Un mondo per amico - Comune di Scandicci

Transcript

Un mondo per amico - Comune di Scandicci
“Un mondo per amico”:
gli insegnanti crescono in grUppo.
Piani di Studio Personalizzati
per l’insegnamento dell’italiano come L2
nella scuola di base.
a cura di Maria Cecilia Luise
Attività formativa realizzata con il contributo della Regione Toscana - P.E.Z. 2012-2013
impaginazione a cura di Marco Biondi - CRED Comune di Scandicci
stampa in proprio - Comune di Scandicci
finito di stampare nel mese di giugno 2013
perché questa pubblicazione:
La presenza degli allievi stranieri nella scuola è ormai un dato di fatto, “storico”,
ma nello stesso tempo questi studenti faticano a vedersi riconosciute specificità e
bisogni didattici, culturali e linguistici: il presente lavoro vuole dare visibilità agli studenti stranieri e sottolineare la specificità dell’insegnamento della lingua italiana
come L2. La pubblicazione inoltre intende non solo testimoniare un percorso di formazione e autoformazione che ha coinvolto per anni un gruppo di insegnanti del territorio, ma soprattutto diffondere il percorso e i materiali e condividere il lavoro e i
prodotti elaborati con chiunque nella scuola di base viva la situazione della multiculturalità e del plurilinguismo.
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indice
Un ringraziamento
Sandro Fallani - Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Scandicci
pag. 7
prima parte
il contesto
pag. 9
capitolo 1
la dimensione glottodidattica: i piani di studio personalizzati
nel contesto dell’insegnamento dell’italiano come l2 nella scuola.
Maria Cecilia Luise - Università di Firenze
1.1 La presenza di studenti stranieri nella scuola italiana
1.2 La via italiana: il valore dell’integrazione
1.3 La normativa sugli stranieri nella scuola italiana e
l’insegnamento dell’italiano come L2
1.4 Competenza comunicativa, conoscenza della L2 e integrazione
1.5 L’insegnamento dell’italiano come lingua seconda nella scuola
1.6 Italiano L2 per comunicare e italiano L2 per studiare:
ItalBase e ItalStudio
1.7 Tra mantenimento della lingua d’origine e valorizzazione
del plurilinguismo
1.8 Educazione Linguistica tra L1, L2 e altre lingue:
l’Educazione Linguistica
1.9 I Piani di Studio Personalizzati per l’insegnamento
dell’italiano L2 e per l’integrazione degli studenti stranieri
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pag. 17
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capitolo 2
il progetto “Un mondo per amico”:
dalla rete di scuole al progetto di rete
Susanna Guarducci, Renza Crociani, Cristina Villa,
Paola Gabbriellini
2.1 Le risorse umane nella scuola dell’autonomia: la rete
2.2 Dalla rete al Circolo di Studio ”Un mondo per amico”
2.3 Il Circolo di studio e il Progetto di rete “UN MONDO
PER AMICO”: tra intercultura e lingua seconda
2.4 Il progetto nel contesto territoriale
pag. 23
pag. 26
capitolo 3
“Un mondo per amico”: la nostra storia
Silvia Da Vico, Giuseppina Ametrano,
Donatella Bartolozzi, Romina Canterano
pag. 27
pag. 21
pag. 21
pag. 22
5
seconda parte
i piani di stUdio personalizzati (p.s.p.)
pag. 29
capitolo 4
i piani di studio personalizzati: riferimenti teorici e
motivazione della scelta
Susanna Guarducci, Rossella Ciuffi
4.1 La diversità interculturale nella normativa per l’integrazione
4.2 La diversità interculturale nella didattica
4.3 La diversità interculturale nel “modello italiano”
4.4 Successo o insuccesso nella diversità interculturale
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capitolo 5
il Quadro comune europeo di riferimento per
l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue
Susanna Guarducci
5.1 Presentazione
5.2 Approccio e competenze
5.3 Attività linguistiche
5.4 Domini
5.5 Compiti e strategie
5.6 Livelli comuni di riferimento per la competenza linguistica
5.7 La valutazione della padronanza linguistica
Bibliografia
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capitolo 6
i piani di studio personalizzati: descrizione
Chiara Mantelli, Maddalena La Candia,
Rossella Ciuffi, Susanna Guarducci
6.1 Organizzazione dei Piani di Studio Personalizzati
6.1 Che cosa sono i PSP
6.3 Utilizzazione
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conclusioni
Maria Cecilia Luise
pag. 53
allegato
Al link www.comune.scandicci.fi.it/cred/mondo/allegati.html è possibile scaricare:
• Il testo del Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue (testo in inglese)
• I Piani di Studio Personalizzati
• Le schede di autovalutazione per gli allievi
• Le schede di valutazione utilizzabili dagli insegnanti
• Alcuni link (aggiornati a Febbraio 2013) a materiali didattici presenti
in rete utilizzabili nell’insegnamento dell’italiano come L2
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Un ringraziamento
Sandro Fallani - Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Scandicci
Negli ultimi anni, da quando opera il progetto “Un mondo per amico” che qui si
racconta, l’incidenza di bambini e ragazzi nati fuori d’Italia o nati in Italia da genitori immigrati, nelle nostre scuole è praticamente raddoppiata. In questo breve lasso di
tempo poi abbiamo avuto modo di incontrare e ascoltare lingue diverse (a fine 2012
erano rappresentati a Scandicci 110 Paesi diversi) ma anche condizioni di tendenziale stanzialità che via via trasformano la relazione con le nostre città. I bisogni si stanno complessificando: a quelli di base come lavoro e alloggio, si aggiungono quelli
relativi al sentirsi cittadini “a tutto tondo”.
La competenza linguistica e comunicativa diventa dunque centrale per un efficace inserimento in un ambiente che, per quanto non definitivo, sarà il luogo dove questa nuova generazione svolgerà, ci auguriamo positivamente, i propri compiti evolutivi. Gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale nel sostenere questi percorsi di inserimento socio-culturale. Le scuole accolgono tutti e vengono continuamente sollecitate a dare risposte che molto spesso il contesto esterno non riesce a intercettare e tradurre. È dunque importante il lavoro di frontiera che molti insegnanti fanno (spesso
oltre il normale orario contrattuale) soprattutto quando si traduce in innovazione nei
metodi e nelle pratiche professionali, quando “contagia” ambienti ampi, quando si
traduce in prassi comune. Il progetto “Un mondo per amico” ha fatto capire tutto questo e altro e intendo qui ringraziare i docenti delle nostre scuole e l’Università di
Firenze e la Ca’Foscari di Venezia per la preziosa consulenza che non è stata mero
passaggio di saperi ma pure orizzontalità di confronto e di crescita.
L’Agenzia Formativa del Comune di Scandicci, come qui più volte ricordato, ha
svolto un lavoro utile nel garantire le risorse economiche necessarie e nel coordinare il gruppo di insegnanti di Scandicci, Lastra a Signa e Signa che hanno raccontato
la loro esperienza in un libretto, mi auguro, prezioso per tutti; a tal proposito mi è
doveroso ringraziare le precedenti responsabili del Servizio, Donatella Degani e
Rossella Safina.
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prima parte
IL CONTESTO
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capitolo 1
la dimensione glottodidattica: i piani di stUdio personalizzati
nel contesto dell’insegnamento dell’italiano come l2 nella scUola
Maria Cecilia Luise
Università di Firenze
1.1 la presenza di studenti stranieri nella scuola italiana
La presenza di immigrati provenienti dai più diversi paesi stranieri è ormai un dato
evidente della società italiana: siano essi immigrati clandestini, persone con permesso
di soggiorno, bambini adottati da famiglie italiane, lavoratori o studenti stranieri, adulti o minori che si ricongiungono alla famiglia d’origine, tutti hanno come prima esigenza quella di imparare, in fretta e nel miglior modo possibile, la lingua italiana.
In parallelo con la società, la presenza degli alunni stranieri, in progressivo
aumento negli ultimi anni, è un dato strutturale del nostro sistema scolastico.
Gli studenti stranieri nella scuola italiana iniziano a far sentire in modo significativo la loro presenza verso la metà degli anni ‘90; nell’anno scolastico 2010-2011
sono 711.046 i figli dell’immigrazione seduti sui banchi di scuola, una percentuale
che supera il 7,9% della popolazione scolastica complessiva.
È interessante sottolineare, oltre alla conseguita dimensione stabile e strutturale
che coinvolge tutto il sistema scolastico in modo diffuso, la significativa presenza tra
di loro di quasi 300.000 ragazzi nati in Italia che rappresentano una parte sempre più
significativa della popolazione scolastica straniera. Si tratta delle seconde generazioni, un segmento particolare della popolazione scolastica di origine straniera, con esigenze e bisogni educativi differenti da quelli degli studenti di recente immigrazione.
La rapidità di cambiamento destabilizza, la presenza non omogenea crea concentrazioni difficili da gestire, la pluralità di provenienze comporta la difficoltà di rapportarsi a persone che appaiono sempre sconosciute: la scuola italiana si confronta
quotidianamente con queste difficoltà, e chiede strumenti, risorse, idee, materiali per
affrontarle.
1.2 la via italiana: il valore dell’integrazione
L’Italia ha scelto, fin dall’inizio, la piena integrazione di tutti nella scuola, e l’educazione interculturale come dimensione trasversale e come sfondo integratore che
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accomuna tutte le discipline e tutti gli insegnanti. Gli allievi stranieri non vengono
giustapposti alla scuola, in corsi o classi “speciali” o “ponte”, ma vengono inseriti
nelle classi alla pari degli studenti italofoni.
La scuola italiana si identifica nel valore dell’integrazione fin dai primi anni ‘70,
quando, con la legge n. 118 del 30/03/1971 aboliva le classi speciali e sanciva il principio che gli studenti con handicap dovevano essere inseriti nelle normali classi della
scuola dell’obbligo, ponendo l’Italia con questa norma decisamente all’avanguardia
nel panorama delle politiche educative internazionali.
Da quella prima norma di più di quarant’anni fa il concetto di integrazione scolastica è stato sviluppato e la sua applicazione è stata ampliata dall’ambito esclusivo dei
portatori di handicap a tutti i componenti della comunità scolastica, in quanto ognuno di essi è portatore di una diversità individuale che va valorizzata e sviluppata.
