4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia

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4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Vol. 75; n. 4 Supplement 1, December 2003
Founded
in 1924
by:
G. Nicolich
U. Gardini
G.B. Lasio
Indexed in
Medline/Index Medicus
EMBASE/Excerpta Medica
Medbase/Current Opinion
SIIC Data Base
Urological and Andrological Sciences
Official Journal
of the SIEUN
Periodico trimestrale - Spedizione in abbonamento postale - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Milano
4° Congresso Nazionale
Società Italiana di Endourologia
19-21 Aprile 2004 - Sorrento
Con l’adesione del Presidente della Repubblica
Regione Campania
Assessorato alla Sanità
Assessorato alla Ricerca Scientifica
Seconda Università degli Studi di Napoli
Cattedra e Scuola di Specializzazione di Urologia
Università degli Studi di Napoli Federico II
Società Italiana di Urologia
Comune di Napoli
Comune di Sorrento
Comune di S. Agnello
Società Italiana
di Ecografia Urologica,
Nefrologica e Andrologica
Urological and Andrological Sciences
Official Journal of the SIEUN
Società Italiana di Ecografia Urologica, Nefrologica e Andrologica
Indexed in
Medline/Index Medicus
EMBASE/Excerpta Medica
Medbase/Current Opinion
SIIC Data Base
Founded in 1924 by: G. Nicolich, U. Gardini, G.B. Lasio
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
4° CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA
Sorrento, 19 – 21 Aprile 2004
SEDE CHIRURGIA IN DIRETTA
Università degli Studi Vita e Salute San Raffaele, Milano
Seconda Università degli Studi di Napoli
Università degli Studi di Torino, Orbassano (TO)
SEDE DEL CONGRESSO
Hilton Sorrento Palace, Sorrento (NA)
PRESIDENTE ONORARIO
Tullio Lotti
PRESIDENTE
Massimo D’Armiento
CONSIGLIO DIRETTIVO IEA
Presidente: G. Bianchi
Vicepresidente: R.M. Scarpa
Segretario: E. Montanari
Membro nominato dal Presidente: M. D’Armiento
Tesoriere: L. Defidio
P. Cortellini, M. Dal Bianco, A. De Lisa, V. Disanto, F. Germinale, G. Guazzoni, D. Mannini, F. Merlo
COMITATO SCIENTIFICO IEA
G. Breda, S. Caggiano, P. Caione, F. Caramia, L. Cormio, A. De Lisa, S. Micali, A. Pagliarulo, E. Pisani,
F. Porpiglia, A. Trippitelli, A. Tubaro, G. Zanetti, F. Zattoni
COMITATO PROMOTORE
G. Barba, C. Basile, G. Benincasa, S. Caggiano, F. Capparelli, V. Cicalese, A. Crimi, V. Della Cioppa, A. Gallo,
E. Greco, R. Landolfi, A. Masala, P. Quattrone, D. Rubino, L. Salzano, R. Sanseverino,
V. Santorelli, M. Schettini, G. Testa, A. Zito
COMITATO ORGANIZZATORE
M. De Sio, R. Damiano, D. Giordano, R. Autorino, S. Perdona’, A. Oliva, U. A. Pane, L. Cosentino, F. Di Giacomo
COMITATO SCIENTIFICO LOCALE
R. Campese, M. Coppola, G. Di Flumeri, G. Di Lauro, B. Feleppa, V. Ferraro, U. Greco, V. Guadagno,
E. Morelli, B. Nocerino, N. Ottaviano, S. Palombini, F. Sabella, C. Santonastaso, F. Uricchio, C. Vannucchi
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
I
Informazioni Generali
Segreteria Scientifica
Massimo D’Armiento
Clinica Urologica - Seconda Università degli Studi di Napoli
Piazza Miraglia -80128 Napoli
Tel. 081-5665050 Fax 081-446664
e-mail: [email protected]
Abstracts e Videotapes
Emanuele Montanari
Divisione di Urologia, Azienda Ospedaliera S. Paolo
Via Di Rudinì, 8 - 20142 Milano
e-mail: [email protected]
Segreteria Organizzativa
Emilia Viaggi Congressi & Meeting
Via del Pratello 2/b - 40122 Bologna
Tel.051.235993 Fax 051.2914455
e-mail: [email protected]
Segreteria IEA
Via del Pratello 2/c - 40122 Bologna
Tel.051.2960103 Fax 051.2919210
e-mail: [email protected]
Sede del Congresso
Hotel Hilton Sorrento Palace
Via S. Antonio, 13 - 80067 Sorrento (NA)
Tel. 081-8784141 Fax 081-8783933
Web site: www.hilton.com
Sede della Chirurgia in Diretta
Università degli Studi Vita e Salute San Raffaele, Milano
Seconda Università degli Studi di Napoli
Università degli Studi di Torino, Orbassano (TO)
Iscrizioni dopo il 28 febbraio 2004
Soci IEA
Non Soci IEA
Specializzandi
Infermieri
Cena sociale
Euro
Euro
Euro
Euro
Euro
280,00 (+ iva 20%)
320,00 (+ iva 20%)
130,00 (+ iva 20%)
65,00 (+ iva 20%)
75,00 (+ iva 20%) (fino ad esaurimento posti)
La quota di iscrizione al Congresso include cerimonia inaugurale, partecipazione
ai lavori scientifici, kit congressuale, lunch, coffee break, attestato di partecipazione
Programma Sociale
La Cerimonia Inaugurale del Congresso si terrà lunedì 19 aprile 2004 alle ore 19.00
presso la Sede Congressuale Hilton Sorrento Palace, seguirà Welcome Dinner.
La Cena di Gala si terrà martedì 20 aprile 2004 alle ore 21.00
II
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
4° CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETA’ ITALIANA DI ENDOUROLOGIA
Hotel Hilton Sorrento Palace
Sorrento, 19-21 Aprile 2004
Lunedì, 19 Aprile 2004
Giornata precongressuale
AUDITORIUM SIRENE
8:00 - 15:00
Sessione di Live Surgery (da Milano, Napoli, Orbassano)
Moderatori: G. Bianchi, V. Pansadoro
13:00 - 15:00
Open lunch
SALA NETTUNO 1
08:00 - 18:00
Sessione Infermieristica
SALA NETTUNO 2
15:00 - 16:00
SALA NETTUNO 3
15:00 - 16:00
SALA NETTUNO 4
15:00 - 17:00
Corso precongressuale: Controversie in Endourologia: il parere degli esperti
Uretrocistoscopia Flessibile: Fibre o video? (F. Germinale - A. Curotto)
Accesso Anterogrado: Miniperc e Nefroscopia Percutanea (E. Montanari)
Ureterorenoscopia: L'accesso (A. De Lisa)
Corso precongressuale: Guide idrofiliche ed accesso alla via escretrice superiore
Caratteristiche tecniche (I.K. Goumas)
Accesso retrogrado (G. Zanetti)
Accesso anterogrado (E. Montanari)
Discussione
Minilabs:
Laparoscopia (P. Cozzupoli, S. Micali)
Ureteroscopia rigida e flessibile (L. Defidio, P. Veneziani, A. Saita)
AUDITORIUM SIRENE
16:00 - 18.00
Sessione Video della Società Polispecialistica Italiana dei Giovani Chirurghi
Presidente: T. Lotti - Moderatori: G. Docimo, M. De Sio
19:00
Ernia Inguinale (L. Bottero)
Varicocele (P. Falco)
Criptorchidismo (C. Esposito)
Cistocele (D. De Vita)
Cisti renali (R. Autorino, M. Schiavo)
Nefrectomia (S. Micali)
Surrenectomia (A. Celia)
Prostatectomia radicale (R. Tarabuzzi)
Cerimonia inaugurale e Welcome Dinner
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III
Martedì, 20 Aprile 2004
Prima Giornata congressuale
AUDITORIUM SIRENE
8:00 - 8:30
Highlights sulla giornata precedente (R. Damiano, S. Micali, A. Zito)
8:30 - 08:50
Lettura “ESWL: la soluzione per tutti i calcoli?”
Presentazione: A.V. Bono - Relatore: T. Lotti
8:50 - 09:10
Nuovi parametri microbiologici per ottimizzare l’impiego degli antibiotici nelle infezioni urinarie”
Presentazione: T. Lotti - Relatore: G. Schito
9:10 - 11:25
Tavola Rotonda “Neoplasie uroteliali della via escretrice superiore”
Presidente: M. Pavone Macaluso - Moderatori: S. Cosciani Cunico, P. Rigatti
11:25 - 11:45
11:45 - 12:05
12:05 - 12:25
12:25 - 13:00
13:30 - 14:30
14:30 -16:30
Accesso retrogrado (M. Grasso)
Accesso anterogrado (E. Montanari )
Fonti di energia (R. Damiano)
Chirurgia - endoscopia risultati a confronto (F. Rocco)
Chemioterapia endocavitaria (quando, come, perché) (A.V. Bono)
Follow up (P. Cozzupoli)
Discussione
Lettura “Laparoscopia in Spagna 2004”
Presentazione: R.M. Scarpa - Relatore: J.G. Valdivia Uria
Lettura “Linfadenectomia retroperitoneale laparoscopica “
Presentazione: G. Bianchi - Relatore: G. Janetschek
Lettura “Ureteroscopia flessibile nel nuovo millennio”
Presentazione: M. D’Armiento - Relatore: M. Grasso
Update “Nuove tecnologie in uro-oncologia”
Presidente: F. Micali - Moderatori: C. Laurenti, R.M. Scarpa
HIFU (A. Traficante)
Brachiterapia (G. Morgia)
Crioterapia (G. Guazzoni)
SALA S. ANTONIO - LUNCH SESSION
“Prulifloxacina: dalla ricerca italiana un nuovo fluorochinolone per il trattamento delle infezioni
urinarie” (C. Giberti)
AUDITORIUM SIRENE - SESSIONE VIDEO: Laparoscopia, Incontinenza urinaria
Moderatori: G. Fiaccavento, A. Zito
F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, C. Terrone, M. Cossu, I. Morra, M. Poggio, R.M. Scarpa
Accesso preventivo al peduncolo renale in corso di nefrectomia radicale laparoscopica sinistra:
varianti di tecnica
F Porpiglia, R. Tarabuzzi , M. Cossu, C. Fiori, A. De Lisa, P. Usai, E. Usai, R.M. Scarpa
Trattamento laparoscopico di carcinoma corticosurrenalico destro
F. Scieri, G. Breda
Trattamento laparoscopico in tempo unico di carcinoma renale destro con localizzazione surrenalica
controlaterale
G. Guazzoni, A. Cestari, M. Riva, L. Nava, P. Bellinzoni, A. Centemero, M. Zanoni, P. Rigatti
Prelievo di rene da donatore vivente per via laparoscopica: il film
G. Guazzoni, A. Cestari, M. Riva, L. Nava, T. Maga, L. Rigatti, M. Zanoni, P. Rigatti
Prostatectomia radicale laparoscopica (VLP) "Nerve Sparing" con risparmio
della fascia di Denonvillers: il film
G. Martorana, F. Manferrari, A. Bertaccini, M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G. Vitullo
Prostatectomia radicale laparoscopica (VLRP): nostra esperienza
G. Martina, S. Scuzzarella, P. Giumelli, M. Remotti, G. Caruso
Cistopessi laparoscopica extraperitoneale
A. Celia, S. Micali, S. De Stefani, G. Bianchi
Enucleo - resezione renale laparoscopica transperitoneale mediante dispositivo TISSUELINK
G. Martina, S. Scuzzarella, P. Giumelli, M. Remotti, G. Caruso
Nefrectomia laparoscopica extraperitoneale
M. Amenta, G. Grosso, M. Occhipinti, F. Maritati
Uretero-pieloplastica laparoscopica transperitoneale per recidiva di stenosi del GPU. Caso clinico
T. Realfonso, R. Sanseverino, U. Di Mauro, O. Intilla, R. Angrisani, A. Campitelli
Utilizzo di protesi allogeniche nel trattamento per via vaginale del compartimento anteriore
IV
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
I. Morra, M. Cossu, G.P. Ghignone, A. Caglià, R.M. Scarpa
Utilizzo dello Stratasis TF in un caso di incontinenza urinaria da sforzo complicata da diverticoli
S. Micali, A. Celia, M. Bruschi, S. De Stefani, C. De Carne, G. Bianchi
Prima telechirurgia in Italia: due esperti uniscono la propria esperienza
SALA NETTUNO 1 - COMUNICAZIONI: URETERE
Moderatori: S. Caggiano, R. Sacco
M. Simone, R. Felipetto, C. Milesi, F. Francesca
Trattamento ureteroscopico della litiasi in Day Surgery: nostra esperienza
M. Simone, C. Casarosa, F. Manassero, P. Casale, F. Francesca
Endoureteropielotomia retrograda con laser ad olmio: nostra esperienza
G. Sebastiani, P.P. Fasolo, E. Conti, S. Lacquaniti, R. Mandras, L. Puccetti, G. Fasolis
Litiasi dell’uretere lombare. Opzioni terapeutiche.
F. Cantiello, R. Damiano, S. Bolognini, M. Schiavo, M. De Sio, A. Oliva, M. Scarpelli, M.
Palu mbo, R. Sacco, M. D’Armiento
Instillazione endovescicale di BCG nel trattamento di neoplasie superficiali della alta via escretrice
A. De Lisa, C. Sotgiu, R. Cadoni, P. Usai
I motivi dell'insuccesso nella terapia endoscopica della stenosi del giunto pielo-ureterale.
Analisi di una serie consecutiva di 46 casi
P. Usai, P. Pili, G. Puggioni, R. Cadoni, A. De Lisa
Terapia endoscopica delle stenosi ureterali intrinseche: analisi di una serie di 85 pazienti
A. De Lisa, R. Cadoni, P. Usai
La chirurgia endoscopica conservativa nei tumori uroteliali dell'alta via escretrice:
analisi di una serie consecutiva di 101 casi
M. Malizia, E. Brunocilla, T. Forlani, S. Lupo, E. Vece, G. Martorana
Trattamento endoscopico delle stenosi uretero-ileali, risultati a lungo termine
SALA NETTUNO 2 - COMUNICAZIONI: URETERE
Moderatori: F. Falvo, G. Testa
R. Autorino, A. Russo, D. Rubino, R. Damiano, M. De Sio, P. D’Elia, M. Schiavo, M. D’Armiento
Utilizzo della Tamsulosina nella gestione del paziente con litiasi ureterale: nostra esperienza
S. Guercio, C. Terrone, C. Scoffone, C. Cracco, M. Poggio, I.Morra, R.Tarabuzzi, M. Cossu,
G. Ghignone, R.M. Scarpa
L'ureteroscopia d'urgenza in pazienti con colica renale
M. Coppola, A. Crimi, A. Russo,G. Luciano, A. Tammaro, F. Sorrentino, P. Perozziello, C. Esposito,
D. Rubino, A. Russo, M. D’Armiento
Calcificazione di stent ureterale post trattamento di ureterolitotrissia in paziente con adenoma
paratiroideo
R. Damiano, R. Autorino, F. Cantiello, G. Ciambrone, A. Zappavigna, V. Liotti, M. Schiavo,
A. Russo, R. Sacco, M. D’Armiento
Efficacia dello stenting ureterale dopo litotrissia ureteroscopica con Lithoclast
M. De Sio, R. Autorino, D.R. Giordano, L.Cosentino, U. Pane, F. Di Giacomo, M. D’Armiento
Innovazioni tecniche in ureteroscopia: implicazioni sulla pratica clinica
R. Autorino, M. De Sio, D.R. Giordano, A. Oliva, S. Mordente, G. Quarto, R. De Domenico,
M. D’Armiento
Valutazione della qualità di vita in pazienti con stent: nostra esperienza
A. Rocca, F.Lasaponara , F. Cauda, U. Ferrando
Strategie terapeutiche nella calcolosi del rene trapiantato
S. Micali, A. Celia, C. Di Pietro, S. De Stefani, C. De Carne, G. Bianchi
Dornier lithotripter s: i primi 50 trattamenti nel nostro dipartimento
SALA NETTUNO 3 - COMUNICAZIONI: LAPAROSCOPIA
Moderatori: A. Masala, T. Paniccia
F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, C. Terrone, C. Cracco, G.P. Ghignone, M. Poggio, R.M. Scarpa
Cistectomia radicale laparoscopica: studio di fattibilità
F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, F. Ragni, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa
Prostatectomia laparoscopica con graft di nervo surale: risultati funzionali
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, A. Centemero, T. Maga, A. Losa, L. Rigatti, P.Rigatti
Surrenalectomia laparoscopica transperitoneale: 12 anni di esperienza
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Nava, P. Bellinzoni, A. Centemero, R. Naspro, V. Dell'Acqua, P. Rigatti.
Cistectomia laparoscopica con risparmio di capsula prostatica e vescicole seminali
e neovescica ortotopica: esperienze iniziali
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
V
C. Milani, L. De Zorzi, G. Balta, W. Battanello, M. Ferraro, M. Repele, E. Bratti, M. Dal Bianco
Enucleoresezione laparoscopica per neoplasia renale. Esperienza preliminare su 22 casi
G. Martorana, F. Manferrari, A. Bertaccini, A. Franceschelli, M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G. Vitullo
Prostatectomia radicale laparoscopica valutazione dei risultati oncologici sui primi 60 casi
A. Celia, S. Micali, C. De Carne, M.C. Sighinolfi, S. De Stefani, G. Bianchi
La biopsia renale laparoscopica
SALA NETTUNO 4 - POSTER: MISCELLANEA
Moderatori: V. Altieri, D. Giordano
16.30 - 16:40
16:40 - 18:00
18:00
21:00
P. Usai, P. Pili, G. Puggioni, R. Cadoni, A. De Lisa
L'utilizzo del Wall-Stent in Nitinol nelle stenosi ureterali: una terapia efficace e di lunga durata
S. Zaramella, G. Monesi, E. Kocjancic, P. Gontero, G. Ceratti, M. Sala, M. Favro, G. Marchioro,
B. Frea
Ostruzione ureterale in paziente monorene causata da un aneurisma dell'arteria ipogastrica:
descrizione di un caso e revisione della letteratura
A. Tasca, P. Ferrarese, G. Abatangelo, E. Scremin, F. Nigro
Approccio retroperitoneoscopico ai tumori della via escretrice superiore: descrizione di 10 casi
A. Tasca, W. Cecchetti, F. Zattoni, F. Nigro, E. Scremin
ND-AYAP, una nuova sorgente laser per l'endourologia a studio sperimentale
E. Di Grazia, J. Gutirrez, M. Loske
Terapia profilattica fuori fuoco per ridurre il danno renale causato dall'ESWL
V. Petterle, V. Scarpa, S. Valerio, E. Bassi
Trattamento percutaneo della calcolosi renale a stampo. Nostra esperienza su 340 casi
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M. Burrello, B. Giammusso, A. Lazzara, M. Motta
Ureterocutaneostomia: note di tecnica per migliorare l'accesso retrogrado con strumenti rigidi
A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Burrello, F. Guzzardi, S. V. Condorelli, M. Motta
Ampia lesione ureterale iatrogena post ureterolitotrissia: risoluzione di un caso
L. Antonelli, G. Lotrecchiano, G. Sessa, A. Delle Cave, U. Maggio, A. Pontel, A. Brando,
G. Micheletti, P. Sambroia, V. Cicalese
Calcolosi dell’uretere lombare e pelvico: ESWL o ureteroscopia, ricerca del trattamento migliore
AUDITORIUM SIRENE - Il trattamento della IPB con laser KTP Green Light PVP (S. Mattioli)
AUDITORIUM SIRENE - Update “Il trattamento dell’IPB”
Presidente: G. Carmignani - Moderatori: R. Tenaglia, R. Ponchietti
TUMT: (A. Tubaro)
TUNA: (D. Prezioso)
TEAP: (D. Melloni)
HOLEP: (R.M. Scarpa)
TURP bipolare: (M. De Sio)
TURP, ancora il gold standard? (G. Carmignani)
AUDITORIUM SIRENE - Seduta amministrativa
Cena di gala
Mercoledì, 21 Aprile 2004
Seconda Giornata congressuale
AUDITORIUM SIRENE
8:00 - 8:30
Highlights sulla giornata precedente (R. Autorino, A. Saita, S. Perdonà)
8:30 - 10:30
Tavola Rotonda “Chirurgia percutanea della calcolosi renale”
Presidente: T. Lotti - Moderatori: F.P. Selvaggi, E. Usai
La posizione (J.G. Valdivia Uria)
L’accesso (F. Zattoni)
Miniperc (P. Cortellini)
Litrotritori intracorporei (A. Pagliarulo)
PCNL-ESWL (G. Bianchi)
Nefroscopia flessibile (C. Scoffone)
Il confronto con la chirurgia (M. D’Armiento)
Complicanze (F. Francesca)
Discussione
VI
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
10:30 - 12:30
AUDITORIUM SIRENE - SESSIONE VIDEO: Ureteroscopia, Accesso Percutaneo, TURP
Moderatori: G. Carrieri, M. De Sio
C. Scoffone, S. Guercio, M. Cossu, C. Cracco, F. Ragni, M. Poggio, A. Caglià, R.M. Scarpa
Ricanalizzazione bilaterale di anastomosi uretero-ileale per via combinata con Holmium-laser
E. Cagnazzi, M. Mari, A. Ambu, M. Bellina
L’utilizzo del laser nel trattamento endourologico delle patologie non litiasiche
M. Simone, R. Felipetto, C. Milesi, F. Manassero, F. Francesca
Polipi fibro epiteliali dell’uretere
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M. Aquilino, L. Fondacaro, A. Lazzara, M. Motta
Nostra esperienza nel management delle stenosi ureterali
R. M. Scarpa, C. Scoffone, C. Terrone, F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, I. Morra, M. Cossu, F. Vacca,
G.P. Ghignone, S. Guercio, M. Poggio, R. Rocci Ris, C. Caretto, A. Tempia
TURP in anestesia locale con resettore bipolare
A. Ambu, F. Mangione, M. Mari, M.Bellina
Resezione endoscopica vescicale e prostatica con ansa bipolare
E. Montanari, L. Carmignani , B. Mangiarotti , A. Del Nero, P. Acquati, M. Grisotto
Trattamento percutaneo della neoplasia uroteliale di basso stadio e grado: risultati a lungo termine
M. Mari, F. Mangione, M. Bellina
Trattamento percutaneo di litiasi pielocaliciale inferiore a stampo con puntamento ecografico e
radiologico e impiego di camicia di Amplatz trasparente (Ultraxxx Clear Sheat, Cook)
A. Rocca, F. Cauda, L. Squintone, U. Ferrando
La MIPP (mini invasive percutaneus procedure) Calcolosi Renale Complessa
A. Tasca, F. Nigro, E. Scremin, P. Ferrarese
Trattamento percutaneo di una cisti pielogena contenente calcoli
O. Varriale, F. Uricchio, S. Domizio, G. F. Testa
Procedure diagnostiche e terapia della cistite interstiziale
G. Grosso, M. Amenta, M. Occhipinti, F. Maritati
Enucleoresezione renale laparoscopica. Note di tecnica e risultati
SALA NETTUNO 1 - COMUNICAZIONI: Laparoscopia
Moderatori: C. Imbimbo, R. Sanseverino
A. De Lisa, R. Cadoni, F. Floris, E. Usai, P. Usai
Confronto fra linfadenectomia con tecnica open e videolaparoscopia (VLS) nella terapia chirurgica
delle neoplasie renali
M. Garofalo, M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G. Vitello, G. Martorana
Eminefrectomia laparoscopica per idronefrosi in rene a ferro di cavallo
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, T. Maga, A. Losa, M. Riva, R. Naspro, P. Rigatti
Come ridurre i costi della nefrectomia radicale laparoscopica valutando la curva di apprendimento e le modifiche della tecnica e del materiale impiegato
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, P. Bellinzoni, A. Losa, V. Dell'Acqua, R. Naspro, P. Rigatti
Risultati oncologici a medio termine della crioablazione laparoscopica di neoplasie renali (LRC)
C. Esposito, A. Savanelli, A. Centonze, G. Monguzzi, M. Gonzalez-Sabin, L. Mastroianni,
M. De Marco, M. Bitonti, A. Chiappinelli, R. Damiano, A. Settimi
Efficacia e risultati nel trattamento laparoscopico del varicocele in età pediatrica
C. Esposito, A. Centonze, M. De Marco, A. Chiappinelli, F. Cantiello, G. La Cava, R. Damiano,
A. Settimi
Orchidopessi laparoscopica senza divisione dei vasi spermatici. Può essere considerata la procedura di scelta nel testicolo intraddominale?
A. Celia, S. Micali, P. Bove, S. De Stefani, M.C. Sighinolfi, C. Di Pietro, C. De Carne, G. Bianchi
Il Tumor seeding nella laparoscopia urologica: una indagine internazionale
SALA NETTUNO 2 - COMUNICAZIONI: IPB, INCONTINENZA URINARIA
Moderatori: F. Iacono, M. Schettini
C. Scoffone, R.M.Scarpa, I. Morra, C. Terrone, F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, M. Cossu, S. Guercio,
M. Poggio, G.P. Ghignone, R. Rocci Ris, C. Caretto, A. Tempia
TURP in Day Surgery: catetere di Schellin, anestesia locale e resettore bipolare
I. Morra, F. Vacca, G.P. Ghignone, A. Caglià, R.M. Scarpa
Valutazione dell'efficacia della termoterapia a microonde con dispositivo di misurazione della
temperatura intraprostatica nel trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna
R. Damiano, F. Cantiello, C. Rotondo, A. Manfredi, G. Lacava, G. Aiello, A. Giacobbe, R. Sacco,
M. D’Armiento
Studio prospettico randomizzato sull'efficacia della resezione vaporizzazione transuretrale della
prostata (TURVP) verso la resezione standard (TURP)
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
VII
P. Usai, R. Cadoni, P. Pili, D. Porcu, A. De Lisa
La HE-TUMT ad alte energie nella terapia mini-invasiva dell'IPB
F. Ventura, G. Scalese, V. Disanto
Adenomectomia prostatica miniinvasiva: è possibile rimuovere il catetere in prima giornata
I. Morra, M. Cossu, S. Guercio, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa
Intravaginal slig-plasty nel trattamento dell'incontinenza urinaria da sforzo
I. Morra, M. Cossu, S. Guercio, G.P. Ghignone, R.M. Scarpa
Una nuova mesh per il trattamento del prolasso vaginale anteriore
SALA NETTUNO 3 - COMUNICAZIONI: ACCESSO PERCUTANEO
Moderatori: D.E. Cuzzocrea, V. Santorelli
S. Ferretti, P. Salsi, A. Sattini, S. Fornia, P. Cortellini
Le punture al calice renale in corso di nefrolitotrissia percutanea (PCNL) incidono sul rischio
emorragico?
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Nicolosi, F. Marchese, B. Giammusso, M. Motta
Trattamento dei diverticoli caliciali. Nostra esperienza e revisione della letteratura
A. Saita, M. Aquilino, A. Bonaccorsi, A. Polara, F. Guzzardi, S. V. Condorelli, M. Motta
Sclerotizzazione percutanea delle cisti renali con etilene. Particolare osservazione della riduzione
volumetrica nel tempo
M. De Sio, A. Campitelli, R. Angrisani, T. Realfonso, U. Di Mauro, O. Intilla, R. Sanseverino
Miniperc, esperienza preliminare
A. De Lisa, R. Cadoni, G. Puggioni, E. Usai, P. Usai
L'utilizzo combinato di endoscopi rigidi e flessibili nella nefrolitotrissia percutanea (PCNL) nella
calcolosi renale complessa garantisce alti tassi di stone-free
F. Nistico, F. Falvo, D. Pirritano, A. Spasari, B. Talarico, V. Ielapi, V. Militi, M. Prencipe, F. Ventrici
Nefrolitotrissia percutanea second-look miniinvasivo
P. Beltrami, S. Cavalleri, L. Ruggera, I. Piacentini, W. Artibani
Analisi delle complicanze della litotrissia percutanea
L. Ruggera, P. Beltrami, S. Cavalleri, L. Aresu, W. Artibani
Nostra esperienza nel trattamento della calcolosi renale a stampo con litotrissia percutanea
F. Poletti, C. Marcato, L. Astesana, U. Maestroni, A. Selvaggio, P. Cortellini
Utilizzo di spirali non ferromagnetiche nel trattamento percutaneo del varicocele sinistro
SALA NETTUNO 4 - COMUNICAZIONI: ONCOLOGIA PROSTATICA E PATOLOGIA VESCICALE
Moderatori: A. Crimi, P. Quattrone
S. Perdonà, L. Gallo, L. Claudio, L. Marra, G. Metta, A. Gallo
Stenosi uretro vescicale post prostatectomia radicale: incidenza in relazione al numero dei punti
anastomici e suo trattamento
M. Tasso, A. Volpe, F. Varvello, U. Ferrando
PTTA/HIFU nel trattamento del carcinoma prostatico localizzato: 2 anni di esperienza e 12 mesi
di follow up
M. Tasso, A. Volpe, F. Varvello, U. Ferrando
PTTA/HIFU della recidiva locale su anastomosi dopo prostatectomia radicale retropubica: nostra
esperienza
S. Perdonà, L. Gallo, L. Claudio, L. Marra, G. Metta, A. Gallo
Trattamento conservativo nelle neoplasie infiltranti (T2-T3a) della vescica. Valutazione retrospettiva su 131 pazienti
O. Varriale, S. Domizio, G. F. Testa
Terapia della cistite interstiziale
O. Varriale, S. Domizio, G. F. Testa
Cistite crostosa ed ureteroidronefrosi da chemioterapia endovescicale
12:30 - 13:30
13:30
VIII
AUDITORIUM SIRENE - Update “Laparoscopia: dove sono i limiti?”
Presidente: E. Pisani - Moderatori: M. Motta, M. Rizzo
Rene: (G. Breda)
Surrene: (G. Bianchi)
Prostata: (F. Porpiglia)
Vescica: (G. Guazzoni)
Testicolo: (G. Pizzocaro)
Chiusura del congresso
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Programma Corsi IEA 2004
1° Semestre
Università degli Studi di Modena – Policlinico
Cattedra Urologia: Direttore Prof. Giampaolo Bianchi
Laparoscopia in urologia
Modena 3-5 maggio 2004
Coordinatore del Corso: Prof. G. Bianchi
Fondazione Vincenzo Pansadoro
Direttore: Prof. Vincenzo Pansadoro
Chirurgia laparoscopica della prostata e del rene
Roma 4-5 maggio 2004
Coordinatore del Corso: Prof. V. Pansadoro
Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia – Università degli Studi di Verona
Direttore: Prof. Walter Artibani
Litotrissia percutanea (PCNL) nella calcolosi renale
Verona 17-18 maggio 2004
Coordinatore del Corso: Dott. P. Beltrami, Dott. S. Cavalleri
Università degli Studi di Torino
Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche – A.S.O.
Direttore: Prof. Roberto Mario Scarpa
Chirurgia laparoscopica
Orbassano (TO) 17-19 maggio 2004
Coordinatori del Corso: Prof. R.M. Scarpa
Clinica Urologica Azienda Ospedaliera San Paolo – Polo Universitario
Corsi hands on di endourologia - Visita ad uno stone center
Milano 18-19 maggio 2004
Coordinatore del Corso: Prof. E. Montanari
Università Cattolica del S. Cuore – Cattedra di Urologia
Direttore: Dott. Alessandro D’Addessi
Ureteroscopia rigida - Teoria e pratica
Roma 24-25 maggio 2004
Coordinatore del Corso: Dott. A. D’Addessi
Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma – Divisione Urologia
Direttore: Dott. Pietro Cortellini
Endoscopia delle alte vie urinarie. nuove tecniche percutanee mininvasive
Parma 25-26 maggio 2004
Coordinatori del Corso: Dott. P. Cortellini, Dott. A. Frattini
Ospedale Santa Maria dei Battuti – Unità Operativa di Urologia
Direttore: Prof. Giuseppe Anselmo
Il trattamento endourologico della calcolosi renale ed ureterale
Treviso 7-9 giugno 2004
Coordinatori del Corso: Dott. F. Merlo, Dott. L. Maccatrozzo
Università degli Studi di Torino
Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche – A.S.O.
Direttore: Prof. Roberto Mario Scarpa
Chirurgia laparoscopica
Orbassano (TO) 7-9 giugno 2004
Coordinatori del Corso: Prof. R.M. Scarpa, Dott. Porpiglia
Ospedale Cristo Re – Divisione di Urologia
Direttore: Prof. Lorenzo Defidio
Ureterorenoscopia flessibile
Roma 8-9 giugno 2004
Coordinatore del Corso: Prof. L. Defidio
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
IX
Programma Corsi IEA 2004
2° Semestre
Cattedra e Scuola di Specializzazione in Urologia Policlinico Universitario di Messina
Direttore: Prof. Darwin Melloni
La fluorescenza nella diagnostica degli uroteliomi vescicali
Messina 6-7 luglio 2004
Coordinatore del Corso: Prof. D. Melloni
2° Università di Catania – Clinica Urologia
Direttore: Prof. Mario Motta
Trattamento endourologico della calcolosi reno-ureterale
Catania 10-11 settembre 2004
Coordinatori del Corso: Prof. M. Motta, Dott. A. Saita, Dott. S. Condorelli
Fondazione Vincenzo Pansadoro
Direttore: Prof. Vincenzo Pansadoro
Chirurgia laparoscopica della prostata e del rene
Roma 21-22 settembre 2004
Coordinatore del Corso: Prof. V. Pansadoro
Clinica Urologica Azienda Ospedaliera San Paolo – Polo Universitario
Corsi hands on di endourologia – visita ad uno stone center
Milano 21-22 settembre 2004
Coordinatore del Corso: Prof. E. Montanari
Ospedale S. Antonio - Unità Operativa Complessa di Urologia
Trattamento della calcolosi ureterale
Padova 22-24 settembre 2004
Coordinatore del Corso: Dott. M. Dal Bianco
Azienda Ospedaliera V. Monadi - U. O. C. DI UROLOGIA
Direttore : Dott. Gianfranco Testa
Corso permanente di ureterorenoscopia operativa e chirurgia renale percutanea
Napoli 30 settembre – 1 ottobre 2004
Coordinatore del Corso: Dott. G. Testa
Università Cattolica del S. Cuore – Cattedra di Urologia
Direttore: Dott. Alessandro D’Addessi
Ureteroscopia rigida – Teoria e pratica
Roma 11-12 ottobre 2004
Coordinatore del Corso: Dott. A. D’Addessi
2° Università degli Studi di Napoli – Cattedra di Urologia
Direttore: Prof. Massimino D’Armiento
Chirurgia laparoscopica del rene
Napoli 11-12 ottobre 2004
Coordinatori del Corso: Prof. M. D’Armiento
Università degli Studi di Modena – Policlinico
Cattedra Urologia: Direttore Prof. Giampaolo Bianchi
procedure endourologiche nella calcolosi reno-ureterale
Modena 11-13 ottobre 2004
Coordinatore del Corso: Prof. G. Bianchi
Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia – Università degli Studi di Verona
Direttore: Prof. Walter Artibani
Litotrissia percutanea (PCNL) nella calcolosi renale
Verona 18-19 ottobre 2004
Coordinatore del Corso: Dott. P. Beltrami, Dott. S. Cavalleri
Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma – Divisione Urologia
Direttore: Dott. Pietro Cortellini
Endoscopia delle alte vie urinarie. Nuove tecniche percutanee mininvasive
Parma 9-10 novembre 2004
Coordinatori del Corso: Dott. P. Cortellini, Dott. A. Frattini
Ospedale Cristo Re – Divisione di Urologia
Direttore: Prof. Lorenzo Defidio
Ureterorenoscopia flessibile
Roma 9-10 novembre 2004
Coordinatore del Corso: Prof. L. Defidio
X
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
ABSTRACTS
4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Sorrento, 19-21 aprile 2004
RESEZIONE ENDOSCOPICA VESCICALE
E PROSTATICA CON ANSA BIPOLARE.
