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AT T U A L I T À F U T U R O P R O S S I M O
Per crescere
ora le città
mettono radici
Spazi ristretti, costi altissimi: Montréal, Tokyo,
Pechino hanno scelto di espandersi sottoterra
con negozi, cinema, laboratori. E persino fattorie
DI ARIANNA DAGNINO
a proprietà terriera si estende per
quattromila chilometri di profondità.
Usiamola». Già trent’anni fa Malcom
Wells, il padre dell’architettura sotterranea, ammoniva che l’uomo doveva
imparare a sfruttare – e non solo per
puri motivi ecologici e di impatto ambientale – le
opportunità offerte da edifici che affondano nel
sottosuolo non solo le fondamenta ma anche l’intero «corpo». Oggi, con la crescente e rapida diminuzione dello spazio a disposizione degli insediamenti metropolitani, le parole di Wells suonano
profetiche. Almeno tanto quanto quelle di H. P. S.
van Lohuizen, l’architetto olandese che da anni va
predicando alla pubblica opinione la necessità di
inserire sempre nelle attività di pianificazione urbana almeno un’opzione di «variante sotterranea»
per edifici pubblici e complessi industrial-commerciali, prima che – come invece sta accadendo in
molte città del mondo – essa diventi scelta obbligata, quando ormai è troppo tardi per interventi efficaci, integrati e strutturati.
Nella vision di questi – e altri – precursori della
moderna underground architecture la conquista
di maggior spazio disponibile è solo uno degli
L
Ville souterraine
Montréal contende
il record mondiale
di tunnel sotterranei
alla vicina Toronto:
trenta chilometri
contro ventisette
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obiettivi; altrettanto importante è il conseguimento
di una migliore qualità fisica urbana, con minori congestioni sia umane che viarie, maggiore fluidità del
traffico e con la possibilità di ricavare aree verdi lì dove avrebbero dovuto sorgere magazzini o centri commerciali.
Un’accoppiata di risultati – ricerca di spazio e miglior qualità di vita – la cui ricerca è non a caso alla base del crescente numero di progetti per la realizzazione nel sottosuolo di musei, cinema multisala, centri
per i visitatori, shopping mall così come di laboratori di
ricerca e impianti di tipo militare. «Tutti luoghi», nota
Hans Hollein, l’architetto tedesco che ha recentemente progettato due musei sotterranei a Salisburgo e nell’Auvergne, in Francia, «che per loro natura non necessitano di luce naturale». Quindi realizzabili e vivibili sottoterra, lascia intendere Hollein, che spesso viene chiamato a tenere lezioni di underground building
presso l’Università di Tecnologia di Delft, in Olanda (altro Paese che, come il Giappone, se non ruba la terra al
mare ha come unica alternativa il sottosuolo e che
perciò ha da tempo aperto il centro di ricerca noto come Cob, Netherlands Centre for Underground Construction (www.cob.nl/english).
VA DI MODA LO SHOPPING «IPOGEO»
E così come l’architetto cinese Ieoh Ming Pei ha sviluppato il centro visitatori del Louvre in un sottosuolo illuminato dalla luce naturale proveniente da una piramide di cristallo, a Los Angeles il giapponese Hayahiko
Takase sta progettando un centro ricreativo underground per il quartiere della Little Tokyo californiana
mentre presto l’Università dell’Indiana avrà un nuovo
complesso multidisciplinare per la ricerca scientifica
con due interi piani sotterranei per assicurare ai laboratori umidità e temperatura costanti, ma anche per
proteggerli dalle vibrazioni e radiazioni esterne. Contemporaneamente a Stonehenge, in Inghilterra, stanno per partire i lavori per la costruzione di un centro visitatori sotterraneo progettato dal prestigioso studio di
architettura australiano Denton Corker Marshall.
Portabandiera nonché pioniere della nouvelle vague
architettonica sono le città canadesi, che già oggi vantano vere e proprie città underground. In particolare Toronto, con i suoi ventisette chilometri di «passeggiate»
sotterranee, si è aggiudicata il Guinness dei primati
dello «shopping ipogeo», anche se ora pare che 3
Nel sottosuolo di Montréal si trovano
oltre 1.700 negozi, 40 cinema, musei,
teatri, alberghi, ristoranti, pub e caffè
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Montréal sia sul punto di ghermire quel primato ultimando i suoi 30 chilometri di tunnel a uso pubblico.
