La storia,
purtroppo, qualche volta si ripete.
Ma le cose non vanno secondo le previsioni di Adamo. Caino, il figlio avuto senza il consenso
di Dio, in preda all’istinto animalesco gli uccide il Figlio puro e legittimo, Abele. Chi ha ucciso
Abele? Materialmente e irresponsabilmente Caino, indirettamente e responsabilmente Adamo. Ma
lui, evidentemente, non riconosce la sua colpa né la sua responsabilità. Nella sua impenitenza si
arrabbia contro Dio e qui sta la sua condanna. Nel pensiero di Adamo, Dio ha preferito Caino ad
Abele perché ha lasciato che le cose andassero in quel modo. Tuttavia non uccide Caino.
E come manifesta Adamo la sua collera? Cercando di punire Dio stesso nel Suo attributo
creativo, negandogli la Sua caratteristica fondamentale, quella di poter partecipare alla creazione di
altri Suoi Figli. E Dio ha aggirato l’ostacolo, anche senza Adamo. Vedi come nel testo della Genesi
ricevuta da don Guido. Quindi l’odio e il desiderio di vendetta contro Dio cresce e cresce anche
contro la Donna che invece accetta la sofferenza per la morte di Abele e si rende disponibile al
nuovo progetto di Dio.
VI. Il recupero dell’umanità
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VI.1
Una volta cacciato Caino in seguito alla morte di Abele, Caino si unisce a Eva,
l’Ancestre bianca e glabra, sua madre, dalla quale avrà una sua discendenza.
È facile supporre che il propagarsi dell’ibridazione non sia avvenuto in modo graduale e
costante, ma che abbia subito delle accelerazioni alternate da periodi di contenimento. La Bibbia
stessa ci dice che alcune femmine di questa discendenza ibrida, quella dei figli degli uomini,
somaticamente più riconducibili alle caratteristiche di Adamo, si sono accoppiate, nel tempo, con i
discendenti della stirpe pura quando, come dice la Genesi mosaica (Gn.6,1), ‘i Figli di Dio videro
che alcune delle figlie degli uomini erano belle e le presero in mogli’. Il risultato di queste unioni fu
disastroso per i Figli di Dio che misero al mondo una prole geneticamente corrotta che in seguito,
certamente, si ribellò ai padri iniziando a concupire e a rapire le Donne dei Figli di Dio, accelerando
così la corruzione genetica. Forse è in questo contesto che va ricondotto il peccato di Lamech, quel
Lamech discendente di Caino (Gn. 4, 19) che prese in moglie Ada e Sella, forse Figlie di Dio, e che
fu maledetto da loro. Ma dal punto di vista dell’ibridazione, più crescevano le unioni miste e più si
attenuavano i caratteri ancestrali degli ibridi, mentre si assottigliava il numero dei Figli di Dio
rimasti geneticamente puri, fino a scomparire totalmente con la morte di Noè.
E con Noè … il Diluvio. Finisce un’epoca geologica e antropologica: tutti gli ibridi discendenti
esclusivamente da Adamo ed Eva scomparvero, ma scomparvero anche i discendenti ibridi dei Figli
di Dio ai quali sopravvissero solo i figli, anch’essi ibridi, di Noè che dovette giocoforza sposare una
donna ibrida.
Possiamo datare il Diluvio genesiaco? È assai difficile. Si possono fare solo delle supposizioni.
Partiamo come punto di riferimento dall’idea che l’uomo è presente sulla terra da 50 milioni d’anni
e la sua comparsa avvenne come conclusione dell’epoca della creazione dei grandi mammiferi.
Sebbene si sia perduta ogni traccia della sua più lontana esistenza perché la specie umana si è
inabissata quasi subito nell’ibridazione, sappiamo per rivelazione a Mosè che solo dopo il Diluvio è
iniziata la distinzione delle razze. Va da sé che il Diluvio biblico potrebbe risalire a diversi milioni
di anni fa. Perciò il racconto del Diluvio universale è una conoscenza che ci può giungere solo ‘per
rivelazione’ e non per tradizione orale. Quindi il grande Diluvio della Genesi non è riconducibile ad
uno dei tanti diluvi, o alluvioni, occorsi nei millenni più vicini a noi che la storia e le leggende ci
raccontano.
VI.2 Nelle epopee sumere, ad esempio, si ritrovano molti particolari descritti nella Genesi
mosaica, come la storia del serpente, del frutto proibito, del diluvio, dell’arca, della colomba…. Ma
poiché queste epopee, ad esempio quella di Gilgamesh, risalgono a tempi molto più antichi della
Genesi mosaica e la Genesi mosaica rispecchia quella di don Guido, è da supporre che a monte,
ossia molto tempo prima di Mosè, vi sia stata un’altra rivelazione divina analoga, mal compresa e
alterata nel tempo. Quella, poi, si sarebbe intrecciata con i racconti della tradizione locale sumera
che raccontavano di alluvioni catastrofiche di quelle terre. Così le due tradizioni, quella di origine
divina e quella delle alluvioni sumere, si sarebbero fuse in un’unica tradizione orale che divenne il
cuore della cultura sumera. Quest’ultima, infine, sarebbe stata l’ispiratrice di quei poemi.
Fu questo l’equivoco che indusse molti studiosi a ritenere che la Genesi mosaica si fosse
ispirata ai miti sumeri e non piuttosto che anch’essi abbiano avuto una lontanissima sorgente di
notizie di matrice divina, deformata con il passare del tempo e trasmessa a noi sotto forma di mito.