A. Ambu, F. Mangione, M. Mari, M. Bellina
U.O.C. di Urologia, Ospedale degli Infermi di Rivoli,
Torino
Presentiamo alcune immagini riguardanti procedure di resezione vescicale e prostatica
transuretrale con ansa bipolare; i vantaggi riconosciuti di tale tecnica, già discussi in letteratura, sono rappresentati principalmente dalla
possibilità di utilizzare soluzione fisiologica
quale fluido irrigante (eliminando così la possibilità di TUR-syndrome). Nella nostra esperienza, la tecnica di resezione con ansa bipolare ha dimostrato, nei confronti della resezione
monopolare, il vantaggio di una migliore capacità mostatica e dall’assenza di cauterizzazione
del tessuto resecato, utile ai fini di una migliore valutazione istologica.
URETERO-PIELOPLASTICA LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE PER RECIDIVA DI STENOSI DEL GPU. CASO CLINICO.
M. Amenta, G. Grosso, F. Maritati, M.
Occhipinti
U.O. Urologia, Casa di Cura Privata Polispecialistica “Dott. Pederzoli”, Presidio ASL 22 Regione
Veneto, Peschiera del Garda, Verona
Introduzione: La malattia del giunto pielo-ureterale (GPU) è tra le patologie funzionali dell’apparato escretore urinario quella di più comune
riscontro. Essa è appannaggio delle fasce più
giovani della popolazione. Il trattamento è esclu-
sivamente chirurgico. Utilizziamo routinariamente la chirurgia laparoscopica retroperitoneale per correggere le stenosi del GPU a prescindere dal momento eziopatogenetico.
Materiali e Metodi: Il caso clinico è riferito ad
un soggetto maschio, di 28 anni sottoposto
due anni prima ad intervento di Uretero-pieloplastica sec. Anderson-Hines con accesso
anterolaterale e resezione dell’XI costa, per stenosi del GPU destro in rene ectopico. Il
paziente è giunto alla nostra osservazione con
nefectomia a dimora posizionata in seguito a
diagnosi di idronefrosi di III grado destra conseguente a recidiva si stenosi del GPU.
Abbiamo sottoposto il paziente a RMN addominale evidenziante la recidiva sopradescritta
e fibrosi cicatriziale peri-ureterale omolaterale.
Il video mostra i passaggi fondamentali dell’intervento di Ureterolisi e ureteropieloplastica laparoscopica trans-peritoneale al quale
abbiamo sottoposto il paziente. È stato posizionato uno stent ureterale JJ intracorporeo a
protezione dell’anastomosi pielo-ureterale.
Risultati: Tempo operatorio: 140 minuti. Perdite
ematiche: 150 cc. Terapia antalgica post-opertaoria: FANS. Degenza: 6 gg. Rimozione nefrotomia: III giornata post-operatoria. Rimozione
stent ureterale: XXX giornata p.o. Follow up: 3
mesi. Controllo ecografico e orografico: persistenza di modesta dilatazione calico-pielica, ipotonia ureterale.
Conclusioni: Premesso che il re-intervento per
recidiva di malattia del GPU non produce spesso risultati soddisfacenti, la ridotta morbilità, la
riproducibilità dell’intervento, il limitato ricorso
a terapie analgesiche post-operatorie, la breve
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
1
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
degenza ospedaliera (3-5 gg.) e i funzionali
sovrapponibili alla chirurgia tradizionale suggeriscono la scelta della laparoscopia anche in caso
di recidiva-persistenza di stenosi del GPU.
CALCOLOSI DELL’URETERE LOMBARE E
PELVICO: ESWL O URETEROSCOPIA,
RICERCA DEL TRATTAMENTO MIGLIORE.
L. Antonelli, G. Lotrecchiano, G. Sessa, A.
Delle Cave, U. Maggio, A. Pontel, A. Brando,
G. Micheletti, P. Sambroia, V. Cicalese
Dipartimento Nefro-Urologico, Struttura Complessa di Urologia, AORN “Moscati”, Avellino
Introduzione: Il trattamento della calcolosi ureterale è oggi uno dei temi più dibattuti
dell’Endourologia. Riportiamo la nostra esperienza in 2 anni di attività.
Materiali e Metodi: Negli anni 2002-2003 abbiamo trattato con ESWL 89 pazienti affetti da calcolosi ureterale lombare o pelvica, le dimensioni del calcolo risultano pari a 8,5 +/- 3,5 mm,
58 in posizione ureterale lombare e 31 in uretere pelvico. Nello stesso periodo sono stati sottoposti ad Ureteroscopia 97 pazienti con calcolosi
ureterale (41 in sede lombare e 56 in sede pelvica) con dimensioni del calcolo sovrapponibili.
È stato utilizzato per l’ESWL il litotritore Direx
Ultima Nova a puntamento radiologico. La
potenza utilizzata è stata di 20-24 Kv e il n° di
colpi 2500-3500. Per la terapia endoscopica
abbiamo utilizzato l’ Ureteroscopio Storz da 7,5
e da 11,5 ch e sistemi di litotrissia ad onde balistiche e ad ultrasuoni.
Risultati: Dei pazienti trattati con ESWL il 69%
è risultato stone free, la percentuale di ritrattamento è stata del 35%. In alcuni casi sono stati
necessari più di 2 trattamenti. Il risultato è pressocchè sovrapponibile nei calcoli dell’uretere
lombare e pelvico.
Non si sono avute complicanze, ma sono state
necessarie manovre ancillari (stenting ureterale)
in circa il 20%. Pochi gli episodi di macroematuria autorisoltasi. Nei casi trattati con
Ureteroscopia il 25% è stato estratto il calcolo
con cestello di Dormia, nel 29% è stata effettuata litotrissia del calcolo e posizionamento di
stent ureterale JJ. Il restante 46% è stato sottoposto a litotrissia senza altre manovre ancillari.
Il 96% dei pazienti è risultato stone free (94%
tratto lombare, 99% tratto pelvico).
Le complicanze di rilievo sono state la febbre (>
38,5) e l’ematuria sempre autorisoltasi.
2
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Conclusioni: Entrambe le tecniche sono valide nella risoluzione della calcolosi ureterale.
L’ESWL è metodica semplice, poco invasiva
e senza effetti nocivi ma gravata da alto
indice di ritrattamento e una certa percentuale di insuccessi. L’ureteroscopia è altamente risolutiva (96% stone free), con scarsa morbilità al punto da farne, secondo la
nostra esperienza, ed in particolare nella
calcolosi del tratto pelvico, opzione di
prima istanza.
VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DI VITA
IN PAZIENTI CON STENT: NOSTRA ESPERIENZA.
R. Autorino, M. De Sio, D.R. Giordano,
A. Oliva, S. Mordente, G. Quarto, R. De
Domenico, M. D’Armiento
Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi di
Napoli
Obiettivi: Riportiamo la nostra esperienza sulla
valutazione della sintomatologia associata agli
stent ureterali doppio J e del loro impatto sulla
qualità di vita dei pazienti in relazione al diverso diametro.
Materiali e Metodi: Abbiamo considerato 28
pazienti con ostruzione ureterale unilaterale
per litiasi urinaria (età media 49 anni,
15M/10F) sottoposti ad apposizione di stent
ureterale doppio J. In 14 pazienti (gruppo A)
era stato posizionato uno stent 4.8 Fr, in altri
14 uno stent 6 Fr. Ad essi è stato chiesto di
completare un questionario generico sulla
qualità di vita ed uno specifico sulla morbidità stent-correlata. La somministrazione dei
questionari è stata effettuata ad 1 settimana
dalla manovra endoscopica.
Risultati: Nella valutazione sulla qualità di vita
in generale non si è rilevata una significativa
differenza nelle categorie considerate dal questionario (attività usuali, cura personale,
mobilità, disagio, ansietà/depressione). Anche
all’analisi dei tre indici (sintomatologia urinaria, dolore, stato di salute generale) del questionario stent-specifico i due gruppi non
mostravano differenze di rilievo.
Conclusioni: In generale, i sintomi urinari ed il
dolore associato alla presenza di uno stent doppio J riducono la qualità di vita dei pazienti.
Tuttavia non abbiamo riscontrato una correlazione tra gli effetti dovuti alla presenza dello
stent ed il diametro dello stesso.
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Tabella 1.
Gruppo A
Gruppo B
P value
Tasso di espulsione (%)
66.6
88.8
0.02
Tempo medio all’espulsione (giorni)
6.5
4.8
0.04
Impiego farmaci extra (%)
50
16
0.005
Numero di ospedalizzazioni (%)
38
11
0.01
Complicanze (%)
11
11
ns
UTILIZZO DELLA TAMSULOSINA NELLA
GESTIONE DEL PAZIENTE CON LITIASI
URETERALE: NOSTRA ESPERIENZA.
R. Autorino1, A. Russo2, D. Rubino2, R.
Damiano3, M. De Sio1, P. D’Elia2, M. Schiavo1,
M. D’Armiento1
1
Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi,
Napoli; 2U.O. Urologia, Ospedale di Polla (SA); 3U.
O. Urologia, Università degli Studi Magna Graecia,
Catanzaro
tempo necessario all’espulsione, l’impiego di
altri analgesici, la necessità di ospedalizzazione.
Risultati: Vedi Tabella 1
Conclusioni: Nella nostra esperienza l’impiego
della tamsulosina nella gestione dei pazienti con
litiasi del tratto intramurale dell’uretere ha permesso di ottenere un migliore controllo della sintomatologia dolorosa ed una più rapida espulsione del calcolo, con limitati effetti collaterali.
Introduzione: L’utilizzo degli alfa-litici è ampiamente documentato in pazienti con sintomi
delle basse vie urinarie per IPB. Diversi studi
sperimentali hanno dimostrato la presenza di
recettori alfa adrenergici sulla muscolatura liscia
ureterale. Gli alfalitici possono ridurre il tono
basale e peristaltico a questo livello, il che può
avere delle implicazioni terapeutiche. In questo
studio abbiamo verificato il ruolo potenziale
della tamsulosina, un antagonista alfa1a-1d
selettivo, nella terapia medica di pazienti selezionati con litiasi ureterale.
Materiali e metodi: Abbiamo considerato 36
pazienti con colica renale valutati con ecografia
e diretta delle vie urinarie con evidenza di calcoli < 1cm a livello del tratto intramurale dell’uretere. Criteri di esclusione erano stati: stenosi
ureterale, calcolosi multipla o bilaterale, infezione urinaria, severa idronefrosi, storia di ipotensione, trattamento già in atto con calcio-antagonisti o con alfalitici, ulcera, diabete. I pazienti
sono stati divisi in due gruppi di trattamento: il
gruppo A (18 pazienti, 10 M/8 F, diametro
medio del calcolo 5.5 mm, range 3-10) ha ricevuto diclofenac (Dicloreum retard 100mg/die) +
escina (Reparil 80 mg/die), il gruppo B (18
pazienti, 9 M/9F, diametro medio del calcolo 6.3
mm, range 4-9) la stessa terapia + tamsulosina
(Omnic 0.4 mg/die), entrambi per una durata di
2 settimane. Una visita di controllo è stata effettuata al termine del periodo di trattamento per
valutare il tasso di espulsione dei calcoli, il
NOSTRA ESPERIENZA NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI RENALE A STAMPO CON LITOTRISSIA PERCUTANEA.
P. Beltrami, S. Cavalleri, L. Ruggera, L. Aresu,
W. Artibani
Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia,
Università degli Studi di Verona
La litotrissia percutanea (PCNL) rappresenta il
“gold standard” nella terapia della calcolosi renale a stampo, lasciando alla chirurgia a cielo aperto un ruolo marginale. Riportiamo la nostra
esperienza nel trattamento della calcolosi renale
a stampo con tale metodica negli ultimi due
anni. Abbiamo sottoposto a litotrissia percutanea 32 pazienti affetti da calcolosi renale a stampo, in 1 caso bilaterale. In 20 casi il calcolo occupava l’ampolla e 2 gruppi caliceali (a stampo
parziale), mentre in 13 si trattava di calcoli a
stampo completi. Di questi ultimi in 5 le diramazioni litiasiche erano numerose e quindi sono
stati classificati come calcoli a stampo complessi. In 30 casi l’accesso è stato eseguito esclusivamente attraverso un gruppo caliceale (in 28 casi
attraverso i calici inferiori, in 1 caso attraverso i
medi ed in 1 attraverso i superiori), mentre in 3
pazienti abbiamo eseguito accessi multipli. In
tutti i pazienti la litotrissia è stata effettuata con
sonda ultrasonica eccetto in uno in cui l’iniziale
debulking è stato eseguito con lithoclast.
La durata media dell’intervento è stata di 115
minuti (range 40-140), la derivazione urinaria
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
3
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
post-operatoria è stata mantenuta per un tempo
medio di 4 giorni (range 2-13) e l’ospedalizzazione è durata in media 5 giorni (range 2-11).
Non sono comparse complicanze maggiori
intraoperatorie. In 1 caso si è verificata una perforazione della via escretrice che è stata risolta
con il mantenimento in sede della derivazione
urinaria per un tempo maggiore. In 4 pazienti è
stato necessario eseguire emotrasfusioni per la
comparsa di emorragia (900 cc), in 1 caso determinata da una fistola artero-venosa trattata e
risolta con embolizzazione percutanea. In 5
pazienti è stato registrato un rialzo termico
superiore a 38° C. La clearance completa con la
prima seduta è stata ottenuta in 22 casi. In 2
pazienti è stato eseguito un “second look” percutaneo ed in 4 una o più sedute di litotrissia
extracorporea (ESWL) di completamento.
Complessivamente abbiamo ottenuto la completa bonifica in 28 casi. In 5 pazienti sono presenti frammenti residui, di cui 2 di scarsa
importanza clinica (CIRF). Gli altri 3 pazienti
sono ancora in trattamento con ESWL.
Alla luce di questi risultati confermiamo che la
PCNL è ampiamente efficace nel trattamento
della calcolosi renale a stampo. Associata
all’ESWL consente di ottenere un risultato ottimale con una limitata invasività. La riduzione
delle complicanze che abbiamo notato in questi
ultimi anni rispetto alle nostre precedenti esperienze potrebbero essere in relazione al miglioramento della strumentazione ed alla standardizzazione della metodica.
L’UTILIZZO DEL LASER NEL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLE PATOLOGIE NON LITIASICHE.
E. Cagnazzi, M. Mari, A. Ambu, M. Bellina.
U.O.C. di Urologia, Ospedale degli Infermi di
Rivoli, Torino
Gli Autori mostrano l’impiego del laser a olmio
in alcuni casi di stenosi complessa dell’uretere di
origine flogistica e postchirurgica, ed in un caso
di recidiva neoplastica della pelvi.
I casi presentati riguardano nell’ordine:
– una stenosi dell’uretere sottogiuntale sinistro
in paziente affetta da sindrome di ChurgStrauss, trattata con dilatazione idropneumatica
e successiva incisione laser;
– una stenosi dell’anastomosi uretero-colica sinistra in paziente con colon-conduit;
– una ureteropieloscopia con biopsia e folgora-
4
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
zione laser della base di impianto di piccola neoplasia pielica recidiva. Si trattava di un controllo
in paziente precedentemente sottoposto a biopsia e folgorazione laser di lesione pielica
(pTaG1).
LA MIPP (MINI INVASIVE PERCUTANEUS
PROCEDURE) NELLA CALCOLOSI RENALE COMPLESSA.
F. Cauda, A. Rocca, L. Squintone, U. Ferrando
S.C.Urologia 3, Ospedale Molinette, Torino
La MIPP (mini invasive percutaneus procedure)
è nata come tecnica percutanea miniinvasiva con
selezionate e limitate indicazioni nel trattamento
della calcolosi dettate dal piccolo calibro della
camicia d’accesso che se da un lato è meno traumatica dall’altro è soggetta ai noti limiti dei piccoli strumenti utilizzabili. Lo scopo del lavoro è
quello di dimostrare come con il progredire dell’esperienza e grazie all’acquisizione di nuove tecnologie sia possibile allargare le indicazioni della
MIPP al trattamento della calcolosi complessa.
Strumenti indispensabili sono i nuovi nefroscopi
rigidi da 12 Fr con canale operativo da 6 Fr, di
recente produzione, che forniscono un’ottima
visione e permettono una buona circolazione del
liquido irrigante attraverso il tubo renax garantendo il passaggio passivo dei frammenti litiasici
abbinati alle sonde combinate balistiche e ad
ultrasuoni rigide e flessibili e.Fo alle fibre di
diverso diametro Laser Holmium Da febbraio
2003 a gennaio 2004 abbiamo tratta 35 Pazienti.
I risultati che portiamo si riferiscono a 10 pazienti, trattati da febbraio a luglio 2003, 3 donne e 7
uomini di età compresa tra i 29 ed i 65 anni,
affetti da calcolosi a stampo pielocaliciale o multipla a carico di più calici. Tutti i pazienti sono
stati valutati preoperatoriamente con UroTc con
mdc. I controlli post-operatori prevedono un’ecografia reno-vescicale, una Rx addome diretto,
ematochimici ed esame urine ed urocoltura. A
paziente prono, dopo aver inserito un catetere
ureterale con palloncino occlusivo attraverso il
quale contrastiamo il rene, pungiamo il calice
sotto guida fluoroscopica e vi accediamo tramite
il set MIPP sicuro e poco traumatico. L’accesso ai
calici medi e superiori è stato possibile grazie
all’utilizzo dell’ureteroscopio a doppia flessione
attiva DUR8- Elite. Abbiamo ottenuto una percentuale di stone free pari all’80%. I tempi operatori medi sono stati di 71 minuti, le perdite
ematiche medie pari a 1,5 g/dl il catetere nefro-
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
stomico è stato sempre rimosso dopo 48 ore. I
pazienti sono stati dimessi in 72 ore. Il follow-up
dei pazienti trattati ha dimostrato come 9 di essi
fossero stone free ed 1 presentasse un frammento residuo del diametro di 9 mm trattato successivamente con ESWL. In conclusione riteniamo,
in accordo con alcuni autori, che i risultati ottenuti nel trattamento della calcolosi complessa
con singolo accesso di diametro ridotto siano
sovrapponibili a quelli realizzati con accessi multipli o di maggiori diametro. La MIPP, tecnica
meno traumatica in assoluto, si è dimostrata
capace, grazie ai progressi tecnologici, di ottenere ottimi risultati in termini di tempo operatorio,
percentuali di stone free, sicurezza di procedura
anche nella calcolosi complessa.
ANALISI DELLE COMPLICANZE DELLA
LITOTRISSIA PERCUTANEA.
S. Cavalleri, P. Beltrami, L. Ruggera, I.
Piacentini, W. Artibani
Cattedra e Divisione Clinicizzata di Urologia,
Università degli Studi di Verona
In questo lavoro riportiamo l’analisi delle complicanze in seguito ad interventi di litotrissia
percutanea (PCNL) eseguiti presso la nostra
Divisione negli ultimi 2 anni. Abbiamo trattato
94 pazienti affetti da calcolosi renale: in 29 casi
si trattava di calcolosi renale semplice, in 32 casi
di calcolosi multipla e in 33 di calcolosi a stampo. Il tramite nefrostomico è stato creato sotto
guida radiologica e la dilatazione è stata eseguita
con dilatatore a palloncino e successivo posizionamento di una camicia di Amplatz. In 84 casi
l’accesso è stato attraverso il gruppo caliceale
inferiore, in 2 casi attraverso il gruppo medio e
in 2 attraverso il superiore. In 6 casi sono stati
effettuati accessi multipli. La litotrissia è stata
portata a termine mediante l’impiego di energia
ultrasonica; solo in 2 pazienti abbiamo associato
una frantumazione mediante energia balistica.
La durata media del trattamento è stata di 90
min (range 25-240 min), la derivazione urinaria
è stata rimossa mediamente dopo 4 giorni
(range 1-24) e l’ospedalizzazione è durata in
media 5 giorni (range 2-41).
Abbiamo suddiviso le complicanze in intra e
post-operatorie. Tra le complicanze intraoperatorie abbiamo avuto un caso di perforazione
della via escretrice, risoltosi con il posizionamento di un stent ureterale lasciato in sede per
tempi più lunghi, una emorragia che ha deter-
minato l’interruzione dell’intervento, eseguito la
settimana successiva e una perforazione del
colon trattata con intervento chirurgico a cielo
aperto.
Le complicanze post-operatorie hanno compreso l’emorragia tale da richiedere emotrasfusioni
(in media 900 cc di sangue) verificatasi in 6 casi,
e la febbre superiore a 38° C riscontrata in 16
pazienti (17%). In 2 casi è comparsa una fistola
artero-venosa risolta senza sequele mediante
embolizzazione percutanea. Escludendo i casi in
cui si è avuta febbre, compatibile con il tipo di
calcolosi trattata (a stampo e infetta) si sono verificate complicanze in 8 pazienti (8.5%).
Analizzando le complicanze abbiamo notato una
riduzione dei casi di emorragia. Riteniamo che
tale fenomeno sia stato determinato da un
miglioramento della strumentazione, dall’impiego della dilatazione a palloncino, dal posizionamento della camicia di Amplatz e quindi da una
riduzione dei tempi operatori.
Per quanto riguarda la perforazione del colon
con conseguente necessità di un intervento chirurgico riparativo a cielo aperto, tale complicanza è comparsa in un paziente precedentemente
sottoposto a pielolitotomia la cui conseguenza
era stata una posteriorizzazione del colon
discendente. Conoscendo tale situazione, l’accesso era stato effettuato in posizione più mediale ma non sufficiente ad evitare il colon.
Riteniamo pertanto indicata nei pazienti precedentemente sottoposti a chirurgia addominale
l’esecuzione preoperatoria di una TAC che permetta un’attenta valutazione della disposizione
spaziale degli organi vicini al punto di accesso.
In conclusione confermiamo che la litotrissia
percutanea debba essere considerata un intervento mini-invasivo con una ridotta percentuale
di complicanze. Pazienti selezionati necessitano
di indagini di imaging per ottenere un più preciso bilancio spaziale della via escretrice. Risultano
infine ininfluenti le complicanze minori sui
tempi di ospedalizzazione.
IL TUMOR SEEDING NELLA LAPAROSCOPIA UROLOGICA: UNA INDAGINE INTERNAZIONALE.
A. Celia1, S. Micali1, P. Bove2, S. De Stefani1,
M.C. Sighinolfi1, C. Di Pietro1, C. De Carne1,
G. Bianchi1
1
Dipartimento di Urologia, Università di Modena e
Reggio Emilia, Modena; 2Dipartimento di Urologia,
Università di Roma “Tor Vergata”, Roma
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
5
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Obiettivi: Il problema della disseminazione peritoneale delle metastasi si è presentato in seguito
alle esperienze di procedure laparoscopiche, in
special modo nel campo ginecologico.
L’obiettivo di questo studio è quello di determinare quale possa essere il meccanismo della disseminazione tumorale durante gli interventi di
chirurgia urologica per cancro, e di determinare
se sia un evento raro o un ulteriore complicanza
di questa procedura.
Materiali e Metodi: Sono stati inviati 50 questionari a vari dipartimenti di urologia con esperienza di chirurgia laparoscopica per cancro. La busta
conteneva una lettera che spiegava gli obiettivi di
questo studio e due schede di valutazione.
Risultati: Sono stati completati e rispediti 20
questionari. Sona stati valutati 18750 procedure
laparoscopiche, di cui 10912 per cancro: 2604
nefrectomie radicali, 559 nefroureterotomie
(NUT), 555 nefrectomie parziali, 27 ureterotomie segmentali, 3665 prostatectomie radicali,
1869 asportazioni di linfonodi pelvici (PLD),
419 asportazioni di linfonodi retroperitoneali
(RLD), 336 surrenalectomie e 108 interventi di
altro genere. La disseminazione tumorale è stata
riscontrata in 13 casi (0,1%): 3 dopo NUT per
carcinoma a cellule transizionali (TCC), 4 dopo
nefrectomia, 4 dopo surrenalectomia per metastasi, 1 dopo RLD per cancro del testicolo e 1
dopo PLD per cancro del pene.
Conclusioni: In letteratura sono stati descritti un
totale di 10 casi di disseminazione tumorale in
laparoscopia urologica; inoltre, con questo questionario, si sono scoperti altri 5 casi. In ultima
analisi, la nostra principale scoperta è stata che
la disseminazione tumorale, pur essendo un
raro evento, con una incidenza dello 0,1%, può
essere correlata con l’asportazione di tumori di
grandi dimensioni.
LA BIOPSIA RENALE LAPAROSCOPICA.
A. Celia, S. Micali, C. De Carne, M.C.
Sighinolfi, S. De Stefani, G. Bianchi
Dipartimento di Urologia, Università di Modena e
Reggio Emilia, Modena
Introduzione: Di fronte a quadri di microematuria e proteinuria persistenti, la biopsia renale è
l’unica metodica disponibile per ottenere una
diagnosi sicura di una qualsiasi patologia renale.
Sfortunatamente certe condizioni cliniche
(come pazienti non collaboranti, ipertesi, affetti
da coagulopatie o sotto terapia con anticoagu-
6
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
lanti e con particolari anomalie anatomiche)
precludono l’esecuzione di una biopsia renale
percutanea.
Lo scopo dello studio è di descrivere la nostra
tecnica operativa e di riportare la nostra esperienza fatta su 4 pazienti, sottoposti a biopsia
renale laparoscopica.
Materiali e metodi: I pazienti sono stati posizionati in decubito laterale. È stato eseguito un
approccio retroperitoneale, si raccomanda di
utilizzare 2 trocars. Per creare lo pneumoperitoneo è stata insufflata CO2 ad una pressione di 15
mmHg, è stata eseguita una modesta dissezione
del grasso retroperitoneale per scoprire il polo
inferiore del rene. Per eseguire il prelievo abbiamo usato una pinza da biopsia da 5 mm, il sito
della biopsia è stato folgorato con pinza elettrificata o in alternativa l’aspiratore elettrificato.
Infine, per ottenere una migliore emostasi,
abbiamo applicato del Surgicel (Cellulosa
Ossidata) sul letto bioptico.
Risultati: Tutte le biopsie sono state eseguite con
successo. Il tempo operatorio medio è stato di
1.15 min., in tutti i pazienti le perdite ematiche
sono state minime e la degenza media è stata di
1.7 giorni. Durante il periodo postoperatorio in
tutti non è stata eseguita terapia antidolorifica e
tutti sono tornati alle loro normali attività in 4-6
giorni. Non ci sono state complicanze peri e
postoperatorie.
Discussione: La tecnica è semplice, sicura e non
richiede una grossa esperienza laparoscopica.
Questa è una metodica minimamente invasiva
ed economicamente accettabile. Noi crediamo
che l’approccio laparoscopico retroperitoneale
sia una valida alternativa all’approccio chirurgico tradizionale.
ENUCLEORESEZIONE RENALE LAPAROSCOPICA TRANSPERITONEALE MEDIANTE DISPOSITIVO TISSUELINK.
A. Celia, S. Micali, S. De Stefani, G. Bianchi
Dipartimento di Urologia, Università di Modena e
Reggio Emilia, Modena
Introduzione: Le neoplasie renali di piccole
dimensioni a sviluppo esofitico, non coinvolgenti la via escretrice, possono essere trattate con
terapia conservativa. L’intervento laparoscopico
può considerarsi un’alternativa alla chiurugia
tradizionale presentando vantaggi come miniinvasività, ridotta degenza postoperatoria e rapida
ripresa delle normali abitudini di vita.
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Materiali e metodi: In questo video presentiamo
il caso clinico di un paziente obesa di 58 anni
nella quale è stato riscontrato incidentalmente
una neoformazione renale solida a sviluppo esofitico del diametro di 4 cm a carico del rene
destro, localizzata in sede renale medioinferiore
e posteriore.
Si posiziona la paziente in decubito laterale sinistro (a 45°). Si utilizzano 4 porte d’accesso transperitoneale: una paraombelicale per il trocar
ottico, 3 in sede sottocostale a 2-3 cm dall’arcata costale per i trocar operativi.
Il video illustra i momenti salienti dell’intervento reppresentati dalla medializzazione del colon
destro, isolamento dell’uretere, isolamento del
peduncolo vascolare, apertura della fascia di
Gerota, scollamento del grasso perirenale ed
esposizione della neoformazione renale.
L’enucleoresezione della neoformazione viene
eseguita mediante dispositivo Tissuelink, un
dispositivo di elettroresezione e rraffreddamentoidrico che evita la formazione di escara. Il sanguinamento appare modestissimo anche in
assenza di clampaggio preventivo dell’ilo renale,
l’emostasi viene completata mediante coagulazione del letto della neoformazione con il medesimo dispositivo.
Risultati: La enucleoresezione laparoscopica in
casi selezionati si dimostra fattibile anche in
assenza di clampaggio del peduncolo renale e il
dispositivo di elettroresezione utilizzato in questo caso riduce il sanguinamento e otiimizza la
enucleazione evitando la formazione dell’escara.
COME RIDURRE I COSTI DELLA NEFRECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA VALUTANDO LA CURVA DI APPRENDIMENTO E LE MODIFICHE DELLA TECNICA E
DEL MATERIALE IMPIEGATO.
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, T. Maga,
A. Losa, M. Riva, R. Naspro, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute,
Ospedale San Raffaele-Turro, Milano
Introduzione: La nefrectomia radicale per via laparoscopica si è dimostrata oncologicamente equivalente alla procedura a cielo aperto.
Relativamente alle possibili discrepanze di costi
tra i due interventi, riportiamo di seguito l’analisi dei costi eseguita presso il nostro Istituto relativamente alla nefrectomia radicale laparoscopica
nel 2002 (VLN02), nel 2003 (VLN03) ed alla
nefrectomia radicale a cielo aperto (Open).
Materiali e Metodi: L’analisi dei costi è stata eseguita per interventi “standard” senza complicanze intra o post operatorie in modo da poter eseguire una valutazione corretta delle procedure. I
fattori componenti i costi totali delle due procedure sono stati rispettivamente: A) i costi di sala
operatoria (tempo operatorio dall’ingresso del
malato in sala sino alla sua uscita -come rilevato
da cartellino anestesiologico), i materiali ed il
personale; B) i costi della degenza (giorni di
degenza, medicine, esami). Dall’anno 2003
abbiamo introdotto una modifica nella tecnica di
nefrectomia laparoscopica con l’impiego di clip
anche per il controllo della vena renale (Weck
clip), al posto della suturatrice meccanica
EndoGIA, oltre ad aver limitato al minimo indispensabile l’impiego di materiale monouso.
Risultati: La durata dell’intervento laparoscopico
nel 2002 era di 250 min; nel 2003 di 225 min
mentre l’intervento a cielo aperto era di 195 min
(dall’ingresso del paziente in sala operatoria alla
sua uscita) La degenza è stata rispettivamente di
3.8 gg (VLN02 e VLN03) e di 6.5 gg (Open). Il
costo orario, escluso il materiale monouso specifico, della sala operatoria presso il nostro Istituto
è di 480€ mentre il costo dei materiali monouso per la nefrectomia laparoscopica era di 812€
nel 200€ e di 152€ nel 2003. L’analisi dei costi
ha pertanto documentato un costo di sala operatoria di 2812€ per la VLN02, di 1952€ per la
VLN03 e di 1540€ per la Open. I costi di degenza per le tre procedure sono stati rispettivamente 1220€ per la VLN02 e VLN03 e di 2010€ per
la Open. I costi totali delle tre procedure sono
risultati essere: 4032€ per la VLN02, di 3172€
per la VLN03 e di 3550€ per la Open.
Conclusioni: Grazie alla riduzione nell’impiego di
materiale monouso ed al completamento della
curva di apprendimento della nefrectomia radicale laparoscopica, i costi della chirurgia minimanente invasiva possono essere significativamente ridotti sino a divenire vantaggiosi rispetto
a quelli della chirurgia a cielo aperto.
RISULTATI ONCOLOGICI A MEDIO TERMINE DELLA CRIOABLAZIONE LAPAROSCOPICA DI NEOPLASIE RENALI (LRC).
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, P.
Bellinzoni, A. Losa, V. Dell’Acqua, R. Naspro,
P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute,
Ospedale San Raffaele-Turro, Milano
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
7
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Introduzione: La criablazione laparoscopica di
piccole neoplasie renale si prefigge di ottenere
gli stessi risultati oncologici della chirurgia conservativa renale a cielo aperto, con i vantaggi
tipici della chirurgia minimamente invasiva.
Materiali e Metodi: Dal settembre 2000, 39
pazienti (32 maschi - 7 femmine) di età media
64 aa (range 29-80) sono stati sottoposti a LRC
per lesioni renali documentate mediante TAC o
RMN. La sede delle lesioni era a dx in 20 casi e
sinistra in 19 casi mentre il diametro medio
delle lesioni era di 25.7 mm. In 23 casi è stato
impiegato un approccio transperitoneale e in 16
un approccio retroperitoneoscopico.
Risultati: Il tempo operatorio medio è stato di
194 min (range 120-300); le perdite ematiche
sono state di 165.3 cc (range 20-900). In 1 caso
si è resa necessaria una conversione chirurgica
dell’intervento. L’esame istologico definitivo
delle biopsie intraoperatorie ha documentato 29
casi di carcinoma renale, 6 casi di oncocitoma, 2
angiomiolipomi e 2 casi “indefiniti”. La degenza
postoperatoria media è stata di 3.8 giorni (range
3-7). Le complicanze postoperatorie sono state
3 casi di iperpiressia, 2 ematoma perirenale, 1
caso di edema polmonare e 1 caso di ematuria
macroscopica, trattati in modo conservativo.