L’evoluzione del valore dell’integrazione scolastica è passata attraverso alcune fasi:
g dall’inserimento all’inclusione, quindi il superamento dell’integrazione come
inserimento e accoglienza, che presuppone una giustapposizione della persona “diversa” inserita in un gruppo omogeneo, per andare verso una inclusione
come partecipazione effettiva all’interno del gruppo del quale si è parte integrante;
g dalla socializzazione all’istruzione: è il passaggio da un’idea di scuola come
ambiente preposto principalmente alla socializzazione dei soggetti “diversi”,
all’idea della scuola come luogo costruito non solo per la socializzazione di
tutti con tutti, ma anche per il raggiungimento di significativi obiettivi di
apprendimento per tutti;
g dall’approccio dell’uguaglianza all’approccio della diversità: nel primo
approccio tutti gli studenti dovevano essere portati ad essere “come gli altri”,
nel secondo approccio invece la diversità è una risorsa non solo individuale
ma dell’intero gruppo che cresce e apprende in una situazione sociale di coeducazione attraverso una ricca rete di relazioni di aiuto e di apprendimento.
Oggi il concetto di integrazione scolastica è particolarmente attuale e va adattato
ad una delle categorie di studenti presenti nella scuola italiana che in modo più evidente mostra la sua diversità: gli studenti stranieri.
1.3 la normativa sugli stranieri nella scuola italiana e l’insegnamento
dell’italiano come l2
Alla fine degli anni ‘80 il legislatore inizia a recepire la crescente importanza del
fenomeno migratorio nella scuola e a promulgare norme, leggi, circolari. Per buona
parte degli anni ‘90 l’attenzione dell’istituzione è rivolta principalmente agli aspetti
culturali e interculturali legati alla trasformazione della scuola in ambiente multietnico, piuttosto che agli aspetti glottodidattici relativi all’insegnamento dell’italiano lingua seconda: l’educazione interculturale, da svilupparsi anche in assenza di studenti
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stranieri, viene intesa come “l’educazione delle educazioni”, è legata all’accoglienza
e all’integrazione, e si pone come sfondo integratore che unisce e permea tutte le
discipline scolastiche.
Verso la fine degli anni ‘90 l’attenzione del legislatore si apre in modo non sporadico anche alla dimensione glottodidattica: l’apprendimento della lingua italiana e
la valorizzazione della lingua e cultura d’origine iniziano ad essere oggetto di indicazioni, per quanto abbastanza generiche.
L’ulteriore evoluzione della normativa riguardo all’insegnamento dell’italiano
come L2 a studenti stranieri nella scuola si ha nei primi anni del 2000: la generica
attenzione all’italiano come lingua seconda viene analizzata e affrontata in modo più
organico nei suoi due fondamentali aspetti: la lingua della comunicazione quotidiana
e delle interazioni interpersonali e la lingua dello studio e delle discipline scolastiche.
La scuola italiana è quindi passata attraverso tre momenti ideali di azione nei confronti dell’integrazione degli studenti stranieri: inizialmente si è concentrata su progetti di Educazione Interculturale, per poi prendere in considerazione l’insegnamento dell’italiano come strumento per la comunicazione e la socializzazione, per arrivare oggi a comprendere l’insegnamento dell’italiano come mezzo per lo studio e lo sviluppo cognitivo.
Le riflessioni scientifiche che supportano questi passaggi si concentrano principalmente su due ambiti: la definizione di lingua seconda e la distinzione di lingua
seconda per la comunicazione e lingua seconda per lo studio.
Infatti, imparare una lingua seconda non è la stessa cosa che imparare una lingua
straniera, e imparare una lingua seconda in ambito scolastico non è la stessa cosa che
impararla in un contesto extrascolastico.
Da un lato è necessario quindi definire con precisione le differenze tra insegnamento di una lingua seconda (L2) e insegnamento di una lingua straniera (LS), al fine di
programmare e attuare percorsi glottodidattici per l’insegnamento della lingua seconda che tengano conto delle caratteristiche e delle dimensioni che la caratterizzano; dall’altro la scuola deve imparare a differenziare tra azioni di accoglienza e insegnamento della lingua della prima comunicazione ed azioni di sostegno e facilitazione per lo
sviluppo della lingua seconda per lo studio, azioni queste ultime che sono in grado di
permettere l’accesso definitivo al successo scolastico per gli alunni stranieri.
1.4 competenza comunicativa, conoscenza della l2 e integrazione
La conoscenza della L2 non è una condizione preliminare, che deve essere accertata per poter accedere alla scuola e quindi all’integrazione; l’insegnamento dell’italiano va visto invece come uno dei fattori che costruiscono l’integrazione.
Diverse considerazioni e il contributo di numerosi studiosi, oltre alle esperienze di
scolarizzazione di studenti stranieri in altri paesi europei, supportano questo principio.
Ricordiamo solo, a supporto di questo principio, il modello di adattamento socioculturale di Kim, secondo il quale la competenza comunicativa è l’elemento centrale
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che condiziona l’adattamento sociale e interculturale del non nativo: la sua capacità
di integrarsi nella comunità accogliente è proporzionale al grado di competenza
comunicativa raggiunta.
Riprendiamo quanto scritto in proposito da Dolci (in Caon, 2008: 113-115):
L’approccio suggerito è dunque quello che permette allo studente immigrato di partecipare alle attività sociali, di agire in classe e fuori dalla classe.
Maggiormente sviluppata sarà la sua competenza comunicativa e più agevolata sarà la possibilità di interagire efficacemente con gli altri, favorendo il suo
cammino verso la trasformazione interculturale. Parallelamente, come suggerito dai principi teorici del costruttivismo socioculturale, maggiore sarà la
varietà dei contesti di interazione con l’ambiente e i conseguenti stimoli cui è
sottoposto lo studente, tanto più rapido sarà lo sviluppo della sua competenza comunicativa.
[…]
Le dimensioni, la forza e la centralità dei legami con i nativi sono gli indicatori del grado di comunicazione interpersonale raggiunto dall’allievo straniero.
Per lui la scuola è il primo e più importante contesto in cui può entrare in contatto con tale dimensione.
La posizione di principio che secondo noi deve assumere la scuola italiana è quindi quella all’interno della quale non solo la lingua seconda è segnale di integrazione,
ma quella nella quale la lingua seconda è veicolo e strumento per l’integrazione.
La scuola dell’integrazione interculturale è quindi una scuola che:
g riconosce il forte legame tra integrazione e conoscenza della lingua seconda:
ribadiamo che la conoscenza della L2 non è una condizione preliminare per
poter accedere alla scuola ma è uno dei fattori che costruiscono l’integrazione;
g distingue e valorizza le due dimensioni della lingua seconda per comunicare e
della lingua seconda per studiare: una scuola che vuole costruire le condizioni
per il successo scolastico e l’integrazione dei suoi studenti stranieri dovrà organizzarsi per accogliere lo studente e fornire i primi strumenti comunicativi e
culturali che gli permetteranno di inserirsi nella scuola e di entrare in relazione
con le persone che la abitano, ma dovrà curare con altrettanta attenzione il passaggio successivo, quello che prevede che lo studente inizi a confrontarsi, per
poi inserirsi a pieno titolo, con le discipline scolastiche, con i contenuti e gli
strumenti concettuali propri delle materie del curricolo, con la lingua specialistica e microlinguistica della scuola e del sapere;
g vede nella valorizzazione del plurilinguismo un passaggio fondamentale per la
scuola, plurilinguismo inteso sia nei suoi aspetti individuali, di mantenimento
della lingua materna da parte dello straniero non italofono, dei quali vanno sottolineati i vantaggi cognitivi che si riflettono anche sulla lingua seconda, sia nei
suoi aspetti sociali, che estendono il campo dei possibili interventi a tutti gli
studenti della scuola, non solo a quelli stranieri.
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1.5 l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda nella scuola
L’insegnamento di una lingua non può quindi prescindere dal tipo di lingua oggetto del processo didattico. Non ci soffermiamo qui sulle definizioni delle diverse lingue che possono essere oggetto di insegnamento, ma ci concentriamo soltanto sulla
definizione di lingua seconda e sulle peculiarità del suo insegnamento in ambito scolastico, anche in chiave contrastiva rispetto all’insegnamento di una lingua straniera.
Qui di seguito schematizziamo le differenze tra l’insegnamento di una lingua
seconda e quello di una lingua straniera, focalizzandoci sull’ambito scolastico.
LINGUA STRANIERA
LINGUA SECONDA
Si insegna principalmente per comunicare, per interagire con Si insegna non solo per comunicare e interagire in situazioni di
parlanti stranieri in situazioni di vita quotidiana
vita quotidiana, ma anche come strumento per studiare e
imparare contenuti non linguistici
La motivazione non è immediata né strumentale, in quanto la
LS non serve a risolvere nessun bisogno né a realizzare alcuno
scopo reale al di fuori della scuola: va quindi sostenuta continuamente dall’insegnante attraverso metodologie motivanti
Il livello di partenza degli studenti che studiano una lingua
straniera è abbastanza omogeneo ed è sempre possibile individuare una fascia di livello di competenza che accomuna tutta
o quasi tutta la classe e di conseguenza proporre una programmazione comune
L’input linguistico è controllato e fornito dall’insegnante o dai
materiali didattici che l’insegnante stesso ha scelto, ed è l’insegnante che programma quale e quanta lingua fornire agli studenti e in quale progressione
Le attività proposte non sono autentiche da un punto di vista
pragmatico in quanto si usa una lingua diversa e poco conosciuta tra parlanti che ne hanno già una in comune, conosciuta
come lingua materna
I riferimenti culturali relativi al paese o ai paesi nei quali la si
parla sono mediati dall’insegnante o dai materiali didattici, e
si riferiscono per lo più ad un mondo lontano: non c’è contatto
diretto con la cultura straniera
Gli insegnanti sono formati sia dal punto di vista linguistico sia
da quello glottodidattico, e sono quindi degli specialisti della
materia che insegnano
La motivazione è inizialmente reale, strumentale, urgente,
essendo la L2 la lingua necessaria ad interagire nell’ambiente
nel quale si vive; successivamente la motivazione deve divenire anche di tipo integrativo, per sostenere lo sviluppo della lingua dello studio e della accuratezza comunicativa
Difficilmente un gruppo di studenti stranieri inseriti nella stessa classe o nella stessa scuola è accomunato dallo stesso livello
di conoscenza dell’italiano, e l’intervento glottodidattico deve
essere il più possibile individualizzato per tenere conto delle
loro diversificate esigenze linguistiche e cognitive
L’input linguistico è estremamente vario e difficilmente controllabile e prevedibile dall’insegnante, in quanto accanto alla lingua fornita dalla scuola o dall’insegnante e dai materiali di
studio, buona parte di esso proviene dall’esterno della scuola,
ed è portato al suo interno direttamente dagli allievi; i diversi
input devono essere integrati dall’azione didattica, in modo
che si possano unire in modo coerente e coerentemente potenziare a vicenda
La L2 anche all’interno della scuola serve allo studente per
perseguire scopi reali, per integrarsi in un ambiente nel quale
tutti parlano la lingua che lui sta imparando, ambiente che va
sfruttato dall’azione didattica in modo naturale, evitando la
creazione di situazioni comunicative fittizie e il ricorso a
domande di esibizione tipicamente scolastiche
Gli allievi incontrano gli aspetti culturali legati alla nuova lingua in modo diretto, per contatto con il mondo che li ha adottati, senza mediazioni, incontrandoli e sperimentandoli nella
vita quotidiana, reale, con un effetto che può causare scontri e
conflitti con la cultura di origine
L’insegnamento della L2 è spesso affidato a docenti della
scuola o a persone che provengono dall’esterno della scuola
che non sono necessariamente formati e specializzati nella
didattica delle lingue seconde, ma che vengono scelte in base
alla disponibilità che offrono
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1.6 italiano l2 per comunicare e italiano l2 per studiare: italBase e italstudio
Ormai da alcuni anni gli organismi ministeriali diffondono periodicamente i dati
sull’insuccesso scolastico degli studenti stranieri inseriti nella scuola italiana: sono
dati drammatici, dai quali emerge la costante e grave difficoltà di questi studenti a
raggiungere il successo scolastico, inteso in generale come la promozione alla classe
successiva.
