Appello Penale Roma 157-2016

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Appello Penale Roma 157-2016
N....
N. 9819/14
Js..=t:.(.qAf?........ ................. Reg. SenI.
Estratto esecutivo inviato il ........ ........................... .
a Procura Generale e Procura Tribunale
~
-
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
Sezione II Penale
Composta dai signori Magistrati
Dott. Claudio Tortora
Presidente
Dott. Anna Maria De Santis
Consigliere
Dott. Francesco Mancini
Consigliere est.
alla udienza del 12/01/2016 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo
la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale a carico di :
elett. domo in Roma, via
. nato a Roma il
presso lo studio del difensore di fiducia avv.
Libero presente.
imputato:
a) - in ordine al reato di cui agli artt. 477, 482 c.p. per avere formato o fatto da altri
formare una falsa patente di guida avente numero
dalla MCTC di Roma in data
Roma il
intestandolo ad .
apparentemente rilasciata
l
nato a
e applicando la sua effigie in fotografia .
In Roma, commesso in data antecedente e prossima al
Con recidiva reiterata
b) -
in ordine al reato di cui all'art.494 c.p . perché al fine di procurarsi un vantaggio,
sostituiva la propria all'altrui persona apponendo la propria fotografia sulla falsa patente di
guida avente numero
intestata ad
apparentemente rilasciata dalla MCTC di Roma in data
, nato a Roma il
In Roma, commesso in data antecedente e prossima al
Con recidiva reiterata
c) - in ordine al reato di cui agli artt. 477, 482 c.p. per avere formato o fatto da altri
formare una falsa carta d'identità avente numero
apparentemente rilasciata
dal Comune di Roma in data
Roma il
intestandola ad
nato a
I
e applicando la sua effigie in fotografia.
In Roma, commesso in data antecedente e prossima al
Con recidiva reiterata
d} - in ordine al reato di cui all'art.494 c.p. perché, al fine di procurarsi un vantaggio,
sostituiva la propria all'altrui persona apponendo la propria fotografia sulla falsa carta
d'identità avente numero
~ ~ ~
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apparentemente rilasciata dal Comune di Roma in
intestata ad
dat2
nato a Roma il
In Roma, commesso in data antecedente e prossima al
Con recidiva reiterata
appellante
avverso la sentenza del Tribunale di Roma in data 11/06/2013 che così statuiva: Visti gli
artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara
colpevole dei reati ascritti
e, esclusa la
recidiva contestata, ritenuta la continuazione, lo condanna alla pena di mesi otto di
reclusione,
oltre che al pagamento delle spese processuali. Dichiara la falsità dei
documenti in sequestro
e ne dispone confisca e il mantenimento agli atti. Motivazione
giorni 90.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Procuratore Generale: chiede conferma della sentenza di primo grado;
Difesa: annullamento del giudizio di primo grado per nullità della notifica dell'avviso ex
art. 415 bis c.p.p.; assoluzione dell'imputato dalle imputazioni ascritte per non aver
commesso il fatto; in subordine rlapertura dell'Istruttoria per escutere gli operanti in ordine
al luogo di custodia dei documenti; in ulteriore subordine riduzione della pena.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza in data 11/6/2013 il Tribunale di Roma, composizione monocratica,
giudicava il
colpevole dei reati di falsità materiale commessa da privato
in certificazioni amministrative, per avere contraffatto patente di guida e carta di identità
di
apponendovi la propria foto, nonché di sostituzione di persona.
Il giudice di primo grado motivava tale decisione osservando che, come emerso
il 4/9/2009 la Squadra Mobile di
dalla deposizione dell'operante Ispettore
Roma si poneva alla ricerca del
in quanto colpito da Ordine di
esecuzione pena n. 816/2003 R.ES., a tenore del quale il prevenuto doveva espiare la
pena di anni 5 e mesi 8 di reclusione. Egli veniva individuato alle 13:55 in Roma, via
, all'altezza del civico
lo fermavano, mentre l'Isp.
Dal verbale di
,dagli operanti
. che materialmente
sopraggiungeva immediatamente dopo.
arresto emergeva che
il
prevenuto esibiva
dei
documenti,
segnatamente una carta d'identità e una patente di gUida nei quali era riportata la sua
fotografia ma erano indicate le generalità di tale
2
, attribuendo a sé
dichiarava
tali generalità nel corso della identificazione. Poco dopo, però, lo stesso
che i documenti erano falsi, e precisava altresì di averli acquistati per euro 500,00
ciascuno. Egli veniva pertanto tratto in arresto, ed i documenti sequestrati.
A parere del primo giudice, dunque, tali circostanze risultanti dagli atti di P.G, le
dichiarazioni dell'operante
, del Sov.
e della P.O.