Come complicanza tardiva si è registrato 1 caso
di sindrome del giunto pielo ureterale che ha
richiesto una correzione chirurgica 8 mesi dopo
l’intervento. Il diametro medio della criolesione
alla RMN in prima giornata era di 48.2 mm; la
riduzione media delle lesioni a 1 mese (39 pz),
3 mesi (38 pz), 6 mesi (37 pz), 12 mesi (34 pz)
18 mesi (32 pz) e 24 mesi (25 pz) di follow-up
è stata rispettivamente del 34%, 43%, 59%,
73%, 85%; nei 5 pz con follow-up a 36 mesi è
documentabile solo una cicatrice renale nella
sede del pregresso trattamento di crioablazione.
Le biopsie percutanee delle lesioni a 6 mesi di
follow-up sono state eseguite su 25 pz con esito
negativo per presenza di tessuto neoplastico
residuo; nei rimanenti 12 casi non sono state
eseguite per istologia favorevole (8 casi) o per
rischio di lesioni spleniche o intestinali durante
la procedura (4 casi). In 1 pz con biopsie negative a 6 mesi, al follow-up di un anno è stata
riscontrata una lesione in adiacenza alla zona
criotrattata. L’esplorazione chirurgica ha documentato la presenza di una neoplasia renale,
trattata mediante nefrectomia radicale.
Conclusioni: La crioablazione laparoscopica di
piccole masse renali si dimostra una metodica
sicura, riproducibile ed efficace. Il follow-up è
8
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
promettente anche se un prolungato periodo di
osservazione è necessario per poter definire
appieno il ruolo ed il potenziale della metodica.
SURRENALECTOMIA LAPAROSCOPICA
TRANSPERITONEALE: 12 ANNI DI ESPERIENZA.
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Broglia, A.
Centemero, T. Maga, A. Losa, L. Rigatti, P.
Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute,
Ospedale San Raffaele-Turro, Milano
Introduzione: La surrenalectomia laparoscopica è
considerata la tecnica chirurgica di scelta per l’ablazione delle lesioni surrenaliche benigne.
Diversi approcci e tecniche sono state descritte,
con accesso trans o retroperitoneoscopico.
Presentiamo la nostra esperienza di 12 anni di
chirurgia laparoscopica del surrene, con approccio transperitoneale.
Materiali e Metodi: Nel periodo ottobre 1992 dicembre 2003, 213 approcci laparoscopici al
surrene sono stati eseguiti presso il nostro
Istituto. In particolare 186 surrenalectomie unilaterali (62 S. di Conn, 43 S. di Cushing, 37
Feocromocitomi, 34 Incidentalomi e 10 lesioni
maligne), 19 surrenalectomie bilaterali e 8 casi
di chirurgia conservativa. Il paziente viene posizionato sul fianco a 60° con il letto flesso per
ampliare il campo chirurgico; il primo step dell’intervento è la legatura precoce della vena surrenalica, al fine di impiegarla come filo guida per
la corretta dissezione del surrene.
Risultati: L’intervento laparoscopico è stato completato con successo tranne che in 5 casi che
hanno richiesto una conversione chirurgica a
cielo aperto, di cui 2 durante surrenalectomia
per patologia maligna. Il tempo operatorio
medio è stato di 151 min per il gruppo unilaterale, di 236 min per il gruppo bilaterale e di 84
min per gli interventi conservativi. Le complicanze sono state rappresentate da 3 casi di emoperitoneo drenati chirurgicamente, 3 casi di sanguinamento trattati conservativamente (emotrasfusioni) e 2 casi di infezioni della ferita. I
pazienti sono stati in grado di alzarsi sin dalla
prima giornata postoperatoria e sono stati
dimessi rispettivamente dopo 2.7, 5 e 1.5 giorni
nei tre gruppi.
Conclusioni: La surrenalectomia laparoscopica
transperitoneale è una tecnica sicura ed efficace,
minimamente invasiva e rappresenta sicuramen-
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
te l’indicazione “gold standard” per il trattamento della maggior parte delle patologie surrenaliche di interesse chirurgico.
CISTECTOMIA LAPAROSCOPICA CON
RISPARMIO DI CAPSULA PROSTATICA E
VESCICOLE SEMINALI E NEOVESCICA
ORTOTOPICA: ESPERIENZE INIZIALI.
A. Cestari, G. Guazzoni, L. Nava, P.
Bellinzoni, A. Centemero, R. Naspro, V.
Dell’Acqua, P. Rigatti.
Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute,
Ospedale San Raffaele-Turro, Milano
Introduzione: In pazienti giovani, dove il mantenimento della potenza sessuale e della continenza urinaria sono di fondamentale importanza, la
cistectomia radicale con risparmio della capsula
prostatica e delle vescicole seminali, con ricostruzione di una neovescica ortotopica, appare
una valida alternativa alla tradizionale cistoprostatectomia. Presentiamo la nostra esperienza
iniziale con questa procedura eseguita per via
laparoscopica.
Materiali e Metodi: Tre uomini (età 53, 58 e 49
anni) affetti da neoplasia vescicale superficiale
pluriecidiva e resistente alla terapia con instillazioni endovescicale, sono stati sottoposti a
cistectomia radicale laparoscopica con risparmio di capsula prostatica e vescicole seminali.
Una settimana prima dell’intervento è stata eseguita una TURP preliminare al fine di ottenere
una valida capsula prostatica e di asportare tutto
il tessuto uroteliale intraprostatico. Dopo l’induzione di pneumoperitoneo e l’introduzione di
5/6 trocars, gli ureteri vengono isolati e sezionati; i dotti deferenti e le vescicole seminali vengono identificati e isolati per la procedura conservativa. La cistectomia viene eseguita sezionando
i peduncoli vascolari mediante EndoGia. Dopo
aver estratto il pezzo chirurgico attraverso una
incisione periombelicale di 7 cm, vengono isolati 60 cm di ileo e confezionata una neovescica
a cielo aperto con reimpianto degli ureteri.
Dopo aver reindotto il pneumoperitoneo, viene
eseguita l’anastomosi ileo-capsulare in 2/3 emicontinue per via laparoscopica.
Risultati: Non sono state registrate complicanze
maggiori. I tempi operatori sono stati rispettivamente di 480, 450 e 410 minuti. Le perdite
ematiche sono state 150, 220 e 300 ml rispettivamente. I drenaggi sono stati rimossi dopo 4
giorni (2 pazienti) e 6 giorni e i pazienti sono
stati dimessi in ottava giornata (2 casi) e nona
giornata.post operatoria. I tre pazienti sono
risultati completamente continenti dopo la
rimozione del catetere vescicale con una normale uroflussometria. Al follow-up trimestrale la
valutazione andrologica ha dimostrato un recupero della funzione sessuale equivalente al periodo preoperatorio.
Conclusioni: La cistectomia laparoscopica con
risparmio di capsula prostatica e vescicole seminali e neovescica ortotopica si è rivelato un intervento sicuro e riproducibile con buoni risultati
funzionali. In pazienti giovani che desiderino
mantenere una adeguata potenza sessuale può
rappresentare una valida alternativa alla tradizionale cistectomia radicale.
CALCIFICAZIONE DI STENT URETERALE
POST-TRATTAMENTO DI URETEROLITOTRISSIA IN PAZIENTE CON ADENOMA
PARATIROIDEO.
M. Coppola1, A. Crimi1, A. Russo1, G.
Luciano1, A. Tammaro1, F. Sorrentino1, P.
Perozziello1, C. Esposito1, D. Rubino2, A.
Russo2, M. D’Armiento3
1
Reparto Urologia Ospedale S. Leonardo Castellammare di Stabia, Napoli; 2Reparto
Urologia, Polla, Salerno; 3Clinica Urologia I^
Facoltà Federico II, Napoli
La calcificazione di stent in pazienti sottoposti
ad ureterolitotrissia per calcolosi è una evenienza rara. Il fatto che si sia verificato ad un
paziente iperparatiroideo risulta singolare. Un
maschio di 46 anni, affetto da calcolosi renale
recidivante da diversi anni, giunse alla nostra
osservazione per colica renale sinistra.
Sottoposto ad accertamenti si evidenziò una
calcolosi pelvica sinistra con uretero-idronefrosi sinistra. Trattato con ureterolitotrissia ad
energia balistica con asportazione dei frammenti litiasici, gli fu posizionato uno stent ch
6. Dopo circa 35 giorni fummo costretti a ricoverare il paziente per sopraggiunte complicanze quali ematuria e stranguria. Le indagini
radiografiche ed ecografiche eseguite mostrarono una calcificazione a “corona di rosario”
dello stent, che venne rimosso con estrema difficoltà in narcosi. La dimissione del paziente
venne fatta priva di stent, in attesa di ulteriori
accertamenti. I successivi esami ematochimici
richiesti mostrarono un incremento della calcemia (13.5 ng/ml), del PTH (209.9 pg/ml),
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
9
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
della calciuria (510 mg/24h). La scintigrafia
paratiroidea resasi necessaria evidenziò un
adenoma paratiroideo superiore destro, per
tale motivo ricoverato in clinica endocrinologica, il paziente venne operato di adenomectomia paratiroidea. Controlli ematochimici postoperatori confermarono la normalizzazione
dei valori sierici della calcemia e del PTH, ed
un follow-up urologico fatto a distanza di due
mesi dall’intervento mostrò una Rx vie urinarie stone-free.
INSTILLAZIONE ENDOVESCICALE DI
BCG NEL TRATTAMENTO DI NEOPLASIE
SUPERFICIALI DELLA ALTA VIA ESCRETRICE.
R. Damiano1, F. Cantiello1, S. Bolognini1, M.
Schiavo2, M. de Sio2, A. Oliva2, M. Scarpelli1,
M. Palumbo1, R. Sacco1, M. D’Armiento2
1
Clinica Urologica Università Magna Graecia
Catanzaro; 2Clinica Urologica Seconda Università
di Napoli
Obiettivi: Valutazione, nel trattamento d’elezione delle neoplasie uroteliali superficiali dell’alta
via escretrice, dell’efficacia terapeutica del BCG
somministrato attraverso il reflusso vescica-uretero-renale creato dal posizionamento di uno
stent ureterale.
Materiali e Metodi: 12 pazienti, età media 56,4
anni, con rapporto M/F 9/3, in totale 16 unità
renali, con presenza di neoplasia ureterale (UUTTCC) superficiale (Ta-1 G1-G2) del diametro <
2 cm, sono stati sottoposti ad ureteroscopia con
biopsia a freddo, diatermocoagulazione transureteroscopica, apposizione di stent ureterale e
successiva instillazione di BGC intravescicale
ceppo Connaugh 81 mg diluiti in 50 ml con
istillazione settimanale per 6 settimane. Sette
pazienti presentavano anamnesi di neoplasia
vescicale. In 6 casi la lesione risultava singola,
mentre in 3 casi multipla (due lesioni isolate), ed
in 4 casi risultava bilaterale, in 3 casi la lesione
era associata ad una lesione sincrona della parete vescicale. La funzionalità renale preoperatoria
risultava nella norma in tutti i pazienti, e nelle
lesioni unilaterali era presente una unità renale
controlaterale sana alla UEV e TC.
Risultati: Tutti i pazienti hanno completato il
ciclo di trattamento. Lo stent ureterale è stato
rimosso al termine della fase di induzione.
Effetti collaterali correlati alla terapia adiuvante
sono stati rappresentati dal riscontro di sinto-
10
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
matologia irritativa nel 67% (8/12) dei pazienti,
iperpiressia (> 38,5°C) nel 25% (3/12) con
remissione spontanea in tutti i casi, macroematuria persistente in 2 pazienti. Tutti i pazienti
sono stati sottoposti a citologia urinaria e uretrocistoscopia trimestrale, ecografia trimestrale per
il primo anno e semestrale per il secondo anno,
UEV alternata a TC ogni sei mesi, ed ureteroscopia e citologia selettiva annuale. Al primo
controllo trimestrale dopo l’ immunoterapia, la
citologia urinaria, positiva in 8 pazienti su 12
prima dell’ intervento, è risultata negativa in
tutti i pazienti. Delle 16 unità renali 13 hanno
risposto al trattamento con BCG ed, al follow up
a 24 mesi su 11 unità renali, ricorrenza di malattia era presente in 3 su 11 unità renali. Nessun
paziente è deceduto per progressione o per complicanze della patologia neoplastica della alta via
escretrice La ricorrenza è risultata omolaterale in
2 pazienti, in 1 caso multipla, mentre in 1 caso
si è avuta una progressione invasiva che ha
richiesto la nefroureterectomia.
Conclusioni: La immunoterapia con BCG
mediante l’impiego di uno stent ureterale per il
trattamento adiuvante di neoplasie superficiali
dell’alta via escretrice risulta essere una terapia
efficace nel preservare le unità renali e può essere applicata come opzione di trattamento nei
casi elettivi, oltre che imperativi.
STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO SULL’EFFICACIA DELLA RESEZIONE
VAPORIZZAZIONE TRANSURETRALE
DELLA PROSTATA (TURVP) VERSO LA
RESEZIONE STANDARD (TURP).
R. Damiano1, F. Cantiello1, C. Rotondo1, A.
Manfredi1, G. Lacava1, Giulio Aiello1, A.
Giacobbe1, R. Sacco1, M. D’Armiento2
1
Clinica Urologica, Università Magna Graecia
Catanzaro; 2Clinica Urologica Seconda Università
di Napoli
Obiettivi: Valutazione della efficacia e dei risultati della resezione vaporizzazione mediante
impiego di una ansa a benderella Olympus™
(TURVP) nei confronti della resezione transuretrale della prostata standard (TURP)
Materiali e Metodi: 65 pazienti, di età media 67
anni SD 7,5, affetti da IPB sintomatica con evidenza di ostruzione al deflusso (numero AG >
40), con riscontro di IPSS medio 18,3 e volume
prostatico medio 47 gr, sono stati prospetticamente suddivisi in due gruppi e sottoposti a
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
resezione transuretrale della prostata mediante
impiego di ansa di resezione classica (gruppo A
30 pz) e ansa larga a benderella per la resezione
vaporizzazione (gruppo B 35 pz). Parametri di
valutazione sono stati considerati il tempo di
resezione, il volume resecato, le complicanze
intraoperatorie (variazione dei livelli di Hb, Hct e
elettroliti sierici), la durata del cateterismo postoperatorio, le variazioni del flusso urinario, del
grado di ostruzione al deflusso, del residuo urinario e del punteggio sintomatologico IPSS.
Risultati: I due gruppi sono risultati omogenei per
età, volume prostatico, IPSS, flusso urinario, grado di ostruzione e incidenza di residuo urinario.
Il tempo di resezione media è risultato rispettivamente 45 min (gruppo A) verso 53 min (gruppo
B), il volume (peso) di tessuto resecato rispettivamente 22 ± 7 gr verso 20 ± 9 gr, Tra i due gruppi di pazienti, a 24 ore dalla resezione endoscopica, le variazioni dei livelli di emoglobina (-0,8
verso -1,0 g/dl) ematocrito (-3,5 verso -2,6 ml/dl)
e Na sierico (-3,1 verso-1,9 Meq/l) sono risultate
minime. Due pazienti del gruppo A hanno richiesto una unità di emazie concentrate. Nel II giorno post-operatorio è stato possibile rimuovere il
catetere nel 70% (21/30) dei pazienti sottoposti a
TURP e nel 77% (27/35) dei pazienti sottoposti a
TURVP, mentre il catetere è rimasto in sede oltre
il III giorno post-operatorio nel 6% (2/30) dei
pazienti del gruppo A, ed in nessuno del gruppo
B. Al follow up a tre mesi il punteggio sintomatologico medio di IPSS si è ridotto di 14 unità nel
gruppo A verso 15 nel gruppo B, mentre il flusso
max è incrementato da 9,2 ml/sec a 24,7 ml/sec
per il gruppo A, mentre da 8,7 ml/sec a 23,1
ml/sec per il gruppo B. l’incidenza del residuo
urinario significativo (> 10% della capacità vescicale) si è ridotta dal 30% al 6,6% nel gruppo A e
dal 29% al 5,7% nel gruppo B. Al follow up
medio a 12 mesi (26 verso 31 pz) il valore di IPSS
è risultato ridotto di 12 unità nel gruppo A e di
13 unità nel gruppo B, mentre il valore medio del
numero di AG si è rispettivamente ridotto da 58
a 22 nel gruppo A e 54 a 20 nel gruppo B. Il
volume prostatico medio a 12 mesi dalla resezione è risultato ridotto del 45% verso 51%.
Conclusioni: La TURVP offre risultati sovrapponibili alla TURP tradizionale sul profilo della
sicurezza e dell’efficacia dei risultati a distanza,
ma presenta l’indubbio vantaggio di una minore perdita ematica intraoperatoria e quindi di
una migliore visione nel corso della procedura
tale da avere un impatto positivo sulla curva di
apprendimento dell‘operatore.
EFFICACIA DELLO STENTING URETERALE DOPO LITOTRISSIA URETEROSCOPICA CON LITHOCLAST.
R. Damiano1, R. Autorino2, F. Cantiello1, G.
Ciambrone1, A. Zappavigna1, V. Liotti1, M.
Schiavo2, A. Russo2, R. Sacco1, M.
D’Armiento2
1
Clinica Urologica Università Magna Graecia
Catanzaro; 2Clinica Urologica Seconda Università
di Napoli
Obiettivi: Abbiamo condotto uno studio finalizzato a valutare l’efficacia del posizionamento di
elezione di uno stent ureterale dopo trattamento
ureteroscopico della litiasi ureterale mediante
Lithoclast.
Materiali e Metodi: Tra i pazienti da noi sottoposti a litotrissia intracorporea dal gennaio
2000 al dicembre 2002 abbiamo selezionato
un totale di 104 pazienti, prospetticamente
suddivisi in due gruppi da sottoporre al posizionamento (A, 52 pz) o meno (B, 52 pz) di
uno stent ureterale dopo la frammentazione
del calcolo ottenuta mediante ureteroscopia
con ureteroscopio semirigido (Wolf 8,9 Fr) ed
energia balistica Lithoclast fino alla creazione
di frammenti di diametro -< 3 mm. Tutti i
pazienti sono stati sottoposti a stretto follow
up a 3, 7 e 15 giorni a distanza dal trattamento mediante valutazione clinica e compilazione
di questionario sintomatologico con attribuzione di punteggio analogo visivo (VAS –
visual analog score) relativamente al dolore
postoperatorio, ai disturbi minzionali, ai sintomi sistemici ed alle complicanze postoperatorie a distanza.
Risultati: In tutti i pazienti del gruppo A è stato
posizionato uno stent ureterale al termine della
ureteroscopia. I due gruppi di pazienti sono
risultati paragonabili in relazione alle variabili
basali come età, sede della litiasi e diametro
medio del calcolo.
L’intervento è stato effettuato mediante anestesia generale o epidurale in regime di ricovero
ordinario. Il tempo operatorio medio nel gruppo A è risultato 42 ± 12 min, sovrapponibile
nei confronti del gruppo B con 37 ± 20 min (p
value 0,65), mentre la degenza ospedaliera
media è risultata 26 ± 4 h verso 27 ± 5 h (p
value 0,5) L’impiego di pinze e cestelli per l’estrazione del calcolo è risultato con una incidenza del 42% verso il 46% dei casi, quindi
sovrapponibile nei due gruppi (p value 0,15)
così come l’incidenza media di una lesione
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
11
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
della mucosa ureterale 0,8 ± 0,6 verso 0,8 ±
0,7 (p value 0,6). Al follow up a 15 giorni tutti
i pazienti sono risultati stone – free. Nella
valutazione della sintomatologia, a tre giorni il
punteggio sintomatologico (VAS) medio del
dolore nel gruppo senza stent è risultato significativamente più elevato nei confronti del
gruppo con stent in sede (p = 0,01), successivamente al controllo a 7 giorni i due valori
sono risultati simili e sovrapponibili (2,7 verso
2,9 p value 0,07). I disturbi minzionali sono
risultati maggiormente prevalenti nel gruppo
A, ed in 12 pazienti del totale senza stent gruppo B (11,5%) è stato necessario un nuovo
ricovero a distanza di un intervallo compreso
tra 36 e 72 ore. L’incidenza della stenosi ureterale visibile al controllo urografico a distanza
di sei mesi non ha mostrato differenze statistiche tra i due gruppi.
Conclusioni: I nostri risultati, relativi all’impiego dell’energia balistica e della tecnologia
descritta, dimostrano l’utilità dell’ apposizione
dello stent ureterale anche dopo ureteroscopie
non complicate, eseguite senza dilatazione
dell’ uretere e con frammentazione della litiasi
mediante energia balistica.
L’UTILIZZO COMBINATO DI ENDOSCOPI RIGIDI E FLESSIBILI NELLA NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL)
NELLA CALCOLOSI RENALE COMPLESSA GARANTISCE ALTI TASSI DI
STONE-FREE.
A. De Lisa, R. Cadoni, G. Puggioni, E. Usai,
P. Usai
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Obiettivi: Obiettivo del studio è quello di valutare se l’ausilio di endoscopi flessibili (per trattare calcoli non raggiungibili con lo strumento
rigido o per effettuare la clearance di frammenti migrati dopo la litotrissia con endoscopio rigido) durante la PCNL influisca in
maniera significativa sul tasso di stone-free.
Materiali e Metodi: Nel periodo luglio 1998 gennaio 2004 abbiamo sottoposto a PCNL per
calcolosi renale (diametro > 2.5 cm) 202
pazienti. Volendo confrontare l’efficacia della
tecnica combinata (endoscopia rigida e flessibile) con quella tradizionale (endoscopia rigida) abbiamo diviso i pazienti in due gruppi di
serie consecutive. Nel gruppo A abbiamo
incluso 116 pazienti (118 unità renali-UR)
12
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
sottoposti a PCNL (nel periodo 7.19988.2002) ed in cui solo 40 procedure (non consecutive) sono state effettuate con tecnica
combinata. In questo gruppo le procedure
hanno utilizzato un unico accesso (109 UR),
due accessi (5 UR) o 3 accessi (2 UR). Il gruppo B ha compreso 86 pazienti (88 UR) sottoposti a PCNL (nel periodo 9.2002-1.2004) ed
in cui è stata utilizzata sempre la tecnica combinata. In questo gruppo abbiamo utilizzato
un solo accesso in 86 UR e 2 accessi in 2 UR.
Risultati: Nel gruppo A il tasso di stone free al
termine della procedura al controllo fluoroscopico è stato del 76%. Il tasso di stone free ad un
mese è stato del 12% (cumulativo 88%). I
pazienti con calcolosi residua sono stati trattati
con ESWL. Nel gruppo B il tasso di stone free al
termine della procedura è stato del 97%.
Conclusioni: La nostra esperienza ha confermato la validità dell’utilizzo routinario della
metodica combinata in modo da ottenere i
risultati migliori in termini di stone-free e di
riduzione di tecniche ausiliarie (ESWL, reintervento).
LA CHIRURGIA ENDOSCOPICA CONSERVATIVA NEI TUMORI UROTELIALI
DELL’ALTA VIA ESCRETRICE: ANALISI
DI UNA SERIE CONSECUTIVA DI 101
CASI.
A. De Lisa, R. Cadoni, P. Usai
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Introduzione: Presentiamo la nostra esperienza
nella tecnica conservativa “organ-sparing” per
la terapia dei tumori uroteliali dell’alta via
escretrice (UUTT) di basso grado e stadio.
Materiali e Metodi: Tra il marzo 1992 e il
novembre 2002 abbiamo trattato 101 pazienti
(106 unità renali) con UUTT di basso stadio e
grado (Ta, Tis, T1; G1-G2). Le indicazioni comprendevano: tumore ureterale (47 pz), tumori
della pelvi e dei calici (59 pz), tumori bilaterali
(5 pz) e tumore in rene unico (5 pz). La valutazione pre-operatoria includeva: urografia, TAC
addome-pelvi, citologia. I tumori dell’uretere e
quelli localizzati nella pelvi e nel calice superiore di diametro < 2 cm sono stati trattati con tecnica retrograda (TR) e ureteroscopi flessibili o
rigidi.Tumori più grandi nella pelvi o nei calici
sono stati trattati con tecnica percutanea (19
pz).La tecnica percutanea (PC) è stata condotta
con la tecnica di dilatazione “one-shot” e
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Amplatz da 18 o 24Fr. Il follow-up è stato effettuato con endoscopia della vescica e dell’alta via
(“panendoscopia” PE), urografia, citologia urinaria, TAC addome-pelvi.
Risultati: Il follow-up medio è stato di 40.6
mesi (15-132).L’esame istologico ha evidenziato: pTa, G1-G2 (46 pz); pT1G2 (20 pz); pTx,
G1-G2 (16 pz pT1/CIS, G2 (4 pz); pT2 (2 pz)
pTxGx (20 pz). Abbiamo esaminato le complicanze riferite ad un totale di 503 procedure
(terapeutiche e di follow-up):6 casi di stenosi
ureterali; 7 perforazioni ureterali; 34 pz con
ematuria sono stati trattati conservativamente;
un paziente dopo emorragia importante è
stato trattato con elettrocoagulazione endoscopica; un ematoma perirenale (terapia conservativa). Il tempo medio di recidiva è stato
di 12.6 mesi (40% di recidive nella TR, 22%
nella PC). La recidiva è stata più spesso di
basso grado e stadio (pTxG1-G2=23%) e
superficiale (pTa G1-G2 = 51%). Due pazienti
hanno sviluppato una neoplasia invasiva (T2)
e sono stati trattati con nefroureterectomia.
Una paziente ha sviluppato metastasi diffuse
ed è deceduta. La sopravvivenza tumore-specifica è del 97.3% (gennaio 2004).
Conclusioni: Il trattamento conservativo deve
essere utilizzato sempre nei tumori di basso
stadio e grado. L’ottimale selezione dei pazienti è fondamentale assieme all’esecuzione di un
rigoroso programma di follow-up.
CONFRONTO FRA LINFADENECTOMIA
CON TECNICA OPEN E VIDEOLAPAROSCOPIA (VLS) NELLA TERAPIA CHIRURGICA DELLE NEOPLASIE RENALI.
A. De Lisa, R. Cadoni, F. Floris, E. Usai, P.
Usai
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Obiettivi: Scopo dello studio è stato quello di
confrontare, valutando efficacia e accuratezza
nella stadiazione, la linfadenectomia eseguita
durante l’intervento di nefrectomia radicale
open con quella eseguita in VLS.
Materiali e Metodi: Nel periodo maggio-dicembre 2003 abbiamo sottoposto a nefrectomia
radicale(nel sospetto diagnostico di neoplasia
renale) 24 pazienti (età media 66.2 anni;
maschi:17, femmine:7). Dodici pazienti sono
stati sottoposti a nefrectomia radicale con tecnica open e accesso lombotomico (gruppo A),
mentre dodici pazienti sono stati operati con
VLS ed accesso transperitoneale (gruppo B).
Nel gruppo A la stadiazione è stata: T1N0M0G2 (6 pz), T2N0M0-G2 (3 pz), T2N0M1-G2
(1 pz), T3N1M1-G3 (1 pz), oncocitoma (1
pz).La stadiazione nel gruppo B è stata:
pT1N0M0-G1 (3 pz), pT1N0M0-G2 (4 pz),
pT2N0M0-G2 (3 pz), pT1N1M0-G1 (1 pz),
oncocitoma (1 pz). La linfadenectomia è stata
effettuata da un unico operatore (ADL) con
protocollo standard: a destra dissezione dei
linfonodi ilari, paracavali, interaortocavali; a
sinistra dissezione dei linfonodi ilari e paraaortici. Da ambo i lati il limite superiore è stato
individuato a livello del pilastro diaframmatico
e quello inferiore alla biforcazione aortica.
Risultati: La media dei linfonodi esaminati nel
gruppo B è risultata di 18 linfonodi per paziente (min. 1 - max. 31); in due pazienti un linfonodo para-aortico è risultato positivo. Nella
linfadenectomia open la media è stata di 5,1
linfonodi per paziente (min 1 – max. 11); in
un paziente un linfonodo para-cavale è risultato positivo. Valutando i tempi impiegati per la
linfadenectomia nelle due tecniche, si è notata
una notevole similarità, con un tempo medio
in VLS di 32 min (25-35) e di 35 min (27-35)
in open.
Conclusioni: La linfadenectomia in VLS si è
dimostrata efficace e accurata nella stadiazione
quanto la tecnica open. La tecnica VLS offre la
possibilità di asportare un numero significativo
di linfonodi e di eseguire il medesimo protocollo di linfadenectomia con tempi di esecuzione sovrapponibili. La sua applicazione si presta
quindi ad un trattamento alternativo alla chirurgia a cielo aperto in un numero e in una
tipologia di casi progressivamente crescente.
I MOTIVI DELL’INSUCCESSO NELLA
TERAPIA ENDOSCOPICA DELLA STENOSI
DEL GIUNTO PIELO-URETERALE. ANALISI
DI UNA SERIE CONSECUTIVA DI 46 CASI.
A. De Lisa, C. Sotgiu, R. Cadoni, P. Usai
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Obiettivi: Scopo dello studio è stata la valutazione
dei risultati dell’endopielotomia percutanea con
l’intento di individuare le cause degli insuccessi.
Materiali e Metodi: Nel periodo dal novembre
1999 al dicembre 2003 abbiamo trattato con
tecnica percutanea, 46 pazienti con età media 37
anni (14-77) affetti da malattia del giunto pieloureterale (GPU). Il follow-up medio è stato di 25
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
13
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
mesi (48-2). Gli esami strumentali preoperatori
hanno incluso urografia e scintigrafia renale
sequenziale. La tomia è stata effettuata in 40 casi
con lama a freddo ed in 6 casi con diatermocoagulazione. Al termine della procedura è stato
posizionato uno stent a DJ: 7/12 Ch (7 casi), 7
Ch (1 caso) o 7/14 Ch (38 casi). In tutti i pz è
stata posizionata una nefrostomia rimossa in
media in 2° giornata e i pazienti sono stati
dimessi il giorno successivo.Lo stent ureterale è
stato rimosso dopo 3 settimane, dopo 7 settimane dall’intervento è stata praticata urografia di
controllo. I controlli successivi sono stati effettuati ogni 6 mesi.
Risultati: Il tasso di successo (definito come
scomparsa della sintomatologia dolorosa e
assenza di ostruzione alla urografia di controllo) dopo la prima procedura endoscopica è
stato dell’ 84%.1 pz è stato sottoposto ad una
seconda endopielotomia percutanea,3 a endopielotomia retrograda con risoluzione. Il tasso
di successo globale è stato del 93%. I 3 pazienti in cui la seconda endopielotomia non è stata
efficace (3%) sono stati sottoposti a: plastica
sec. A-H a cielo aperto (2 p.ti), lisi di briglie
aderenziali (1 p.te).
Conclusioni: La tecnica di endopielotomia anterograda offre risultati ormai ben noti e che si
attestano su risultati sovrapponibili alla nostra
esperienze. Ciò che emerge dal nostro studio è
che gli insuccessi non potevano essere prevedibili poiché il trattamento della patologia ha utilizzato metodiche standard per tutti i pazienti.
Gli insuccessi hanno riguardato sia la tecnica di
tomia a freddo che quella con diatermocoagulazione. In un caso di insuccesso abbiamo utilizzato uno stent da 7 Ch al posto di uno stent a
doppio calibro. In considerazione dell’alto tasso
di successo e dell’imprevedibilità degli insuccessi riteniamo comunque utile l’impiego della
tomia a freddo e di uno stent a doppio calibro.
Inoltre la tecnica, visti gli ottimi risultati forniti e
la minima invasività, si conferma come l’approccio di prima scelta nella patologia del GPU.
INNOVAZIONI TECNICHE IN URETEROSCOPIA: IMPLICAZIONI SULLA PRATICA
CLINICA.
M. De Sio, R. Autorino, D.R. Giordano, L.
Cosentino, U. Pane, F. Di Giacomo, M.
D’Armiento
Clinica Urologica, Seconda Università degli Studi,
Napoli
14
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Obiettivi: I progressi avvenuti negli ultimi anni
in campo endourologico hanno permesso un
sempre maggiore trattamento delle patologie
dell’alta via escretrice. Abbiamo valutato in
che modo e misura le innovazioni tecniche
abbiamo avuto impatto sulla pratica clinica e
sui risultati ottenuti.
Materiali e Metodi: Abbiamo messo a confronto il
trattamento ureteroscopico di tre gruppi di
pazienti in tre diversi periodi, il gruppo A (52 pz
trattati nel biennio 1991-92), il gruppo B (113
pz nel biennio 1993-94) ed il gruppo C (161 pz
nel biennio 2002-03). Sono stati presi in considerazione fattori quali l’indicazione all’intervento, la localizzazione della patologia, il tipo di
ureteroscopio, la durata della procedura, le procedure ancillari, gli strumenti accessori, il successo e le complicanze della procedura stessa.
L’analisi statistica dei dati è stata effettuata tramite test del chi-quadrato.
Risultati: Nel gruppo A veniva utilizzato un ureteroscopio rigido Storz 11.5 Ch ed un sistema di
litotrissia ad ultrasuoni. Nel gruppo B, un ureteroscopio semirigido Circon micro 6L, un ureteroscopio flessibile 5 Ch a deflessione passiva e lo
Swiss Lithoclast per la litotrissia Nel gruppo C,
ureteroscopi semirigidi di diametro variabile da
6 a 10 Ch, un ureteroscopio flessibile Olympus
a deflessione attiva 6.9 Ch ed ancora lo Swiss
Lithoclast per la litotrissia. Il numero di procedure effettuate è significativamente e progressivamente aumentato nel confronto tra i 3 gruppi
di pazienti ed in particolare tra il gruppo A e
quelli B e C come conseguenza dell’utilizzo di
ureteroscopi semirigidi. Significativamente
incrementato anche l’utilizzo di strumenti flessibili tra i gruppi B (5.3%) e C (21.7%), conseguenza della disponibilità di strumenti a deflessione attiva. La dilatazione ureterale è passata
dal 100% del gruppo A (in cui veniva effettuata
di routine) al 7% del gruppo B ed al 11,2% del
gruppo C. La progressione dell’ureteroscopio
risultava impossibile nel 9.6% del gruppo A,
0.9% del gruppo B, 4.9% del gruppo C. Nel
gruppo A il 100% delle procedure operative
interessava il trattamento della calcolosi che nel
gruppo B rappresentava il 95.2% e nel gruppo C
il 93.6%, i rimanenti rappresentando il trattamento di neoplasie uroteliali superficiali. A
scopo diagnostico la procedura veniva eseguita
rispettivamente nel 3.8%, 7% e 13% de casi.
Tale incremento è derivato soprattutto dal follow-up di nepolasie trattate conservativamente.
Il tasso globale di estrazione dei calcoli è stato
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
del 74% (gruppo A), 85% (gruppo B) e 92.4%
(gruppo C), essendo aumentato il numero di
pazienti stone-free al termine della procedura.
Calcoli ureterali prossimali sono stati trattati
rispettivamente nel 12%, 35% e 46.6% dei casi.
Il tasso di complicanze è stato del 20% vs 9% vs
7.6% rispettivamente. La degenza media postintervento è stata di 3.5 giorni nel gruppo A vs
1.5 giorni per il gruppo B e C.
