1 gennaio 1805. Ieri sera con l`intervento del Vescovo, e questa con
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1 gennaio 1805. Ieri sera con l`intervento del Vescovo, e questa con
1805 1 gennaio 1805. Ieri sera con l'intervento del Vescovo, e questa con l'intervento del medesimo, del Capitano Avogadro, e dei Deputati si sono in Duomo fatte le due consuete funzioni. 2 gennaio 1805. Oggi finalmente ho avuto nuova sicura del luogo dove è caduto il nostro pallone aereostatico lanciato a Bartesinella gli 11 ottobre 1804. Cadde nel Territorio padovano nel canale della Roza che fa girare i Molini di Trentomozzo al di là di Grantorto Padovano. Siccome cadde nell'acqua si sciolse tosto, ma da alcuni pezzi di carta raccolti si conobbe lo scritto, e gli autori. Finora il freddo non è stato molto sensibile tranne due o tre giorni ai primi di dicembre; nei quali per altro non fu violento. Ho veduto oggi un pesce pietrificato trovato in Altissimo nei mesi passati, di una estrema rarità per la sua strana lunghezza di circa cinque piedi, simile a cui non credo che si trovi in alcun museo. È pietrificato nella stessa pietra, e nella stessa maniera di quei di Bolca tanto rari e ricercati. È difficile di determinarlo, molte di lui parti essendo ancora coperte e nascoste dalle scaglie di pietra cui bisognerebbe destramente levare. Ma v’ha bisogno di una mano perita assai. Altro pezzo di storia naturale assai singolare ho veduto io in casa del signor Girolamo Baretton; quest’è una testa di cocodrillo con tutti i suoi denti; e le origini dei medesimi petrafatti in una maniera diversa da quella di Bolca, perché le parti sono rilevate; e quasi darei la preferenza a quest'ultimo benché anche il pesce veduto oggi sia di un pregio incomparabile, massimamente per la bella conservazione e risalto della spina che dal fine della coda rimonta sino alla testa. Non è molto largo, ma non si può definire la sua larghezza mentre è probabile che una gran parte della medesima si trovi sotto la scaglia. Ieri sera un sacrilego lasciatosi chiudere in Duomo dopo la funzione rubò nella scorsa notte la Cassella delle Anime dove eranvi 200 lire. Grazie a Dio si conta che la peste di Livorno sia terminata. 8 gennaio 1805. Questa sera è morta la co. Elisabetta Caldogno moglie del fu Vincenzo Capra. Questa piissima dama condusse sempre la sua lunga vita in un continuo ritiro tra le sue domestiche mura nell'esercizio di tutte le virtù. 11 gennaio 1805. Da più giorni abbiamo un bel sereno. Le giornate sono belle, piuttosto fredde ma non eccessivamente; e sinora freddi acuti non abbiamo sentiti. 15 gennaio 1805. Mediocre escrescenza d'acqua per la molta pioggia di ieri. Ieri sera i comici nel teatro Eretenio hanno rappresentato una commedia intitolata La giustizia vecchia sotto terra. Non la conosco. Quando fu il momento in cui si presentò il capo comico per l'invito di questa sera, gli uditori col batter le mani in segno di volere che questa fosse replicata; anzi più d'uno gridava Replica Replica. Allora insorse da un palco un uffiziale tedesco che disse no replica; replica no. L'uditorio seguitava a dar segni di volerla; e allora il bravo uffiziale mandò soldati a mettere in arresto due di quelli che gridavano replica, uno dei quali era un servitore della contessa Maddalena Costa; e quelli per altro furono lasciati in libertà. Il capo comico per non entrare in un impegno, questa mattina si portò dal Capitano provinciale, alla Polizia, e dal generale Sommariva per sapere se avesse da replicare la commedia o no. Tutti gli dissero di sì. 1805 Vicenza Il Teatro Eretenio come si presentava prima della sua distruzione durante il bombardamento del 1944. it.Wikipedia.org Era ad ogni modo ad aspettarsi una scena. Appena cominciata la commedia molti ufficiali che erano presso l'orchestra di aver segno d’inquietudine col far dello strepito, battere i piedi ec. L'ordinanza cominciò a fremere contro gli uffiziali. Il comandante mandò a dire agli ufficiali che tacessero. Essi si mosser di più e vennero a far due ale alla porta della platea. Allora un d’essi si portò tra le scene a rimproverare il capocomico; gli stracciò il libro, e gli disse che l'ufficialità esigeva che egli venisse in persona a domandare scusa, assicurandolo peraltro che non gli verrebbe fatto alcun male; il povero capo si lasciò condurre, e quando fu in mezzo di loro gli malmenarono il vestito da comico. E così in questa figura più che comica lo mandarono in corpo di guardia. Il comandante lo mandò a levar subito, imponendogli di seguitare la commedia, ma col libro lacerato, con questa paura in corpo, col teatro che si era quasi svuotato per timore di questi guerrieri, si fecero poche scene di pasticcio si calò il sipario. Vicentini lasciate che i soldati si divertino da sé soli; e quando essi sono in qualche assemblea voi ritiratevi a casa vostra. 16 gennaio 1805. Questa mattina è morto in età di più di ottant'anni l'abate Antonio Stecchini, ex gesuita, uomo assai dotto e di vita santissima. 17 gennaio 1805 Eretto un gran palco perpendicolarmente sotto la finestra del palazzo pretorio che guarda sulla piazza della Biada ed alto tanto che arriva a baciare i primi balconi del med. eretto un tavolato alto ossia altro palco in mezzo alla piazza della Biada rimpetto al primo, questa mattina un'ora prima del mezzogiorno si portarono i giudici criminali, col Nodaro sul palco alto montandovi per la finestra del palazzo, e sul tavolato eretto in faccia fu condotto incatenato Francesco d'Abano attorniato da birri e soldati. Allora dal palco alto gli fu letta la sua sentenza che lo condanna al carcere durissimo in vita. Dopo di che i giudici partirono e il reo fu ricondotto in prigione. Così vuole il nuovo Codice Criminale, che si pratichi quando si pubblicano le sentenze di gravi misfatti. Cosa peraltro che non produce nessun effetto. Questa è la prima volta che viene posta in uso. Per l'addietro si pubblicavano nel salone della Ragione, senza tanto dispendio infinito fu il concorso del popolo per vedere questo meschino spettacolo. 21 gennaio 1805. La scorsa notte ha nevicato in poca quantità. 1805 22 gennaio 1805. La rovinosa pioggia di ieri, e la più rovinosa di oggi, lo squagliamento delle nevi montane per lo straordinario scirocco ha prodotto una tale inondazione che ha questa stagione non ne abbiamo esempio; e l'acqua seguita a crescere. È giunta la nuova del fine della Repubblica Cisalpina ossia Italica e l'Imperatore di Francia ossia Napoleone l’ha disciolta, e invece l’ha dichiarata monarchia creando re d'Italia Giuseppe Bonaparte suo fratello. Non credo che vi sia mai stata Repubblica che abbia avuto vita più corta, perché non credo che abbia compiti i cinque anni oh! La bella libertà ed eguaglianza, che hanno goduto e godranno quei popoli dell'Insubria! Dove sono andate presto a fine quelle scellerate parole libertà o morte e quel sacrilego e infame giuramento di odio ai Monarchi e alle Monarchie? 23 gennaio 1805. L'alluvione di ieri che fu ben grande ha recato gran danno a Caldogno dove ruppe gli argini del Timonchio con gravissimo danno delle due nobili famiglie Caldogno e molti abitanti fuggirono dalle loro case per timor di ruina, avendo l'acqua inondato gran parte del paese. Lo stesso a Meledo. 25 gennaio 1805. La scorsa notte avanti mezzanotte è morta la giovine sposa contessa Elena Mattarelli, moglie del co. Mario Bissari. Due qualità rendono la sua perdita amarissima a tutta la Città. La sua gioventù di circa 24 anni e la sua rara bontà dei costumi. La gran pioggia di ieri ha prodotto oggi un'alluvione, la quale benché minore di quella dell'altro giorno è assai inflessibile, è rarissima in questa stagione. Fui a veder oggi di nuovo il pesce pietrificato di cui ho parlato ai 2 del cor.e. Adesso da un bravissimo artefice è stato eccellentemente scoperto ed unito. Ora che tutte le sue parti sono interamente congiunte, la sua lunghezza è di piedi quattro e oncie due. Non è facile determinare ad ogni modo la specie mentre la testa è schiacciata e sformata; e una quantità di piccoli denti vi si veggono confusamente incastrati dentro Ha qualche somiglianza col cane di mare (Reguin) anche colla volpe marina (Renard marin) Checchesia il pezzo è insigne; e Bolca non ne ha mai dato uno simile. Presentemente si trova in casa del Faustino Palazzi a S. Paolo, dove fu accomodato, essendo egli Vicario alle miniere. Non so quale sarà il suo futuro destino. 26 gennaio 1805. L'alluvione di ieri ha portato nuovi danni a Caldogno, atterrando nuovi argini, e mandando a pericolo molte case. 28 gennaio 1805. Per le continue piogge, l'acqua già per se stessa ancora si è qualche poco gonfiata. 30 gennaio 1805. Direttissima pioggia tutta la notte passata, e questa mattina che ha prodotto una nuova nota abilissima inondazione, che va crescendo in questa sera. Sono giorni moltissimi che piove continuamente e a dirotto. *** 1805 12 febbraio 1805. Feste, balli, maschere, teatri queste sono le cose che occupano al presente il paese; e intanto un nostro governo austriaco sta preparando un nuovo censimento di campi, e a momenti scoppierà l'Editto; e quel che è peggio il governo francese manda una formidabile armata nella limitrofa Cisalpina e fortifica Legnago, Verona, Mantova, Peschiera. Che significa questo? Molti sono d'opinione, e prego Dio che si ingannino, che i francesi ritornino ad ingoiarci, e lo meritiamo veramente. Ladri girano la notte per la Città e spesso si sentono dei furti. La notte passata furono tentate in tre luoghi diversi Oh! Tempi infausti! Oh carestia di corde di fruste, forche, ergastoli e galere! 13 febbraio 1805. Tutto era disposto in Legnago e in Verona dalla parte dei francesi per venire a occupare le nostre Città di Padova, Vicenza eccetera. E ciò perché il nostro Monarca ricusava di riconoscere il nuovo re d'Italia stabilito dal Monarca di Francia Bonaparte. Tutto peraltro fu sospeso perché attesi questi movimenti risoluti il nostro Sovrano ha creduto bene di riconoscere questo re che sarà Giuseppe Bonaparte fratello dell'imperatore di Francia. Ma vedete a quali condizioni siamo noi. 17 febbraio 1805. Domenica della Sessagesima. La scorsa notte è morto il degnissimo cavaliere co. Francesco Tiene q. Leonardo di anni 72. Si ammalò in villa di Tiene; guarì perfettamente e si risolse di venire a Vicenza. Il cambiamento dell'aria della stanza gli procurò una ricaduta in cui dovette soccombere. Tutta la Città udì con grande amarezza la pubblicazione dell'editto del Governo Generale con cui si intima ad ogni possidente di dover in termine di tre mesi dar nota giurata delle rendite, del valore, del numero di tutti i suoi campi, di tutte le sue case tanto di Città quanto di campagna, con minaccia di mandare, dopo i suddetti tre mesi, periti a verificare polizze e di fiscar quanto si fosse occultato o stimato meno del dovere. Questo proclama di censimento fu pubblicato oggi in tutte le parrocchie della Città, e delle ville; e hà fatto pranzare con poco appetito. Precedente a questo censimento fu eletto il co. Marcello Negri cavalier vicentino di molto talento e di somma riputazione. Questa elezione fu gradita da tutta la Città. Dobbiamo lamentarci di noi stessi, che a forza di teatri, di spettacoli, di feste, di divertimenti, di conviti, di lusso abbiamo fatto nascere la micidiale idea di una eccessiva ricchezza di questi nostri paesi. Adesso pagheremo la pena della nostra viziosa imprudenza. A quel che si dice la produzione della polizza sopr.a susseguirà forse una una tassa del 10 per cento su tutta l’entrata calcolata sopra sopra [sic]. Ad ogni modo tutto sarà lieve purché non si ricada in mano dei nostri liberatori francesi. 20 febbraio 1805. Per la molta pioggia di ieri, oggi si è fatta una piccola escrescenza di acque. Questa sera i signori Accademici olimpici tennero Accademia nella solita loro sala del Teatro. L'argomento proposto fin da un anno un mezzo fa era La Maschera e recitarono i seguenti D. Lorenzo Tornieri Principe. D. Niccolò Nievo. D. Marcantonio Trissino D. Sebastiano Anti . D. Enrico Bissari. Introduzione Seste rime. …… Novella in ottave. Sonetto. 1805 Ab. Del Pian. D. Giacomo Tornieri. Ab. Francesco Berti. D. Antonio Piovene f. Alessandro. Ab. Matteo Capparozzo. D. Arnaldo I° Tornieri D. Francesco Tornieri Idilio. Ottave. Seste rime. Anacreontica Anacrontica. Dialogo In terza rima Vi fu un gran concorso nobile, e vi intervenne il vice Lederer; e l'Accademia riuscì con applauso, quantunque sien questi tempi, in cui i poeti cantano con poco gusto. Ad ogni modo la piazza, e le vie sono in questi giorni pieni di maschere. Seguitano i ladri notturni a fare il loro mestiere a fronte dei copiosi fanali illuminatori della Città; e non la notte passata ma nell'antecedente seguì un furto considerabilissimo in casa dei co. Branzi in Reale. 22 febbraio 1805. La notte passata un'ora prima della mezzanotte fu sentita da molti una piccola scossa di tremuoto, che Dio ne liberi. 23 febbraio 1805. Questa mattina nella chiesa di Ognissanti dal cappellano dell'armata è stato battezzato un giovine soldato di questo reggimento di fanteria, padrini il conte Niccolò Nievo e Muzio Tornieri. Questo soldato venuto alla fede era Turco Egiziano Mamelucco venuto dall'Egitto con Bonaparte. Servì qualche anno con i francesi sotto quella folle Repubblica. Di là fuggito si arruolò nelle truppe austriache, e corrispose alla grazia di Dio. La funzione riuscì bene e vi fu un grande concorso. 25 febbraio 1805. Lunedì grasso. La processione votiva partì dal Duomo mezz'ora prima di mezzodì per andare alla B. V. di Monte. Vi intervenne l'esemplarissimo monsignor Vescovo, e i Deputati, non il capitano Avogadro che non è in Città. Questa sera a un’ora e mezzo di notte intruso un ladro inosservato in sala, passò da essa nel camerino contiguo dei due scalini, e si appiattò nel poggiuolo tra gli scuri e la vetrata; e vi stette finché andammo a cena; allora passò nella camera dell'arcova dove rubò sul momento due sottocoppe, una guantieretta, [piccolo vassoio] un calamaro con i suoi accompagnamenti, tutto d'argento per la summa di circa 90 oncie; indi aprì la serratura tedesca del camerino e per la sala si fuggì via. Ho ammirato la condotta e l'ingegnosa intelligenza di questo ladro. *** 1 marzo 1805. Avuto sicura notizia che l'argenteria rubata in mia casa il giorno 25 passato era stata venduta a Padova ad un orefice, ho spedito a Padova uno dei miei figli il quale oggi me l'ha portata a casa tutta intera sana ed intatta, senza che niente manchi o sia pregiudicato. Caso veramente prodigioso, ed inaspettato che mi fa riconoscere la mano benefica del Signore, cui non ho lingua da ringraziare. Questa sera discendendo dalle scale dei co. Trissini di Ponte Furo il co. Antonio Loschi, cavalier prestantissimo e uno dei Padri della Patria, cadde e si infranse sgraziatamente una coscia con estremo rammarico di ogni ceto di persone. 1805 10 marzo 1805. Predica in Duomo questa quaresima il padre Don Felice de Vecchi, C. R. Barnabita con sommo applauso, e con straordinario concorso a tal segno che questa mattina occupava la scalinata della cappella maggiore, cosa di cui in questo giorno non mi ricordo esempio, se non predicando il padre Pellegrini gesuita celeberrimo. Questo Padre Barnabita fu uno di quei degni soggetti che diedero le Missioni in Vicenza con tanto strepito sono due o tre anni, e per ciò è molto cognito, stimato, ed amato. Non mi pare di aver notato mai il nuovo sistema di giudicatura Criminale e Civile, assai più intralciato e dispendioso di quello che era sotto i Veneziani. Ma oltre che questa materia esigerebbe un lungo dettaglio, confesso di non conoscerla e neppur ho genio di conoscerla; basti il dire che finora i giudici sia civili che criminali sono cavati tutti dal Nob. nostro Collegio dei giuristi ossia Dottori di collegio. 16 marzo 1805. Dacché tengo nota degli avvenimenti di questo paese, non ne ho scritto uno più orrido di quello che è avvenuto questa mattina nella chiesa dei Padri Scalzi di San Girolamo. Raccapriccierà chiunque lo legge se non è vecchio scolaro di Voltaire e d’Alembert. Mentre uno di questi religiosi amministrava l'Eucaristia sacrosanta si presentò a riceverla un soldato comune di questa truppa. Non sì tosto ebbe accetta la sacra particola altro non fece che schernire e motteggiare d'un tono sacrilegamente irrisorio a segno che ne rimasero alcuni fanciulli che erano in chiesa scandalizzati e un d’essi fuggì spaventato di Chiesa. Avvisato il padre Priore v’accorse, ammonì lo scellerato, il quale coerente a se stesso rispose me ne confesserò. Per chi serbasi il carcere durissimo del giudice Giuseppino, [di Giuseppe II re di Prussia] per chi le forche e le fucilature? 19 marzo 1805. Nei dì passati furono in Creazzo quattro disertori francesi i quali entrarono in diverse case di quei contadini asserendo di esservi stati altra volta al tempo cioè del famoso saccheggio del genn. 1801; e lasciandoli impauriti col dir loro che l'armata francese presto ritornerà. Brutto complimento; ma purtroppo molti lo temono. L’Imperator nostro per l'accordo di Marengo non può qui erger fortezza, non può in Vicenza tenere un cannone. La nostra posizione è dunque affatto precaria. A Palazzolo diocesi di Brescia, vi è una chiesetta abbandonata campestre nella quale vi è l'immagine di Maria Santissima dipinta col bambino e con S. Pietro. Ora da più giorni in qua queste tre sante immagini cangiano visibilmente di colori, ora divenendo rubiconde ora pallide. Tale è il concorso, tali le testimonianze anche del Vicario capitolare di Brescia che rendono il fatto incontestabile. 22 marzo 1805. La scorsa notte fu rubata molta argenteria al nostro mons. Vescovo per la summa di circa 500 ducati, rompendo la porta dove si ritrovava rinchiusa. Molto mi stupisco che essendo la Città tutta illuminata da fanali succedano tanti furti. Sarebbe mai da pensare che il lume loro servisse di vantaggio? Gli auguro da Dio la rara sorte che ho avuto io di recuperarla tutto intera. L'ha avuta. 1805 24 marzo 1805. Questa sera fu ritrovato annegato un bambino nato di fresco in una fossa che si trova vicina alle mura della Città, che chiudono riparano, e separano l'orto di San Rocco dalla lunga e verde Piarda della Città, che anticamente era la fossa delle mura. 26 marzo 1805 Questa sera al tramonto del sole si attaccò fuoco alla casa dei signori Saggiotti in contrà di Casa del Diavolo. Si mise in moto la soldatesca; ma grazie a Dio presto fu spento senza danno. 