L’ipotesi che ci sia stata un’antichissima rivelazione sulla Genesi che precede quella di Mosè ce
la suggerisce non solo la presenza di temi circostanziati nella tradizione sumera sul Diluvio, ma
anche un brano della Genesi mosaica (14, 18-20) che ci parla della conoscenza, già prima di
Abramo, di un solo Dio Creatore del cielo e della terra e che recita così: ‘Ma Melchisedech, re di
Salem, messo fuori del pane e del vino, poiché egli era sacerdote di Dio altissimo, benedisse
Abramo dicendo: “Benedetto (sia tu) Abramo dal Dio altissimo che creò il cielo e la terra e
benedetto Dio altissimo per la cui protezione i tuoi nemici sono stati dati in tuo potere”. E Abramo
gli diede le decime di tutte le cose’. Se dunque Melchisedech, re di Salem al tempo di Abramo e
sacerdote dell’unico vero Dio, riconosciuto nel Vangelo anche come prefigurazione di Gesù, è a
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conoscenza dell’Unico vero Dio, è evidente che la verità rivelata ha inizio prima di Abramo e che al
suo arrivo in terra di Salem esisteva già una fede nel vero Dio.
Quindi anche l’origine del genere umano può esser stata resa nota a quel popolo da una
rivelazione più antica di quella di Mosè e passata per osmosi al popolo sumero. E questo
spiegherebbe perché certi temi si ritrovino nelle epopee sumere. Non è una coincidenza, ma una
prova: la loro origine non sta nella leggenda, ma nella rivelazione.
Così tali temi, all’inizio tramandati oralmente, uniti successivamente ai racconti della varie
catastrofi alluvionali della Mesopotamia, presero corpo in un’unica serie di miti che, con
l’invenzione della scrittura cuneiforme, giunsero a noi nelle epopee attraverso le famose tavolette
sumere.
Ecco perché il racconto del Diluvio biblico non va confuso con le tradizionali alluvioni che
colpirono a più riprese la Terra dei due Fiumi, ma va di gran lunga retrodatato.
Il Diluvio biblico ci rivela invece un fatto straordinario e inedito: un nuovo inizio dell’umanità
e l’inizio anche della differenzazione delle razze.
La Genesi mosaica ci fa conoscere, in ultima analisi, non solo la monogenesi della specie pura,
ma anche la ‘monogenesi della specie umana ibrida’ che ha per capostipite Noè. Con Noè parte una
nuova discendenza ibrida, ma con toni più attenuati, alla quale apparteniamo tutti noi.
VI.3 La stirpe pura dei Figli di Dio, quella rimasta per lungo tempo esente dalla
contaminazione ma destinata anch’essa a perdere i pezzi lungo il cammino per il crescere delle
unioni miste, si perpetuò fino a Noè per perdersi in quella ibrida quando Noè, rimasto unico ed
ultimo Figlio puro di Dio, dovette necessariamente prendere in moglie una figlia degli uomini. Da
quell’unica famiglia partì, per rivelazione a Mosè, la distinzione delle razze allegoricamente
ricondotte ai figli di Noè. Le loro differenzazioni avvenute nel tempo trovano una ragione biologica
nell’ibridazione perché le possibilità delle varianti sono praticamente infinite e, per il principio che
ogni simile cerca il proprio simile, gli individui con caratteri affini finirono per coaugularsi in
gruppi più omogenei. Con il passare del tempo i gruppi si allontanarono gli uni dagli altri
accentuando sempre più le loro diversità sia per ragioni genetiche che per influenze ambientali.
Proprio la distinzione delle razze è prova dell’ibridazione.
L’ambiente, come causa prima, non sarebbe stato sufficiente a determinare le diversità.
VI.4 Qualche ulteriore considerazione. Grazie alla moglie di Noè, in noi scorre il sangue di
Adamo e di Eva; grazie a Noè in noi scorre il sangue di Adamo e della Donna, la Donna della
promessa (Gn. 3,15). Tutti, dunque, portiamo, in percentuali diverse, geni di Adamo, di Eva e della
Donna. Quest’ultima è per noi ragione di speranza, perché sarà lei ad avere il sopravvento sul
serpente antico, la corruzione del genere umano.
Altra considerazione: se con il Diluvio Dio ha operato una selezione in ragione alla purezza
psicofisica, da allora in poi Egli ha operato varie selezioni anche di natura spirituale, vedi ad
esempio Sodoma e Gomorra. La prossima selezione sarà esclusivamente su base spirituale.
Da quel momento, inoltre, è iniziato il recupero genetico della specie umana corrotta. Come?
Attraverso la creazione di nuovi gameti nel seno di donne sterili. Ossia, Dio creò in alcune donne
sterili degli ovuli umani perfetti in grado di essere fecondati dagli spermatozoi ibridi dei loro mariti.
Così, ad ogni intervento divino avveniva un salto di perfezione che dimezzava il grado di
ibridazione del patrimonio genetico del nuovo nato, come ad esempio in Isacco, in Samuele, nel
Battista… Ovviamente questi interventi dovettero essere infiniti affinché il miglioramento prodotto
non si disperdesse nella massa della popolazione. Se in una bottiglia abbiamo per ipotesi acqua e
vino rosso in parti uguali, e volessimo schiarirlo immettendo singole gocce di acqua, proviamo ad
immaginare quante gocce di acqua ci vorrebbero perché il colore si attenui! Molte di più della
somma delle gocce del vino esistente.
Il risultato più evidente di questa bonifica genetica fu la crescita della capacità di intendere e di
volere in previsione dell’attesa della Parola.
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VII. L’odio di Satana
VII.1 Fin qui, a grandi linee, il succo della storia dell’umanità. Ovviamente, tutto questo ha
una serie di conseguenze da un punto di vista biologico-scientifico ed altre di carattere spiritualeteologico. Ed è su queste, paradossalmente, che si pongono le questioni più scottanti.