Le riflessioni in merito portano a chiedersi quali siano le cause di un insuccesso
scolastico così marcato e diffuso, e che ruolo hanno in esso le competenze linguistiche possedute da questa categoria di studenti.
Riprendendo gli studi di Cummins (2000) e la sua distinzione tra BICS (Basic
Interpersonal Communication Skills: Abilità comunicative interpersonali di base; servono per esempio per salutare, interagire con i compagni nei giochi, chiedere una
semplice informazione) e CALP (Cognitive Academic Language Proficiency:
Padronanza linguistica cognitivo-scolastica; serve per esempio per riassumere, comprendere e produrre testi argomentativi, individuare ed ordinare sequenze di fatti),
cioè tra le abilità comunicative che permettono l’interazione quotidiana e le conoscenze linguistiche che invece permettono di usare una lingua come medium per lo
studio, si è cominciato a distinguere tra Italiano per la comunicazione (ItalBase) e
Italiano per lo studio (ItalStudio).
Il principio di base è che il possesso dell’ItalBase da parte degli studenti stranieri
non garantisce loro il successo scolastico in maniera automatica, in quanto non fornisce tutti gli strumenti linguistici e comunicativi necessari per affrontare percorsi di
studio in lingua seconda.
La lingua che veicola i contenuti e i concetti propri delle discipline scolastiche è
infatti una lingua lontana da quella delle interazioni quotidiane: è una lingua decontestualizzata e astratta, è complessa nelle forme grammaticali usate, nei contenuti trattati, nel lessico microlinguistico che utilizza, è caratterizzata dal punto di vista culturale: lo studente straniero spesso è in grado di studiare contenuti disciplinari, ma non
è in grado di farlo attraverso una lingua seconda.
Uno studente straniero incontra quindi numerose difficoltà nel momento in cui
deve confrontarsi con testi che mettono insieme una lingua da lui non dominata come
madrelingua, contenuti ad alto carico cognitivo e informativo, contenuti e richieste
operative caratterizzate culturalmente: va costruita perciò da parte della scuola una
accessibilità al testo che permetta allo studente di potersi confrontare con un compito
che, per quanto difficile, sia al suo livello, sia superabile (D’Annunzio, Luise, 2008).
Le azioni di facilitazione e di semplificazione che la scuola può mettere in atto si
pongono su due versanti principali, lo studente e il testo:
g lo studente: attivare azioni di facilitazione significa agire su:
a. la metodologia didattica, quindi l’attivazione di metodologie atte a
creare un contesto motivante e supportivo: didattica ludica, apprendimento
cooperativo, didattica esperienziale e interattiva, interventi in piccoli gruppi
o in situazione di laboratorio linguistico, ecc.;
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b. la relazione: significa promuovere un clima collaborativo, intensificare
le relazioni tra i componenti della classe, migliorare la qualità delle interazioni e delle relazioni;
c. le strategie metacognitive e le abilità di studio: rendere lo studente più
“forte” comporta anche renderlo consapevole di che cosa deve fare, di come
farlo, di come tenere sotto controllo le procedure che attiva per portare a termine la consegna data.
g il testo: attivare strategie di semplificazione significa agire su:
d. la lingua dei testi disciplinari, orali e scritti;
e. i contenuti: quindi una revisione complessiva e collegiale dei contenuti disciplinari, in nome di una loro selezione, di una loro distillazione, di un
loro adattamento.
1.7 tra mantenimento della lingua d’origine e valorizzazione del plurilinguismo
Un altro punto centrale del processo di integrazione interculturale riguarda l’importanza e il ruolo delle lingue materne degli studenti stranieri; è un tema, quello del
plurilinguismo, che non solo riguarda e influenza il processo di inserimento scolastico e di integrazione nel paese di accoglienza degli studenti stranieri, ma anche che
deve coinvolgere tutti gli studenti, che soprattutto nella scuola possono o meno sperimentare il plurilinguismo come un valore e un vantaggio.
Dire che uno studente straniero inserito nella scuola deve imparare la lingua italiana come presupposto essenziale al raggiungimento del successo scolastico è limitarsi però ad affrontare solo un corno del problema; è invece necessario chiedersi se
basta sapere l’italiano per raggiungere il successo scolastico e per procedere nel processo di integrazione, e quindi riflettere sul posto che la lingua italiana deve trovare
nel repertorio linguistico dello studente straniero, nella sua mente e nella sua personalità, e di converso sul posto che devono trovare all’interno della scuola le lingue
che questa parte consistente di studenti conosce e parla (Luise in Caon, 2008: 105).
Accanto quindi alle misure per lo sviluppo e il sostegno dell’italiano come lingua
seconda la scuola dovrà far entrare al suo interno tutte le lingue dando loro cittadinanza, integrare il processo di acquisizione dell’italiano con le altre lingue presenti
nel profilo linguistico degli studenti, creare e difendere degli spazi nei quali le lingue
presenti nel repertorio degli studenti possano servire a chi le parla ma anche agli altri
compagni per svolgere dei compiti e per imparare qualcosa, valorizzare il patrimonio
linguistico del quale sono portatori gli alunni stranieri per farlo diventare patrimonio
culturale della scuola (Besozzi, 2005).
1.8 educazione linguistica tra l1, l2 e altre lingue: l’educazione linguistica
plurilingue e interculturale
La valorizzazione del plurilinguismo rientra all’interno di un concetto chiave
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della scuola italiana: quello di Educazione Linguistica.
Il concetto venne delineato già nei primi decenni del ‘900 dal pedagogista
Giuseppe Lombardo Radice, e negli anni ‘70, sull’onda delle critiche che sempre più
si facevano sentire riguardo al ruolo e alle metodologie di insegnamento della lingua
italiana nella scuola pubblica, che privilegiavano l’insegnamento grammaticale e si
basavano solo sulla lingua italiana standard, trascurando rapporti e collegamenti con
altre lingue e linguaggi non verbali, comincia ad entrare nei programmi scolastici
ministeriali.
Nel concetto di Educazione Linguistica c’è l’idea che insegnare le lingue non sia
soltanto dare allo studente dei contenuti disciplinari, istruirlo, ma anche e soprattutto
educarlo, contribuire allo sviluppo e alla strutturazione della sua personalità.
Educazione Linguistica rimanda ai principi di integrazione e unitarietà:
g integrazione delle lingue che fanno parte dei repertori comunicativi degli studenti; integrazione delle lingue con i diversi linguaggi non verbali a disposizione per la comunicazione; integrazione tra tutte le discipline scolastiche, che
presuppone la collaborazione di tutti i docenti allo sviluppo e alla crescita
delle capacità linguistiche e comunicative dello studente, in nome della trasversalità che queste competenze hanno lungo tutte le aree disciplinari di un
curricolo scolastico;
g unitarietà del soggetto che apprende, dello studente, per favorire lo sviluppo
di processi unitari e il transfer di abilità e conoscenze da una lingua ad un’altra; unitarietà del curricolo, in particolare della sua parte che si occupa di lingue e linguaggi, promuovendo un continuo confronto tra essi.
L’originario concetto di Educazione Linguistica, tradizionalmente collegato alla
lingua italiana come L1, ai dialetti italiani regionali e ai linguaggi non verbali, negli
ultimi anni si è ampliato, trasformandosi con l’aumento dell’offerta formativa di lingue straniere nella scuola in Educazione Linguistica plurilingue, per divenire oggi,
con la presenza nella scuola di allievi stranieri, ancora più articolato. Il progetto educativo della scuola dovrà quindi promuovere una Educazione Linguistica non solo
plurilingue ma anche interculturale, perché “senza educazione linguistica non può
esserci educazione interculturale e senza educazione interculturale l’educazione linguistica perde il contatto con la nuova realtà della scuola e della società multietnica”
(Balboni in Caon, 2009: VIII).
Il plurilinguismo, che nella scuola italiana da più di 30 anni è collegato al concetto di Educazione Linguistica plurilingue e che punta ad integrare italiano come lingua materna, dialetti, lingue straniere e linguaggi non verbali, oggi, con la trasformazioni delle classi in gruppi multilingui e pluriculturali, si arricchisce quindi di nuove
articolazioni, entrando nell’ambito di un progetto di Educazione Linguistica
Plurilingue e Interculturale.
Lo sviluppo e l’integrazione di progetti volti alla promozione del plurilinguismo
individuale e del plurilinguismo di sistema non comporta certamente che ognuno a
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scuola possa parlare in qualsiasi momento in qualsiasi lingua desideri, né che gli insegnanti debbano conoscere tutte le lingue parlate dai propri studenti, ma significa pensare, progettare, condividere e realizzare progetti di Educazione Linguistica
Plurilingue Interculturale che permettano di trasformare il repertorio linguistico dello
studente in una competenza plurilingue integrata e generativa, in linea non solo con i
principi educativi alla base dell’istituzione scolastica italiana, ma anche con le direttive di politica linguistica degli organismi europei.
1.9 i piani di studio personalizzati per l’insegnamento dell’italiano l2 e per l’integrazione degli studenti stranieri
Nel contesto glottodidattico sopra descritto, i Piani di Studio Personalizzati si
pongono come strumenti preziosi per sostanziare il valore dell’integrazione nella
scuola multilingue e pluriculturale e per supportare la realizzazione della scuola dell’integrazione interculturale attraverso la dimensione linguistica e comunicativa.