31 marzo 1805. Dopo una serie di circa due settimane di giornate ridenti e tepide, da dieci giorni in quasi è sopraggiunto un sereno freddo con brina alla notte e qualche principio di gelo. È proclamato re d'Italia non più Giuseppe Bonaparte, ma il di lui fratello Napoleone, già Imperatore dei francesi. Addio dunque Repubblica Cisalpina morta Bambina. Addio giuramento sacrilego di odio ai Re, e ai Monarchi, e ai Troni della terra. Spirito umano tocca a te di combinare queste tue contraddizioni. Ma intanto di questi nostri paesi il destino quale sarà? Si tratta adesso in Vicenza una eccellente fondazione. Si va cercando persone che contribuiscano danaro onde formare la somma di 2000 ducati investita la quale rendendo ogni cinque anni il pro di cinquecento ducati, con questi ogni cinquennio si possono far venire a Vicenza le missioni. Monsignor Vescovo è alla testa con la direzione e con la borsa di questo progetto il quale è ben avanzato. Si trovarono 80.000 ducati per fabbricare il Teatro Eretenio, e mandar tante anime a casa del diavolo, gran fatto che non se ne trovino 2000 per far venire ogni cinque anni le missioni e mandare qualche anima in paradiso? Staremo a vedere quali ostacoli farà nascere il demonio ed il mondo a questo progetto che non dee lor piacere. *** 3 aprile 1805. È partita quasi tutta la truppa di fanteria per andare al Piave a formarvi un campo di esercizio e per attenervisi qualche settimana; così farà anche la cavalleria. 10 aprile 1805. Mercordì santo. Si è fatta la processione solita del fine delle 40 ore. Monsig. Vescovo portava il Santissimo, seguivano i Deputati col nuovo vestiario indecoroso per un Magistrato e ridicolo. Ma non v’erano il Capitano Avogadro, né il vice Lederer. Vi erano i ceti Regolari, ma ognuno di essi era composto di pochissimi individui; laddove quarant'anni fa ogni ceto era numerosissimo, e dava consolazione ed edificazione. Ecco l'estratto delle leggi venete, le quali peraltro hanno distrutto la Repubblica prima di distruggere i frati tutti. Alcuni pochi resistono ancora, ma un sol gentiluomo Veneziano non esiste più. Il peggio è che queste leggi sono ancora in vigore. Invece di far rivivere le leggi vigenti il 1 gennaio 1796 bisognava andar due secoli indietro e far rivivere quelle dell'epoca 1596 avanti che fra Paolo [Sarpi] confondesse con le sue cattive dottrine le teste dei veneziani. 11 aprile 1805. Giovedì santo. Dopo il pontificale, a cui intervennero i Deputati, e il Capitano Avogadro, Mons. Vescovo nella Capella maggiore lavò secondo il suo solito i piedi a dodici poveri. 1805 12 aprile 1805. Si è fatta questa sera la processione consueta, portata la Santa Croce da mons. Vescovo, seguita dal Capitano Avogadro, e dai Deputati. Il Duomo era pieno straordinariamente di gente, come lo era alla predica di questa mattina. Dal principio di questo mese in qua sono e seguitano [giornate] assai fredde a cagione della gran neve che piombò quasi ogni giorno sulle montagne. 13 aprile 1805. Sabbato santo. Fu nella scorsa notte una brina molto considerabile. 14 aprile 1805. Giorno di Pasqua di resurrezione. Monsignor Vescovo ha pontificato in Duomo presente il Capitano Avogadro con i Deputati e molta gente. Le persone più riflessive trovano con sommo loro dolore verisimilissimo che Bonaparte Imperatore di Francia e d'Italia (dove tra poco verrà a prendere con grande solennità la corona reale) vorrà dilatare il suo Regno Italico dalla parte di questi nostri Stati Veneti; e che però cederà al nostro sovrano qualche Stato nella Fiandra, o altrove e che noi saremmo cessi a lui irreparabilmente. Sarebbe questa la regina delle disgrazie; e io purtroppo la temo. Non trovando maniera di spiegare filosoficamente il prodigio dell'immagine della B. V. di Palazzolo da me accennato ai 19 di marzo, quel governo divoto e pio ha giudicato di far demolire la Chiesa. Non è questo un autenticare il miracolo luminosamente anche dal governo? Vedete a quale eccesso siam giunti? In altri tempi si avrebbe ivi fabbricato un tempio, e incorporata la chiesuola, e le immagini miracolose. Mirate diversa maniera di pensare. 18 aprile 1805. Cominciano le funeste canzoni. Da molte parti vengono nuove che gli Stati veneti sono ceduti al re d'Italia Bonaparte dal nostro Sovrano, il quale avrà un compenso in qualche altra parte. Probabilmente dunque i nostri soldati austriaci che sono andati al campo in territorio trevigiano non tornano più indietro, e forse fu una finzione per partire di qua con qualche pretesto. Si parla come di cosa certa, che in questo mese cangeremo Sovrano. I buoni veneti non tornan più. Con tutto ciò non avendo queste voci un autentico fondamento, si può dubitare della loro verità. 21 aprile 1805. Questa mattina è morto il buon cavaliere co. Antonio Branzo di circa 80 anni. Da molti mesi aveva cangiata interamente fisionomia e guardatura a segno che per la strada non era riconoscibile trafitto anche da una tetrissima malinconia. *** 9 maggio 1805. A Schio la notte passata si attaccò il fuoco ad un mulino. L'attività stessa del mulino lo cagionò. Le persone che dormivano a pianterreno si salvarono. Non così quelle che abitavano al piano superiore, il quale aveva la finestra armata di inferriate; furono tutte prede del fuoco cioè marito, moglie gravida, e un loro fanciullo di tenerissima età. Caso funestissimo e compassionevole. 1805 10 maggio 1805. Oggi è morto con dispiacere di tutta la Città il signor Bortolo Clementi. 11 maggio 1805. Essendo vicino il giorno 17 maggio ultimo termine di presentare il foglio giurato e complicatissimo del censimento dimostrante l'asse di ogni possidente, cosa che ha turbato ogni cittadino, e messolo a grandi studi e angustiosi imbarazzi; e d'altronde non essendo stato possibile alle famiglie di compilarlo nel breve periodo di tre mesi, e di presentarlo prima d'ora, quindi è che la folla dei presentatori in questi giorni, è tale che neppure è possibile accostarsi alla Camera a tal uso poco lieto destinata, e il governo è stato in necessità di accordare una proroga. Non sono poche le spese che incontra ogni famiglia per mettere all'ordine questo foglio nella maniera con cui si esige. 14 maggio 1805. La pioggia di ieri continua ha prodotto un'escrescenza non piccola d'acqua. È morto il co. Muzio Negri. Era dottor di Coleggio, e fù buon giudice. È morto oggi pure, o la scorsa notte il co. Antonio Mascarello, che abitava quasi sempre in campagna. Da qualche giorno è giunto in Milano l'Imperatore dei francesi Napoleone Bonaparte il quale si ha assunto il titolo di re d'Italia invece di Giuseppe suo fratello come prima lo aveva dichiarato, e presto si farà coronare. 15 maggio 1805. Quaranta mila circa polizze del censimento quasi tutte compilate in questi ultimi giorni, e presentate dai possessori hanno tirata in Vicenza una folla di contadini che ingombravano il Capitaniato, e la strada d'ingresso; e pochi sono quelli che possono entrare per la gran calca; quindi risse, ed inconvenienti, che non si han preveduti. Chi vuol proroga convien che la domandi con supplica scritta e documentata. Oh! Il movimento e la confusione che ne deriva. I villani quasi tutti col bastone in mano si oppongono perché altri non passino, e guadagnino il posto, dicendo che sta a loro andare avanti dopo più giorni che sono venuti dalle ville e che aspettano inutilmente di essere introdotti. Il Capitano Avogadro si affaccia alle finestre e dice: Andate a casa non vi succederà cosa alcuna; ma invano nessuno si muove; pare proprio che ad ogni momento si abbia da alzare la Rua. Questi sono oggetti affatto nuovi per noi, dei quali non avevamo idea. 20 maggio 1805. In questi giorni ritornano in Vicenza tutti i soldati di cavalle[ria] e di fanteria che erano andati nel passato aprile a formare un campo verso la Piave. Ed ecco di nuovo tutta la Città ingombrata come prima. Nei giorni passati della loro lontananza ci pareva di essere felici. Attesa la impossibilità di poter spedire nel tempo prescritto la Polizza del Censimento, il Governo ha accordato una proroga. Per altro con questa amara espressione, che chiunque si presenterà abbia da giustificare con ragioni che saranno esaminate la sua tardanza; e i fondi non denunziati saranno giudicati come diserti. La proroga sarà sino ai 26 luglio. I buoni veneti Non tornan più. Adesso solo si incomincia a sentire un principio di caldo; peraltro finora la stagione fu sempre fredda. Tutto aprile e maggio finora freddo. 1805 24 maggio 1805. È giunta la nuova tanto desiderata come il sommo pontefice Pio VII è ritornato in Roma il giorno 16 cor.e con un ingresso dei più commoventi e più splendidi che si disse non mai veduti, e ben diverso da quello che pochi giorni fa fece in Milano Bonaparte imperatore e re, dove non si udì voce che gridasse evviva. Era partito da Roma ai primi del passato novembre, e si trattenne a Parigi tutti questi mesi. Dio lo feliciti. 26 maggio 1805. Giorno di Santa Corona. Fu fatta la solita processione di Santa Spina, tralasciando peraltro come purtroppo ha cominciato a fare da pochi anni in qua di far comparire in seguito della processione San Luigi re di Francia donatore di questa reliquia. Mi pare che anzi sarebbero questi tempi di far comparire in processione non solo San Luigi, ma anche il di lui il pronipote martire Luigi XVI. Vile rispetto umano, quid non mortalia pectora cogis? Forse perché una truppa di vostri sicari assassinarono Luigi XVI, ottimo re, si tentò di abolire la sua memoria e quella dei suoi antenati? Un delitto perde forse la sua reità, perché commesso dodici anni sono? L'infamia di questo mito non durerà finché dura Parigi, e la Francia? Quale forza può avere il tempo per diminuirla? J. Louis David – L’incoronazione di Napoleone Imperatore 31 maggio 1805. È giunta nuova come nel giorno 26 corrente in Milano Bonaparte Imperatore dei francesi, è stato coronato Re d'Italia. Il cielo ch’era nuvoloso s'intorbida sempre e massimamente per noi che siamo sui confini esposti sempre ad essere maltrattati o dai vincitori, o dai vinti; tanto più che il nostro Sovrano non vuole riconoscere questo re d'Italia, né ha spedito a Milano verun ambasciatore. Se Dio non provvede, la rottura pare imminente. Ieri fu restituita tutta l'argenteria a monsignor Vescovo che gli era stata rubata li 22 marzo passato. Oggi tempesta a Doville, Povolaro, Maran. *** 1805 2 giugno 1805. Ammirate portentosa contraddizione dello spirito umano, di cui non troverete esempio in alcuna storia. Alcuni anni fa non si udiva altro che libertà, eguaglianza, giuramenti orribili di Dio contro i monarchi e alle monarchie e adesso gran parte dell'Europa oltre tutta la Francia, ubbidisce tremando ad un solo Sovrano che le impone al suo talento le leggi. Imparate cosa voglia dire l'abbandonare della religione. Vorrei sapere come i bravi filosofi combinino questa tremenda contraddizione. d.°.Giorno di Pentecoste. Il Vescovo non ha fatto pontificale, ma ha assistito alla messa cantata dall'Arcidiacono Balzi; dopo la quale in piviale, e assistito da due Canonici salì in pulpito e recitò una bella omelia ad una numerosa udienza sopra l'uso degli orecchi [ frase latina non chiara] per non udire discorsi irreligiosi [altra frase latina] contro i discorsi immodesti. Furono questi i due punti. 9 giugno 1805. La scorsa notte entrarono i ladri nel convento dell’Araceli; ma non altro rubarono che della carne porcina e un taglio di lardo. L'orizonte politico è tuttavia oscuro, e mi accorgo da argomenti sicuri che anche il Capitaniato Provinciale si trova in qualche paura; niente più facile da aspettarsi e da meritarsi, quanto un'irruzione dei francesi, massimamente in queste circostanze nelle quali pare che il nostro sovrano, ed il re d'Italia non vadano molto d'accordo. Ognuno dei quattro lati della piramide più grande d’Egitto è lungo piedi 572. L’altezza perpendicolare della piramide è di piedi 401. Avendo ciò letto oggi mi è piaciuto qui registrarlo, comecché fuori di luogo. 13 giugno 1805. Giorno del Corpus Domini. La processione partì dal Duomo più di due ore avanti mezzodì. Il SS. Sacramento era portato dal Vescovo; ed era accompagnato dai Deputati e dal Vice Capitanio Lederer, trovandosi convalescente il Cap.o Avogadro. La Rua fu alzata un quarto d'ora prima di mezzogiorno tra una gran folla di popolo, e gran polvere. Fece il giro consueto e fu riposta due ore dopo mezzodì. Era di buona comparsa, perché fu alquanto risarcita l'anno passato per il principe Giovanni, ad ogni modo in quest'anno si vedevano nel tabernacolo della Giustizia i due legni dello scheletro della Rua, e facevano un pessimo effetto. La processione era anche accompagnata da pochi soldati di fanteria e di cavalleria. Fu bella la corsa del Pallio perché erano 10 cavalli arrolati e giunsero tutti con poco intervallo. Quello che sarebbe stato il primo, cadde a Pozzo Rosso due o tre volte; e fu vincitore il cavallo di un padovano. Il Campo Marzo fu numeroso di legni; ma non corrispose la gente a piedi; infatti ora il Campo Marzo in grazia di questa milizia è ridotto un campaccio da manzi. Il caldo oggi a gradi 22 sul termometro di Reaumur. La caduta di quel cavallo a Pozzo Rosso fu cagione che cadesse a terra il P.re Pellegrino Rubieri dei Servi di Maria del convento di Monte, e fosse gravemente maltrattato dal cavallo. Questo povero religioso si trovava sul selciato per vedere la corsa. Altre disgrazie sono accadute nell'atto di fermare i cavalli alla meta; tra gli altri caddero alcuni soldati che ivi stavano aspettando per fermare i cavalli; e taluno ne riportò danno considerabile. Fuge rumores. La sera v’ebbe festa da Ballo al Casino dei Nobili. 14 giugno 1805. Il caldo sopra i gradi 23. 1805 Depurati meglio i fatti di ieri, eccoli nella loro veridica ingenuità. Caduto un cavallo nell'atto della corsa sulla lista del marciapiedi di Pozzo Rosso dove probabilmente vi sarà stato spinto da qualche plebeo che lo aveva spaventato come si usa, cadde a terra, e fece cadere una donna che era ivi, e non si fece gran male; tutta la gente vicina si commosse tra cui il P.re Pellegrino sud.o il quale credendo di fuggire il pericolo passò attraverso il corso per andare dall'altra parte, non avvisando che in quel punto sopraggiungeva un altro cavallo dal quale fu gettato a terra nel modo che ho detto; ma si spera che la percossa in testa non sia mortale. Ma poi molti soldati per fermare i cavalli fecero una barriera dalla propria parte ai cavalli medesimi sostenuta al di dietro da altri soldati tutti uniti e stretti nel modo stesso. Riuscì loro benissimo di resistere ai colpi dei primi cavalli, ma l'impeto dei secondi scompaginò questa barriera di pance; tutti andarono a terra; cavalli e soldati tutti con le gambe all'aria. Non ne ritrassero gran danno. Grande fu la confusione; e la cosa finì che un uffiziale andò a bastonarli per guarirli dalle percosse. 15 giugno 1805. Il caldo al grado stesso di ieri. È morta oggi di 28 anni la co. Tonina, nata Vecchia, v. q. Marcantonio Marchesini. Tutti compiangono la di lei morte preceduta poco tempo fa da quella del marito, del cognato, della zia, del padre, del fratello. 16 giugno 1805 Questa sera fu temporale che portò tempesta desolatrice a Campiglia, Cologna. 18 giugno 1805. Fu piccola escrescenza d'acqua per la grande ma opportunissima pioggia di ieri, e massimamente della notte passata. 20 giugno 1805. Nuova piccola escrescenza d'acqua per nuove abbondantissime piogge. 21 giugno 1805. Questa sera il principiare della notte fu temporale con gran tempesta alle Torri, a S. Pietro in Trigogna, e più lieve sul tener di Marola, nelli Palù e grandissima a Lerin. Sono all'Isola alcuni piccoli cannoni austriaci tornati indietro da Verona dove giorni fa erano stati da Venezia mandati per corrispondere allo sparo come hanno fatto all'ingresso in Verona del re d'Italia in Verona [sic]; e adesso ritornano a casa, perché qui, per patto espresso, il nostro Sovrano non può tener cannoni. Vedete che condizione umiliante. 22 giugno 1805. Questa mattina fu temporale a un'ora prima di terza con tempesta a Novoledo, Villaverla, Costa. Da più giorni molti dei nostri soldati partono da Vicenza per Venezia ed altri luoghi. Nonostante ne rimane un gran numero. 26 giugno 1805 La notte passata in Pusterla fu ferito dietro le spalle con un colpo di pistolla un tal Finozzi non si sa da chi. La ferita grazie a Dio non fu mortale. 28 giugno 1805. Escrescenza non grande d'acqua, anzi straordinariamente mite in questa stagione per la gran pioggia di ieri sera. 1805 La stagione da più giorni è piovosa e temporalesca. Quattro ore dopo mezzodì le monache dell'Araceli sorpresero un soldato nella stanza del salvarobba nell'atto che mangiava tranquillamente un pezzo di arrosto freddo che ivi trovò: e che andava distaccando i salami. Mandarono a chiamare i soldati che guardavano la porta di Santa Lucia. Questo guerriero intanto si inginocchiò ai piedi delle monache chiedendo pietà, tentò di uscire dalla porta anche dimenando la baionetta ma poi fuggì nel brollo; si arrampicò sulla mura per dove era entrato, saltò nel prato del c. ……; ma ivi trovò gente appostata, che lo fermò; lo disarmò, lo consegnò ai soldati che lo condussero in corpo di Guardia. *** 2 luglio 1805. Il frumento vale lire 14 allo staro e il sorgo lire 6. 4 luglio 1805. Ritorna il caldo: oggi passa i gradi 22. 6 luglio 1805. Il nostro sovrano arma validamente i ponti di Brondolo, Chioggia, e tutto l'estuario. Questo fa temere non lontano quello che si è sempre tenuto. 11 luglio 1805 Per le grandissime piogge il fiume è cresciuto notabilmente. Questa sera a 24 ore italiane cominciò l'eclissi della luna. La ho veduta in Prà della Valle di Padova, dove poco prima avea goduto il Pallio di cavalli. Un'ora dopo fu eclissata totalmente, e la ho osservata nella piazza del castello di Padova. L'emersione poi la ho veduta in casa Sambonifacio dove era alloggiato. La stagione è fredda e piovosa come se fosse autunno. 13 luglio 1805 Per la grandissima pioggia di ieri, oggi l’Astico è cresciuto smodatamente. 14 luglio 1805. Oggi mo cresce notabilmente per la continua pioggia di questa mattina, l'acqua. Stagione veramente stravagante. E questa sera cresceva l'acqua in modo che allagava la strada dalla porta di Padova a quella di Santa Lucia. Questa è la più grande di tutte quelle che sono accadute in questa estate, né v’ha persona che a questa stagione se ne ricordi un simile. 15 luglio 1805. Questa sera il freddo era così sensibile, che moltissime persone sono avvolte nei loro mantelli di panno. Tutta questa mattina non ha fatto altro che piovere a dirotto. Nei giorni passati fu tempesta in Posena ed altri luoghi. 