all the invisible children

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all the invisible children
ALL THE INVISIBLE CHILDREN
Sito: http://www.alltheinvisiblechildrenmovie.com/index2.pl
Anno: 2005
Data di uscita: 3/3/2006
Durata: 108
Origine: ITALIA
Genere: DRAMMATICO
Musiche da: TEMA "TEACH ME AGAIN" DI TINA TURNER E ELISA
Produzione: MARIA GRAZIA CUCINOTTA, CHIARA TILESI, STEFANO VENERUSO PER MK FILM PRODUCTIONS
S.R.L. [IT], RAI CINEMAFICTION
Distribuzione: 01 DISTRIBUTION (2006)
Regia: MEHDI CHAREF, EMIR KUSTURICA, SPIKE LEE, KATIA LUND, JORDAN & RIDLEY SCOTT, STEFANO
VENERUSO, JOHN WOO
Soggetto: MEHDI CHAREF
Sceneggiatura: MEHDI CHAREF
Fotografia: PHILIPPE BRELOT
Musiche: ROKIA TRAORE
Montaggio: YANNICK KERGOAT
Scenografia: RASMANE TIENDREBEOGO
Costumi: MARTINE SOME
Trama:
Uno spaccato di vita di bambini che, purtroppo spesso, sono vittime innocenti del disinteresse della disattenzione degli adulti.
I grossi problemi sociali che a volte distruggono queste piccole e innocenti vite sono fotografati in sette racconti. Attraverso
sette prospettive diverse, in sette paesi diversi: Italia, Africa, Serbia-Montenegro, America, Brasile. Il film racconta l'infanzia
rubata, l'esistenza di creature indifese, che soffrono per grandi problemi sociali, ma anche per l'indifferenza degli adulti che
camminando guardano troppo in alto e sembrano non vederli.
I proventi di All the invisibile children sono devoluti al World Food Programme e all'UNICEF.
Critica:
«Credo che il cinema possa avere ancora una missione culturale e terapeutica, come nei tempi antichi, quando la gente si
riuniva per vedere una tragedia e accresceva la conoscenza, imparava a vivere meglio. È questo il cinema che cerco di fare»,
dice Emir Kusturlca e a questo cinema appartiene Blue gipsy, il suo episodio di All the invisibile children, il film collettivo
che è «un sogno realizzato» per Chiara Tilesi, Maria Grazia Cucinotta e Stefano Veneruso, che lo hanno prodotto con Rai
Cinema (sarà distribuito a gennaio da 01) e con sostegno della Cooperazione Italiana allo Sviluppo, dell’Unicef e del
Programma Alimentare Mondiale dell’Onu, istituzioni alle quali andranno gli incassi. Un film collettivo, affidato a sette autori
diversi, ciascuno dei quali ha scelto liberamente una storia legata all’infanzia. Con un valore aggiunto: la canzone Teach me
again che Elisa interpreta con Tina Tumer. Il risultato è un film intenso e commovente, in cui la diversità dei luoghi e delle
vicende trova un magico filo comune nella presenza dei bambini, nella forza con cui reagiscono alla condizione marginale,
alla crudeltà della società, al dolore della loro infanzia negata.
