Urbanizzazione della dorsale appenninica e rischio sismico

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Urbanizzazione della dorsale appenninica e rischio sismico
Fonte: INGV
Urbanizzazione della dorsale appenninica e rischio sismico
Sintesi del Report WWF realizzato con l’Università dell’Aquila
Il Gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila (Bernardino Romano, Francesco Zullo,
Alessandro Marucci, Lorena Fiorini, Serena Ciabò. Dipartimento di Ingegneria Civile, EdileArchitettura, Ambientale - DICEAA) sul consumo del suolo che collabora da anni con il WWF
Italia ha compiuto
in accordo con l’associazione un approfondimento tra lo sviluppo
urbanistico avvenuto nell’area della dorsale appenninica negli ultimi 50 anni e le aree a
maggior rischio sismico (Zone sismiche 1 e 2 definite ai sensi dell’Ordinanza della Presidenza del
Consiglio dei Ministri - OPCM n. 3274 del 20/3/2003 e individuate ai sensi della OPCM n. 3519
del 28/4/2006) per verificare se al fenomeno dello spopolamento delle aree interne del Paese
fosse corrisposto un contenimento della nuova urbanizzazione in particolare nelle aree dove
con maggiore frequenza si sono verificati in questi decenni dei fenomeni sismici ed è più
probabile che secondo le recenti classificazioni avvengano terremoti distruttivi.
Da questo approfondimento emerge come siano proprio le prime due categorie di pericolosità
a far registrare la variazione maggiore delle superfici urbanizzate attestandosi a circa 4 volte
le superfici rilevate negli anni ’50. In termini assoluti questo si traduce in circa 2200 km2 (per
avere una idea si tratta dell’attuale superficie urbanizzata della regione Emilia Romagna) di
nuova superficie urbanizzata che hanno interessato i territori con una accelerazione al suolo
superiore alle 0,150 g (Zona sismica n. 1) di cui circa 500 km2 (una superficie di poco
superiore all’intero territorio del comune de L’Aquila) che hanno riguardato quelli con
accelerazione superiore ai 0,250g (Zona sismica n. 2). La gran parte del territorio nel settore nord
dell’Appennino presenta un grado di pericolosità sostanzialmente bassa (comuni del Piemonte, della
Liguria e della Lombardia) oltre che variazioni delle superfici urbanizzate molto contenute (meno di
190 km2 in 50 anni circa). È invece il cuore dell’Appennino ad avere una maggiore pericolosità
sismica (Umbria, Abruzzo, Marche Lazio e Campania) e la parte sud della nostra penisola che
interessa i territori dell’Appennino calabro-lucano. Sono queste infatti le zone che hanno fatto
registrare i terremoti più forti nella storia della penisola italiana.
Lungo l’Appennino si trovano in Zona 1 oltre 650 comuni pari a circa il 20% di quelli italiani
della stessa categoria e coprono una superficie pari ad un quarto dell’area di studio. In Zona 2
rientrano invece circa 1100 comuni (50% del totale dei comuni nazionali della stessa
categoria) che occupano una superficie di quasi 56.000 km2 pari al 50% dell’area indagata. I
comuni nelle zone 3 e 4 invece sono poco rappresentati nell’area appenninica sottolineando ancora
una volta l’elevata pericolosità sismica legata alla geologia di questi luoghi. L’analisi condotta a
livello demografico mostra come siano circa 8 milioni gli abitanti (Istat 2011) che attualmente
risiedono nei comuni delle prime due classi di zona sismica, 41.000 abitanti in più rispetto a quanto
rilevato dall’ISTAT nel decennio precedente ma ben 560.000 abitanti in meno rispetto al
censimento del 1951. Analizzando invece l’evoluzione delle superfici urbanizzate nel periodo
compreso tra gli anni ’50 e i primi anni del 2000 si nota come queste siano più che triplicate nei
comuni in zona sismica 1 con un aumento in termini assoluti pari a 750 km2 ad un ritmo medio di 4
ha/giorno. Sono quasi il doppio invece i suoli urbanizzati negli ultimi 50 anni nei comuni in zona
sismica 2 rispetto a quelli in zona sismica 1 ad una velocità vicina agli 8 ha/giorno. Anche in questo
caso le superfici urbanizzate attuali sono quasi triplicate rispetto a quelle rilevate nel periodo
successivo alla Seconda guerra mondiale (Tab.1).
Dall’analisi dei dati del censimento ISTAT relativi ad edifici ed abitazioni (Istat 2011) emergono
delle informazioni inedite: nei comuni in zona sismica 1 tra il 1946 ed il 2001 sono stati
realizzati quasi 550.000 (patrimonio edilizio-abitativo più che raddoppiato rispetto a quello
presente fino al 1946) edifici residenziali (ben 10.000 nuovi edifici ogni anno, 28 ogni giorno)
mentre la popolazione è diminuita di oltre 370.000 unità. In zona 2 invece nello stesso periodo
sono stati realizzati poco meno di un milione di nuovi edifici residenziali ad un ritmo medio di
18.000 ogni anno corrispondenti a 50 edifici al giorno. Al contrario, la popolazione è invece
diminuita di 235.000 abitanti. Nell’ultimo decennio il fenomeno legato al settore delle costruzioni
ha perso, per una serie di motivi, lo sviluppo che lo aveva caratterizzato negli anni precedenti e che
lo ha reso una voce importante nel PIL nazionale ma comunque altri 133.000 nuovi edifici si sono
aggiunti a quelli esistenti nei territori dei comuni delle zone sismiche 1 e 2 (43.000 in zona 1 e
90.000 in zona 2). Includendo nel calcolo anche gli altri edifici presenti sul territorio (alberghi,
strutture ricettive, edifici pubblici, etc..) si ottiene un valore di circa 3.000.000 di cui oltre 1
milione in zona 1 (i dati provengono dalle elaborazioni su base geografica dal censimento fatto
dall’Istat su edifici e abitazioni sulle sezioni censuarie tutto rapportato alla classificazione
sismica dei comuni appenninici). Inoltre, incrociando i dati della ricerca dell’Università de
L’Aquila con i dati ISTAT sono state compiute elaborazioni sulla presenza di seconde case nelle
regioni e nelle aree a rischio della dorsale appenninica.
Fig 1. Aree urbanizzate anni ’50
Fig.2 Aree urbanizzate post 2000
I dataset elaborati nell’ambito della ricerca sul consumo di suolo dell’Università dell’Aquila
nelle due cronosezioni 1950-post 2000 (2000-2008), che restituiscono l’informazione geografica
ad una scala dell’ordine dell’1:10.000, sono stati messi a disposizione dal WWF, in accordo con
il gruppo di ricerca universitario, del Gruppo di lavoro “Dati e informazioni” del Progetto Casa
Italia, coordinato dal professor Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano e coordinatore
della nascente struttura di Missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si tratta di layer
informatizzati non disponibili in nessun archivio istituzionale nazionale (se si eccettuano le regioni
Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna che possiedono l’uso del suolo digitale
elaborato su scala regionale al 1954)
Tab. 1 - Evoluzione delle superfici urbanizzate nelle zone sismiche individuate dall’OPCM n. 3519 del 28 aprile 2006