16 luglio 1805. Dopo pranzo fu temporale con gran acqua, e scaricò tempesta a Creazzo, Brendola e altrove. La sera poi con l'intervento di mons. Vescovo del Vice Capitanio Lederer, dei Deputati e di molto popolo si incominciò un triduo ad petendam serenitatem. 1805 17 luglio 1805. Secondo giorno del Triduo con concorso strepitoso di gente; v'intervennero solo i signori Deputati. 18 luglio 1805. Ultimo giorno del Triduo a cui intervennero i soli Deputati come ieri e gran concorso di popolo; e grazie a Dio da due giorni in qua le giornate sono belle e serene. Agli otto di questo mese fu ritrovato sul tener di Casale vicino a una rostara il cadavero di un uomo già ridotto a scheletro. Non si sa finora l'origine di questo fatto che probabilmente sarà stato un assassinio. 22 luglio 1805. Un giovine di 24 anni che faceva il servitore ad alcuni inglesi che alloggiano sul monte Berico, andò oggi a nuotare nell’Asteghello verso San Bartolameo e vi rimase annegato. 23 luglio 1805. Caduta una fanciulla di 13 in 14 anni da una finestra alle Barche, restò morta. 28 luglio 1805. Anche oggi a mezzodì fu trovato con grande spavento delle povere monache un soldato nel brolo del convento dell’Araceli, il quale quando si vide scoperto fuggì sopra la mura del brolo med.o e non fu preso. Povere monache bersagliate in questo tempo da tutte le parti. 29 luglio 1805. Il caldo a gradi 23. Gli armamenti che fa il nostro sovrano grandiosi simili e nel Friuli e nel Tirolo, e in Venezia e in Brondolo e altrove fanno credere a tutti che sia imminente la guerra sia come si voglia noi siamo sempre i primi esposti e predati senza difesa, e cominciano già le stesse trepidazioni che abbiamo passate. 31 luglio 1805. Il caldo a gradi 24. *** P.° agosto 1805. Il caldo a gradi 23. 2 agosto 1805. Grande incendio nella notte passata. Si attaccò il fuoco prima di mezza notte nell'appartamento superiore della casa di un fornaro situata sulla parte sinistra della strada, che dalle Beccariette conduce ai Carmini quasi circa la metà di essa strada, tra l'una fila di portici, e l'altra. Si accese la carbonella, e da questa usci la fiamma, che investì la casa, ebbe anche la casa contigua di un bottaro, che si incendiarono ….. con gran danno dal mezzo [ammezzato] in su. Tutte le persone si salvarono anche i fanciulli; ma la roba fu preda più dei ladri che delle fiamme, come arriva sempre in queste occasioni, e massimamente in questo secolo, in cui l'arte di rubare è ridotta a professione onorata e virtuosa. La confusione in tutta la Città fu grandissima per il movimento dei soldati; e alcuni credettero che fossero giunti in Vicenza i francesi. Due ore dopo mezzogiorno l'incendio era pressoché estinto non essendo case di grandissima estensione. 1805 Altro funesto accidente è nato la notte scorsa nell'atto dell'incendio. Sparsasi nel teatro Eretenio, dove si fa un'opera in musica, la voce del fuoco il co. Vittorio Porto ne uscì con spavento. Giunto in piazza gli crebbe il terrore all’udire i tamburi, al vedere i soldati correre di qua, di là. Lo prese un affanno, disse di sentirsi morire. Si trascinò fino alla contrada dei Porti; ma non poté andare più oltre. Fu preso a braccia da persone e portato in sua casa nuova sul ponte di Pusterla, fu collocato in una sedia dove pochi momenti dopo spirò. Questo cavaliere aveva 51 anni; abitava sul cantone di Pozzo Rosso; ed è l'ultimo di sua famiglia non avendo che due figliuole. 3 agosto 1805. Il caldo a gradi 23. Poco maggiore di ieri. 5 agosto 1805. Presentemente vi è una bella partita di pallone sulla Piazza del Duomo; quattro giocatori mantovani contro quattro vicentini; ma le partite non danno più quel gusto che davano quarant'anni fa; perché i palloni sono al presente la metà almeno più piccoli di quel che erano allora, ed è facile lo spingerli ad una altezza, ed a una distanza considerabile, e sembra il gioco della palla dei fanciulli. 6 agosto 1805. Dopo una lunga e penosissima malattia da lui sofferta non con filosofica, ma con cristianissima rassegnazione è morto questa mattina in età dei sessant'anni il nobile signor Giuseppe Marzari. Ebbe egli nell'autunno passato una gravissima malattia per cui fu chiamato a benedirlo fra Luigi Mariani da Bergamo, laico Minore Osservante, uomo di santissima vita che allora era in Vicenza, ed ora si trova in Lonigo; io vi era presente, e mentre accingevasi a benedirlo ho sentito che egli disse queste parole; facciamo orazione e speriamo che Dio gli concederà ancora alcuni pochi giorni di vita . Quando ho sentito queste espressioni da quella bocca [h]o subito inferito che il malato sarebbe guarito, siccome fu, ma che pochi mesi appresso sarebbe morto, come successo. Di più, questo Don Luigi alcuni mesi fa essendo stato a Vicenza ebbe una conferenza con la co. Michelina Dolfin moglie del q. Vittorio Porto, alla quale disse apertamente che si preparasse a soffrire una gran disgrazia che le avverrebbe nel prossimo agosto; e fino ad allora questa dama comunicò questa profezia ad altre persone sue amiche tra cui alla co. Eleonora Schio che lo afferma, ed ecco che si avverò come ho scritto ai due corrente. Fu trovato nel Bacchiglione il cadavero di un tal Piazza, giovine di vent'anni che mancava da qualche giorno. 10 agosto 1805. Questa mattina a ora di terza è morto padre Giovanni Stroili, Filippino veneziano, ma da molti mesi dimorante tra i nostri Filippini di Vicenza. Poco dirò di questo santissimo religioso, perché mi immagino che i suoi confratelli gli scriveranno la vita maravigliosa da lui impiegata nel salvare anime senza numero, levarle dalla via del peccato; a predicare, a confessare, a vegliare tutta la notte nello studio, e nell'orazione senza mai andare in letto, e a farsi tutto a tutti, per guadagnare tutti. La sua perdita in età di 54 anni circa per questa Città è un vero castigo. È giunta nuova dell'orrendo tremuoto accaduto il 26 luglio, che ha conquassato tutto Napoli, rovinate molte Città e castelli di quel regno con strage di molte migliaia di persone; tremuoto di cui non fuvvi il più terribile dopo quello di Lisbona. Dio ne guardi e sospenda per sua misericordia il suo giustissimo sdegno. 1805 13 agosto 1805. Il prezzo del frumento a lire 12 e 10 allo staro. Il sorgo a L. 6. 14 agosto 1805. È morto il signor Lodovico Folco, che passava 80 anni. 21 agosto 1805. Innumerabili truppe austriache discendono a questi paesi veneti; si conta che Venezia vi siano 80.000 uomini; qui in Vicenza si dice per certo che ne verranno dieci mila. Addio conventi; castighi a noi. Che è questo? Vuol forse il nostro sovrano misurarsi con sua maestà cristianissima? Lo ha fatto ancora ma con quale esito? Io gli addito la maniera di vincere. Manco soldati e più missionari. 23 agosto 1805. Sempre più cresce la costernazione in paese per l'immensa truppa austriaca che a momenti deve piombar a Vicenza, e nel suo territorio. Come alloggiarla? Come difendersi dalle sue domande? Come garantirsi dai danni? Non veggo che si possa far loro altro dialogo che non il seguente che è l'unico. D. Chi siete voi? R. Siamo soldati D. Chi vi manda a Vicenza? R. Dio. Oh! Siate i benvenuti. Così dialogava un santo gesuita con i suoi dolori, quando lo sorprendevano. 24 agosto 1805. Per dare in qualche maniera luogo all'immense truppe che qui si aspettano è venuto ordine dal Governo che si sloggino intanto tutte quelle che qui rimangono. Quest'ordine improvviso giunto questa mattina ha fatto impallidire questi ufficiali, che non soggiornano in nessun luogo tanto volontieri quanto in Vicenza. 25 agosto 1805. La processione si è mossa per andare alla B. V. di Monte un'ora circa avanti mezzogiorno col solo intervento di monsignor Vescovo e dei Deputati. Il concorso fu continuo e grandissimo tutta la mattina massimamente essendo domenica. È venuta la funestissima nuova che per dare alloggio alle immense truppe che qui si attendon si abbiano da sopprimere i due monasteri di monache di San Tommaso e di Santa Cattarina. Oh lutto! Oh desolazione! Oh castigo! I buoni veneti non tornan più. I chiostri a Dio consacrati vanno a terra; e i teatri sussistono. 27 agosto 1805. I soldati partono a furia la maggior parte per barca, tutti malvolentieri. Se non si sapesse che devono essere rimpiazzati da un numero infinitamente più grande, questa sarebbe una delle più gioconde giornate. Molta fanteria è andata a Padova a piedi, lasciando in barca i loro convogli. 1805 28 agosto 1805. Le povere monache di Santa Caterina destinate a passare nel contiguo convento di Ognissanti, hanno aperto un gran foro nel muro divisorio interno per dove fanno passare tutti i loro mobili; cosa che dispiace infinitamente ai ladri, i quali in queste sacrileghe soppressioni di conventi rompono quanto possono. Vuolsi che resteranno in possesso della loro bella Chiesa, e che la uffizieranno. Lo desidero, ma non lo credo. Quelle poi di San Tommaso piuttosto che uscire dal loro convento, si sono contentate di restringersi in un angolo del medesimo, e ceder tutto il resto alla truppa. Virtuosissima risoluzione, che sbalordisce i filosofi di ritmo. Fu accettato questo partito. Ma il soldato insaziabile si appagherà? Le povere, ma religiose monache di Santa Chiara contigue a San Tommaso per loro spontanea generosità hanno ceduti alcuni luoghi del loro convento a San Tommaso per aggiungerli all'angolo, in cui le monache di San Tommaso si sono ritirate. Ma credete voi che le cose non andranno più in là? Non vi mette paura quella lunga fila di luterani che occupano l'intervallo che passa tra il religiosissimo e veramente a detta di tutti piissimo nostro Monarca e noi? Muoiono i Vescovi di questi nostri Stati, non se ne fanno di nuovi; muoiono i canonici, non si sostituiscono: ad ottenere la licenza di vestire un frate e una monaca vi vuol più la fatica che a passare lo stretto di Magellano. Che significa questo? 31 agosto 1805. Ecco che si dà principio alla irruzione delle truppe austriache che sopravvengono. Ecco oggi giungere molti ussari, la di cui uffizialità è sontuosamente vestita. Ma questi dopo il riposo di questa notte avanzeranno domani verso il veronese. Tutto annunzia la guerra imminente; e l'armata del nostro sovrano è numerosissima e molto ben agguerrita. Ma vincerà ella? Ne avrei qualche speranza se non si fosse dato principio dalla soppressione dei conventi: Bonaparte ha scritto questo verso in fronte. Son lo sdegno di Dio, nessun mi tocchi. Finché non gli viene cancellata questa iscrizione non sarà mai sconfitto; e la maniera di cancellarla non è quella di sopprimere le case religiose. Voi che ne dite? *** 1 settembre 1805. Tutti gli ussari venuti ieri sono partiti questa mattina verso il veronese con quattro cannoni. Grandi dispendi, grandi pensieri, gran imbarazzi cominciano di nuovo per questa Città, e per tutti cittadini. La B. V. ci protegga. Ma le nostre colpe meritano qualunque castigo. Questa sera sono giunti da Cittadella 3000 soldati austriaci di fanteria; anche questi sono di passaggio e svolgeranno domani verso Verona. Qui si fanno questi preparativi e i francesi di là dall'Adige non ne fanno alcuno finora. Non crediate per questo che si lascieranno cogliere. Una porzione di questa truppa di circa 800 fanti venne da Camisano; passò per Marola, e per Bartesinella senza portare alcun danno. 2 settembre 1805 I tremila fanti austriaci venuti ieri sera partirono questa mattina verso Montebello, lasciando peraltro a Vicenza la compagnia dei loro granatieri che qui rimarranno. Nell'atto che questi fanti partivano per la porta del Castello ne sopravvennero altri 3000 dalla porta di Santa Lucia, che qui si fermeranno per questa notte. E’venuto anche il generale Hoenloe. 1805 3 settembre 1805. Partirono questa mattina verso Montebello i tre mila fanti del reggimento austriaco venuto ieri; ed è venuto il generale Rosemberg il quale si fermerà probabilmente in Vicenza nel palazzo Marchesini a San Michele. A mezza mattina poi sopraggiunsero dalla porta di Santa Lucia altri 3000 di un altro reggimento di fanteria che qui si fermano fino a domani con sei cannoni. Tutti i carriaggi di queste truppe vengono condotti dai poveri villani dei rispettivi paesi per dove passano. Considerate che strage. Più tardi giunsero altri sei cannoni. Anche i granatieri di questo reggimento si fermeranno in Vicenza. Il massacro degli animali comincia furiosamente solamente per il servigio dei 3000 soldati partiti questa mattina per Montebello ci è stato necessario somministrarne cinquecento. Stasera è venuta dalla Veronetta austriaca tutta la guarnigione austriaca di quel pezzo di Città consistente in trecento soldati tutti invalidi i quali questa mattina sono partiti per Venezia. Dopo pranzo è venuto da Castelfranco un altro reggimento austriaco di 3000 fanti, il quale dopo breve riposo partirà nella notte ventura per Lonigo. 4 settembre 1805. Giorno funestissimo per la mia famiglia per la perdita fatta la scorsa notte della Co. Lucrezia Schio di anni 29, moglie di mio figlio Muzio, che sposolla due anni dopo la morte della contessa Anna Piovene sua prima moglie. Questa contessa Lucrezia partorì ai 24 luglio pass.o una bambina. Fu felicissimo il parto, ed anche il puerperio fino agli 11 agosto, nel qual giorno fu presa da febbre; dopo sei o sette giorni il male crebbe a segno che nel giorno 20 agosto ebbe l'olio santo, e la raccomandazione dell'anima, anzi fu creduta morta. Si riebbe un poco e ondeggiò tra la vita e la morte tutti questi giorni si ferma sempre e persuasa di dover morire, e disponendosi con atti di religione anche in mezzo ai deliri. Era una giovine di eccellente carattere senza ombra di orgoglio, niente vana, assai religiosa sempre lieta di una schiettezza e sincerità incomparabile, di un cuore caritatevole e pieno di compassione per tutti, caratteri che la rendevano cara a tutti, e che ci faranno sempre piangere la sua perdita e ricordare le sue virtù. La scorsa notte partirono per la porta del castello i 300 fanti austriaci venuti ieri qui restando i granatieri. Gli altri 3000 che vennero poi e che dovevano andare a Lonigo ebbero ordine di qui fermarsi per oggi. E’ partito anche verso l'armata del veronese il generale Sommariva, che da qualche anno dimorava in Vicenza e comandava questa milizia. 5 settembre 1805. Sono partiti la notte passata verso Lonigo gli altri 3000 fanti austriaci venuti l'altra sera restando qui peraltro i loro granatieri. Ecco oggi soppressa un'altra chiesa, quella antichissima parrocchiale di San Silvestro, che nei tempi remoti apparteneva alla Badia di Nonantola; diventerà un magazzino. La parrocchia viene trasportata nella chiesa di Santa Cattarina. Che compassione veder distruggere tante case di Dio? Ma che funesto presagio! Queste truppe che passano richiedono alla Città sei mila carriole, non so quanti badili, quante zappe. Che spesa enorme alla povera Città per questi e tanti altri oggetti, e soprattutto per gli innumerabili dispendiosissimi trasporti. Giunsero questa mattina da Castelfranco 300 dragoni austriaci a cavallo. 1805 6 settembre 1805. Partirono i sopraddetti 300 cavalli dragoni verso il veronese e vennero dalla strada di Padova 3000 fanti montenegrini, ceffi austeri che uscirono dalla porta del Castello accompagnati da moltissime boarie dei nostri poveri villani, che le conducevano. La calamità si fa ogni giorno più grave, e i pesi ci divengono impossibili. Adesso si esigono 312 cavalli con loro fornimento di conduttori per condurli all’armata, promettendo di farne poi la restituzione. La Città ha fatto uscire un decreto che dichiara ribelle della patria chi si esimesse dall’accettare gli impieghi. Il torchio va sempre più stringendo e lo meritiamo. Sono mesi e mesi che i padri domenicani di Santa Corona avevano ceduta la metà del convento alle truppe austriache. Adesso non basta; si sono fatti ritirare in un piccolo angolo, cedendo tutto il resto. Questa angheria riuscì talmente amara ad un povero loro converso per nome Alberto che ieri ne morì. Questa mattina Sono giunti da Castelfranco 300 dragoni o corazze che siano (perché io non ho nessuna cognizione del vocabolario militare e niente mi va di acquistarlo) a cavallo che qui oggi riposeranno. Le spese che fa oggi la Città oltre le ordinarie per il passaggio di questa armata ascendono a 400 ducati al giorno; e l'acquisto di questi 312 cavalli che si domandano monterà a 6000 zecchini; state allegri vicentini, godete così con i vostri teatri, passeggiate con le vostre figure femminine vestite in maniera di farne tripudiare le anticamere dell'inferno. Oh! Che flagello che comincia scaricarsi sui nostri peccati! Si trovano in Vicenza anche i generali Primon e Liptai. 7 settembre 1805. I Padri di San Giuliano che ora sono i Minori Osservanti e che prima della rivoluzione abitavano a San Biagio ora distrutto, e i quali erano di tanto aiuto e consolazione agli abitanti del borgo di Padova per il gran bene che promuovevano, hanno avuto ordine di evacuare quasi tutto il convento per farlo divenire Ospital militare non bastando quello di San Silvestro; lasciando loro una casetta contigua alla Chiesa e alcune stanze a mezz’aria dove abitavano i loro Conversi, acciocché ivi rimangano quattro o cinque frati per uffiziare lagrimosi la Chiesa, e gli altri si ritirino nelle case dei particolari, o in altri conventi. I poveri Padri Scalzi che hanno sempre avuto truppe nel loro convento adesso conviene che accettino anche i forni militari, cedendo perciò porzione del loro chiostro, del refettorio eccetera, e sfigurando tutto quel bel convento. Quando i ministri di Dio sono trattati così, quali conseguenze se ne devono aspettare? Non partirono verso il veronese 300 soldati a cavallo venuti ieri per riposarsi qui. Questa mattina vennero da Castelfranco 3000 soldati di fanteria con quattro cannoni austriaci anzi ungheri, seguiti da molti convogli, tirati dai nostri animali, guidati dai nostri poveri contadini: questi riposeranno qui per un giorno. 