Convegno Internazionale CONOSCERE IL MONDO: VESPUCCI E
Transcript
Convegno Internazionale CONOSCERE IL MONDO: VESPUCCI E
Società di Studi Geografici Via San Gallo 10, Firenze Convegno Internazionale CONOSCERE IL MONDO: VESPUCCI E LA MODERNITA' Immaginare, rappresentare, misurare, indagare il mondo 28-29 Ottobre 2004, Salone dei Dugento, Palazzo Vecchio, Firenze Rationale del Convegno Introduzione E' ampiamente riconosciuto che durante il Quattrocento a Firenze è nato un modo nuovo di vedere il mondo, che ha costituito probabilmente la base storico-culturale della capacità di Amerigo Vespucci di "vedere" il Mondo Nuovo prima degli altri. E' un modo nuovo, quello del Rinascimento fiorentino, che ha prodotto ed è stato prodotto dalla riscoperta della cultura antica, ma anche dallo svolgimento innovativo di attività mercantili e artigianali, che dà vita a - e si alimenta di - grandi speculazioni filosofiche, di grandi tensioni morali, ma anche di ragioni pratiche, nel quale la geografia assume un ruolo assolutamente centrale. Alla fine del Trecento era stato chiamato a insegnare greco allo Studio fiorentino Emanuele Crisolora, che portava con sé una splendida Geografia di Tolomeo, oltre a molti altri testi, ma quello (crediamo non a caso) fu il solo testo che lo stesso Crisolora tradusse personalmente, seppure solo in parte, durante la sua breve permanenza a Firenze. I legami culturali ravvicinati fra quell'opera di traduzione e gli studi umanistici rimandano all'indietro, agli studi geografici dei grandi trecentisti Petrarca e Boccaccio, e in avanti, al gruppo di umanisti che durante il Quattrocento si riuniva nelle biblioteche di Santo Spirito e di San Marco e includeva Paolo dal Pozzo Toscanelli (S. Gentile, “L’ambiente umanistico fiorentino e lo studio della geografia nel secolo XV”, in AA.VV., Amerigo Vespucci: La vita e i viaggi, Firenze, Banca Toscana, 1991, pp.11-45). Come tutti sanno, sarà Toscanelli, studioso e ricco mercante, che invierà a Lisbona la famosa argomentazione, carica di ragioni e di indicazioni pratiche ("giungere ai luoghi fertilissimi d'ogni specie d'aromi e di gemme", ma anche "quanto si dovrebbe declinare dal polo e dalla linea equatoriale…") come anche di un grandissimo potenziale di scoperta (per il solo dire che chiama porti "occidentali" quelli che "comunemente si chiamano orientali"). A sua volta Vespucci, spinto alla navigazione dalle ragioni pratiche del mercante, dichiarerà nella famosa Lettera al Soderini:"…deliberai lasciarmi della mercantia e porre el mio fine in cosa più laudabile e ferma: che fu che mi disposi d'andare a vedere parte del mondo e le sue maraviglie". Firenze e i Fiorentini scompaiono dalla scena delle scoperte entro la metà del XVI secolo, ma forse proprio per questo appare paradigmatico il riferimento al Rinascimento fiorentino nella vicenda che ha offerto al mondo la globalizzazione della conoscenza e anche un'occasione unica per conoscere, immaginare e "inventare" il mondo (J.H.Elliott, Il vecchio e il nuovo mondo. 1492-1650", Milano, Il Saggiatore, 1985). Vespucci costituisce l'essenza metaforica, e dunque centrale, di questa sorta di ribaltamento sul mondo del potenziale di modernità ad altissima densità che a Firenze si era costituito, che ha avuto nella geografia un fondamentale piano culturale di riferimento, ex ante ed ex post. Ci sembra perciò legittimo che, fra l'infinità dei punti di vista attraverso i quali si può leggere la modernità, qui vengano proposte quattro linee di riflessione e di ricerca che costruiscono il senso della ricerca geografica, senza che questa ne abbia l'esclusiva né d'altronde ne sia esaurita - misurare, rappresentare, indagare, immaginare il mondo - e che Vespucci ne costituisca il riferimento emblematico, sia sul piano storico che sul piano logico. Pontecorvo (B.Pontecorvo, Enrico Fermi, Pordenone, Studio Tesi, 1993) ci narra che Enrico Fermi, semiserio, sosteneva (individuando un parallelo con la fisica atomica della prima metà del secolo scorso) che la geografia aveva portato a termine il suo compito nella seconda metà dell'Ottocento, con il riempimento degli ultimi spazi bianchi sulle carte nel cuore dell'Africa. Nel frattempo, le "misurazioni" si erano fatte infinitamente più precise - e tuttavia persistentemente necessarie - e le "immaginazioni" infinitamente più deboli; d'altra parte, le carte avevano del tutto rinunciato a "narrare" il mondo. Perciò - e ciononostante - crediamo che la geografia continui ad avere un importante compito di