Nonni stressati… ma contenti
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Nonni stressati… ma contenti
Lavorano in media sette ore al giorno, non vengono pagati, non godono di giorni di riposo né di periodi di ferie. Anzi, durante le vacanze il loro impegno raddoppia. Non hanno orari fissi, non fanno i turni, non possono neppure permettersi di ammalarsi. Eppure svolgono il loro lavoro con passione, mossi solo dall’amore per gli altri e dalla gratificazione per ciò che fanno, e non vivono il loro impiego come un sacrificio ma come un piacere. È il ritratto dei nonni di oggi tracciato da due ricercatrici dell’università di Madrid, che hanno svolto uno studio sul benessere psicofisico dei senior che si occupano dei nipoti, dal quale emerge un quadro un po’ amaro della situazione. Gli ultrasessantenni risultano infatti stanchi e stressati dall’impegno di accudire i nipoti, tuttavia, di fronte alle richieste dei figli, non riescono a tirarsi indietro, per senso del dovere ma soprattutto per la gioia di vedere crescere in prima persona i bambini. RITMI STAKANOVISTI Benché pessimista, la ricerca spagnola ha un fondo di verità: oggi badare ai nipoti è diventata una professione a tutti gli effetti, con ritmi di lavoro da veri stakanovisti, soprattutto per necessità: le mamme lavorano di più rispetto al passato, negli asili pubblici i posti sono insufficienti e quelli privati costano troppo, mentre la baby-sitter è un lusso per pochi. Non stupisce quindi che in quasi il 68% dei casi i bambini tra i sei e i 10 anni siano affidati ai nonni (dati Istat). Accanto a ciò, si assiste spesso a fenomeni di “disorganizzazione sociale e affettiva”, sia da parte dei genitori che dei nonni: da una parte cioè troviamo giovani in difficoltà nella doppia gestione di famiglia e lavoro e troppo abituati a fare affidamento sui nonni; dall’altra questi ultimi si sentono eccessivamente coinvolti nel loro ruolo e obbligati a essere sempre presenti. Prof. Dr. Emilia Costa Cattedra di Psichiatria Sapienza Università di Roma, UOC Disturbi della Condotta Alimentare Policlinico Umberto I, [email protected] – www.psichedonna.com NON PIU’ UN OBBLIGO MA UNA SCELTA Complesso di Atlante: così alcuni esperti definiscono questa sindrome da “iperresponsabilizzazione” dei nonni. Secondo la mitologia, il gigante Atlante reggeva il mondo sulle sue spalle arrivando a sentirsi schiacciato, così come il nonno che si fa carico del benessere di tutta la famiglia, e alla fine crolla. Secondo i dati raccolti nello studio madrileno, il 14% dei nonni si sente troppo in colpa per rifiutare questo compito, anche se lo ritiene troppo gravoso. Fortunatamente la situazione, almeno nel nostro Paese, non risulta così drammatica e i nonni italiani sono ben lontani dal sentirsi “bruciati” (termine usato dalle stesse autrici dell’indagine) come i colleghi iberici. Se un tempo infatti occuparsi dei figli dei figli era un dovere imprescindibile all’interno di un modello di famiglia patriarcale (genitori e figli sposati vivevano tutti insieme e aiutarsi a vicenda era scontato), oggi, con la definizione di un nuove forme di famiglia dette mononucleari (in cui, con la convivenza o il matrimonio, i figli lasciano la casa dei genitori) è sempre di più una scelta, che sancisce il diritto delle persone mature di decidere liberamente del proprio tempo. QUANDO E’ TROPPO, SI RISCHIA GROSSO Ogni mestiere, anche il più gratificante, diventa usurante per il fisico e la mente se portato avanti a ritmi incessanti e senza un diversivo. I nonni a tempo pieno, dunque, corrono gli stessi rischi delle casalinghe disperate o degli operai di una catena di montaggio, cioè quello di sentirsi alienati dalla ripetitività di azioni faticose che riempiono le giornate senza lasciare spazio ad attività ricreative. Uno studio condotto qualche anno fa in California aveva dimostrato che i nonni impegnati tutto il giorno ad assistere i piccoli correvano un rischio maggiore rispetto a quelli “disoccupati” di ammalarsi di depressione, perché incapaci di sottrarsi a un compito avvertito come troppo impegnativo. Inoltre la stanchezza di cui si parla nello studio ispanico non è solo quella fisica, ma anche quella mentale, cioè la difficoltà di assecondare per ore l’esuberanza dei bambini che, benché divertente, a fine giornata può risultare snervante. Non dimentichiamo poi che esiste un divario notevole di età tra un nonno e un nipote, i quali necessariamente non condividono gli stessi interessi, le stesse esigenze di movimento e la stessa idea di svago. Pertanto un sessantenne ha bisogno Prof. Dr. Emilia Costa Cattedra di Psichiatria Sapienza Università di Roma, UOC Disturbi della Condotta Alimentare Policlinico Umberto I, [email protected] – www.psichedonna.com di coltivare le