8 settembre 1805. Partirono verso il veronese 300 soldati di cavalleria venuti l'altro giorno. Diversi cittadini sono partiti per il territorio all'acquisto dei 312 cavalli che domanda l'armata con centocinquantasei uomini che li guidino. È più facile trovare i cavalli, che gli uomini quantunque la Città esibisca loro a testa sei lire al giorno per tutto il tempo indefinito che durerà la guerra, o si farà la pace, e rilasci anche il tenue stipendio che loro assegna il sovrano, che consiste in 16 soldi al giorno, e in una pagnotta. I buoni veneti non tornan più. 1805 9 settembre 1805. Partirono questa mattina per il veronese ai 3000 fanti che qui vennero l'altro giorno l'accampamento segue a San Martino a cinque miglia da Verona, ma finora non è intimata la guerra. Vennero dal Zocco tremila montenegrini di fanteria, uomini robusti e di viso austero, il quali riposeranno qui in Vicenza. Costoro sono accompagnati da pochi soldati tedeschi che li comandano. Giunsero anche dalla porta di Santa Lucia 50 soldati di cavalleria che poi si avvieranno all’ armata. Perché non erano pronti tutti quei cavalli che l'armata ha richiesti, ha dato ordine che non si lasci uscir dalla porta alcun legno, sicché quei che andavano alle loro ville hanno dovuto tornare indietro e ciò per tenere in soggetti da requisizione i cavalli: quest'ordine fu ritirato subito che la Città trovò oggi quel numero di cavalli richiesti. L'angustia va sempre più crescendo. 10 settembre 1805. Partirono verso vero nei 3000 soldati venuti ieri Montenegrini; anzi non sono Montenegrini ma quali Ottomani e quali Lioani, quali sono Sloini. Non hanno bastati i cavalli somministrati ieri sera alla truppa; e nella notte passata convenne ad alcuni cittadini somministrare le loro pariglie da carrozza. Se questi sono i preparativi della guerra, a che saremo ridotti quando sarà cominciata? Anche questa mattina non si lasciano uscire dal paese né dalle porte cavalli, e si aspetta ordine ad altre pariglie perché vadano a trascinare i convogli a Montebello. tutta la Città [riga totalmente illeggibile] …si trova costernatissima perciò, ed anche per le nuove che giungono da Brescia, dove i francesi hanno allestita una armata formidabile. Questo era ben da aspettarsi. Sono giunti da Castelfranco sei cannoni, 3000 fanti austriaci che qui oggi si fermeranno. Oltre le pariglie da carrozza fermate nella scorsa notte, altre ne sono state fermate in questo giorno per il medesimo oggetto, né questo però né quelle finora sono partite; non si lasciò passare oggi nessuna carrozza fuor delle porte. Si esige un passaporto. Tutto ciò per avere in Città tutti i cavalli a disposizione dell'armata. L'armata austriaca è grande, ma sprovvista di molte cose e massime di cavalli; e noi non dobbiamo somministrarle. Poveri vicentini dall'anno 1796 a questa parte? Per la incombenza di acquistare i 312 cavalli che ricerca l'armata, si sono spediti diversi cittadini per tutto il territorio a fare questo acquisto; e in molti a quest'ora sono stati comprati, e mandati a Vicenza; ma ne mancano molti. 11 settembre 1805. Partirono verso Verona i 3000 fanti venuti ieri. Il generale Rosemberg è a Montebello. Nella notte passata e in questa mattina vennero a Vicenza da Malo, e da Isola 3000 fanti austriaci, che senza fermarsi seguirono loro viaggio verso Verona. Ieri sera vennero 700 granatieri austriaci che si fermarono e andarono a prendere il possesso del convento di San Giuliano. [frase latina non chiara]. Non bastano più i cavalli 112. In seguito e a servigio della armata ne vogliono altri 160. Bisogna dire che ci credano Deucalioni che facciamo nascer i cavalli gettando i sassi dietro le spalle. Le boarie che conducono le entrate in Città non più si fidano di venirvi per paura di essere trattenute. Quelle che sono entrate hanno grandissima difficoltà ad uscire. Tutto è disordine e confusione, spavento: et hoc initium. Pochi giorni fa abbiamo con grandissima spesa e fatica e con le nostre borie mandati a Verona i bagagli numerosissimi degli uffiziali, e adesso con lo stesso mezzo e collo stesso 1805 dispendio ritornano indietro perché questo è l'ordine avuto. Oh? Vedete in questa guerra dispendiosissime inutilità! E questa retrocessione dei bagagli non è indizio molto felice. Fiat voluntas Dei. L'armata è imponente per il gran numero ma mancante di artiglieria, di cavalli, di pane. Qui è fermo il generale Hoenlohe; il general Lippa a Montebello. 12 settembre 1805. Vennero questa mattina in Città altri seicento soldati di fanteria per poi passare all'armata. Oggi si lasciarono uscire liberamente dalla porta della Città le carrozze e gli altri legni. Non si hanno trovati né potuti trovare i 420 cavalli che si esigevano in servizio e in seguito dell'armata; se ne sono peraltro trovati molti ma fatta istanza al generalissimo Bellegarde che sta a Padova, ha fatto sospendere l'ordine, e persuaso della impossibilità si contenta di questi. Succedendosi gli avvenimenti rapidamente è necessario registrarli prestamente altrimenti sfuggono dalla memoria carica di un ammasso di idee. Ma lo scriverli subito porta l'inconveniente che talora il fatto non è ben deppurato. Ma chi legge queste memorie non abbia questo timore perché se qualche rara volta mi è accaduto questo sbaglio l'ho sempre in qualche maniera regolato; e quanto scrivo merita tutta la fede. Niente ho parlato in questi giorni di confusione dell'alloggio degli uffiziali nelle case dei cittadini; ma voi potete ben immaginare che se è tanto gravosa nei tempi di quiete sarà divenuta cinque o sei o sette volte maggiore in questi giorni per la moltitudine spaventosa di uffiziali a cui bisogna provvedere d'alloggio. Finora le truppe passate e in parte fermate in Vicenza sono 29.956 uomini. 13 settembre 1805. Vennero 2000 e 400 soldati di fanteria austriaca i quali dopo un po' di riposo passeranno oltre verso Verona; avevano sei cannoni. 14 settembre 1805. Attendendo oggi una quantità straordinaria di truppe si aveva preso di mira la chiesa di San Francesco uffiziata adesso dalla nuova confraternita dell'Assunta. E già si aveva dato principio a levarne i mobili, ma per interposizione di zelanti persone, l'ordine fu sospeso. Non partì il reggimento di 3000 fanti venuti ieri, verso Verona, come si sperava. Venne da Castelfranco un altro reggimento di 3000 fanti con sei cannoni che poi andrà all'armata come gli altri, sicché computando 5000 granatieri che abbiamo qui tutti depositati dai reggimenti passati, abbiamo oggi in Vicenza 11.000 soldati austriaci. Per consolarci in queste angustie è uscito oggi un Taglione civico da pagarsi sull’Estimo Generale in ragione di L. 100 per ogni lira d'estimo. Allegri miei vicentini; aprite i teatri, illuminate la Città, datevi spasso, non ne avrete avuta una più bella occasione. Una porzione del seminario è stata invasa per alloggiarvi una parte di questi ospiti militari. 15 settembre 1805. Sono partiti dopo pranzo verso il veronese 3000 fanti restando qui i loro granatieri. La sera vennero da Cittadella 12 cannoni con munizioni, e andarono a posarsi in Campo Marzo. Si mandò un ordine scritto alle case di quasi tutti cittadini, col quale si commette di tener pronti i loro cavalli con attiragli [finimenti da tiro] per partire, occorrendo, anche sul momento, in servigio della armata, cosa che ha avvilito tutti i cittadini. 1805 16 settembre 1805. La scorsa notte è partito un altro reggimento verso il Veronese di 3000 fanti, e partirono anche diversi granatieri. Venne questa mattina da Cittadella un reggimento di fanteria di 3000 soldati, che qui riposeranno e partiranno poi oltre. 17 settembre 1805. Questa sera partirono diversi granatieri e andarono sui monti verso Arcugnano. Sempre più crescono le spese di questa Città massimamente per provveder di cavalli e di trasporti per questa truppa. Questa sera più di tre ore prima di mezzanotte si accese il fuoco in una casetta vicino al signor Cavagioni verso San Bartolameo; ma accorsa gente al suono della campana a martello fu spento con poco danno in meno di un'ora. Ma grande fu l'orrore, massimamente sul Corso perché nell'atto che suonavano le campane a martello nell'atto che i soldati accorrevano a tamburo battente con le torcie, nell'atto che tutte le persone correvano di qua di là, tutto il Corso era intercettato dall'artiglieria, dai carri di polvere, da molti cannoni che erano giunti in quel punto dalla porta di Santa Lucia e passavano fuori da quella del Castello, che [non] si poteva attraversare il corso senza pericolo. 18 settembre 1805. I 3000 fanti venuti l'altro giorno partirono per Arcole la notte passata. Nuova requisizione di 240 cavalli con i loro attiragli e con l'uomo ad ogni cubbia [coppia di animali] per mandarli all'armata nel Campo. Questa è la terza che vien fatta per questo oggetto, per il quale furono sequestrati l'altro giorno nella rispettiva stalla di quasi tutti i cittadini, per ordine del capitanio Avogadro, malgrado il quale ordine, nessun di questi cavalli finora è andato al servigio, anzi i cittadini ne fanno uso come prima. Non bisogna confondere questa requisizione con quell'altra giornaliera di una quantità di boarie, di cavalli, di carretti per i continui trasporti. I cittadini sono talmente oppressi che non si trova più nessuno che voglia servire in questi impieghi, che impediscono la respirazione. Li compatisco, ma è un castigo di Dio e bisogna conservare le spalle e riceverlo con umiltà. S'io per mia colpa non sono capace di praticarlo, soffrite almeno che io abbia la sincerità di confessarlo. Questa sera il Capitanio Avogadro ha messo in libertà i cavalli sequestrati. Venne questo dopo pranzo da Verona il generale in capo Bellegarde; smontò ai Riformati, andò in Campo Marzo dove era schierata e preparata la truppa poi partì immediatamente per Padova. 20 settembre 1805. Questa mattina da Cittadella è venuto un altro reggimento di fanteria austriaca di 3000 uomini ed un picchetto di cavalleria di ulani, che un altro giorno passeranno più avanti. È commissione di mandare a Padova 14 pariglie di cavalli per servire il principe Carlo, fratello del nostro Imperatore, che viene alla testa dell'armata; sicché furono estratte a sorte quattordici pariglie di cittadini per questo oggetto. Dietro questo regime è che un altro che proibisce ai cittadini di vendere cavalli propri sotto pena di esser tenuti a somministrarli quando li avessero venduti, o se ne fossero disfatti. Si comincia a dubitare, che tutti i cavalli andranno a finire così, e che resteremo senza cavalli. Vi rincrescerebbe se io dicessi che le pompe, le feste, le comparse fatte l'anno passato per l'arrivo del principe Giovanni d'Austria, avessero falsamente inserite nell'animo tedesco una idea mal fondata della ricchezza di questo nostro paese? In questo caso la colpa sarebbe nostra, abbiamo tutto il torto di lamentarcene. Abbiate pazienza. 1805 Vi è un'altra commissione di mandare cinquecento uomini a Venezia per lavorare nelle fortificazioni di Brondolo. Non vi pare che siamo in un bel giardino ricco di fiori e di frutti? E che? Vi credevate forse che il castigo dovesse solo cadere sui poveri frati e sulle povere monache, che sono l'anime più virtuose e la parte più innocente della nazione? 22 settembre 1805 Partirono questa passata notte i 3000 fanti austriaci verso Verona che vennero l'altro giorno, e giunse questa mattina da Cittadella un altro reggimento di fanteria austriaca di 300 soldati; ma questi trecento soldati, poco dopo giunti, ebbero ordine di tornare indietro verso Bassano; e così eseguirono sul momento. Solite inutilità militari. E intanto i francesi s'ingrossano giornalmente di là dell'Adige. Molti cittadini sono di nuovo mandati qua e là per il territorio a comprare i nuovi cavalli che cerca l'armata Questa genealogia fu tratta dagli scritti autentici di un prete francese Emigrato, che morì in Venezia nella contrada di S. Felice l’anno 1798. 23 settembre 1805 Ieri sera fu temporale con tempesta grande a Malo e minore alla Pisa. Peraltro finora la stagione fu ottima massime in settembre. 24 settembre 1805. Vennero da Cittadella 1000 soldati a cavallo e poi 500 fanti austriaci. 1805 La stagione si è rinfrescata notabilmente a cagione delle molte tempeste dell'altro giorno, a Malo, a Zané, a Chiuppano, a Molvena ec. 25 settembre 1805 Questa mattina partirono verso Montebello oltre la cavalleria di austriaci che venne ieri, e che, non potendo tutta dimorare in Città, si sparse per le colture, ma anche i fanti granatieri che avevamo in Città al numero di 5000: ma poco dopo ne giunsero da Padova tutti granatieri in numero di cinquecento. 26 settembre 1805. Questa mattina vennero da Padova con diversi cannoni granatieri austriaci n° 4000. Ed ecco che da un mese in qua la povera nostra Città è tutta piena d'arme, di armati, tutte le case piene di uffiziali, le strade ingombre da cavalli, di carri, di carrette e, di malcreati che vomitano da tutte le parti. I buoni veneti non tornan più Sono anche giunti diversi uffiziali dello Stato Maggiore dal Quartier Generale che si trova a Padova e son giunti anche diversi Generali tutti diretti a passar avanti verso Lonigo dove deve trasferirsi anche il principe Carlo fratello del nostro sovrano, il quale principe è il supremo comandante di questa armata, e si porta a Lonigo senza passare per qui. 27 settembre 1805. Poca truppa è partita questa mattina verso Verona e da Padova sono venuti 2500 granatieri. Tutto è pieno di soldatesca, che non si sa come né dove alloggiarla. Spese enormi per questa povera Città che crescono ogni giorno di più. A mezzogiorno è giunto da Padova il bagaglio del principe Carlo, e seguirà il suo viaggio verso Lonigo dove troverà il suo padrone itovi per altra via. Questo bagaglio era tirato in parte da quella pariglia di carrozze che i nostri cittadini vicentini mandarono giorni sono Padova, e seguitarono dopo un riposo e il viaggio a Lonigo. Partì anche per Lonigo il Generalis.o Bellegarde che era qui venuto jeri. 28 settembre 1805. La notte passata poco dopo mezzanotte è morto a San Girolamo, il P.re Gio. Francesco Faccioli vicentino, C.armelitano scalzo. Uomo di Santissima vita contemplativa ed attiva, esemplare di tutte le virtù. Questo religioso in tutto il tempo di sua vita non ha mai preso un minuto di sollievo per sé. Basti il dire che in tanti anni che si trova nel convento di Vicenza, tre volte sole ha messo piede nell'orto, una per ubbidienza, e due per oggetto particolare. Questa mattina vennero da Padova 1400 granatieri che dopo riposo passeranno verso Verona. Questa mattina partirono verso Verona molte di quelle truppe venute nei di passati. Ritornano indietro da Montebello 700 soldati a cavallo che da più giorni vi erano andati da Vicenza; questi dopo un riposo passeranno a Bassano. Inutilità magnifiche dispendiose che comporta la guerra! Pur questo ritorno non mi piace. Il quartier generale col principe Carlo è piantato a Lonigo, cinque miglia lontano dal confine francese. 29 settembre 1805. Questa mattina partì per Bassano la cavalleria venuta ieri. Mal suona questo tornare indietro. Chi vince va avanti. Chi perde va addietro. La cosa comincia a farsi più seria. 1805 Ritorna indietro un gran numero di fanteria oltre la sopraddetta cavalleria. La voce è che il principe Carlo distacchi questa truppa dall'esercito per mandarla in Tirolo, dove bisogna dire che le forze non sieno bastanti, e che si tema ivi una invasione francese. Checché ne sia, devono tornare indietro circa 10.000 uomini per andare a Bassano e di là al Tirolo. Tante spese abbiamo sofferte per mandarli sul veronese altrettante almeno ci costeranno a mandarli indietro. E questo tornare indietro è sempre una brutta parola. 30 settembre 1805. Molta fanteria è tornata indietro oggi dal Veronese e si dirige verso Bassano, e senza che io dettagli in questo e nei giorni futuri, il numero dei soldati che devono ritornare indietro non è meno di 10.000, sicché essendo finora passati per Vicenza e mossi verso Verona 54256 soldati bisogna calcolarli soltanto 44.256. Gran confusione per tutte le case per tutte le strade; e questo è quotidiano. Che enormi spese, spese per la Città! *** 1 ottobre 1805. Gran passaggio di fanteria che ritorna indietro dal veronese, e si dirige verso Bassano. Pure è venuto questa mattina da Cittadella un reggimento di milleduecento ussari a cavallo, che dopo un breve riposo di un giorno o due in Città o nelle Colture passerà sul veronese. 2 ottobre 1805. La scorsa notte i prigionieri di una delle prigioni superiori fecero un foro nel volto, per cui penetrarono nel granaio, ed ivi forarono il soffitto del granaio medesimo sicché riuscirono sui coppi, donde con le lenzuola tre di essi calarono nella soggetta stradella e fuggirono, e tra questi il sig. Achille Balzi q. Francesco. Allora si ruppe il lenzuolo o si slacciaron le corde: accorsero i secondini sicché tutti gli altri prigionieri che era a mezza strada per fuggire furono arrestati, e con poco lor gusto ricondotti in prigione. Erano già tutti montati sui coppi. Questa mattina il reggimento di ussari venuto partì per Arzignano e Chiampo ec. Vennero questa mattina da Padova quaranta e più grandissimi barconi provenienti da Chioggia sopra carri tirati da sei animali ciascuno condotti da villani ed altrettanti carri di legname atto alla costruzione di ponti, tirati anche questi come gli altri. Si fermarono tutti in Campo Marzo per passar poi a Lonigo. Non ho mai notato che tutti i giorni in Campo Marzo la nostra numerosissima soldatesca si porta a farvi l’esercizio militare e possiamo dire di averlo perduto. 3 ottobre 1805. E’ giunta nuova come di là da S. Giovanni Ilarione sul Territorio veronese è stato preso il sig. Achille Balzi, fuggitivo di prigione è questa sera fu ricondotto nelle nostre carceri con poco suo godimento. Dalla sollecitudine che mostrava questa armata austriaca quando cominciò a passar per Vicenza al fine di agosto e ai primi si settembre pareva che dovesse essere imminente l’attacco. Adesso pare tutto il contrario, anzi dalle misure che prende, da tanta truppa che torna indietro vi è tutto il fondamento che sia suo disegno di quì svernare. Già ha occupate tutte le ville tra Vicenza e Verona, e a momenti si dilaterà in quelle tra Vicenza e Padova. Gran flagello. 1805 4 ottobre 1805. Partirono jersera quaranta o cinquanta barconi per Meledo. Alcuni carri si rovesciarono, alcuni animali non potevano reggere in piedi. Convenne sostituire dei nostri. I soldati minacciavano di voler quei carri che erano sotto le tine, e che andavano per acqua in Campo Marzo; e a chi si opponeva che quelle erano necessarie per fare i vini, rispondevano (udite convincete ragione) che l’anno venturo ne faranno il doppio di più. Insomma, i Deputati, e i Presidenti ai trasporti sono in procinto di abbandonare la carica, non potendo più reggere a un complesso così continuo di pensieri e di spese. Paiono divenuti stupidi ed insensati; e siamo ancor nel giardino. [Non siamo ancora entrati in casa = la vicenda è solo all’inizio] D.to. - Giorno di S. Francesco. Fu fatta in duomo la solita funzione coll’intervento del Vescovo, e della Città per il nome del nostro Sovrano, vi era pochissima gente. I militari fecero la stessa funzione a S. Corona. 