Il ragazzino gitano di Blue gipsy nello stesso giorno esce di prigione, commette un piccolo crimine e,inseguito dalla polizia e
da un padre brutale, scappa per rientrare in prigione. «La prigione come scelta di libertà è un paradosso, ma c’è anche
realismo, tanti bambini che crescono in istituti non sanno più vivere nella società e spesso commettono crimini per tornare
dentro, soprattutto prima dell’inverno», dice Kusturica che intanto sta finendo il documentario su Maradona, «il mio mito, Ho
cominciato a giocare a calcio per lui, ma non ero abbastanza bravo» e scrive il prossimo film, Promise me, «la storia di un
uomo che dal villaggio manda il figlio in città con tre ordini, vendi la mucca, compra un’icona e portami una donna». E non è
tutto: «Sto aprendo un cinema nel Montenegro, tre sale sulla costa, e sto organizzando un villaggio. Divento un tycoon, un
piccolo Berlusconi. Ma non farò politica, durerei cinque minuti prima di litigare con tutti». I1 suo protagonista è molto vicino
al piccolo Ciro, che a Napoli trova la libertà nella fantasia, giocando con la sua ombra. É l’episodio di Stefano Veneruso, a
Venezia per la seconda volta, la prima era l’anno del Postino: era qui come nipote di Massimo Troisi. La fantasia e la forza
non mancano a Bilu & Joao che nell’episodio di Katia Lund (coregista di City of God) trascinano carretti di rifiuti perle strade
di San Paolo, vogliono lavorare per costruire una casa, fragile, fatta di cartoni, ma la loro casa. E se Jonathan, il fotografo
dell’episodio firmato da Jordan e Ridley Scott, trova la forza di superare una crisi nel ritorno ai sentimenti di solidarietà e di
amicizia vissuti nell’infanzia, per Tanza, un soldato di 12 anni in un paese africano in guerra scelto dal regista algerino Mehdi
Charef, la speranza è lontana. Ed è solo un filo per Bianca, l’adolescente di Brooklyn che scopre di essere sieropositiva in
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Jesus children of America di Spike Lee. «Bianca scopre anche che i suoi genitori sono drogati. Suo padre è reduce dall’Iraq, è
diventato tossico come tanti reduci del Vietnam. Il dolore di Bianca è anche nella crudeltà dei suoi compagni di scuola. L’ho
sottolineato, perché i bambini sono crudeli, ce l’hanno nel Dna, talvolta sono come un branco di lupi che finta l’agnello e lo
sbrana», dice SpikeLee, secondo il quale «il cinema può cambiare il mondo. Non ci siamo liberati di Bush? Continuiamo a
lottare con pazienza, aspettiamo che i pianeti si allineino».
Anche per JohnWoo, autore di Song Song & Llttle Caf è nuova l’esperienza di lavoro con bambine, ma «malgrado tutto il mio
cinema d’azione il mio film preferito resta Ladri di biciclette. Ho scelto di raccontare di una bambina ricca e triste per la
separazione dei genitori che con rabbia butta via la sua bambola bionda, e della bambina poverissima che la raccoglie
facendone l’unico elemento di gioia della sua vita misera. Può sembrare una favola crudele, ma rispecchia anche la realtà di
Pechino, una città che cambia in fretta, crea grandi ricchezze e rende più poveri i poveri. E tanti bambini, soprattutto bambine,
vengono abbandonati dai genitori che non possono mantenerli. É un problema di cui il governo si sta occupando, anche con
l’aiuto di paesi stranieri, ma non è facile da risolvere. Però devo dire che quello che mi ha colpito, parlando con bambine
abbandonate come la mia protagonista, è la loro dignità. Sono sfruttate, costrette a vendere fiori, maltrattate, eppure non
accetterebbero mai l’elemosina. Sono rassegnate al destino,eppure non hanno perso la speranza di una vita migliore. Una
speranza legittima in una società in continuo progresso». (Maria Pia Fusco, La Repubblica - 06/09/2005)
Il mondo salvato dai ragazzini. Perché quello davvero senza speranza è l’universo degli adulti. E un po’ questo il senso di All
the Invisibile Children il film collettivo passato ieri qui al Lido fuori concorso. Un grande racconto a episodi per dare voce ai
«bambini invisibili», quelli vittime delle guerre, della miseria, dell’Aids, della solitudine e dell’incomprensione degli adulti.
