Intervento di Umberto Broccoli, Sovraintendente ai Beni Culturali di

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Intervento di Umberto Broccoli, Sovraintendente ai Beni Culturali di
C’è l’arte nel sangue degli Ingrao. Non solo politica e impegno sociale. Pietro, direttore de L’Unità e
già presidente della Camera, non ha mai nascosto il suo amore per cinema e letteratura. Leopardi fra
tutti. Suo fratello Francesco, e la moglie Ksenija, conosciuta in sanatorio durante la malattia ai
polmoni, condividono invece la passione per la pittura. Veri e propri mecenati che raccolgono, in tanti
anni di vita insieme, tele, schizzi, bozzetti.
Primario del Forlanini, Francesco coltiva l’impegno civico (impronta di famiglia) in maniera però del
tutto personale: coniugandolo con il mestiere di medico. Quello con i pittori è uno scambio
professionale. Assiste e cura artisti “squattrinati” e questi per ripagarlo gli regalano l’ultima creazione.
Oppure tiene le tele degli amici nello studio e le “propone” ai pazienti più facoltosi come un buon
affare. Un modo sobrio e dignitoso per aiutare quei nomi ancora sconosciuti ai più che diventeranno
poi Mirko Basaldella, Corrado Cagli, Renato Guttuso.
A loro, dai primi incontri dopo la guerra e per tutta la vita, lo legheranno semplice conoscenza, stima e
apprezzamento professionale, inclinazione all’arte, e più spesso vera e propria amicizia. Con alcuni
trascorre serate appassionate a discutere di pittura a cenare piacevolmente. È una familiarità forse
dettata dall’attitudine alla compagnia delle origini a Lenola (con Pietro e Francesco bambini vivevano,
oltre ai genitori ed altre due sorelle, due cugine rimaste orfane). Un’intimità pregna di contenuti di
livello e di uno scambio tra artisti che l’epoca ancora consente. Ne sono testimoni le numerose
dediche che appaiono in calce a molte delle opere di questa collezione.
In molte di esse la firma è qualcosa di più che un “marchio di fabbrica”. È un attestato di rispetto e di
gratitudine, se non di affetto. Renzo Vespignani è legato a Francesco dalla comune sensibilità.
Conosce bene la condizione di precarietà economica sperimentata fin dall’infanzia e dalla giovinezza
quando datosi alla macchia per sfuggire al fascismo, comincia a disegnare, cercando di rappresentare
la realtà sporca e patetica attorno a lui: lo squallore del paesaggio urbano di periferia, le rovine e le
macerie dei bombardamenti, il dramma degli emarginati e la povertà del quotidiano. Ed è forse questo
aspetto ad incuriosire Francesco suo medico curante fino agli ultimi anni. Il pittore accompagna la tela
addirittura con dei versi scritti sul retro “Come leggero, come nuovo l’ospite di questa sera, diafana
malinconia!” e con un pensiero personalissimo “Prova d’autore, a Xenia, a Franco, affettuosamente”.
Anni complessi per chi pratica la pittura, di sacrifici non soltanto morali ma anche fisici. E se tirare
avanti senza un lavoro da impiegato è difficile quando ci si mette la malattia di mezzo avere un amico
medico può fare la differenza. È il 1940 in pieno tempo di guerra quando Basaldella ha modo di
esprimere la sua riconoscenza con un nudo maschile a china “Agli Ingrao con affetto, Mirko”.
Il più assiduo di tutti è Burri. “A Ingrao con amicizia” scrive nel ’77 su uno dei suoi celebri Cretti.
Nell’agosto del ’78 il più convinto “utilizzatore” e teorico dell’arte come creazione dalla materia dipinge
con la tempera e il giornale per non dimenticare un’estate insieme al mare “a Francesco e Xenia a
ricordo di Gaeta”. Nell’83 festeggia l’amico con una serigrafia senza titolo e l’augurio “Buon
compleanno” oppure
gliene dedica una con foglia d’oro e la chiosa “Prova d’artista per l’amico Ingrao”. Sono le occasioni
più intime e le ricorrenze a essere celebrate da un dipinto. Feste, vacanze, momenti di comunione.
Segno della dedizione degli amici.
“A Francesco e a Xenia con gli auguri per il loro Capodanno 65” recita la litografia a pennarello dal
titolo Adamo che gli manda Cagli. Corrado non è soltanto un pittore. Ama discutere di tutto, di
politica, di economia, di matematica, di filosofia. Tenace studioso di Jung, s’inoltra nella materia con
una preparazione straordinaria. E tutta questa cultura, ravvivata dalla fantasia, la trasferisce nei
dipinti. Mafai sceglie il quadro della serie delle “donnine” mentre Turcato, lapidario, omaggia la
famiglia di un “mazzo di fiori” e scrive solo “Ingrao” con il timbro: L’artistica di via del Babuino 24
angolo via Margutta” .
Quadri preziosi dunque non solo e non tanto dal punto di vista economico e artistico,ma personale,
perché “raccontano” del percorso, a tratti comune, fatto da uomini della nostra storia e della cultura
nel dopoguerra. Della vicenda, umana prima che artistica, che ha unito i protagonisti di una
generazione i cui interessi oltrepassavano il puro immediato tornaconto (come magari avverrebbe
oggi) per qualcosa di ideale e insieme concreto.
UMBERTO BROCCOLI
Sovraintendente ai Beni Culturali di Roma Capitale