Ruolo della sindromemetabolica nelle sindromi coronariche

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Ruolo della sindromemetabolica nelle sindromi coronariche
Ruolo della sindrome metabolica nelle sindromi coronariche acute.
Studio epidemiologico prospettico
RASSEGNE
Ruolo della sindrome metabolica nelle sindromi coronariche acute.
Studio epidemiologico prospettico
Valeria Cassini, Francesca Bonura, Calogero Di Maio, Gianfranco Ciaramitaro, Giuseppe Coppola,
Michele Farinella, Giuseppina Novo, Antonino Rotolo, Pasquale Assennato, Salvatore Novo
Cattedra e Scuola di Specializzazione di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare - U.O.C. di Cardiologia
A.O.U. Policlinico “P. Giaccone” - Dipartimento di Medicina Interna, Malattie Cardiovascolari e Nefro-urologiche
Università di Palermo
Riassunto
La sindrome metabolica si può considerare oggi una vera e propria “epidemia” e poiché si prevede che la sua incidenza
aumenterà ancora in futuro questo studio si propone come obbiettivo di valutarne il ruolo nell’insorgenza delle sindromi
coronariche acute. Abbiamo studiato due gruppi di pazienti infartuati, uno con sindrome metabolica e l’altro
senza questa patologia per valutare la differenza tra i due gruppi sia in termini di mortalità a breve ed a medio-lungo
ternine, sia per quanto concerne le complicanze intraricovero e l’insorgenza di nuovi eventi cardiovascolari, dimostrando
che tutte queste evenienze sono più comuni nei soggetti coronaropatici con sindrome metabolica.
Abbiamo inoltre dimostrato che i pazienti con circonferenza addominale maggiore (cioè quelli del gruppo di coronaropatici con sindrome metabolica) presentano valori più bassi di colesterolo HDL e un più alto rapporto Trigliceridi/HDL.
Un elevato rapporto Trigliceridi/HDL è indicativo di un cattivo stato metabolico dell’organismo, e si associa a più alti valori di PCR ed a una maggiore mortalità. Questi risultati rendono ragione del grande impatto negativo della sindrome metabolica in termini di eventi cardiovascolari e suggeriscono che essa debba essere tenuta in conto nella stratificazione prognostica dei pazienti coronaropatici.
Summary
Today metabolic syndrome can be really considered a real “epidemic” and as it is expected that its effects will increase
in the future, our study wants to appreciate the role of metabolic syndrome in the acute coronary syndromes. We studied
two clusters of patients with IMA, one cluster with metabolic syndrome and the other without this pathology to appreciate the differences between the two clusters about short and medium-long term mortality, incidence of complications
during the admission and arising of new cardiovascular events, showing that all these conditions are more represented
in coronary patients with metabolic syndrome. We had shown besides, that patients with high abdominal circumference
(that are patients with metabolic syndrome), have lower levels of HDL cholesterol and a higher triglycerides/HDL ratio.
An high ratio between triglycerides and HDL, is indicative of a bad metabolic state of the body, and is associated with
more elevated PCR values and with major mortality. These results explain the great negative impact of metabolic syndrome in the origin of cardiovascular events, and suggest that is must be considered in the prognostic stratification of
these patients.
Parole chiave: Sindrome metabolica, Infarto miocardico
Key words: Metabolic syndrome, Myocardial infarction
Introduzione
a sindrome metabolica è una entità nosologica
costituita da un insieme di componenti, ciascuno
dei quali da molto tempo riconosciuto come fattore di
rischio cardiovascolare, ma che insieme costituiscono
una vera e propria “bomba ad orologeria” pronta a
causare l’insorgenza di malattie cardiovascolari1. La
consapevolezza che la sindrome metabolica è una
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condizione morbosa molto diffusa e la previsione che
la sua prevalenza aumenterà ancora in futuro, hanno
motivato lo svolgimento di questo studio sperimentale il quale si ripropone di valutare il ruolo della sindrome metabolica nell’indurre eventi cardiovascolari.
