Rotolito Lombarda
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INCHIESTA GESTIONE COLORE Gestione co Rotolito Lombarda: vogliamo promuovere la cultura sul colore il poligrafico 62/2005 di MAURO BOSCAROL* Alla Rotolito Lombarda è pronto ai nastri di partenza il progetto per un database dei parametri di controllo degli spazi colore. Con uno spettrofotometro sarà possibile leggere una prova colore e applicare una etichetta che certifichi il rispetto delle tolleranze contrattuali. L’adozione di una tecnologia di gestione del colore da parte di uno stampatore offset implica, da parte di quest’ultimo, la scelta di una strategia e, da parte dei suoi clienti, la condivisione di tale strategia. Se, supponiamo, lo stampatore decide di accettare (o almeno di chiedere) file PDF/X-3 con profili CMYK e RGB, oltre a comunicarlo ai propri clienti (fotografi, fotolitografi, grafici), sarà anche opportuno che fornisca loro tutto il know-how per metterli in grado di produrre correttamente questo tipo di formato. Formazione, dunque, rivolta sia all’interno che all’esterno. È ovvio che il tecnico di prepress di una stamperia che decida di accettare file PDF/X-3 dovrà sapere tutto su questo formato: ciò che deve obbligatoriamente contenere (le font per esempio) e ciò che è proibito (le trasparenze, per esempio), ciò che è ammesso (alcuni millimetri di rifilo, per esempio) e a quali condizioni (che la parte da tagliare sia interna, ovvio, ma non per un PDF). Non solo, dovrà anche essere in grado di preparare ed eseguire un preflight (cioè un controllo) per evidenziare PAG.4 4 possibili problemi e successivamente analizzarne i risultati. E dovrà conoscere esattamente come il suo RIP tratta i PDF/X-3: se ne onora i profili contenuti, se legge l’output intent, se supporta sia la versione 1.3 che la 1.4 (solo per fare alcuni esempi). Ma lo stampatore dovrà anche farsi carico di fornire una formazione analoga al cliente indicandogli, tra le altre cose, se creare il PDF/X con Distiller o esportarlo da InDesign o in altra maniera. Di questo e di altro abbiamo parlato nel secondo appuntamento della nostra inchiesta sulla gestione del colore, in un incontro con Joseph Marsanasco (direzione tecnica) e Ivano Besana (direzione di stabilimento) nella sede di Cernusco sul Naviglio (Milano) di Rotolito Lombarda. L e v o s t re m a c c h i n e u t i l i z z a n o inchiostri particolari o avete preferito standardizzare secondo le nor m e I S O ? «Abbiamo scelto la standardizzazione. Tutte le nostre macchine da stampa rispettano la normativa ISO 12647-2 nella nuova revisione uscita alla fine del 2004». La vostra azienda ha cinque m a c c h i n e ro t o o f f s e t . C o n t ro l l a t e q u e s t e m a c c h i n e con qualche tecnologia di g e s t i o n e d e l c o l o re ? «Certamente. Scartata l’idea di utilizzare i profili standard che ECI ha preparato sulle caratterizzazioni FOGRA, avremmo dovuto creare un profilo ICC per ogni macchina e per ogni tipo di carta, ma abbiamo preferito riunire le macchine in due gruppi e creare un numero limitato di profili, sei, che coprono tutte le combinazioni macchina e carta». Da quanto tempo avete iniziato a d a p p l i c a re l a t e c n o l o g i a d i g e s t i o n e d e l c o l o re m e d i a n t e i profili ICC? «Abbiamo iniziato nel 2003 per la stampa di una rivista di un importante editore scandinavo, e da allora abbiamo continuato ad applicarla a tutta la nostra produzione. Oggi siamo attrezzati per creare ed editare profili ICC e abbiamo la competenza necessaria per applicarli alla nostra produzione». F o r n i t e a i c l i e n t i i p ro f i l i I C C d e l l e v o s t re m a c c h i n e d a stampa? «Certo, questo è un punto essenziale della nostra strategia. Curiamo molto il rapporto con il cliente, anche e soprattutto dal punto di vista tecnico. Siamo in contatto con loro e con i loro fornitori: grafici, fotografi, fotolitografi. Forniamo loro i profili ICC delle nostre macchine e Dalla pratica alla teoria Due filosofie di prova colore olore La sede della Rotolito