5 ottobre 1805. Ritornano indietro i cinquanta funestissimi barconi, che erano andati verso Meledo: e raccolti sull’Isola si getteranno in acqua e ritorneranno a Chioggia. Dispendiosisssima inutilità. Un reggimento di ulani a cavallo che da più giorni era a Noventa è venuto indietro a inondare le ville delle Torrette, di Lerino, Marola, Settecà, Bartesinella, Bartesina ec.: ed ecco che noi [noi Tornieri] abbiamo qui in casa di Vicenza un uffiziale con servo, cavalli, e cani: abbiamo ceduto tre mezzà terreni per biada dell’Armata; e così discapitato cento ducati di affitto; abbiamo in casa a Bartesinella soldati 8, uffiziali 3, abbiamo in casa a Settecà uffiziali 4; tutte le case dei nostri villici piene di soldati ulani. Andate ora a goder l’autunno in mezzo alle squadre ulane. Immaginatevi l’apprestamento che ci convien fare di luci, di biancheria, di coperte, di utensili ec. e come ne staranno le nostre campagne in questa stagione del vino, e della semina. Cominciamo a passare dal giardino ai contorni del bosco, ma vi è un gran compenso. E quale? Riceverle dalla mano del Signore, e soffrir queste tribolazioni con rassegnazione. Il quartier generale del principe Carlo trovasi tuttora a Lonigo; ed ivi pure soggiorna sempre il nostro Capitanio Provinciale Avogadro, ed anche uno dei deputati di questa afflitta Città. 6 ottobre 1805. Vennero oggi da Cittadella 70 e più cannoni tra cui parecchi di grosso calibro con più di altrettanti carra di munizioni ed andarono a riposarsi in Campo Marzo. Malgrado questa apparenza non si crede vicino l’attacco quando non fosse per parte dei francesi, i quali hanno avuto tutto il tempo di mettersi all'ordine. Oltre i suddetti cannoni, altri ne erano giunti prima sicché questa sera in Campo Marzo sonovi 91 cannoni. I barconi si trovano ancora sull'Isola; alcuni lanciati in acqua, ma la massima parte in terra; tutti per altro fermi qui. Venuta questa sera per barca molta farina della truppa volevasi per forza metterla nella chiesa di San Tommaso; ma monsignor Vescovo ha tanto fatto e gli è riuscito di salvarla. 7 ottobre 1805. È uscito un editto del conte di Bisingen plenipotenziario di far una leva in questi paesi veneti di 5000 uomini. A Vicenza e in territorio toccherà la tangente di più di 200 uomini tra i 18 e i 45 anni. Dopo l'orrendo consumo di fieno fatto finora adesso ecco una requisizione di tre mila carra. È passato il generalissimo Bellegarde venendo da Padova ed è andato verso Verona o Lonigo. 1805 8 ottobre 1805. È giunto a Vicenza da Vienna il bagaglio del principe Carlo, o a dir meglio, il suo equipaggio di 96 circa cavalli bellissimi, diretti a Lonigo, dove egli soggiorna da molti giorni. Non vedesi movimento alcuno che indichi vicino attacco; e intanto noi soffriamo il peso di tanta milizia in Città e in tante ville del Territorio. I poveri contadini sono sbalorditi e fanno vite da schiavi. I poveri contadini massimamente di Bartesinella e soprattutto di Settecà sono desolati; perché alcuni di essi non possono adoperare le loro boarie per seminare avendo fermi nelle loro case degli ulani da più giorni, si veggono mangiare il loro sorgo e la uva; bisogna che somministrino loro cavalcatura per andare a spasso; vengono minacciati e percossi. A Settecà gli ulani sono 60; e a Bartesinella 53. È un delizioso spettacolo vedere tanto la mattina quanto la sera uscire dalle porte della Città soldati a truppe continue a portar la guerra all'uva che non fa la minima resistenza. 9 ottobre 1805. La notte scorsa di nuovo passò per Vicenza venendo da Padova il generalissimo Bellegarde, e si portò a Caldiero. Vennero anche da Cittadella otto o 10 cannoni. In mezzo a queste calamità e spese gravose ecco oggi un Editto del sovrano con il quale ci commette e di pagare due Campatici e un terzo in luogo di uno; e non solamente per quest'anno, ma forse lo dovremmo pagare nella stessa misura anche nell'anno venturo; certo più del solito. I buoni veneti non tornan più. 10 ottobre 1805. La leva che si fa in Città e nelle ville viene praticata con maniera che può esser utile, perché si mandano a prendere con birri e soldati le persone vagabonde, che non hanno mestiere ec. Era peraltro compassionevole oggetto il vedere questa mattina per la Città tante madri desolate che piangevano e cercavano i loro figli. Adesso par di vedere qualche prossima disposizione di attacco. Dio ne la mandi buona; già l'intimazione della guerra è precorsa. Questa mattina di nuovo è passato per Vicenza venendo da Padova il plenipotenziario conte di Bisingen, ed è andato a Lonigo. La provvidenza di Dio mantiene il tempo bello e sereno, perché dalla fine di agosto questa parte non credo vi siano stati due giorni di pioggia, tra cui uno fu quello di San Gorgone. Delle quattordici pariglie da carrozza mandate prima a Padova, e di là passate a Lonigo, quattro ne sono tornate indietro; ma è venuto poi ordine di mandarne a Lonigo altre sei. Tutto è guai da qualunque parte ci voltiamo, fuorché quando alziamo gli occhi al cielo, e diciamo merito haec patimur. 11 ottobre 1805 Ritornò ieri sera da Lonigo il co. di Bisingen e si fermerà qui. Rappresentata a lui da mio figlio Andrea l'oppressione in cui gli ulani tengono le ville di Settecà e Bartesinella ec. ne restò al sommo sorpreso e commosso e assicurò di istruire il principe Carlo. Vennero questa mattina da Cittadella otto o 10 cannoni. Prosegue l'arresto sì in Città che nel territorio dei giovani che devono essere arrolati per loro disgrazia. Si chiudono nel sagrato di Santa Corona; ivi si esaminano, si tagliano loro i capelli, e poi si fanno passare a San Giuliano dove è il quartiere di queste reclute, e le madri desolate girano piangendo per la Città, ripetendo il verso del venosino [Orazio, di Venosa]: belloque matribus detestata. 1805 12 ottobre 1805. Vennero questa mattina 3000 uomini di fanteria e passata la Città andarono a riposarsi in Campo Marzo. Verso mezzogiorno partirono da Vicenza sotto una buona pioggia tutti i soldati granatieri, cannonieri e quasi tutti gli altri soldati, che qui stazionavano in numero di circa 7000; e andarono verso Verona per accamparsi. Adesso bisogna preparare 35 forni in Lizza della Cavallerizza. Questi forni uniti a quelli che sono a San Lorenzo, e ai PP. Scalzi dovranno somministrare il pane per tutta la armata e converrà mandarlo ogni giorno chissà fin dove. Non si può descrivere l'ingombro quanto fosse in tutte le strade della Città in questa mattina. Gli ulani che sono a Bartesinella non si muovono, e sono fissi nelle loro ville. Il co. di Bisingen oggi ha promosso alla carica di Commissario Generale dell'armata il nostro Vicecapitano Lederer; sicché questo signore ha terminata la sua carica in questa Città. 13 ottobre 1805. Questa mattina levarono il campo tutti gli ulani che erano a Bartesina, a Bartesinella, a Marola, a Settecà ec. Passarono per Vicenza senza fermarsi e andarono verso Verona. Erano più di 1000. Tutti i paesi dove hanno alloggiato alzano le mani al cielo. Oltre questa cavalleria altra ne venne in città contemporaneamente, che era a Sandrigo, e in quelle parti, anche essa di più di mille soldati; e questo reggimento si fermò a prendere qualche ora di riposo. Dopo questi comparve un bellissimo reggimento di 1200 ussari dalla parte di Santa Lucia. Questo seguitò il suo viaggio verso Verona. Altro reggimento di 1200 ussari giunse dietro fu questo, che proseguì la sua marcia verso Verona, o a dir meglio verso Sambonifacio dove tutte queste truppe vanno a formare il campo. Altro reggimento di 1000 soldati a cavallo venne da Malo, e da Isola dove stanziava, e seguì il suo viaggio senza fermarsi verso Sambonifacio. A dire il vero la armata del nostro Sovrano è tale, che umanamente parlando pare difficile che possa almeno in questi principi venire sbaragliata. Altro peso gravoso che non ho accennato nei giorni scorsi, si è il debito che hanno tutti cittadini i per ….. non so quanti per giorno, di somministrare due cavalli con attiragli [finimenti da tiro] per servizio dell'armata dentro peraltro il recinto della Città. Così le pariglie dei poveri cittadini servono a condur pane e farina ed altro per questo oggetto. Per la pioggia di ieri e della notte passata, ecco una piccola escrescenza d'acqua. 14 ottobre 1805. Questa mattina è partito per Sambonifacio il reggimento di cavalleria venuto ieri. Voi vorreste, e avete ragione, che io dassi il nome di tutti questi reggimenti, che sono passati per Vicenza, ma oltre che io sono pochissimo amante di essere istruito degli affari militari, sono nomi tanto dissonanti dalla lingua italiana, che io non saprei né pronunziarli, né scriverli. Questa mattina è venuto da Vienna l'arciduca Luigi fratello del nostro sovrano. Smontò alla Locanda; fu complimentato dai nostri Deputati; e poco dopo partì per Lonigo. È un giovine di 21 anno. Venne da Cittadella una fanteria di 1500 soldati che domani passerà sul veronese. A poco a poco si vanno levando tutte le pariglie da carrozza. Ieri come mi par di aver notato ne furono levate a sorte tredici, o ieri l'altro che fosse; oggi trenta… E bisogna mandarle all'uomo che le guida a Lonigo ove sono le altre, al servigio di questi principi. La Città le fa stimare e si dovranno da essa risarcire i proprietari in caso di perdita o di danno. [In nota a margine] Non partirono tutte. 1805 Questa perdita di cavalli riesce amarissima ai cittadini: lo ripeto che la colpa è nostra. Con le nostre feste, col nostro lusso, con le nostre pompe, col fare ammirare anche in questi giorni nel passaggio fuori della porta del Castello ogni sera la bellezza dei nostri cavalli, abbiamo suscitata una falsa idea della nostra ricchezza nella mente di questi tedeschi, che non si cancella mai più. Nessun'altra Città di queste province Austro venete si trova a questa condizione, e soggetta a tanti pesi e a danni sì grandi. Il frumento vale lire 18 e il sorgo lire 13 allo staro. Dieci di quei forni di ferro che erano piantati in Lizza furono trasportati a Montebello. Il campo austriaco non è veramente a San Bonifacio, ma a San Gregorio. È superfluo ripetere che il nostro Sovrano ha il dominio fino all'Adige e perciò di una parte di Verona. È collegato con la Russia, con la Svezia, e con l'Inghilterra. La Russia che tanto ci gioverebbe non si dichiara. Ma queste cose appartengono alla storia generale, non alla mia. 16 ottobre 1805. Questa mattina è partito per Lonigo il co. di Bisingen per tornare poi qui. Vennero da Cittadella 2500 soldati di fanteria ed altrettanti 500 dragoni austriaci di cavalleria. Oggi dopopranzo per la prima volta si sono sentiti vari colpi di cannone. Per questo segno è evidente che l'attacco abbia avuto principio. La gran Vergine Madre di Dio ci protegga in tanta necessità. Lo ha fatto sempre. Speriamolo benché indegni. Questa sera ritornano indietro da San Gregorio e da Cologna due reggimenti di fanteria in tutto di 6000 fanti, i quali domani seguiteranno la loro marcia per andare in Tirolo. Quantunque ciò non dipende dall'attacco qualunque sia, se è seguito oggi dopopranzo, pure il veder tornare indietro tanta truppa fa sempre temere; perché vince chi va avanti; chi perde ritorna indietro, tanto più che si dice per certo che torneranno indietro altrettanti per lo stesso oggetto di andare a fortificare il Tirolo. 17 ottobre 1805. Questa mattina i 6000 fanti venuti jersera partirono verso Roveredo per la strada di Schio. Gli altri 2500 che vennero ieri da Cittadella, partirono verso Verona. La cavalleria venuta ieri di 500 è qui ferma. Sono innumerabili i carri di biada che essi conducono qui in Città la maggior parte dai nostri poveri villani con i loro animali, sotto pioggia dirotta come quest'oggi. Ieri ed oggi i carri occupavano la strada dalla porta di Padova fino a quella del Castello, e fino ai Carmini, che non si poteva passare né traversare. Perciò la confusione, il fracasso, e il disordine era estremo. Dopo pranzo giunsero da Cittadella dieci o dodici cannoni con cannonieri e molte carra di munizioni e andarono fuori della porta del Castello. Il resto del Taglione civico che dovea pagarsi in dicembre è venuto ordine di pagarlo in questo mese. Le spese fatte fino a oggi dalla Città per questa guerra sono tali che a volerle saziare, sarebbe necessario un taglione civico di lire 600 ogni lira d'estimo. Che sarà poi per le spese future? Pensieri grandi per i poveri cittadini. Più tardi, cioè verso sera, giunsero dalla stessa parte altri 40 cannoni circa con moltissime carra di munizioni e uscirono dalla porta del Castello. 18 ottobre 1805. La cavalleria di 500 venuta son pochi giorni, questa mattina è tornata indietro per la medesima strada. Ora il principe Carlo col quartier generale è passato a Santo Stefano di Volpino. Venne questa sera da Padova un corpo di 1000 soldati di fanteria. 1805 19 ottobre 1805. I quali partirono per andare al campo sul veronese. Le nuove che vengono da Verona circa i fatti seguiti sono affatto confuse e contraddittorie; ad ogni modo non pare che siano troppo fauste per noi. Dio ci assisti. Nei giorni scorsi è stata rimandata indietro qualche pariglia di carrozza da Lonigo, di quelle che si hanno dovuto mandare a Padova in servigio dell'Arciduca Carlo e i cocchieri confessano di essere stati trattati benissimo essi e i loro cavalli. Questa sera ritornò indietro Vicenza una porzione dell'equipaggio dell'Arciduca Carlo. Gli indizi non troppo felici. Viene condotto in Vicenza da Verona qualche ferito austriaco. 20 ottobre 1805. La notte passata è giunto in Vicenza il principe Giovanni fratello del nostro monarca. Questa mattina udì messa ai Conventuali in Piazza e poi partì tosto verso Verona per unirsi ai due fratelli all'armata. Questo è quel principe Giovanni che fu qui l'anno scorso, e a cui fu illuminato il Teatro Olimpico, date feste e spettacoli luminosi. Guardate le mie memorie. Ogni giorno la Città è ingombra di carri innumerabili di biade, e di fieno che vanno verso la armata. Neppur oggi giorno di domenica fu risparmiato. Per quanto si sa i francesi fecero una sortita in Verona dalla porta ossia ponte di Castelvecchio di più migliaia; di là si avviarono alla porta del Vescovo per entrare in Verona austriaca. Non riuscì loro; ma questo corpo restò fuori, arrivò anche a San Martino, occupò alcuni posti sui monti, e alcuni francesi sono comparsi in Montorio. Non bisognava lasciarli uscire; per che i francesi sono acutissimi e non avranno mai fatto questo passo senza speranza di esservi sostenuti. Ho detto più sopra che il governo ha domandato al nostro Territorio una quantità di uomini per fare diversi lavori a Brondolo. Ora non basta. Ne ricerca una quantità d'altri per lavorare a Malghera. Questa sera furono condotti da Verona 22 prigionieri francesi. Ecco i primi. Uno storico che scriva ogni giorno gli avvenimenti adesso non basta. Sarebbe mestiere che fossero quattro, o sei. Molti avvenimenti gli sono ignoti, altri gli sfuggono dalla memoria per la loro moltiplicità, altri sono da lui negletti, ed omessi perché da lui giudicati di poca importanza, lo che non è giudicato da altri; altri sono da lui coloriti secondo la sua maniera di pensare e secondo le sue inclinazioni. Per quanto mi paia ad essere sincero nei miei racconti nol sarò forse e ne lascio ad altri il giudizio. Quando vi fosse una mezza dozzina di scrittori onorati, ed istruiti, il confronto deciderebbe. Ho pregato parecchi, ma nessuno vuole assumersi questa tenue fatica. Questa sera assai tardi giunsero da Cittadella 50 cannoni tra cui molti di gran calibro con molti carri di munizioni, che si avvia verso Verona. La nostra Città è divenuta tutta un solo magazzino. Tutto pieno, anche molti dei sotto portici, a segno che non vi si può transitare. Vennero anche coi suddetti cannoni soldati 500 di fanteria diretti anche questi a passare al campo sotto Verona. Il bagaglio del principe Carlo è partito di nuovo verso Lonigo. 21 ottobre 1805. È venuto da Veronetta in Vicenza Mr. Avogadro, vescovo di Verona. Questo non è felice indizio. 23 ottobre 1805. E’ passato la notte scorsa per Vicenza venendo dalla parte di Verona l’Arciduca Giovanni fratello del nostro sovrano e proseguì il suo viaggio verso Cittadella, e questa mattina è partito per Padova monsignor Vescovo di Verona. 1805 Giornate belle ma fredde assai. Questa sera in Duomo si è dato principio ad un Triduo per implorare l'aiuto divino nella guerra presente. V’intervenne il Vescovo, il Capitanio Avogadro, i Deputati e molta gente. Dio per sua divina misericordia ci esaudisca. 24 ottobre 1805. Per ordine militare si fabbrica adesso un ponte di legno sulle barche che attraversa il Bacchiglione in borgo di Casale al Vo dei Zaffi. Questa strada riuscirà a Santa Chiara. Un altro ponte si costruirà fuori della porta della Lupia che metterà in Campo Marzo dove adesso vi è il porto della Morte sul Retrone; tutto questo pare ideato perché in caso di una ritirata, le truppe abbiano aperta una doppia evasione. Si mandano birri per le Ville a levare uomini per questi funesti lavori . Per questo si prevoleranno [sic] di quelli famosi barconi, che nella guerra passata passarono, e ripassarono le tante volte per questa Città, parecchi dei quali nei giorni passati furono condotti rovesci sopra carriaggi da Padova; e non già di quelle barche da Chioggia che passarono giorni sono per Vicenza, e ritornarono indietro sull'Isola, da dove poi dopo qualche giorno a Chioggia per acqua furono rimandate. Secondo giorno del triduo con lo stesso intervento e concorso di ieri. Nei giorni passati furono condotti da Verona altri 13 prigionieri francesi. 25 ottobre 1805. Oltre la strada accennata di sopra o ora un'altra se ne prepara dagli ingegneri dell'armata. Verrà questa da Biron, attraverserà la Seriola e la strada di Santa Croce al luogo del conte Ottavio Trento, passerà per la corte del Can.o Zanoli, poco dopo attraverserà il Bacchiglione sopra un ponte e di là per Broton anderà ad incontrare la strada Marosticana, quale attraversando manderà per Cavazzale a riuscire sulla Bassanese. La Città ha speso lire 8823 a comprar nella prima requisizione non so quanti cavalli per mandarli al campo. Per risarcirsi di questa spesa fu gettata una colta di ….20 per ogni cavallo dei cittadini che mantengono cavalli in Città. Ultima sera del triduo con l'intervento stesso e con il concorso delle altre sere. Dio esaudisca le nostre preghiere, e ci dia la grazia per riformare i costumi nostri, cagion unica, no Bonaparte, delle nostre disgrazie. Nei giorni venturi si farà un Triduo in tutte le parrocchie, e chiese della Città. 