Il gioco abbatte le barriere

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Il gioco abbatte le barriere
CsiPadova ● laDifesadellosport F 19
LA DIFESA DEL POPOLO
16 MARZO 2014
Carcere e sport
realtà in dialogo
HANNO DETTO
Solo se riusciremo
a vedere l’universo
come un tutt’uno in cui
ogni parte riflette
la totalità e in cui
la grande bellezza
sta nella sua diversità,
cominceremo a capire chi
siamo e dove stiamo.
Tiziano Terzani
26 anni, nazionalità albanese, vive
E Mario
in Germania, sposato con due figli. Sta
scontando cinque anni di “galera”.
Perché? È la domanda, la prima domanda diretta che i bambini di una scuola media
fanno a Mario. Perché? «Corriere della
droga dalla Germania all’Italia – risponde
Mario – Beccato in Italia, processato e
adesso faccio cinque anni. Non vedo l’ora di
finire di scontare la pena per tornare dai
miei figli». Ma perché l’hai fatto? Insistono
i ragazzi che vogliono capire e sono curiosi.
«Per denaro… Avevo urgente bisogno di
soldi». E così via a tanti altri punti interrogativi per tutta la mattina.
Colpiscono le statistiche: su 100
carcerati 96 sono uomini e 4 donne.
Le ragazze guardando i loro coetanei
sorridono con soddisfazione come se
avessero vinto una partita 96 a 4. I
ragazzi si grattano il collo e incassano il colpo. Mario è uno dei tanti
carcerati che hanno intrapreso un
percorso di recupero e che, attraverso l’attività sportiva e sociale del Csi, entra nelle
scuole per testimoniare ai giovani come si
può sbagliare, come si può capire l’errore e
intraprendere una strada migliore per una
nuova vita onesta. Appena finito potrà tornare dai suoi figli e ricominciare con un lavoro pulito e dignitoso, ma soprattutto con
una nuova visione della vita.
Lo sport è il mezzo attraverso il quale
molto può prendere vita. Lo sport non è caratterizzato solamente da quelle immagini
che fanno parte della nostra memoria: coppe alzate, polemiche arbitrali, goal mozzafiato. Lo sport è uno strumento che la società può far proprio riconsiderandolo come
via privilegiata per cambiare le cose, proprio perché lo sport parla a tutti, raggiunge
molti, è un ambiente di cui ogni individuo ha
avuto esperienza diretta. La società odierna
vive di alti e bassi, in cui molti sono gli
aspetti da salvaguardare e migliorare. Lo
sport è uno strumento che si aggiunge a ciò
che può rendere migliore la nostra realtà. È
mezzo semplice e potente allo stesso tempo,
avvicina, fa crescere, migliora, crea coesione e integrazione sociale, può entrare in situazioni e realtà estreme e risolvere. Lo
sport sta vicino agli ultimi. Ecco perché il
Csi lavora da anni anche al progetto “Carcere”. Padova, Genova, Milano, ma è il Csi
Vicenza ad avere uno dei migliori progetti in
Italia. Non è una gara. È uno stile. Un modo
di essere e di fare sport, di vivere la vita e lo
sport in un modo che ci spinge a fare questo.
Perché? Perché «Oltre le sbarre c’è il
carcere. Un mondo contiguo ma estraneo,
che ogni cittadino si sente in diritto di ignorare. Eppure, anche se non si vuole, il carcere ci riguarda».
EMarco Illotti
presidente Csi Padova
scrittore (Firenze 1938 Orsona 2004).
Lettere contro
la guerra, 2002.
COMUNITÀ SPORTIVE Sui campi dove c’è il mondo, nasce integrazione
Il gioco abbatte le barriere
La coesione sociale, che l’ambiente sporti-
vo dà modo di generare, demolisce i muri
del pregiudizio e della discriminazione. Le
nuove generazioni ci raccontano che per i più
piccoli membri delle nostre società non esistono
barriere e non c’è differenza. Nelle scuole le
classi sono formate da bambini e giovani che arrivano da ogni parte del mondo, con una prevalenza di ragazzi che hanno radici nell’Est Europa e nel Nord Africa. I bambini di qualunque etnia e lingua, insieme giocano, condividono e si
relazionano e, mentre li guardi giocare, capisci
che fra loro non esistono frontiere. Sono coesi e
spensierati.
Anche nei campi da gioco, o nei campetti affianco alle parrocchie è così; i bambini giocano
insieme. Questo è possibile in quanto lo sport
porta con se un linguaggio universale, che supera confini, lingue, razze, religioni e ideologie;
possiede la capacità di unire le persone, promuovendo il dialogo e l’accoglienza.
È davvero una risorsa molto preziosa! È da
sempre raccontato e spesso dimenticato e sottovalutato quanto l’attività sportiva possa unire e
non dividere, costruire solidi ponti che fungano
da passaggio a nuove culture ed esperienze e
come riesca ad abbattere i muri che impediscono di guardare oltre le differenze.