, dimostravano oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità
dell'imputato: per motivi riconducibili" alla volontà di sottrarsi all'esecuzione della pena
aveva provveduto a procurarsi dei documenti di identità contraffatti
detentiva, il
integrando, così, gli elementi oggettivi e soggettivi dei reati ex artt. 477, 482 e 494 c.p. di
cui ai quattro capi di imputazione. Del resto, gli accertamenti tecnici non distruttivi eseguiti
sui documenti sequestrati all'imputato, sui quali ha in dibattimento riferito il Sov. !
avevano permesso di stabilire, attraverso tecniche strumentali quali microscopia ottica,
esame alla luce U.V. ed esame mediante comparatore video spettrale, che la carta
d'identità e la patente di guida esibite agli operanti erano frutto di alterazione di documenti
veri in quanto i dati preesistenti erano stati cancellati ed al loro posto ve ne erano stati
apposti di nuovi, corrispondenti ad una persona realmente esistente,
appunto, ma con la foto del
stesso.
Esclusa la recidiva contestata all'imputato e ritenuta la continuazione, il
veniva quindi condannato alla pena di mesi otto di reclusione (pena base mesi sei e giorni
quindici, aumentata per la continuazione di giorni quindici per ciascuno dei tre reati
concorrenti).
Avverso tale decisione interponeva appello il
. Con il primo motivo egli
riproponeva la eccezione di nullità dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p. in quanto non notificato
al difensore di fiducia ma a quello di ufficio; eccezione già proposta in primo grado ma
respinta dal giudice con ordinanza a verbale. Con il secondo motivo si doleva della
ricostruzione del fatto operata nella gravata sentenza, atteso che erroneamente il giudice
aveva ritenuto che il
avesse esibito i documenti falsi oggetto della imputazione,
che erano da lui effettivamente detenuti in un borsello ma che non erano stati utilizzati.
Con il terzo motivo eccepiva la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal
in
occasione del controllo e dell'arresto circa l'intervenuto acquisto dei documenti per euro
500 cadauno. Osservava, ancora, che il primo giudice aveva trascurato di conferire la
dovuta importanza alla prospettazione offerta dalla teste
il
la quale, riferendo che
aveva frequentato vari ospedali per sottoporsi a cure sempre impiegando le
proprie generalità, consentiva di escludere che egli avesse realmente intenzione di
sottrarsi alla esecuzione della pena. Lamentava, infine, il mancato approfondimento
istruttorio in primo grado in ordine ad alcune truffe poste in essere in Spagna nel
commercio di autoveicoli nelle quali era emerso il nominativo di
pertanto come indicato in epigrafe.
J
Concludeva
Ritine la Corte che l'appello si infondato e che debba pertanto confermarsi la
decisione di primo grado.
In ordine alla dedotta nullità dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p., buon governo delle
norme processuali è stato fatto nella decisione impugnata. Emerge infatti che il
nominava proprio difensore di fiducia l'Avv.
solo dopo aver ricevuto notifica
dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p.; avviso del quale, in assenza di nomina di difensore di
fiducia al momento della sua emissione, correttamente il PM aveva disposto notifica a
quello di ufficio. Incontroverso, del resto, è che per stabilire chi abbia diritto a ricevere
l'avviso in esame deve farsi riferimento al difensore che risulti nominato al momento in cui
si dispone notificazione dell'atto, e non anche a chi sia stato nominato successivamente a
tale momento. In tal senso si
è del resto espressa la
Suprema Corte in fattispecie
sovrapponibile a quella in esame, affermando che "Le notificazioni, le comunicazioni e gli
avvisi devono essere indirizzati a colui che risulta come difensore della parte, d'ufficio
o di
fiducia, al momento in cui se ne dispone l'inoltro, senza alcun obbligo di rinnovazione in
favore del difensore successivamente nominato. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la
necessità di notificare l'avviso di conclusione delle indagini preliminari al difensore di
fiducia nominato lo stesso giorno dell'avvenuta notificazione dell'atto)". In termini generali
Il principio è stato peraltro ribadito anche dalle Sezioni Unite, a tenore delle quali "L'avviso
di fissazione dell'udienza deve essere effettuato al difensore di fiducia dell'imputato che
rivestiva tale qualità all'atto di fissazione dell'udienza e non anche all'avvocato che abbia
acquistato successivamente tale veste, in quanto con l'emissione dell'avviso si cristallizza
la situazione processuale relativa agli adempimenti di cancelleria" (Sez. U, Sentenza n.
24630 del 26(03(2015). Dunque, l'atto
è stato ritualmente notificato al difensore di
ufficio.
