Proposta di risoluzione - TIPOLOGIA C – TEMA DI ORDINE

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Proposta di risoluzione - TIPOLOGIA C – TEMA DI ORDINE
PROPOSTA DI RISOLUZIONE
TIPOLOGIA C – TEMA DI ORDINE GENERALE
Il termine periferia indica l’insieme di zone di una città esterne o marginali al centro storico. È un’area
urbanizzata che ha cominciato a popolarsi in seguito a processi di sviluppo demografico e urbanistico.
Queste realtà, alle quali molto spesso non dedichiamo la benché minima attenzione, sono oggetto d’analisi
e critica del noto architetto Renzo Piano, che di progetti se ne intende, fin troppo. Quello che riguarda
strettamente le periferie, già avviato, è finalizzato alla costituzione di un gruppo cospicuo di persone,
soprattutto giovani, che dia un notevole contributo alla salvaguardia delle aree esterne ai centri storici.
Nell’articolo rilasciato a “IL SOLE 24 ORE”, intitolato ”Il rammendo delle periferie”, egli spiega come questa
ignoranza, immeritata, nei confronti delle periferie, debba essere necessariamente colmata grazie a piani di
intervento volti a migliorare le condizioni e i servizi che versano su queste aree. Bisogna intervenire non
facendole crescere esternamente, bensì internamente, ossia cercando di agire su ciò che è già stato
costruito, completando le opere precedentemente iniziate e mai completate del tutto. Egli riconosce il loro
limite estetico, ma ne riconosce altresì i valori etici, umani, sociali, culturali di cui non si può non tener
conto e che rappresentano il vero punto di forza di queste realtà: possediamo questo difetto, quasi innato,
dell’esser ciechi davanti a tutto ciò che ci circonda, con la conseguente incapacità di riuscire a percepire
qual è la vera bellezza. Molto spesso, erroneamente, tendiamo ad attribuire il termine “degrado” alla
periferia, che sembra quasi l’altra faccia della medaglia: da un lato il Bel Paese dell’arte, della cultura, della
capacità di chi vi nasce a produrre opere notevoli come quelle che abbiamo ereditato dalla vecchia civiltà;
dall’altra sobborghi che, essendo scarsamente considerati, rappresentano un po’ il lato “oscuro” delle città.
Se prima si faceva il confronto tra “città” e “campagna”, ora lo si fa tra “città” e “periferia”, visti i profondi
mutamenti che si sono verificati soprattutto nell’ultimo secolo.
Le città hanno quindi continuato a crescere facendo sì che sempre più al loro interno si sviluppasse un
accentramento graduale del potere economico e politico e che venissero sempre più alla luce tutte quelle
differenze che implicano: isolamento (fisico, sociale, psicologico) delle periferie, mancanza di servizi
adeguati (soprattutto i trasporti), edifici malridotti. È stato questo il momento in cui urbanisti e architetti
hanno cominciato a dibattere sulle condizioni che stavano venendosi a creare per quanto concerneva le
“nuove città”. Questi spazi, secondo Renzo Piano, devono godere di servizi funzionali che possano garantire
realtà come l’istruzione, il lavoro, la sanità, la cultura e l’economia, grazie all’attuazione di strutture
pubbliche efficienti: scuole, musei, ospedali, università, teatri ecc. A ciò si aggiunge anche la reale
possibilità di attuare un piano finalizzato alla riduzione del consumo energetico del circa 80%. Potremmo
inoltre sfruttare le favorevoli condizioni climatiche presenti nel nostro Paese attraverso l’introduzione di
impianti solari di ridotte dimensioni e sonde geotermiche che restituirebbero energia alla rete. Non solo: il
bisogno d’intervento include anche settori che vanno dall’idrogeologico al sismico. Per realizzare tale
progetto, Renzo Piano cerca di coinvolgere gli abitanti stessi di sobborghi, ghetti e periferie per cercare di
stimolarli all’auto-costruzione, perché ciò è possibile mediante la costruzione di piccoli cantieri che
permettano di far partecipare queste persone ai lavori nelle proprie residenze o in prossimità. Con ciò non
si intende pensare progetti complessi, bensì apportare dei piccoli cambiamenti alle abitazioni al fine di
renderle migliori ed efficienti.
L’energia umana sta propria qua, non nei centri storici, nei quali vive una percentuale di popolazione
urbana molto bassa; proprio per questo bisogna valorizzarla per mettere a punto quest’opera di
risanamento che altro non porterebbe che un grado di vivibilità più civile, nonché una qualità della vita
decisamente migliore, per noi e, soprattutto, per coloro che erediteranno tutto ciò. Bisogna, pertanto, che
le periferie diventino pezzi integranti delle città perché esse ”sono le città del futuro” , dice Renzo Piano.
Servono nuove idee, creare mestieri (e quindi anche occupazione) che possano assicurare la tutela degli
edifici e strutture più a rischio. Altro importante settore in cui bisognerebbe intervenire, secondo
l’architetto, è quello dei trasporti pubblici, che favorirebbe la mobilitazione e, di conseguenza, colmerebbe
l’alto livello di isolamento (rispetto ai centri storici) che alcune periferie hanno raggiunto.
Insomma, tutto da guadagnare. E tuttavia abbiamo prove così tangibili che la necessità e l’urgenza di
intervento possono sembrare quasi scontate. Del resto tutto ciò che le future generazioni erediteranno da
noi dovrà essere degno di quello che noi abbiamo ereditato e di cui attualmente dobbiamo farci custodi.
Di: Marco Piscedda