Materiali e metodi
Abbiamo effettuato uno studio di tipo prospettico su
505 pazienti in cui è stata accertata, mediante meto-
Per la corrispondenza: [email protected]
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diche invasive e non invasive, la presenza di cardiopatia ischemica acuta. La popolazione esaminata è
costituita da 355 maschi e 150 femmine. Sono stati
arruolati soggetti di età compresa tra i 36 e i 98 anni,
ricoverati presso la Divisione di Cardiologia del
Policlinico Paolo Giaccone di Palermo, dal Gennaio
2006 fino al Gennaio 2010. Sono stati esclusi dallo
studio, al momento del reclutamento, i pazienti con
affezioni flogistiche acute quali pancreatite acuta,
endocardite infettiva acuta, colecistite acuta, tamponamento pericardico, insufficienza renale acuta e
pazienti con sindrome disreattiva. Sono stati esclusi
dallo studio anche pazienti con patologie croniche
quali artrite reumatoide in fase di attività, insufficienza renale cronica severa e malattie neoplastiche.
Criterio di inclusione è stata la presenza di cardiopatia ischemica acuta diagnosticata sulla base del
movimento dei marcatori biochimici di necrosi miocardica (troponine I e T, mioglobina, CK-MB) ed
alla presenza di almeno una tra le due seguenti condizioni: dolore toracico o modificazioni del tracciato elettrocardiografico indicative di infarto miocardico. La presenza di infarto miocardico acuto è stata
inoltre accertata mediante metodiche invasive e non
(quali ecocardiografia, elettrocardiografia, test ergometrico, scintigrafia miocardica e coronarografia).
I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi in base
alla presenza o alla assenza della sindrome metabolica la quale è stata diagnosticata sulla base dei criteri proposti nel 2001 dall’ATP III2, che sono stati,
fino al momento dell’effettuazione del nostro studio, quelli più in uso.
Questa definizione di sindrome metabolica richiede
che siano presenti contemporaneamente 3 dei seguenti
fattori: circonferenza della vita > 102 cm nei maschi e
> 88 cm nelle donne; trigliceridemia > 150 mg/dl (o
terapia ipotrigliceridemizzante in atto); colesterolo
HDL < 40 mg/dl negli uomini e < 50 mg/dl nelle
donne; pressione arteriosa > 130/85 mmHg (o trattamento antipertensivo in atto); glicemia a digiuno >
100 mg/dl (o trattamento ipoglicemizzante in atto).
Il database considerato per ogni singolo paziente
contiene i dati relativi a: sesso, età, durata della degenza, eventuali complicanze intraricovero, eventuale pregresso Infarto Miocardico Acuto, fattori di
rischio tradizionali (ipertensione, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, obesità, glicemia). Abbiamo anche riportato il referto dell’Ecocolor doppler
dei tronchi sovraaortici; sono stati inoltre presi in
considerazione il trattamento con statine, i valori di
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Proteina C reattiva e di Fibrinogeno.
Su tali gruppi di pazienti è stato effettuato un followup telefonico a cadenze di uno, sei e dodici mesi dalla
dimissione, mediante il quale ci si è accertati dell’intercorrenza, dalle dimissioni alla data del follow-up,
di eventi cardiovascolari quali ricoveri per intervento
di rivascolarizzazione mediante by-pass o angioplastica, angina stabile o instabile, IMA o re-IMA, scompenso cardiaco ed aritmie; ed inoltre si è valutata
l’intercorrenza di eventi cerebrovascolari quali ictus e
TIA o l’eventuale insorgenza di stenosi su stent.
Analisi statistica
L’analisi statistica su tali popolazioni di pazienti è stata
condotta attraverso la valutazione di variabili binarie e
continue. Le variabili quantitative sono state valutate
con “t di Student”, le categoriche sono state valutate
con il test “chi quadro”. Un modello di regressione
lineare è stato applicato per valutare l’associazione tra
i valori di circonferenza addominale (i quali sono
espressione di obesità viscerale) con i livelli di colesterolo HDL ed anche per valutare la correlazione del
rapporto trigliceridi/ HDL con i valori di PCR.
Risultati
Caratteristiche dei Gruppi di pazienti
Le caratteristiche dei due gruppi di pazienti sono riassunte nella Tab. 1. Il gruppo Met+ comprende i pazienti con sindrome metabolica, mentre il gruppo Meti pazienti senza sindrome metabolica. Per verificare
l’omogeneità delle due popolazioni in studio, e quindi
per stabilire se nei due gruppi vi possano essere variabili in grado di influire sull’insorgenza della patologia
considerata al follow-up, li abbiamo confrontati ottenendo i risultati visibili nella Tab. 1. In questa tabella
il valore di p < 0,05 indica una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi considerati.