26 ottobre 1805. Giornata di ribrezzo e di timore, perché a mezzogiorno tutti i cannoni che vennero pochi giorni sono, ed erano fermi in Campo Marzo, ritornarono indietro, e si avviarono verso Castelfranco, e questa sera poi arrivarono in Campo Marzo molti cannoni che stavano a Lonigo. Giunse anche indietro da quelle parti in Vicenza il bagaglio del principe Carlo. Questi purtroppo sembrano indizi di una prossima ritirata. Guai a noi se succede. Maria Vergine SS. ci protegga; ma nol meritiamo; e io meno di ogni altro. Si è sparsa la voce che i nostri abbiano sofferto una grave sconfitta in Germania e che questa sia cagione di questo retrogrado movimento. Dopo mezzodì si è sentito grande cannonamento verso Verona. Questo non può aver che fare con quello. 27 ottobre 1805. Nessun moto retrogrado si osservò oggi, anzi si videro alcuni cannoni condursi verso Verona. Perciò i cittadini hanno ripreso le loro speranze. Dio le secondi, se sì a Lui piace. In questi ultimi giorni sono tornate da Lonigo le pariglie dei nostri cittadini che stavano al servizio del principe Carlo, mandate a lui fin da quando egli era a Padova. Gran dispiacere questo per i nostri cittadini massimamente per quelli che non hanno che una sola pariglia. 1805 Nonostante cinque di queste pariglie sono ancora al servizio a Lonigo, e non ancora sono tornate. Partirono oggi per Verona 1000 fanti che si erano raccolti in Vicenza da qualche giorno venutivi a più riprese. 28 ottobre 1805. Si lavora con somma attività alla formazione di nuove strade, e di ponti sul Bacchiglione come ho accennato di sopra; ed ora si fabbrica quello in Broton sopra quegli inumani barconi di cui ho parlato; molte altre strade nuove si fanno dall'armata austriaca sul nostro territorio verso il veronese, che indicano avvedute cautele in caso di una ritirata; che Iddio per sua misericordia tenga lontana se così gli piace. Se si troncassero dalle operazioni militari tutte quelle che sono affatto inutili si diminuirebbero almeno di due terzi gli aggravi e le spese per il Sovrano e per noi. Questa sera passarono sette od otto cannoni che si avviarono verso Verona. Non si sa quale sia stato il motivo di far retrocedere tanti cannoni l'altro giorno, cosa che suscitò grande costernazione 29 ottobre 1805. Ritornano indietro da Montebello questa sera molti carriaggi carichi di legname per costruzione di ponti. Tutto oggi si udì il cannone, e siamo in trepidazione. A notte inoltrata giunse la funestissima nuova come questa mattina i francesi sono entrati in Veronetta cessa a loro per capitolazione del principe Carlo; ed eccoli padroni di tutta Verona, e usciti con l'armata fino a Caldiero, dove sta ritirata e concentrata l'armata austriaca. E di noi che mai sarà? Deus providebit. 30 ottobre 1805. Furono condotti in Vicenza 13 o 14 prigionieri francesi da Verona. Dopo pranzo si udì il cannone, e si incominciò a vedere i primi carriaggi e bagagli che retrocedevano dal campo e andarono sempre più crescendo furiosamente; e ingombravano la Città da una porta all'altra; vista che contaminò l'animo dei poveri vicentini, che si veggono vicini, se Dio non assiste, a piegare sotto il giogo francese per la terza volta. Quantità di gente fugge precipitosa in Vicenza dalle ville della strada veronese, che sono esposte al furor della guerra. A notte inoltrata giunse nuova che nella battaglia di oggi i francesi furono respinti validamente verso Pescantina, ed hanno lasciato gran numero di morti. Questa nuova ha ravvivata la speranza dei cittadini, e ci ha fatto render grazie al Signore da cui dipendono tutti gli avvenimenti umani. 31 ottobre 1805. Dalla mezzanotte passata fino a questa sera continuamente entrarono in Vicenza carri carichi di soldati feriti dalla parte di Verona, due terzi dei quali sono austriaci e un terzo francesi, che è proprio spettacolo compassionevole da vedere. Di qui furono condotti circa 600 prigionieri francesi tutti sani. Fra i feriti austriaci si conta anche il generale Lippa. La battaglia sanguinosissima è accaduta tra Corignola [oggi Colognola] ed Ilasi dove era l'ala destra dell'armata austriaca. Il principe Carlo accortamente aver disposto due batterie di cannoni invisibili e una visibile. Con colpi vani di questa adescò i francesi a venire all'attacco in numero di 12 mila. Dierono nella rete e si accostarono alla batteria per prendere i cannoni; allora si fecero giocare le invisibili, che li disordinarono e li fecero dare indietro, allora si mosse la cavalleria della suddetta ala, tra cui gli ulani, e ne fecero un macello spietato. Il principe Carlo animava tutti con la voce con l'esempio esposto ad ogni pericolo. 1805 Massena generalissimo dei francesi urlava fortemente per animar la sua truppa; ma dovette retrocedere con una perdita di 2000 morti e di 600 prigionieri tra cui molti ufficiali; e i nostri ripresero le loro prime posizioni; ma anche i nostri hanno perduta assai gente. Altri cannoni che erano in Campo Marzo partirono e andarono fuori dalla porta di Santa Lucia; ma la sera altri cannoni vennero in Vicenza ed uscirono dalla porta del Castello. Chi vuole spiegare queste che paiono contraddizioni? *** La battaglia di Caldiero ebbe luogo il 30 ottobre 1805. Il maresciallo di Francia Andrea Massena alla testa di circa 37 000 Francesi, affrontò un esercito austriaco forte di ben 50'000 uomini, guidato dall'Arciduca Carlo, posizionato nel villaggio di Caldiero e sulle colline circostanti. Masséna attaccò e prese le colline, mentre il villaggio resistette sino al cadere della notte. Nel corso della notte l'Arciduca Carlo fece muovere salmerie ed artiglieria, lasciando a coprire la ritirata circa 5 000 uomini, al comando del generale Hillinger. Questa retroguardia venne catturata il giorno successivo. Gli austriaci registrarono circa 3000 fra morti e feriti, oltre 8000 prigionieri, inclusa la retroguardia dell'Hillinger, contro circa 4'000 morti e feriti da parte francese. da Wikipedia 1 novembre 1805 Giorno di somma confusione e di alta costernazione per i vicentini. Rasserenati alquanto, per la vittoria austriaca dell'altro giorno sotto Verona, ecco giungere nella passata notte la funesta nuova di una strepitosa rotta sofferta dai nostri al Tirolo; immediatamente si viddero vuotarsi i magazzini, e fuggire tutti i carriaggi fuori della porta di Santa Lucia. Da ciò si raccoglie la nostra pessima situazione; se Dio non ci aiuta miracolosamente, il nostro male sembra senza umano rimedio. Tutti i bagagli degli Uffiziali passano fuggiaschi e accrescono il timore. L'armata peraltro non si vede ancora a retrocedere. Non so quale sia stato in Vicenza il giorno di Ognissanti nell'anno 1236 al tempo di Federico II; ma questo di oggi ci eccita un gran batticuore. Sono tanti i feriti in tutti i quartieri, che si manda a tutte le case benestanti perché vi mandino carne cotta, brodo, ec. Vennero anche condotti da Verona 50 circa prigionieri francesi. Ma a che pro? Se quanto più si accostiamo alla sera, tanto più cresce il ritorno affrettato dei bagagli e dei convogli militari? Oh! Che mestizia! Oh! Che pallore!, Oh! Che silenzio espressivo in tutti i cittadini! Tutto oggi, furono condotti da Verona soldati feriti austriaci e francesi; e da ciò si vede l'atroce battaglia di ieri. 2 novembre 1805 Tutta la scorsa notte, e tutto questo giorno fu una retrocessione continua di carriaggi. Ora si vede affatto decisa la nostra sorte; e dobbiamo piegare la testa al volere di Dio. L'avvilimento dei cittadini non si può esprimere. 1805 Eppure lo credereste? V’ha ancora dei giacobbini. E che possano mai sperare? Il regno della libertà, e dell'eguaglianza è incenerito. Saranno sudditi come qualunque altro. Che pensan dunque? Si fortifican oggi gli austriaci all’Olmo, e alle Tavernelle. Sarà per proteggere la ritirata. Ogni ora più cresce in città lo spavento, l’ansietà e la trepidazione. Maria SS. Vergine e Madre ci assista in tanta desolazione. Alcune famiglie nobili sono fuggite a Venezia. Dopo pranzo si è veduta a retrocedere parte della Cavalleria. Per tutte le strade si incontrano contadini che portano in città i loro mobili. Si è immurata oggi la Porta Nuova, e si immura quella di San Bartolomeo; e così si vuol fare di quella di S. Croce per ordine militare, e si sono posti i cannoni presso alla porta del Castello, che è baricata. Tutte queste inutili disposizioni allarmano di più gli abitanti. Vuolsi che una colonna francese abbia penetrato in San Giovanni Ilarione, e di là possa discendere. Ma la colonna che propriamente ci schiacciò è quella dei nostri peccati. Anche la porta di Monte è otturata. Passa anche di ritorno la fanteria e la maggior parte passa per la nuova strada che ho descritto di sopra. Verso sera ritornò indietro il principe Carlo a cavallo, mortificatissimo tenendosi con una mano un fazzoletto alla faccia. Aveva a fianco il principe Luigi. Entrò in Campo Marzo, passò il ponte della Morte, entrò per la porta della Lupia, imboccò la nuova strada di Santa Chiara e di là passò poi il Bacchiglione sul ponte sulle Barche, e riuscì al Vò dei Zaffi. La sconfitta non fu tanto in Tirolo quanto in Germania dove i francesi hanno fatto progressi tali che mettono spavento alla capitale. Il suddetto principe Carlo andò a Lisiera. Partì anche oggi da Vicenza il nostro capitano Avogadro Provinciale. Ecco il suo carattere. Fu cavaliere nobile ben intenzionato, non interessato, niente vendicativo. 3 novembre 1805 Il ritorno questa mattina è manco affrettato degli altri giorni. Ma le violenze della soldatesca sono eccessive perché con mano militare i soldati si portano alle spalle dei cittadini e conducono via i loro cavalli. . Quattro bellissimi ne ho veduti a condur via al Co. Marcantonio Trissino i quali avevano per molto tempo servito il principe Carlo a Padova, e così tant’altri di cittadini. Le persone dei borghi di S. Lucia, di S. Bartolammeo hanno molte di esse abbandonate le loro case. Non si lascia passar nessuno dalla porta della Lupia. Furono questa mattina condotti quaranta circa prigionieri francesi dalla porta del Castello. Le angustie sono grandissime, ma Dio non manca di sua assistenza. L’orror massimo e lo spavento cominciò due ore dopo mezzogiorno. Avuto l’avviso il principe Carlo dalla Germania che non abbandonasse questa posizione, o per questo morire, o per altro far resistenza ai francesi prima di ceder loro questa piazza, fece dunque sul momento rifar i ponti nuovi, che avea poco fà disfatti, mandò truppa in città e fuori, piantò cannoni in moltissimi luoghi, anche in casa Valmarana al Castello; armò case e finestre di soldati, come in casa Trissino di Ponte Furo; e venne egli da Lisiera al Vò dei Zaffi in Camarzo, e poi passò alla strada Marosticana di S. Bartolammeo. Vennero intanto i francesi due ore dopo mezzogiorno, e tentarono dapprima di entrare per la porta di S. Croce; ma trovando resistenza, cominciarono a bersagliare la città col cannone, indi si portarono a quella del Castello dove cominciarono a grandinare la città da quella parte con un fuoco terribile di mitraglia, di palle di libbre otto, e di palle infocate e durò per noi questa fatal situazione, a cui non credo che Vicenza sia stata giammai, per più di cinque ore e mezzo continue cioè fino quasi tre ore e mezzo avanti mezza notte. Chi può descrivere gli animi dei cittadini? da tutte le parti volavano le palle, fischiavano, e si vedevano roventi per l’aria. 1805 La maggior parte degli abitanti andò a ritirarsi nelle cantine: al batticuore di rendersi esposti al pericolo della palle si aggiungeva l’apprensione di veder ad ogni momento presa la città d’assalto e mandare tutti a fil di spada. A fronte di questo ho osservato, per le fessure delle finestre, giacché tutto si tenea chiuso, che sempre vi era sul corso gente volgare, sparsa quà e là, curiosa di vedere, a rischio della vita. Finalmente si seppe, dopo cinque ore e mezzo, che sarebbe sospeso il cannone da ambe le parti così d'accordo per tutta la notte; e così fu; questa sospensione fece risorgere gli animi da morte a vita. Pochi peraltro in questa città sono andati a letto. I danni fatti alla città in questo assedio sono incredibili. Le palle infuocate, ossia le bombe erano del peso di 24 libbre e si spaccavano nelle strade, o nelle camere. Perciò restò morta in camera la cameriera di casa Folco; e per strada un tal Randon. Infinite sono le case danneggiate; casa Valmarana, una casa Tiene, casa Bissaro, casa Loschi, tutte alla porta del Castello, casa Muzani. Nel vescovado la sagrestia del Duomo, casa Trissino in faccia alla nostra qual più, quale meno. Spaccandosi queste palle in più case suscitavano incendi, che furono grazie a Dio estinti. Non così il convento dei poveri padri Cappuccini che si incendiò, fuor della Chiesa che fu salvata con tutti i religiosi, che passarono tutta la notte a ciel sereno sullo stradone. In casa nostra non giunse che una sola palla da cannone non infuocata; forò essa il muro divisorio in alto con casa Priante, e venne a riuscire senza danno in un gran tuono corrispondente. Insomma la B.V. ha salvato la città e la nostra casa; e a lei si devono rivolgere i nostri ringraziamenti e raccomandarci alla sua intercessione e migliorare i nostri costumi, ragion unica di tante disgrazie. Eran due giorni che il capo dei deputati si è rapportato in fondo al borgo di S. Felice per essere al tempo di raccomandare la città al generale Massena, generalissimo dell'armata francese; e ottenne che non la prendesse d'assalto: anzi il suddetto Massena lo mandò con un trombetta a parlamentare con un generale austriaco la porta del Castello; e qui fu dove corse gravissimo pericolo della vita. È legge di guerra che il trombetta sia rispettato, ma non altri soldati nemici che con lui fossero. Sia stato accidente o riflessione in quel gran tumulto, si avviarono dietro il trombetta da in poca distanza due soldati francesi. Quando furono in faccia alla Crosara di Porta Nuova, un picchetto di austriaci, che stavano sopra una casa di un mercante di legnami, vicino a Porta Nuova, lasciarono passare il trombetta, ma non la perdonarono ai due soldati presso i quali trovavasi il capo dei Deputati, e scaricarono contro di loro tutto ad un tempo dei colpi di fucile. Per miracolo di Maria Vergine restò illeso insieme con gli altri; ma si arricciarono i capelli a quanti videro questo fatto. Nulla ottenne dal generale austriaco che persisteva per ordine del principe Carlo a non ceder per allora la piazza; anzi ebbe rimprovero di essere uscito di città e di aver fatto male anche i suoi affari. Sicché ritornò indietro col trombetta. Alle fabbriche che sono state danneggiate dal cannone e dalle bombe bisogna aggiungere la loggia del Capitanio, il Monte di pietà, dove vegliavano sempre persone ad impedire gli incendi, il collegio dei padri Filippini, l'arco di Palladio in Campo Marzo, di cui cadde una guglia, l'ingresso al giardino Valmarana, tutte le case, e tutta la strada del borgo del Castello che fà proprio inorridire, e il torrione del Castello, che ne ammorzò molte, e difese molto la città. Quelle palle incendiarie partivano dalla Braja di S. Felice dove erano piantati gli obizi, che ci mandavano questi … regali. Si abbruciò anche una casa vicina alla porta in principio della strada di Cà del Diavolo; e la casa stessa della Posta è assai danneggiata dalle palle. Mai più Vicenza si è trovata in tanto pericolo. Quindici palle caddero in casa Caldogno in contrà di Reale con sommo rischio, e vi restò morto un cavallo. 1805 4 novembre 1805 Lunedì giorno di San Carlo. La notte passata tacitamente partirono tutti gli austriaci, e abbandonarono la città dopo essere stati cagione dello spavento e della rovina di ieri, e dopo aver avuto da noi quanto hanno chiesto, e avute tante prove della nostra affezione. Ed eccoci per la terza volta sudditi dei francesi forse per sempre. Entrò dunque pacificamente tutta l'armata del nostro sovrano il re Napoleone Bonaparte per la porta del Castello un'ora e mezzo prima di terza, e proseguì continuamente non marciando, ma volando fuori della porta di Santa Lucia, inseguendo l'armata austriaca, fanteria e cavalleria assai all'ordine. Non si può accertare il numero di questa armata, ma certo non sarà meno di 30 o 35.000 uomini con assai treno di artiglierie. In città non fece il minimo danno, come si temeva, ma bensì nelle ville dove alloggiò la notte passata. Ed ecco che abbiamo per la divina misericordia ad intercessione di Maria Vergine passato felicemente il saccheggio che si temeva. Tutti gli abitanti aveano nascosti, e sepolti i loro effetti di valore. Fa gran compassione vedere il convento dei PP. Cappuccini; tutto era bruciato fuor che la Chiesa: i loro mobili, la loro buona libreria preda del fuoco. Fu il cannone tedesco che operò questa ruina piantato sul salizà [selciato] sulla porta del Can.° Zanoli, per offendere i francesi, un corpo dei quali era ai Cappuccini. Il fuoco si appiccò alla legnara; né potevano estinguerlo; i poveri religiosi sono stati raccolti da tutti gli altri regolari, massimamente dai P. Riformati, quantunque anche il convento di questi sia assai danneggiato dalle bombe, dalle quali ho veduto anche incendiata la casetta ivi contigua per il Cavallazzo appresso la Cavallerizza. I prigionieri delle nostre carceri hanno oggi tentato di fuggire, come è il solito in questi casi; ma non riuscirono perché le guardie francesi accorsero e vi si opposero. L’armata francese inseguendo l’arciduca bisogna dire che l’abbia raggiunto, perché questa sera furono condotti in città 350 prigionieri austriaci. Tra le tante palle infuocate che danneggiarono jeri questa desolata città, una entrò per i vetri del gran finestrone della facciata del Duomo; cadde sul podio sinistro della scalinata del coro in cornu evangelj lo spaccò unitamente ad un balaustro. Balzò sul pavimento del coro, ribalzò all’altare, lo pregiudicò nella parte laterale, e ruppe una porzione dei sedili. 