Conclusioni: I progressi nel campo della strumentazione endoscopica e dei presidi ausiliari a
disposizione dell’endourologo hanno permesso
nel corso dell’ultimo decennio di ampliare le
indicazioni alla diagnosi ed al trattamento delle
patologie dell’alta via escretrice. Fondamentali
sono stati l’utilizzo delle fibre ottiche per l’ureteroscopia rigida e della deflessione attiva per l’ureteroscopia flessibile. Inoltre, grazie ad un sempre maggiore training ed alla codificazione della
strategia introperatoria si sono ridotte le complicanze, permettendo di rendere l’ureteroscopia
una procedura sempre più affidabile ed efficace.
della nefrostomia) è stata di 85 minuti (25-120)
per il gruppo A e di 70 minuti (20-130) per il
gruppo B. La riduzione media della Hb è stata di
1.2 g/dl per il gruppo A e di 2.7g/dl per il gruppo B. Al termine della procedura 18/20 pazienti
del gruppo A contro 19/20 pazienti del gruppo
B risultavano liberi da calcoli. In 1 paziente del
gruppo A si verificava la perforazione della pelvi
renale durante la dilatazione con estrusione di
alcuni frammenti. Nel gruppo B 1 caso di sepsi
postoperatoria ed 1 caso di sanguinamento
postoperatorio prolungato. La durata della
degenza è stata lievemente più breve nel gruppo
A (3.5 giorni) rispetto al gruppo B (5 giorni)
Conclusioni: La Miniperc riduce le perdite ematiche intraoperatorie e la durata della degenza. La
durata dell’ intervento risulta tuttavia maggiore,
anche quando nel gruppo B il tramite nefrostomico è stato effettuato con la dilatazione coassiale progressiva, per la necessità di eliminare meccanicamente i frammenti attraverso un tramite di
dimensioni ridotte.
MINIPERC, ESPERIENZA PRELIMINARE.
M. De Sio, A. Campitelli, R. Angrisani, T.
Realfonso, U. Di Mauro, O. Intilla, R.
Sanseverino
U.O.C. Urologia, Ospedale Umberto I, Nocera
Inferiore, Salerno
TERAPIA PROFILATTICA FUORI FUOCO
PER RIDURRE IL DANNO RENALE CAUSATO DALL’ESWL.
E. Di Grazia1, J. Gutierrez2, M. Loske3
1
Divisione di Urologia, Azienda Garibaldi,
Catania; 2Nuevo Hospital Civil, Universidad de
Guadalajara, Mexico; 3Centro de Fisica Aplicada
y Tecnologia Avanzada, Universidad Nacional de
Mexico, Querétaro, Mexico
Obiettivi: Riportiamo la nostra esperienza preliminare sull’ utilizzo della Miniperc in una valutazione comparativa retrospettiva con la tecnica
standard di PCNL.
Materiali e Metodi: I primi 20 casi di pazienti sottoposti a litotrissia percutanea attraverso una
camicia di Amplatz 14 Ch con strumentario
dedicato (gruppo A: 13 m/7f, età media
31.4anni) sono stati retrospettivamente paragonati a un gruppo di 20 pazienti sottoposti a PCNL
con l’utilizzo di una camicia Ch 28/30 con nefroscopio 26 Ch (gruppo B: 9m/11f, età media 33.2
anni). Tutti i pazienti presentavano calcoli di diametro max <2.5 cm. Per la frammentazione dei
calcoli è stato preferenzialmente utilizzato una
fonte di energia balistica per il gruppo A, gli ultrasuoni per il gruppo B. Il laser è stato utilizzato in
maniera episodica in entrambi i gruppi. Sono
stati valutati la durata dell’intervento, le perdite
ematiche intraoperatorie, lo stone free rate, le
complicanze immediate, la durata della degenza.
Risultati: La durata media dell’intervento (dalla
puntura della via escretrice al posizionamento
Introduzione: È noto che l’ESWL causa un danno
renale e che le lesioni si estendono in proporzione all’aumentare dell’energia da shock utilizzata.
Dopo SWL è stato dimostrata una riduzione
della velocità di filtrazione glomerulare e del
flusso plasmatico renale. Studi recenti hanno
mostrato che la vasocostrizione causata dal trattamento con onde di shock a carico del polo
renale a basso voltaggio protegge l’altro polo dal
danno causato da un successivo trattamento con
SWL ad alto voltaggio. Sembrerebbe che la vasocostrizione prodotta da onde da shock di basso
voltaggio limiti il sanguinamento e lo sviluppo di
lesioni causate da ulteriori onde da shock, tuttavia il più basso livello di energia capace di indurre questo effetto protettivo non è noto e potrebbe essere inferiore rispetto a quello minimo
riportato dai litotritori commerciali. L’obiettivo
dello studio è testare l’ipotesi che il trattamento
con onde fuori fuoco possa essere utilizzato
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
15
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
come trattamento profilattico per il danno determinato all’applicazione successiva d’onde da
shock a maggiore voltaggio.
Materiali e Metodi: Tre gruppi di 10 maiali femmine di 10 settimane furono anestetizzati e preparati per SWL con un litotritore Direx Tripter
Compact. Quattro maiali furono trattati con
6000 colpi generati a 22 Kv focalizzati sul polo
inferiore del rene. Un secondo gruppo di 4
maiali ricevette lo stesso trattamento, però dopo
essere stato trattato con 3000 onde profilattiche
generate a 22 Kv posizionando il polo renale
inferiore del rene sull’asse di simmetria del riflettore ad una distanza di 50 mm da F2. La regione focale (F2) fu mantenuta fuori il corpo cosicché un ampio volume del rene ricevette una
bassa dose d’onde da shock. 2 maiali furono
impiegati come controlli. I reni trattati e non
trattati furono rimossi chirurgicamente per analisi istologica attraverso una nefrectomia bilaterale previa legatura in blocco del peduncolo,
avendo cura che non fossero manipolati eccessivamente per evitare lesioni chirurgiche.
Risultati: 6 mila onde da shock a 22Kv causarono lesioni emorragiche nella corteccia e nella
papilla del polo renale trattato. Il danno istologico e le dimensioni delle lesioni osservati nel
gruppo profilattico sembrano indicare un minor
danno, anche se non si raggiunge una differenza statisticamente significativa.
Conclusioni: La somministrazione preliminare
d’onde da shock fuori-fuoco può ridurre il
danno da successivo trattamento con SWL.
Ulteriori esperimenti sono in corso per confermare questa iniziale osservazione. Una ulteriore
conferma di tali risultati potrebbe essere rivoluzionario in termini di minor danno renale causato dal SWL.
EFFICACIA E RISULTATI NEL TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO DEL VARICOCELE IN ETÀ PEDIATRICA.
C. Esposito1, A. Savanelli2, A. Centonze1,
G. Monguzzi3, M. Gonzalez-Sabin3, L.
Mastroianni4, M. De Marco2, M. Bitonti1, A.
Chiappinelli2, R. Damiano1, A. Settimi2
1
Università di Catanzaro “Magna Graecia;
2
Università di Napoli “Federico II; 3Ospedale Buzzi
Milano; 4William Soler Hospital, La Habana, Cuba;
5
Università di Ancona
Obiettivi: Valutazione dei risultati e dei vantaggi
mediante l’impiego della terapia laparoscopica
16
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
nel trattamento del varicocele in età pediatrica.
Materiali e Metodi: 101 pazienti sono stati sottoposti a trattamento laparoscopico del varicocele
in quattro differenti centri di chirurgia pediatrica. L’età dei pazienti è variata tra 8 e 17 anni
(media 11.7 anni), la sede del varicocele è risultata a sinistra in 97 casi (96.1%) mentre in 4 casi
(3.9%) il varicocele è risultato bilaterale. Tre
pazienti presentavano recidiva di varicocele sinistro. 75 pazienti sono strati trattati mediante
laparoscopia con approccio transperitoneale: 10
(13.4%) con la sola legatura della vena testicolare (Ivanissevich), e 65 (86.6%) sono stati sottoposti a legatura della arteria e della vena testicolare (Palomo). In 26/101 pazienti la procedura è
stata effettuata per via retroperitoneoscopica: 5
pazienti sono stati sottoposti a legatura sec.
Ivanissevich e 21 pazienti sec. Palomo. In 6
(5.9%) casi, trattati mediante laparoscopia, è
stata effettuata una procedura aggiuntiva durante lo stesso intervento: in particolare, per 5
pazienti si è provveduto alla chiusura del dotto
peritoneo-vaginale che risultava pervio sul lato
destro, ed in 1 paziente, precedentemente sottoposto ad appendicectomia, è stata effettuata una
contestuale lisi di aderenze tra le anse intestinali e la parete addominale.
Risultati: Il tempo operatorio medio è risultato
30 minuti, con una ospedalizzazione di circa 24
ore. Nel corso del follow up si sono manifestati
10 casi (9,9%) di idrocele destro in pazienti sottoposti alla tecnica sec Palomo. Recidiva di varicocele si è evidenziata in 3 pazienti: 1 caso
(6.6%) dopo Ivanissevich e 2 casi (2.3%) dopo
trattamento sec. Palomo.
Conclusioni: La nostra preliminare esperienza
mostra che i risultati dell’approccio laparoscopico nei pazienti con varicocele sono comparabili rispetto alle altre tecniche chirurgiche e
radiologiche. La laparoscopia sembra avere tre
principali vantaggi nei confronti delle altre tecniche: per prima la mini-invasività e la precisione dell’ intervento, inoltre consente il trattamento contemporaneo di patologie associate
nel corso della stessa anestesia come accaduto
in 6 casi. In ultimo consente il trattamento
contestuale del varicocele bilaterale senza cicatrici addizionali o prolungamento del tempo
operatorio. Noi crediamo che la legatura delle
vene ed arterie testicolari sia preferibile alla
legatura della sola vana testicolare, anche se la
procedura sec. Palomo determina una incidenza del 10% della comparsa di idrocele postoperatorio.
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ORCHIDOPESSI LAPAROSCOPICA SENZA
DIVISIONE DEI VASI SPERMATICI. PUÒ
ESSERE CONSIDERATA LA PROCEDURA
DI SCELTA NEL TESTICOLO INTRADDOMINALE?
C. Esposito1, A. Centonze1, M. De Marco2, A.
Chiappinelli2, F. Cantiello1, G. La Cava1, R.
Damiano1, A. Settimi1
1
Università Magna Graecia di Catanzaro;
2
Università Federico II, Napoli
Obiettivi: Differenti tecniche chirurgiche sono
state descritte per il trattamento del testicolo
non palpabile. A seguito di una ampia esperienza con la tecnica di Fowler Stephens in due
stadi, gli autori riportano la loro esperienza con
la orchidopessi laparoscopica effettuata senza
divisione dei vasi spermatici
Materiali e Metodi: Durante un periodo di 36
mesi, 85 pazienti con testicolo non palpabile
(91 testicoli) sono stati sottoposti a laparoscopia
diagnostica esplorativa. In 25 pazienti (29.4 %)
di questa serie con evidenza di testicolo intraddominale, è stata effettuata una orchidopessi
laparoscopica senza divisione dei vasi spermatici. In 10 casi il testicolo era prossimale all’anello
inguinale interno mentre in 15 casi era localizzato a sede intraddominale alta.
La tecnica ha richiesto: La sezione del gubernacolo (se presente), l’apertura del peritoneo lateralmente ai vasi spermatici, la mobilizzazione dei
vasi testicolari e del deferente nel retroperitoneo
per 8-10 cm. Il testicolo è stato posizionato
nello scroto attraverso l’anello inguinale interno
(14 casi) - se questo era pervio - o attraverso la
creazione di un nuovo anello inguinale (11 casi)
creato medialmente ai vasi epigastrici. In un singolo caso in cui, dopo la mobilizzazione, l’allungamento senza tensione dei vasi spermatici
non è risultato adeguato, abbiamo effettuato la
tecnica di Fowler Stephens
Risultati: La durata media dell’intervento è risultata 55 min (range 40 a 75 min). Tutti i testicoli sono stati posizionati nello scroto con successo. Riportiamo una singola complicanza intraperatoria (1,2%) per rottura iatrogenica dei vasi
spermatici da eccessiva trazione
Conclusioni: Sulla base della nostra limitata esperienza crediamo che la orchidopessi laparoscopica effettuata senza sezione dei vasi spermatici
possa essere considerata la procedura di scelta
nel trattamento del testicolo non palpabile,
avendo una ridotta incidenza di compromissione della vascolarizzazione del testicolo e risul-
tando minimamente invasivo. Nei casi di testicolo intraddominale alto è possibile considerar
l’effettuazione di una orchidopessi sec Fowler
Stephens.
LE PUNTURE AL CALICE RENALE IN
CORSO DI NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA (PCNL) INCIDONO SUL RISCHIO
EMORRAGICO?
S. Ferretti, P. Salsi, A. Frattini, S. Fornia, P.
Cortellini
Unità Operativa di Urologia, Azienda Ospedaliera
Universitaria di Parma
Introduzione e Obiettivi: Una delle complicanze
più importanti in corso di PCNL è sicuramente
quella emorragica. Lo scopo di questo lavoro è
indagare l’eventuale correlazione fra il numero di
punture effettuate al calice interessato nel corso
dell’accesso nefrostomico con varie tecniche e
l’entità del sanguinamento postoperatorio.
Materiali e Metodi: Abbiamo considerato 100
pazienti non consecutivi sottoposti a PCNL tra il
maggio 2002 e il dicembre 2004: il criterio di
inclusione prevedeva che il paziente venisse liberato dai calcoli in una unica seduta e che nel
corso dell’intervento non venissero effettuate
procedure endourologiche accessorie. Il tramite
è stato confezionato con diverse tecniche: dilatatori metallici tipo Alken, tecnica “One-Shot”,
dilatazione pneumatica, dilatatori teflonati progressivi e tecnica minipercutanea (MIPP). È stato
verificato il numero di punture (ovvero il numero di volte che veniva attraversato il parenchima
renale con l’ago) effettuate per raggiungere il
calice prescelto, il tempo di esposizione radiologica, i valori emocromocitometrici pre- e postoperatori, eventuali trasfusioni (autologhe o eterologhe), i tempi di degenza. I dati così ottenuti
sono stati suddivisi in gruppi in base ai seguenti
criteri: a) numero di punture effettuate (n° 6
gruppi); b) tecnica di confezionamento del tramite (n° 5 gruppi); c) entità del sanguinamento
postoperatorio, intesa come perdita in g/dL di
Hb (n° 7 gruppi). Si è quindi proceduto ad una
analisi delle variazioni intra gruppi e fra gruppi.
Risultati: L’età dei pazienti varia tra i 17 e gli 83
anni (media 54 + 16); le punture effettuate sono
variate da 1 a 12 (in media 3,5 + 2,1); il tempo
di esposizione radiologica è variato da 38 sec a
17 min (in media 5,9 + 3 min); la perdita ematica media è stata di 1,1 + g/dL (da 0,1 a 3,9 g/dL);
in 27 pazienti era stata predisposta una autoeArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
17
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
modonazione; 6 pazienti sono stati trasfusi, dei
quali 2 con sangue autologo e 4 con sangue eterologo; la degenza media è stata di 6,3 + 2,9
giorni (da 3 a 18 giorni). L’analisi statistica eseguita con il T-Test di Student e l’analisi della
varianza tra gruppi ha evidenziato che non esiste in questa serie di pazienti alcuna correlazione tra il numero di punture effettuate per l’accesso al calice o la tecnica impiegata e l’entità
della perdita ematica, ha riconfermato il dato già
rilevato in un nostro precedente lavoro che la
tecnica “One- Shot” a parità di efficacia e sicurezza permette una minore esposizione radiologica rispetto alle altre tecniche utilizzate (4,89 +
2 min contro 6,33 + 3,7 min; p < 0,001).
Conclusioni: I nostri dati suggeriscono che l’entità
delle perdite ematiche conseguenti a procedure
di nefrolitotrissia percutanea è indipendente sia
dal numero di punture effettuate per accedere al
calice prescelto che dalla tecnica impiegata per
confezionare il tramite. Ciò dal nostro punto di
vista significa che è più importante ottenere il
tragitto più congruo possibile all’anatomia renale, anche al prezzo di plurime punture del rene
stesso, al fine di minimizzare il rischio di sanguinamento post-operatorio significativo.
EMINEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA
PER IDRONEFROSI IN RENE A FERRO DI
CAVALLO.
M. Garofalo, M. Malizia. F. Palmieri, E.
Severini, G. Vitullo, G. Martorana
Clinica Urologica, Università di Bologna
Introduzione: Il rene a ferro di cavallo (f. di c.) è
la più comune anomalia di fusione renale.
Consiste nella presenza di due distinte masse
renali poste verticalmente alla linea mediana e
congiunte a livello dei rispettivi poli inferiori da
un istmo parenchimatoso o fibroso. Può essere
associata ad altre anomalie genitourinarie o
extra genitourinarie come anomalie di posizione
renale, rene policistico, estrofia vescicale, ipospadia, criptorchidismo oppure mielomeningocele, idrocefalo, diverticolo di Meckel, anomalie
cardiache o disordini cromosomici. La vascolarizzazione è variabile per sede e numero, così
come la posizione degli ureteri. Il rene a f. di c.
non richiede solitamente una correzione chirurgica ma, in presenza invero non infrequente, di
patologie renali associate quali stenosi ostruttiva
del giunto pieloureterale o calcolosi, eventualmente complicate da sintomatologia algica o flo-
18
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
gistica, può essere necessario un trattamento
chirurgico volto alla correzione della condizione
patologica associata e che talora può richiedere
la sezione dell’istmo. Nel caso riportato l’intervento indicato era di eminefrectomia sinistra
dagli autori eseguita con tecnica laparoscopica.
Caso Clinico: Si descrive il caso di un paziente
maschio di anni 18 con sintomatologia algica
dell’emiaddome sinistro e frequenti episodi
iperpirettici. La diagnosi, dapprima ecografica
e successivamente confermata con RMN era
di esclusione funzionale e marcata idronefrosi
sinistra da probabile ostruzione giuntale in
rene a f.di.c. con scarsissima componente
parenchimale dell’emirene sinistro. L’istmo
appariva parenchimatoso. Con accesso laparoscopico transperitoneale, constata la sevridronefrosi, identificati e legati con endoclip
alcuni rami arteriosi e venosi e l’uretere e si
eseguì l’eminefrectomia sinistra conducendo
la resezione in un piano di confine tra la componente parenchimatosa istmica e quella
fibrotica di pertinenza dell’emirene sinistro.
L’emostasi fu conseguita efficacemente con
bisturi ad ultrasuoni e a circuito bipolare. Il
paziente venne dimesso in terza giornata
postchirurgica e una TC eseguita a due anni
di distanza dall’intervento ha dimostrato normale morfologia del parenchima e piena funzionalità del rene residuo.
Conclusioni: La tecnica laparoscopica nel caso
descritto si è dimostrata efficace e sicura, comportando inoltre scarsa ospedalizzazione e trascurabile danno estetico, parametri di rilevante importanza nei soggetti giovani, nel raffronto con la tecnica chirurgica a cielo aperto di
norma eseguita.
ENUCLEORESEZIONE RENALE LAPAROSCOPICA. NOTE DI TECNICA E RISULTATI.
G. Grosso, M. Amenta, M. Occhipinti, F.
Maritati
U.O. Urologia, Casa di Cura Privata Polispecialistica “Dott. Pederzoli”, Presidio ASL 22 Regione
Veneto, Peschiera del Garda (Verona)
Introduzione: La chirurgia nephron sparing ha
goduto negli ultimi anni di notevole interesse;
infatti, mentre appare ormai consolidato il
ruolo della chirurgia di risparmio di necessità,
la tumorectomia renale si va sempre più affermando anche come opzione terapeutica di scelta. Le neoformazioni renali esofitiche, di limita-
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
te dimensioni, non coinvolgenti la via escretrice, rappresentano l’indicazione elettiva a suddetta chirurgia. La scelta dell’approccio laparoscopico, a parità di risultati oncologici, ci ha
consentito di ottenere, rispetto alla chirurgia
tradizionale, una netta riduzione della morbilità, della degenza ospedaliera e una precoce
ripresa delle normali attività socio-lavorative.
Materiali e Metodi: Posta l’indicazione alla chirurgia nephron sparing utilizziamo esclusivamente la via laparoscopica. Il video illustra i
due diversi approcci transperitoneale-retroperitoneale scelte a seconda della localizzazione
delle neoformazioni renali (superficie anteriore
o posteriore dell’organo). Non realizziamo di
routine il clampaggio preventivo dell’arteria
renale. Eseguiamo l’ischemia calda qualora la
diagnostica per immagini suggerisca un’importante neo-circolo della massa o se la neoformazione lambisca le arterie lobari. L’exeresi viene
eseguita con bisturi ad ultrasuoni. L’emostasi
del letto della lesione viene eseguita con coagulazione bipolare e ponendo punti in monofilamento riproducendo la tecnica consueta.
Conclusioni: Casistica personale: 33 tumorectomie. Tempo operatorio medio: 77 minuti.
Perdite ematiche medie: 350 cc. Degenza
media: 5 giorni. Anatomia patologica: 5 oncocitomi, 28 carcinomi renali a cellule chiare.
Margini chirurgici positivi: 2 casi.
PRELIEVO DI RENE DA DONATORE VIVENTE PER VIA LAPAROSCOPICA: IL
FILM.
G. Guazzoni, A. Cestari, M. Riva, L. Nava, P.
Bellinzoni, A. Centemero, M. Zanoni, P.
Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute,
Ospedale San Raffaele-Turro, Milano
Introduzione: La chirurgia minimamente invasiva
offre sicuri vantaggi al donatore di rene vivente
ed ha ampliato il numero di trapianti tra consanguinei. In questo film descriviamo la tecnica
impiegata presso il nostro Istituto per l’espianto
laparoscopico di rene.
Materiali e Metodi: Il rene preferenzialmente
selezionato è il sinistro. Il paziente viene posizionato sul fianco a 60° con il letto flesso di circa
30° per ampliare lo spazio tra arcata costale e
cresta iliaca. I tempi dell’intervento, eseguito per
via transperitoneale, sono i seguenti:
1) La linea di Toldt viene incisa dalla flessura
splenica sino al sigma con medializzazione
del colon discendente ed esposizione della
Gerota.
2) Vengono successivamente identificati i reperi
anatomici significativi quali il peduncolo
vascolare e l’uretere.
3) La vena renale viene isolata per un lungo tratto, sezionando tra clip la vena surrenalica per
il risparmio dell’omonima ghiandola.
4) Si isola e si scheletrizza l’arteria renale sino
all’aorta.
5) L’isolamento del rene prosegue scollando l’organo dal surrene e dai tessuti fibroadiposi circostanti.
6) L’uretere viene sezionato controllando l’emissione di urina.
7) Viene eseguita una incisione sec. Pfannestie
estesa sino alla fascia, senza aprire il peritoneo
per evitare uscita di CO2 e conseguente scomparsa della camera di lavoro.
8) Attraverso questa incisione viene inserito un
apposito sacchetto per estrazione di organi e
il rene, completamente isolato e ancora attaccato al suo peduncolo vascolare, viene inserito nel sacchetto che trazionato verso la parete
addominale mette in chiara esposizione il
peduncolo vascolare.
9) L’arteria e la vena renale sono sezionate rispettivamente tra clip e con l’impiego di EndoGIA
e l’organo estratto dalla cavità addominale
protetto dall’apposito sacchetto.
Risultati: Sono state eseguiti due espianti laparoscopici di rene da donatore vivente. I tempi operatori sono stati di 260 e 220 minuti; le perdite
ematiche di 25 e 35 cc, mentre il tempo di ischemia a caldo è stato rispettivamente di 120 e 150
sec. I donatori sono stati in grado di deambulare e assumere dieta idrica sin dalla prima giornata post-operatoria e sono stati dimessi dopo 4 e
3 giorni dall’intervento.
Conclusioni: L’espianto di rene laparoscopico da
donatore vivente è una procedura chirurgica efficace, riproducibile e offre al donatore tutti i vantaggi tipici della chirurgia minimamente invasiva.
PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA(VLP) “NERVE SPARING” CON
RISPARMIO DELLA FASCIA DI DENONVILLERS: IL FILM.
G. Guazzoni, A. Cestari, M. Riva, L. Nava, T.
Maga, L. Rigatti, M. Zanoni, P. Rigatti
Cattedra di Urologia, Università Vita-Salute,
Ospedale San Raffaele-Turro, Milano
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
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Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Introduzione: Uno dei punti di critica della VLP
appare essere quello relativo all’esecuzione di un
corretto intervento “nerve-sparing”. Nel film
viene presentata la tecnica impiegata presso il
nostro Istituto per l’esecuzione della VLP “nerve
sparing” con risparmio della fascia di
Denonvilers.
Materiali e Metodi: Indotto il pneumoperitoneo e
posizionata la porta ottica e 4 porte operative
laparoscopiche, i tempi dell’intervento sono i
seguenti:
1) Incisione del peritoneo a livello del Douglas
con isolamento e dissezione dei deferenti e
vescicole seminali. Al fine di non procurare
lesioni termiche al plesso pelvico, il peduncolo deferenziale viene clippato e sezionato
con forbici a lama fredda.
2) Creazione del piano tra prostata e Fascia di
Denonvillers. Entrambe le vescicole seminali
vengono sollevate e retratte cranialmente per
esporre il piano di clivaggio tra prostata e
fascia di Denonvillers. Questo piano avascolare viene agevolmente sviluppato per via
smussa sino in prossimità dell’apice prostatico. Il piano deve essere sviluppato quanto più
lateralmente possibile al fine di assottigliare i
peduncoli prostatici laterali.
3) Si incide il peritoneo parietale lateralmente
alle due arterie ombelicali per accedere allo
scavo pelvico. La fascia endopelvica viene
incisa con isolamento e legatura del
Santorini. Viene sviluppato il piano tra prostata e collo vescicale sino a repertare inferiormente le vescicole seminali, precedentemente isolate.
4) Sezione dei peduncoli laterali. Grazie al
risparmio della fascia di Denonvilliers, i
peduncoli vascolari appaiono assottigliati ed
il “bundle” neurovascolare si scolla per via
smussa con maggior facilità. Per evitare danni
termici al fascio neurovascolare, il controllo
del peduncolo viene eseguito con clip e forbice a lama fredda. Qualora fossero necessarie forme di coagulazione termica è fondamentale l’impiego di pinze bipolari per ridurre le dispersioni laterali di energia.
5) Sezione del Santorini e dell’uretra a livello
dell’apice prostatico e completamento della
prostatectomia radicale.
6) L’anastomosi vescico-uretrale viene eseguita a
punti staccati. La magnificazione ottica laparoscopica permette di valutare correttamente
il posizionamento dei punti di sutura evitando potenziali danni legati alla trasfissione dei
20
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
fasci neurovascolari nel loro decorso parauretrale.
Conclusioni: La tecnica di prostatectomia radicale laparoscopica con risparmio della fascia di
Denonvillers è una tecnica riproducibile efficace
e che permette di migliorare la dissezione “nerve
sparing” della prostata per via laparoscopica.
L’URETEROSCOPIA D’URGENZA IN
PAZIENTI CON COLICA RENALE.
S. Guercio, C. Terrone, C. Scoffone, C.
Cracco, M. Poggio, I. Morra, R. Tarabuzzi, M.
Cossu, G. Ghignone, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Azienda
Ospedaliera S. Luigi, Orbassano (To)
Introduzione: La colica renale (CR) rappresenta
circa il 3-5% degli accessi al Pronto Soccorso e
il 30-35% delle urgenze urologiche. La litiasi
urinaria rappresenta la causa più frequente di
CR, pur esistendo altre possibili cause che
possono provocare un’ostruzione delle vie urinarie. Lo scopo del lavoro è quello di valutare
l’efficacia (diagnostica e terapeutica) dell’ureteroscopia, eseguita in regime di urgenza, in
pazienti con CR.
Materiali e Metodi: Dall’1/2001 all’8/2003, 100
pazienti consecutivi (63 maschi, 37 donne; età
mediana: 51 anni), provenienti dal P.S., sono
stati sottoposti a ureteroscopia d’urgenza, con
ureteroscopio semirigido Wolf 7.5 Ch, per CR
resistente alla terapia medica. Gli interventi sono
stati eseguiti da operatori nel corso della curva
di apprendimento di una metodica standardizzata.
Risultati: Nausea, macroematuria, febbre, compromissione della funzione renale erano presenti in 16, 10, 14 e 18 pazienti rispettivamente. Un paziente era monorene. Calcoli
ureterali erano presenti in 94 casi (diametro
mediano: 10 mm; range: 4-20 mm); gli altri
pazienti presentavano stenosi ureterali (2),
endometriosi periureterale (1) e segni di
recente espulsione di calcoli (3). 15 calcoli
erano localizzati nell’uretere sottogiuntale, 28
in quello lombare, 46 in quello pelvico, 1 in
una giunzione uretero-ileale, 4 pazienti presentavano litiasi multipla. In 1 paziente l’intervento non è stato eseguito per insorgenza di
problemi cardiologici all’induzione dell’anestesia. I pazienti con calcoli sono stati sottoposti a: ureteroscopia+litotrissia con lithoclast
(60), ureteroscopia+estrazione del calcolo con
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
cestello (17), push-up (7), procedura incompleta per danno ureterale (2) o uretere non
compiacente (7). In 96/99 pazienti è stato
applicato un JJ (ben tollerato nel 59% dei
casi). Il ricovero mediano è stato di 2 giorni
(range 1-12). Nel post-operatorio si è verificato un solo caso di pielonefrite. I successi terapeutici eziopatogenetici sono stati ottenuti
nell’84% dei casi. Il 92% dei pazienti, interrogati con questionario anonimo a distanza di
tempo, si dichiaravano soddisfatti della procedura a cui erano stati sottoposti. Non è stata
trovata una relazione statisticamente significativa tra la sede dei calcoli, l’anno delle procedure, il diametro e la percentuale di successi.
Conclusioni: L’ureteroscopia in urgenza, per l’alta
percentuale di successi e le scarse complicanze,
rappresenta una valida possibilità terapeutica in
pazienti selezionati con CR.
TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DELLE
STENOSI URETERO-ILEALI RISULTATI A
LUNGO TERMINE.
M. Malizia, E. Brunocilla, T. Forlani, S. Lupo,
E. Vece, G. Martorana
Clinica Urologica, Università di Bologna
Introduzione e Obiettivi: Abbiamo analizzato
retrospettivamente l’efficacia del trattamento
endoscopico nelle stenosi urtero-ileali nei
Pazienti (Pz) sottoposti a derivazione urinaria
per neoplasia vescicale o per altre cause. Metodi:
213 Pz sottoposti a derivazione urinaria presso
il nostro istituto dal ottobre 1995 al ottobre
2002. 64 Pz sono stati sottoposti a derivazione
urinaria secondo Bricker, 87 a neovescica ileale
ortotopica secondo Studer,12 neovesciche ileali
secondo Hautmann, 45 sottoposti ad ureterocutaneostomia e 5 ad Indiana Pauch. Abbiamo
quindi analizzato i 168 Pz in cui è stata eseguita
una anastomosi uretero intestinale, 6 dei quali
monorene. In 156 Pz è stata realizzata una anastomosretero-ileale senza tecnica antireflusso,
mentre nei 12 Pz sottoposti a neovescica ileale
secondo Hautmann è stata confezionata una
anastomosi con tecnica antirefulusso di tipo
siero-mucoso secondo Ghoneim. Sono state
riscontrate 16 stenosi uretero-ileali su 330 anastomosi uretero-ileali (4,8%), di cui una è stata
eseguita in un Pz portatore di neovescica ileale
secondo Hautmann, 1 su 24 unità renali
impiantate (4,1%) e le restanti 15 stenosi su 306
unità renali impiantate (4.9%) con anastomosi
senza tecnica antireflusso. In tutti i Pz la diagnosi è stata effettuata radiologicamente ed endoscopicamente escludendo recidiva neoplastica.
10 Pz sono stati trattati endoscopicamente, in 4
Pz non è stato possibile procedere a trattamento
endoscopico per l’impossibilità di superare la
stenosi con filo guida, nei restanti 2 Pz si è proceduto direttamente ad intervento chirurgico di
reimpianto ureterale poiché la stenosi superava i
2 cm di lunghezza. Dei 10 Pz trattati endoscopicamente, 7 sono stati trattati mediante dilatazione iperbarica e 3 con Acucise. La riuscita del
trattamento è stata evidenziata mediante controllo radiologico.
Risultati: Ad un follow-up medio di 36 mesi nei
Pz sottoposti a trattamento endoscopico,la percentuale di successo è stata del 20%(2 su 10).
Nei Pz sottoposti ad endoureterotomia con
Acucise la percentuale di successo è stata del
33% (1 su 3). Nei Pz trattati endoscopicamente
che hanno sviluppato recidiva della stenosi è
stato eseguito successivamente intervento chirurgico con una percentuale di successo del
87,5% (7 su 8). Nell’unico Pz in cui anche la
terapia chirurgica non è risultata efficace è stato
posizionato uno stent ureterale. I Pz liberi da
recidiva sono stati valutati con esame urografico
nel follow-up.
Conclusioni: Secondo la nostra esperienza, seppur limitata a pochi casi, il trattamento endoscopico può essere un ragionevole trattamento
nella stenosi 1.5 cm, poichè è di facile esecuzione e praticamente privo di morbidità, negli
altri casi e nelle stenosi su base trofica ischemica la percentuale di successo è molto bassa.
In questi ultimi il trattamento chirurgico rimane il gold standard con percentuale di successo di circa 88%
Bibliografia:
1. Laven BA, ò Connor RC, Gerber GS, Steinberg GD. Long
term results of endoureterotomy and open surgical revison for
management of ureteroenteric strictures after urinary diversion.
Urol, 2003, 170(4 pt1) 1226-30.
TRATTAMENTO PERCUTANEO DI LITIASI
PIELOCALICEALE INFERIORE A STAMPO
CON PUNTAMENTO ECOGRAFICO E
RADIOLOGICO E IMPIEGO DI CAMICIA DI
AMPLATZ TRASPARENTE (ULTRAXX
CLEAR SHEATH, COOK).
M. Mari, F. Mangione, M. Bellina
U.O.C. di Urologia, Ospedale degli Infermi di Rivoli,
Torino
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
21
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Presentiamo il trattamento percutaneo di un
voluminoso calcolo pielico e caliceale inferiore a stampo. La procedura percutanea viene
preceduta dall’applicazione per via retrograda
di un catetere ureterale da occlusione, che
permette di assistere la procedura percutanea
attraverso la opacizzazione delle cavità renali
e il controllo della loro distensione. La puntura percutanea al calice inferiore del rene viene
effettuata per via ecografica, limitando l’utilizzo della scopia in brillanza al controllo della
correttezza della procedura con pielografia
anterograda. Tale approccio permette di limitare l’esposizione degli operatori alle radiazioni ionizzanti e di sfruttare la manualità che
l’urologo possiede nell’uso dell’ecografia. Per
la litolapassi viene adoperata energia a ultrasuoni. Abbiamo riscontrato notevoli vantaggi
nell’utilizzo di una camicia di Amplatz trasparente, a becco di flauto (Ultraxx clear sheath,
Cook), che permette un miglior controllo del
tramite nefroscopico, nonché un più agevole
recupero di frammenti litiasici risultanti dalla
litotrissia ed eventualmente dislocati al di
fuori del campo visivo concesso dalle normali camicie.