relazioni con i suoi pari e svolgere attività consone alla sua età per continuare a sentirsi appagato e felice. UNO SCAMBIO DI SAPERI Nonostante la fatica e lo stress, l’indagine sottolinea che nove nonni su 10 sono felici di accudire i piccoli discendenti. Il perché è facilmente intuibile: bambini e ragazzi sono portatori di una freschezza mentale che è un vero toccasana per i meno giovani, ed è provato che il confronto con le generazioni più recenti stimola le capacità mentali dei senior, con effetti straordinari sull’umore e sulla qualità di vita. Per esempio, da una ricerca del 2010 è emerso che è proprio grazie ai nipoti che molti ultrasessantacinquenni hanno imparato a usare le nuove tecnologie, come internet e pc. Inoltre portare a spasso i piccoli aiuta a mantenersi fisicamente attivi e favorisce l’adottamento di uno stile di vita sano. D’altra parte, per i bambini i nonni sono fonte inesauribile di saggezza, sono testimoni diretti di pezzi di storia da raccontare e possono trasmettere ai successori i saperi di una volta, come la cura dell’orto o l’arte della cucina. In più, per un bambino, il calore e l’empatia di un familiare sono imparagonabili al rapporto, seppur positivo, che si può instaurare con una baby-sitter o una maestra. C’E’ ANCHE CHI DICE: NO, GRAZIE Con il 19% di ultrasessantenni, l’Italia è oggi una delle nazioni più “anziane” del mondo, per effetto anche dell’allungamento dell’aspettativa di vita: negli ultimi cinque anni le nonne nostrane hanno “guadagnato” 1,3 anni di vita in più, mentre i nonni 1,6. Rispetto alle scorse generazioni, in cui i pensionati si chiudevano in casa tra divano e televisione, oggi le migliori condizioni di salute, la qualità della vita più vantaggiosa e la mentalità più aperta hanno ridisegnato l’istantanea dei senior, che appaiono più dinamici, ottimisti e impegnati su tutti i fronti: dalle attività sociali allo sport, dalla vita di coppia alle vacanze. Molti di loro (due su tre, secondo la ricerca spagnola), così, non hanno tempo per fare i nonni, non sono disposti, dopo anni di duro lavoro, a trascorrere intere giornate a cambiare pannolini o a spingere l’altalena, oppure non se la sentono di ripetere i sacrifici e le rinunce già fatte in passato per crescere i figli. E questo non è necessariamente un male. Perché fare i nonni deve essere una vocazione e non un obbligo imposto dall’esterno. Sette consigli per nonni felici e contenti Prof. Dr. Emilia Costa Cattedra di Psichiatria Sapienza Università di Roma, UOC Disturbi della Condotta Alimentare Policlinico Umberto I, [email protected] – www.psichedonna.com 1. Stabilire degli orari. Spesso i figli non si rendono conto di chiedere troppo: è bene allora stabilire insieme, fin da subito, orari e giorni in cui si è disponibili a tenere i bambini. 2. Non dare per scontata la propria presenza, ma abituare i figli a verificare sempre la disponibilità dei nonni prima di prendere un impegno. 3. Non rinunciare alla propria vita. Il tennis del sabato o il caffè con le amiche saltano perché ci sono i bambini? Forse si stanno oltrepassando i limiti ed è ora di ristabilire i patti con i figli. 4. Imparare a dire di no. Stare con i nipoti deve essere un piacere e non un sacrificio, anche perché i bambini avvertono il disagio di un adulto “maldisposto”. Meglio allora essere sinceri e, se non si è disponibili, dire di no, senza sensi di colpa. 5. Non essere iperprotettivi. Molte nonne, ancora concentrate sul loro ruolo di mamme, pensano che i figli non siano in grado di accudire un’altra creatura. Facendo così commettono un doppio errore: non responsabilizzano i figli, che continueranno a vivere sulle loro spalle e a non essere autosufficienti, e li sminuiscono agli occhi dei nipoti, che nel momento del bisogno si rivolgeranno sempre a loro, anziché alla madre e al padre. 6. Fare i nonni, e non i genitori. Non cadere nell’errore di sostituirsi ai genitori nel compito di educare i bambini: non bisogna interferire con lo schema educativo adottato da mamma e papà, ma ribadire le regole stabilite da loro. 7. La qualità vince sulla quantità. Una massima antica dice che “dietro ogni rapporto c’è sempre un dialogo e dietro ogni dialogo c’è l’amore”. Non conta quante ore si passano insieme, ma come si passano: invece di “piazzare” tutto il giorno i bambini davanti alla tv per sbrigare le faccende di casa, si può tenerli solo per mezza giornata, ma occupare questo tempo giocando con loro. Solo così i momenti trascorsi insieme saranno costruttivi per entrambe le parti. (Roberta Camisasca intervista la prof. Emilia Costa) STG 16/03/11 Prof. Dr. Emilia Costa Cattedra di Psichiatria Sapienza Università di Roma, UOC Disturbi della Condotta Alimentare Policlinico Umberto I, [email protected] – www.psichedonna.com