5 novembre 1805 Altra truppa in gran numero è giunta la notte passata di francesi in Vicenza, che qui si sono per ora fermati; e la città vi è tutta inondata. hanno cagionati gran danni nelle case e campi di S. Felice. Un picchetto di cavalleria venuto jeri si fermò in Settecà la notte passata, e mi portò via sette scacchi di avena; et hoc initium malorum. Ottomila francesi di quelli venuti questa mattina si diressero poco dopo verso Schio. In città la truppa è tenuta in disciplina, ma nelle ville si cominciano a sentire le nuove di gran saccheggi. In Armeola in casa Grimana tutto è stato desolato; e corso pericolo i padroni che vi si trovavano i quali furono spogliati di tutto. Anche a Bartesina a casa Andrioli portarono danni. Sempre più si scopre nelle case in città il danno delle palle incendiarie, e il pericolo che abbiamo incorso per sei ore continue nelle quali ognuno di noi era un filo lontano dalle morte, e morte di quella sorte. L’ospitale di S. Marcello ha sofferto danno gravissimo. Io non ho compreso il pericolo, perché ho sempre creduto che fossero semplici cannonate, dalle quali mi pareva che la nostra casa fosse al sicuro; tardi ne fui avvisato, a notte avanzata, e allora con tutta la mia famiglia mi son ritirato, non in cantina troppo umida e fredda, ma nell’andito che mette nell’ orticello, che fatto a volto sostiene il ramo della scala. Anche il Collegio di S. Giacomo molto sofferse. 1805 6 novembre 1805 Questa mattina passò per Vicenza venendo da Verona, gran treno di artiglierie e di cannoni francesi in seguito dell’armata e circa sessanta grandi e lunghissime barche sui carri; altri carri carichi di legname per costruzione di ponti, e tutti uscirono per la porta si S. Lucia. Per l’osservazione fatta questa armata francese è minore più assai della metà, e forse di due terzi dell’austriaca, ma la supera molto nell’agilità e nella prestezza. Furono oggi condotti altri cento prigionieri austriaci fatti dai francesi nell’inseguire l’armata austriaca verso Cittadella. Per servir questi nuovi padroni nei loro viaggi si comincia a dover dar loro quei pochi cavalli da carrozza che ancora rimangono. Se non ci emenderemo il castigo di Dio diverrà ogni ora più grave. Non est consilium contra Dominum. L'altro giorno A Dio … per quasi sei ore 28.mila persone, un solo filo lontano dalla morte e da una morte sì tragica, e poi la sua pietà sospese il flagello, e nell'atto del flagello impediva alla massima parte delle bombe di scoppiare. Perché le bombe furono 340: e le cannonate semplici 500: quis non timebit te, Rex gentium? Le parti della città che rimasero quasi illese furono tutte quelle di là dal fiume, il quartiere di Santa Maria nuova, dei Carmini e di S. Croce. Le pariglie da carrozza oggi richieste sono state 50, ma ne andarono solo 23. 7 novembre 1805 Giungono le funeste notizie dei saccheggi dell'armata francese per dove è passata. Monticello del Conte Otto, Lisiera, Quinto, S. Pietro Engù ec. Quattrocento boarie sono partite con gli austriaci nella loro ritirata, non se ne ha nuova. Quando ritorneranno? 8 novembre 1805 Furono condotti cinquecento prigionieri austriaci, parte dalla porta di Santa Lucia e la maggiore [parte] dalla porta di Padova e la sera ne furono condotti altri 50 dalla porta di Santa Lucia. Delle 23 pariglie date ieri ai francesi per andare a Castelfranco, cominciano a ritornare indietro alcuni cocchieri delle famiglie che le dovettero consegnare; ma i cavalli non ritornano. Che bei giuochi di mano! Ho saputo di certo che il principe Carlo nel tempo che veniva cannonata l'innocente città, trovavasi in casa Valmarana alla porta del Castello. Questa sera vennero condotti dalla porta di Santa Lucia trenta carra di feriti francesi. 9 novembre1805 In questo giorno fu soppresso il Governo dei signori Deputati e fu messo in posto per governare il Settumvirato seguente Sig. Giovanni Scola – Rinunziò per età di 74 anni. Sig. Carlo Vicentini Sig. Co. Leonardo Tiene Sig. Co. Gio. Batta Salvi Sig. Co. Parmenione Trissino Sig. Girolamo Zigiotto Sig. Gaetano Bortolan Ha il titolo di Consiglio Provvisorio. 1805 Avendo dunque rinunziato a cagione di sua età il signor dottor Scola, tutti gli altri sei si portarono dal general francese Solignac, instando che fosse sostituito il capo passato dei Deputati, il quale tutto allegro per aver finito la sua carica, pensava di portarsi per qualche giorno in villa a divagarsi, dopo più di un mese di una vita da condannato. Allora fu che il generale lo mandò a chiamare; e dopo aver il povero cittadino resistito gran tempo, dovette cedere a questo dilemma francese, o accettare, o in prigione. Il di lui vecchio padre ne rimase accorato, e non fa altro in tutto questo giorno, che voltarsi alla B. V. e dirle: Madre santissima, cavatemelo da quel posto. Alla Polizia fu istallato il Commendatore Co. Antonio Trissino da Ponte Furo. Si sa che l’armata francese è penetrata anco in Treviso. 10 novembre 1805 Per prepararci alla festa di S. Martino e farci star lieti, questa mattina, a nome di Napoleone è stata pubblicata la contribuzione che Vicenza deve pagare. Consiste essa in due milioni di franchi, che equivalgono a quattro milioni di lire venete; e questa contribuzione di guerra dovrà pagarsi in sei giorni, metà sull’estimo generale, metà sulle polizze dei possidenti altre volte esibite. Vi assicuro, che questa mattina si vede per le strade un gran quantità di teste basse. Una quantità di famiglie stanno colle lacrime agli occhi non avendo modi di pagare una somma sì esorbitante, e non potendoli trovare in sei giorni. Bisogna alzar gli occhi al nostro divin esemplare, il Cristo, che ha rinunziato ad ogni ricchezza terrena e si è lasciato spogliare sino della sua povera veste. Cerchiam d’imitarlo in queste angustiose circostanze; e siam persuasi che non sono i francesi che ci spogliano; sono i nostri peccati; se non vogliamo vederlo. 11 novembre 1805 Furono condotti dalla porta si S. Lucia 200 prigionieri Austriaci. E’ gran tempo che corrono bellissime giornate; e questo fù un autunno raro a vedersi. Ma corre una influenza universale di raffreddori. Pochi ne vanno esenti. Per diminuirci il peso della imposta contribuzione di guerra e per coronare allegramente il giorno di San Martino questi nuovi nostri misericordiosi padroni ci hanno fatta una requisizione di 48.mila stara di sorgo, di quattromila di frumento, di 400 buoi, di 400 botti di vino, e non so quante migliaia di libbre di sale. Mirate discreta domanda. Quale distruzione in soli sette giorni? 13 novembre Si moltiplicano le requisizioni di non so quanti frugoni con cavalli, di riso. Si minaccia il Santo Monte di pietà; infatti sono quelli del 1797. 15 novembre 1805 Fu chiuso il Monte di pietà per paura che venisse saccheggiato nei pegni di ori, e di gioie e fu spedito dal nostro Governo civico al generale Massena il cavaliere Enrico Bissaro per questo e per altri oggetti; massimamente per ottenere qualche diminuzione della tremenda contribuzione. Non possiamo dolerci della disciplina della truppa francese che si trova in Vicenza la quale ordinariamente non oltrepassa 200. Non commettono furti né insulti; non così nelle ville suburbane, dove si insinuano i picchiatori, e saccheggiano le case dei poveri contadini i quali rimangono sbalorditi in mezzo alla loro desolata famiglia. 19 novembre 1805 È indicibile il concorso delle persone che a testa bassa vanno a pagare la tangente della contribuzione. Tre Uffizi civici a ciò destinati non bastano a disbrigare i concorrenti. Le più 1805 vive suppliche e la vera esposizione dello stato infelice di questa disgraziata provincia, che da 10 anni porta il peso di una guerra dispendiosissima, devastatrice, hanno indotto il Massena generalissimo a diminuire di 400.000 Lire la contribuzione. Ma regali sopra regali, zecchini sopra zecchini, per ottenere anche … … nulla si è guadagnato. Avendo il sig. Girolamo Zigiotto non … da Padova non so quale ingerenza nelle finanze richiesta ed ottenuta la sua dimissione dalla carica di Settemviro, e gli fu sostituito il co. Luigi Bissari. 20 novembre 1805 E’ ritornato il cav. Enrico Bissari da Gradisca, dove trovasi Massena col quartier generale, e riportò una lettera del d.to Massena con cui dichiara di prendere il Monte di Pietà sotto la sua protezione e comanda che abbia da camminare secondo le antiche sue leggi. Perciò il Monte fu tosto riaperto; e riprese i suoi giri. Fin da quando il principe Carlo, generalissimo dell’armata austriaca era col suo Quartier generale a Lonigo, fu spedito a Vicenza un picchetto di Ussari austriaci i quali giunsero di notte da Lonigo a Vicenza, andarono direttamente alla casa del sig. Gasparo Fusiniero, fuori della porta di Padova, verso il principio della strada che guida a Bartesina. Impadronitisi del sig. Gasparo lo trassero a Lonigo con loro. Di là fu poi tratto dietro l’armata nella di lei fuga fino a Collalto, dove dal Consiglio di guerra fu fatto fucilare, ed appender ad un albero, dal quale fu poi staccato dai francesi quando vi giunsero vincitori. Un contrassegno visibile che questo è un castigo sovrumano di Dio si è il riflettere che questa armata francese minore di circa due terzi di quella del principe Carlo, per confessione anche di questi uffiziali francesi, che passano per qui, aveva avuto ordine all’approssimarsi dell’armata del principe Carlo, di abbandonare Verona, e ritirarsi fino in Alessandria, e fu sul punto di preparare i bagagli per questo proposto ritiro, e già si congedavano dai veronesi, quando per la cessione di Veronetta fatta dal principe Carlo, cominciò a ritrarre l’armata austriaca, a segno che, dopo la battaglia di Caldiero, non trovò più resistenza (fuor di quella inutilmente ma a nostro grave danno fatta a Vicenza fino a Trieste, ritirandosi sempre l’armata austriaca forse di centomila fino verso la Carinzia. Non è egli questo un prodigio incredibile se non si fosse veduto da tutti noi? 22 novembre 1805 E’ morto all’improvviso il co. Ubertino Barbaran. Due volte in vita sua questo povero cavaliere fu creduto morto per sincope, e se ne divulgò la notizia, ma questa volta non si riebbe. 23 novembre1805 Giunte questa mattina la sicura notizia che un corpo di otto mila austriaci stralciati dall’armata austriaca di Germania, erano jersera entrati in Bassano venutivi da Primolano, e fattavi prigioniera la guarnigione francese tutta di bassanesi, si sparse il terrore in tutta la guarnigione francese di Vicenza: quelli che spargono il terrore per tutto il mondo tremano per se stessi. Si mandano a Verona ospitali, bagagli eccetera; partono diversi uffiziali per Verona; la confusione si mette in tutta la truppa la quale si fa schierare tutta in piazza pronta alla marcia. Quanto a noi questo avvenimento non ci ispirava lusinga, perché quando ancor gli austriaci si fossero impadroniti di Vicenza avrebbero dovuto abbandonarla tra pochi giorni. Tutti peraltro chiusero le case e le botteghe. Qualche corpo di francesi fu spedito verso Bassano, ed altro verso la porta di San Bartolomeo. La sera si appiccò il fuoco al convento di S.a Corona, cioè a quella porzione ceduta ai soldati; ma grazie a Dio fu estinto senza danno. 1805 24 novembre 1805 Tutta la scorsa notte la milizia francese vegliò in Piazza sotto l’armi, ma questa mattina si seppe che il corpo austriaco di Bassano non si dirigeva verso Vicenza, ma verso Castelfranco, con l'idea di andare a Marghera e ricongiungersi all'armata austriaca di Venezia; la qual città si trova ancora in dominio degli austriaci, ma si trova bloccata dai francesi ed interrotto ogni commercio. Ora fu spedito da Padova un grosso corpo francese che incontrò l'austriaco a Castelfranco; e dopo qualche combattimento lo fece tutto prigioniero e lo condusse a Padova. 25 novembre 1805 I commissari francesi ci fecero oggi la gentile requisizione di 300 frugoni con quattro cavalli per ciascheduno. Tutto tende ad espirarci le viscere e a ridurci esangui. Lo meritiamo. 26 novembre L'armata di Bonaparte traversando rapidamente tutta la Francia entrò in Germania senza resistenza, traversandola, entrò vittoriosa in Vienna il giorno 14 corrente. Così quella città che sostenne l'assedio di 300.000 turchi e li fugò, ha ceduto alle armi di Napoleone e lo ha accolto conquistatore, dopo di esserne partito il monarca Francesco II, con tutta la famiglia imperiale. Ed ecco caduto il trono dell’Austria. Oh nuova infausta, ma sempre aspettata! Oh, Giuseppe II, oh, Leopoldo II! Le vostre leggi antiecclesiastiche hanno abbattuto il vostro trono e preparata sì gran ruina. Così in venti giorni l’Imperatore austriaco ha perduto tutti i suoi stati in queste parti, fuorché Venezia e tutti questi fatti furono secondati da un tempo sempre sereno e dalla strade polverose; perché dal fine di agosto a questa parte non credo che abbia piovuto tre volte, e non è questo un evidente castigo di Dio, nel quale i francesi non sono che pure macchine? 27 novembre 1805 Arrivarono da Verona 500 Dragoni francesi a cavallo e furono condotti da Padova circa quattro mila prigionieri austriaci, di quelli che furono presi a Castelfranco; portarono danni dove passarono. Una madre, pazza da molti mesi, oggi andò a casa sua, prese due figliolini cha aveva, e andò a gettarli nell’Asteghello. Fu visto il colpo e furono estratti salvi. Giorni belli, ma freddi assai. 28 novembre 1805 Partirono per Padova i 500 Dragoni venuti jeri, e per Verona 2000 di quei prigionieri austriaci venuti jeri. 29 novembre 1805 Partì per Verona il rimanente dei prigionieri austriaci. Venne da Verona una legione di mille fanti corsi. Da più giorni si va risarcindo l’Arco e la Porta del Castello tanto danneggiati dalle cannonate nel giorno 3 novembre cor. E’ superfluo di avvertire che le case dei cittadini servono di alloggio agli uffiziali talvolta fieri ed indiscretissimi, come lo furono sempre, dall’anno 1797 a questa parte. Nessun conosce questo peso quanto sia grave se non chi il prova. 30 novembre 1805 Partì questa mattina per Padova la legione dei mille fanti corsi, tutti ragazzuoli di primo pelo. 1805 Ed ecco, umanamente parlando, perduta omai ogni lusinga di poter uscire quando che sia dallo stato deplorabile, in cui per i nostri peccati siamo caduti. Da qual sovrano sperar possiamo soccorso, se tutti i sovrani sono debilitati ed oppressi? Non resta che piegare la nostra superbia, ed abbracciare allegramente questa tribolazione, che Dio ci manda per nostro bene, e con questo mezzo santificarci. Finora i francesi dei tre mezzi formidabili che impiegano a promuovere il loro Governo, non ne hanno esercitato sopra di noi che uno solo, forse veramente e gravissimo, ma pure il minore di tutti, voglio dire le contribuzioni. Che sarà quando si venga alle coscrizioni? E più di tutto quando si venga a toccare la religione? Tremendi riflessi che mi fanno tremare la mano nello scriverli! Ma mi è di gran conforto il sapere che vi è Dio il quale tiene in mano i francesi da gran padrone, né potran mai fare se non quanto loro permette; e il sapere che la B. V. ha sempre protetto questo paese. Quasi tutte le famiglie nobili si trovano senza cavalli, altri venduti, altri portati via dai tedeschi, altri dai francesi Accademici dell'istituto delle scienze filosifi [sic] dell'Umanità e amici sviscerati dell'Uomo. Sicché non si vede più niuna, o quasi niuna carrozza girare per il taciturno paese; e le povere vecchie dame mezzo storpie sono costrette a avvalersi delle loro gambe se vogliono, o debbono uscir di casa. Il plebeo democratico se ne ride, e compiace, e non capisce che se i nobili e i vecchi impoveriscono, la plebe và in canna. Lo capirà da qui a non molto. L'invidia è una passione vile e antichissima che produce sempre i suoi sordidi effetti, e s’impingua contemplando con barbara compiacenza il male degli altri. Quanti poi siano i cavalli, i buoi, le boarie del territorio che sono perdute, non è facile fare il calcolo. Molte famiglie hanno perduto quanto avevano, e sono ridotte alla desolazione. Quelli delle ville che hanno trasportati i loro mobili in città l'hanno indovinata; e per l'esperienza di tutti questi anni veggo anch'io che in caso di guerra questo è il partito migliore. *** 2 dicembre 1805 Il frumento vale lire 11 o 12, e il sorgo 10 o 11 allo stajo. Questo abbassamento di prezzo avviene perché tutti vendono onde aver danaro per pagare la pesantissima contribuzione, la quale da più giorni in quà vien pagata con la pena del 10% da tutti quelli che non furono puntuali a pagarla nei primi giorni prescritti. Nota delle insigni inutilità praticate dagli austriaci dagli ultimi di agosto 1805 fino al momento della loro valorosa ritirata 4 novembre 1805 I. II. III. IV. V. VI. Fu inutile il sopprimere il convento delle povere monache di Santa Caterina e farle passare agli Ognissanti Fu inutile il restringere in un angolo dal loro convento le monache di San Tommaso per prevalersi del rimanente. Fu inutile l’angustiare i padri minori osservanti che abitano a S. Giuliano, ridurli a meschinissima abitazione per valersi della parte migliore del convento a favor del soldato. Fu inutile far lo stesso coi Padri si S. Corona. Fu inutile il restrigere i Padri Scalzi, sfigurare il loro convento per fare dei forni, uno dei quali non fu mai posto in opera e costò esso solo dieci mila lire. Inutili era [sic] milioni di lire da noi spese in servizio dell’armata austriaca nel giro di poco più di due mesi. 1805 VII. Inutili tanti trasporti, tanti cavalli consegnati, tante boarie occupate in servizio dell’armata austriaca Tutto questo, dico, è stato inutile, perché in un batter d’occhio tutto lo stato fu perduto miseramente, irreparabilmente, con un esempio di cui non si trova il simile nella storia. Credimini qui judicatis ex … Non furono inutili i ponti fabbricati per gli austriaci sul Bacchiglione e sul Retrone perché servirono a maraviglia per la ritirata. Conoscere da questo cos’è la guerra, e quanto i sovrani dovrebbero pensarci sopra prima di incominciarla. Se non fosse stata la guerra non saremmo in questo abisso di guai. Ma non abbiamo a dolerci che di noi stessi, i quali ce l’abbiamo tirata addosso coi nostri peccati. Non vi ha alcuno che non convenga in questa giustissima riflessione; ma chi è quello che cominci a riformare se stesso, e a riordinare i suoi costumi? VIII. Alle indicate inutilità aggiungere anche quella di aver tentato di sostenere l’assedio di Vicenza; ed esser stato motivo che i francesi la impaurissero e la danneggiassero cogli obizi e colle bombe, cosa mai accaduta in Vicenza. 4 dicembre 1805 Le truppe francesi ferme in Vicenza sono sempre in poco numero per cui dalla parte dei trasporti abbiamo del sollievo. Non è quel massacro di boarie e di animali che tanto ci angustiavano nei mesi scorsi. Fuori di questo, in tutto il resto, stiamo assai peggio. La scorsa notte passarono 11 cannoni con casse di artiglieria tolte dai francesi agli austriaci a Castelfranco e andarono verso Verona. 