un giardino per il comino

Transcript

un giardino per il comino
Sergio Tumminello
UN GIARDINO PER LA VALLE DEL COMINO
Se un giardino si può definire l’opera per eccellenza destinata alla contemplazione e all’esperienza dei sensi,
ed il suo progetto strategia di miglioramento e gestione del nostro ambiente — citando la presentazione
alla II Biennale di Architettura del Paesaggio di Barcellona — è nel binomio etica/estetica che va cercato il
fondamento della sua ideazione: ripensare le superfici in termini di riqualificazione, ambientale e sociale,
attraverso gli strumenti dell’arte e dell’innovazione. La mostra di Sergio Tumminello diviene occasione di
riflessione sulla progettazione paesaggistica degli spazi aperti. Un Giardino per La Valle del Comino è un
programma ideale per la riorganizzazione di un’area, la campagna circostante la città di Atina, presentato
attraverso un corpus di sculture autosufficienti, di medie, piccole e grandi dimensioni.
Committente dell’intera opera è Patrick Torti, proprietario dell’appezzamento, che così parla del primo
impatto con i suoi lavori e dell’empatia subito creatasi con essi: Incontrai Sergio Tumminello nel 2012 alla
fine di un lungo cammino di riflessione. Magicamente, come la “Madeleine” di Proust, i suoi volumi mi
riportarono all’infanzia, dove un “Piccolo Principe” con una conchiglia in mano mi chiedeva “Giochi con
me?” Mi trovavo sul pianeta Paturnio, definito “Territorio” da Achille Bonito Oliva….
Potremmo iniziare questo cammino avvalendoci dell’ausilio di una serie di parole chiave, atte a
circoscrivere ed inquadrare l’intervento che stiamo andando a trattare: sbocco, interruzione, confluenza,
connessione; asimmetria e giustapposizione, contrasti pieno/vuoto; dinamismo e decorativismo per
descrivere l’aspetto visivo che la realizzazione finale dovrebbe assumere; esperienza sensoriale, viaggio
spirituale, evasione, sollecitazione emotiva, quiete, rinnovato rapporto uomo/natura… per delineare forze e
sensazioni in atto nel suo percorrerlo.
Ogni parco, o giardino, è legato indissolubilmente alla realtà che abita: non solo alla morfologia del luogo,
ma anche a tutti quegli altri aspetti materiali ed immateriali che la compongono, dalle attività territoriali,
produttive e sociali, alle strutture abitative, ai valori condivisi. Con il contesto si apre una piattaforma di
relazioni a doppio senso, in cui piano e conformazione d’origine traggono linfa l’uno dall’altro. Memoria,
radicamento ed identità sono le coordinate lungo le quali progettare un nuovo “spazio abitabile”, facendo
leva su senso di appartenenza, funzione percettiva e sistema connettivo.
Il luogo cui questo giardino è radicato è la Valle del Comino, lungo un declivio della campagna di Atina,
pendio su cui svetta un imponente masso — sede della piccola chiesa di Sant’Angelo in Pesclo, del 1072, e
di altre costruzioni coeve — circondato da alberi e prati. I temi sviscerati nell’apparato scultoreo ed
architettonico sono legati a funzioni e simboli che la località ha acquisito attraverso i secoli, mentre la
riqualificazione e lo sviluppo di nuove attività così come la destinazione degli immobili è collegato alle
vicissitudini insediative ed economiche locali. Prime fra tutti la leggenda di Atina come una delle cinque
città saturnine – Saturno è da sempre uno degli elementi che segnano il lavoro dell’artista romano —; o la
potenza e posizione strategica posseduta in epoca romana, dovuta alla vicinanza con il monte Meta ed alla
straordinaria tecnica acquisita dai suoi abitanti nella trasformazione del ferro. Al suo sistema economico e
modo d’uso da parte delle popolazioni è connessa l’intenzione di creare valore aggiunto attraverso l’arte, in
grado di contrastare decadimento e promuovere sviluppo: luogo di agricoltura ed emigrazione, con
eccellenze produttive ma senza una reale conoscenza da parte del grande pubblico; territorio a vocazione
turistica regionale di tipo religioso (i pellegrinaggi presso il Bambin Gesù di Gallinaro). Creare un percorso,
che aspira a connotarsi anche come cammino simbolico e spirituale, culminante nell’arrivo sulla roccia,
significa aggiungere nuove possibilità di riflessione, per tutti coloro che si recano in pellegrinaggio.