Un modo, quello dei cittadini delle due metropoli
nordamericane, di proteggersi dai rigori dei lunghi inverni e dalle alte temperature estive tipiche di un clima continentale, mentre sbrigano indisturbati le loro faccende o si prendono una pausa di relax. I numeri al riguardo sono impressionanti: nella sola Montréal nei centri commerciali ricavati sotto i più importanti edifici e grattacieli della città e lungo i passaggi che collegano le 65 stazioni metropolitane (trasformatesi nel tempo nella più grande galleria d’arte
del mondo) si trovano oltre 1.700 negozi, 40 cinema,
musei, teatri, alberghi, decine di ristoranti, pub e caffè. Una ville souterraine con più di 150 punti di accesso
esterni da cui transitano ogni giorno mezzo milione
di persone. In termini di superficie stiamo parlando
di uno spazio pari a 3,6 milioni di metri quadrati, con
tanto di campo da hockey.
E oggi, nella Cina che ha deciso di entrare a spron
battuto nel Terzo millennio, sia il Path di Toronto che
il Resò di Montréal – questo il nome delle città underground canadesi – sono modelli da imitare. Gli amministratori di Pechino stanno pensando di ridare vita all’Underground Bejing, una città sottoterra creata negli
anni Settanta per ordine di Mao Zedong come rifugio
in caso di attacco aereo sovietico per almeno il 40 per
cento della popolazione della capitale cinese.
Non dissimile da quella costruita a loro volta dai sovietici nelle viscere di Mosca, la Pechino segreta si dipanava per 85 chilometri quadrati di passaggi e vani
sotterranei e includeva uffici, ospedali, mense, scuole, fabbriche, librerie e persino serre di coltivazione 3
I GURU DELL’UNDERGROUND: IL FRANCESE PAUL VIRILIO E IL TEDESCO HANS HOLLEIN
Così l’architettura ritrova libertà di movimento
Che l’architettura del futuro debba recuperare le sue radici
sotterranee – ripescandole dagli antichi ipogei – lo sostiene
anche l’intellettuale francese Paul Virilio, professore di Architettura all’Università di Parigi. «È lì, negli ipogei, che ha le sue
origini l’Architettura. In quel rapporto luce-ombra che gli architetti di oggi hanno completamente dimenticato, perduti nel
delirio della trasparenza assoluta che acceca, dei grattacieli
che pretendono di scalare il cosmo e si isolano completamente dalla terra, in una fuga senza futuro».
Con questa dichiarazione-manifesto l’architetto Virilio si è
schierato a difesa dei progetti di musei sotterranei realizzati
dal tedesco Hans Hollein, aspramente criticato in particolare
per la costruzione del Guggenheim Museum di Salisburgo,
un’opera scavata nella montagna e interamente sotterranea,
ma aperta a ricevere la luce solare attraverso un grande foro
posto alla sua sommità.
«Costruire sottoterra significa adottare concetti spaziali diversi», dice Hollein. «Invece che mettere le cose una sopra l’altra, come nell’architettura esterna, qui ci si può sviluppare in
ogni direzione, come se si stesse nuotando in una piscina». Un
concetto che Hollein aveva già sperimentato progettando Vulcania, il centro (aperto al grande pubblico) di documentazione
sulla vulcanologia nell’Auvergne, in Francia. Scavato all’interno di un vulcano spento, il complesso ospita laboratori, sale
conferenze, serre che mostrano gli effetti fertilizzanti dell’attività vulcanica. «Ho cercato di richiamare simbolicamente la
discesa dell’uomo al centro della Terra. Mi sono ispirato al romanzo di Jules Verne e alla discesa agli Inferi di Dante». ■
Contadini sotto la città
A Tokyo la corporation
Pasona ha creato
la prima fattoria
sotterranea al mondo.
Le piante vengono
coltivate in acqua
con aggiunta
di sostanze nutrienti.
La «fattoria» dispone
anche di caffetterie
e centri di svago
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IL FENOMENO DELLE «SQUATTER CITIES», METROPOLI ABUSIVE IN ASIA E AFRICA
Ma nel Terzo Mondo l’alternativa sono le baraccopoli
Ci sono città che vengono definite underground perché si sviluppano nel sottosuolo e altre che tali vengono definite perché crescono nel sottobosco metropolitano. Rientrano in questa categoria le Squatter Cities: città non previste da alcun piano regolatore, che nascono e crescono in maniera spesso
abnorme ai margini delle metropoli. Si stima che nel mondo oggi ci siano un
miliardo di squatter – cioè di cittadini abusivi –, che ogni giorno altri 200 mila diventino tali e che nel giro di 25 anni arriveranno a essere 2 miliardi.