studio e di riflessione sui modi di misurare, rappresentare, indagare, immaginare il mondo. Il senso non soltanto storico-culturale del convegno proposto, ma anche attuale e pratico, è l'assunto che fare geografia significhi ancora "scoprire", ma anche "progettare" il mondo, non nel senso tecnico della "pianificazione territoriale", che si lega alla concezione "ingenua" dell'esistenza fisica dello spazio geografico, ma nel senso di essere ancora capace di "scoprire e rappresentare ordini spaziali diversi da quelli stabiliti" (G. Dematteis, Le metafore della Terra. La geografia umana tra mito e scienza, Milano, Feltrinelli, 1985). Nel 1992 la Società di Studi Geografici ha dedicato un Convegno a "Firenze e il Mondo nuovo. Geografia e scoperte fra XV e XVI secolo", articolato in due sezioni, "La cultura geografica e cartografica fiorentina nel Quattrocento" e "La scoperta dell'America e i navigatori fiorentini", al quale la Rivista Geografica Italiana ha dedicato, per una fortunata coincidenza, il primo fascicolo del volume del centenario (1993). Questa volta il convegno è invece concepito come l'analisi della modernità che da quei fatti, da quel ribaltamento, ha preso le mosse, fino agli esiti più attuali del processo di globalizzazione che di lì prese avvio. Le Sessioni del Convegno 1. Immaginare il Mondo L'ultima sezione proposta fa riferimento ad un percorso di pensiero geografico che è in verità fortemente interrelato con quelli rappresentati dalle altre sezioni, nel senso che li alimenta e ne deriva, con modalità che qui non è possibile esplicitare ma sono abbastanza trasparenti. La modernità nell'immaginazione del mondo passa attraverso gli studi sulla prospettiva lineare, per approdare all'esplosione delle immagini nel mondo "post-moderno", imploso dalla riduzione delle distanze e dalla convergenza/frammentazione dei luoghi. Più concretamente l'immaginazione del mondo costituisce un luogo mentale di forte interconnessione fra spazio, conoscenza, percezione e potere e riguarda la rappresentazione del mondo/paesaggio e del mondo/ambiente, ossia la geografia che è implicita in ogni decisione, si tratti di un'aggressione di guerra o di una scelta di viaggio: una geografia frutto talvolta di indagine ma più spesso, appunto, di immaginazione. Di più, l'immaginazione non coinvolge soltanto le "geografie dell'altrove", bensì anche le identità territoriali, sovente attraverso la letteratura, che è certamente un potente mezzo di costruzione dell'"immaginario geografico” anche nel cuore del pensiero moderno. 2. Rappresentare il Mondo Qui l'oggetto centrale del discorso è evidentemente la finalità della rappresentazione, che di volta in volta è largamente riconoscibile nei criteri di selezione dei fenomeni, della loro denominazione, delle modalità di connessione fra essi. La soluzione più semplice ed efficace, quella della rappresentazione cartografica è contrassegnata da un'ambiguità di fondo che le deriva dall'essere fondata sulla descrizione fisica e la teoria matematica e dall'essere al contempo strumento di comunicazione, di "narrazione" simbolica del mondo. La dialettica fra il primo aspetto, che produce leggibilità astratta degli spazi in una "mappa vuota" di luoghi, e il secondo, che produce una "mappa piena" di segni e di luoghi, al limite labirintica, ha funzionato da matrice delle rappresentazioni geografiche a partire dall’antichità fin alla fase odierna di transizione postmoderna. Ciò chiama in causa numerose questioni, alcune delle quali fondamentali, come quella dell'oggettività/soggettività della rappresentazione, quella della molteplicità delle scale e dei conseguenti gradi di dettaglio e quella - ancora - dei rischi connessi alla "sostituzione" del territorio concreto con la sua rappresentazione (M. Quaini, Tra geografia e storia. Un itinerario nella geografia umana, Bari, Cacucci, 1992). In effetti la rappresentazione cartografica, che accompagna tutto il processo di conoscenza del mondo, e in particolare l'epoca delle esplorazioni, diventa strumento sempre meno pregnante via via che acquista in precisione matematica. E’ vero che fin dall’epoca delle esplorazioni rinascimentali appare chiara l’insufficienza della sola carta; e ciò in particolare per il mundus novus e per il discorso sull’alterità [si veda Las Casas, o lo stesso Vespucci]. Tuttavia proprio in epoca moderna la cartografia da strumento di conoscenza fisica del mondo diviene criterio di selezione dell’importanza dei fenomeni e perciò strumento di potere sia sul piano tecnico (la navigazione, le grandi opere pubbliche, la guerra …), sia su quello simbolico ( la rappresentazione del territorio come affermazione e celebrazione del principe). Questa egemonia del mezzo cartografico avrà poi conseguenze decisive sui modi successivi della rappresentazione geografica, sia figurata che discorsiva, dalla pesante dipendenza della geografia positivistica dalla carta geografica e topografica ai discorsi più recenti di semiologia critica e decostruttiva delle rappresentazioni cartografiche stesse. 