La Tradizione ci racconta che un probabile motivo di ribellione di Lucifero fu l’aver conosciuto
da Dio stesso il Suo progetto per un futuro recupero dell’umanità decaduta perché Dio avrebbe
inviato nella pienezza dei tempi, cioè quando l’umanità fosse stata sufficientemente in grado di
intendere e di volere, il Salvatore.
Probabilmente fin dalla morte di Abele, Dio ha informato Adamo d’aver programmato il
recupero della discendenza di Caino e della futura Redenzione per mezzo del Salvatore. In pratica,
gli ha vietato di uccidere Caino.
Adamo era trinitario: composto esistenzialmente (cioè in maniera esistenziale, ossia
inscindibile) di corpo (la componente materiale), di anima o psiche ( di ragione e sentimento) e di
Spirito (la componente divina).
Anche Lucifero secondo la Tradizione non volle accettare la creazione dell’uomo decaduto a
cui Dio aveva tolto la componente spirituale. Era come dicesse: “Che te ne fai di tutta questa
materia? Ci siamo noi che siamo puri Spiriti! La materia è spiritualmente inerte, inutile, bassa,
sporca”.
Similmente, dalla rivelazione fatta a don Guido sappiamo che, dopo la morte di Abele, Adamo
si arrabbia perché Abele non è stato protetto da Dio e non è stata impedita la sua uccisione. Forse
non si arrabbia soltanto perché Abele è morto, ma per il suo orgoglio ferito. Infatti, don Guido non
lo vede accanto alla madre che veglia sul figlio morto, ma nell’ira e nel gesto di spregio contro Dio
e nel suo proposito di vendetta: non Ti concederò altri Figli. Si arrabbia perché Caino, che
appartiene ad una stirpe inferiore, ha osato alzare la mano su un membro della stirpe superiore,
Abele, e Dio lo ha permesso.
Perché allora Adamo non si alza nel momento del pericolo di Abele? È stanco … non ha voglia
… delega la Donna. Non si alza e non si preoccupa perché pensa che nessuno oserà mai alzare la
mano contro la sua stirpe, la stirpe del padrone, il Capo degli Esseri viventi.
Ma Caino ha ereditato lo spirito di indipendenza del padre e gli istinti del regno animale. Non è
del tutto responsabile perché non comprende la gravità di quello che fa. Gesù sulla Croce prega
dicendo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Abele è ucciso da Caino, Gesù
è ucciso dai Cainiti. Ma attenzione: se allora Gesù pregava il Padre di perdonarci perché non
sapevamo quello che facevamo, ora lo sappiamo perché Lui è venuto a darci la Verità, a donarci (se
lo vogliamo) la Vita dello Spirito e ad indicarci la Via della felicità eterna.
Adamo si arrabbia, dunque, perché Dio non si è schierato dalla sua parte e, oltretutto, perché ha
protetto Caino impedendo che venga ucciso, mettendolo direttamente sotto la Sua autorità. Come?
Avendogli dato la parola. La parola è indice che Caino è ‘uomo’. Dio ha chiarito così che non
sarebbe stato lui, Adamo, a poter disporre della vita di Caino. E ora, che ha perduto i diritti-doveri
della primogenitura, non è neppure più il mediatore tra Dio e l’uomo. Lo sarà il Suo Verbo, il
Cristo, perché a quel punto la Redenzione era già prevista. Con la Sua Parola Gesù avrebbe donato
la ‘Parola di Dio’ all’umanità, rendendola partecipe di Sè. In altre parole, Dio ha tolto ad Adamo la
supremazia su Caino togliendogli il potere di morte su di lui. Adamo rimane tagliato fuori dalla sua
giurisdizione. Ad Adamo non resta altro potere che indurre Caino e i suoi discendenti alla ribellione
verso Dio affinché se ne allontanino e si distruggano da soli.
VII.2 Abbiamo visto quali sono state le prove e le cadute di Adamo; ora torniamo indietro e
vediamo quale è stata, secondo la Tradizione, la prova degli Angeli. Con la creazione dell’uomo,
essi dovettero accettare che Dio togliesse loro la primogenitura, la supremazia sugli esseri inferiori:
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dovettero accettare di dover condividere il potere con esseri indubbiamente inferiori, ma innalzati a
pari dignità. Dopo la caduta dell’uomo, conobbero il progetto di Dio circa la redenzione sua e della
sua progenie decaduta. Non tutti accettarono che Cristo dovesse elevarli a figli adottivi di Dio. Alla
richiesta di Dio della loro attiva compartecipazione al loro soccorso dichiararono: “Non serviam”.
Orgoglio smisurato, gelosia, invidia, egoismo, auto compiacenza, autodeterminazione e non
sottomissione a Dio. Questi i loro limiti.
Vista la grande somiglianza fra la storia che secondo la Tradizione si racconta sulla caduta degli
Angeli e la storia di Adamo e dei Figli di Dio secondo la rivelazione avuta da don Guido, tutto fa
pensare che l’equivoco di considerarli esseri squisitamente celesti sia nato ancora ai tempi dei
Settanta. La sostituzione del loro nome ha sicuramente influito a confondere le idee: da allora nella
stessa Tradizione ‘fu scambiata la loro funzione con la loro natura’ per cui gli Angeli vennero
sempre più considerati come esseri puramente celesti, creati da Dio come soggetti formati di solo
Spirito.