8 novembre 1805 Molte carra di munizione francesi venute da Verona jer l'altro partirono questa mattina per Castelfranco, e partirono per Padova, ad ingrossare il blocco di Venezia 500 soldati corsi venuti jeri da Verona. Ogni giorno deve la città somministrare alla guarnigione di Vicenza quattro buoi; ed oggi è richiesta di mandarne 30 a Treviso. Cinquecento sono i malati e feriti francesi negli ospitali e costano alla città quattro lire al giorno a testa; e tutto questo è un niente; aspettatevi infinitamente di più. Sono cerberi che non si contentano di offelle ordinarie; sono avvoltoi che non si saziano con il cuore di Tizio; vogliono più, più, più. Ho appena accennato l'incendio totale del convento dei p.ri Cappuccini accaduto la notte del tre venendo il quattro novembre; questo incendio non fu accidentale, fu doloso perché si appiccò il fuoco alle quattro parti del convento, tutto ad un tratto. I poveri religiosi non fuggirono che colla vita, e passarono tutta quella freddissima notte sullo stradone in mezzo ai francesi che ne ebbero pietà; cinque di questi poveri religiosi sono infermi, e taluno a morte. Pur si salvarono; ma tutto il convento fu saccheggiato, rubato inumanamente, sacrilegamente da mani vicentine, e rubarono anche gli arredi della sacrestia, e della Chiesa, che pur rimasero intatti dal fuoco. Chi sia stato il reo non si sa; certo gente che voleva rubare. I religiosi furono ricevuti dagli altri Regolari della città nei loro conventi, ma molti andarono a Tiene, a Padova, a Verona ec.! Gran danno per questa città che ha perduto una Casa di tanta osservanza, e di tanta edificazione. È questo un gran castigo per noi, non per questi religiosi, che mostrano una inalterabile tranquillità in mezzo a tanta disgrazia. 9 dicembre 1805 E’ partita per Treviso parte della guarnigione francese che era a Vicenza! E qui resterà un presidio di circa 100 soldati. Non è per questo che le spese diminuiscano e che la povera provincia non bada all'esaurimento. Allegri miei vicentini. Aprite il vostro teatro Eretenio fabbricato con tanta spesa; fate venire il celebre cantore Marchesi. Dove sono andati a finire i vostri passati non interrotti divertimenti? Quanto li avete pagati cari dall'anno 1797 in qua? 1805 10 dicembre 1805 Dal Governo francese è stato creato il tribunale d'Appellazione, che non vi era prima perché sotto gli austriaci era in Venezia. I soggetti creati sono i seguenti cinque confermati da Massena. Signor Giovanni Scola co. Fabrizio Franco co. Niccolò Salvi Sig. Francesco testa co. Bruno Muzan Quanto ai giudici di prima istanza restano per ora in posto quelli che v’eran prima.. Questa sera è morta di 82 anni la contessa Ottavia Capra moglie del qu. Antonio Ghellini, Dama di sommo merito. E’ morto pure il signor Marco Antonio Spessi. Ottimo cittadino e speciale. 11 dicembre 1805 Questa mattina è partito per Treviso il restante di questa guarnigione francese; così qui non rimane che un centinaio di soldati circa. Le spese non diminuiscono per questo. Il solo mantenimento del Comandante della piazza, il quale è un tale Monsignor Savardé o Savardais (cavatevi il capello) costa alla città più di trecento lire al giorno. Dieciotto mila lire hanno finora costato alla med.a i soli medicinali somministrati ai soldati infermi negli ospitali, sicché oggi ha fatto essa un contratto coi francesi di somministrare per ogni malato al giorno lire quattro e mezzo; i malati sono circa cinquecento tra tedeschi e francesi. Giudicate da questi piccoli cenni qual sia la spesa giornaliera della povera Città, e in qual vortice siamo caduti. Lo abbiamo voluto; e durerà questo flagello finché duran le colpe, che lo hanno chiamato. Miserere nostri Domine; miserere nostri. Jeri è ritornato indietro da Treviso un gran numero di carri di munizioni francesi, ed è andato a Verona. Non credo di aver dato raguaglio dei soldati morti sul colpo nel giorno 3 novembre passato per la inutile resistenza dei tedeschi in Vicenza contro i francesi, per cui questi, per quasi sei ore continue cannonarono e bombardarono fieramente la città. Furon pochissimi; sedici o diecisette, e non più, la maggior parte tedeschi, e tutti vicini al Casino di villeggiatura del Canonico Zanoli, dove gli austriaci avevano costruito un ponte sul Bacchiglione. Ivi, una palla di cannone portò via di netto la testa ad un tedesco, e lanciolla guarnita dell’elmo su i coppi della barchessa del med.o Canonico, dove restò anche il giorno seguente. I francesi occupavano S. Felice, donde fulminavano la città, e si stendevano ai Cappuccini e al palazzo vicino del co. Trento. I tedeschi occupavano la città, e le case vicino alla porta, e alle mura; e si stendevano fuori sulla via di Broton. Un uffiziale francese nell’atto che si trovava sul Borgo di S. Croce, dove la strada fa angolo poco dopo fuor della porta, fu colto da una fucilata uscita dalla finestra delle dimesse di S. Croce dove stavano appostati i tedeschi, cadde a terra sul cantone med.o e portato poi da alcuni francesi sullo stradone dei Cappuccini spirò sull’ingresso del medesimo. 12 dicembre 1805 La scorsa notte è morto il Nob. Sig. Candido Cavagion egregio cittadino. Anche la scorsa notte è ritornata indietro dall’armata francese una grande quantità di carri tutti di polvere; e si sono fermati a S. Felice, con pochissimo gusto di quel borgo, già desolato per le tante cannonate che lo hanno bersagliato in quel giorno tremendo, che sarà sempre memorabile nei nostri annali, nella quale occasione ho ommesso di registrare il caso che 1805 segue. Fuggiti nella notte dei 3, venendo i 4, i Deputati rischiano di andare incontro a Massena, al quale già si era preventivamente portato la sera dei 2 il capo dei Deputati, il quale non era ritornato, né ritornò se non dopo l’ingresso dell’armata francese. Ora cinque Deputati, cioè il co. Luigi Porto Barbaran, il co. Luigi Bissari, il co. Lodovico Trissino, il co. Gabriele Muttoni e il sig. Carlo Balzi unitamente al co. Francesco Anguissola, non azardandosi di far aprire le porte, scalarono la piccola e sottil mura nuova eretta recentemente in Campo Santo sopra i fondamenti di quella che fu demolita interamente dai francesi l’anno 1797: e non senza pericolo di cadere si portarono da Massena, il quale dapprima fu sorpreso, e credendo che fossero passati per qualche foro, indicatemelo, disse, ch’io pure verrò per quello. Ma dettogli che scalaron la mura cercò che tosto fossero aperte le porte. Saputo questo dai cittadini di dentro, rimosso il legname ed altri impedimenti da quella del castello, l’aprirono, e tutta l’armata entrò pur quella siccome ho scritto in quel giorno. Non so comprendere come Massena non siasi avvisato la sera del 3 novembre. In luogo di bombardare per quasi sei ore questa meschina innocente città, di abbattere con una mezza cannonata questa muraglia di carta di Campo Santo ed entrare per questa breccia. Forse avrà ben temuto di trovare in città una truppa numerosissima di austriaci. Per noi forse sarebbe stato peggio, perché prendendo la città di assalto chi avrebbe contenuto l'armata vittoriosa dal commettere qualunque eccesso? In quella terribile sera dei 3 novembre successe anco che mentre un carriaggio di polvere todesco passava per il Corso presso casa Bissari una palla di cannone venne a uccidere uno dei cavalli che lo tirava, a grande rischio che cadesse nella casa e accendesse la polvere, lo che avrebbe prodotto un eccidio. 13 dicembre 1805 Tali e tante furono le requisizioni fatte dai Signori nostri padroni, di muli, di animali, di riso, e di altri generi, che per soddisfarle fu necessario all'esangue città di sborsare tre cento mila lire.. Il Governo ha fatto un editto che comprende un nuovo taglione, sotto un nuovo aspetto: ecco come. La contribuzione di questi giorni fu pagata sulla polizza presentata l'anno 1801 dai possidenti. Ora queste polizze senza che i proprietari ne sapessero niente, furono da una commissione rialzate di valore dando ai generi un prezzo maggiore di quello che avevano dati i proprietari. Convenne abbassar la testa e pagare. Ma non basta. coll’estimo di oggi, si comanda di pagare a novanta dì queste polize così rialzate, e anche l’intervallo che passa tra quanto abbiamo pagato nella Contribuzione dell’anno 1802 e quanto abbiamo pagato in quota dall’anno 1805. Per esempio, io nell’anno 1802 ho pagato per la contribuzione L. 4800; e in questa dell’anno 1805 in grazia della mia poliza rialzata L. 5500. Pagate dunque, mi dicono, questo intervallo di L. 700 per pareggiare a quello che avete pagato nella Contribuzione di quest’anno. Questo è un nuovo taglione e non piccolo. 14 dicembre 1805 E’ giunta la nuova dell’Armistizio seguito tra l’armi francesi e le austriache, questo è segnato per tre mesi e porterà la conseguenza che avremo stanziante a nostro peso chissà quanta truppa francese in Vicenza. Umanamente parlando non vi è speranza di uscire mai più dalle mani di questi amici dell’uomo. Mi par di leggere scritto sopra ogni porta della città quel verso di Dante Perdete ogni speranza o voi che entrate [sic] 1805 15 dicembre 1805 Oggi Ms. Savardé Comandante della Piazza ha invitato a pranzo da lui i Settemviri del Governo, ed altre Cariche civiche. Mirate atto di generosità. Sapete mo a quale ora? Sei ore dopo mezzodì, cioè a dire a una ora di notte italiana. Adesso intendo come v’abbia tante e tante persone, le quali amano il Governo francese. Questi sono di due classi. P°. I libertini, i quali sperano impunità nei loro delitti. 2°. Quelli i quali contemplano lo svincolamento dei fideicommissi, il quale purtroppo sotto questo Governo avverrà come un mezzo felice per vendere i loro fondi. A queste due classi se ne può aggiungere una terza; di quelli cioè, i quali si lusingano in mezzo a queste rivoluzioni di profittar per se stessi, e di arricchirsi in mezzo all’impoverimento di tanti cittadini. 17 dicembre 1805 La notta passata è caduta poca quantità di neve. Per avere il soprad.° armistizio l’Imperatore Francesco II ha ceduto a Bonaparte nostro re d’Italia, tutta l’Austria superiore e inferiore, tutto il Tirolo tutto lo stato Veneto ec., ec., sicché adesso sarà levato il blocco di Venezia e i francesi vi entreranno trionfanti. Omnia perdidimus. Chi immaginar potrebbe eccidio più funesto? Se l’armistizio è giusto la Pace qual sarà? 19 dicembre 1805 Seguitano le giornate bellissime, ma fredde assai. Il frumento vale L. 17 e il sorgo L. 11 allo staro. 20 dicembre 1805 Il blocco di Venezia sussiste ancora e più stretto di prima; dal che si desume che la città di Venezia probabilmente non è ceduta nell’armistizio ai Francesi. Ogni commercio è interrotto, per noi il danno è grandissimo e trappoco non avremo più né olio né sale. E’ morto oggi il sig. Giuseppe Lupieri Medico di somma reputazione, e di somma dottrina. Oltre la sua professione era eccellente nelle altre parti della fisica, e valente scrittore, come dimostrano le opere da lui date alla luce per cui avrà grido in patria e fuori. 21 dicembre 1805. Finora il nostro Governo fu militare perché dipendente dal Generalissimo Massena: ora non più; siamo governati dal Viceré d’Italia Eugenio Beaurnois, figliastro di Bonaparte, e questo vicerè verrà poi in questi stati veneti per incorporarli nel Regno Italico. Miseri noi! I buoni veneti non tornan più. Jeri furono condotti 200. prigionieri austriaci di quelli fatti dai francesi a Castelfranco e sono diretti a Verona. 22 dicembre 1805. La notte passata fu rotto dai ladri il muro della Bottega del mercante Zamboni detto Garofolino sulla strada di S. Lorenzo in faccia ai Grifoni Valmarana: e gli portarono via quanto aveva di panni ed altro per circa il valore di tre mila ducati. Ora ditemi, a che giovano i fanali per la città se non a far lume ai ladri, e ai malviventi? 1805 I promotori di questa costosissima superfluità che la vantano come un insigne ritrovato per tener in freno i ladri e impedire i latrocinj, confesseranno adesso la loro infelice politica, e accorderanno che non fù introdotta questa novità se non per facilitare ai giovani, ed alle giovani il vagabondare tutta la notte per la città, a spese dei proprietarj delle case. Che bel pensiero? 23 dicembre 1805. Sul Cimitero del Duomo proprio nel mezzo tra il gran coro del Duomo, e la stradella dietro all’Ospital Vecchio vi era un antico capitello dedicato alla B. Vergine, appartenente alla fraglia dei Marangoni; era cinto da un portico ottagono sostenuto da colonne di ordine ionico di buona architettura, con un altare sotto l’immagine di Maria, dove vuole la tradizione che si celebrasse Messa al tempo del contagio; e dentro il recinto ottagono di questo capitello era la sepoltura dei Seminaristi, dei Chierici della cattedrale, e dei Marangoni; ed era insomma un Luogo diverso, quantunque ora maltenuto e periclitante. Ora questo capitello per ordine del Governo Civico con disapprovazione di tutti i buoni, oggi è stato atterrato; e l’immagine di Maria SS.a verrà collocata in qualche Capella del Duomo. Una nuova Accademia di molti soggetti, composta di molti ordini, di cui mi pare di aver fatto qualche cenno negli anni andati, ha comprato la sede vecchia dell’Ospitale sulla piazza del Duomo; ed ora vi sta lavorando per ridurlo ad uso de’ suoi trattenimenti. Colla demolizione di questo capitello, questa Accademia avrà d’intorno a sé uno spazio maggiore di terreno, onde dar luogo ai Legni, alle persone, che concorreranno a godere i suoi futuri spettacoli. E’ egli in questo modo che si pensa a placare l’ira di Dio? 24 dicembre 1805. Il co. Leonardo Tiene e il co. Luigi Bissari ambi del Governo si sono portati a Padova per inchinarsi al Principe Eugenio Beaurnais Viceré d’Italia, che giunse in quella Città. Si incomincia a riveder per città qualche numero di carrozze. Quelli che non hanno perduti i cavalli, che non li hanno venduti, o che li avevano nascosti in qualche villa lontana, adesso li fan rinvenire e se ne prevalgono. Ma quanto durerà questa festa? 25 dicembre 1805. Giorno del S. Natale. Mons. Vescovo ha fatto pontificale in Duomo, non ha peraltro predicato. Intervennero al pontificale tre soggetti del governo; il capo, ossia Presidente dei quali era nel posto, e aveva gli stessi onori del Podestà Veneto (commovente memoria!) Dopo lui erano collocati i due suoi soprad.i colleghi, e dopo di essi il Presidente dell’Appellazione e quello della Polizia, tutti sul banco degli antichi deputati. Erano tutti vestiti di nero alla francese, con spada, come andavano i deputati passati sotto il governo tedesco, terminato così meschinamente. Avevano il Pantalone, ed i Pifferi vestiti del loro solito abito; ma i pifferi avevano diritto di suonare. 26 dicembre 1805. Furono condotti da Padova circa 200 ufficiali austriaci, di quelli fatti prigionieri dai francesi a Castelfranco. Alloggiarono nelle case dei cittadini; e dimoreranno qui sino a nuovo ordine. Ecco un nuovo peso aggiunto a noi sopra tanti altri. 27 dicembre 1805. La notte scorsa è caduta la neve in non pochissima quantità. Non credo di aver notato che i giudici Civili di prima istanza sono tre, anzi quegli stessi che erano sotto il governo austriaco; tre pure i giudici Criminali, gli stessi che erano prima; e un 1805 Giudice Summario civile. Restano i vicari sul territorio gli stessi che erano prima. Ma è soppresso il consiglio di 150. Delle sentenze degli uomini saggi se ne suole tener gran conto; si cerca di raccoglierle e di tramandarle alla posterità. Perciò è che non bisogna lasciar perire alcuni eroici sentimenti di un tenentuccio francese che ieri fu alloggiato a casa dei fratelli Balzi. Voleva egli a viva forza la camera dove dorme il signor Andrea Balzi, primogenito. Questi non volle cederla, e si contentò di non uscire mai dalla stanza medesima insieme col francese, il quale pure stette fermo nella medesima, e tra l’auree espressioni che disse ai signori Balzi questo amico dell'uomo, perché disse quanto più vi spogliamo, tanto più divenite superbi. La prima parte contiene una gran verità e una gran confessione. Noi rispondiamo in tre maniere: con le parole, col bastone e con la sciabola. Partirono verso Castelfranco diverse carra di munizioni e di polvere, con corazzieri che da più giorni erano a S. Felice. Per il passato era imposta una tassa chiamata testatico di otto lire all'anno sopra ogni animale bovino, e cavallino, del territorio e della città, e ciò per formar una Cassa con cui noleggiar boarie per i trasporti gravosissimi degli oggetti militari; il qual progetto seguì fino ad un certo segno, ma non bastò più quando la città cominciò a essere inondata dalle truppe austriache, perché i trasporti crebbero a dismisura e fuvvi tal giorno, in cui furono qui chiesti fino a 400 carri, oltre quelli che per forza furono condotti via. Ora questa tassa viene abolita e invece viene sostituita la somma annua, di L. 70.000 tutte pagabili sull'estimo colonico. Anche questa servirà fino ad un certo punto, ma non quando siavi gran passaggio di truppa. L'ospitale francese che abbiamo in città ci costa L. 90.000 al mese. L. 2000 al giorno ci costano i 200 muli che con uomini abbiamo dovuto spedire all'armata; et sic de singulis. Vae victis. 30 dicembre La notte passata è giunta la nuova della pace segnata tra Bonaparte nostro sovrano, e l'imperatore austriaco Francesco II, tal quale anzi meno svantaggiosa per l'austriaco di quello che si credeva. Viene cesso a Bonaparte tutto lo Stato Veneto, Venezia e il Tirolo basso; sicché eccoci per sempre e irreparabilmente in mano dei francesi. Omnia dunque perdidimus, anche la speranza, che nelle altre due invasioni non ci abbandonò. Finora il Governo dei Settemviri avrà in mano il politico, ed il civico. Ora egli ha creata una deputazione composta di sette soggetti, che rappresenterà la città, e accudirà a tutti gli affari civici come facevano i deputati. Il primo di essi avrà il titolo di Podestà, e gli altri quello di Savj. Ecco quelli che sono stati eletti: Sig. Co. Gio. Giacomo Tiene Sig. Co. Lodovico Trissino Sig. Co. Francesco Anguissola Sig. Co. Lodovico Carcano Sig. Co. Lodovico Bonin Sig. Gio. Fontanella Sig. Giovanni Cannetto Ha il titolo di Deputazione Civica. Vennero da Verona 400 fanti francesi, reclute di primo pelo. 31 dicembre 1805 Partirono i sud.i 400 fanti. 1805 La sera fu fatta in Duomo, assistendovi Mons. Vescovo la solita funzione del Sermone e del canto del Te Deum secondo il consueto d’ogni anno. Stemma del Regno Italico (1805-1814) .