A firmarlo, dietro lo sforzo produttivo della Mk film (di Chiara Tilesi, Stefano Veneruso insieme a Maria Grazia Cucinotta) e
RaiCinema col sostegno dell’Unicef e del Programma Alimentare Mondiale- Wfp(Pam), sono i grandi nomi del cinema
contemporaneo di tutte le latitudini: l’algerino Mehdi Charef, il serbo bosniaco Emir Kusturica, l’americano Spike Lee, la
brasiliana Katia Lund, il cinese-hollywoodiano John. Woo, l’inglese Ridley Scott e figlia (Jordan Scott) e il napoletano
Stefano Veneruso.
Sette storie, dunque, non sempre riuscite, ma dai temi a volte davvero forti. Come Jesus Children of America di Spike Lee, per
esempio, in cui siamo trascinati nell’emarginazione più cupa di una Brooklyn popolata soltanto da neri e ispanici. Qui
assistiamo al calvario di Bianca, una ragazzina figlia di genitori tossicodipendenti e malati di Aids il cui quotidiano è fatto
soltanto di «spade» e della ricerca dei soldi per procurarsi crak ed eroina. La piccola non sa di essere sieropositiva e lo
apprenderà suo malgrado a scuola quando i suoi compagni la sottoporranno ad un linciaggio collettivo a causa della sua
«diversità» e «pericolosità». «Era da tempo che avevo in mente un soggetto del genere - spiega Spike Lee - e quando sono
stato contattato dall’Unicef per questo film sono stato ben felice di poterlo realizzare.
Nei cinema Usa non si parla mai di certe cose, eppure tra la popolazione nera e ispanica il tasso di malati di Aids è altissimo».
Questo per quanto riguarda la «civilissima» New York. Ma spingendosi più a Sud, nella brasiliana San Paolo, il disagio
aumenta. E diventa lotta per la sopravvivenza, così come vediamo in Bilu e Joao di Katia Lund, regista attenta al sociale che
descrive i due piccoli protagonisti, abitanti delle favelas, quotidianamente in città alla ricerca di cartoni, lattine e tutto quello
che la “società del benessere” butta ogni giorno. «Il loro antagonista - spiega la regista - è proprio la città, coi suoi palazzoni, i
grattacieli delle grandi multinazionali, espressione di quella globalizzazione che sempre di più amplifica il divario tra mondo
dei ricchi e dei poveri».
Spingendosi ancora più giù, poi, fino in Africa, il quotidiano dei bambini è addirittura la guerra.. Quella vissuta in prima
persona dai ragazzini soldato protagonisti di Tanza di Mehdi Charef. Li vediamo con i fucili in mano che sparano, uccidono e
muoiono a loro volta, ma che, nonostante tutto, sanno che il futuro è nelle loro mani, così come per il piccolo protagonista che
alla fine deciderà di non far esplodere la bomba destinata altrimenti a far saltare in aria la scuola del suo villaggio. Il mondo
sarà salvato dai bambini, insomma. Celo ricorda anche John Woo nel suo Song Song and Little Cat, sulla Vita di una
trovatella costretta a vendere rose per strada. Un film che ha portato il regista a girare per la prima volta nella nativa Cina e
che gli ha permesso di realizzare un sogno: «fare finalmente il mio ladri di biciclette”».