CISTOPESSI LAPAROSCOPICA EXTRAPERITONEALE.
G. Martina, S. Scuzzarella, P. Giumelli, M.
Remotti, G. Caruso
SC di Urologia Ospedale di Sondalo (SO)
La metodica presentata è una tecnica laparoscopica estremamente semplice soprattutto
se si ha dimestichezza con l’accesso extraperitoneale utilizzato per la prostatectomia
radicale laparoscopica extraperitoneale. La pz
è in posizione supina con un rialzo di 10 cm
sotto il bacino e con le gambe divaricate, per
permettere l’accesso alla vagina durante l’intervento. Attraverso una incisione sott’ombelicale, previa apertura della fascia, si introduce un dito nello spazio preperitoneale che
viene così scollato. L’ampliamento di questo
spazio avviene con un palloncino dissettore.
Viene quindi introdotto un trocar da 10 mm
a dx (a due cm dalla cresta iliaca su di una
ideale linea che unisce la cresta alla prima
incisione), e due a 10 e 5 mm, a sn. il primo
a due cm dalla cresta e il secondo in posizione intermedia tra quest’ultimo e il trocar centrale. Creata la cavità con il gas si provvede a
22
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
identificare il pube e a scollare il grasso perivescicale con identificazione del collo e delle
pareti laterali della vagina. Viene quindi
introdotta in cavità un rete di prolene della
larghezza di circa tre cm che viene fissata
sulla parete vaginale, lateralmente all’uretra e
al collo con dei punti che vengono annodati
per via intracorporea, prima da un lato e successivamente dall’altro. Con l’aiuto delle dita
introdotte in vagina si regola la tensione delle
reti che vengono fissate alla faccia posteriore
delle branche superiori del pube, con dei
particolari punti metallici laparoscopici
(Protack). Si seziona e si asportano le porzioni di reti in eccedenza. Si rivede l’emostasi e
si estraggono i trocar. Il catetere può essere
rimosso dopo un giorno.
NEFRECTOMIA LAPAROSCOPICA EXTRAPERITONEALE.
G. Martina, S. Scuzzarella, P. Giumelli, M.
Remotti, G. Caruso
SC di Urologia Ospedale di Sondalo (SO)
Nel video viene mostrata la tecnica della
nefrectomia laparoscopica eseguita presso il
nostro centro. L’accesso è retroperitoneale, con
paziente in posizione lombotomica e con un
rialzo sotto il fianco. Si utilizzano 4 trocar, 3
posizionati agli apici e al centro di una ideale
linea lombotomica sottocostale, il 4° posizionato anteriormente subito sotto l’apice della X
costa. La prima incisione è sottocostale e attraverso di essa con il dito si libera lo spazio
retroperitoneale, tale aspazio viene ampliato
con il trocar dissettore. I successivi trocar verranno introdotti sotto la guida del dito. Il
primo tempo prevede la creazione di un adeguato spazio retroperitoneale con identificazione del piano del muscolo psoas che serve
da guida per l’identificazione dei vasi renali.
Sollevando il rene si ha accesso prima all’arteria che viene isolata accuratamente e circondata con un passafili laparoscopico. Viene quindi chiusa con clip autobloccanti Hem-o-lok
prima di essere sezionata. Subito dopo si identifica la vena, anch’essa adeguatamente preparata e circondata con passabili. Preferiamo eseguire la chiusura della vena anzichè con endogia, nel seguente modo: legatura della vena
con un laccio passato con il passafili e annodato per via intracorporea; l’affastellamento
della stessa creato con questa manovra per-
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
mette l’apposizione di due clip tipo Hem-olok e la successiva sezione. Terminata la legatura e sezione dei vasi si procede a isolare e
sezionare tra clip l’uretere e successivamente a
isolare il rene con la sua capsula dal peritoneo,
isolando prima il polo superiore e successivamente l’inferiore. Terminato l’isolamento di
tutto il rene si introduce attraverso un trocar
da 15 mm posizionato al posto di uno già
preesistente un sacchetto da 15 mm all’interno del quale si posiziona l’organo che viene
estratto attraverso una miniincisione lombare.
Il drenaggio a revisione dell’emostasi e la sutura delle porte pongono fine all’intervento.
PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA (VLRP): NOSTRA ESPERIENZA.
G. Martorana, F. Manferrari, A. Bertaccini,
M. Malizia, F. Palmieri, E. Severini, G.
Vitullo
Clinica Urologica, Università di Bologna
Introduzione e Obiettivi: la prostatectomia radicale è il gold standard terapeutico per il carcinoma della prostata clinicamente localizzato.
Fra le opzioni chirurgiche la tecnica laparoscopica ha assunto negli ultimi anni una
importanza sempre maggiore ed attualmente
ha sostituito in molti centri gli accessi chirurgici convenzionali. Si è cercato di individuare
i passaggi chiave della prostatectomia radicale
laparoscopica transperitoneale e di indicare la
loro soluzione in base alla nostra curva di
apprendimento per agevolare l’acquisizione di
questa tecnica.
Materiali e Metodi: 60 pazienti sono stati sottoposti a VLRP sec. Montsouris da marzo 2002
a gennaio 2004
Risultati: I tempi chirurgici che necessitano di
particolari accorgimenti da seguire per una
corretta esecuzione della tecnica sono: isolamento delle vescicole seminali, incisione della
fascia di Denonvillier, esposizione del Retzius,
legatura del plesso di Santorini, individuazione del piano di clivaggio vescico-prostatico,
isolamento dei fasci vasculo-nervosi, preparazione dell’apice prostatico e sezione dell’uretra. Le vescicole seminali devono essere accuratamente isolate per facilitare la loro successiva anteriorizzazione e l’isolamento del collo
vescicale. L’incisione corretta della fascia di
Denonvillier permette un miglior isolamento
dei peduncoli laterali e dell’apice. Esporre il
Retzius tramite incisione laterale è importante
per individuare un corretto clivaggio evitando
lesioni vescicali; nel paziente obeso può essere
utile una preventiva sezione delle arterie
ombelicali e dell’uraco. Il plesso di Santorini
deve essere legato in prossimità del pube per
evitare di tagliare accidentalmente il punto
durante la sezione del plesso e per non avere
un moncone esuberante che ostacoli la successiva anastomosi vescico-uretrale. La fase di distacco del collo vescicale dalla prostata consente un’ottimale evidenziazione delle fibre
muscolari del trigono ed una fondamentale
netta demarcazione dei bundles laterali.
L’isolamento dei bundles è facilitato dalla trazione e dalla rotazione controlaterale esercitata
sulla prostata da parte dall’aiuto. L’apice prostatico viene praparato con particolare attenzione seguendo la sua morfologia per evitare
accidentali lesioni della prostata e per permettere un’adeguata sezione, sia a livello oncologico che morfologico per la successiva anastomosi, dell’uretra.
Conclusioni: Ognuno di questi accorgimenti,
maturati durante la nostra esperienza, ha permesso una semplificazione degli steps chirurgici successivi ed una netta riduzione dei
tempi operatori.
Bibliografia:
1. Guillonneau, B., Cathelineau, X., Barret, E., Rozet, F.,
Vallancien, G.: Laparoscopical radical prostatectomy: technical
and early oncological assessment of 40 operations. Eur Urol, 36:
14-20, 1999.
2. Guillonneau, B., Cathelineau, X., Doublet, JD, Vallancien, G.
Laparoscopical radical prostatectomy: the leassons learned. J
Endourol, 15(4): 441-5, 2001.
PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA: VALUTAZIONE DEI RISULTATI
ONCOLOGICI SUI PRIMI 60 CASI.
G. Martorana, F. Manferrari, A. Bertaccini, A.
Franceschelli, M. Malizia, F. Palmieri, E.
Severini, G. Vitullo
Clinica Urologica, Università di Bologna
Introduzione e Obiettivi: Abbiamo valutato la
positività dei margini chirurgici ed il valore del
PSA a 3 e 6 mesi dei nostri primi 60 pazienti
sottoposti a prostatectomia radicale laparoscopica.
Metodi: Tra Marzo 2002 e Gennaio 2004, 60
pazienti, di età media 64.4 anni (range 46-76),
con carcinoma prostatico clinicamente confiArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
23
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
nato sono stati sottoposti ad intervento di prostatectomia radicale laparoscopica sec.
Montsouris, le ultime 20 delle quali eseguite
con intento nerve-sparing. Tutti i pezzi operatori sono stati esaminati dallo stesso patologo
secondo il protocollo di Stanford.
Risultati: Lo stadio patologico dopo prostatectomia radicale laparoscopia è risultato: in 12
pazienti pT2a (20%), in 11 pT2b (18%), in 17
pT2c (28%), in 15 pT3a (25%) ed in 5 pT3b
(8%). In 14 pazienti (23%) all’esame istologico
definitivo sono stati riscontrati uno o più margini di resezione positivi, così distribuiti per stadio: pT2a in 2 pazienti (14%), pT2b in 2
pazienti (14%), pT2c in 3 pazienti (21%), pT3a
in 5 pazienti (35%), pT3b in 2 pazienti (14%).
La localizzazione dei margini positivi è risultata
5 margini positivi apicali e 9 laterali. In nessun
caso si è riscontrato un coinvolgimento del
collo vescicale. In 34 dei 60 pazienti operati di
prostatectomia radicale laparoscopica è disponibile il follow-up del PSA a 3 e 6 mesi. In 3
pazienti su 34 è stato riscontrato un valore di
PSA superiore a 0,2 ng/ml (in particolare 0,9
ng/ml, 2,1 ng/ml e 5,1 ng/ml), nei rimanenti il
valore è rimasto inferiore a 0,1 ng/ml.
Conclusioni: La percentuale di margini positivi e
il follow-up a 6 mesi nella nostra esperienza iniziale con la tecnica laparoscopica è risultata
sovrapponibile a quella riportata in letteratura e
dimostra che la prostatectomia radicale laparoscopica, anche nella fase iniziale dell’apprendimento, non è penalizzata da una riduzione della
radicalità oncologica.
Bibliografia:
1. Guillonneau B and Vallancien G. Laparoscopical radical
prostatectomy the Montsouris experience. J Urol 2002 163418.
2. McNeal E, Villers A, Redwine EA et al. Capsular penetration
in prostate cancer significance for natural history and treatment. Am J Surg Pathol 1990 14-240.
DORNIER LITHOTRIPTER S: I PRIMI 50
TRATTAMENTI NEL NOSTRO DIPARTIMENTO.
S. Micali, A. Celia, C. Di Pietro, S. De Stefani,
C. De Carne, G. Bianchi
Dipartimento di Urologia, Università di Modena e
Reggio Emilia, Modena
Obiettivi: è stata valutata l’efficacia a breve termine della litotrissia extracorporea ad onde d’urto
con il litotritore Dornier Lithotripter S nel trat-
24
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
tamento di calcoli renali ed ureterali.
Materiali e Metodi: Tra febbraio e aprile 2003,
sono stati trattati calcoli renali e 19 ureterali. I
pazienti sono stati valutati un mese e tre mesi
dopo il trattamento. Sono stati presi in considerazione la grandezza e la localizzazione dei calcoli, il numero totale di onde d’urto.
Risultati: La percentuale di stone-free per i calcoli ureterali è stata del 63% ad un mese e
dell’84,2% a tre mesi. La percentuale di stonefree per i calcoli renali è stata del 75% a un mese
e dell’87,5% a tre mesi. La percentuale complessiva di stone-free è stata del 70,6% ad un mese
e dell86,3% a tre mesi. È stato necessario somministrare una terapia analgesica in 12 pazienti
(23,5%). Non ci sono state serie complicanze,
fatta eccezione per una steinstrasse.
Conclusioni: Il Dornier Lithotripter S è davvero
efficace nel trattamento di calcoli renali ed
ureterali.
PRIMA TELECHIRURGIA IN ITALIA: DUE
ESPERTI UNISCONO LA PROPRIA ESPERIENZA.
S. Micali, A. Celia, M. Bruschi, S. De Stefani,
C. De Carne, G. Bianchi
Dipartimento di Urologia, Università di Modena e
Reggio Emilia, Modena
Obiettivi: La chirurgia mini-invasiva presenta
numerosi vantaggi, ma sfortunatamente si associa ad una lunga curva di apprendimento. La
telechirurgia è stata sviluppata per ridurre le
complicanze dovute all’inesperienza dei chirurghi, poiché permette ad un chirurgo, situato in
un sito operativo remoto, di guidare passo dopo
passo un chirurgo meno esperto che opera in un
sito primario utilizzando sistemi robotizzati,
telecomunicazioni e video-tecnologie. Nella
nostra esperienza abbiamo voluto valutare un’altra modalità di interazione tra chirurghi esperti,
eseguendo le nostre prime 5 surrenalectomie
laparoscopiche.
Materiali e Metodi: Presso la nostra Università
sono stati eseguiti 5 surrenalectomie laparoscopica in telechirurgia assistiti dall’Università degli
Studi di Torino. Il sistema comprende: un collegamento audio e video. Con una lavagna
magnetica il chirurgo “pilota” può evidenziare
graficamente suggerimenti sullo schermo presente in sala operatoria ed infine, possiede anche
la possibilità di coagulare direttamente.
Risultati: Tutti gli interventi sono stati portati a
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
termine con successo, senza complicanze intra e
post operatorie. Il chirurgo operante aveva una
buona esperienza laparoscopica generale ed una
buona esperienza di surrenalectomie a cielo
aperto, ma non aveva mai eseguito una surrenalectomia laparoscopica. I risultati ottenuti da
questa serie preliminare sono sorprendenti:
infatti, i tempi operatori sono molto contenuti,
il sanguinamento è stato minimo e la degenza
post operatoria non è stata superiore a 2 giorni.
Conclusioni: Questa esperienza preliminare di
telechirurgia ha dimostrato la fattibilità della
metodica, e sopratutto la sua sicurezza. Dai
risultati ottenuti è emerso che anche un chirurgo esperto può beneficiare delle potenzialità
didattiche della telechirurgia. Infatti, il collegamento audio-video permette lo scambio di opinioni, la discussione di pareri tecnici, come la
scelta di una via da seguire, e confronti con la
chirurgia tradizionale. Riteniamo che, contrariamente a di ciò che era stato dedotto dalle precedenti esperienze, la telechirurgia sia utile soltanto per un rapporto docente allievo; la metodica
è molto efficace anche a migliorare la performance chirurgica di operatori esperti che hanno
il desiderio di implementare le loro indicazioni
laparoscopiche.
ENUCLEORESEZIONE LAPAROSCOPICA
PER NEOPLASIA RENALE ESPERIENZA
PRELIMINARE SU 22 CASI.
C. Milani, L. De Zorzi, G. Balta, W.
Battanello, M. Ferraro, M. Repele, E. Bratti,
M. Dal Bianco
U.O.C. Urologia, Ospedale S. Antonio, Padova
Introduzione: La nefrectomia radicale rimane il
gold standard nel trattamento del carcinoma
renale parenchimale, tuttavia il ruolo della chirurgia conservativa nel trattamento delle piccole
neoplasie renali incidentali è ampiamente consolidato. Una proposta alternativa alla terapia
conservativa tradizionale è rappresentata dalla
chirurgia laparoscopica. Riportiamo la nostra
esperienza sulla enucleoresezione laparoscopica
per neoplasia renale.
Materiali e Metodi: Nel periodo aprile 2002 dicembre 2003 22 pazienti con neoplasia renale (13 maschi, 9 femmine) incidentalmente diagnosticata, sono stati sottoposti ad enucleoresezione laparoscopica. In 19 casi si trattava di neoformazioni espansive solide, in 3 di cisti complesse. L’età media era di 61,1 anni (range 44-84)
e le dimensioni medie delle neoformazioni di cm
2,9 (range 1-4%). La tecnica impiegata ha previsto l’accesso retroperitoneale in 21 casi e quello
transperitoneale in 1 caso, l’utilizzo di 3 o 4 trocar, l’isolamento extrafasciale e la sospensione su
fettuccia dell’arteria renale, l’escissione della neoformazione con Ultracision e la sutura dei bordi
parenchimali. In 4 casi è stato riposto preoperatoriamente uno stent ureterale (mono J) per la contiguità della neoformazione con la via escretrice.
Risultati: In 3 casi, dopo l’isolamento dell’arteria
renale e del rene, il dominio non ottimale della
neoplasia (2 sul versante anteriore, 1 polare
superiore) ha imposto la conversione chirurgica
(mini-lombotomia) prima di ogni manovra di
exeresi. In 19 pazienti l’intervento è stato portato correttamente a termine. In questi casi il
tempo operatorio medio è stato di 208 minuti
(range 130-300). L’ischemia renale è stata utilizzata in 10 casi con un tempo medio di 22,3 min
(range 10 45). In 4 casi si è verificata una lesione caliceale trattata con successo con sutura e/o
riposizione temporanea (complessa e reiterata in
un caso) di stent uretrale (double J). Le perdite
ematiche medie sono state di 375 ml (range 50950). Non si sono verificate complicanze maggiori. La durata media della degenza è stata di 7
giorni (range 4-22). L’esame istologico ha evidenziato carcinoma renale parenchimale in 20
casi (cistico in 3), oncocitoma in 1 e leiomioma
in 1. In tutti i casi la malattia era confinata ai
margini di resezione.
Conclusioni: L’enucleoresezione laparoscopica è
una alternativa alla chirurgia conservativa a cielo
aperto. Tempi operatori, perdite ematiche, complicanze e durata della degenza sono risultati
accettabili, compatibilmente con un’esperienza
preliminare. La via extraperitoneale è risultata
indicata preferibilmente per neoplasie a sede
postero-laterale e medio-inferiore quella transperitoneale per tumori della superfice anteriore
o antero-superiore del rene. Nella nostra esperienza l’exeresi è risultata completa, ma il breve
follow-up non permette altre considerazioni
oncologiche.
TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLA
NEOPLASIA UROTELIALE DI BASSO STADIO E BASSO GRADO: RISULTATI A
LUNGO TERMINE.
E. Montanari, L. Carmignani, B. Mangiarotti,
A. Del Nero, P. Acquati, M. Grisotto
Clinica Urologica Università degli Studi di Milano,
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
25
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Azienda Ospedaliera S. Paolo-Polo; Istituto di
Urologia dell’Università di Milano, Ospedale
Maggiore IRCCS Milano
Introduzione: La nefroureterectomia chirurgica
o laparoscopica con resezione eventualmente
endoscopica di piattello vescicale è il trattamento standard della neoplasia dell’alta via
ecretrice. La terapia conservativa è indicata di
necessità nei pazienti a rischio di insufficienza
renale, nella neoplasia in rene unico o bilaterale ma in casi favorevoli di neoplasia di basso
grado, stadio ben dominabile endoscopicamente e resecabile anche in pazienti con rene
controlaterale normale L’approccio percutaneo
garantisce, nei casi di malattia non trattabile
con ureteroscopia, un accesso eccellente alla
cavità pielica permette la resezione radicale,
crea l’accesso per un second o third look di
verifica a breve, predispone ad una terapia
topica Obiettivo del nostro lavoro è stato la
revisione tecnica e clinica a lungo termine
della nostra esperienza nel trattamento percutaneo di necessità della neoplasia uroteliale
dell’alta via escretrice di basso grado e stadio
Materiali e Metodi: Dal marzo 1997 al dicembre 2003 abbia trattato 3 pazienti (4 unità
renali) (Tabella 1).
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a staging
pre-operatorio endourologico (URS rigida e
flessibile), prelievo bioptico e staging radiologico. L’accesso alla via escretrice è stato ottenuto sotto controllo eco-fluoroscopico, stabilizzato con guida terumo 0.035 spinta in uretere, dilatato con tecnica one shot a 26 Ch
con rispetto del colletto caliciale, protetto da
camicia di Amplatz. La resezione è stata condotta con resettore monocanale Olympus 24
Ch. Terminata la resezione è stata posizionata
nefrostomia re-entry 24 Ch. Ad 1 settimana
abbiamo eseguito nefroscopia e biopsia a
freddo ed è stata posizionata nefrostomia 8
Ch. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a 48
ore dalla resezione ad instillazione transnefro-
stomica di Mitomicina C 40 mg/1000 cc fisiologica per 24 ore e ad una settima dal second
look alla prima di 6 intillazioni settimanali
transnefrostomiche di oncotice 1 fiala/150 cc
in 1 ora.
Risultati: Tutti i pazienti da noi trattati conservativamente per necessità per neoplasia uroteliale
dell’alta via escretrice pT1 G2 sono vivi con funzionalità renale <2.0 mg/100 e liberi da malattia
ad un follow-up medio di circa 6 anni.
Conclusioni: La resezione percutanea di neoplasia di basso grado e stadio dell’alta via
escretrice, purché condotta con accorgimenti
che garantiscono la radicalità del trattamento
(studio preoperatorio), limitino il rischio del
“seeding” (precisione dell’acccesso, dilatazione
rapida, isolamento del tramite, resezione a
bassa pressione) ed eventualmente supplementata da terapia adiuvante, rappresenta una
alternativa alla terapia standard della neoplasia
uroteliale.
INTRAVAGINAL SLIG-PLASTY NEL TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO.
I. Morra, M. Cossu, S. Guercio, G.P.
Ghignone, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento
di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli
Studi di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi,
Orbassano
Introduzione e Obiettivi: Il nostro obiettivo è stato
quello di verificare l’efficacia dell’Intravaginal
Sling-Plasty (IVS) nel trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo.
Materiali e Metodi: Da maggio 2001 a gennaio 2004 abbiamo sottoposto ad intervento
di sling con benderella in prolene con tecnica tension free, utilizzando il dispositivo
IVS, 44 pazienti di età compresa tra 45 e 78
anni, affette da incontinenza urinaria da
sforzo non associata a prolassi di segmenti
Tabella 1.
Paziente
Età Pre-Op.
Stato mono/birene
Diametro NPL cm
Istologia
F.-U. (mesi)
S.M.
65
Mono
3.5
pT1-G2
84
C.G. dx
76
Bi
0.8
pT1-G2
81
2.0
pTI-G2
81
2.8
pT1-G2
3
C.G. sn
C.G.
26
72
Mono
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
vaginali. Tutte le pazienti sono state sottoposte preoperatoriamente a indagine urodinamica, e valutazione della mobilità uretrale
con Q-tip test. Sono stati considerati affetti
da deficit sfinteriale i soggetti con un
Abdominal Leak Point Pressure (ALPP)
uguale o inferiore a 60 cm H2O. Tutte le
pazienti di questa casistica presentavano una
ipermobilità uretrale con Q-Tip test 13
pazienti presentavano un deficit sfinteriale
con ipermobilità uretrale associato in 4 casi
a instabilità detrusoriale. L’età media di questo gruppo era di 64 (range: 55-82). Le
restanti 31 pazienti presentavano un ALPP
di 40 cm H2O con ipermobilità uretrale, in 7
di queste era associata una instabilità detrusoriale. L’età media di questo gruppo era di
55 (range: 43-74). La procedura di posizionamento dell’IVS è stata eseguita in anestesia
spinale secondo la tecnica originale descritta
da Petros. I controlli post-operatori sono
stati effettuati dopo 3, 6, 12 e 24 mesi con
valutazione dello stress test, Q-tip test nei
soggetti che presentavano ancora disturbi
della continenza o della fase di svuotamento
con indagine urodinamica
Risultati: Il follow-up medio è di 13 mesi
(range: 1-31). Il tempo medio impiegato per
questi interventi è stato di 20’ (range: 1530’). In 1 caso si è verificata una emorragia
con formazione di un’ematoma retropubico
trattato conservativamente. In nessun caso si
sono verificate perforazioni della vescica. La
dimissione è avvenuta nella prima giornata
post-operatoria dopo la rimozione del catetere in 36 casi su 44. Tutte le pazienti sono
state dimesse con terapia antibiotica per i 5
giorni successivi all’intervento. 8 pazienti
hanno lamentato un lieve bruciore minzionale nei primi giorni. 2 pazienti hanno
dovuto ricorrere agli autocateterismi per difficoltà di svuotamento: la prima per circa 15
giorni, la seconda per 3 settimane. 10 delle
13 (77%) pazienti affette da deficit sfinteriale risultano asciutte, una paziente risulta
migliorata, mentre in 2 casi l’incontinenza
da sforzo è rimasta invarita. In 3 casi l’instabilità detrusoriale pre-esistente non era
documentabile al controllo urodinamico. In
una sola paziente, di questo gruppo, è insorta una instabilità detrusoriale ex novo. Tra le
pazienti con ALPP 60 cmH2O, 29 (94%)
risultano asciutte e 2 migliorate. Delle 7
pazienti con instabilità detrusoriale, 5 pre-
sentavano una risoluzione dell’instabilità al
controllo urodinamico. In 2 casi è insorta
una instabilità ex novo. Attualmente nessuna
paziente presenta segni di estrusione della
benderella.
Conclusioni: Nella nostra esperienza la tecnica di
sling senza tensione al terzo medio uretrale con
utilizzo del dispositivo IVS si è dimostrata sicura, con bassa incidenza di complicanze e una
percentuale di successo elevata. Riteniamo inoltre che l’I.V.S. possa essere indicata anche nelle
pazienti con sospetto deficit sfinteriale purchè
associato a ipermobilità uretrale.
UTILIZZO DELLO STRATASIS TF IN UN
CASO DI INCONTINENZA URINARIA DA
SFORZO COMPLICATA DA DIVERTICOLI.
I. Morra, M. Cossu, G.P. Ghignone, A. Caglià,
R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia - Dipartimento
di Scienze Cliniche e Biologiche - Università degli
Studi di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi,
Orbassano
Introduzione: L’incontinenza urinaria da sforzo è
presente nel 32% delle donne affette da diverticolo uretrale. In passato l’esecuzione di una concomitante sospensione uretrale era stata sconsigliata per l’elevata incidenza di recidive. Nel
1993 McGuire propose l’utilizzo dello sling
pubo-vaginale con fascia dei retti per la concomitante correzione dell’incontinenza. In questo
caso abbiamo voluto utilizzare un sling in sottomucosa intestinale porcina (Stratasis TF): per la
concomitante correzione dell’incontinenza questo materiale sembra favorire la migrazione e la
crescita cellulare, l’interazione tra cellule e la differenziazione, determinando una riparazione e
ricostruzione cellulare.
Materiali e Metodi: Si tratta di una paziente di
53 anni affetta da circa 2 anni da cistiti ricorrenti, algie perineali, dispareunia, incontinenza da sforzo grave con utilizzo di 6-7 pannolini al die. All’esame obiettivo si apprezzava una
piccole massa teso elastica e dolorabile in corrispondenza del terzo medio uretrale, la cui
spremitura determinava la fuoriuscita di pus
dal meato uretrale. La cistografia e l’ecografia
confermavano il sospetto di diverticolo uretrale. L’indagine urodinamica evidenziava una
genuina incontinenza da sforzo con LPP di 60
cmH2O. L’intervento di diverticulectomia è
stato effettuato mediante una incisione a U
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
27
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
rovesciata sulla parete anteriore della vagina in
corrispondenza del diverticolo, apertura della
fascia periuretrale e isolamento del diverticolo.
Il diverticolo è stato aperto per identificarne
l’ostio sulla parete uretrale. Completata l’escissione del diverticolo l’uretra è stata suturata in
continuo longitudinalmente, mentre la fascia
periuretrale è stata ricostruita trasversalmente.
Lo sling in Stratasis TF è stato quindi posizionato mediante appositi introduttori posizionando la benderella al di sotto del terzo medio
uretrale. L’integrità vescicale è stata verificata
con la cistoscopia.
Risultati: A 12 mesi dall’intervento la paziente è
continente, non usa pannolini e non lamenta
bruciori minzionali né dispareunia. L’urodinamica di controllo conferma l’assenza di
incontinenza, e l’ecografia transvaginale non evidenzia alterazioni a carico della parete uretrale.
Conclusioni: Riteniamo che non vi siano controindicazioni a eseguire una diverticulectomia con concomitante intervento di sling tension free con utilizzo di materiale riassorbibile
quale la sottomucosa intestinale porcina.
UNA NUOVA MESH PER IL TRATTAMENTO
DEL PROLASSO VAGINALE ANTERIORE.
I. Morra, M. Cossu, S. Guercio, G.P.
Ghignone, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento
di Scienze Cliniche e Biologiche ,Università degli
Studi di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi,
Orbassano
Introduzione e Obiettivi: Il nostro obiettivo è stato
quello di verificare l’efficacia della mesh Vypro II
per la correzione tension-free del prolasso vaginale anteriore.
Materiali e Metodi: Da giungo 2002 a novembre 2003 abbiamo sottoposto ad intervento di
correzione di cistocele sintomatico con mesh
Vypro II 23 pazienti di età compresa tra 55 e
83 anni. Tutte le pazienti sono state sottoposte
preoperatoriamente, oltre a all’esame obiettivo, a indagine urodinamica e cistografia. Il
prolasso vaginale è stato classificato secondo
Half Way Sistem (HWS). 4 pazienti presentavano un cistocele di grado 2, 13 un cistocele
di grado 3 e 6 di grado 4. La correzione del
prolasso è stata eseguita per via vaginale utilizzando una mesh costituita da prolene e vicril
(Vypro II), sagomata a T intraoperatoriamente.
In base alla conformazione anatomica della
28
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
paziente la mesh non viene ancorata con punti
di sospensione ma adagiata al di sotto della
vescica con i bracci della T inseriti nello scavo
pelvico attraverso un apertura della fascia lateralmente al collo vescicale. Ove necessario è
stata eseguita l’isterectomia con sospensione
della cupola vaginale o il posizionamento di
una sling tipo IVS. I controlli post-operatori
sono stati effettuati dopo 3, 6, 12 mesi con
valutazione dello stress test in clino e ortostatismo, indagine urodinamica nei soggetti che
presentavano disturbi della continenza o della
fase di svuotamento e cistografia a 6 e 12 mesi.
Risultati: Il follow-up varia da 2 a 18 mesi. Il
tempo medio impiegato per questi interventi è
stato di 60.6’ (range 45-120’). In 7 casi è stata
posizionata una sling IVS per concomitante
incotinenza da sforzo, mentre in 5 pazienti è
stata effettuata l’isterectomia per prolasso. In
un caso è stata perforata la vescica durante le
manovre di isolamento. Non si sono verificati
ematomi pelvici né si sono rese necessarie trasfusioni ematiche. La rimozione del catetere è
avvenuta in V giornata post-operatoria. 3
pazienti con prolasso di grado 4 e una paziente con prolasso di grado 3 hanno lamentato
l’insorgenza di incontinenza da sforzo de
novo. Al momento non si sono avute erosioni
della parete vaginale o estrusione della mesh.
Nessuna delle pazienti trattate presenta un
cistocele superiore al grado 1 sec HWS.
Conclusioni: L’utilizzo di questa nuova mesh in
prolene intrecciato con fili riassorbibili in
vycril si è dimostrato efficace e sicuro nel trattamento dei prolassi vaginali anteriori di grado
superiore al 2. La caratteristica principale di
questa mesh è senz’altro la parziale riassorbibilità che sembra ridurre notevolmente il
rischio di erosioni pur mantenendo una elevato tasso di successi.
VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DELLA
TERMOTERAPIA A MICROONDE CON
DISPOSITIVO DI MISURAZIONE DELLA
TEMPERATURA INTRAPROSTATICA NEL
TRATTAMENTO DELL’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA OSTRUENTE.
I. Morra, F. Vacca, G.P. Ghignone, A. Caglià,
R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia - Dipartimento
di Scienze Cliniche e Biologiche - Università degli
Studi di Torino, Azienda Ospedaliera S. Luigi,
Orbassano
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
Introduzione e Obiettivi: Negli ultimi anni
sono state introdotte diverse tecniche miniinvasive per il trattamento dell’ostruzione
minzionale da IPB. Abbiamo voluto valutare
l’efficacia della Feedback Trans Urethral
Microwave Thermotherapy (TUMT) nel trattamento dell’ostruzione da iperplasia prostatica benigna.
Materiali e Metodi: Dal novembre 2001 fino a
dicembre 2003 sono stati trattati presso il
nostro centro mediante Feedback TUMT 66
pazienti affetti da ipertrofia prostatica benigna
ostruente. I criteri di eligibilità alla termoterapia sono stati: diametro longitudinale della
prostata non inferiore a 35 mm e assenza di
terzo lobo, assenza di sospetto carcinoma prostatico. I pazienti, non portatori di catetere a
permanenza, sono stati sottoposti preoperatoriamente e 6 mesi dopo il trattamento a uroflussometria, studio pressione flusso e compilazione dell’IPSS. I trattamenti sono stati effettuati tutti in anestesia locale e la rimozione del
catetere è avvenuta dopo 2 settimane; a tutti i
pazienti è stata prescritta terapia antibiotica e
antiflogistica. Attualmente 41 pazienti su 66
hanno un follow-up post-operatorio superiore
a 6 mesi.
Risultati: L’età media dei pazienti era di 74 anni
(range: 48-85); la degenza ospedaliera media è
stata di 24 ore. Il volume prostatico medio
trattato è stato di 73 cc (range: 35-203 cc). La
durata media dei trattamenti è stata di 34
minuti (range: 5-70). In un caso la procedura
è stata sospesa per intolleranza o insorgenza di
complicanze intraoperatorie. L’IPSS medio
preoperatorio era pari a 17.2 (range: 6-33) e
dopo 6 mesi dal trattamento era di 7.6 (range:
1-22); l’IPSS Quality of Life è variato da 3.45
a 1.72 nel follow-up. Dei 41 pazienti con valutazione urodinamica pre e post-trattamento, 9
(21.9%) presentavano all’analisi avanzata di
Schafer un’ostruzione di grado 2, 16 (39%) di
grado 3, 13 (31.7%) di grado 4 e 3 (7.3%) di
grado 5 prima del trattamento; a 6 mesi 14 pz
(34.1%) presentavano un’ostruzione di grado
0, 17 (41.4%) un’ostruzione di grado 1, 8
(19.51%) un’ostruzione di grado 2 e solo 2
(4.87%) un’ostruzione di grado 3. Il flusso
massimo medio è aumentato da 6.93 ml\sec a
14.6 ml\sec. Il residuo post-minzionale medio
si è ridotto da 145 ml prima del trattamento
(range: 20-400 ml) a 35 ml. Il valore medio
della Pdet al flusso massimo è diminuita da
68.20 cmH2O a 30.05 cmH2O come pure il
valore della massima pressione detrusoriale
(da 85.53 cmH2O a 51.25 cmH2O). L’URA
media si è ridotta da 38.68 a 13.72. Nella
prima ora dopo il trattamento tutti i pazienti
hanno presentato macroematuria; il 23%
(15/66) dei pazienti ha avuto ritenzione urinaria dopo la rimozione del catetere. Un paziente è andato incontro ad un episodio di epididimite acuta un mese dopo la rimozione del
catetere. 13 pazienti su 66 (20%) hanno
lamentato pollachiuria, bruciore e urgenza
minzionale per un periodo variabile da 2-3
giorni fino a 2 mesi.