Spesso Gesù nei dettati alla Valtorta chiama i Figli di Dio ‘Angeli’, mettendo in evidenza la
loro funzione più che la loro identità. Non spiega chi sono. Li mostra soltanto nel loro agire. Se ora,
che conosciamo la loro vera identità, riprendiamo quegli stessi brani, scopriamo che i racconti su
quelli che vengono chiamati Angeli si adattano perfettamente alla storia di Adamo e dei suoi
discendenti ribelli che si comportarono come lui. Gesù non li chiamò Figli di Dio perché non
avrebbe potuto anticipare alla Valtorta o ad altri veggenti frammenti di verità prima di aver dato una
rivelazione sistematica ed esaustiva su di loro come fece con don Guido.
VII.3 Torniamo nuovamente ad Adamo. Dopo la morte di Abele, Dio gli toglie la supremazia
su Caino, quindi ha sottratto Caino alla sua voglia di vendetta. Infatti Adamo non uccide Caino:
obbedienza che va a suo favore. Inoltre, Adamo non può accettare soprattutto l’idea della promessa
che la sua stirpe bastarda venga redenta e innalzata a pari dignità. Perché ora sa che il Cristo
avrebbe dovuto a suo tempo riconquistare la ‘paternità di Dio’ sugli uomini ibridi e illegittimi,
dando a coloro che avessero creduto la possibilità di diventare ‘figli adottivi di Dio’. Adamo non
accetta di condividere d’ora in avanti il suo destino con Caino. Anche lui dice: “Non serviam”.
VII.4 Questa identificazione, già di per sé sconvolgente, non è niente se raffrontata alla
conseguenza immediatamente successiva: cioè che noi, la nostra stirpe, discendiamo sì da Caino,
ma prima ancora da Lucifero, ovvero da Satana. Anzi, siamo noi stessi la conseguenza del peccato
originale. “Nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre …” recita il
Salmo 50 di re Davide. Non è l’atto generativo compiuto nella legittimità del matrimonio un
peccato, questo è ovvio, ma il fatto che ‘nella colpa (di Adamo), io (sta parlando re Davide) sono
stato generato’ (concepito), e ‘nel peccato (con le tare o anomalie o macchie, chiamate
semplicemente ‘peccato’) mi ha concepito mia madre (che l’Autore intende Eva, la quale, non
essendo della specie umana, gli ha trasmesso i suoi caratteri ancestrali). In altre parole re Davide
dice: ‘per colpa di Adamo sono stato generato con le tare del peccato originale’. Ritroviamo ancora
in questo versetto un genere letterario ermetico.
Anche Gesù nel Vangelo dice: “… voi che avete Satana per padre …”. Gesù, quindi, è venuto
per riconquistare la Paternità di Dio sugli uomini rispetto a quella di Satana. Ma la Paternità Divina
che Gesù ristabilisce non è solo in virtù del fatto che Dio è buono come un padre e che Dio ha
creato tutto e tutti … Certo, è anche questo. Affermare la Paternità Divina vuol dire anzitutto che
Gesù ci toglie l’ascendenza satanica (adamitica) e ci restituisce a Dio. In pratica veniamo ricreati
spiritualmente e fisicamente da Dio, cioè è Dio che decide questa volta di ricrearci, noi e la nostra
specie ibrida. E noi abbiamo l’opportunità di scegliere di essere Suoi, non più reietti figli della
colpa, tanto da essere destinati a condividere lo stesso Paradiso con i Figli primogeniti, i Figli puri,
quelli che vennero chiamati ‘Angeli’. Nella Gloria saremo Figli legittimi come loro …
L’uomo non è in grado di sciogliesi da solo dall’influenza di Satana, più forte di lui, e ha
bisogno della diretta potenza di Cristo o di un suo Vicario. A questo serve il Battesimo e, se il
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Battesimo non basta a far sì che Satana abbandoni la preda, allora si deve ricorrere agli esorcismi.
Se solo gli esorcisti conoscessero l’identità di chi hanno di fronte! Non più uno Spirito ignoto, ma
Adamo e quei suoi Figli che ne hanno condiviso il pensiero e le azioni! Se sapessero …, sarebbero
molto agevolati nella battaglia spirituale!
Il Battesimo non è solo un rito: è molto di più, è un esorcismo, un affrancamento da una
schiavitù spirituale e fisica. La domanda: “Rinunci a Satana?” è solo l’inizio di un cammino che si
protrarrà per tutta la vita. È un seme che inizia un periodo di gestazione, è un germe di Vita
(spirituale) che deve venire alla luce. È solo una caparra di salvezza. La Vita spirituale inizia sì con
il Battesimo, ma cresce con la ragione e i Sacramenti sono i mezzi per richiamare e ottenere la
Grazia di Dio.
Il Vangelo è intessuto di episodi nei quali Gesù compie opere di liberazione da Satana, termine
onnicomprensivo che indica Lucifero e dei suoi seguaci. Ne cito solo alcuni di questi passi: Matteo
4,24; 9,32; 12,22; 15,21; Marco 1, 23-26; 1, 32-34; 6,13; 16,17; Luca 2,21; 8,2; 10,17 e altri ancora.
VII.5 Gesù ci rivela il volto misericordioso di Dio-Padre e ci insegna a chiamarLo Padre: ci
insegna la preghiera del Padre Nostro affinché noi affermiamo dentro e fuori noi stessi che Dio, e
non Satana, è nostro Padre amorevole e Creatore.
La Misericordia di Dio ci ha tenuto nascosto questo segreto per non farci disperare finché
venisse Gesù a redimerci.
Ecco perché Satana ci odia: non ci può odiare solo perché noi siamo stati pro-creati da lui e a
causa della nostra procreazione lui si è dannato. Gli ricordiamo sempre la sua dannazione. Ci odia
perché noi eravamo suoi e ora siamo di Dio perché Dio gli ha tolto la progenie che egli aveva
progettato illecitamente per sé e l’ha resa Sua, perché la vita che Dio ha riconosciuto a Caino è Sua
e solo Sua. Dio non rinnega Se stesso. Dio, e solo Lui, riesce a scrivere dritto sulle righe storte.