Le parole di papa Francesco aiutano a riepilogare il messaggio che vogliamo trasmettere,
perché per il Centro sportivo italiano lo sport è
E
tutto questo, tutto ciò che in esso si articola: gioco, condivisione, aiuto. «Desidero incoraggiare
le istituzioni e le organizzazioni, che propongono, specialmente alle giovani generazioni, itinerari sportivi di formazione alla pace, alla condivisione e alla convivenza tra popoli».
Del resto anche l’imponente simbolo olimpico, costituito da cinque cerchi colorati, rimanda proprio a questo: essi sono intrecciati a raffigurare lo spirito di fratellanza che dovrebbe ritrovarsi in ogni competizione sportiva tra i cinque continenti e tra tutti i popoli che in questi
vivono. Se lo sport è tutto ciò, ovvero uno strumento che permette di migliorare molto di ciò
che ci circonda, c’è un elemento che nelle pratiche sportive spesso scavalca tutto questo: il guadagno. Quando il profitto prevale su passione e
volontà, gli stessi atleti che per anni hanno fatto
sacrifici allenandosi per molte ore al giorno, valutano come maggiormente importante il guadagno rispetto al sogno, alla gioia che da ragazzi li
ha incoraggiati a fare quei sacrifici per diventare
i campioni di oggi.
Allontanandoci dagli esempi di campioni
olimpici e atleti professionisti, anche nelle società sportive con cui interagiamo, accompagnando i nostri figli agli allenamenti e tifando
per loro alle partite, possiamo incorrere in episodi dove è il risultato a determinare l’umore
dei ragazzi, ancor prima della gioia di stare insieme come squadra. Dovrebbero essere gli allenatori, chiamati in campo, a trasmettere, iniziando dai più piccoli, che non sono divise ed
equipaggiamenti nuovi o tornei prestigiosi a
rendere prestigioso e importante lo sport.
Sono buoni educatori i dirigenti preparati, i
parroci presenti, i genitori amorevoli che raccontano ai ragazzi l’importanza di crescere con
una pratica sportiva che coniuga insieme tecnica
sportiva e piccole “dritte” per affrontare il quotidiano e diventare, i campioni di domani, non solo sul campo di gioco, quanto anche nella vita.
E Cecilia Bacco
PARALIMPIADI Dalle gare risuona il messaggio che tutto è possibile
34 atleti azzurri disabili in gara a Sochi
preso il via lo scorso 7 marzo,
E Hala seconda
manche delle olimpiadi
invernali di Sochi, le paralimpiadi.
La competizione dedicata agli atleti
con disabilità, vede la sua prima edizione invernale in Svezia nel 1976, dove le
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l’ha beatificata.
discipline ammesse erano solamente lo
sci nordico di fondo e lo sci alpino per
atleti non vedenti e amputati. L’Italia,
non era presente alla prima edizione in
terra svedese e tantomeno vide atleti
schierati tra le fila della nostra nazione
nella prima storica edizione dei giochi
olimpici dedicati ai disabili a Roma nel
1960. Dopo anni le olimpiadi si sono
“evolute”, offrendo la possibilità agli
atleti di gareggiare in più discipline, come il curling, l’hockey, lo sci nordico e il
biathlon.
I 34 atleti tra uomini e donne partiti
per Sochi prendono parte ai giochi olimpici con moltissimo entusiasmo, agguantano la vita e fanno dello sport la
loro personale rivincita. Le paralimpiadi
sono l’espressione di quanto lo sport sia
per tutti, atleti normodotati e atleti che
fisicamente non lo sono più. Chiunque
può praticare sport, crescere e forgiare
la propria esperienza di vita tramite esso
e contribuire con il personale messaggio a promuovere la pratica sportiva come strumento di ricostruzione anche
laddove la vita abbia riservato sofferenza e contribuendo a generare gioia di vivere.
Gli atleti che in questi giorni stanno
disputando le loro gare sono un esempio: offrono un’immagine felice e condividono con tutto quanto sia possibile fare ciò che si ama, ciò di cui ci si appassiona abbattendo le barriere fisiche con
la determinazione e attivando le risorse
che ognuno di noi porta dentro di sé. È
prezioso il messaggio che ci comunicano gli atleti paralimpici attraverso la loro
esperienza di vita sportiva, forza azzurri!
Le paralimpiadi sono
l’espressione di quanto lo sport
sia per tutti, atleti normodotati
e atleti che fisicamente
non lo sono più. Chiunque può
praticare sport.
Un linguaggio diverso
è una diversa visione
della vita.
Federico Fellini
regista e sceneggiatore
(Rimini 1920 - Roma 1993).
È considerato uno
dei più grandi cineasti
della storia del cinema.