Non diversamente Emir Kusturica, nel suo Blue Gypsy, descrive un mondo degli adulti senza speranza, dal quale i bambini
scappano anche a costo di trovar «rifugio» in riformatorio, «Lo diceva anche Dostojevskij - conclude Kusturica - se perdiamo
i bambini cosa ci resterà?». (Gabriella Gallozzi, L'Unità - 02/09/2005)
Otto registi per sette episodi sull’infanzia negata, la sofferenza invisibile, la povertà scavata dai capitalismi feroci, la protervia
dei grandi, sia nella sfera privata che in quella pubblica. Un’operazione sostenuta da Cooperazione Italiana allo Sviluppo del
Ministero affari esteri, dalle Agenzie delle Nazioni Unite Pam (Programma Alimentare Mondiale) e dall’Unicef (Fondo delle
Nazioni Unite per l’Infanzia) che ha trovato la collaborazione di cineasti, musicisti e maestranze, da Spike Lee a John Woo,
da Kusturica a Ridley Scott, da Tina Turner a Elisa (queste ultime cantano Teach Me Again, scritto e prodotto dall’artista
italiana e pubblicato dalla Sugar di Caterina Caselli). Se Truffaut non fosse stato portato via dalla morte prima del tempo
avrebbe sponsorizzato l’iniziativa, nonostante conoscesse bene le difficoltà nel filmare (riportare, rielaborare) gli inciampi di
ogni crescita e nel far "recitare" i bambini aggirando l’inevitabile retorica che avvolge, quasi sempre, una storia, un dramma
non adulti. E così, i migliori alla fine risultano i capitoletti di John Woo (Son Song and Little Cat), Kusturica (Blue Gypsy) e
Spike Lee (Jesus Children of America). Mentre i nostri Veneruso e Cucinotta contribuiscono con lo scontato ma necessario
Ciro, con una parte di finanziamenti, mettendoci faccia, anima e corpo. (Aldo Fittante, Film TV - 08/03/2006)
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Sette episodi per raccontare la povertà e lo sfruttamento dei bambini del mondo. Sette racconti di infanzia negata, diretti da un
gruppo di registi celebri o emergenti. Si va dall’Africa (Tanza di Medhi Charef) alla Serbia-Montenegro (Blue Gipsy di Emir
Kusturica), dagli Usa (Jesus Children of America di Spike Lee) al Brasile (Bilu e Joào di Kàtia Lund), dalla Gran Bretagna
(Jonathan di Ridley Scott e di sua figlia Jordan) all’Italia (Ciro di Stefano Veneruso) fino alla Cina (Song Song and Little Mao
di John Woo). La pellicola è una coproduzione italiana: Maria Grazia Cucinotta è tra i produttori, oltre che interprete di Ciro,
l’episodio diretto da Stefano Veneruso. I proventi del film servono a finanziare un fondo Unicef. Questo tipo di operazioni
benefiche spesso ha il sapore stucchevole delle cene di beneficenza di fine anno. Ricordano il suono ridondante e anni Ottanta
di We Are the World: un messaggio facile, un piccolo aiuto in denaro e ci sentiamo tutti più buoni. Non è così per All the
Invisible Children. Perché non è un film buttato in sala per sentirsi più buoni o “solo” per dare una mano all’Unicef. Basta
vedere l’episodio Jesus Children of America di Spike Lee (forse il miglior film passato all’ultima Mostra di Venezia): la storia
di una bimba sieropositiva, figlia di due tossicodipendenti, in una New York chiusa dentro se stessa, piegata e in agonia come
un tossico in crisi d’astinenza. Un racconto che non lascia scampo alla coscienza di chi guarda e non blandisce con risposte
facili. Sprona l’anima. Sembrano rime allo stesso tempo disperate e poetiche di Tupac, citato dalla ragazzina all’inizio del
film, suonano come versi senza scampo presi da Brenda’s Gota Baby (davanti a questa idea Lee, a Venezia, ci ha ringraziato
per il complimento). Nessun finale consolatorio, solo la consapevolezza che la tragedia esiste sempre, sotto i nostri occhi, e
non possiamo restare fermi. (Luca Barnabé, Ciak - 15/03/2006)
"Per fortuna 'All the Invisible Children', prodotto da MK Film Productions insieme a Rai Cinema sulla base di un progetto a
favore delle Agenzie delle Nazioni Unite PAM e UNICEF impegnate in tutto il mondo a difesa dell'infanzia, ha stimolato gli
autori riuscendo a incarnare una più che dignitosa coerenza d'insieme. Il film resta, naturalmente, un prodotto polifonico, ma
la sacrosanta partecipazione emotiva è riuscita quasi sempre a non debordare in pietismo e a favorire una notevole presa
espressiva sui singoli episodi. Il giudizio critico può, così, anche sfrangiarsi in una sorta di sbrigativo pagellone, senza per
questo far perdere di vista lo sforzo creativo centripeto e l'urgenza morale del tema fondatore. Le mini-storie più riuscite sono