Uno spaccato del fenomeno lo dà con efficacia Robert Neuwirth, giovane
reporter newyorkese che ha vissuto per due anni a cavallo tra le favelas di
Squatter A Mumbai, l’ex Bombay, metà della popolazione vive nelle baracche
Rio de Janeiro, le shanty towns di Nairobi, le bidonville di Istanbul e le baraccopoli di Mumbai (la vecchia Bombay) per raccoglierne le impressioni in un
libro pubblicato da poco: Shadow City (Routledge). «Quattro città. Quattro
Paesi. Quattro continenti. Quattro culture. Un’unica realtà: gli squatter», così Neuwirth presenta l’esperienza di reporter «infiltrato» nell’immondezzaio
del mondo in via di sviluppo, vissuto affittando camere dagli stessi squatter,
utilizzando le loro latrine (dove esistevano) a cielo aperto, consumando i loro
stessi pasti dai venditori ambulanti o nei fast-food.
«Quello che più mi ha colpito? La vitalità e l’energia di questa gente, ovunque mi trovassi», racconta il giornalista.
«In tre delle realtà in cui ho vissuto gli
Nel mondo oggi ci sono
un miliardo di squatter, squatter creano enormi economie sommerse e si sono dimostrati i più grandi
cittadini abusivi,
costruttori del mondo. Appena hanno la
che raddoppieranno
certezza di non venir evirati dal luogo, di
non vedere le loro case demolite dai bullentro venticinque anni
dozer, creano opere straordinarie». Neuwirth ha anche aperto un blog in Rete (http://squattercity.blogspot.com/).
Si scopre così per esempio che molti degli abitanti di Kibera, la bidonville di
Nairobi, sono impiegati statali che con i loro magri stipendi non possono permettersi di pagare l’affitto di un’abitazione nella città «legale». «Nella favela di
Rocinha, in Brasile», dice Neuwirth, «la pressione degli squatter sulle autorità
cittadine è riuscita a garantire loro servizi essenziali come acqua potabile, corrente elettrica e un sistema fognario. Spero che il mio libro possa servire anche agli stessi squatter, a renderli consapevoli del loro potere. Se gli abusivi si
organizzassero potrebbero risultare molto potenti e persino diventare una
tremenda forza politica, capace di influire nella vita delle città». ■
dei funghi, che richiedono poca luce. Alcune zone sono state riadattate per ospitare ostelli della gioventù e
negozi, ma la sezione che diverrà la più sofisticata è
quella in cui stanno nascendo boutique, ristoranti,
teatri e centri di bellezza e a cui, almeno per il momento, hanno accesso solo gli stranieri – quasi un ironico contrappasso storico della Città Proibita agli stranieri in epoca Ming.
A TO K YO L E P R I M E FAT TO R I E S OT T E R RA N E E
Nel frattempo nella vicina Tokyo, dove tutto profuma
di futuribile, è nata la prima di un’intera catena di fattorie underground. Il primo prototipo, aperto al pubblico, è stato ricavato due livelli sotto terra nelle viscere del quartier generale della Pasona, megacorporation nipponica da cui la farm prende il nome: Pasona
02. Al suo interno si è già cominciato a produrre con
successo riso, soia, pomodori, patate, legumi. È il futuro dell’agricoltura per vie artificiali, dove cioè si utilizzano l’idroponica avanzata (la crescita delle piante
in acqua), la luce di lampade halide e a Led al posto di
quella solare e l’aria termo-regolata prodotta da potenti impianti di condizionamento.
Il progetto ha un duplice scopo: da un lato portare
in qualche modo la campagna nel cuore stesso della
metropoli, seppur sottoterra, al fine di contrastare l’emorragia dei giovani che abbandonano le campagne
per la città; dall’altro creare nuove professionalità
(una nuova generazione di contadini hi-tech) che aiutino a rendere il Giappone un po’ meno dipendente
dalle importazioni estere. Saranno dunque serre sotterranee come Pasona 02 che, in un futuro non lontano, potrebbero sfamare le nuove leve nipponiche. Cui
verranno messe a disposizione – come in Pasona 02 –
caffetterie sotterranee in cui è possibile gustare sul
momento le insalate appena raccolte e acquistare
mazzi di margherite cresciute underground. O centri
relax con aree terapeutiche che fanno uso – paradosso della modernità avanzata – di sostanze «naturali»
ricavate da coltivazioni artificiali. ■ A.D.