Con la Redenzione si spezza una ascendenza fisica e spirituale. Insomma, il Sacrificio di Cristo
non fu solo per riparare e rimediare con la Sua Morte in Croce ad un guaio che il primo Uomo
aveva compiuto, ma per rimediare la natura stessa dell’uomo, ricreandola con il Suo Sangue e la
Sua Carne e ridonarle la Vita Eterna. Gesù, nella Sua infinita umiltà, quale elemento ha scelto per
rimanere con noi fino alla fine dei tempi? In che cosa si è transustanziato? In materia inerte, bassa,
umile: un po’ di pane e acqua mescolati, un po’ di succo d’uva fermentato … E questa materia
transustanziata viene metabolizzata dalla nostra stessa materia, ravviva e rettifica la psiche e
trasmette lo Spirito. Ce ne rendiamo conto? Quale infinita umiltà! Gesù ci viene incontro: con la
Parola per incontrare la nostra mente e il nostro cuore e modificare la psiche; dall’alto con la Sua
Vita dello Spirito per donandoci il Suo Spirito; dal basso con l’Eucarestia per donarci il Suo Corpo
perfetto e guarire il nostro DNA. Miracolo dei miracoli! Ricreazione psicosomatica e rigenerazione
spirituale insieme!
VIII La Donna
VIII.1 La Donna è la Madre naturale e legittima dei Figli di Dio, Figlia, sorella e moglie
legittima di Adamo, Figlia diretta di Dio, il Quale concorse nel suo concepimento con il gamete
femminile, mentre Adamo aveva contribuito con il suo seme, il gamete maschile. È la Figlia
secondogenita del Padre.
Ora, sapendo che la partner di Adamo nel peccato originale non fu la Donna ma la femmina
ancestre bianca e senza pelo, quella che noi chiamiamo Eva, dobbiamo finalmente riconoscere che
la Donna, per la sua estraneità a quel fatto peccaminoso, è del tutto ‘Innocente’, cioè senza colpa
alcuna, oltre che ‘Immacolata’, ossia geneticamente perfetta. Da qui la nostra doverosa sua
riabilitazione.
Inoltre, come tutti i Figli di Dio erano divini, cioè dotati esistenzialmente e inscindibilmente
dello Spirito di Dio, anche e soprattutto la Madre dei Figli di Dio è ‘Divina’.
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Quanti misfatti sono stati perpetrati nei millenni verso le donne perché ritenute in ogni epoca le
cattive ispiratrici dell’uomo! Il più frequente atteggiamento d’infantilismo dell’uomo è il non
assumersi le proprie responsabilità e scaricarle sulla donna.
Oggi la donna, ove ha potuto liberarsi da questo giogo, tende per reazione a sopraffare l’uomo
imitando l’uomo. Non è un comportamento corretto perché la vera sua identità non sta nel diventare
una donna mascolina, ma nell’affermare la sua femminilità, la sua maternità, la sua innata
predisposizione all’accoglienza e all’umiltà, proprio perché ha conosciuto la sofferenza, anche
quella indebita. Il vero modello per la donna può essere solo Maria.
VIII.2 Altra conseguenza imbarazzante per gli uomini: la rivelazione ci porta a riflettere su
quale ruolo abbia avuto la prima Donna in seguito al peccato originale. La primogenitura spirituale
di Adamo gli viene ritirata per indegnità e passa non a Set, ma alla Donna, la secondogenita del
Padre. Come avvenne, per inadeguatezza, fra Esaù e Giacobbe. Non apprezzare i doni di Dio
significa perderli.
La Donna, sempre sottomessa e premurosa verso Adamo, una volta che Adamo rompe i suoi
rapporti con Dio, accoglie autonomamente e direttamente il progetto di Dio superando la barriera di
sottomissione ad Adamo. E Dio fa di lei la futura Madre di tutti i popoli continuando a generare
attraverso di lei altri Figli a Dio fino a Noè. Altra dura prova per Adamo che vide che la Donna,
sempre stata a lui sottomessa, era stata nobilitata da Dio! Da qui l’odio per le donne e in particolare
per la nuova Donna, la Vergine Maria.
La Donna aveva accolto Caino nel nucleo familiare e non ne ha reclamato l’allontanamento
come ad esempio Sara nei confronti di Ismaele e Agar. Isacco, il figlio di Sara, era la prole legittima
e benedetta da Dio nei confronti di Ismaele, cui peraltro Dio destina la stirpe egizia, ma non quella
israelitica che conosce la ‘Parola di Dio’. Così, anche Abele era la prole legittima e benedetta da
Dio.
Perché la Donna è così buona? Perché è buona! Cioè riconosce nella stirpe illegittima di
Adamo l’opera di Dio e la accoglie e la nutre …, nutre la prole illegittima che le causerà tanto
dolore e poi … la ama per amore di Dio. Come Maria, anche sotto la Croce. Di qui la loro umiltà:
accettare il dolore nella fede in Dio e per amore di Dio. Di qui il “Serviam” della Donna, come il
“Serviam” di Maria all’Angelo e sotto la Croce.
Fu dunque la Donna a portare avanti il progetto di Dio dopo che Adamo aveva rifiutato di dare
a Dio altri Figli. La Madre naturale dei Figli di Dio diventa a sua volta ‘la Portatrice della Luce di
Dio’ e per loro, quelli buoni, punto di riferimento e Mediatrice presso Dio.