Applicando una regressione lineare abbiamo osservato che esiste una stretta associazione, nei singoli
gruppi, tra l’andamento della circonferenza addominale e quello dei livelli di colesterolo HDL e ciò indica che più aumenta la circonferenza addominale,
più si riducono i valori delle HDL. Nelle donne
gruppo Met+, esiste una stretta correlazione dei due
parametri (F-Ratio = 4,5; p 0,02) e lo stesso si può
dire degli uomini di questo gruppo (F-Ratio = 3,7; p
0,04). Una significativa associazione si riscontra
anche nelle donne (F-Ratio = 3,9; p 0,03) e negli
uomini (F-Ratio = 7,2; p 0,01) del gruppo Met-.
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Abbiamo anche applicato una regressione lineare
sull’andamento dei livelli dei due parametri nell’intera popolazione ed è emerso che questi sono strettamente associati tra loro (F-Ratio = 42,0; p < 0,001).
Applicando inoltre la funzione regressione lineare
tra il rapporto trigliceridi/HDL ed i livelli di PCR
abbiamo rilevato una significativa associazione, sia
nel gruppo di soggetti con sindrome metabolica
(Met+: F-Ratio 7,2; p = 0,01) che nel gruppo di soggetti senza sindrome metabolica (Met-: F-Ratio 3,7
p = 0,04): cioè in entrambi i gruppi un elevato rapporto Trigliceridi/Hdl si associa ad alti valori di
PCR. Il rapporto trigliceridi/HDL riveste un importante rilievo in quanto permette di stabilire il
Alcuni Autori affermano che valori del rapporto
TG/HDL > 5 espongano al rischio di infarto del miocardio entro due anni4. Nei due gruppi da noi presi in
studio si sono rilevati valori medi del rapporto
TG/HDL pari a 4 nel gruppo Met+ ed a 2,4 nel gruppo Met-. Effettuando il t-test si evince inoltre che, nel
gruppo di pazienti con sindrome metabolica la circonferenza vita, espressa in centimetri, è significativamente superiore rispetto a quella dell’altro gruppo
sia per quanto riguarda gli uomini (Met+ vs Met- p <
0,0001) che le donne (Met+ vs Met- p < 0,0001).
La durata media della degenza infine, è risultata
significativamente più lunga nei pazienti affetti da
sindrome metabolica rispetto all’altro gruppo consi-
Popolazioni a confronto
Met+ (n° 331)
Met- (n° 174)
P < 0,05
Sesso M
225 (67%)
130 (74,7%)
ns
Età
65,6 ± 9,98
64,4 ± 10,05
ns
Ipertensione
301 (90,9%)
126 (72,4%)
< 0,01
Obesità
265 (80%)
45 (25,9%)
< 0,05
Trigliceridi
155,2 ± 74,7
111,1 ± 44,2
< 0,0001
Colesterolo LDL
112,8 ± 41,2
117,6 ± 38,7
ns
Colesterolo HDL
Donne* 45,3 ± 11,1
Uomini** 38,9 ± 8,7
Donne* 59,4 ± 14,9
Uomini** 48,1 ± 12,1
< 0,0001*
< 0,0001**
Trattamento statine
65,3%
62%
ns
PCR
2,5 ± 4,29
1,4 ± 1,5
< 0,05
Fibrinogeno
372,3 ± 102,5
340,9 ± 73,0
< 0,05
Durata degenza
6,5 ± 4,1
5,1 ± 1,4
< 0,001
Glicemia 욷 100 mg/dl
273 (82,5%)
74 (42,5%)
< 0,01
Pregresso IMA
60 (17,9%)
9 (5,2%)
nv
Assenza di lesione parietale tronchi sovraaortici
2,6%
40,3%
< 0,05
Ispessimento medio intimale tronchi sovraortici
27,3%
18,1%
< 0,05
Placca aterosclerotica tronchi sovraortici
70,1%
41,6%
< 0,05
Tab. 1
grado di benessere o malessere metabolico, es sendo esso un indicatore indiretto del grado di insulino-resistenza3. Se questo rapporto è inferiore ad 1
lo stato di benessere metabolico dell’organismo è
ottimale; se il valore del rapporto è compreso tra 1 e
2 esso indica una condizione di normale sensibilità
insulinica; lo stato di salute metabolica è discretomediocre se il valore del rapporto è compreso fra 3
e 5, e diviene “pessimo” ed ad altissimo rischio cardiovascolare per valori del rapporto superiori a 5.