Strutturare un parco ecosostenibile, teatro di scambio sociale, luogo di produzione di eccellenze in via di
sparizione presuppone nuovo slancio produttivo, occupazione e lavoro, abitabilità, socialità. A questi fattori
si deve sommare ancora l’esperienza privata del committente che desidera ritrovare un contatto con le
proprie radici, oltre a ridare slancio e competitività alla zona. Patrick Torti con questa avventura vuole
ricordare, raccontare e tramandare la propria storia personale, che attraverso la condivisione si fa
universale, la morte dei propri nonni sotto i bombardamenti Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale;
celebrare la perdita attraverso la vita, dedicare loro, così come a tutti gli abitanti del luogo, un omaggio.
Mio padre mi chiese di riportare i suoi genitori sulla Rupe, luogo sacro fin dalla notte dei tempi, dove nacque
e visse fino al 29 gennaio 1944, quando i suoi genitori vennero trucidati da quella “bomba maledetta”. Ci
pensai a lungo, ma vista l’impossibilità di rendere loro lì sopra una degna sepoltura, decisi di costruirci un
Altare dei Penati. Udivo sempre il loro doloroso lamento di martiri innocenti, quelle voci che mi chiedevano
di riparare la casa tutta in rovina, e come il Poverello mi misi all’opera. Oggi, la mia missione è che la rupe
ed il suo borgo diventino uno dei punti di riferimento culturale della Valle del Comino.
Scrive sempre Patrick nel comunicato stampa che accompagna la mostra: Un Giardino per la Valle del
Comino è la proposta poetica dell’artista Sergio Tumminello per la creazione di un luogo positivo e
propositivo, come “Territorio” dove il suo omino “Paturnio” diventa un instancabile “Viandante della
Speranza”. I lavori previsti sono molteplici: la sistemazione della parte alta dello sperone, con il restauro del
Cristo Pantocrator e dell’edificio contiguo alla cappella, futuri contenitori di un museo di arte antica e sacra;
la creazione di un percorso “in salita” che, dalla parte inferiore dell’appezzamento, ci guida tra fontane
estrose e punti di sosta pittoreschi, in un susseguirsi di sequenze suggestive. Questo itinerario
trascendentale, che vede il suo culmine nella parte superiore della roccia, luogo di raccolta e di riflessione,
prosegue per il sentiero/scalinata che conduce a delle nuove costruzioni, con funzione didattica e museale
di arte contemporanea e di promozione dei prodotti enogastronomici locali, nell’idea di erigere un nuovo
spazio sociale dove è l’architettura a generare appartenenza e partecipazione. Nel progetto è previsto
anche il “Ciottolo della Memoria”, forma archetipica, umile e familiare della valle, per ricordare nei centri
storici di ogni comune i Figli e gli Ospiti Illustri. L’installazione prevede oltre 100 Ciottoli della Memoria,
reinterpretazione territoriale dei Sampietrini della Memoria – pietre d’inciampo posizionati a Roma
dall’artista tedesco Gunter Demnig. Se le nuove edificazioni sono debitrici della libertà creativa promulgata
da Hundertwasser, il parco — tutto — deve la sua conformazione (e la toponomastica lo rammenterà) agli
esperimenti più visionari e “fantastici”, come il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, il Parco Güell di
Gaudì ed il Sacro Bosco di Bomarzo, di cui ne prenderà esempio non solo nelle forme e nell’uso della
ceramica come materiale di rivestimento delle facciate, ma anche nel riattualizzare quel Genius Loci di
serviana reminiscenza.
La mostra al Palazzo Santacroce - Aldobrandini (Ex-Monte di Pietà), sede del Consiglio di Stato, promossa e
ideata da Anna Lisa Secchi (Delegata alle Politiche Culturali, Presidente Commissione Urbanistica e Mobilità
del Comune di Roma), è la presentazione del progetto del parco, la prima formalizzazione di un’idea
fermata nell’argilla, una raccolta di sculture e modelli con propria vita autonoma, bozzetti in ceramica e
gesso, accompagnati da studi grafici e dipinti. Il percorso tematico che vuole riprodurre ricalca e ricrea
simbologie di una lontana Roma repubblicana, in riferimento tanto alla Atina potens di cui Virgilio
nell’Eneide ci dà testimonianza, che per proseguire ed articolare la sua ricerca incentrata sul tema
dell’Origine, intesa sia come origine dell’opera d’arte che in senso più ampio, […] ripescando in un
background primitivo qualcosa in cui tutti ci possiamo riconoscere (dall’intervista di Barbara Martusciello in
occasione della mostra Res Omnis presso Onepieceart gallery, a cura della Takeawaygallery, nel 2012).