Adamo diventa, invece, il punto di riferimento dei Figli ribelli, gli Adamiti impenitenti che
ripeterono il suo peccato. Il versetto di Mosè (Gn. 6,4) “E Dio si pentì d’aver fatto l’uomo sulla
terra” (Genesi 6,6) è riferito al comportamento di Adamo e dei suoi seguaci, i Demòni, non alla
Donna.
La Genesi continua al versetto 6,7: E (Dio), preso da intimo dolor di cuore, disse: “Sterminerò
dalla faccia della terra l’uomo che ho creato, dall’uomo fino agli animali, dai rettili fino agli
uccelli dell’aria: perocché mi pento d’averli fatti”.
Nulla ci vieta di pensare che sia stato proprio il comportamento della Donna a trattenere Dio
dal cancellare l’Uomo e la sua discendenza, legittima e illegittima, dalla faccia della terra e a farGli
progettare, invece, il recupero della discendenza ibrida, diseredata dei doni dello Spirito Santo,
primo fra i quali lo Spirito.
Lo Spirito di Dio, ‘l’anima dell’anima’ come lo definì Gesù nell’opera ‘Lettetra ai Romani’
della Valtorta, la scheggia di divinità che Dio aveva infuso nei Suoi Figli legittimi e ritirata dai nati
ibridi, dai figli illegittimi dell’Uomo, i Cainiti perché inadatti per la loro animalità ad accoglierla,
verrà riconsegnata all’umanità rigenerata con la Redenzione.
Ciò che salvò la situazione e il buon rapporto con Dio fu dunque la Donna, sempre umile e
sottomessa non solo a Dio, ma anche al padre-marito-padrone, orbata del suo piccolo Abele il
giorno stesso della nascita di Set, rimasta sempre aperta e confidente verso Dio.
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VIII.3 Ritorniamo alla Genesi mosaica. I versetti ermetici cap. 3,14-15 ora sono diventati
chiarissimi. Dio dice: “porrò inimicizia fra te (serpente) e la donna e fra ‘il tuo seme’(la tua
discendenza) e il seme di lei (la discendenza della donna). Essa (la donna) ti schiaccerà la testa, e
tu (serpente) le insidierai il calcagno”. (Gn. 3,15). Tradotto in linguaggio odierno potremmo dire:
“Io, Dio, metterò una barriera insormontabile fra Eva e la Donna, fra la discendenza illegittima di
Eva e quella legittima della Donna”. La barriera che Dio ha posto non è stata nell’impedire
l’ibridazione, ma nell’impossibilità di passare dalla condizione di discendenza illegittima a quella
legittima con le sole forze umane. Solo Dio può compiere questo miracolo e lo attuerà con la
Redenzione rendendoci ‘Suoi figli adottivi’ in Gesù e Maria. I discendenti naturali della Donna
sono i Figli legittimi, ma qui si parla di discendenza spirituale. La figliolanza spirituale della Donna
va riferita a Gesù, vero Figlio di Dio e Nuovo Adamo, e a Maria, la nuova Donna, anch’Ella Figlia
legittima di Dio, “la Madre secondo lo Spirito di tutti i redenti” (vedi § 8). Con la Loro obbedienza,
il Loro Sacrificio e la Redenzione, perché Maria con il suo ‘Serviam’ è Corredentrice, riporteranno i
discendenti di Caino ad essere riammessi nella figliolanza di Dio dando loro il Loro Spirito.
Abbiamo così un Padre spirituale in Gesù e una Madre spirituale in Maria.
Notiamo che in questo processo Adamo resta fuori dal gioco. Può solo cercare di crear disturbo
poiché tutto è già stato decretato.
La Donna, dunque, è destinata a vincere la battaglia spirituale attraverso Gesù e Maria, ma non
solo. Dio, con un nuovo intervento creatore, rimuoverà alla fine anche le tare psicofisiche e gli
istinti che hanno esiliato i figli degli uomini dal Regno dello Spirito. Li renderà nuovamente idonei
a ricevere lo Spirito perché, con l’ibridazione, entrambe le due stirpi di Adamo sono rimaste alla
fine contaminate.
Ora le porte al mondo soprannaturale sono riaperte per coloro che accolgono e accoglieranno la
Sua Parola. Seguirà, poi, anche la ricostruzione psicofisica dell’uomo nella sua integrità, riportando
l’umanità verso l’originaria perfezione. È una promessa.
Tutto questo qui sulla terra e in tempi non lontani. La frase “la donna ti schiaccerà la testa”
significa che anche i pregiudizi dell’ibridazione, cioè le tare ereditarie, sono destinati a scomparire.
IX. Maria
IX.1 Maria, la Nuova Donna (e non chiamiamola più la nuova Eva come quando si credeva
che Eva fosse una donna), proseguirà il ruolo della prima Donna e diventerà con il Suo ‘Serviam’
assieme a Gesù, strumento salvifico nelle Mani di Dio.
Quella Maria, che il 12 aprile 1947 alle Tre Fontane a Roma apparve a Bruno Cornacchiola e
che disse di Se stessa: “Io sono colei che sono nella Trinità Divina; Io sono la Vergine della
Rivelazione”, è la stessa Maria che introdusse la rivelazione a don Guido, ‘la rivelazione dei Figli di
Dio’ preannunciata da S. Paolo. Scrive S. Paolo nella Lettera ai Romani, cap. 8, 19-23: “… la
creazione stessa aspetta con impazienza la rivelazione dei ‘Figli di Dio’; essa infatti è stata
sottomessa alla caducità, non per Suo volere (non per volere di Dio), ma per volere di colui (Adamo)
che l’ha sottomessa e nutre pure lei la speranza di essere liberata dalla schiavitù della corruzione
per entrare nella Gloria dei Figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre
fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi che possediamo le primizie
dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli (di Dio) e la redenzione (cioè la
guarigione e la ricostruzione sul modello originario del Campione, o prototipo, Adamo) del loro corpo”; quella
Maria è la stessa Maria che concluse la rivelazione a don Guido inneggiando a Dio per la Sua
Misericordia. Da qui comprendiamo quanto è grande e quanto è importante questa rivelazione!