di Cernusco. Nella foto di apertura, Joseph Marsanasco (a sinistra) e Ivano Besana li mettiamo in condizioni di eseguire conversioni in quadricromia adatte alle nostre macchine. Inoltre possono farsi una prima prova colore in casa». Che tipologia di clientela avete? «Abbiamo una clientela non occasionale, soprattutto case editrici di riviste e cataloghi, con le quali abbiamo instaurato rapporti duraturi. Così gli scambi di informazioni tecniche possono essere più approfonditi e il cliente segue volentieri le indicazioni che gli diamo». Av e t e c o n s i d e r a t o l ’ a d o z i o n e d e l l o s t a n d a rd P D F / X ? «Non ancora. Per ora chiediamo ai nostri clienti un PDF versione 1.5, il che è un primo passo nella direzione del PDF/X, e nel frattempo ci stiamo documentando su questo formato. Non abbiamo ancora deciso se seguiremo lo standard PDF/X-1a (che consente colori CMYK con un unico profilo e colori spot) oppure il PDF/X-3 (che consente anche colori RGB con profilo)». ma di prova, che “dipende” dalla macchina da stampa e la simula: se la macchina è regolata male e fa i rossi viola, anche il sistema di prova fa i rossi viola. Esistono anche sistemi che appartengono ad entrambe le categorie. Per esempio ColorProof di GMG (che utilizza profili proprietari) può simulare sia uno standard che una macchina reale con una stampante a getto d’inchiostro, eseguendo una conversione di colore tra due profili ICC o proprietari, quello della macchina da stampa o dello standard e quello della stampante di prova. I sistema di prova del primo tipo (come DuPont Digital Cromalin, Kodak Approval) sono proprietari e molto costosi e possono essere adatti a stampatori con un elevato carico di lavoro, che hanno macchine da stampa molto stabili e molti soldi da investire. Ma in generale oggi lo stampatore, soprattutto se di medie dimensioni, con un budget ristretto e macchine non molto stabili, preferisce una prova che corrisponda a qualcosa di reale: la sua macchina da stampa nel suo ambiente di lavoro e con la sua carta. Se le cose stanno così è da una prova in simulazione che si può trarre il massimo vantaggio. C h e t i p o l o g i a d i p r o v a c o l o re utilizzate? «Assieme ai profili ICC abbiamo creato anche profili proprietari per le prove colore, che vengono effettuate con ColorProof di GMG e una Epson Stylus Photo 4000, che simula l’uscita di ognuna delle nostre combinazioni macchina e carta. Poi prepariamo anche prove colore realizzate con la tecnologia DuPont, impostate su uno standard ISO». A v e t e i n c o r s o a l t r i p ro g e t t i 5 PAG.4 il poligrafico 62/2005 Questo vale anche per i for m a t i con i quali vi vengono for n i t i i lavori? «Vale anche per i formati. Infatti il 75% dei lavori ci viene fornito in formato PDF, con i colori in modalità CMYK, il restante 25% in EPS, PostScript e negli altri formati consueti, compreso TIFF/IT». Schema di prova colore in simulazione Esistono due filosofie di prova colore: la filosofia dello standard e la filosofia della simulazione. La prima dipende appunto da uno standard di stampa, che viene fissato e secondo il quale i sistemi di prova colore stampano. Sta allo stampatore fare in modo che anche la propria macchina da stampa sia conforme allo stesso standard, cioè stampi allo stesso modo. La filosofia della simulazione (basata su profili di colore, che possono essere ICC o proprietari) fa invece in modo che il sistema di prova simuli una determinata macchina da stampa reale, sia essa in standard oppure no. “Simulare” significa, in questo caso, stampare nello stesso modo (schema qui a fianco). Se si segue la prima filosofia è necessario intervenire indipendentemente sul sistema di prova e sulla macchina da stampa, ed è possibile che non si riesca a farli corrispondere completamente, ma solo entro una certa tolleranza. Se si segue la seconda filosofia si interviene solo sul siste- NOBILITAZIONE STAMPATI Dalla pratica alla teoria Come creare il profilo di una macchina offset Creare un profilo per una macchina offset è