Modelli architettonici/sculture che alludono ad antichi Lari, gli spiriti protettori degli avi scomparsi, i cui più
importanti e popolari erani i Lares Familiares, cioè gli antenati, effigiati attraverso statue minute, collocate
in un larario e conservate nelle vicinanze dell’ingresso di casa; o i Penati, secondo la mitologia antica
custodi della famiglia e della sua abitazione. Torna ancora il riferimento a Saturno, ma declinato in un’altra
accezione, cioè come divinità incaricata di proteggere le anime dei defunti; e lo spirito di una festività come
i Parentalia, in onore dei congiunti distanti. Queste tematiche legate alla morte ed alla sua celebrazione,
stimolate dal movente primo della realizzazione del parco (in onore dei trascorsi di Patrick e di tutti gli
abitanti della zona) sono trattate attraverso il brio e l’ironia tipiche di Tumminello, rimettendo in scena lo
spirito quasi dissacratorio di un’altra festività romana, i Saturnali, dove le regole si invertono, il riso la fa da
padrone, i servi diventano liberi e tutto è concesso.
Il percorso dell’esposizione si snoda dalla grande tela/planimetria che tratteggia le linee della zona — su cui
sono posizionati vari elementi, a suggerire, senza però darne una strutturazione definitiva, gli ipotetici
interventi che ne definiranno la fisionomia — per proseguire con installazioni e sculture in cui gli archetipi
dell’ombra, teschi che svaniscono, Paturni che volteggiano, creano un mondo irreale fatto di labirinti, di
rocce fantastiche, di alte torri e di orribili maschere: una moderna proiezione degli affreschi del Bondone
(Patrick Torti). Come in ogni sua mostra, sono presenti due lavori precedenti, a siglare continuità e
discontinuità. Tutta l’operazione si basa sul Gioco ed il modello interattivo, aperto all’uso di ogni visitatore,
come nel moderno “sismografo” (l’idea della terra che si squarcia d’altronde accompagnerà l’artista nei
prossimi impegni, che lo vedranno attivo sia a Gibellina, rasa al suolo nel 1968, e Fukuoka, Giappone, terra
sismica, da sempre interessata da forti scosse), trasfigurazione ideale della rupe, con cui poter intrattenersi
in una ludica reciprocità. Partecipazione, corrispondenza e rinnovate possibilità fruitive caratterizzano
questi plastici e modelli, concepiti come vere e proprie sculture, autonome rispetto ai progetti reali.
L’evoluzione artistica di Tumminello presenta persistenze e ripensamenti facilmente tratteggiabili. I primi
gessi monumentali, scenografici e materici, recano ancora traccia, nella gestualità ed aggressività della
superficie, della lunga formazione come assistente presso alcuni degli artisti della cosiddetta Nuova Scuola
Romana, quella di San Lorenzo, con un’analisi rivolta ad indagare il lato oscuro della mente, l’archetipo e la
memoria collettiva. L’elaborazione di una teoria in cui il canone di bellezza classica è trasfigurato in un
codice matematico-statistico trova già una matura formulazione. Dai gessi alle sperimentazioni con la
ceramica ed i primi marmi: la forma si definisce in una maggiore linearità e chiarezza; i riferimenti al
passato e presente artistico si fanno sempre più espliciti e ricorrenti; una ventata di brio e leggerezza ne
percorre tutta la produzione. Compare ed affianca l’omino/stella nelle proprie peregrinazioni, un moderno
Saturno, satellite sotto la cui influenza sono destinati a creare gli artisti, mentre l’Ombra ed i Quattro
Elementi ne divengono le tematiche principali. I colori si fanno più squillanti, ma meno aggressivi e
contrastati. Il passaggio successivo, punto di arrivo e partenza per una ricerca rinnovata, è documentato da
una serie di solenni marmi, austeri e composti, levigati ed essenziali, la conquista di un equilibrio e misura,
sintesi e palesamento di tutta la riflessione precedente, che dalle motivazioni profonde, origine, necessità
della creazione, si interroga sullo statuto dell’artista e dell’opera d’arte. Con la mostra Un Giardino per la
Valle del Comino ha la possibilità di esprimesi quel lato ancora tenuto sotto controllo dall’artista, che ha
sempre preferito il freno concettuale al libero sprigionamento della fantasia. Le nuove realizzazioni
ritrovano quella velocità del gesto da tempo abbandonata, la rapidità della mano che cerca di seguire il più
fedelmente possibile la corsa dell’immaginazione; compare una inedita bulimia creatrice in grado di
sperimentare sconosciute forme e possibilità; si configura un mondo parallelo popolato da speroni e
paurosi fantasmi, un’indagine su senso di appartenenza ed identità, il cui scopo è connettere, provocare,
includere.
Carlotta Monteverde
Palazzo Santacroce Aldobrandini – dal 5 al 19 aprile 2013
Promosso da Municipio Roma Centro Storico
In collaborazione con Consiglio di Stato
Progetto: Open Media, Novi Eventi, Anna Lisa Secchi
Comunicazione: Takeawaygallery
Sponsor tecnici: Spedart, Romana Telai di Fausto Cantagalli