IX.2 Inoltre, se Maria nel 1858 si è autodefinita a Bernadette ‘l’Immacolata Concezione’, ha
rivelato che Ella è rimasta esente dai pregiudizi del peccato originale, primo fra tutti dalla perdita
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dello Spirito di Dio. Ella è perciò trinitaria fin dall’inizio perché esistenzialmente e
indissolubilmente composta di corpo, anima e Spirito come tutti i Figli di Dio, geneticamente puri,
delle originarie generazioni. Ella perciò non fu concepita da Gioacchino e Anna: non fu
biologicamente figlia di Anna, la quale prestò solo il suo grembo a Dio come madre-in-affitto, ma è
in tutto nuova creazione. Maria fu concepita direttamente da Dio come lo era stato a suo tempo
Adamo. Con Maria inizia una nuova discendenza di Dio, quella naturale dando alla luce Gesù, vero
Figlio di Maria e di Dio, e quella spirituale, divenendo la Madre secondo lo Spirito di tutti i redenti
(e non dice ‘di tutti gli uomini’). Perciò Maria, in quanto trinitaria, appartiene alla stessa stirpe dei
Figli Divini di Dio, motivo per cui è anch’Ella Divina. È una conseguenza logica.
IX.3 Infine Ella ha contribuito con il Suo ‘sì’, il Suo “Serviam” insieme a Gesù alla
Redenzione: perciò è anche Corredentrice. Ciò significa che Gesù e Maria ci generano
simultaneamente nella nascita spirituale.
S. Luigi da Monfort nel ‘Trattato della vera devozione a Maria’ al n. 30 dice: “Come nella
generazione naturale e fisica c’è un padre ed una madre, così nella generazione soprannaturale e
spirituale c’è un Padre che è Dio (Gesù) e una Madre che è Maria. Tutti i figli di Dio e predestinati
hanno Dio per Padre e Maria per Madre; e chi non ha Maria per Madre non ha Dio per Padre”.
X Chi come Dio?
X.1 Ritornando alla visione di don Guido, abbiamo visto come la prova per Adamo e per i
così detti Angeli sia consistita nell’aver o meno accettato di accompagnare Caino, cioè l’uomo
decaduto, nel lungo percorso di affrancamento dalla natura più ancestrale e animalesca verso una
lenta e parziale rievoluzione umana. Infatti, la serie di visioni di don Guido terminano con un
ultimo quadro in cui un Gigante, presumibilmente molto buono, fa da guida, da maestro, ad un
gruppo di discendenti di Caino, simili ad ominidi, ma che in realtà sono uomini per l’uso della
parola. Hanno uno sguardo umano, le fattezze fisionometriche più umanizzate degli ancestri puri,
come un abbozzo di naso, e un ingegno coordinato che dimostrano nell’affilare i pali.
Quindi si desume che alcuni Figli puri hanno acconsentito a degradarsi, per così dire,
accettando di custodire, accompagnare e guidare l’umanità secondo il Progetto Divino di Salvezza
umiliandosi fino a considerare Caino e i suoi discendenti come uomini. In un certo senso,
servendoli e aiutandoli li hanno riconosciuti creature superiori ad un animale, creature riconosciute
‘uomini’ da Dio stesso (vedi § 233). In questo senso, Michele potrebbe essere il capostipite di
coloro che hanno accettato l’intenzione di Dio. Forse, chissà, potrebbe essere lo stesso Gigante che
abbiamo visto nella sua opera di assistenza.
Se posso osare un paragone molto azzardato e neanche troppo bello, è come quando i genitori
accettano un figlio molto menomato e di fattezze orribili e si mettono a suo servizio dedicandogli la
propria vita personale e familiare, le proprie energie, le risorse economiche e tutto il loro tempo.
Quanti genitori ho visto impostare la loro vita faticosa e difficile in favore di un figlio sfortunato per
agevolargli il più possibile l’esistenza e fargli conquistare piccoli traguardi che, invece, i figli
normali raggiungono, anche se a loro volta guidati, in così breve tempo e con tanta naturalezza!
Questi genitori lo fanno per solo amore e in ossequio a Dio perché umilmente riconoscono in
quell’essere sgraziato, o ritardato, o menomato l’opera di Dio e non la disprezzano o la rifiutano con
l’aborto o l’abbandono. Alcuni invece dicono: “Non posso rovinarmi la vita”, o: “È crudele dare la
vita ad un infelice, è crudele nei suoi confronti…”, o: “Verranno altri figli perfetti e belli. Non è
giusto dare spazio a questo e non a loro”. Più o meno deve essere stato così per i Puri: accettare
Caino come membro menomato della famiglia, come ha fatto la Donna, e accettarlo comunque
‘come famiglia’, in ossequio a Dio. Perché Dio fa bene tutte le cose e sa anche come far scaturire il
Bene da un male.
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La vera umiltà è riconoscere a Dio il primato sulla Sua Creazione: Tu Creatore, io creatura. Ma
alcuni non hanno voluto capire che essi stessi erano Creazione ed hanno continuato a ibridarsi per
cercare, nel loro progetto, di ‘creare un regno indipendente da Dio’, un regno creato ma senza
Creatore, un regno da loro ‘autocreato’, autogenerato senza bisogno dell’Autore della Vita…
Ora, anch’essi erano geneticamente puri e perciò con una conoscenza illuminata dalla Luce di
Dio, tuttavia hanno influito ulterormente sulla caduta dell’umanità. (vedi Gn.6,1).