3. Misurare il Mondo La misura del mondo ha (sempre avuto) a che fare con il problema della rappresentazione in piano del globo, con la costruzione degli itinerari, con le scale e con i confini. Strumenti tecnici - dall'astrolabio e dal teodolite al telerilevamento dai satelliti - teorie matematiche, metodi di statistica spaziale sono stati usati (più raramente, elaborati) dalla geografia in questo percorso di conoscenza del mondo. 4. Indagare il Mondo. Tale linea di riflessione risponde all'esigenza di evitare che sfugga ai temi trattati dal Convegno un nodo fondamentale, vale a dire il rovesciamento in termini operativi della consapevolezza che il mondo, al di là del suo ordine fisico, delle sue misure e delle sue rappresentazioni in un momento storico dato, ha un "senso" che diventa intelligibile solo attraverso specifiche "tecniche" atte a coglierlo che (seppure storicamente condizionate dalle strutture sociali e dalle condizioni culturali) non possono che derivare da atteggiamenti "critici" nei confronti delle rappresentazioni dominanti.. Se la base di questa linea di pensiero, al di fuori di meri ideologismi, non può che essere (e lo è da epoca antica) l'"indagine sul terreno", in epoca più vicina a noi tale indagine è resa ulteriormente problematica dal fatto che il “terreno” è sempre meno costituito da uno spazio fisico relativamente perspicuo. L’accumularsi infatti di tecniche sempre più sofisticate con cui gli uomini si appropriano dello spazio e lo trasformano in territorio, rende necessaria l’adozione di metodologie altrettanto sofisticate ed “esperte” per cogliere adeguatamente i moventi reali del funzionamento di un territorio. La padronanza di tecniche di indagine spesso (ma a torto) ritenute esclusive di altre scienze sociali, quali la sociologia e l’antropologia, appare di conseguenza essenziale; come dal resto già aveva prefigurato un convegno su “L’inchiesta sul terreno in geografia” tenuto proprio a Firenze nel 1979. D’altro canto, un discorso sull’indagine in geografia oggi deve tener conto di quella che è stata definita il modo in cui la geografia partecipa alla rivoluzione informatica; l’avvento dei GIS. Il GIS si può pensare come un archivio di informazioni, ma un archivio per così dire “nobile”, nel senso che rispetto a un normale archivio potenzia enormemente le facoltà di connessione logica tra le informazioni disponibili (Becchi). Peraltro, rispetto alla posizione di coloro che ritengono il GIS faccia ricerca “da solo”, senza i geografi (o comunque senza i ricercatori), va ribadito che il GIS non è che uno strumento, in quanto tale usabile con gradi di consapevolezza critica diversissimi tra loro. Di più: in quanto sistema di corrispondenze fra il mondo digitale e il mondo reale, si può considerare che i GIS propongano in forme nuove la logica cartografica, ossia una logica che è in costante, dialettico e anche polemico rapporto col discorso geografico; sicchè ai GIS si può addebitare la resistenza ad affrontare i fenomeni relazionali; o, ove li affrontino, di farlo con particolare “sofferenza” (V.Guarrasi, in Atti Convegno "Il mondo e i luoghi", Torino, ottobre 1999, www.editricelarosa.it/verbavolant/guarrasi.htm). Una considerazione puntuale, ma criticamente impostata, rispettivamente sull’indagine empirica o diretta, e dei sistemi di informazione geografica, costituiranno dunque l’ossatura di questa sezione. Griglia metodologica comune alle sezioni: "Prima e dopo Vespucci". Carattere comune a tutte le sezioni dovrebbe essere l'evidenziazione dello spartiacque costituito da Vespucci e dalla sua epoca sul tema, alla luce dell'ipotesi che la grande novità dell'inizio dell'età moderna sia quella - verificabile nella scienza come nell'arte - del "distanziamento" fra soggetto ed oggetto: basti pensare agli studi sulla prospettiva, ma anche a Galileo, a Bacone, a Cartesio. Naturalmente su ciò occorrerà costruire un discorso convincente, e di questo intende occuparsi il convegno.