quelle firmate da Emir Kusturica e da Spike Lee: (…) Non male 'Song Song & Little Cat' di John Woo, in cui il pathos
elementare delle due protagoniste assume i colori traslucidi della favola anderseniana, mentre su di un livello di sufficienza si
dispongono anche i più sociologici episodi 'Tanza' (africano) e 'Bilu e Joao' (brasiliano). Le dolenti note restano a carico del
confuso pasticcio onirico 'Jonathan' di Jordan e Ridley Scott e, soprattutto, di 'Ciro' di Stefano Veneruso, un resumé di luoghi
comuni napoletanisti intervallato da fintissimi siparietti con tanto di posse e di tammorre. Gli stessi, giusti spunti vitalistici che
affiorano in virtù di un adeguato taglio stilistico in molti episodi, in questo caso finiscono con l'essere enunciati in base al
solito compiacimento sarcastico-folklorico." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 2 settembre 2005)
Un film che inanella schegge sull'infanzia in un'unità emozionale forte attraverso sette episodi. (...) incantevole fiaba di John
Woo, vista dagli occhi di una bambola. Sorprendente la relazione tra i diversi corti, sospesi in una dimensione spaziotemporale dislocata altrove, come se gli occhi dei bambini da nord a sud vedessero la stessa cosa. Con alti e bassi (meno
riuscito il lavoro di Ridley Scott) il film è crudele e allo stesso tempo allegro, umoristico, commovente proprio come i
bambini, che hanno «la pelle dura» secondo Truffaut, e che se cadono dall'ottavo piano si rialzano. (Mariuccia Ciotta Testata: Il Manifesto)
Sono gli "sciuscià" del ventunesimo secolo, la vergogna che si occulta: i bambini invisibili, sfruttati, abusati, emarginati cui è
toccata la parte di dannati della Terra. Ha voluto rappresentarli, invece, All the invisible children, film a molte mani prodotto,
tra gli altri, dalla Rai e da Maria Grazia Cucinotta (che si ritaglia un brevissimo cammeo nell'episodio italiano) con l'adesione
di alcuni importanti registi internazionali. Gli episodi mostrano i pregi e i limiti dei "corti": o azzecchi una sintesi folgorante,
oppure restano lì, sospesi. Almeno due sono molto belli. Uno è Bilu&Joao di Katia Lund, la quale ci mostra le peregrinazioni
di una bimba e di un ragazzino di San Paulo che sopravvivono raccogliendo cartone e lattine; l'altro, l'atroce Jesus children of
America di Spike Lee, dove una bambina, figlia di tossici, scopre di avere l'Aids. Senti un brivido lungo la schiena anche
vedendo Tanza di Charef, sui guerrieri africani di pochi anni (ma qui è particolarmente imbarazzante il doppiaggio, per
l'intero film in italiano con inflessioni romanesche); mentre Kusturica, mettendo in scena un ragazzino rom tra il riformatorio
e il padre che lo obbliga a rubare "kusturicheggia" troppo: musica, inseguimenti, sberle, alcol. John Woo ci presenta due
bimbe, una ricca e infelice, l'altra abbandonata, poverissima, dolcissima. E se non piangete di questo, di che cosa siete soliti
piangere? (Roberto Nepoti - la Repubblica 3/10/2006)
i primi quattro episodi sono molto belli. (...) Ciascuno nel proprio stile, questi magnifici registi raccontano brevi storie
emozionanti, sentite, senza alcun patetismo né melensaggine; pure gli episodi meno riusciti di Jordan e Ridley Scott,
Veneruso, John Woo, esprimono tutto l'amore e la solidarietà che hanno nutrito l'iniziativa. (Lietta Tornabuoni - La Stampa)
Ben riuscita la pellicola a episodi prodotta dalla Cucinotta e dedicata all'infanzia bistrattata nel mondo. (...) Di Kusturica e
Woo i momenti migliori, che li riportano ai livelli di quindici anni fa. (Maurizio Cabona - il Giornale)
“Tutti gli adulti sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano”. (Antoine De Saint-Exupery)
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Sulla scia di 11 settembre 2001 e di analoghi lavori collettivi (tra cui il progetto inedito in Italia Ten minutes older), All the
invisible children è un film ispirato dal nobile obiettivo di supportare l’Unicef nel sostegno all’infanzia abbandonata, sfruttata,
misera e a rischio abusi nelle zone più derelitte della terra come nel degrado urbano. Per sua natura, è un lavoro disomogeneo,
da valutare nelle singole componenti, sebbene il livello qualitatitivo sia mediamente soddisfacente. Presentato a Venezia dalla
madrina Cucinotta, che ha prodotto ed ha un cameo nell’episodio napoletano, si avvale di firme autorevoli, oltre che delle luci
di Vittorio Storaro nell’episodio italiano.