La loro funzione generale consiste nel concentrare l’attenzione degli insegnanti
sullo studente straniero, sulle sue capacità comunicative, che sono potenzialità per
l’integrazione e strumenti per il successo scolastico, senza dare nulla per scontato e
considerando ogni studente come possessore di competenze comunicative configurate in modo unico e personale.
Più in particolare, i PSP si costituiscono come guida per:
g la costruzione di pratiche di sistema, di un linguaggio comune, di una “cultura” condivisa tra tutti coloro che si occupano degli studenti stranieri all’interno della scuola e dello sviluppo delle loro competenze linguistiche e comunicative, attraverso l’utilizzo degli stessi strumenti di programmazione, monitoraggio, valutazione e autovalutazione;
g promuovere lo sviluppo e la progressione delle competenze linguistiche e
comunicative in italiano L2 degli studenti non italofoni, che non possono essere lasciati da soli in questo delicato percorso di acquisizione;
g il monitoraggio delle conoscenze e dei progressi, in un’ottica di gradualità che
fa riferimento ai più recenti studi in merito alla valutazione e alla classificazione delle competenze comunicative in una lingua non materna, che oggi troviamo applicati principalmente nel Quadro Comune Europeo di riferimento
per le lingue;
g un primo accostamento alla lingua dello studio, dei libri di testo, delle discipline scolastiche, lingua che non può essere proposta a studenti neoarrivati, di
livello prebasico, ma che può iniziare ad essere oggetto di semplici esperienze comunicative molto guidate destinate a chi sta sviluppando una prima significativa padronanza nella lingua base della comunicazione.
19
Bibliografia
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20
capitolo 2
il progetto “Un mondo per amico”:
dalla rete di scUole al progetto di rete
Susanna Guarducci, Renza Crociani, Cristina Villa, Paola Gabbriellini
n.B. Il capitolo è ripreso e in parte adattato da: Susanna
Guarducci, 2011 - L’individualità nella collettività, un progetto in cammino: dal macrosistema al microsistema - Tesi
finale per il Master ITALS, Università Ca Foscari di
Venezia, non pubblicata.
2.1 le risorse umane nella scuola dell’autonomia: la rete
L’area fiorentina della zona Nord-Ovest è stata coinvolta dal flusso migratorio, in
tempi diversi ma con continuità, a partire dalla metà degli anni Novanta. I primi
movimenti si sono verificati nelle zone dove è concentrata l’attività industriale, in
particolare con l’ondata migratoria cinese nel settore tessile, a Prato e nei comuni
limitrofi. Per rispondere alle nuove emergenze le singole scuole e gli Enti Locali
hanno attivato modalità, procedure e azioni individuali a sostegno della situazione del
momento. Con l’espandersi della migrazione da altri paesi comunitari e terzi e il consolidarsi della normativa riguardo alla migrazione, le scuole si sono attivate alla ricerca di punti comuni per l’inserimento e l’accoglienza degli alunni stranieri. Dagli anni
duemila le misure necessarie per l’accoglienza e l’inserimento si sono trasformate in
protocollo di accoglienza e in percorsi laboratoriali per l’insegnamento dell’italiano
come lingua seconda. Il flusso migratorio non ha visto interruzioni favorendo la presenza di etnie e nazionalità diverse e allargando la richiesta di istruzione con domande e risposte nuove rispetto a quanto la scuola aveva proposto fino a quel momento.
I territori ad alta percentuale di cittadini migranti e con disponibilità e sostegni economici adeguati hanno sostenuto le esigenze delle istituzioni scolastiche trovando una
risposta nell’attuazione dei centri di alfabetizzazione, usufruendo di mediatori linguistici, facilitatori e operatori capaci di sostenere i docenti e gli alunni nel passaggio
dall’accoglienza all’inserimento nella nuova situazione scolastica, all’insegnamento
della lingua seconda. Le difficoltà si sono verificate nell’area metropolitana fiorenti21
na dove non è stato possibile usufruire delle modalità sopra citate per mancanza di
organizzazione e di risorse economiche.
La risposta possibile è stata nella costruzione di una rete di scuole che individuasse risorse, strumenti e mezzi disponibili sul territorio e condividesse azioni didattiche
a sostegno dei nuovi utenti e delle nuove famiglie. Negli ultimi sei anni le scuole dei
comuni di Scandicci, Lastra a Signa e Signa hanno intrapreso una modalità di azione
comune e condivisa per sostenere gli alunni e le famiglie immigrate. L’idea di una
rete di scuole che lavorasse sulla tematica interculturale, sui principi pedagogicodidattici per l’insegnamento della lingua seconda ha portato alla costituzione di un
gruppo di lavoro composto da docenti referenti o funzioni strumentali per il settore
specifico. I docenti provenienti dai sette istituti scolastici del territorio Scandicci-Le
Signe appartengono ai tre ordini di scuola di base, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di primo grado. L’Agenzia Formativa del Comune di Scandicci, a partire dal 2007 ha sostenuto il gruppo di docenti e le scuole proponendo la formazione
in didattica dell’italiano a stranieri, partecipando alla stesura di un progetto di rete che
individuasse gli attori, le azioni e le modalità di azione da intraprendere come rete e
da attuare in ogni singola scuola, favorendo la creazione di un gruppo di lavoro per
la stesura dei Piani di Studio Personalizzati per studenti stranieri neo arrivati e non,
come la normativa prevede.
Tutti i docenti della scuola di base hanno potuto usufruire, in questi anni, della formazione specifica con esperti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Università
di Firenze. Sono stati attuati corsi di formazione per l’insegnamento dell’italiano lingua seconda come lingua della comunicazione e lingua dello studio. Il gruppo di lavoro ha usufruito e ancora usufruisce della formazione e della collaborazione specifica
per la stesura dei Piani di Studio Personalizzati da parte di Maria Cecilia Luise, docente dell’Università di Firenze. In questi quattro anni di lavoro il percorso formativo ha
consentito di poter muovere i primi passi verso una consapevolezza sulle problematiche riguardanti la didattica dell’italiano L2 secondo i presupposti della didattica delle
lingue, sul come affrontare all’interno di una scuola e di ogni singola classe l’insegnamento della lingua con un alunno straniero neo arrivato o da pochi anni in Italia.
2.2 dalla rete al circolo di studio “Un mondo per amico”
Per la mancanza di una struttura specifica come i centri di alfabetizzazione, costituiti invece nei quartieri centrali della città di Firenze, le istituzioni scolastiche dell’area Nord-Ovest hanno cercato di trovare un accordo di rete a sostegno delle scuole e di dare sistematicità alle esigenze emergenti per la crescente migrazione e per il
nuovo assetto etnico-culturale.
Nell’anno scolastico 2007-2008, a seguito della spinta data dalla ripartizione in
Poli di Aggregazione Funzionale dell’U.S.P. di Firenze, è stato istituito un gruppo di
22
lavoro formato dai docenti, in qualità di Funzioni Strumentali per l’Intercultura, sotto
la supervisione dell’Agenzia Formativa del Comune di Scandicci e sostenuto e approvato dai Dirigenti Scolastici delle scuole di base dei Comuni di Scandicci, Lastra
Signa e Signa. L’obiettivo era trovare una linea comune di azione e di intervento condiviso, approvato e attuato dalle singole scuole al fine di ottimizzare risorse, riconoscere principi didattici comuni e sostenibili, costituire un percorso di formazione permanente per i docenti, individuare procedure condivise di accoglienza e inserimento
degli alunni stranieri. Nasce così il Circolo di Studio, “Un mondo per amico”, con
l’intento di mettere a punto un nuovo progetto per l’alfabetizzazione in italiano degli
alunni stranieri in previsione di un progetto di continuità, a partire dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria di primo grado. Il gruppo di lavoro, composto
dai docenti dell’I.C.I-II-III di Scandicci, della Direzione Didattica di Scandicci, della
Direzione Didattica di Lastra a Signa, della Scuola Secondaria di Primo Grado di
Lastra a Signa e l’I.C. di Signa, ha prioritariamente individuato:
g gli obiettivi del progetto;
g il ruolo del docente nel contesto interculturale e nel percorso di alfabetizzazione in italiano L2.
2.3 il circolo di studio e il progetto di rete “Un mondo per amico”:
tra intercultura e lingua seconda
Il Progetto di rete “UN MONDO PER AMICO”, che ha preso nome dallo stesso
Circolo di Studio che lo ha delineato, è stato articolato partendo dall’analisi del contesto socioculturale del territorio, del diverso assetto demografico, della pluralità di
comunità etniche e linguistiche che caratterizzano la scuola e la società. La percentuale di alunni stranieri presenti, per sezione o classe, va dal 10% al 19% con una
forte incidenza iniziale nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Negli ultimi due anni la percentuale si è innalzata anche nella scuola secondaria di base con il
passaggio degli alunni stranieri al grado superiore. La scuola è rappresentata da una
molteplicità di utenti che a partire dagli studenti e dalle famiglie si riconoscono come
italofoni e non italofoni, ma tutti rappresentativi di una molteplicità di contesti culturali, linguistici ed etnografici.
Riuscire a dare valore paritario, nei diritti e nei doveri, a ciascun soggetto significa individuare e riconoscere l’identità di tutti e di ciascuno. Il progetto ha così riconosciuto i soggetti e le azioni necessarie per costruire la relazione, la didattica e la
collaborazione fra individui diversi fra loro. Sono stati individuati i destinatari del
progetto e i macro obiettivi necessari per superare disuguaglianze linguistiche, sostenere il valore identitario, mettere in atto buone pratiche di accoglienza, di inserimento e di integrazione reciproca e di collaborazione.
Di seguito riportiamo una serie di tabelle che riassumono e schematizzano i principali punti di intervento del Progetto: gli obiettivi, i destinatari delle azioni, tempi e
modi per l’attuazione delle azioni stesse.