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derato (Met+ vs Met- p < 0,001), in virtù della maggiore incidenza, nei primi, di complicanze intraricovero quali reinfarto, angina stabile ed instabile, aritmie, ristenosi su stent, blocchi di branca, eventi
tromboembolici.
Follow-up
Sui nostri pazienti è stato effettuato un follow-up
telefonico per un periodo compreso tra 30 giorni e 365
giorni dalla dimissione con una media di 178 giorni.
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Tra i pazienti del Gruppo con Sindrome Metabolica, 25 pazienti (7,55%) hanno avuto complicanze
intraricovero. Gli eventi cardio e cerebrovascolari
sono stati rilevati, a 30 giorni nel 12,1% dei pazienti; a 180 giorni nel 18,1% dei pazienti; ed a 365
giorni nel 27,2,% dei pazienti. La mortalità è stata:
a 30 giorni del 2,4%; a 180 giorni del 3,9% ed a 365
giorni del 5,74%.
Nel gruppo di pazienti senza Sindrome Metabolica complicanze intraricovero sono state registrate
in 6 soggetti (3,44%). Gli eventi cardio e cerebrovascolari sono stati registrati: a 30 giorni nell’8,6% dei
pazienti; a 180 giorni nel 12,6% ed a 365 giorni nel
17,2% dei pazienti. La mortalità è stata: a 30 giorni dell’1,7%; a 180 giorni del 2,9% ed a 365 giorni
del 4,02% in tutto.
Sui dati ottenuti al follow-up, abbiamo applicato
un’analisi statistica da cui è emerso che il numero
di eventi cardiovascolari e la mortalità a 180 ed a
365 giorni sono significativamente maggiori nei
soggetti del gruppo Met+ rispetto a quelli del gruppo Met- (Tab. 2). Allo stesso modo sono risultate
significative le differenze tra i due gruppi in termini
di complicanze intraricovero, essendo esse più frequenti nei pazienti del gruppo Met+ (Met+ vs Met-:
χ² = 7,43; p 0,003).
Attraverso l’analisi statistica abbiamo inoltre rilevato che, in entrambi i gruppi, una importante significatività statistica correla il rapporto trigliceridi/HDL
con la mortalità globale poiché nei soggetti in cui
tale rapporto è maggiore o pari a 5 la mortalità è
significativamente maggiore. (Met+ χ² = 5,3 p
0,021; Met- χ² = 3,8 p 0,04).
Discussione dei risultati
Analizzando l’incidenza di eventi cardiovascolari al
follow-up, è emerso che tra i gruppi considerati
(Met+ e Met-) si riscontrano significative differenze
di incidenza, a breve e medio-lungo termine, per
quanto riguarda gli eventi cardiovascolari globalmente considerati (morte, re-IMA, angina stabile e
instabile, scompenso cardiaco, ristenosi su stent ed
aritmie).
Dalle sottoanalisi, ottenute dallo scorporo dei dati,
emergono inoltre risultati significativi. Esiste infatti, considerando gli eventi cardiovascolari, ad ogni
cadenza del follow-up, un trend significativamente
più alto nei pazienti del gruppo Met+ (Tab. 2).
È oramai acclarato il ruolo della sindrome metabolica come predittore di mortalità globale e cardiova-
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scolare. Anche dalla nostra analisi è emersa una correlazione notevolmente significativa tra la presenza di sindrome metabolica e la mortalità, in
quanto i pazienti affetti da questa condizione morbosa hanno una mortalità globale nettamente maggiore rispetto ai pazienti che non ne sono affetti
(Met+ vs Met- p 0,01), (Tab. 2). Abbiamo inoltre
riscontrato una stretta correlazione tra il rapporto
trigliceridi/HDL (indicatore dello stato metabolico dell’organismo) e la mortalità cardiovascolare
globale che si presenta più elevata nei soggetti in
cui tale rapporto è pari o superiore a 5.
La sindrome metabolica è inoltre associata a complicanze cardiovascolari in quanto è costituita da
una varietà di alterazioni metaboliche ed emodinamiche che incrementano sinergicamente il rischio di
coronaropatia5: elevata appare infatti anche nel
nostro studio, la significatività in termini di complicanze intraricovero (Met+ vs Met- p 0,03). Si può
infatti osservare che i pazienti infartuati con sindroGruppi pz
(Met+ vs Met-)
A 30 gg
Eventi
cardiovascolari
nv
Mortalità
nv
A 180 gg
Eventi globali
χ² = 3,8; p 0,04
χ² = 9,6; p 0,001
χ² = 4 ,9; p 0,03
χ² = 6,4; p 0,01
Tab. 2
me metabolica (cioè i soggetti appartenenti al gruppo Met+) vanno incontro in misura maggiore a queste situazioni rispetto ai pazienti infartuati che non
hanno la sindrome metabolica (cioè rispetto ai soggetti appartenenti al gruppo Met-).