TANZA di Mehdi Charef
Sceneggiatura: Mehdi Chare … Fotografia: Philippe Brelot … Montaggio: Yannick Kergoat … Musiche: Rokia Traoré …
Interpreti: Adama Bila, Elisée Rouamba – 16’
Guerra civile in Africa: una pattuglia composta da giovanissimi, tra cui il dodicenne Tanza, deve far esplodere due bombe in
un paese. A Tanza il compito di collocare uno degli ordigni: l’obiettivo è una scuola, dove altri bambini come lui salteranno in
aria. La decisione di disinnescarla, tra difficoltà e pericoli, segnerà il suo ritorno a un’infanzia negata, simboleggiata da una
fionda nascosta e una foto di Ronaldo sul mitra. Impalpabile e irrisolto.
BLUE GYPSY di Emir Kusturica
Sceneggiatura: Stribor Kusturica … Fotografia: Glusika Milorad … Montaggio: Svetolik Mica Zajc … Musiche: No Smoking
Orchestra … Interpreti: Uros Milovanovic, Zurovac Dragan – 17’
Uscito dal carcere minorile, Uros sta per tornare alla vita col padre, che lo costringerà a rubare e a vagabondare. Meglio il
carcere… Beffardo e caustico, con ritmi da comica, non riserva sorprese per gli affezionati del regista bosniaco. Travolgente
l’incipit con scontro tra due cortei, uno nuziale l’altro funebre.
JESUS CHILDREN OF AMERICA di Spike Lee
Sceneggiatura: Cinque e Joie Lee … Fotografia: Cliff Charles … Montaggio: Barry Alexander Brown … Musiche: Terence
Blanchard … Interpreti: Rosie Perez, Hannah Hodson, Andre Royo – 20’
Brooklyn: Blanca è sieropositiva, i genitori hanno contratto l’Aids. Tra l’ostracismo delle compagne di scuola e l’ignoranza
degli adulti, apre gli occhi sui genitori tossici (la madre è la rediviva Rosie Perez) ed impara ad accettare la propria condizione
grazie a un gruppo di aiuto composto da ragazzi con lo stesso problema. Spike Lee allo stato puro: rapido, feroce, colorato,
emozionante. Il migliore in campo.
BILU & JOAO di Katia Lund
Sceneggiatura: Katia Lund, Eduardo Tripa … Fotografia: Toca Seabra … Montaggio: Estevan Santos … Musiche: Antonio
Pinto, Rica Amabis … Interpreti: Vera Fernandes, Francisco Anawake de Freitas – 15’
Bilu e Joao sono due piccolissimi robivecchi, vivono in strada raccogliendo di tutto per pochi soldi con il loro carretto. Tra
sogni di cibo e mattoni da portare a casa, non si scoraggiano nonostante soprusi e stenti. Lineare e poetico, tra baracche e
strade polverose, non spinge sul pedale delle emozioni ma lascia sapientemente che a parlare siano i due bambini, che
incarnano l’arte di arrangiarsi nell’era della globalizzazione.
