l`ultima parola - Archivio Guerra Politica

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l`ultima parola - Archivio Guerra Politica
L'ULTIMA PAROLA
(Opera, 12 settembre 2012)
Dopo 33 anni di detenzione volontaria, così come è stato un atto di libera scelta l'assunzione di
responsabilità per l'attentato di Peteano di Sagrado e la conseguente condanna all'ergastolo
imposta alla Corte di assise di Venezia con un comportamento processuale e politico che non le ha
lasciato altra scelta, è venuto il momento di dire l'ultima, definitiva parola sulla figura di
combattente politico.
L'Italia di oggi, affamata, impoverita, disinformata ha dimenticato che perfino in questo mondo
esistono persone che hanno ideali, che amano la propria terra, il proprio popolo, che hanno il
senso della dignità nazionale, che per questo amore sono disposti a combattere, a uccidere se
necessario, a morire, a sacrificare la propria esistenza all'interno delle patrie galere.
Perché di amor di Patria si tratta, non di altro.
E' fuori moda parlar di amor di Patria, è improponibile ricordarlo e chiedere ad altri di condividerlo
o, almeno, di comprenderlo.
Per amor di Patria, si può uccidere.
L'ho fatto e non me ne pento!
Si può anche sacrificare la propria vita in carcere.
Lo sto facendo da 33 anni e non me ne pento.
La macchina del fango, oggi quasi perfetta, dipinge da sempre gli oppositori politici più determinati,
quelli che il proprio dissenso non lo esprimono al bar parlando con gli amici, ma che vanno oltre
fino ad impugnare le armi, come “criminali”.
“Criminali” sono stati gli antifascisti sotto il fascismo, come lo sono stati i fascisti dopo la fine della
Seconda guerra mondiale.
“Criminali” sono stati i Fidel Castro, i Menachem Begin, i Nelson Mandela, e tanti altri.
“Criminali” tutti coloro che, in ogni Paese e in ogni epoca storica, hanno lottato per i propri ideali
ritenendoli i più idonei per dare un avvenire al proprio Paese e al proprio popolo.
“Criminali” che hanno avuto la ventura di vincere e di proclamare, a loro volta, i loro oppositori
come i nuovi “criminali” da reprimere e da uccidere.
A differenza di Menachem Begin, ad esempio, divenuto presidente del Consiglio israeliano e,
addirittura, gratificato con il premio Nobel per la pace, io non ho mai ucciso innocenti, donne e
bambini, non ho mai deposto bombe nei mercati, nelle fermate dell'autobus, nei luoghi dove è più
agevole compiere massacri.
In un Paese in cui lo Stato si rappresenta come vittima del “terrorismo nero e rosso”, che ha finito
per sconfiggere non si accetta che esista chi, non a parole, ma con i comportamenti concreti lo
contesti, lo sfidi, gli sia ancora contro.
La macchina del fango fa 30 anni di sforza di presentarmi come “collaboratore di giustizia”,
“dissociato”, “pentito che ha rifiutato i benefici”, perché deve convincere l'opinione pubblica che i
“terroristi” sono sconfitti e, di conseguenza, chi afferma la verità sulla guerra politica lo fa per
favorire l'accertamento della stessa da parte dello Stato e della sua magistratura.
Questa è la macchina del fango, questa la sua funzione.
Per me, viceversa, come sempre affermato lo Stato italiano è “delinquente e terrorista” e mi sento
di poter provare sul piano storico entrambe le definizioni.
Come me, su di me, viceversa, lo Stato può solo mentire facendo uso spregiudicato della sua
macchina del fango per la quale lavorano, ben retribuiti, politici, giornalisti, pseudo storici,
magistrati, carcerieri, ecc. ecc.
A coloro che ritengono di avere ancora un dignità diciamo di non lasciarsi condizionare dalla
propaganda dello Stato che dimostra perfino di temere che si dica la verità su un uomo solo.
Uno e solo.
Non pentito, non dissociato, non in attesa dei benefici di legge, non disposto a compromessi,
trattative e scambi, ma sempre un combattente politico che lotta senza odio né per odio, ma solo
per amore di quella Patria che magari si illude che ancora esista, ma per la quale non è disposto a
rinunciare a lottare.
E', questa, l'ultima parola.
Vincenzo Vinciguerra