23
alunni italofoni
alunni non italofoni
DESTINATARI
DEL PROGETTO
docenti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria, della
scuola secondaria
genitori italofoni
genitori non italofoni
favorire l’accoglienza e le relazioni tra i pari e gli adulti
favorire le capacità comunicativo-espressive
MACRO OBIETTIVI
DEL PROGETTO
facilitare l’apprendimento dell’italiano L2 come lingua di
comunicazione e di studio
favorire l’integrazione sociale e lo scambio interculturale
promuovere l’insegnamento delle lingue d’origine come supporto cognitivo
Azioni rivolte ai diversi destinatari
realizzare un programma individualizzato che modifichi la
struttura organizzativa della scuola
ALUNNI CON
CITTADINANZA
NON ITALIANA
giungere alla definizione dei saperi essenziali da trasmettere
agli alunni stranieri
ripensare il concetto di classe per favorire l’apprendimento differenziato delle discipline
ALUNNI CON
CITTADINANZA
ITALIANA
INSEGNANTI
DELLA SCUOLA
DELL’INFANZIA,
PRIMARIA E
SECONDARIA
I ° GRADO
24
promuovere occasioni di socializzazione/comunicazione fra
ragazzi italiani e stranieri per favorire l’apprendimento della
lingua in situazioni informali
combattere pregiudizi e stereotipi
coinvolgere un numero sempre maggiore di insegnanti partecipando a corsi di formazione sulla didattica dell’italiano L2 e
collaborando alla realizzazione di progetti di laboratori ludicoespressivi e di alfabetizzazione in L2
coinvolgere genitori in attività interculturali e multietniche
GENITORI DEGLI
ALUNNI ITALOFONI
GENITORI DEGLI
ALUNNI NON
ITALOFONI
promuovere sul territorio iniziative di aggregazione per una
crescita culturale e sociale
coinvolgere un crescente numero di madri in attività di alfabetizzazione in situazioni informali
promuovere sul territorio iniziative di aggregazione per una
crescita culturale e sociale. Coinvolgere un crescente numero di
genitori stranieri in attività di trasmissione della propria cultura
Modalità e tempi di attuazione delle azioni
(1) Le azioni rivolte agli alunni sono state realizzate attraverso
attività di laboratorio e distinte per ordini di scuola e per età
degli alunni, i laboratori sono stati definiti permanenti o temporanei a seconda delle finalità e dei destinatari, di classe o di
plesso in relazione al contesto e alle necessità
AZIONI RIVOLTE
AGLI ALUNNI
(2) I laboratori di alfabetizzazione in italiano L2 sono stati definiti come specifico della scuola primaria e secondaria, per livelli e
per età, in raccordo con l’attività di classe e con la partecipazione e il coinvolgimento di tutti docenti e di tutte le discipline
(3) Il laboratorio interculturale è stato riconosciuto strumento
trasversale a tutte le discipline, modalità operativa di classe e/o
di plesso e filo conduttore della formazione e del processo di
insegnamento /apprendimento, per ogni età e ogni gruppo
AZIONI RIVOLTE
AI DOCENTI
(1) La formazione dei docenti, in glottodidattica e pedagogia interculturale, è stata definita permanente ed in itinere, teorico–pratica
secondo i presupposti della ricerca–azione che consentono osservazione, monitoraggio e valutazione delle azioni proposte.
(2) La valorizzazione delle competenze e dei ruoli necessari
per assolvere alle azioni di accoglienza, inserimento e alfabetizzazione degli alunni stranieri, di integrazione reciproca fra
soggetti plurimi, risulta una modalità coerente, essenziale e
adeguata alla richieste emergenti.
AZIONI RIVOLTE AI GENITORI
L’apporto valoriale determinato dalla presenza di famiglie diverse per origini e cultura è stato definito elemento di dinamicità per la trasmissione di comportamenti e
valori diversi, condivisibili e riconosciuti
dalla collettività scolastica e territoriale. Il
raccordo scuola-famiglia si qualifica per un
duplice aspetto:
(1) condivisione del percorso formativo di
ogni singolo studente e scambio di esperienze e biografie familiari diverse fra loro
(2) genitori e docenti sostenitori di uno
stesso processo educativo e disponibili al
sostegno della comunicazione linguistica
come trasmissione di contenuti e saperi
trasferibili dalla lingua madre alla lingua
seconda e viceversa
25
2.4 il progetto nel contesto territoriale
Il Progetto “Un mondo per amico” è stato pensato con ampia prospettiva e con
l’ottica di poter dare una visione globale delle nuove dinamiche scolastiche all’interno della rete e di poter offrire ad ogni istituzione possibili percorsi progettuali rispondenti alle proprie necessità.
La rete Scandicci-Le Signe è nata, infatti, con l’iniziale scopo di ottimizzare le
risorse economiche per l’organizzazione di un corso di formazione specifico per
docenti sull’intercultura e sulla glottodidattica in L2, richiesto da tutte le istituzioni
scolastiche del territorio, chiamate a rispondere all’esigenza di lavorare in classi plurilingui e di rapportarsi con culture diverse. La rete di scuole è stata rafforzata dallo
scambio di esperienze, dalla collaborazione, nonché dalla necessità di strutturare
azioni congiunte per facilitare l’accoglienza degli alunni stranieri e per offrire loro
pari opportunità in materia di accesso, riuscita scolastica e apprendimento.
Ha, così, lanciato la sfida agli enti e alle associazioni del territorio per poter diffondere e portare a sistema azioni positive già consolidate e per sistematizzare risorse, servizi e professioni uscendo dalle pratiche di emergenza. L’azione congiunta
delle istituzioni scolastiche e del territorio può contribuire a prevenire la concentrazione ghettizzante di alunni stranieri in una determinata scuola o plesso e può favorire l’integrazione non solo scolastica ma anche sociale.
La rete ha così lavorato per poter indicare una possibile impostazione progettuale
che salva la specificità organizzativa di ogni scuola e di ogni Comune.
Dal quadro generale di una visione educativa che offrisse opportunità e risposte
adeguate ai destinatari, il Circolo di Studio si è trasformato quindi in un Gruppo permanente di docenti che condivide la formazione, la progettazione partecipando, in
rete, alla ricerca di fondi che consentano la realizzazioni dei percorsi specifici per
l’apprendimento della lingua seconda e interventi mirati per la valorizzazione delle
conoscenze in classi plurilingui e ad abilità differenziate.
La prima azione pratica è stata la messa a punto del Protocollo di Accoglienza di
Rete, approvato e inserito nel POF di ogni singolo istituto. Successivamente sono
stati declinati i Piani di Studio Personalizzati secondo le indicazioni del Quadro
Comune Europeo di Riferimento per le Lingue e sostenuti dai principi della glottodidattica delle lingue e delle scienze che si occupano dell’apprendimento della lingua
seconda in un contesto socioculturale, dinamico ed esperienziale.
26
capitolo 3
“Un mondo per amico”: la nostra storia
Silvia Da Vico, Giuseppina Ametrano, Donatella Bartolozzi, Romina Canterano
La storia del gruppo “Un mondo per amico” nasce nell’anno scolastico 2007/08
con il sostegno dell’Agenzia Formativa del Comune di Scandicci che opera nel
campo dell’innovazione educativa e didattica. Fin dai primi incontri, il gruppo si riconosce animato da una grande disponibilità a capire le nuove complesse realtà nate in
seguito al recente massiccio flusso migratorio che ha coinvolto il nostro territorio.
Già dai suoi esordi, tutti i partecipanti infatti sembrano avvertire profondamente
l’irrimandabile necessità di ricercare nuovi strumenti didattici e culturali che siano in
grado di fronteggiare i disagi e le difficoltà dei “nuovi italiani” all’interno del mondo
scolastico. Il gruppo è inizialmente costituito da sette docenti e comprende le scuole
dell’obbligo di ogni ordine (Infanzia, Primaria, Secondaria di primo Grado) dei
comuni di Scandicci, Lastra a Signa e Signa. Negli anni seguenti, “Un mondo per
amico” recluta nuove forze, il gruppo si allarga e si attesta intorno alle 12 unità.
“Non conoscevo nessuno e, le prime volte, mi sentivo un’estranea. Sembrava che
tutti condividessero un linguaggio che per me era incomprensibile” racconta Chiara,
maestra di una Scuola primaria di Scandicci, entrata nel gruppo nel 2009. In realtà, la
sensazione di Chiara è la stessa di tutti noi quando abbiamo mosso i primi passi all’interno del progetto. Una sensazione che ricorda, a ben guardare, quella dei nostri studenti non italofoni quando entrano in una realtà, la classe, che utilizza codici linguistici e non linguistici, molto diversi da quelli conosciuti e con i quali hanno dimestichezza e confidenza.
Una rete di scuole che lavori sulla tematica interculturale, sui principi pedagogico-didattici per l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda e che si proponga
di incidere sulla resistenza “naturale” dell’istituzione scolastica attraverso proposte
operative che costringano tutti ad assumere le responsabilità del nuovo corso storico:
questa è la grande sfida del nostro team.
“Un mondo per amico”, pur nella eterogeneità delle esperienze e delle provenienze, trova il suo punto di forza nella comune volontà di imparare, cercando insieme,
attraverso un confronto costante e la condivisione di obiettivi comuni, le risposte ad
27
un mondo in profonda e rapidissima trasformazione.
Nel corso degli anni, anche avvalendosi della consulenza della Prof.ssa Maria
Cecilia Luise dell’Università di Firenze, “Un mondo per amico” propone formazione
in didattica dell’italiano a stranieri (L2), partecipa alla stesura di un progetto di rete,
e soprattutto, last but not least, favorisce la produzione dei Piani di Studio
Personalizzati per studenti stranieri.
Proprio quest’ultima esperienza è quella di cui il gruppo va maggiormente orgoglioso e che costituisce al momento il nostro risultato più importante. Presentata in
seno ai vari Collegi d’Istituto, essa ha riscosso il consenso dei colleghi ma soprattutto ha segnato un traguardo per noi fondamentale perché, approvato dalla collegialità,
il Piano di Studio Personalizzato aggiunge davvero qualcosa di nuovo alla nostra realtà scolastica.
A nostro parere, gli studenti stranieri ricevono da essa dignità scritta che li equipara in tutto e per tutto ai compagni italofoni, sgombrando il terreno dalle ambiguità
in cui ancora si dibattono i vari Consigli di classe (il discorso è particolarmente avvertito nella scuola media) riguardo agli obiettivi, i parametri didattici e i criteri valutativi degli alunni stranieri.
La nostra storia è fatta di questo e molto altro, soprattutto della scoperta di persone generose, di legami nati dalla stima e la condivisione di un comune sentire che, in
questi anni, non si è arreso di fronte alle tante esperienze di frustrazione quotidiana
vissute nell’ambito scolastico.
Nella seconda parte del 2012 la nostra sfida si è chiamata Certificazione Cedils:
un esame di certificazione in didattica dell’italiano a stranieri che l’Università Ca’
Foscari di Venezia propone e organizza e che il nostro gruppo ha deciso di sostenere
a settembre 2012.