JONATHAN di Jordan & Ridley Scott
Sceneggiatura: Jordan Scott … Fotografia: James Whitaker, Ben Davis … Montaggio: Dayn Williams … Musiche: Ramin
Djawadi … Interpreti: David Thewlis, Kelly MacDonald – 16’
Thewlis è un fotoreporter di guerra sopraffatto dall’orrore. Un viaggio mentale nell’infanzia, nelle gite al fiume con gli amici,
gli consentirà di trovare la chiave per accettare i drammi che osserva inerme: il formidabile istinto di sopravvivenza e aiuto
reciproco dei bambini, anche nelle situazioni più estreme. Onirico, con felici intuizioni di regia, è realizzato da padre e figlia
come un flusso di coscienza alla Virginia Woolf.
CIRO di Stefano Veneruso
Sceneggiatura: Diego De Silva, Stefano Veneruso … Fotografia: Vittorio Storaro … Montaggio: Ugo De Rossi … Musiche:
Bungt & Bangt … Interpreti: Daniele Vicorito, Emanuele Vicorito, Maria Grazia Cucinotta, Ernesto Mahieux – 13’
Nella giornata del giovane Ciro sono rappresentati tutti i mali e i luoghi comuni associati a Napoli, dopo uno scippo ai danni
di Ernesto Mahieux, espressi in siparietti da Giovanni Mauriello, Maria Grazia Cucinotta, Toni Esposito e il bravo Peppe
Lanzetta che ricetta i Rolex. Nonostante la penna di Diego De Silva, risulta scontato.
SONG SONG & LITTLE CAT di John Woo
Sceneggiatura: Li Qiang … Fotografia: Zeng Nianping … Montaggio: Robert Ferretti … Musiche: Lin Hai … Interpreti: Zhao
Zicun, Qi Ruyi – 19’
Una bimba ricca e infelice getta la bambola dal finestrino. La raccoglie un vecchio per la nipotina storpia, che grazie ai sudati
guadagni potrà andare a scuola. Dopo la morte improvvisa del vecchio, la piccola viene schiavizzata e mandata a vendere le
rose. Sarà lei a fare qualcosa per aiutare la bambina ricca, dandole rose e conforto. A catena, quest’ultima aiuterà la madre
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abbandonata a ritrovare l’equilibrio. Tra libro Cuore e melodramma, sopra le righe ma ben orchestrato, ha colpito la platea
veneziana. (www.fice.it)
Note:
- LA DURATA TOTALE DEL FILM E' DI 108'.
- I PROVENTI DEL FILM SARANNO DEVOLUTI AL WORLD FOUND PROGRAM DELL'UNICEF.
- FUORI CONCORSO ALLA 62MA MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA
(2005).
-BERLINALE 2006: Evento Collaterale
-BUSTER COPENHAGEN INTERNATIONAL CHILDREN'S FILM FESTIVAL 2006: Children Features
Competition
-COPENHAGEN INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2006: Untold Stories
-GÖTEBORG FILM FESTIVAL 2006: Masters - Old & New
-INDIELISBOA 2006: Osservatorio
-PREMIO SAINT-VINCENT PER IL CINEMA ITALIANO - GROLLE D'ORO 2006: Grolla d’Oro per il film
italiano più venduto all’estero
-CAPE TOWN WORLD CINEMA FESTIVAL 2005: Special Screenings
-FESTIVAL DO RIO 2005: Panorama
-INTERNATIONAL FILM FESTIVAL BRATISLAVA 2005: Made in Europe
-INTERNATIONAL THESSALONIKI FILM FESTIVAL 2005: Closing Night
-PRAGA SHORT FILM FESTIVAL 2005: Všechny neviditelné de(ti
-SÃO PAULO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2005: Sezione: Apresentação Especial todas as Crianças
Invisíveis
-TORONTO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2005: Special Presentation
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