strettamente necessario solo se la macchina è stata ottimizzata (cioè stampa meglio della norma). Se invece la macchina è a norma, creare il profilo da zero è solo una delle opzioni. Le altre sono: usare una caratterizzazione standard (scaricabile dal sito di FOGRA http://www.fogra.org) oppure usare un profilo standard (scaricabile dal sito di ECI http://www.eci.org). Per le varie fasi si veda lo schema qui a lato. Il software più conosciuto per la creazione di profili ICC per una macchina offset è ProfileMaker Pro di GretagMacbeth (http://www.gretagmacbeth.com). Arrivato alla versione 5 (per Mac e Win) viene fornito in moduli e pacchetti diversi. Il pacchetto Publish consente di creare profili per macchine offset anche in esacromia, oltre a profili di scanner, monitor e stampanti. Supporta una dozzina di strumenti, tra cui lo spettrofotometro Spectrolino. Costa circa 2500 euro (senza strumento) e 5000 euro (con Spectrolino). Il concorrente più agguerrito è probabilmente Monaco Profiler di X-Rite (http://www.xrite.com). L’ultima versione è la 4.7 e funziona sia su Mac che su Win. Arriva in due varianti: Platinum (circa 3500 euro, profila tutto, monitor, fotocamera, scanner, stampanti, macchine da stampa) e Gold (circa 2500 euro, non profila fotocamere). Supporta solo strumenti della stessa X-Rite. Per creare il profilo ICC di una macchina offset, si deve stampare un cosiddetto “target”, cioè una serie di aree colorate (qualche migliaio, secondo il tipo di target) che successivamente si misurano. Questa serie di misurazioni (la “caratterizzazione” della macchina) viene utilizzata dal software per creare il profilo ICC. In fase di creazione del profilo l’utente può specificare due cose: la generazione (“lunghezza”) del nero e la massima quantità totale di inchiostro. Per la generazione del nero conviene creare una famiglia di profili (due o tre) che differiscono solo per diverse “lunghezze” di nero. Per la quantità totale di inchiostro può essere opportuno specificare 400% (il massimo possibile) e poi lasciare che sia il RIP a limitare la quantità di inchiostro. Schema per la creazione del profilo ICC di una macchina offset relativi alla gestione del colore ? «Stiamo considerando un progetto avanzato che prevede la creazione di un database dei parametri di controllo degli spazi colore. Con una stampante di etichette collegata a ProofControl di GMG potremo, leggendo con uno spettrofotometro la scala di controllo di ciascuna prova colore, applicare l’etichetta sulla prova stessa, con i valori misurati che certificano il rispetto delle tolleranze contrattuali». È interessante notare c o m e , per un’azienda medio grande, sia più semplice scegliere e adottare qualche strategia di gestione colore e di proofing rispetto a una piccola. Se una piccola azienda è costretta ad accettare qualunque lavoro gli venga portato, in qualunque formato e in qualunque modalità di colore, con o senza profili, un’azienda medio grande ha clienti non occasionali e con commesse importanti, e questo consente di stabilire e concordare i dettagli tecnici (l’uso dei profili e del formato, per esempio) direttamente con il cliente e con i suoi fornitori e di trasferire le necessarie conoscenze. Qualunque grafico sa tracciare curve vettoriali in FreeHand, Illustrator, InDesign, XPress e per farlo non gli è di alcuna utilità (se non culturale) sapere che sono state inventate da Pierre Beziér e che sono polinomi di terzo grado in forma parametrica. Al contrario, l’uso delle tecnologie di gestione del colore richiede una conoscenza abbastanza profonda sul colore, sulla sua codifica, sulle modalità RGB e CMYK e sulla sua specifica mediante profili ICC o PostScript. L’accordo tra stampatore e cliente è in questo campo essenziale e si basa su una cultura comune che spetta allo stampatore diffondere e promuovere. In fin dei conti è lui la parte “forte” che decide la strategia di workflow (quali file accettare, in quale formato, con quali profili) e la comunica al cliente. Il quale non può che seguire a ruota. *[email protected]