Ci siamo quindi impegnate nello studio sistematico della glottodidattica allo
scopo di ottenere un riconoscimento ufficiale che premiasse il nostro impegno. Ma lo
studio ci ha dato anche qualcos’altro: una scoperta straordinaria, un modo nuovo di
interpretare in modo scientifico la problematica interculturale, che ha ampliato i
nostri orizzonti e fornito a molti di noi strumenti metodologici più adeguati per procedere con passo più sicuro in un terreno tanto delicato.
Forti anche di questo traguardo raggiunto, siamo di nuove pronte per le nuove
sfide che ci attendono in previsione di un nuovo anno scolastico che si preannuncia
difficile e problematico, così come sono difficili e problematici i tempi che stiamo
vivendo, ma che affronteremo con fiducia.
Noi siamo:
Susanna Guarducci, Chiara Mantelli, Rossella Ciuffi, Donatella Bartolozzi, Silvia
Da Vico, Cristina Villa, Renza Crociani, Giuseppina Ametrano, Romina Canterano,
Paola Gabbriellini, Maddalena La Candia.
28
seconda parte
I PIANI DI STUDIO PERSONALIzzATI
(P.S.P.)
29
capitolo 4
i piani di stUdio personalizzati:
riferimenti teorici e motivazione della scelta
Susanna Guarducci, Rossella Ciuffi
n.B. Il capitolo è ripreso e in parte adattato da: Susanna
Guarducci, 2011 - L’individualità nella collettività, un progetto in cammino: dal macrosistema al microsistema - Tesi
finale per il Master ITALS, Università Ca Foscari di
Venezia, non pubblicata.
4.1 la diversità interculturale nella normativa per l’integrazione
Il processo migratorio è considerato un elemento costitutivo delle nostre società per cui l’integrazione degli immigrati nella società di accoglienza è un obiettivo
fondamentale e, in questo processo, è ormai primario il ruolo della scuola. Tale
integrazione è oggi comunemente intesa come un processo bidirezionale, che prevede diritti e doveri tanto per gli immigrati quanto per la società che li accoglie.
Questo risulta vero sia nei Paesi europei in cui i flussi migratori sono stati più
recenti che nei Paesi dove il fenomeno migratorio è esperienza duratura e consolidata nel tempo.
La prima risposta alla migrazione, sia nella normativa che nell’azione didattica,
è stata incentrata nel tentare un processo di integrazione che permettesse l’acquisizione della lingua seconda e introducesse l’alunno neoarrivato o l’adulto, disponibile ad imparare o migliorare l’apprendimento della nuova lingua, attraverso percorsi di alfabetizzazione. Il diritto allo studio di qualsiasi alunno presente nel territorio nazionale è stato garantito da un lungo percorso normativo nazionale ed europeo che, a partire dagli anni Novanta, ha caratterizzato la normativa scolastica in
materia di immigrazione. Le “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli
alunni stranieri” (2006) sono il documento italiano che raccoglie la normativa ufficiale con direttive che partono dalla “Dichiarazione dei Diritti Umani” (1948), con
riferimento all’art.2, procedono attraverso la “Convenzione sui diritti dell’infanzia”
31
del 1989 (ratificata dall’Italia nel 1991), nello specifico dell’art.2, e proseguono
specificando e sottolineando che
“l’obiettivo del presente documento è di presentare un insieme di orientamenti condivisi sul piano culturale ed educativo, di individuare alcuni punti
fermi sul piano normativo e di dare alcuni suggerimenti di carattere organizzativo e didattico al fine di favorire l’integrazione e la riuscita scolastica e formativa, ferma restando l’autonomia delle istituzioni scolastiche e la loro responsabilità in materia, nel quadro della legislazione vigente. […] La consapevolezza del patrimonio di civiltà europea, l’incontro aperto con altre culture e modelli di vita, la garanzia per tutti i cittadini, italiani e non, di acquisire nelle nostre
scuole una reale esperienza di apprendimento e di inclusione sociale, sono
obiettivi a cui le istituzioni scolastiche devono mirare con il concorso e la collaborazione dei soggetti educativi presenti sul territorio: famiglie, enti locali,
università, associazioni, istituzioni a vario titolo interessate”.
La normativa italiana ha delineato, nelle sue fasi legislative, la scelta educativa al
riconoscimento che i minori stranieri, come quelli italiani, sono innanzitutto ‘persone’ e, in quanto tali, titolari di diritti e doveri che prescindono dalla loro origine nazionale. Da qui “la scelta della piena integrazione di tutti nella scuola e l’educazione
interculturale come suo orizzonte culturale” (C.M. 205/1990,C.M. 73 /1994 e art.3
Legge 40/1998). Seguendo tale linea emerge una scuola delle cittadinanze “europea
nel suo orizzonte, radicata nell’identità nazionale, capace di valorizzare le tante identità locali e, nel contempo, di far dialogare la molteplicità delle culture entro una cornice di valori condivisi”.
4.2 la diversità interculturale nella didattica
Dalla normativa in termini di valori e principi sociali, inclusivi e identitari, e di
presupposti culturali e interculturali, si delinea una normativa che stabilisce un impegno organico e un’azione strutturale capace di sostenere l’intero sistema formativo
nazionale. Dalla legge sull’immigrazione n. 40/1998, al D.L. 25/07/1998, alla legge
189/2002 (la legge cosiddetta Bossi/Fini) si definiscono e si coordinano gli interventi in favore dell’accoglienza e integrazione degli immigrati con particolare attenzione all’integrazione scolastica definibile e realizzabile secondo quanto stabilito dall’autonomia delle istituzioni.
Ciò consente di costruire specifiche e appropriate soluzioni didattico-educative e
formative adeguate “allo sviluppo della persona umana, adeguate ai diversi contesti,
alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al
fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento” (art.2 del D.P.R. 275/99).
Man mano che la normativa diviene più specifica si comprende come la scelta ita32
liana sull’immigrazione passi dal riconoscimento dell’apporto valoriale di gruppi
diversi al valore dell’identità di ciascuno, al riconoscimento del singolo come portatore di specificità.
A partire dall’art.45 del D.P.R. 394/99 in cui si stabilisce “l’inserimento scolastico per età anagrafica” alla legge di riforma dell’ordinamento scolastico, n.53/2003, si
intraprende un “percorso di pianificazione del processo formativo ed educativo” dell’alunno straniero in cui la diversità culturale e linguistica viene riconosciuta a pieno
titolo e la progettazione individuale è garanzia del successo scolastico e formativo.
Sullo stesso piano prosegue anche il Decreto Legislativo n.76/2005 relativo al “diritto-dovere all’istruzione e alla formazione” e individua i destinatari in “tutti, ivi compresi i minori stranieri presenti nel territorio dello Stato”. Si riconosce che l’alunno che
apprende in una lingua seconda ha bisogno di un percorso specifico per poter imparare in un contesto dinamico ed esperienziale, per apprendere prima di tutto la lingua per
comunicare, relazionarsi e muoversi nell’ambiente di appartenenza e, successivamente, entrare nel campo specifico del linguaggio disciplinare che la scuola insegna.
Ciò presuppone un percorso di apprendimento linguistico che tenga conto delle
competenze pregresse, del percorso scolastico nel paese d’origine e che l’azione educativa sia pianificata sui bisogni reali e sul monitoraggio dei progressi nell’apprendimento della lingua da parte dell’alunno. Così come sottoscrive l’articolo 45, comma
4, del D.P.R. 394/1999 “il Collegio Docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri il necessario adattamento dei programmi di insegnamento…” e prosegue nel contesto della legge sull’autonomia delle istituzioni scolastiche dove si ribadisce “l'attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel
rispetto del principio generale dell'integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo” (art.4 del D.P.R. 275/99).
Il riconoscimento della specificità del singolo nel contesto di integrazione, nel
gruppo e nella classe, è inscindibile da un percorso didattico che definisca un piano
di studio personalizzato per l’apprendimento dell’italiano come lingua seconda, nel
rispetto degli indicatori previsti dal Quadro Comune Europeo di Riferimento per le
lingue (2001) sia per l’apprendimento/insegnamento che per la valutazione.
L’approccio alle discipline, ai saperi e al linguaggio disciplinare dovrà essere contenuto nel campo di competenza linguistica in L2 e il processo di apprendimento della
lingua sarà tanto più sostenibile quanto più sostenuto da tutti i soggetti partecipanti al
percorso educativo e formativo del discente.
4.3 la diversità interculturale nel “modello italiano”
Nel panorama normativo il processo di analisi e di valutazione del fenomeno
migratorio italiano evidenzia un’attenzione all’identità di gruppo, alla presenza di
gruppi diversi e di singole identità che appartengono ad un gruppo. Il documento
33
messo a punto dall’Osservatorio Nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e
l’educazione interculturale, “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” (2007), definisce ed esplicita le caratteristiche del modello
italiano mettendo a fuoco “principi, decisioni e azioni” relative all’inserimento nella
scuola e nella società italiana dei minori di origine immigrata “attribuibili ad un pluralità di attori, nel riconoscimento generalizzato della rilevanza collettiva del problema e della responsabilità istituzionale pubblica”. Nel modello si i delineano quattro
principi generali:
g universalismo: criteri universalistici che tengano conto dei diritti dei minori
riscontrabili nella normativa italiana, europea ed internazionale;
g scuola comune: scuola orientata ad inserire gli alunni con cittadinanza non italiana nella scuola comune, dentro normali classi scolastiche in continuità con
le altre scelte adottate dalla scuola italiana nei confronti delle varie forme di
diversità;
g centralità della persona in relazione con l’altro: valorizzazione della persona
e costruzione di progetti educativi incentrati sull’unicità biografica e relazionale dello studente;
g intercultura: la scuola, in prospettiva interculturale, per tutti gli alunni e a tutti
i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, discipline, relazioni, vita della classe. Il “modello italiano” sottolinea il valore della persona inscindibile dal valore identitario, dal paradigma culturale, sociale e linguistico di appartenenza.
Si tratta di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola
nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, di genere, livello sociale, storia scolastica). Tale approccio si basa su una
concezione dinamica della cultura, che evita la chiusura degli alunni/studenti in una
prigione culturale, sia gli stereotipi o la folklorizzazione.
Le strategie interculturali evitano di separare gli individui in mondi culturali autonomi ed impermeabili, promuovendo invece il confronto, il dialogo e anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che
ne derivano.