Con il secondo motivo il
non ponendo in discussione il possesso dei
documenti falsi (possesso peraltro ammesso nelle dichiarazioni rese in dibattimento e
conclamato dal verbale di sequestro) deduce di non averli però mai utilizzati; e prospetta
che dal mancato utilizzo discenderebbe l'irrilevanza penale del fatto. La tesi è però priva di
pregio: la condotta sanzionata è la formazione in sé dell'atto falso, mentre la norma non
richiede che di esso si faccia un qualche uso. Anche in questo caso pacifica è la
giurisprudenza:
"II delitto di falsità materiale commessa dal privato in certificati o
autorizzazioni amministrative (artt. 477 e 482 cod. pen.) si consuma con la semplice
formazione del documento falso e non, come nel caso di falso in scrittura privata, con l'uso
del documento falsificato.
20(12(2011,
(Cass.
Pen., Sez. S, n. 47029 del 22(09(2011 - dep.
, Rv. 251447)
Nè potrebbe affermarsi, come sostenuto dalla difesa nella discussione orale, che nel
caso in esame non vi sarebbe prova del concorso nella falsificazione, talché l'imputato
potrebbe al più rispondere del delitto p. e p. dall'art. 489 c.p .. Infatti la circostanza che
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sui documenti vi fosse proprio la foto del
prova oltre ogni ragionevole dubbio il
suo concorso nella falsificazione.
La eccezione di inutilizzabilità è, invece, in linea di principio fondata. Dopo aver
confessato agli operanti di non essere l',
, il
riferiva di aver
acquistato i documenti falsi al prezzo di euro 500 cadauno; e tale dichiarazione, annotata
nel verbale di arresto, è riportata in sentenza. Ma tale spontanea dichiarazione era in
dibattimento utilizzabile ai limitati fini delle contestazioni, come stabilito dal comma 7
dell'art. 350 c.p.p., e dunque al solo fine di operare il vaglio critico della dichiarazione, non
come prova diretta della circostanza affermata .
Ma dalla fondatezza del rilievo non discendono conseguenze Iiberatorie per il
. Irrilevante, ai fini del giudizio di responsabilità per i reati in ordine ai quali si
procede, é che egli abbia erogato o non erogato un corrispettivo pecuniario all'autore
materiale della falsificazione, posto che tale erogazione esula dalla tipicità del fatto.
Così come irrilevante, perché avulso dagli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi
della fattispecie, è che egli abbia impiegato le proprie corrette generalità in altre
occupazioni della sua vita quotidiana o che intendesse o meno servirsi di quei documenti
per sottrarsi alla esecuzione della pena. Certo, il primo giudice ha ravvisato un movente
che appare aderente alle risultanze processuali, in quanto logicamente conseguente allo
stesso impiego delle false generalità, da parte dell'imputato, proprio al cospetto della PG
comandata di catturarlo. Ma che egli si sia determinato alla condotta illecita in vista
proprio di questo scopo ultimo, ovvero per altro motivo, é elemento ininfluente sulla
rilevanza penale della condotta, non esclusa neppure dall'aver continuato ad impiegare le
proprie corrette generalità in altre occasioni.
Non si è, del resto, in presenza di reati permanenti od abituali che richiedono una
pluralità di condotte, ma di reati istantanei che si perfezionano, l'uno, con la formazione
del documento falso e, l'altro, con la sostituzione della propria con l'altrui persona;
condotte, queste, entrambe finanche ammesse dal prevenuto nel corso delle dichiarazioni
rese in dibattimento.
In un simile chiaro contesto di nessuna utilità sarebbe l'approfondimento istruttorio
sollecitato
con l'atto di appello. Una maggiore conoscenza di tempi, modi e persone
coinvolte in presunte truffe poste in essere in Spagna, e nelle quali sarebbe emerso il
nominativo dell'
, sarebbe del tutto irrilevante ai fini del presente giudizio.
Infine, congruo appare alla Corte il trattamento sanzionatorlo. Nulla è stato eccepito
nell'atto di appello in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, decisione
peraltro condivisibile alla luce dei precedenti penali del
Poco al di sopra dei
minimi edittall è stata dal primo giudice fissata la pena base, e certo la gravità del fatto,
quale
resa
manifesta
dalla
doppia
falsificazione
e
dall'aver
declinato
generalità
corrispondenti ai documenti falsi, impedivano di fissare la pena ai minimi edittali; non
5
I
incongruo (ed anzi finanche benevolo) appare l'aumento disposto per la continuazione di
soli giorni quindici per ciascuno dei tre reati.
Consegue
alla
integrale
riforma
della
sentenza
impugnata
la
condanna
dell'appellante al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Visto l'art. 605 c.p.p., conferma la sentenza emessa 1'11/6/2013 dal Tribunale di Roma
appellata da
che condanna al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Fissa in giorni sessanta ii termine per Il deposito della motivazione.
Roma, udienza dei 12/1/2016.
Il Consigliere re latore
Il Presidente
Dr. Francesco Mancini
Dr. Claudio Tortora
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