Conclusioni: I nostri dati denotano come la
TUMT sia una tecnica mini-invasiva efficace
per il trattamento dell’ostruzione cervico-prostatica; l’assenza di complicanze intraoperatorie e l’utilizzo della sola anestesia locale rendono questa procedura particolarmente allettante
per il trattamento dei pazienti ad alto rischio
anestesiologico.
NEFROLITOTRISSIA PERCUTANEA SECOND-LOOK MINIINVASIVO.
F. Nistico, F. Falvo, D. Pirritano, A. Spasari, B.
Talarico, V. Ielapi, V. Militi, M. Prencipe, F.
Ventrici
U.O. Urologia, Azienda Ospedaliera “PuglieseCiaccio”, Catanzaro
L’approccio terapeutico alla calcolosi renale a
stampo prevede, in accordo con le Linee Guida
Internazionali, la Nefrolitotrissia Percutanea
(PNL) in unico tempo, ovvero in associazione
a reintervento successivo (Second-Look) e Fo
terapia ausiliaria. Presentiamo una metodica
minimamente invasiva nella procedura di
second-look che, in anestesia locale e senza
dilatazione fasciale, utilizza l’ureterorenoscopio rigido, attraverso il tramite nefrostomico,
per l’asportazione dei frammenti residui dopo
PNL - o anche per una ulteriore litotrissia balistica - con il risultato di una bonifica completa delle cavità calico-pieliche. Negli ultimi
quattro anni (2000-2003) sono state eseguite
62 PNL e, nel 16,1% di esse (10 casi) è stato
attuato il second-look mini-invasivo. Tutti i
pazienti così trattati sono risultati stone-free,
senza necessità di reintervento in anestesia
generale e con minima ospedalizzazione.
Riteniamo tale metodica una ragionevole
opzione terapeutica in casi adeguatamente
selezionati.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
29
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
STENOSI URETRO VESCICALE POST
PROSTATECTOMIA RADICALE: INCIDENZA IN RELAZIONE AL NUMERO DEI
PUNTI ANASTOMOTICI E SUO TRATTAMENTO.
S. Perdonà, L. Gallo, L. Claudio, L. Marra, G.
Metta, A. Gallo
Istituto Nazionale Tumori, I.R.C.C.S. Fondazione
“Pascale” Napoli
Introduzione e Obiettivi: la prostatectomia radicale rappresenta oggi il gold-standard per la terapia del carcinoma prostatico localizzato. L’esecuzione della anastomosi uretro-vescicale rappresenta sicuramente uno dei momenti fondamentali di tale intervento, poiché da essa dipende l’insorgenza della stenosi post-chirurgica.
Sebbene la maggior parte degli autori la esegue
ponendo 6 punti, da una revisione della letteratura si evince che non esiste una linea di condotta unitaria per questo tempo operatorio.
Scopo del presente studio è la valutazione delle
stenosi post-operatorie e del loro trattamento
nei pazienti afferenti al nostro centro sottoposti
a prostatectomia radicale per via retropubica.
Materiali e Metodi: Sono stati arruolati 65
pazienti sottoposti ad intervento di PR per via
retropubica presso la nostra Istituzione. Età
media 62,4 (54 – 73). La casistica è stata suddivisa in tre gruppi a seconda del numero dei
punti posti sull’anastomosi uretro-vescicale:
primo gruppo 2 punti (ore 12 e ore 6), secondo
gruppo 4 punti (ore 12-3-6-9), terzo gruppo 6
punti (ore 12-2-4-6-8-10). Per ciascuno di questi pazienti è stato valutato il tempo operatorio,
l’eventuale insorgenza di stenosi dell’anastomosi
tramite uroflussimetria a 3-6-9 e 12 mesi dall’
intervento (valori di qmax < 10ml/min indicativi di stenosi) e conferma mediante uretrocistografia retrograda e minzionale.
Risultati: Gruppo 1 (2 punti): 21 pz. Giorni di
degenza postoperatoria: 5,4. Tempo di permanenza del catetere: 14 giorni. Tempo operatorio
medio: 2 ore 12 minuti. Stenosi: 3 casi.
Gruppo 2 (4 punti): 22 pz. Giorni di degenza
postoperatoria: 5,8. Tempo di permanenza del
catetere: 10 giorni. Tempo operatorio medio: 2
ore 30 minuti. Stenosi: 1 caso.
Gruppo 3 (6 punti): 22 pz. Giorni di degenza
post-operatoria: 5,6. Tempo di permanenza del
catetere: 7 giorni. Tempo operatorio medio: 2
ore 54 minuti. Stenosi: 2 casi.
Tutti i pazienti con stenosi dell’anastomosi vescico uretrale sono stati trattati mediante uretroto-
30
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
mia interna sec. Sachse con degenza media di
1.3 giorni. La cateterizzazione è stata di 5.6 giorni. In un solo caso del gruppo 1 a 9 mesi dal
trattamento si è verificata una recidiva stenotica
trattata nuovamente con uretrotomia e con catetere a dimora per 2 settimane.
Conclusioni: Non esistono differenze per l’insorgenza della stenosi post operatorie tra le varie
tecniche di anastomosi utilizzate. Inoltre il tipo
di tecnica non incide sul tempo di degenza e
sebbene da una parte ponendo 6 punti si ha una
significativa diminuzione del tempo di permanenza del catetere, dall’altra ponendo solo 2
punti si ha una notevole riduzione del tempo
operatorio. Per il tipo di stenosi verificatesi si ha
che per il gruppo 1 l’esuberanza del tessuto di
granulazione cicatriziale post-operatoria è maggiore che per i gruppi 2 e 3; ciò per il minor
numero di punti posizionati e per l’inevitabile
esuberanza e plicatura del tessuto retratto dal
monofilamento di sutura nei due punti cardinali posti in maniera tangenziale tra i due lembi.
Tutto ciò si traduce in stenosi fibrotiche più lunghe e tenaci da resecare con una maggiore tendenza alla recidiva. Per i pazienti dei gruppi 2 e
3 l’aspetto delle stenosi è invece anulare ed a
velo,
con
una
minore
componente
sclerotico–cicatriziale e senza tendenza alle recidive, come evidenziato dalla nostra casistica.
TRATTAMENTO CONSERVATIVO NELLE
NEOPLASIE INFILTRANTI (T2-T3A) DELLA
VESCICA. VALUTAZIONE RETROSPETTIVA SU 131 PAZIENTI.
S. Perdonà, L. Gallo, L. Claudio, L. Marra, G.
Metta, A. Gallo
Istituto Nazionale Tumori. I.R.C.C.S. Fondazione
“Pascale”, Napoli
Introduzione: La cistectomia radicale è la terapia
gold standard per il carcinoma vescicale (CA)
infiltrante la muscolare. Il trattamento bladder
sparing è giustificabile solo se non comprometta significativamente la sopravvivenza con un
debulking completo alla resezione transuretrale
(TUR) del CA. Abbiamo valutato con un’analisi
retrospettiva la nostra casistica considerando: la
sopravvivenza dei pz. e le recidive con follow up
minimo consolidato di 5 anni.
Materiali e Metodi: Abbiamo rivisitato 131
pazienti (pz.) in un periodo tra il gennaio 1994
ed il dicembre 1997 giunti alla nostra osservazione per CA e randomizzati con protocollo di
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
trattamento I.N.T. in 3 bracci: a) TUR + radioterapia adiuvante (43 pz.), b) TUR + chemioterapia adiuvante (61 pz.), c) TUR + chemio + radio
(27 pz.). I criteri di inclusione sono stati: 1) CA
(ristadiati con classificazione TNM 2002) pT2 e
pT3a con rispettivamente 102 e 29 pz., 2)
debulking completo allaTUR, 3) mapping negativo per ca in situ, 4) ASA elevato per chirurgia
demolitiva o rifiuto del pz. all’ablazione dell’organo, 5) CA mono o plurifocale con diametro
complessivo ≤ 3 cm, 6) assenza di idronefrosi,
7) performance status idoneo per chemio e/o
radio a scopo terapeutico, 8) consenso informato del protocollo oncologico. Il braccio a prevedeva acceleratore lineare su scavo pelvico per 45
Gy in 30 sedute [complicanze: 12 casi cistite
attinica emorragica, 7 casi stenosi ureterale
(stentig precoce), 10 casi proctite e/o diarrea
severa]. Il braccio b ha previsto tre cicli di M
VEC (complicanze: 12 casi di insufficienza renale transitoria, 21 casi di leucopenia ± transitoria). Il braccio c prevedeva 3 cicli di M VEC con
successivo ciclo di 40 Gy su vescica e linfonodi
pelvici (complicanze 6 casi di ematuria transitoria, 2 di leucopenia e 3 di proctite). Per tutti il
follow up cistoscopico è stato bimestrale.
Risultati: Braccio a: 10 pz. liberi da CA,21 pz.
cistectomia di salvataggio per recidiva infiltrante, 12 pz. TUR per recidiva superficiale con il
63.6% di sopravvivenza globale per i pz. non
cistectomizzati a 5 anni. Braccio b: 27 pz. liberi
da CA, 23 pz. cistectomia di salvataggio per
recidiva infiltrante, 11 pz. TUR per recidiva
superficiale con il 73.6% di sopravvivenza globale per i pz. non cistectomizzati a 5 anni.
Braccio c: 16 pz. liberi da CA, 7 pz. cistectomia
di salvataggio per recidiva infiltrante, 4 pz. TUR
per recidiva superficiale con il 70% di sopravvivenza globale per i pz. non cistectomizzati a 5
anni. Per i 51 pz. sottoposti a cistectomia di salvataggio, la sopravvivenza al 5° anno dalla TUR
iniziale è stata del 64.7%.
Conclusioni: Il braccio c, pur non offrendo una
sopravvivenza significativamente migliore,
garantisce il miglior intervallo tumor free con il
59.2% a 5 anni, il braccio b il 44.3% ed il braccio a il 23.2%. In conclusione le terapie combinate per pz. fortemente motivati al bladder sparing offrono un buon controllo a medio termine
ed una sopravviveza del 70% (5 anni), ma necessitano di follow up serrato con significativo disconfort. Non è ancora possibile un’analisi comparativa della sopravvivenza a lungo termine con
i cistectomizzati per insufficiente follow up.
TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLA
CALCOLOSI RENALE: NOSTRA ESPERIENZA SU 340 CASI.
V. Petterle, V. Scarpa, S. Valerio, E. Bassi
Dipartimento Nefro-Urologico, Ospedale Civile di
Conegliano, Treviso
Gli Autori riferiscono l’esperienza maturata negli
ultimi 13 anni su 340 casi di litotrissia percutanea eseguita per calcolosi renale. Effettuano una
analisi della casistica trattata, della tecnica attuata e dei risultati ottenuti. Ribadiscono il valore
della metodica che andrebbe maggiormente
estesa al trattamento della calcolosi renale, in
relazione al basso costo dello strumentario
necessario, all’efficacia della tecnica, e ai tempi
brevi di degenza che essa consente, anche in
monoterapia.
Materiali e Metodi: 340 i casi di calcolosi renale,
multipla (83), a stampo (98), pelvica (95), giuntale (64). I calcoli risultavano composti da struvite nel 62% dei casi, da ossalato di calcio nel 30%
dei casi e da cistina da acido urico nei restanti
casi. L’accesso percutaneo operativo è sempre
stato realizzato sotto controllo fluoroscopico, di
regola unico (multiplo 13 volte), sottocostale
(tranne 25 volte), tramite puntura del calice prescelto, posizionamento preliminare di guida
metallica e dilatazione coassiale con i dilatatori di
Alken.
La litotrissia ad ultrasuoni è stata eseguita contestualmente all’accesso in un’unica seduta in quasi
l’80% dei casi: la singola seduta ha avuto durata
variabile da 35 minuti a 90 minuti; è stata eseguita la “sandwich therapy” nel 20% circa dei casi
(pcn-eswl) di quei frammenti inaccessibili
mediante l’accesso percutaneo.
Risultati: Dall’analisi della loro casistica gli
Autori rilevano la percentuale elevata di stone
free anche in monoterapia, e considerano la
pcnl tecnica gold standard nei calcoli della
pelvi e/o pielocaliceali inferiori o giuntali di
1000 mm2, perchè efficace, rapida, sicura ed
economica. I risultati in termini di pazienti
stone-free sono influenzati sia dal volume del
calcolo, sia dall’anatomia del sistema collettore
che dalla sua dilatazione. Stone free dopo
monoterapia (superficie del calcolo): 0-1000
mm2 85,2%; 1000-1500 mm2 86,8%; oltre
1500 mm2 86%. Stone free dopo pcnl-eswl
92%. Per 187 pz era disponibile un follow-up
di almeno sei mesi. Infine, in ragione dell’elevato rischio di recidiva è obbligatorio uno
stretto follow-up di questi pz.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
31
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
UTILIZZO DI SPIRALI NON FERROMAGNETICHE NEL TRATTAMENTO PERCUTANEO DEL VARICOCELE SINISTRO.
F. Poletti1, C. Marcato2, L. Astesana1, U.
Maestroni1, A. Salvaggio1, P. Cortellini1
1
Unità Operativa di Urologia e 2Istituto di Scienze
Radiologiche, Azienda Ospedaliera e Università di
Parma
Secondo le linee guida della S.I.A. il varicocele è
una patologia caratterizzata dalla comparsa di
varici del plesso pampiniforme.
Il trattamento può essere effettuato con tecniche
chirurgiche o con tecniche percutanee. L’imporsi
della tecnica percutanea deriva oltre che dalla
miniinvasività della procedura anche dalla elevata percentuale di recidive o meglio di persistenze del reflusso spermatico in seguito a chirurgia tradizionale, dovuta alla mancata legatura
di tutte le vene refluenti e dalla possibilità di
complicazioni del circolo linfatico particolarmente significative in caso di legatura in sede
inguinale o subinguinale.
A partire dagli anni 90 abbiamo trattato con tecnica per cutanea oltre 700 casi di varicocele.
Fino a 4 anni fa abbiamo essenzialmente utilizzato solo la tecnica della sclerotizzazione del circolo venoso spermatico interno e questo ci ha
portato a registrare una percentuale di recidive
(o persistenze) del 8%. Per tale motivo abbiamo
deciso di associare alla sclerotizzazione anche la
embolizzazione della vena spermatica principale mediante spirali non ferromagnetiche laddove
la vena presenta un calibro pari o superiore a 6
mm.
Dapprima sono state utilizzate spirali di tungsteno e successivamente di platino.
Tale scleroembolizzazione è stata praticata
essenzialmente nei varicoceli di 2° e 3° grado
sec. Dubin mentre la sola sclerotizzazione è stata
praticata nei varicoceli di 1° grado.
Questo protocollo (utilizzato per il trattamento
di 250 varicoceli) ci ha consentito di ridurre le
recidive dal 8% al 1-2%.
Nessuna complicanza è stata registrata in seguito alla apposizione delle spirali che sono risultate di facile applicazione attraverso il catetere
angiografico 5 F utilizzato anche per la flebografia superselettiva e per la sclerotizzazione.
PROSTATECTOMIA LAPAROSCOPICA
CON GRAFT DI NERVO SURALE: RISULTATI FUNZIONALI.
32
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, F. Ragni, G.P.
Ghignone, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento
di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli
Studi di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano,
Torino
Introduzione e Obiettivi: La prostatectomia radicale laparoscopica ha guadagnato nel corso dell’ultimo decennio sempre maggiore popolarità in
seno alla comunità urologica grazie alla miniinvasività della tecnica e ai favorevoli risultati
funzionali. Lo scopo di questo studio è quello di
valutare i risultati funzionali, in termini di
potenza sessuale, dopo prostatectomia radicale
nerve sparing monolaterale e graft di nervo surale controlaterale.
Materiali e Metodi: Sono stati presi in considerazione 29 pazienti sessualmente attivi affetti da
carcinoma della prostata (stadio clinico T1cT2a, PSA < 10 ng/ml e Gleason Score < 7), afferenti alla nostra Divisione. 15 pazienti (gruppo
A) sono stati sottoposti a prostatectomia radicale nerve sparing monolaterale con graft di nervo
surale controlaterale, 14 pazienti (gruppo B),
sono stati sottoposti a prostatectomia laparoscopica nerve sparing monolaterale. I pazienti sono
stati successivamente coinvolti nel programma
di riabilitazione sessuale mediante terapia iniettiva intacavernosa precoce e successiva assunzione di 5 PDE inibitori per os. La valutazione
della funzione erettile è stata condotta nel pre e
nel post-operatorio, successivamente a 3, 8 e 12
mesi mediante questionario IEEF 5. Le analisi
statistiche sono state condotte mediante Chi
quadro e test di Fisher.
Risultati: I due gruppi risultavano sovrapponibili in termini di caratteristiche cliniche (età, stadio della malattia, numero di biopsie positive,
lateralità della neoplasia IEEF 5 pre-operatorio)
A 12 mesi dall’intervento, per i pazienti del
gruppo A risultava evidente un significativo
miglioramento dello score IEEF 5 rispetto al
post-operatorio (p<0.001), mentre questo
miglioramento non risultava statisticamente
significativo per i pazienti del gruppo B
(p>0.05). Complessivamente si registrava una
percentuale di erezioni valide (sufficienti per la
penetrazione vaginale) pari al 41% nei pazienti
del gruppo A e pari al 20% nei pazienti del
gruppo B.
Conclusioni: I risultati di questo studio, pur con
i limiti imposti dalla ridotta numerosità campionaria, dimostrano che mediante il graft del
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
nervo surale è possibile ottenere un significativo
miglioramento in termini di mantenimento
della potenza sessuale. A nostro avviso, ulteriori
esperienze appaiono necessarie per convalidare
questa tecnica.
ACCESSO PREVENTIVO AL PEDUNCOLO
RENALE IN CORSO DI NEFRECTOMIA
RADICALE LAPAROSCOPICA SINISTRA:
VARIANTI DI TECNICA.
F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, C. Terrone, M.
Cossu, I. Morra, M. Poggio, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento
di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli
Studi di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano,
Torino
Introduzione: Uno dei principi dell’asepsi oncologica nella chirurgia radicale del carcinoma
renale è rappresentato dall’accesso preventivo al
peduncolo. Scopo del video è dimostrare la
riproducibilità di tale principio in chirurgia
laparoscopica con due diversi accessi in corso di
nefrectomia radicale sinistra.
Paziente 1: Il primo caso si riferisce all’accesso
preventivo all’arteria renale attraverso il Treitz.
Introdotti quattro trocars da 12 mm. si ispeziona la cavità addominale e si reperiscono la vena
mesenterica inferiore, l’aorta e la flessura duodeno-digiunale. L’intervento inizia con la sezione
del legamento di Treitz e lo scollamento della
quarta porzione duodenale. Si espone lo spazio
retroperitoneale pre-aortico. L’esposizione dell’aorta prosegue cranialmente sezionando una
piccola arteria lombare e successivamente l’arteria gonadica sinistra. La dissezione prosegue al
di sotto della vena renale fino ad individuare
l’arteria renale sinistra che viene accuratamente
liberata dalle strutture linfatiche, isolata alla sua
emergenza con il dissettore e legata con nodo
extracorporeo a sua volta fissato con nodo laparoscpoico intracorporeo. In asepsi neoplastica si
procede al tempo della nefrectomia iniziando
con la mobilizzazione della flessura splenica e
del colon discendente.
Paziente 2: Nel secondo caso l’accesso preventivo al peduncolo renale procede attraverso l’incisione della doccia parietocolica sinistra e dei
legamenti freno-colico e spleno-parietale che
consentono la mobilizzazione mediale della flessura splenica, della milza e della coda del pancreas, che vengono progressivamente scollate
dalla fascia di Toldt fino ad individuare il
peduncolo renale che appare in intimo rapporto
con la flessura duodeno-digiunale. Sezionato il
Treitz si espone un’arteria polare di minor calibro che viene campata all’emergenza con emolock e sezionata. Si individua l’arteria principale
che viene isolata con il dissettore, campata all’emergenza con emolock e sezionata. Liberata la
vena renale con dissettore si procede alla sua
sezione con endogia. La dissezione procede cranialmente con l’isolamento del peduncolo surrenalico medio che viene sezionato previa apposizione di emolock. Si procede quindi alla liberazione progressiva della loggia renale dal muscolo psoas sezionando con endogia i vasi gonadici.
Si isola quindi l’uretere che viene clippato e
sezionato nella sua porzione lombare. La liberazione della loggia renale dai piani muscolari
posteriori prosegue cranialmente fino ad esporre
le fibre del diaframma.
L’intervento termina con la lifadenectomia pre e
latero-aortica e con l’estrazione in endobag del
rene e della sua atmosfera adiposa.
Conclusioni: L’accesso preventivo al peduncolo
renale attraverso il Treitz, in corso di nefrectomia
radicale laparoscopica sinistra, è possibile solo in
pazienti selezionati. Negli altri casi si può
comunque rispettare il principio dell’asepsi
oncologica attraverso la medializzazione della
flessura colica sn., della milza e della coda del
pancreas, ottenendo una eccellente esposizione
dell’arteria e della vena renale sn. in assenza di
manipolazioni della loggia renale.
TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO DI
CARCINOMA CORTICOSURRENALICO
DESTRO.
F. Porpiglia1, R. Tarabuzzi1, M. Cossu1, C.
Fiori1, A. De Lisa2, P. Usai2, E. Usai2, R.M.
Scarpa1
1
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento
di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli
Studi di Torino, Ospedale San Luigi - Orbassano,
Torino; 2Divisione Universitaria di Urologia,
Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Trapianti
d’Organo, Università degli Studi di Cagliari,
Ospedale S. S. Trinità, Cagliari, Italia
Introduzione: Nell’ultimo decennio la laparoscopia ha assunto un ruolo preminente nel trattamento di molte patologie in ambito urologico; in
particolare questa tecnica è diventata il “gold
standard” nella cura della più parte delle lesioni
surrenaliche. Tuttavia il ruolo della laparoscopia
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
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Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
nel trattamento di lesioni surrenaliche maligne è
a tutt’oggi materia di vivace dibattito, in quanto
i pochi dati disponibili in letteratura non consentono un giudizio univoco circa l’efficacia
della procedura. Presentiamo un caso di surrenectomia laparoscopica destra eseguita per carcinoma cortico-surrenalico (ACC).
Case Report: Si tratta di una paziente di 38 anni
in buone condizioni generali con riscontro incidentale di lesione surrenalica destra del diametro di 9 cm circa. Si posiziona la paziente in
decubito laterale sinistro e si introducono 4 trocar da 12 mm. Dopo aver creato lo pneumoperitoneo, si incide il peritoneo sottoepatico e si
medializza la seconda porzione del duodeno.
L’incisione prosegue lungo il margine posteriore
del fegato, fino al legamento triangolare che
viene sezionato. La superficie anteriore della
lesione surrenalica viene progressivamente liberata dalla superficie inferiore del fegato. La dissezione della loggia surrenalica prosegue liberando la lesione dalla loggia renale e dalla parete muscolare posteriore.
Il margine superiore della massa viene liberato
dalle aderenze con la superficie epatica e dalle
connessioni diaframmatiche. Durante questa
fase si identifica e si seziona un voluminoso
peduncolo superiore. Dopo aver adeguatamente
mobilizzato la massa, si prosegue nella dissezione lungo il margine laterale della cava fino ad
isolare la vena surrenalica che viene clippata e
sezionata. Infine, si completa la liberazione della
loggia surrenalica dai piani muscolari posteriori.
A questo punto si isola e successivamente si lega
e si seziona il peduncolo arterioso mediale. La
massa viene estratta mediante endobag. Si ispeziona la loggia surrenalica che dimostra la radicalità dell’intervento ed il buon controllo dell’emostasi. L’intervento è durato 120 minuti e le
perdite ematiche sono risultate minime. Non
sono state registrate complicanze intra-postoperatorie. La paziente è stata dimessa in III giornata postoperatoria. L’esame istologico è risultato
compatibile con adenocarcinoma surrenalico a
basso grado di malignità in stadio II di
MacFarlane.
Conclusioni: Il case report da noi presentato
dimostra che la laparoscopia è una tecnica
impiegabile nel trattamento dell’ACC.
Ovviamente, non è ancora possibile esprimere
un giudizio definitivo circa l’efficacia oncologica
di tale procedura. Tuttavia, riteniamo che, se
vengono rispettati i principi della chirurgia
oncologica, la surrenectomia laparoscopica per
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
questo tipo di lesioni sia una procedura efficace
al pari della tecnica “open”.
CISTECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA: STUDIO DI FATTIBILITÀ.
F. Porpiglia, R. Tarabuzzi, C. Terrone, C.
Cracco, G.P. Ghignone, M. Poggio, R.M.
Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Dipartimento
di Scienze Cliniche e Biologiche, Università degli
Studi di Torino, Ospedale San Luigi, Orbassano,
Torino
Introduzione: Lo sviluppo della laparoscopia urologica ha determinato, in alcuni centri, l’introduzione di tale approccio per l’esecuzione della
cistectomia radicale. Scopo del lavoro è analizzare i risultati nei primi 10 casi da noi trattati,
con particolare riferimento alla fattibilità di tale
procedura.
Pazienti e Metodi: Dal novembre 2002 al gennaio
2004 abbiamo eseguito 10 cistectomie radicali
con l’approccio laparoscopico transperitoneale.
L’età media dei pazienti (8 maschi; 2 femmine)
era di 60.7 anni (range 42-78). L’indicazione
all’intervento, in tutti i pazienti, è stata posta per
diagnosi istologica dopo TURB di neoplasia
transizionale infiltrante. Il tempo della cistectomia e della linfoadenectomia regionale sono stati
eseguiti con approccio laparoscopico transperitoneale con 3 trocars da 12 mm e 2 trocars da 5
mm. Nei 4 casi sottoposti a sostituzione vescicale con neovescica ad Y, il serbatoio ileale è stato
confezionato attraverso una minilaparotomia e
l’intervento è poi proseguito per via intracorporea con le anastomosi tra neovescica ed uretra ed
uretero-ileali. Nei 6 casi sottoposti a derivazione
urinaria esterna non continente con condotto
ileale sec. Bricker, dopo la cistectomia e la linfoadenectomia pelvica laparoscopica l’intervento è proseguito e terminato per via minilaparotomica. Sono stati quindi valutati i tempi operatori, le perdite ematiche, le complicanze perioperatorie, il decorso post-operatorio ed i risultati istologici.
Risultati: Il tempo medio relativo alla cistectomia
e alla linfoadenectomia è risultato di 130 minuti
(range 110-150); il tempo relativo alla sostituzione vescicale con neovescica ad Y di 250 minuti
(range 220-260); il tempo relativo alla derivazione di Bricker di 100 minuti (range 80-120). Le
perdite ematiche medie sono risultate di 650 ml.
(range 500-800). In nessun caso il tempo della
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
laparoscopia è stato convertito a cielo aperto.
Non si sono osservate complicanze maggiori
perioperatorie. Complicanze minori (febbre, linforrea prolungata, scompenso cardiaco) sono
state osservate in 3 pazienti (30%). L’utilizzo di
analgesici è stato limitato alla I GPO. Nei pazienti con neovescica ortotopica il tempo medio di
cateterismo è risultato di 17 gg. (range 14-25). Il
tempo medio di ricovero, in tutti i pazienti, è
risultato di 16 gg. (range 13-28). L’esame istologico è risultato pT0 in 2 casi, pT2 in3, pT3 in 3,
pT4 in 2. Il numero medio di linfonodi asportati è risultato 19 (range 8-26); 2 pazienti sono
risultati N+ (20%). In tutti i casi i margini di resezione sono risultati indenni da neoplasia.
Conclusioni: La cistectomia radicale laparoscopica rappresenta ancora una procedura pionieristica ad elevato grado di difficoltà, anche per
urologi con adeguato training laparoscopico.
Per quanto riguarda il tempo demolitivo la laparoscopia è in grado di riprodurre i principi
oncologici della chirurgia “open” rispettando il
concetto di mininvasività con tempi operatori
accettabili. Il tempo ricostruttivo nella nostra
esperienza richiede tempi lunghi e, quando eseguito con tecnica combinata, sembra ridurre i
vantaggi della laparoscopia.
UTILIZZO DI PROTESI ALLOGENICHE
NEL TRATTAMENTO PER VIA VAGINALE
DEL COMPARTIMENTO ANTERIORE.
T. Realfonso, R. Sanseverino, U. Di Mauro,
O. Intilla, R. Angrisani, A. Campitelli
U.O.C. Urologia, Ospedale Umberto I, Nocera
Inferiore, Salerno
Introduzione: L’introduzione di protesi allogeniche ha permesso di migliorare sensibilmente i
risultati di correzione del prolasso anteriore
nella donna.
Materiali e Metodi: Abbiamo utilizzato due tipi di
protesi allogeniche: una sintetica in polipropilene ed una biologica a base di collagene
(Pelvicol). La protesi viene configurata in una
forma rettangolare per il sostegno vescicale o
con una bandeletta sotto-uretrale in caso di
ipermotilità associata a prolasso.
Risultati: Abbiamo valutato 12 donne non sessualmente attive, trattate con protesi in polipropilene: la riparazione è stabile tra 11 e 25
mesi dopo l’intervento. Non si è osservata nessuna erosione dell’uretra o della vescica; due
erosioni della vagina sono state trattate in
maniera conservativa. Abbiamo utilizzato il
biomateriale in 7 casi: in due abbiamo configurato la protesi con una bandeletta sotto-uretrale. In una sola paziente si è verificata una
disuria post-operatoria che ha reso necessario
il riposizionamento con minore tensione della
bandeletta sotto-uretrale.
Conclusioni: l’utilizzo di protesi allogeniche permette di ottenere risultati più stabili a medio termine nella correzione del prolasso vaginale.
L’introduzione dei biomateriali dovrebbe ridurre
le complicanze legate alle protesi sintetiche.
STRATEGIE TERAPEUTICHE NELLA CALCOLOSI DEL RENE TRAPIANTATO.
A. Rocca, F. Lasaponara, F. Cauda, U.
Ferrando
S.C. Urologia 3, Ospedale Molinette, Torino
Presso il nostro Centro Trapianti sono stati eseguiti a partire dal 1981 più di 1500 trapianti di
rene (0,7%). I casi di litiasi urinaria riscontrati
sono 15 (6 maschi e 9 femmine) di età compresa tra i 13 ed i 57 anni. La litiasi a carico del rene
trapiantato è stata riscontrata da 4 mesi a 8 anni
dopo il trapianto. Si trattava in 7 di litiasi renale,
in 1 caso di litiasi duplice pielica ed ureterale, in
6 casi di litiasi ureterale (uno duplice via escretrice nativa e del graft in paziente sottoposto a
uretero-ureteroanastomosi) ed 1 di litiasi vescicale (paziente sottoposta ad enterocistoplastica).
Le dimensioni dei calcoli erano comprese tra i 4
ed i 22 mm. Si è resa necessaria l’applicazione di
pielostomia percutanea preventiva in 4 pazienti.
Si è ricorsi alla terapia medica in 6 casi, all’URTS
in 6 casi (3 risultato infruttuoso), a litotripsia
endovescicale in 1 caso ed a ESWL in 7 casi (2
infruttuosi, in un caso sono stati necessari 3 trattamenti) 1 caso di PCNL. In nessun caso si è
verificata una steinstrasse, nè si è dovuti ricorrere a sedute dialitiche dopo trattamento. Sono
risultati stone-free 11 pazienti, mentre in 4 la
concrezione residua era 3 mm. I valori di creatinina dopo terapia sono stati compresi tra 0,9 e
1,7 dl/ml senza significativa perdita funzionale.
La litiasi infetta o di piccole dimensioni, purché
non ostruente e suscettibile di terapia medica.
L’ESWL con litotritori di terza generazione si è
dimostrata efficace in una buona percentuale di
calcoli sia renale che ureterali in considerazione
del fatto che l’uretere del graft conserva una
buona peristalsi. L’ureteroscopia si è dimostrata
efficace nei casi un cui è stato possibile risalire
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
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Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
attraverso l’anastomosi. Tale manovra, però, e
oggettivamente difficoltosa sia per l’abituale sede
di impianto, che per la tecnica antireflusso: per
questi motivi è pressoché routinario il ricorso ad
una pielostomia derivativa nel caso di ostruzione. La pielostomia permette un’agevole accesso
al rene per una trattamento percutaneo miniinvasivo senza compromissione funzionale. Il
trattamento deve quindi essere precoce ed attuato presso centri con competenza specifica in
quanto il buon risultato è legato alla possibilità
di ricorrere, caso per caso, a trattamenti diversificati a seconda del particolare momento patologico. Va sottolineata l’importanza del confezionamento anastomotico sulla parete vescicale
laterale al fine di rendere possibili i trattamenti
endoscopici. La tecnica percutanea, che fino ad
oggi ha avuto scarso spazio in questi pazienti,
sarà sempre più utilizzata quando l’ureteroscopia si dimostrasse attuabile, in considerazione di
un tramite già posizionato, di camice di piccolo
calibro, strumenti flessibili ed energie laser.
NOSTRA ESPERIENZA NEL MANAGEMENT DELLE STENOSI URETERALI.
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M.
Aquilino, L. Fondacaro, A. Lazzara, M. Motta
Clinica Urologica II, Università di Catania
Introduzione e Obiettivi: Le stenosi ureterali possono presentare diverse cause eziologiche.
L’obiettivo del nostro studio è quello di descrivere le tecniche da noi utilizzate nel trattamento
delle stenosi riportando i risultati confrontati
con la letteratura.
Materiali e Metodi: Sono stati arruolati pazienti
trattati con endoureterotomia presso il nostro
reparto dal gennaio 2002 al settembre 2003. Gli
studi radiologici realizzati di routine sono: l’urografia e la pelografia retrograda abitualmente
sufficienti per valutare la localizzazione e l’estensione della stenosi. Complessivamente sono stati
trattati 14 pazienti: 8 con stenosi del giunto
pielo-ureterale e 6 con stenosi iatrogene dell’uretere. Il trattamento di scelta era rapresentato
dall’incisione endoscopica realizzato per via percutanea nel caso di stenosi del giunto pielo-ureterale, mentre il restante tratto dell’uretere è
stato trattato per via retrograda o combinata, ad
es. nei pazienti con stenosi dell’anastomosi
vescicale in rene trapiantato. L’incisione endoscopica può essere effettuata sotto visione con
lama a freddo, con laser o con elettrodo. Gli
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Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Autori preferiscono eseguire l’endoureterotomia
usando ureteroscopio semirigido o flessibile,
lama a freddo o holmium laser. L’appropropriata
direzione dell’incisione endoscopica è la seguente: incisione laterale o postero-laterale a livello
dell’uretere prossimale; incisione anteriore nell’uretere pelvico; incisione anteriore nell’uretere
distale. Si evidenzia l’esteso stravaso del mezzo
di contrasto e quindi si dilata usando un catetere a palloncino fino a 6/7 mm. Viene quindi
posizionato uno stent JJ ureterale 7/14 che nelle
stenosi dell’uretere distale viene posizionato in
maniera opposta che nell’endopielotomia. Lo
stent ureterale JJ viene rimosso dopo 4/6 settimane.