Il sistema di integrazione interculturale della scuola italiana ha individuato,
nella pratica e nella normativa, “dieci principali linee di azione riconducibili a tre
macro-aree”:
1) azioni per l’integrazione: strategie che vedono come destinatari diretti gli alunni con cittadinanza non italiana e le loro famiglie. Sono rilevabili nelle pratiche dell’accoglienza, nella relazione con le famiglie straniere, nell’apprendimento dell’italiano come lingua seconda, nella valorizzazione del plurilinguismo nell’orientamento;
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2) azioni per l’interazione interculturale: linee di intervento pedagogico e didattico relativo ai cambiamenti in atto nella scuola e nella società e che hanno come
destinatari tutti gli attori che operano nella scena educativa. Sono riconducibili a questo gli interventi relativi alle relazioni, a scuola e nel tempo extrascolastico, al superamento di discriminazioni, pregiudizi e stereotipi, all’impostazione in prospettiva
interculturale dei saperi e delle competenze;
3) gli attori e le risorse: linee di intervento che hanno a che vedere con gli aspetti organizzativi; gli attori dentro e fuori la scuola, le forme i modi di collaborazione
tra scuola e società civile, le specificità territoriali. Sono interventi che coinvolgono
la dirigenza, l’autonomia scolastica, le reti tra istituzioni scolastiche, società civile e
territorio che richiedono formazione dei docenti e del personale non docente.
Il “modello italiano” offre un quadro globale della visione scolastica e sociale nella
dimensione interculturale che presuppone lungimiranza, qualità ed efficacia. Offre a
docenti, studenti e operatori una scuola aperta alla ricerca del dialogo nel conflitto, al
superamento dei luoghi comuni e dei pregiudizi in nome della consapevolezza della
propria identità e dell’identità altrui, delle incertezze per la curiosità di conoscere, della
predisposizione all’ascolto attivo e all’osservazione attenta e disponibile a vedere
altro: uscire dalla cornice identitaria per comprendere meglio se stesso con l’occhio
dell’altro. È una visione meno definita, non stigmatizzata, più ampia e dinamica che
esce dalla prospettiva culturale e sociale etnocentrica per dare spazio alla pluralità
delle culture e dei molteplici approcci alla conoscenza amplificando le possibilità di
percorsi e processi di apprendimento. Ciò richiede da parte di tutti gli operatori formazione specifica e puntuale in un percorso di ricerca - azione che preveda confronto,
analisi, monitoraggio delle azioni e, non solo, disponibilità a modificare il percorso
qualora si ritenga opportuno e determinante per il raggiungimento degli obiettivi.
4.4 successo o insuccesso nella diversità interculturale
La prospettiva italiana, pur nella condivisione e applicazione della normativa
europea sull’immigrazione, ha tracciato un percorso diverso rispetto agli altri paesi
europei dove, invece, lo studente immigrato non appartiene o appartiene in parte al
gruppo della classe, e le differenze culturali sono state accentuate in nome dell’etnocentrismo. Pur avendo a disposizione norme, principi e regole definite e chiare,
l’azione scolastica italiana non è omogenea sul territorio nazionale. Sebbene il flusso
migratorio sia iniziato da oltre un ventennio, le azioni e le pratiche si diversificano a
seconda dell’intensità del fenomeno e della distribuzione delle risorse e delle scelte
socioeconomiche, culturali e sociali delle istituzioni scolastiche, degli enti locali,
della sinergia o meno fra la scuola e l’extrascuola. L’insuccesso scolastico di tanti studenti stranieri dimostra ancora che l’impianto italiano ed europeo, nella scuola dell’obbligo come nei gradi successivi, non ha trovato ancora la consapevolezza di parte
degli attori sia nell’ambiente scolastico che nel contesto territoriale. Il Libro Verde
35
“Migrazione e mobilità: le sfide e le opportunità per i sistemi d’istruzione europei”,
presentato dalla Commissione Europea nel 2008, evidenzia come le azioni dei sistemi scolastici europei, per affrontare l’integrazione degli alunni stranieri, non trovino
modalità condivise e diffuse con conseguenti carenze nei risultati scolastici degli studenti provenienti da un contesto migratorio rispetto a quelli ottenuti dagli studenti
nativi. I dati presentati nel libro dimostrano che numerosi figli dei migranti soffrono
di un “handicap scolastico” sia nelle competenze linguistiche che scientifiche, con
poca differenza fra i figli di prima e di seconda generazione. L’insuccesso scolastico si
amplifica nella fase dell’orientamento in cui si vede una forte presenza di alunni
migranti nelle scuole a indirizzo professionale con una alta percentuale di abbandono
al raggiungimento dell’età dell’obbligo. Tale insuccesso non si ripercuote solo sulle
generazioni presenti, sottolinea il documento, ma anche sulle generazioni future dei
figli dei migranti con “aggravamento delle disparità sociali che si trasmettono di generazione in generazione, segregazione culturale, esclusione di comunità e conflitti interetnici”. Il superamento dell’handicap scolastico è proporzionato alle misure adottate
dai sistemi di istruzione per affrontare i problemi, le scelte e le azioni educative.
La struttura del sistema di istruzione e il modo in cui le scuole e gli insegnanti si
rapportano agli allievi migranti possono avere un impatto significativo sui risultati.
La pressione dei coetanei influenza a sua volta i risultati. Gli allievi di figli di
migranti generalmente ottengono migliori risultati quando si trovano in una classe
con bambini che dominano la lingua del paese ospitante e che sono motivati sul
piano scolastico.
Il documento prosegue ed evidenzia alcune delle chiavi di accesso al superamento dell’handicap scolastico, quale proiezione positiva all’integrazione sociale e culturale nel paese ospitante: la motivazione ad apprendere, la cooperazione e il tutoraggio fra i pari, nativi e non, il rapporto insegnamento/apprendimento nella valorizzazione dei diversi stili cognitivi, dell’approccio al sapere secondo l’esperienza individuale, sociale e culturale, del rispetto delle competenze acquisite e dei livelli di
apprendimento, del rapporto fra lingua materna e lingua seconda. Sono le tappe
necessarie che aprono a ciascuno studente la strada al successo scolastico e alla partecipazione attiva e costruttiva del cittadino della “società globale”.
36
capitolo 5
il QUadro comUne eUropeo di riferimento per l’apprendimento
e l’insegnamento delle lingUe
Susanna Guarducci
La fonte fondamentale alla quale oggi chiunque voglia, a qualsiasi livello, occuparsi di descrizione e valutazione delle competenze linguistiche, siano esse in lingua
straniera o in lingua seconda, deve fare capo è il Quadro Comune Europeo di
Riferimento per l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue, documento che è servito al gruppo che ha elaborato i P.S.P. sia per la sua definizione di che cosa significa possedere competenze linguistico-comunicative, sia per la scansione e la definizione dei livelli di competenza. Riteniamo quindi importante riportare qui di seguito i
principali aspetti del documento in questione.
5.1 presentazione
Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue e la relativa valutazione delle competenze è il risultato di un processo
intrapreso attivamente a partire dagli anni settanta e condotto da docenti esperti dei
paesi appartenenti al Consiglio d’Europa. La necessità di individuare un percorso
comune per l’apprendimento/insegnamento delle lingue per i cittadini europei nasce
dalla volontà del Consiglio d’ Europa “interessato a migliorare la qualità della comunicazione tra i cittadini europei di lingue e culture diverse, perché la comunicazione
consente la mobilità e gli scambi, che, a loro volta, favoriscono la comprensione reciproca e la cooperazione”.
A fondamento di quanto sostenuto si definisce indispensabile che l’insegnamento
delle lingue tenga conto della motivazione, dei bisogni, delle caratteristiche e delle
risorse dell’apprendente. Il Quadro Comune Europeo (Q.C.E.) sottolinea infatti da un
lato come elementi fondanti dell’apprendimento la motivazione e la necessità di
apprendere una lingua partendo dai bisogni, dagli scopi, dai fattori determinanti ad
imparare una lingua da parte dello studente, in relazione alla età, al sesso, all’ambiente sociale e al livello di istruzione.
37
Dall’altro lato identifica nella formazione del docente, in termini di conoscenze,
abilità ed esperienze nel campo dell’insegnamento delle lingue, l’aspetto essenziale
per lo sviluppo e il sostegno delle competenze linguistico-comunicative. Il Quadro
Comune Europeo intende dare valore e concretezza alle esperienze di insegnamento
da parte del docente e valorizzare le conoscenze e le esperienze che l’apprendente
mette in campo nell’apprendimento di una lingua.
A partire dall’analisi della situazione di apprendimento/insegnamento il Q. C. E.
evidenzia in modo preciso “gli obiettivi validi e significativi che tengano conto dei
bisogni degli apprendenti, e realistici, che tengano conto delle loro caratteristiche e
delle risorse disponibili”.
5.2 approccio e competenze
A partire dai presupposti sopra definiti, il Q.C.E. delinea le competenze generali
e le competenze linguistiche, le attività linguistiche, i domini d’uso della lingua, i
compiti, le strategie, i testi utilizzati nel percorso di apprendimento della lingua, definisce i livelli di competenza linguistica e la valutazione della padronanza linguistica.
Il Q.C.E. riconosce fondamentale, nel processo di apprendimento/insegnamento e
nella relativa valutazione, un approccio orientato all’azione e quindi all’uso della
lingua, considerando le persone che la usano come “attori sociali”, membri di una
società dove ciascuno deve portare a termine dei compiti in circostanze date, in un
ambiente specifico e all’interno di un determinato campo di azione.
Ciò determina una concezione generale dell’uso, dell’apprendimento e dell’insegnamento delle lingue che tiene conto di due aspetti fondamentali per l’acquisizione
di una lingua:
g le competenze generali di un individuo riconosciute nel sapere, saper fare,
saper essere, saper apprendere. Sono le competenze che l’individuo apprende
attraverso l’esperienza (il sapere empirico) e l’apprendimento formale (il sapere accademico) all’interno della società a cui appartiene;
g le competenze linguistico-comunicative riconosciute e distinte in competenza
linguistica, competenza sociolinguistica e competenza pragmatica.
La competenza linguistica, (intesa come conoscenze ed abilità relative al lessico,
alla fonologia, alla sintassi) è la dimensione prettamente linguistica indipendentemente dalla valenza sociolinguistica delle variabili della lingua e dalle funzioni pragmatiche dell’uso della stessa. La competenza linguistica è strettamente connessa alle
conoscenze e al sistema di organizzazione delle conoscenze di ciascun individuo che
apprende, ma non solo: l’organizzazione cognitiva del lessico, il modo di immagazzinare le espressioni dipendono anche dalle caratteristiche culturali della comunità in
cui l’individuo è cresciuto e si è formato.
La competenza sociolinguistica rappresenta la competenza sociale dell’uso della
lingua intesa in termini di regole di cortesia, norme che definiscono i rapporti tra le
38
generazioni, i sessi, le classi e i gruppi sociali includendo tutta la sfera linguistica
relativa agli usi e costumi di una comunità.
