Un premio letterario in ricordo del grande poeta molisano scomparso

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Un premio letterario in ricordo del grande poeta molisano scomparso
GIUSEPPE JOVINE TRA SOCIALITÀ E POESIA
Un premio letterario in ricordo del grande poeta molisano scomparso
Le cronache riferiscono, a volte, di strani contrasti fra la dimensione privata e quella “collettiva”
degli uomini; fra il loro privato, quale traspare dalle pieghe dell’intimità familiare, e l’immagine
ch’essi mostrano in pubblico. Contrasti che hanno animato pagine e pagine di biografie più o meno
romanzate, opponendo privatissimi difetti alle “pubbliche virtù” di noti protagonisti. Non così nel
caso di mio padre, al quale va riconosciuta una grande coerenza nell’essere se stesso, qualunque
ruolo fosse chiamato a interpretare: dal giornalismo, alla politica, alla letteratura. Come se il suo
essere “poeta”, prima ancora d’esprimere una sensibilità artistica, fosse espressione di uno stile di
vita.
Nella triste e religiosa ricerca che ogni figlio intraprende dopo la morte dei propri cari, ho trovato
tra i tanti libri e le tante carte che mio padre gelosamente custodiva, una raccolta di poesie inedite
intitolata “Viaggio d’inverno”: ne ho curato io stesso un’edizione postuma, pubblicata dalle
Edizioni Enne. Scrive nella prefazione Francesco D’Episcopo: «Un Ulisse molisano e mediterraneo,
sempre pronto a ripartire per nuove avventure e nuove sfide, tentando le colonne d’Ercole di una
possibile fine. Ma si può finire davvero? Ci si può solo addormentare, facendo finta di star fermi,
come bambini impertinenti. La parola, l’amore continuano la vita oltre ogni possibile arresto
cardiaco; la poesia, soprattutto questa poesia tanto vicina alla morte, a quest’ultima vuole parlare e
raccontare una nenia di confidenza e d’amicizia. Un patto poetico, affidato alla certezza che troppo
spesso si può morire da vivi e si può invece continuare a vivere da morti». Un giudizio, quello di
D’Episcopo, che coglie due aspetti essenziali della personalità poetica di mio padre: la vitalità e la
“molisanità”, andando ad aggiungersi all’ampio repertorio critico – da Bigiaretti ad Argan, da De
Mauro a Petrucciani, da Citati a Luzi – che, ancor prima della morte (avvenuta il 29 agosto del
1998), aveva proiettato Giuseppe Jovine nel ristretto novero dei poeti del secondo Novecento.
Tra i suoi libri più importanti, vanno ricordati: le poesie in dialetto molisano “Lu Pavone” (1970) e
“Chi sa se passa u’ Patraterne” (1992); le raccolte di racconti “La Luna e la Montagna” (1972) e
“La sdrenga” (1989); l’antologia di versi in lingua “Tra il Biferno e la Moscova” (1975); e i saggi
critici “La poesia di Albino Pierro” (1965) e “Benedetti Molisani” (1996); oltre al prestigioso
volume antologico che l’editore Peter Lang di New York volle dedicargli nel ‘93, con la traduzione
in lingua inglese dei suoi versi a cura di Luigi Bonaffini.
Il dialogo con la propria terra era per mio padre conversazione con sé stesso, con la propria storia,
attorno alle domande che inquietano gli uomini, in un groviglio di memorie personali e collettive.
Nel suo poetare egli affidava alla lingua e al dialetto la riscoperta del reale nei suoi mille piccoli
particolari in cui come per magia veniva a racchiudersi un significato universale. La poesia
rappresentava per lui lo stupore dinanzi alla varietà e al mistero della vita, sempre riavvertito come
una musica magica che scandisce ritmi solenni del tempo che tornano nella memoria, e per la
memoria, a proporre il supporto per una rinascita dell’uomo, per una riappropriazione e una presa di
coscienza delle sue radici, della sua dignità, dei suoi valori più profondi. Nella sua poesia c’è
sempre stato un profondo interesse culturale a recuperare e riproporre nei suoi termini più
affabulanti una civiltà antica e contadina che ha i suoi punti di forza nel marcato rapporto tra l’uomo
e la natura, tra l’uomo e i suoi sentimenti.
Per non disperdere l’eredità spirituale di Giuseppe Jovine, ho ritenuto di doverne onorare la
memoria con un premio letterario a Lui intitolato, che ne interpretasse le convinzioni più profonde
nel campo della socialità e della promozione della cultura.
Il Premio Nazionale di Poesia “Giuseppe Jovine” vuole avere un forte radicamento locale e, al
tempo stesso, essere una prospettiva allargata verso il contesto più ampio della cultura nazionale; di
grande rilievo la commissione giudicatrice che vede, tra gli altri illustri componenti, personaggi del
livello di Luigi Biscardi, Aldo De Jaco, Giuliano Manacorda, Mons. Vincenzo Ferrara, Federico
Orlando, Antonio Piromalli e Walter Mauro.
All’iniziativa, patrocinata dal Ministero dei Beni Culturali, dal Comune di Roma e dalla Regione
Molise, si sono aggiunti numerosi sponsor istituzionali e privati per dare vita ad un “laboratorio
culturale” che, con il contributo di poeti, scrittori, intellettuali ed artisti, possa diventare un efficace
strumento di comunicazione capace di avvicinare alla fruizione del “bene cultura” fasce emergenti
di pubblico.
Carlo Jovine