Risultati: Il follow up mediano è stato di 7 mesi
con una percentuale di successo del 61%.Il
tempo operatorio medio è stato di 120+/- 30
min. In 2 casi è stato necessario eseguire nefrectomia per importante idronefrosi e GRF inferiore al 10%; in 1 è stata eseguita pieloplastica per
il recidivare della sstenosi; in 1 paziente si è
intervenuti eseguendo reimpianto uretero-vescicale sec Barry.
Conclusioni: Una varietà di metodiche mini invasive nel trattamento delle stenosi ureterali sono
oggi disponibili. La dilatazione a palloncino è
l’approccio più semplice di prima istanza.
L’incisione endoscopica può essere eseguita per
via anterograda o retrograda. Lo stent viene
posizionato per circa 6 settimane. Nuove endoprotesi sono oggi disponibili, ma a lungo termine hanno insuccesso.
URETEROCUTANEOSTOMIA: NOTE DI
TECNICA PER MIGLIORARE L’ACCESSO
RETROGRADO CON STRUMENTI RIGIDI.
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Marchese, M.
Burrello, B. Giammusso, A. Lazzara, M.
Motta
Clinica Urologica II, Università di Catania
Introduzione: L’utilizzo dell’ureterocutaneostomia
come derivazione urinaria è oggi impiegato solo
in casi selezionati. Nei casi in cui ancora viene
impiegata, è importante poter avere un facile
accesso all’uretere e alla via escretrice intrarenale che abitualmente si ottiene tramite l’utilizzo di
strumenti flessibili.
Materiali e Metodi: Riportiamo la nostra esperienza a proposito di un caso di stenosi complessa dell’anastomosi uretero-neovescicale in
una donna di 50 anni dove, per la ridotta lun-
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
ghezza dell’uretere utilizzabile per la reanastomosi, si è proceduto al confezionamento di
necessità di una ureteroscutaneostomia con lo
stoma cutaneo posizionato in corrispondenza
della linea ascellare posteriore sull’ombelicale
traversa invece del normale posizionamento sui
quadranti anteriori dell’addome. Dopo 8 anni la
paziente ha sviluppato nello stesso rene trattato
un calcolo a stampo con classica indicazione alla
nefrolitotomia percutanea. Tuttavia si è deciso di
realizzare l’approccio al calcolo per via ureterale
retrograda dal tramite ureterostomico con un
mininefroscopio rigido 15 F. utilizzando energia
balistica per la litotrissia. Il caso è stato risolto in
unica sessione senza anestesia.
Risultati: In seguito a questa esperienza, consigliamo di effettuare questo tipo di ureterocutaneostomia con posizionamento dello stoma tra
la linea ascellare media e posteriore, specialmente in pazienti che necessitano di uno stretto
follow up endoscopico delle alte vie urinarie o
che sono a rischio di recidiva litiasica. Questo
approccio infatti offre al paziente la possibilità di
manipolare autonomamente le sacche per il raccoglimento delle urine e nello stesso tempo permette l’utilizzo di strumenti rigidi (ureteroresettore) o semirigidi nel trattamento di eventuali
patologie delle alte vie urinarie. La differenza tra
le due metodiche si riflette sull’anatomia del
decorso ureterale che, mentre nell’intervento
classico è provvisto di un accesso cutaneo con
una doppia angolatura ureterale (cutanea e
giunto pielo ureterale) che rende difficile l’utilizzo di strumenti rigidi, nel secondo caso porta lo
stoma ureterale e il decorso dell’uretere quasi in
asse con il calice inferiore, permettendo un
approccio sovrapponibile a quello percutaneo.
AMPIA LESIONE URETERALE IATROGENA POST URETEROLITOTRISSIA: RISOLUZIONE DI UN CASO.
A. Saita, A. Bonaccorsi, M. Burrello, F.
Guzzardi, S.V. Condorelli, M. Motta
Clinica Urologica II, Università di Catania
Obiettivi: Oggi l’ureteroscopia rappresenta il
gold standard nel trattamento della calcolosi
ureterale. È ormai pratica routinaria che però
non è scevra da complicanze quali: avulsione,
perforazione, stenosi dell’uretere, sepsi. Tali
complicanze possono determinare dei reliquati
severi. Descriviamo il caso di una paziente
monorene funzionale destro con una stenosi
iatrogena complessa (post ureterolitotrissia) a
carico dell’uretere lombo-iliaco destro della lunghezza di circa 5 cm.
Materiali e Metodi: Paziente di 36 anni, monorene funzionale destro, in seguito a calcolosi dell’uretere pelvico destro è stata sottoposta, presso
altra struttura sanitaria, ad ureterolitotrissia
complicatasi con perforazione dell’uretere sottogiuntale e malposizionamento di stent ureterale
JJ destro esitando in setticemia. La paziente
quindi è stata ricoverata in unità di terapia intensiva e contestualmente sottoposta a posizionamento di nesfrotomia percutanea destra. Giunta
alla nostra osservazione sono state eseguite: ecografia renale, Tc addome e pelvi, contrastografia
transnefrostomica, pielografia ascendente ed
ureteroscopia diagnostica che evidenziano la
presenza di estesa stenosi dell’uretere lombo-iliaco destro e rene grinzo sinistro. Il caso è stato
risolto eseguendo nefrectomia sinistra e crociatura dell’uretere controlaterale con il rene destro.
Risultati: Le alternative terapeutiche di ricostruzione di uretere non utilizzabili in caso di segmenti estesi stenotici sono rappresentati: sostituzione ureterale con anse ileali; plastica secondo
psoas Hitch con lembo di Boari; autotrapianto.
Tuttavia, l’intervento eseguito è stato invece:
esplorazione chirurgica dell’uretere sinistro anastomizzandolo alla pelvi renale destra incrociando l’uretere al di sotto della radice del meso. La
nefrostomia percutanea destra è stata rimossa
dopo due settimane, mentre lo stent ureterale
dopo quattro settimane. Il follow up a 12 mesi
ha evidenziato una normale funzionalità renale.
Conclusioni: Il caso presentato sottolinea l’importanza dell’esplorazione dell’intero albero urinario
bilateralmente in quanto, come in questo caso,
può essere utilizzato il distretto non funzionante
in interventi ricostruttivi a carico della via escretrice controlaterale.
TRATTAMENTO DEI DIVERTICOLI CALICIALI. NOSTRA ESPERIENZA E REVISIONE DELLA LETTERATURA.
A. Saita, A. Bonaccorsi, F. Nicolosi, F.
Marchese, B. Giammusso, M. Motta
Clinica Urologica II, Università di Catania
Introduzione e Obiettivi: I diverticoli caliciali sono
spesso associati alla presenza di calcoli. Il trattamento di tale patologia a tutt’oggi non è standardizzato. Nei dati della letteratura revisionati in
effetti si rilevano delle discordanze sul tipo di
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
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Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
trattamento da eseguire in tali circostanze. Sulla
base della nostra esperienza proponiamo la
nostra strategia nel trattamento dei diverticoli
caliciali.
Materiali e Metodi: Sono stati trattati presso la
nostra Divisione 12 diverticoli caliciali associati a calcolosi: 3 diverticoli del gruppo caliciale superiore con colletto patent e calcolo di
diametro < ad 1 cm trattati con ESWL in
prima istanza ed in un caso secondo trattamento con ureterorenoscopia flessibile. Due
casi di diverticoli del calice superiore uno e del
calice medio l’altro entrambi ≤ ad 1.5 cm trattati con ureterorenosscopia flessibile. In 3 casi
calcoli dei diverticoli caliciali ≤ 2 cm trattati
con approccio percutaneo ed infine 1 calcolo
delle dimensioni di 4 cm allocato in un diverticolo del gruppo anteriore dei calici inferiori
per il quale si è consigliato trattamento open.
Risultati e Conclusioni: Dei casi trattati gli stone
free a 3 mesi sono stati pari al 65 %. In relazione
alla nostra esperienza ed ai risultati riportati dalla
letteratura proponiamo il seguente algoritmo di
trattamento della calcolosi nei diverticoli caliciali
nei pazienti sintomatici. Calcoli dei diverticoli
caliciali superiore e medio con colletto patent ≤
1 cm trattamento ESWL. Calcoli ≤ 2 cm parzialmente “patent” uretero-renoscopia flessibile.
Calcoli del gruppo caliciale inferiore = 3 cm
nefrolitotrissia per cutanea ed infine calcoli dei
gruppi caliciali anteriori delle dimensioni di 4
cm approccio chirurgico open o laparoscopico.
38
cistica 12 ch., in due tempi con un quantitativo
di etilene corrispondente al 20% del contenuto
cistico.Le dimensioni medie delle cisti erano di
79 ± 11.78 mm (range 60 - 100). Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ecografia e TC addomino-pelvica. Il follow up è stato realizzato a 1,
3, 6, 9, 12 mesi con ecografia ed esame delle
urine. I parametri considerati come successo
sono stati i seguenti: diametro massimo della
cisti inferiore al 50% del diametro alla diagnosi
e risoluzione della sintomatologia algica.
Risultati: Due pazienti non sono stati sottoposti a
trattamento per la presenza di contenuto ematico intracistico al momento della puntura. Al follow up si riscontrava la progressiva riduzione
del volume cistico che raggiungeva un diametro
medio di 40 ± 16.8 mm a 1 mese; 37 ± 14.8 mm
a 3 mesi; 29.8 ± 13.5 mm a 6 mesi; 26 ± 13.8
mm a 9 mesi e 11.5 ± 6.36 a 1 anno.Non è stata
registrata nessuna complicanza o recidiva significativa.
Conclusioni: Con questa metodica è stata dimostrata la completa risoluzione del quadro sintomatologico con tempi di ricovero minimi (2
giorni) e senza complicanze significative a breve
o a lungo termine. Sottolineiamo inoltre un
aspetto particolare di nostra osservazione che è
la progressiva riduzione nel tempo del volume
cistico.
SCLEROTIZZAZIONE PERCUTANEA DELLE CISTI RENALI CON ETILENE. PARTICOLARE OSSERVAZIONE DELLA RIDUZIONE VOLUMETRICA NEL TEMPO.
A. Saita, M. Aquilino, A. Bonaccorsi, A.
Polara, F. Guzzardi, S.V. Condorelli, M. Motta
Clinica Urologica II, Università di Catania
TURP IN ANESTESIA LOCALE CON RESETTORE BIPOLARE.
R.M. Scarpa1, C. Scoffone1, C. Terrone1, F.
Porpiglia1, R. Tarabuzzi1, I. Morra1, M.
Cossu1, F. Vacca1, G.P. Ghignone1, S. Guercio1,
M. Poggio1, R. Rocci Ris2, C. Caretto2, A.
Tempia2
1
Divisione Universitaria di Urologia, Azienda
Ospedaliera S. Luigi; Orbassano (To); 2Divisione
Universitaria di Anestesia e Rianimazione
Obiettivi: Le cisti renali rappresentano una condizione patologica frequente diagnosticata attraverso le metodiche di imaging, solitamente asintomatiche.
Descriviamo la nostra esperienza nel trattamento delle cisti semplici con aspirazione percutanea, e sclerotizzazione con etanolo in due tempi
a distanza di 24 h.
Materiali e Metodi: Nello studio sono stati inclusi 42 pazienti affetti da cisti renali semplici sintomatiche trattate con sclerotizzazione percutanea, dopo posizionamento di nefrostomia intra-
In questo video presentiamo un intervento di
TURP eseguito, con resettore bipolare, in anestesia locale indotta mediante catetere di Schelin
utilizzato per la somministrazione di farmaci
intra e periprostatici. Il catetere ideato da
Schelin è autostatico e presenta un canale operativo nel quale può essere introdotta un’agocannula di 1,2 mm di diametro, che fuoriesce a
5 cm dal palloncino con un’angolazione di 30° e
penetrazione intraprostatica di 45 mm. Si pone
il paziente in posizione litotomica; dopo adeguata lubrificazione dell’uretra si introduce il
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
catetere di Schelin. Si gonfia il palloncino con
10 cc di soluzione fisiologica e, sotto guida ecografica trans-rettale, si dispone il catetere in lieve
trazione sul collo vescicale. Sotto controllo ecografico, si procede all’ introduzione dell’agocannula. Si eseguono 3 iniezioni intraprostatiche
alle ore 4, 8 e 12 con 10 cc di mepivacaina epinefrina allo 0.5% ciascuna, secondo lo schema
proposto da Schelin stesso. L’associazione con
farmaci sistemici a rapida biodegradazione con
azione ansiolitica, sedativa e analgesica permette di raggiungere un’adeguato livello di soddisfazione del paziente, senza effetti secondari nel
post-operatorio. Si introduce quindi il resettore
bipolare ACMI Vista CTR e si procede alla resezione dell’adenoma prostatico. Il resettore bipolare ACMI lavora in radiofrequenza, utilizzando
speciali anse doppie: la prossimale è attiva, mentre la distale funge da placca di ritorno.
Grazie alla nuova tecnologia Coblation si ottiene una resezione attraverso la disintegrazione
molecolare in elementi semplici. Questa particolarità fa sì che le temperature di esercizio
oscillino tra i 40° e i 70° C, contro i 300°-400°
C del resettore monopolare, dove l’alta temperatura provoca una vaporizzazione cellulare. Tale
caratteristica consente anche di ottenere, per l’esame istologico, frammenti di tessuto prostatico
non alterati dalle correnti di taglio. Il resettore
monopolare consente inoltre l’utilizzo di normale soluzione fisiologica, riducendo i rischi di
sindrome da riassorbimento. Durante questa
procedura, una particolare attenzione andrà
posta alla distensione della vescica e al conseguente dolore per il paziente, non controllabile
con l’anestesia locale eseguita. Al termine della
procedura si posiziona un catetere tipo Dufour
con lavaggio continuo, che verrà rimosso dopo
24-48 h e il paziente è generalmente dimissibile
entro le 24 h. facendo di questa tecnica una tipica procedura di Day Surgery.
TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO IN
TEMPO UNICO DI CARCINOMA RENALE
DESTRO CON LOCALIZZAZIONE SURRENALICA CONTROLATERALE.
F. Scieri1, G. Breda2
1
Scuola di Specializzazione in Urologia, Università
degli Studi di Trieste; 2S.C. di Urologia, Ospedale
San Bassiano, Bassano del Grappa
Gli Autori descrivono il caso di S.A. di 77 anni,
giunto alla loro osservazione con diagnosi di
eteroplasia renale destra con localizzazione
secondaria al surrene di sinistra individuata, in
prima istanza, mediante ecotomografia dell’addome eseguita per un trauma lombare. La tomografia computerizzata con ricostruzione tridimensionale ha documentato a carico del terzo
inferiore del rene destro la presenza di lesione
espansiva solida di natura neoproduttiva con
struttura disomogenea ipodensa, a margini lobulati del diametro massimo di 6 centimetri (cm).
Non evidenti difetti di riempimento di natura
trombotica nella vena renale di tale lato e nella
vena cava inferiore. Formazione nodulare con
presa di contrasto a margini regolari e struttura
di somogenea del diametro di 2,7 cm era segnalata in sede surrenalica sinistra. La risonanza
magnetica ha confermato l’ingrandimento del
surrene sinistro sostenuto da lesione nodulare
presentante forma triangolare e diametro di 2,4
cm e disomogenea intensità di segnale nelle
scansioni T2 pesate ed ipointensa nelle sequenze T1 pesate in un quadro compatibile con lesione di verosimile natura ripetitiva. È stato eseguito un intervento di adrenalectomia sinistra e
nefrectomia radicale destra laparoscopica per via
transperitoneale in tempo unico. Ruotato il
paziente sul fianco destro, sono state usate cinque porte per l’asportazione del surrene che è
stato lasciato in cavità addominale previo inserimento nell’apposito sacchetto. Successivamente
il paziente è stato ruotato sul fianco sinistro ed è
stata eseguita la nefrectomia radicale destra.
Delle quattro porte usate per il surrene, solamente una era stata posizionata sulla linea
mediana, sotto l’apofisi ensiforme, ed è stata
conservata anche per la successiva nefrectomia
radicale destra, che ha necessitato il posizionamento di altre quattro porte. La strategia operatoria è consistita nell’eseguire prima l’adrenalectomia sinistra onde garantirsi l’integrità del rene
sano omolaterale e di proseguire poi con l’intervento di nefrectomia radicale destra. È stato
risparmiato il surrene di destra. I pezzi operatori sono stati estratti dalla cavità addominale dopo
essere stati allocati nei sacchetti e praticando una
minilaparotomia mediana di 6 cm seguendo una
linea di congiunzione tra due porte sulla linea
mediana, a ridosso dell’ombelico. I tempi chirurgici parziali sono stati di 80 minuti per la surrenalectomia e 120 per la nefrectomia. Il paziente è stato dimesso in quarta giornata post-operatoria clinicamente guarito. L’esame istopatologico ha dimostrato trattarsi di carcinoma renale di
tipo misto: cellule scure ed ossifile a pattern soliArchivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
39
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
do-papillare, grading (GN sec. Fuhrman) 3 - 4,
commiste a zone di cellule chiare G 2 -3. Al surrene: nodulo a cellule chiare compatibile con
localizzazione secondaria. Stadiazione: pT2,
pN0, pM1. Il trattamento laparoscopico simultaneo di una patologia renale e/o surrenalica
bilaterale mantiene i vantaggi della laparoscopia
sulla chirurgia aperta, sia pure con un maggiore
dispendio di tempo e di porte. Si può discutere
se convenga modificare la propria usuale disposizione delle porte, prediligendo la linea mediana per risparmiare tempo e denaro. A nostro
avviso non conviene lasciarsi condizionare da
questi fattori. La scelta deve tenere conto del
posizionamento migliore per quel singolo organo: solo così il tempo perso per mettere qualche
porta in più verrà poi guadagnato (…con gli
interessi!).
RICANALIZZAZIONE BILATERALE DI
ANASTOMOSI URETERO-ILEALE PER VIA
COMBINATA CON HOLMIUM-LASER.
C. Scoffone, S. Guercio, M. Cossu, C. Cracco,
F. Ragni, M. Poggio, A. Caglià, R.M. Scarpa
Divisione Universitaria di Urologia, Azienda
Ospedaliera S. Luigi; Orbassano, Torino
La stenosi dell’anastomosi uretero-ileale rappresenta una delle complicanze più frequenti in corso di chirurgia ricostruttiva dell’apparato urinario. L’utilizzo del laser a Olmio
ha permesso di raggiungere percentuali di
successo che variano dal 60 al 90%.
Presentiamo il caso di un paziente sottoposto a cistectomia radicale con derivazione
urinaria secondo Bricker nel settembre
2000. In altra sede, nel marzo 2003 erano
state posizionate due nefrostomie per stenosi bilaterale dell’anastomosi. Con il paziente
in posizione prona, si introduce un filo
guida nel distretto escretore destro, attraverso il catetere nefrostomico, oltrepassando la
stenosi dopo alcuni tentativi. Si esegue quindi dilatazione del tramite nefrostomico sino
a 14 CH con camicia tipo “ureteral sheath”,
controllandone il corretto posizionamento
mediante amplificatore di brillanza. Con
ureteroscopio flessibile si raggiunge la stenosi, che viene superata dallo strumento stesso.
Si posiziona quindi, per via retrograda, sondino endoureterale tipo Mono J 8 CH. Si
procede quindi al trattamento della via
escretrice di sinistra. Mediante il sondino
40
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
nefrostomico si eseguono numerosi tentativi
di passaggio del filo guida, attraverso la stenosi, che risultano infruttuosi. Mediante
contrastografia si evidenzia chiusura completa dell’anastomosi senza passaggio del
mezzo di contrasto nel serbatoio ileale. Con
analoga procedura di dilatazione si introduce, tramite “ureteral sheath”, ureteroscopio
flessibile giungendo sino al tratto stenotico.
Si esegue, contestualmente, la condottoscopia con il cistoscopio flessibile che evidenzia
l’anastomosi uretero-ileale di destra; riducendo al minimo la fonte luminosa del cistoscopio, si evidenzia quindi la sede della pregressa anastomosi di sinistra per transilluminazione
dell’ureteroscopio
flessibile.
Attraverso l’ureteroscopio, per via anterograda, si introduce la fibra del laser ad Olmio
con cui si riesce a ripristinare la continuità
tra l’uretere e il condotto ileale. Dopo aver
estratto la fibra si introduce filo guida tipo
Terumo e si procede ad ampliamento del tramite con laserizzazione per via retrograda. Si
posiziona infine sondino endoureterale tipo
Mono J 10 CH. Il trattamento di ricanalizzazione con approccio combinato risulta efficace, permettendo di evitare procedure chirurgiche più invasive.
TURP IN DAY SURGERY: CATETERE DI
SCHELLIN, ANESTESIA LOCALE E RESETTORE BIPOLARE.
C.M. Scoffone1, R.M.Scarpa1, I. Morra1,
C. Terrone1, F. Porpiglia1, R. Tarabuzzi1,
M. Cossu1, S. Guercio1, M. Poggio1,
G.P. Ghignone1, R. Rocci Ris2, C. Caretto2,
A. Tempia2
1
Divisione Universitaria di Urologia, Azienda
Ospedaliera S. Luigi, Orbassano, Torino; 2Divisione
Universitaria di Anestesia e Rianimazione
Introduzione: In questo lavoro abbiamo voluto
valutare la possibilità di eseguire la resezione
endoscopica di prostata, per il trattamento dell’ostruzione cervico-uretrale, in anestesia locale e
in regime di Day-Surgery.
Materiali e Metodi: Da giugno a ottobre 2003
abbiamo sottoposto a TURP in anestesia locale
15 pazienti di età compresa tra 59 e 77 anni.
Tutti i pazienti erano stati sottoposti a valutazione del volume prostatico con ecografia transrettale e indagine urodinamica. L’anestesia locale è
stata effettuata utilizzando il catetere di Schelin
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
per l’iniezione intraprostatica di mepivacaina
allo 0.5% con controllo ecografico transrettale
della posizione dell’ago all’anestesia locale è
stata associata una modesta sedazione. La procedura di resezione è stata effettuata utilizzando
il resettore ACMI Vista CT con speciali anse
doppie, una prossimale attiva e l’altra distale con
funzione da placca di ritorno. Con questo sistema le temperature di taglio oscillano tra i 40 e i
70° C. La procedura viene eseguita utilizzando
come liquido di lavaggio una normale soluzione
fisiologica.
Risultati: Il volume prostatico medio era di 29 cc
(range: 13-47 cc). Tutte le procedure sono state
terminate senza dovere ricorrere a narcosi. Il
tempo operatorio è di 26.7 min (range 20.740.7 min). La cistoclisi continua è stata mantenuta solo la prima notte dopo l’intervento in
tutti i pazienti trattati. La perdita ematica media
è stata pari a 120 cc. Tutti i pazienti sono stati
dimessi in prima giornata post-operatoria in 5
pazienti il catetere vescicale è stato rimosso in 1a
giornata postoperatoria, mentre in 9 in 2a giornata postoperatoria. Un solo paziente è andato
incontro a ritenzione urinaria dopo rimozione
del catetere in 2a giornata postoperatoria.
Nessun paziente è stato ricoverato per macroematuria da caduta di escara. Nessun paziente ha
avuto stenosi uretrali o sclerosi loggia prostatica.
Conclusioni: La TURP rappresenta tuttora il gold
standard nel trattamento dell’ostruzione cervico-prostatica. L’utilizzo del catetere di Schelin ha
consentito un’anestesia locale efficace, semplice
e sicura permettendo l’esecuzione della TURP in
regime di Day Surgery.
LITIASI DELL’URETERE LOMBARE. OPZIONI TERAPEUTICHE.
G. Sebastiani, P.P. Fasolo, E. Conti, S.
Lacquaniti, R. Mandras, L Puccetti, G.
Fasolis
Dipartimento di Urologia ASL 18, Alba-Bra
Introduzione: Il trattamento della litiasi dell’uretere lombare dipende da diversi fattori rappresentati dalle dimensioni del calcolo, dalla verosimile
composizione, dall’esperienza e dallo strumentario a disposizione dell’operatore ed infine anche
dalle esigenze e preferenze del paziente. Per
dimensioni del calcolo superiori a 5 mm il trattamento di elezione dovrebbe essere rappresentato dalla litotrissia extracorporea ad onde d’urto
per la mininvasività della procedura e la ripetibi-
lità della stessa pena la bassa percentuale di risoluzione della patologia. Scopo del nostro lavoro e
stato quello di valutare l’efficacia del trattamento
di litotrissia extracorporea ed il gradimento del
paziente confrontato con gli stessi parametri riferiti all’ureteroscopia.
Materiali e Metodi: Dal gennaio 2001 al marzo
2003 presso la nostra U.O.A. di urologia 72
pazienti sono stati trattati con ESWL per litiasi
dell’uretere lombare (diametro medio di 0.8 cm)
mentre 48 pazienti sono stati sottoposti ad intervento di ureteroscopia ed ureterolitotrissia (diametro medio di 0.9 cm). L’ureteroscopia è stata
considerata come trattamento di prima linea in
pazienti molto sintomatici, con o senza distensione delle vie urinarie a monte e/o rialzo febbrile. Le dimensioni del calcolo non hanno rappresentato criterio di scelta. Ai pazienti, al momento della dimissione, è stato consegnato un questionario con punteggio da 1 a 5 che esprimeva
il grado di soddisfazione (A molto soddisfatto 5
molto insoddisfatto).
Risultati: Dei 48 pazienti sottoposti ad ureteroscopia ed ureterolitotrissia, 46 (96%) sono stati
considerati stone-free alla radiografia diretta di
controllo del giorno successivo. In 2 soli pazienti (4.5%) si è osservata la retromigrazione del
calcolo nel calice inferiore (trattato successivamente con ESWL), in 4 pazienti (8%) è stato
necessario il posizionamento di stent ureterale
doppio J per lesione minima della mucosa dell’uretere. Dei 72 pazienti trattati con ESWL, 37
pazienti (52%) sono risultati stone-free al primo
trattamento, 14 pazienti (19%) al secondo trattamento, 8 pazienti (12%) al terzo trattamento
mentre 13 pazienti (18%) sono stati sottoposti
ad ureteroscopia. La valutazione del questionario di soddisfazione mostra un punteggio medio
di 3.8 per i pazienti sottoposti ad ESWL ed un
punteggio di medio di 1.6 per i pazienti sottoposti ad ureteroscopia.
Conclusioni: La litotrissia extracorporea ad onde
d’urto ha rivoluzionato il trattamento della litiasi renoureterale. Trova forse il punto di minore
efficacia proprio nella litiasi dell’uretere lombare
ove le percentuali di successo sono basse. La
bassa invasività della otrissia endoscopica, l’alta
percentuale di successo, il costo sovrapponibile
e la possibilità di esecuzione in Day Surgery (con
pernottamento) rendono questa metodica una
reale alternativa anche come trattamento di
prima scelta per la calcolosi dell’uretere lombare
e sicuramente più gradita dal paziente per la
rapidità di esecuzione e risoluzione.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
41
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
TRATTAMENTO URETEROSCOPICO DELLA
LITIASI IN DAY SURGERY: NOSTRA ESPERIENZA.
M. Simone, R. Felipetto, C. Milesi, F.
Francesca
U.O. Urologia SSN, Ospedale S. Chiara, Pisa
Introduzione: La calcolosi ureterale costituisce la
principale indicazione all’ureteroscopia. Grazie
all’avvento di endoscopi miniaturizzati e sistemi
di litotrissia utilizzabili attraverso di essi (laser),
in molti casi l’ureteroscopia operativa può essere oggi praticata in regime di ricovero giornaliero.
Obiettivi: Valutare l’efficacia e la sicurezza del
trattamento endoscopico della calcolosi ureterale in regime di “one-day-surgery” (ODS), paragonandolo al ricovero ordinario.
Materiali e Metodi: Tra settembre 2000 e gennaio
2004 194 pazienti sono stati trattati in via endoscopica per litiasi ureterale. È stato utilizzato
uno strumento semirigido 6-7% Fr., ricorrendo
al laser ad olmio (Coherent Versapulse®
PowerSuite H.L.) per la litotrissia. Al termine
dell’intervento, in base alle difficoltà della procedura e/o alle condizioni della via escretrice, è
stato posizionato un catetere ureterale (da mantenersi in situ 2-6 ore), oppure uno stent JJ; in
alcuni casi l’uretere non è stato cateterizzato.
Riportiamo gli esiti di questa esperienza, valutati retrospettivamente.
Risultati: Su 194 pazienti trattati, 99 (51%) sono
stati trattati in regime di ODS, mentre 95 (49%)
sono stati routinariamente ricoverati, per patologie intercorrenti o motivi logistici (i.e. residenza
lontana dall’Ospedale). Tra coloro programmati
per ODS, 14/99 pazienti (14,1%) hanno presentato conversione del ricovero in regime ordinario: 3 per complicanze anestesiologiche, 4 per
iperpiressia, uno a causa di una lesione iatrogenica ureterale, uno per essere sottoposto ad ulteriori accertamenti, 3 per monitorare la funzionalità renale, mentre 2 hanno richiesto di pernottare in ospedale per motivi logistici. Di questi,
solo un caso si è verificato negli ultimi 10 mesi
(il tasso di conversione è passato dal 17 al
4,3%). Pertanto, solo 8 su 99 pazienti (8%)
hanno richiesto il ricovero in regime ordinario
per motivi correlati alla procedura.
Conclusioni: In molti casi l’ureteroscopia operativa può oggi essere eseguita con successo in regime di ODS. Pochi pazienti richiedono un ricovero ordinario per motivi clinici. È comunque
fondamentale assicurare un’adeguata profilassi
42
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
antibiotica, un efficace controllo post-operatorio
del dolore, nonché un buon drenaggio della via
escretrice superiore.
ENDOURETEROPIELOTOMIA RETROGRADA CON LASER AD OLMIO: NOSTRA
ESPERIENZA.
M. Simone, C. Casarosa, F. Manassero, P.
Casale, F. Francesca
U.O. Urologia SSN, Ospedale S. Chiara, Pisa
Obiettivi: Il trattamento endoscopico della
giuntopatia può giovarsi di diverse tecniche:
Acucise, incisione con elettrocauterio o a freddo, incisione mediante laser. Scopo di questo
studio è stata la valutazione prospettica di efficacia e sicurezza del trattamento retrogrado
transuretrale di questa patologia.
Materiali e Metodi: Tra settembre 2000 e luglio
2003 sono state eseguite 25 endopielotomie
retrograde in 24 pazienti per giuntopatia primitiva (bilaterale in un caso). Sono stati utilizzati
un ureteroscopio semirigido 7-8% Fr. e un Laser
ad Olmio (Coherent Versapulse® PowerSuite).
In tutti i casi è stata realizzata un’endopielotomia
posterolaterale sotto visione diretta. Al termine
della procedura è stato posizionato stent doppio
J, da mantenersi in situ 4 settimane. Prima dell’intervento e, successivamente, a 6, 12 mesi
sono state eseguite sia urografia ev, che scintigrafia renale diuretica, per conferma diagnostica
e valutazione post-operatoria. Abbiamo definito
“successo completo” la scomparsa completa
della sintomatologia e il miglioramento obiettivo
alle indagini di follow up; è stato considerato
“successo parziale” la sola scomparsa dei sintomi, in presenza di patterns di imaging invariati.
Risultati: In tutti i casi l’incisione del giunto è
risultata agevole, senza complicanze post-operatorie. Dopo follow up mediano di 27 mesi
(range 6-39), abbiamo registrato successo completo in 15 casi (60%), parziale in 4 (16%) e fallimento della procedura in 6 casi (24%).
Conclusioni: Il Laser ad Olmio ha rivelato
ottime capacità di taglio ed emostasi. Perciò
l’endopielotomia retrograda appare metodica
sicura ed efficace. La scintigrafia renale diuretica rappresenta il mezzo più adatto nel
monitorare l’esito della procedura. Tuttavia,
nonostante gli incoraggianti risultati iniziali,
è necessario accumulare ulteriore esperienza
e un follow up adeguato per paragonare questo ad altri trattamenti endoscopici.
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
POLIPI FIBROEPITELIALI DELL’URETERE.
M. Simone, R. Felipetto, C. Milesi, F.
Manassero, F. Francesca
U.O. Urologia SSN, Ospedale S. Chiara, Pisa
I polipi fibroepiteliali sono rare neoplasie benigne dell’uretere che possono originare in qualsiasi tratto anche se è nota una maggiore incidenza a carico della giunzione pielo-ureterale.
Riportiamo 2 casi presentatisi alla nostra osservazione per macroematuria; in entrambi i casi
l’urografia mostrava una immagine di minus
ureterale a contorni netti suggestiva per tale
patologia. Il primo caso è stato trattato a cielo
aperto attraverso una lombotomia di minima:
eseguita una ureterotomia longitudinale si estrae
un polipo fibroso di circa 4 cm di lunghezza. Si
localizza l’inserzione sulla parete ureterale; in
tale punto l’uretere risulta stenotico come già
evidenziato dalla URS diagnostica. Si reseca un
tratto di circa _ cm di uretere a livello della base
d’impianto e si esegue una anastomosi terminoterminale, previo spatolamento dei due monconi su catetere di Bracci. Il trattamento dei polipi
ureterali, specialmente nei casi in cui la base di
impianto sia sottile, è attuabile interamente per
via endoscopica come dimostrato nel secondo
caso dove la sottile base d’impianto viene sezionata con energia Laser, quindi il polipo viene
estratto con una pinza. La base d’impianto viene
sottoposta a biopsia prima di completare la
coagulazione Laser. In letteratura è descritta la
possibilità che un carcinoma a cellule transizionali insorga da un polipo fibroepiteliale (1). Pur
trattandosi di casi aneddotici, il dato non può
essere sottovalutato in considerazione della rarità della patologia. Pertanto, in questa ottica
crediamo che la resezione a cielo aperto della
base d’impianto possa mantenere un razionale
terapeutico nei casi in cui questa sia particolarmente ampia e che il paziente debba essere
preventivamente informato sulla necessità di
un follow up qualora si opti per il trattamento
endoscopico.