Altri invece hanno guidato l’uomo secondo il Disegno divino.
Fino a quando sarà durata questa prova? Tanto, penso, migliaia e migliaia di anni e certamente
avrà avuto alti e bassi: ci saranno stati periodi di maggior ibridazione, e di conseguenza di maggior
interferenza dei Cainiti sulla società pura, con attacchi, rapine, rapimenti, sabotaggi, perché votati
alla fame per incapacità ad autosostentarsi, ed altri di più sicura guida e stabilità.
L’involuzione dei Cainiti fu tale che per il loro aspetto si mimetizzarono fra gli animali facendo
sì che gli antropologi scambiassero i loro fossili per quelli di ominidi. Il versetto 3,8 “Adamo e sua
moglie (in questo caso Eva, l’ancestre: ossia tutta la discendenza ibrida) si nascosero in mezzo agli alberi del
paradiso” si potrebbe intendere, con una libera interpretazione: la stirpe ibrida di Adamo si
mimetizzò fra gli ‘alberi genealogici’ della terra, ossia fra le altre specie animali, tanto il suo aspetto
era animalesco.
È stata una prova lunga, lunghissima, senza termine nel tempo nel vero senso della parola,
perché i Puri non sapevano quanto sarebbe durata… La fase più drammatica finì probabilmente con
il diluvio universale, quando ormai i Puri con Noè, ultimo Figlio di Dio, si erano estinti e la terra
rimase preda di ibridi contro altri ibridi.
X.2 Con la ri-evoluzione pilotata da Dio, si presume che il Signore abbia mandato dei saggi, i
Suoi Angeli, i Figli di Dio saliti al Cielo e glorificati, a tutti i popoli della terra con la missione di
accompagnare l’umanità verso lo stato necessario per poter ‘invocare Dio’.
Da un certo momento, poi, il Signore cominciò a palesarsi dichiarandosi all’uomo attraverso la
voce dei profeti e facendosi chiamare per Nome. Si è presentato, si è fatto conoscere sempre più e
sempre più, fino a manifestarsi totalmente nel Figlio Suo che ci ha ri-generati con la Grazia dello
Spirito e ci ha finalmente donato la dignità di figli adottivi di Dio.
Anche in questa fase gli Angeli sono stati presenti e hanno operato e contribuito a recuperare la
Sua stirpe malformata per restituirGliela migliorata, perché fosse pronta a capire il concetto di Dio.
Questi Angeli hanno scelto di starci a fianco, ora fisicamente sotto sembianze umane, vedi S.
Raffaele, e ora invece solo spiritualmente, come gli Angeli Custodi.
Gli altri, invece, sono stati precipitati, si fa per dire, nella loro solitudine, sono stati lasciati nel
loro orgoglio.
X.3 Chiamare gli Angeli in altrui e in proprio soccorso è una grande grazia che il Signore ci
ha dato. In un recente esorcismo il Demonio ha ammesso che è una grande sciagura per noi non
invocare più, specie in questo periodo di lassismo spirituale, l’aiuto degli Angeli e in particolare
quello dell’Angelo Custode. In una serie di messaggi la Madonna ha chiesto di avere molta
devozione per il proprio Angelo Custode, il cui aiuto amorevole noi conosceremo solo dopo la
morte fisica, quando saremo passati dall’altra parte della vita. Solo allora vedremo quanto ci ha
amato: ben più della più amorevole delle madri sulla terra. Ha anche chiesto di avere devozione per
tutti gli Angeli, soprattutto per i tre Arcangeli e di recitare sempre l’Angelo di Dio dopo l’Angelus.
L’Angelo Custode non ci abbandona mai, neanche in Purgatorio. È il nostro ‘spirito-guida’.
X.4 Una parola su S. Michele Arcangelo e su ciò che esprime il suo nome: ‘Chi come Dio?’ È
la domanda rivolta ad Adamo, in risposta al comportamento di colui che si sentiva un dio. Il senso
di queste tre parole è: ‘Solo Dio è l’Onnipotente, solo Lui sa quello che fa (vedi § 74), solo Lui È
COLUI CHE È’, non tu usurpatore ribelle’.
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S. Michele è, dunque, colui che ha affermato per primo l’Onnipotenza assoluta di Dio, la Sua
Sapienza, la Sua Giustizia.
Mi fa piacere immaginare che quel Gigante buono della penultima rivelazione che parla a don
Guido sia l’Arcangelo Michele. Per amore di Dio usò, come unica arma, l’amore caritatevole verso
il prossimo, come fecero dopo di lui S. Francesco, S. Teresa di Calcutta e molti altri santi. Mi piace
pensare che sia stato S. Michele a dire con delicatezza in sordina a don Guido (§ 243) a proposito
degli uomini scimmieschi e pelosi che stavano aguzzando dei pali: “Sono uomini, figli dell’Uomo
(discendenti di Adamo)”.
X.5 L’umiltà ci insegna che noi non viviamo per noi stessi, ma che abbiamo bisogno gli uni
degli altri, che siamo collegati gli uni agli altri. L’Angelo ribelle, Lucifero si è erto da solo
compiacendosi di se stesso. L’ ‘io’ spropositato è sempre solo; l’animo umile, invece, si compiace
dell’unità.
Dio è umile, altrimenti non avrebbe creato l’universo e tutte le creature per farle partecipare, a
percorso ultimato, alla Sua felicità. Ci ha dato la libertà, e quindi la possibilità di sbagliare, perché
imparassimo a spese nostre la sapienza.
Gesù è mite e umile di cuore, altrimenti non si sarebbe incarnato né avrebbe dato la vita per
noi.
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