Fermiamo la violenza sulle donne
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Fermiamo la violenza sulle donne
DOSSIER DONNA Fermiamo la violenza sulle donne Che cosa hanno in comune Lilia Alejandra Andrade e Marie Trintignant? Nulla! si potrebbe rispondere a prima vista: la prima, era una studentessa di 17 anni, viveva a Ciudad Juarez (Messico), una bella ragazza, ma non una celebrità; la seconda invece era un’attrice conosciuta e amata in Francia e forse anche un po’ all’estero, di quarantun anni, madre di più figli avuti da differenti uomini. Eppure esiste un forte legame tra queste due figure. a cura della redazione fonte: Un solo mondo n° 4 dicembre 2003 14 Entrambe sono morte perché erano donne. Marie è morta due anni fa a Vlinius a causa delle percosse che le sono state inferte dal suo compagno, il cantante di un famoso gruppo musicale, nel corso di una lite sfociata. Lidia Alejandra scomparve nel febbraio del 2001; una settimana dopo fu ritrovata, strangolata e con il corpo straziato. Entrambe sono morte per il solo motivo di essere donne, trasformate in oggetti, usate e gettate via, come si trattasse di un prodotto. Marie e Lilia Alejandra sono solo due delle infinite vittime di devianze e violenze da parte di una (mal)cultura maschile che fonda le sue radici nel passato, ma che non è andata perduta. Le cifre riportate di seguito, tratte dalla documentazione che Amnesty International ha preparato nel 2004 per la difesa dei diritti delle donne, parlano chiaro. Le storie di Lilia Alejandra Andrade e Marie Trintignant ci ricordano che l’incolumità della donna non dipende né dal suo rango nella società, né dalla sua età, né dalla sua formazione, né dal luogo in cui è nata. La violenza sulle donne è inserita in una cultura globale che nega loro pari opportunità e pari diritti e legittima la violenta appropriazione del loro corpo per gratificazione individuale o scopi politici. In molti paesi le donne non hanno rappresentanza politica adeguata, guadagnano e posseggono meno degli uomini e non hanno pari accesso all’istruzione, al lavoro, alle cure mediche e alle tutele legali. il dialogo IV e V/05 Milioni di donne sono terrorizzate da violenze domestiche, schiavizzate in matrimoni forzati, comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, violentate come trofei di guerra o torturate in stato di detenzione. Nessun sistema politico, economico o culturale può in alcun modo giustificare la violenza contro le donne. Essa avviene nella sfera pubblica ed in quella privata, in tempo di pace e durante i conflitti. Sebbene negli ultimi anni si sia registrata una maggiore sensibilità verso il fenomeno, questo rimane comunque assolutamente sottostimato. Negli Stati Uniti, il responsabile nazionale del Servizio sanitario pubblico ha dichiarato che la violenza domestica rappresenta per le donne la più grave minaccia alla loro integrità fisica e psichica: molto più degli stupri, delle rapine e degli incidenti automobilistici messi insieme. Stupri e violenze sessuali sulle donne e sulle bambine si verificano continuamente durante le guerre, i conflitti e le situazioni di emergenze umanitarie. Milioni di donne e bambine sono inoltre vittime della tratta a scopi sessuali e costrette a prostituirsi con la complicità o la partecipazione delle “forze per il mantenimento della pace”. Gli Stati hanno il dovere di assicurare che nessuna donna sia esposta a qualsiasi tipo di violenza. Essi, ben lontani dal fornire alle donne un’adeguata protezione, tollerano invece questi abusi, coprendoli, e permettendo che continuino incontrollati. Nel giugno del 2000, a cinque anni di distanza dalla quarta Conferenza mondiale sulle donne, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha dichiarato che, sebbene la violenza contro le donne sia stata resa illegale in quasi tutti i paesi del mondo, essa è, di fatto, cresciuta. La violenza contro le donne deriva da discriminazioni sessuali, etniche, sociali, di classe e di età. Le norme sociali e culturali che negano pari diritti tra donne e uomini contribuiscono a rendere le donne più vulnerabili all’abuso mentale, fisico e sessuale. Il fallimento di uno Stato nell’assicurare alle donne uguali opportunità nel campo dell’educazione, del diritto ad un alloggio, all’alimentazione, dell’occupazione e dell’accesso al potere statale rappresenta un’altra faccia della responsabilità dello Stato per gli abusi sulle donne. La violenza contro le donne si radica nella discriminazione e rafforza la discriminazione stessa. Questa situazione contribuisce alla inadeguata partecipazione delle donne nei processi decisionali: è essenziale far sì che la voce delle donne sia ascoltata a tutti i livelli per permettere loro di contribuire alle politiche che controllano gli abusi e combattono la discriminazione.!