Bibliografia
A. Tasca, P. Ferrarese, G. Abatangelo, E.
Scremin, F. Nigro
Urologia, U.L.SS. 6, Vicenza
Introduzione: L’impiego ormai standardizzato di
tecniche laparoscopiche in urologia ha reso possibile un approccio mini-invasivo alla neoplasia
transizionale dell’alta via urinaria. In questo
lavoro riportiamo la nostra esperienza relativa a
dieci pazienti, sottoposti a nefroureterectomia
con approccio combinato: laparoscopico e chirurgico.
Materiali e Metodi: Dieci pazienti, giunti alla
nostra osservazione perchè affetti da neoplasia
transizionale dell’alta via urinaria, sono stati sottoposti a nefroureteropapillectomia con approccio combinato retroperitoneoscopico, per il
tempo renale chirurgico minilaparotomico, per il
completamento dell’ureteropapillectomia, per la
linfadenectomia iliaca e l’artazione del pezzo chirurgico. Il decorso post-operatorio è stato privo
di complicanze degne di nota il catetere vescicale è stato rimosso in IV giornata post-operatoria
e i pazienti dimessi in V giornata, previa rimozione del drenaggio pelvico, in buone condizioni generali.
Risultati: I vantaggi della nefroureteropapillectomia laparoscopica appaiono significativi in termini di ridotta perdita ematica, minor dolore
post-operatorio, dimissione precoce e rapida
convalescenza. L’approccio chirurgico combinato proposto permette, oltre a ciò, di ridurre i
tempi operatori, assicura la rimozione del pezzo
operatorio integro e minimizza il rischio di disseminazione neoplastica a livello delle porte.
Conclusioni: L’approccio descritto è proponibile
nei casi in cui lo stato dell’uretere pelvico renda
difficoltoso l’approccio laparoscopico o comunque ne allunghi i tempi. È necessario tuttavia un
follow-up a lungo termine che evidenzi risultati
almeno compararabili al trattamento chirurgico
standard in termini di bonifica oncologica.
1. Zervas A; Rassidakis G; Nakopoulou L; Mitropoulos D;
Dimopoulos C. Transitional cell carcinoma arising from a
fibroepithelial ureteral polyp in a patient with duplicated upper
urinary tract. J Urol, 1997 Jun, 157:6, 2252-3.
ND-AYAP, UNA NUOVA SORGENTE LASER
PER L’ENDOUROLOGIA A STUDIO SPERIMENTALE.
A. Tasca, W. Cecchetti, F. Zattoni, F. Nigro, E.
Scremin
Urologia, U.L.SS. 6, Vicenza
APPROCCIO RETROPERITONEOSCOPICO AI TUMORI DELLA VIA ESCRETRICE
SUPERIORE: DESCRIZIONE DI 10 CASI.
Introduzione e Obiettivi: Il laser al NeodimioIttrio-Alluminio-Perovskite (Nd-YAP) è una
nuova sorgente solida capace di operare ad
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
43
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
impulsi con emissione a 1340 nm a una lunghezza d’onda alla quale la radiazione è assorbita dall’acqua. Tali caratteristiche sono molto
simili a quelle del laser ad Olmio ed assicurano
che, durante le procedure endourologiche,
un’elevata densità di potenza si sviluppi nella
sede del bersaglio irradiato. Gli autori hanno
eseguito una serie di test di laboratorio per
verificare se Nd-YAP potesse essere impiegato
come litotritore.
Materiali e Metodi: Due serie di sei calcoli, di calcio ossalato diidrato e cistina rispettivamente,
sono state immerse in acqua. È stato utilizzato
un prototipo di Nd-YAP, accoppiato a fibre ottiche di 200 mm, 300 mm e 320 mm, per trasmettere impulsi laser a vari livelli di energia e
frequenza sulla superficie dei calcoli. Sono stati
considerati il valore soglia per la formazione del
plasma, il livello di energia necessario per la litotrissia ed i ratei di frammentazione dei calcoli.
Risultati: Sia i calcoli di calcio ossalato diidrato
che quelli di cistina sono stati frammentati con
la fibra di 200 mm, ad un’energia pari a 660 mJ
e con una frequenza compresa tra 5 e 30 Hz. È
stato inoltre rilevato il tipico breakdown acustico, espressione dell’avvenuta formazione di plasma, che dà luogo all’onda d’urto.
Conclusioni: Il laser al Neodimio, impiegato con
la fibra di 200mm con l’estremità immersa in
acqua, dà luogo alla formazione di plasma ad
un’energia per impulso tra 500 e 660 mJ. Oltre
tale soglia di potenza, anche i calcoli urinari più
duri, come quelli di cistina, possono essere
frammentati.
TRATTAMENTO PERCUTANEO DI UNA
CISTI PIELOGENA CONTENENTE CALCOLI.
A. Tasca, F. Nigro, E. Scremin, P. Ferrarese
Urologia, U.L.SS. 6, Vicenza
Introduzione: Il trattamento miniinvasivo delle
cisti pielogene può avvenire per via percutanea,
endoscopica o laparoscopica. L’approccio percutaneo e quello laparosopico sono preferibili in
presenza di camere diverticolari ampie originanti dal versante posteriore o anteriore, rispettivamente. L’approccio endoscopico è più adeguato
in presenza di camere diverticolari più piccole
ed ha quale presupposto indispensabile l’identificazione dell’orifizio diverticolare.
Materiali e Metodi: Il video descrive il trattamento percutaneo di una cisti pielogena contenente
44
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
calcoli originante dal versante posteriore del
gruppo caliceale superiore del rene dx. Verificata
la non praticabilità dell’approccio transuretrale
(inadeguata deflessione dello strumento, ridotta
visibilità), si è preceduto con approccio percutaneo caliceale inferiore, nefroscopia flessibile ed
identificazione dell’ostio diverticolare, che è
stato inciso con laser. è stata quindi eseguita litotrissia laser della calcolosi endodiverticolare.
Risultati: Il trattamento è stato privo di complicanze. L’urografia di controllo a tre mesi dal
trattamento ha documentato l’assenza di calcolosi e l’ampia pervietà del colletto diverticolare trattato.
Conclusioni: L’approccio percutaneo alle cisti pielogene si è dimostrato un trattamento sicuro ed
adeguato. È influenzato dalla correttezza dell’indicazione e dall’esperienza dell’operatore.
PTTA/HIFU NEL TRATTAMENTO DEL
CARCINOMA PROSTATICO LOCALIZZATO 2 ANNI DI ESPERIENZA E 12 MESI
DI FOLLOW UP.
M. Tasso, A. Volpe, F. Varvello, U. Ferrando
S.C. Urologia 3, A.S.O. S. Giovanni Battista
(Molinette), Torino
Introduzione: L’uso terapeutico di energie focalizzate nell’uomo fu introdotto per la litotripsia
extracorporea circa 20 anni fa. Lo stesso principio di energia è stato adattato con opportune
trasformazioni al trattamento del carcinoma
prostatico e sviluppato a Lione e Monaco in 10
anni di ricerca tecnica ed esperienza clinica.
Materiali e Metodi: Tra il novembre 2001 ed il
dicembre 2003 abbiamo eseguito 130 trattamenti HIFU con il sistema Ablatherm: 101 trattamenti per carcinoma prostatico (CaP) localizzato in pazienti che non potevano (per età o
comorbilità) o non volevano essere sottoposti ad
intervento chirurgico, e 29 trattamenti per recidiva locale di malattia dopo chirurgia, radioterapia o HIFU. Le indicazioni sono state: CaP localizzato (cT1-T2 N0 M0) con PSA <20 ng/ml,
volume <50g, età avanzata, comorbilità, rifiuto
della chirurgia e preservazione della potenza nei
casi selezionati. Il trattamento viene effettuato
per via transrettale in anestesia spinale dopo l’inserimento di un catetere sovrapubico e l’esecuzione di una TURP. All’applicatore HIFU è abbinata una sonda ecografica che permette di stabilire il piano di trattamento. L’apparecchiatura
produce quindi la programmata serie di lesioni
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
lavorando a 3 MHz e generando una temperatura che può arrivare a 80° C nell’area focale.
Risultati: Presentiamo 61 casi con follow up a 12
mesi, di cui 55 trattamenti totali e 6 trattamenti
parziali. Nei trattamenti totali le biopsie prostatiche eseguite a 12 mesi dal trattamento sono
risultate negative nel 100% (6/6) dei pazienti a
basso rischio (LR), nel 96% (24/25) di quelli a
rischio intermedio (IR) e nell’ 83,4% (20/24) di
quelli ad alto rischio (HR). A 12 mesi dal trattamento il PSA è risultato <1 ng/ml nel 66,6%
(4/6) dei LR, nel 68% (17/25) degli IR e nel
60,8% (14/23 perché 1 pz è deceduto per altri
motivi) degli HR. Nei trattamenti parziali a 12
mesi dal trattamento il PSA è risultato <1 ng/ml
nel 66,6% (4/6) dei casi. In 7 casi è stata necessaria una revisione endoscopica della loggia prostatica per sclerosi o ritenzione urinaria tardiva
da cenci necrotici. Una stress incontinence
moderata o grave è stata evidenziata in 9 casi.
Conclusioni: I dati forniti dal seguente follow up
confermano l’efficacia della metodica quale valida alternativa alla chirurgia tradizionale e alla
radioterapia in termini di biopsie negative, valore del PSA e morbilità. Esso comporta un breve
ricovero, è ben tollerato dai pazienti con accettabili effetti collaterali e non pregiudica l’esecuzione di ulteriori trattamenti locali in caso di
insuccesso.
transrettale in anestesia spinale e dopo l’inserimento di un catetere uretrale invece che sovrapubico come normalmente avviene nei trattamenti HIFU tradizionali.
Risultati: Il numero medio di lesioni HIFU indirizzate sulla lesione è stato di 164. I pazienti
sono stati tutti dimessi in prima giornata ed il
catetere uretrale è stato rimosso mediamente
dopo 4 giorni. Il PSA nadir mediano è stato 0,1
ng/ml. Con un follow up medio di 13,6 mesi, il
PSA medio è 0.4 (0.01-0.9). Le biopsie della
zona anastomotica eseguite in 4 casi a 6 mesi dal
trattamento sono risultate negative. Non è stata
evidenziata alcuna complicanza intra o postoperatoria.
Conclusioni: Il trattamento HIFU si propone
come metodica efficace e sicura per il trattamento della recidiva locale di adenocarcinoma prostatico dopo prostatectomia radicale. Esso viene
eseguito in una sola seduta, è ben tollerato dal
paziente e presenta minore morbilità rispetto alla
radioterapia esterna.
PTTA/HIFU DELLA RECIDIVA LOCALE SU
ANASTOMOSI DOPO PROSTATECTOMIA
RADICALE RETROPUBICA: NOSTRA
ESPERIENZA.
M. Tasso, A. Volpe, F. Varvello, U. Ferrando
S.C. Urologia 3, A.S.O. S. Giovanni Battista
(Molinette), Torino
Obiettivi: Scopo dello studio è quello di valutare
l’efficacia della terapia con wall-stent in Nitinol
nelle stenosi ureterali.
Materiali e Metodi: Nel periodo novembre
1998-settembre 2001 abbiamo trattato 16
pazienti (14 M- 2 F) affetti da stenosi dell’uretere (15 monolaterali, 1 bilaterale). Le stenosi
erano cosi suddivise: stenosi in anastomosi
ureterointestinale in derivazione urinaria sec.
Studer (6 p.ti di cui uno con stenosi bilaterale); stenosi dell’uretere sottogiuntale (2 p.ti);
uretere pelvico (8 p.ti). Le stenosi propriamente ureterali includevano: fibrosi post-attinica,
pregressa endoscopia, pregresso passaggio di
urolita. In tutti i p.ti il wall stent è stato inserito solo dopo recidiva della stenosi trattata in
prima istanza con: intervento a cielo aperto (2
p.ti); dilatazione meccanica fino a 16 Ch ed
inserimento di dj (14 p.ti). L’eziologia delle stenosi era in tutti i pazienti di natura benigna.
Risultati: Il follow up medio è stato di 50 mesi
(29-63). Attualmente (febbraio 2004) 14
pazienti (87.5%) presentano una buona cana-
Introduzione: Le opzioni terapeutiche per il
trattamento della recidiva locale di malattia
dopo prostatectomia radicale consistono classicamente nella radioterapia esterna e nella
terapia ormonale.
Materiali e Metodi: Tra il luglio 2002 ed il
dicembre 2003 abbiamo eseguito 8 trattamenti HIFU con sistema Ablatherm per recidiva
locale di malattia dopo 18-72 mesi dalla prostatectomia radicale. La recidiva è sempre stata
confermata istologicamente con biopsia transrettale ecoguidata. L’assenza di altre localizzazioni metastatiche è stata confermata mediante l’esecuzione di PET e scintigrafia ossea total
body. Il trattamento è stato effettuato per via
L’UTILIZZO DEL WALL-STENT IN NITINOL
NELLE STENOSI URETERALI: UNA TERAPIA EFFICACE E DI LUNGO DURATA.
P. Usai, P. Pili, G. Puggioni, R. Cadoni, A. De
Lisa
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
45
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
lizzazione dell’uretere operato. Gli esami di
follow up non hanno evidenziato complicanze. Due pazienti hanno presentato una recidiva della stenosi dovuta ad una ricrescita tissutale al di sopra dello stent fino all’occlusione
completa del lume ureterale (tempo alla recidiva di 3 mesi)
Conclusioni: Nella nostra esperienza la terapia
con protesi metallica è stata sempre utilizzata
come tecnica di seconda istanza quando le tecniche di dilatazione meccanica avevano fallito.
La terapia delle recidive di stenosi ureterali con
wall stent mostra risultati efficaci e di lunga
durata. I risultati ci inducono a sottolineare l’importanza dello stretto follow up dei pazienti per
poter trattare in maniera efficace e poco invasiva
le recidive.
TERAPIA ENDOSCOPICA DELLE STENOSI
URETERALI INTRINSECHE: ANALISI DI
UNA SERIE DI 85 PAZIENTI.
P. Usai, P. Pili, G. Puggioni, R. Cadoni, A. De
Lisa
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Obiettivi: Valutare l’efficacia della tecnica terapeutica endoscopica nei pazienti affetti da stenosi ureterale benigna.
Materiali e Metodi: Tra gennaio 1997 e dicembre 2003 abbiamo trattato 85 pazienti (41
femmine; 44 maschi) affetti da stenosi ureterali localizzate: sull’uretere pelvico (25 p.ti), sull’uretere lombare(13 p.ti), su quello sottogiuntale (21 p.ti).L’eziologia delle stenosi comprendeva pazienti già sottoposti a: 1)terapia endoscopica per trattamento di neoplasia uroteliale
(28 p.ti) in cui la stenosi si è verificata nella
sede di applicazione della fonte di energia per
la resezione (diatermia o laser); 2) terapia
endoscopica (con utilizzo di Lithoclast) per
litiasi (34 p.ti), 3)pregressa tubercolosi urinaria (11 p.ti);4) pregressa terapia radiante (12
p.ti). I pazienti del gruppo 1 con stenosi sono
stati sottoposti a biopsia della zona stenotica
che ha escluso una recidiva neoplastica.
Ciascun gruppo è stato suddiviso in due bracci per ricevere la seguente terapia: A) tomia a
caldo con ansa diatermica, o B) dilatazione
meccanica. In tutti i pazienti è stato posizionato uno stent ureterale dj a doppio calibro 7/14
Ch, tenuto in sede per 3 settimane. I gruppi
sono stati cosi suddivisi: gruppo 1): 12 p.ti
terapia A, 16 p.ti terapia B; gruppo 2): 18 p.ti
46
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
terapia A, 16 p.ti terapia B; gruppo 3): 6 p.ti
terapia A, 5 p.ti terapia B; gruppo 4): 7 p.ti
terapia A, 5 pazienti terapia B.
Risultati: Il follow up medio è stato di 48.6
mesi (3-85). 75 pazienti (88%) dopo un solo
trattamento sono liberi da stenosi al followup. 10 pazienti (12%) hanno sviluppato una
recidiva: nel gruppo 1) 3 p.ti (di cui 2 trattati con terapia B); nel gruppo 2) 5 p.ti (di cui
3 con terapia A); nel gruppo 4) 1 p.te sottoposto a terapia B. Il tempo medio alla prima
recidiva è stato di 13 mesi.
Conclusioni: La tecnica endoscopica per la
terapia delle stenosi ureterali benigne si è
dimostrata efficace e con buoni risultati a
distanza. Nell’analisi dei risultati non abbiamo trovato differenze statisticamente significative tra i due tipi di trattamento della stenosi e questo non ci permette di capire quale
terapia sia preferibile. L’utilizzo di uno stent
ureterale di calibro adeguato per un periodo
non inferiore alle 3 settimane potrebbe essere una delle chiavi del successo terapeutico.
Le ragioni della recidiva non sono chiaramente identificabili dai nostri risultati, ma
sono da ricondurre verosimilmente ad elementi legati alla eziologia della stenosi. Da
sottolineare inoltre l’importanza di uno stretto follow up al fine di individuare e trattare
le possibili recidive.
LA HE-TUMT AD ALTE ENERGIE NELLA
TERAPIA MINI-INVASIVA DELL’IPB.
P. Usai, R. Cadoni, P. Pili, D. Porcu, A. De Lisa
Clinica Urologica dell’Università di Cagliari
Introduzione: Scopo dello studio è stato quello di
valutare in termini di efficacia e sicurezza la HETUMT (High Energy Transurethral Microwave
Therapy) con Prostalund-Feedback Treatment®
(PLFT) nella terapia dell’IPB.
Materiali e Metodi: Nel periodo giugno 2002-settembre 2003 abbiamo trattato 32 pazienti di età
media 71.6 anni (92-55) affetti da IPB. Tutti
avevano un volume prostatico >30 ml, assenza
di lobo medio ed una lunghezza dell’uretra prostatica >35 mm. 3 pazienti erano portatori di
catetere vescicale da più di 3 mesi. L’esame urodinamico effettuato negli altri 29 ha confermato
l’ostruzione da IPB. Tutti presentavano un IPPS
> 13 (22-26) ed un Qmax <13 ml/sec (7.411.9). Il trattamento ha prodotto un valore
medio di necrosi di 25 ml. La potenza media uti-
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
lizzata è stata di 78 Watt. Dopo il trattamento è
stato posizionato un catetere tran-suretrale 18
Ch tenuto a dimora per 15 gg. Il paziente è stato
dimesso in giornata.
Risultati: Il follow up medio è di 11 mesi (4–19).
Tutti i parametri indagati hanno mostrato un
miglioramento statisticamente significativo già a
3 mesi di follow up che si è poi mantenuto nel
tempo. In particolare il valore medio dell’IPSS
ha avuto un decremento del 81% (26-5), il
Bother score del 91% (5.1-0.5) ed il residuo
post-minzionale del 100% (81.4 ml-assente).Il
valore medio di flusso massimo ha avuto un
incremento del 120% (9.8 ml/s-21.6).
Complicanze riscontrate: infezione non complicata delle vie urinarie (35%), ematuria (9%),
eiaculazione retrograda (18%), ritenzione risolta
con cateterismo fino al 21° giorno (23%).
Conclusioni: La TUMT con PLFT si è dimostrata
efficace e ben tollerata, raggiungendo significativi miglioramenti della sintomatologia e del flusso urinario già a 3 mesi, mantenendo tale risultato a 12 mesi. La possibilità di condurre il trattamento in anestesia locale e in regime di ricovero giornaliero e l’alto grado di soddisfazione
del paziente rendono la procedura un’ottima
alternativa alle procedure chirurgiche tradizionali per la terapia dell’IPB.
TERAPIA DELLA CISTITE INTERSTIZIALE.
O. Varriale, S. Domizio, G.F. Testa.
U.O.C. di Urologia, A. O. “V. Monaldi”, Napoli
Introduzione e Obiettivi: Per gli Autori, la cistite
interstiziale è più frequente di quanto si creda.
La sua diagnosi è per esclusione.
Materiali e Metodi: In un anno abbiamo sottoposto a screening diagnostico per cistite
interstiziale pazienti di entrambi i sessi con
“diagnosi dubbia” e persistenza di dolore
vescicale e/o pelvico con intensa pollachiuria. Abbiamo individuato all’esame istologico
11 casi di cistite interstiziale. Il primo
approccio
terapeutico
è
stato
l’Idrodistensione vescicale in anestesia, in
corso di cistoscopia con biopsie multiple.
Nella Idrodistensione si verifica una discreta
remissione dei sintomi urologici per 1 - 4
mesi. Alla ripresa dei sintomi 5 pazienti sono
stati sottoposti a terapia endovescicale con
dimetilsulfossido e 6 con un cocktail (eparina, triamcinolone, bicarbonato di sodio e
acqua sterile). La remissione parziale è avve-
nuta in tutti i pazienti trattati con DMSO con
durata di 1 a 3 mesi. I sei trattati con cocktail,
hanno avuto remissione parziale con una
durata massima di 2 mesi. Nessun effetto collaterale è stato riscontrato. Alla ripresa dei
sintomi si è trattato i pazienti non responders
con altre terapie. I risultati ottenuti sono stati
più favorevoli con DMSO, compreso il
paziente che non aveva risposto al cocktail
farmacologico.
Risultati: Delle tre terapie, la più efficace è stata
l’idrodistensione vescicale seguita dal DMSO e
infine dal cocktail proposto da Philip Hanno. Gli
effetti benefici sulla sintomatologia sono stati
parziali, nessun effetto collaterale è stato riscontrato. Come proposto dalla letteratura, la terapia
può essere ripetuta.
Conclusioni: Questa patologia, di forte impatto
sociale, deve essere sempre ricercata se sospettata La maggiore casistica stimolerà la ricerca per la
patogenesi e la terapia.
PROCEDURE DIAGNOSTICHE E TERAPIA
DELLA CISTITE INTERSTIZIALE.
O. Varriale, F. Uricchio, S. Domizio, G.F. Testa
U.O.C. di Urologia, A. O. “V. Monaldi”, Napoli
Introduzione e Obiettivi: La Cistite Interstiziale
va sospettata quando è presente pollachiuria,dolore vescicale e/o pelvico e per “diagnosi
dubbie”. È confermata dal riscontro di numerosi mastociti nel detrusore.
Materiali e Metodi: Patologia più frequente di
quanto si creda, specie nel sesso femminile.
Nella nostra casistica in 1 anno su 11 casi, 6
sono maschi e 5 femmine. Nei maschi il
sospetto diagnostico si pone raramente, la
diagnostica si arresta al riscontro di ostruzione cervico-uretrale, vescica iperriflessica o
prostatite. Il paziente del video ha 65 anni,
da molti anni soffriva di pollachiuria. 2 anni
prima si evidenziò un’ostruzione cervicouretrale (flusso massimo 8 ml/sec).
Sottoposto a TUR-P migliorò il flusso, ma
rimase immodificata la sintomatologia dolorosa. Dopo 2 anni alla uroflussimetria, spiccava una capacità vescicale ridotta. Il massimo volume vescicale era di 175 cc con stimolo impellente. La cistoscopia in anestesia
evidenziò solo una discreta quantità di capillari nella sottomucosa. Seguì una idrodistensione con NaCl ad una pressione di 80 cm di
H2O sino alla comparsa di iscuria paradossa.
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
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Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
La capacità vescicale dopo idrodistensione fu
di 510 cc, dimostrando una ridotta capacità
funzionale. Alla successiva cistoscopia diversi capillari sanguinavano, erano comparse
diverse petecchie o glomerulazioni specie
del fondo,parete posteriore,laterali e cupola.
Furono praticate 7 biopsie vescicali a freddo,
a tutto spessore, in 7 diversi quadranti.
Emostasi, catetere per 24 ore e dimissione.
Risultati: L’esame istologico evidenziò numerosi mastociti nel detrusore. La terapia attuata nei pazienti è la idrodistensione vescicale
in anestesia, l’instillazione con DMSO e/o
con un cocktail di eparina,triamcinolone,
bicarbonato di Na e acqua sterile. Si è avuta
remissione parziale e non duratura della sintomatologia con le terapie praticate.
Conclusioni: Se ricercata, la cistite interstiziale risulterà più frequente. La terapia praticata è di efficacia parziale e temporanea, è ripetibile perché priva di effetti collaterali.
La diagnosi nei casi sospetti evidenzierebbe
un’incidenza maggiore, ciò indurrebbe
ad una maggiore ricerca della patogenesi e
terapia.
CISTITE CROSTOSA ED URETEROIDRONEFROSI DA CHEMIOTERAPIA ENDOVESCICALE.
O. Varriale, S. Domizio, G.F. Testa
U.O.C. di Urologia, A. O. “V. Monaldi”, Napoli
Introduzione e Obiettivi: La chemioterapia endovescicale riduce l’incidenza delle recidive da
Carcinoma e la progressione di malattia. Tra i
farmaci più utilizzati con successo c’è la
Mitomicina-C. Non raramente può dare serie
complicanze, e bisogna valutarne la causa e l’incidenza.
Materiali e Metodi: Il protocollo terapeutico da
noi usato è quello di 40 mg in 50 cc di
Soluzione Fisiologica per 1 ora in vescica, 1
volta a settimana per 4 settimane e poi 1 volta
al mese per 1 anno. Le instillazioni iniziano
entro 20 giorni dalla TUR. Con una frequenza
del 5% circa si riscontra (alla Cistoscopia a 3
mesi dalla TUR) il quadro della Cistite Crostosa.
Specie nelle aree di resezione la vescica è ricoperta da tessuto atipico composto da Whitecells, sali di calcio e fibrina. Al disotto c’è tessuto fibroso cicatriziale che ha sostituito il tessuto
muscolare resecato. Tenacemente aderente alla
superficie di questo tessuto atipico vi sono cal-
48
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2002; 74, 4, Supplemento 1
coli di grandezza variabile da 1 a 7 mm.
Quando i calcoli o il tessuto descritto si stacca
nosi verifica ematuria macroscopica. In una
percentuale pari all’1% si è verificata riduzione
della capacità vescicale, con parete spessa,
meati ureterali a buca di golf, assenza di reflusso, ureteroidronefrosi bilaterale con insufficienza renale. L’urografia faceva sospettare una stenosi bilaterale dell’uretere intramurale che invece era pervio a sondino ureterale 6 Ch. Queste
complicanze a gravità differente le abbiamo
osservate in tre casi, tutti di sesso femminile e
con peso corporeo inferiore ai 60 kg. In un
caso, la diagnosi tardiva ha provocato perdita
della capacità vescicale, insufficienza renale ed
incontinenza. Si praticò nefrostomia percutanea. Negli altri 2 casi la terapia con idrodistensione-vescicale in anestesia e Deflazocort per 1
mese ha permesso il ritorno alla normalità dell’apparato urinario.
Risultati: Effettuando follow up endoscopico
stretto rivolto ad evidenziare eventuali effetti
collaterali in fase precoce sarà possibile scongiurare le complicanze. La sorveglianza attuata
dopo il primo caso ci ha permesso il recupero di
una normale funzione dell’apparato urinario
negli altri casi.
Conclusioni: L’ipotesi patogenetica è che le complicanze siano dovute ad una ipersensibilità alla
Mitomicina-C delle tre pazienti e al loro basso
peso corporeo.
ADENOMECTOMIA PROSTATICA MINIINVASIVA È POSSIBILE RIMUOVERE IL
CATETERE IN PRIMA GIORNATA.
F. Ventura, G. Scalese, V. Disanto
Reparto di Urologia, Ospedale Generale Regionale
“F. Miulli”, Acquaviva delle Fonti, Bari
Introduzione: L’adenomectomia prostatica è tecnica chirurgica open che ancora oggi trova indicazione in presenza di adenomi di peso superiore ai 50-60 g, e in Italia tale tecnica (retropubica
o transvescicale) è eseguita nel 35% circa dei
pazienti.
L’adenomectomia open richiede una incisione
sovrapubica di circa 10 cm e il cateterismo che
viene prolungato per periodi variabili dai 5 ai
10 gg.
Materiali e Metodi: L’adenomectomia prostatica
mininvasiva è una tecnica di chirurgia open
che presenta rispetto alle tecniche tradizionali
numerosi vantaggi sia in termini di aggressivi-
Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
tà chirurgica che di cateterismo e degenza p.o.
Utilizzando resettore con ottica ed ansa di
Collins si incide circolarmente l’uretra a livello del collicolo seminale Incisione sovrapubica di 3 cm, riempimento vescicale, reperimento della vescica con 2 punti, cistotomia di 1
cm, incisione del collo vescicale utilizzando
resettore con ottica e ansa di Collins enucleazione digitale transvescicale dell’adenoma ed
estrazione dello stesso a pezzi emostasi della
loggia prostatica con recettore, ottica ed ansa
curva cateterismo, cistoraffia in doppio strato,
drenaggio capillare e sutura.
Risultati: Dal 1998 al 2003 abbiamo eseguito
458 interventi in prostate di peso medio di
90g (50-190), Qmax preoperatorio medio 4-10
ml/sec, postoperatorio 18-33 ml/sec, IPSS preoperatorio 22-32, post-operatorio 0-5. Cateterismo p.o. 1,5 gg. Degenza media postoperatoria 2,5 gg (2-4). Nel 10,5% dei pazienti è
stata eseguita emotrasfusione. Complicanze a
distanza (sclerosi del collo vescicale) 3 pazienti. In nessun caso abbiamo osservato ritenzione urinaria o fistole urinose sovrapubiche alla
rimozione del catetere.
Conclusioni: L’adenomectomia prostatica
mininvasiva è un intervento rapido eseguibile
abbastanza agevolmente in 45’, indicato in
adenomi di peso superiori ai 50 g. Pur se di
facile esecuzione richiede una discreta esperienza endoscopica per eseguire una corretta
emostasi dopo l’enucleazione dell’adenoma.
La nostra esperienza dimostra che la rimozione
precoce del catetere già in prima giornata non
complica il decorso clinico, accorcia la degenza e riduce il rischio di stenosi uretrali.
Nel confronto con le tecniche chirurgiche
open tradizionali (transvescicale e retropubica) presenta notevoli vantaggi oltre che per la
precoce rimozione del catetere, anche per il
miglior comfort del paziente, sia per la minore degenza postoperatoria, che per le complicanze immediate ed a distanza. Anche nel
confronto con la TUR a adenomectomia prostatica mininvasiva permette di ottenere risultati migliori in termini di cateterismo degenza
e qualità della minzione.
OSTRUZIONE URETERALE IN PAZIENTE
MONORENE CAUSATA DA UN ANEURISMA DELL’ARTERIA IPOGASTRICA: DESCRIZIONE DI UN CASO E REVISIONE
DELLA LETTERATURA.
S. Zaramella, G. Monesi, E. Kocjancic, P.
Gontero, G. Ceratti, M. Sala, M. Favro, G.
Marchioro, B. Frea
Clinica Urologica, Facoltà di Medicina e Chirurgia,
Università degli Studi del Piemonte Orientale “A.
Avogadro”, Azienda Ospedaliera “Maggiore della
Carità”, Novara
Introduzione: L’ostruzione ureterale, secondaria a
compressione o fibrosi, rappresenta una complicanza relativamente rara degli aneurismi dell’
aorta addominale e degli aneurismi delle arterie
iliache comuni.
Decisamente aneddotico è il riscontro di ostruzione ureterale secondaria ad aneurisma della
arteria ipogastrica. Descriviamo il caso di un
paziente monorene con insufficienza renale
secondaria ad ostruzione ureterale da aneurisma
dell’arteria ipogastrica destra.
Caso Clinico: Paziente di 90 anni sottoposto ad
applicazione di protesi vascolare aorto-bisiliaca e
nefrectomia sinistra nel 1986, per aneurisma
infrarenale dell’aorta addominale e delle arterie
iliache comuni, recente episodio di arresto cardiaco in corso di intervento di ernioplastica
inguinale, lieve insufficienza renale cronica.
Giunse alla nostra osservazione per anuria senza
sintomatologia dolorosa associata, ecograficamente si riscontrò di moderata dilatazione delle
vie escretrici di destra, l’Rx addome era negativa
per calcolosi calcica, creatinina sierica 3,8 mg/dl,
azotemia 55 mg/dl, K 5,5 mEq.
Considerato il quadro ostruttivo, si decise di
sottoporre il paziente ad intervento in urgenza
di stenting ureterale retrogrado, senza ricorrere ad anestesia viste le precarie condizioni
generali del paziente.
Dopo tale manovra si riscontrò pronta ripresa
della diuresi e normalizzazione della funzionalità renale. La TAC senza mezzo di contrasto
eseguita successivamente evidenziò un voluminoso aneurisma dell’arteria ipogastrica
destra di 3,5 x 4,5 cm, dislocante e comprimente l’uretere destro.
È attualmente in corso una valutazione da
parte del chirurgo vascolare per la terapia dell’aneurisma, il paziente è ancora portatore di
stent ureterale.
Discussione: L’aneurisma della arteria ipogastrica
è in assoluto il più raro fra tutti gli aneurismi
intra-addominali, nell’85% è monolaterale, ed è
generalmente associato da aneurismi dell’aorta
addominale e delle arterie iliache comuni. Il
dolore colico, l’ostruzione ureterale, la micro e
Archivio Italiano di Urologia e Andrologia 2003; 75, 4, Supplemento 1
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Abstracts 4° Congresso Nazionale Società Italiana di Endourologia
macroematuria ed il riscontro di una massa pulsante all’esplorazione rettale sono i sintomi ed i
segni urologici più frequenti.
Conclusioni: L’aneurisma isolato dell’arteria ipogastrica è una rara causa di ostruzione ureterale,
in letteratura sono stati riportati meno di 100
casi, in un terzo circa dei pazienti i sintomi d’esordio sono urologici.
La terapia è chirurgica con endoaneurismoraffia
ed ureterolisi, ma in pazienti con scadenti condizioni generali di salute trova spazio un trattamento conservativo endourologico.
SESSIONE INFERMIERISTICA
Lunedì 19 Aprile 2004
Sala Nettuno 1
8.00-18.00
Titolo
Relatore
Le infezioni del tratto urinario e il cateterismo ad intermittenza
M. Marchetti (Ancona)
La prostatectomia radicale per via laparoscopica
R. Marega (Bologna)
La sterilizzazione della strumentazione endoscopica
R. Marega (Bologna)
“Il paziente urologico in one day-surgery”
Strumenti operativi di supporto per la gestione del paziente
M. Ruggeri (Bologna)
La resezione transuretrale
A. Oliva (Napoli)
Il paziente portatore di urostomia
G. Musella (Napoli)
L’ambulatorio per la riabilitazione del PPP e l’incontinenza urinaria
C. Pennetta (Foggia)
La stenosi dell’uretra maschile
M. Urbinati (Bologna)
La gestione delle derivazioni urinarie esterne
ed interne, attualità e prospettive
per il miglioramento della Q.V. del paziente.
L. Eto (Napoli)
Malattia di Alzheimer e disturbi della continenza urinaria.
Il ruolo del Nursing
D. Di Prima (Matera)
Direttore Responsabile
Pietro Cazzola
Direzione Marketing
Armando Mazzù
Registrazione
Tribunale di Milano n.289 del 21/05/2001
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