Poiché è stata provata dal nostro studio, mediante
regressione lineare, una stretta associazione tra il
rapporto trigliceridi/ HDL e i valori di PCR nei vari
gruppi, possiamo affermare che i soggetti in cui il
rapporto trigliceridi/ HDL risulti 욷 5 presentano
livelli di PCR più elevati. Gli elevati livelli di PCR
sono importanti marcatori di flogosi e sono correlati a maggiore incidenza di infarto miocardico acuto
e mortalità cardiovascolare globale6. È del resto
noto che la sindrome metabolica si associa ad uno
stato proinfiammatorio/protrombotico che può includere elevati livelli di proteina C-reattiva, disfunzione endoteliale, iperfibrinogenemia, aumentata
aggregazione piastrinica, aumentati livelli di PAI-1,
elevati livelli di acido urico e microalbuminuria7 e
che gli elevati livelli di PCR sono predittori di
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rischio cardiovascolare8. Ciò è emerso anche dalla
nostra analisi.
Dai dati di mortalità, in cui è valutato l’andamento
della mortalità nei due gruppi considerati, si nota
una netta differenza tra il gruppo Met+ e il gruppo
Met- (p 0,01). Alla luce di questi dati il nostro studio giunge alla considerazione che la presenza della
condizione morbosa nota come sindrome metabolica, costituisce un forte indicatore prognostico di
mortalità a breve ed a medio-lungo termine in
pazienti infartuati, in maniera indipendente dagli
altri fattori di rischio. Di notevole rilievo, a nostro
avviso, è la correlazione tra gli elevati valori di circonferenza addominale, espressione di insulinoresistenza, e i bassi valori di colesterolo HDL nei
pazienti di entrambi i gruppi sia per quanto concerne il sesso femminile che per quello maschile.
Questo dato rende infatti conto del grande impatto
negativo della sindrome metabolica, in termini di
eventi cardiovascolari, nei soggetti affetti da sindrome coronarica acuta, dato che le basse HDL sono un
ottimo predittore di mortalità cardiovascolare9.
Conclusioni
In accordo con i dati ottenuti dagli altri studi finora
condotti, anche dalla nostra analisi emerge che, in
soggetti affetti da sindromi coronariche acute, la
presenza di sindrome metabolica ha un elevato valore predittivo sulla mortalità a breve ed a mediolungo termine.
Dalla nostra analisi emerge inoltre come, nei
pazienti con sindrome coronarica acuta, la presenza
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metabolica, influisca anche sull’incidenza di complicanze intraricovero quali reinfarto, angina stabile
ed instabile, aritmie, ristenosi su stent, blocchi di
branca, eventi tromboembolici.
Il nostro studio evidenzia anche che i pazienti affetti da sindrome coronarica acuta e sindrome metabolica hanno, rispetto ai pazienti coronaropatici senza
sindrome metabolica, una maggiore incidenza di
eventi cardiovascolari. I soggetti con sindrome
metabolica presentano inoltre valori di trigliceridi
significativamente più alti, e valori di colesterolo
HDL significativamente più bassi rispetto ai pazienti senza sindrome metabolica. La riduzione delle
HDL risulta da una modificazione della loro composizione e del loro metabolismo con conseguente
perdita della loro proprietà antiaterogenica, antinfiammatoria ed antiossidante e con conseguente
riduzione del trasporto inverso del colesterolo dalla
periferia al fegato10. In aggiunta, agli alti livelli di
trigliceridi e alle basse concentrazioni di colesterolo
HDL, si associano delle LDL piccole e dense, particolarmente aterogene11. Partendo da queste conoscenze possiamo affermare che nei pazienti con
sindrome coronarica acuta, la presenza della sindrome metabolica può considerarsi spia di maggiore rischio di futuri eventi cardiovascolari sia a
breve che a medio-lungo termine.
È pertanto auspicabile che nel prossimo futuro, nei
pazienti con sindrome coronarica acuta, la presenza
della sindrome metabolica venga tenuta in conto
nell’effettuazione della stratificazione prognostica
al fine di poter ottimizzare su questi soggetti, la prevenzione secondaria.
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