La competenza pragmatica riguarda l’uso funzionale delle risorse linguistiche
basandosi su scenari o copioni di scambi interazionali e quindi la padronanza del
discorso, la coesione e la coerenza, l’identificazione della varietà dei tipi di testo e
delle forme testuali.
5.3 attività linguistiche
Dalle competenze generali e dalle competenze linguistiche nella loro diversa specificità ma strettamente correlate fra loro, il Quadro di riferimento focalizza l’attenzione sulla competenza linguistico-comunicativa che si concretizza mediante attività
linguistiche specifiche che coinvolgono la ricezione, l’interazione, la produzione e la
mediazione (interpretariato e tradizione) nell’uso di testi orali o scritti, o testi insieme orali e scritti.
La ricezione e l’interazione, sono primarie in quanto necessarie per l’interazione.
Le attività di ricezione sono fondamentali per molte forme di apprendimento (comprendere il contenuto di un documento, di un testo, di un corso). Le attività di produzione orale (esposizioni orali, saggi e relazioni scritte) sono essenziali in settori accademici e professionali e hanno importante valenza sociale. L’interazione è l’abilità
che consente non solo la comunicazione, fra almeno due interlocutori, dove chi ascolta è già proiettato a dare risposta all’interlocutore, ma favorisce anche la comprensione e la produzione di enunciati. La mediazione (orale o scritta) consente invece la
comunicazione fra due interlocutori che, per una qualsiasi ragione, non sono in grado
di comunicare direttamente.
5.4 domini
Le attività linguistiche per trasferirsi e trasformarsi in azioni sociali e comunicative, devono essere contestualizzate in domini che possono essere diversi gli uni dagli
altri ma riconoscibili in quattro settori generali relativi alla sfera socio-culturale ed
economico-professionale dell’individuo che apprende:
g domino personale: comprende le relazioni all’interno della famiglia e le pratiche sociali proprie dell’individuo;
g domino pubblico: riguarda tutto ciò che è legato all’interazione sociale al di
fuori della famiglia;
g dominio educativo: è di pertinenza del contesto di apprendimento/formazione
dove si acquisiscono conoscenze e abilità specifiche;
g dominio professionale: si riferisce a tutto ciò che riguarda le attività e le relazioni di una persona nell’esercizio della sua professione.
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5.5. compiti e strategie
La competenza linguistica facilita e sostiene l’uso della lingua, permette la realizzazione di compiti che non sono esclusivamente linguistici ma che mettono in gioco
la competenza comunicativa dell’individuo e coinvolgono attività linguistiche. I compiti non sono strettamente legati alla routine e quindi eseguiti in modo automatico,
spesso si tratta di compiti che richiedono l’impiego di strategie di comunicazione e di
apprendimento. Si sottolinea di nuovo un apprendimento chiaramente orientato
all’azione incentrato sull’uso di strategie da parte dei soggetti parlanti per condurre a
termine compiti specifici in determinate condizioni e in un contesto specifico.
Generalmente la conduzione del compito può comportare o meno un’attività linguistica e il trattamento di un testo (comprensione di un testo scritto, dialogo a telefono,
scrivere una lettera, scusarsi verbalmente). Il rapporto tra compito, strategia e testo
dipende dalla natura del compito che non è detto richieda sempre un’attività linguistica dal momento che, non tutti i compiti richiedono l’uso della lingua: ci sono compiti in cui la lingua costituisce solo una parte delle attività (ad es. cucinare seguendo
una ricetta), altri in cui la lingua è l’elemento prevalente (ad es. leggere e commentare un testo) e altri ancora in cui la competenza linguistica e l’attività linguistica non
sono necessari. Ciò dimostra come le strategie comunicative e di apprendimento
risultino strategie fra le tante strategie, proprio come i compiti comunicativi e di
apprendimento sono compiti fra i tanti possibili.
5.6 livelli comuni di riferimento per la competenza linguistica
Il Quadro di riferimento presenta in relazione alla competenza linguistico-comunicativa e alle attività linguistiche correlate la suddivisione delle competenze in una
serie di livelli in una dimensione in cui domini e attività linguistiche vengono enucleate secondo parametri di competenza graduale, centrati su un processo di apprendimento positivo e concreto tale da rendere l’apprendente consapevole del proprio
percorso di apprendimento. Nella valutazione delle competenze acquisite si riconosce sostanziale evidenziare le tappe linguistiche raggiunte e sottolineare ciò che l’apprendente è in grado di fare, creare, costruire con la lingua, sottolineando le competenze e le potenzialità di chi usa la lingua.
La definizione delle competenze dell’apprendente sulla base delle categorie usate
nel Quadro di riferimento può essere di aiuto per una descrizione concreta dei risultati che si possono aspettare, rendendo trasparenti e realistici gli obiettivi di apprendimento. La “dimensione verticale” dei descrittori dei livelli di competenza è accompagnata da una “dimensione orizzontale”, costituita dai parametri per le attività
comunicative e per la competenza linguistico-comunicativa. Si tratta di una struttura
a doppia entrata in cui il livello di competenza interagisce con le categorie di azione
all’interno delle quali il soggetto apprendente comprende, usa, e contestualizza la
propria competenza linguistica. Come si evidenzia nel testo del Quadro di riferimento (2007: 21)
40
L’esistenza di una serie di enunciati per descrivere la competenza permetterà di confrontare in modo più agevole obiettivi, livelli, materiali, test e risultati raggiunti in sistemi e situazioni differenti. Un quadro che comprenda al
contempo la dimensione orizzontale e quella verticale agevola la definizione
di obiettivi parziali e il riconoscimento di profili non equilibrati e di competenze parziali. […] Nel corso dei loro studi, infine, gli studenti si troveranno a frequentare corsi di lingua in più settori scolastici e in diverse istituzioni.
L’esistenza di una scala comune che definisca i livelli può facilitare la collaborazione tra questi settori. […] l’esistenza di una scala comune per descrivere
le loro acquisizioni diventa, dunque , un’esigenza sempre più sentita in settori sempre più vasti.
Riguardo a quanto sopra detto, è necessario sottolineare che la dimensione verticale del Quadro di riferimento conferma come l’apprendimento di una lingua sia un
processo continuo e individuale, “ non esistono due apprendenti –parlanti nativi o
apprendenti stranieri– che abbiano esattamente le stesse competenze nell’uso di una
lingua o che le sviluppino nello stesso modo”. A ciò si aggiungono il percorso e le
scelte formative dell’apprendente che nel periodo di apprendimento intende seguire,
in particolare quando si tratta di studenti giovani o adulti che indirizzano le proprie
competenze in settori specifici della lingua, per cui, oltre a una dimensione verticale
del livello di competenza, ci si indirizza verso a una dimensione orizzontale proiettando il proprio percorso verso categorie specifiche di apprendimento.
Di seguito si riportano i termini dei documenti del Consiglio d’ Europa con cui si
classificano i livelli di competenza linguistica.
A
B
C
Livello elementare
Livello intermedio
Livello avanzato
A1
A2
B1
B2
C1
C2
Contatto
Sopravvivenza
Soglia
Progresso
Efficacia
Padronanza
Breakthrough
Waystage
Threshold
Vantage
Effective
Operational
Proficiency
Mastery
Uno degli scopi del Quadro di riferimento è di agevolare la descrizione dei livelli di competenza richiesti da standard, test ed esami esistenti, in modo da facilitare il
confronto tra differenti sistemi di qualificazione linguistica, e ciò giustifica l’elaborazione del modello e dei livelli di riferimento da parte del Consiglio d’Europa. Di fatto
questi elementi, modello e livelli, forniscono una griglia concettuale che docenti, formatori ed istituzioni possono utilizzare per descrivere e definire la scala di livelli di
41
competenze linguistico-comunicative del processo di apprendimento/insegnamento
delle lingue.
La descrizione dei livelli ha la caratteristica di non riferirsi ad un contesto specifico, così da consentire di poter organizzare risultati generalizzabili provenienti da
contesti diversi.
Questo implica la necessità di poter adattare la descrizione di ogni livello al contesto specifico. Questo significa che le categorie usate per descrivere ciò che gli
apprendenti sono capaci di fare in contesti d’uso devono poter essere riferite ai contesti d’uso prevedibili per i diversi gruppi di apprendenti, appartenenti a tutta la popolazione destinataria.
La descrizione del livello deve potersi fondare su presupposti teorici relativi alla
competenza linguistica per poter definire, su base concettuale, la categorizzazione e
la descrizione del livello. Lo spessore teorico deve comunque rispondere ad una pratica adattabile, immediata, fruibile e accessibile alle persone che si occupano dell’applicazione pratica del livello stesso.
La descrizione dei livelli dovrebbe delineare attività e competenze tali da essere
“determinate in modo oggettivo” e quindi basarsi su una teoria della misurazione per
evitare, per quanto possibile, la definizione dell’errore su convenzioni prive di fondamento e regole stabilite in modo empirico da singoli autori e da particolari gruppi di
operatori.
Prima di presentare la scala dei livelli comuni di riferimento su scala globale,
tabella da cui riprendere i descrittori essenziali per la stesura del percorso specifico di
apprendimento/insegnamento, per l’apprendente o il gruppo di apprendenti a cui
rivolgersi, è importante sottolineare che si possono adattare, per situazioni differenti,
“gradini” di misura diversa a seconda del contesto di adeguamento del processo di
formazione linguistica, come è possibile vedere dalla tabella di seguito presentata
C2 È in grado di comprendere senza sforzo praticamente
tutto ciò che ascolta o legge. Sa riassumere informazioni
tratte da diverse fonti, orali e scritte, ristrutturando in un
testo coerente le argomentazioni e le parti informative. Si
esprime spontaneamente, in modo molto scorrevole e preciso e rende distintamente sottili sfumature di significato
anche in situazioni piuttosto complesse.
LIVELLO
AVANZATO
42
C1 È in grado di comprendere un'ampia gamma di testi
complessi e piuttosto lunghi e ne sa ricavare anche il significato implicito. Si esprime in modo scorrevole e spontaneo,
senza un eccessivo sforzo per cercare le parole. Usa la lingua in modo flessibile ed efficace per scopi sociali, accademici e professionali. Sa produrre testi chiari, ben strutturati e articolati su argomenti complessi, mostrando di
saper controllare le strutture discorsive,i connettivi e i meccanismi di coesione.
LIVELLO
INTERMEDIO
LIVELLO
ELEMENTARE
B2 È in grado di comprendere le idee fondamentali di testi
complessi su argomenti sia concreti sia astratti, comprese le
discussioni tecniche nel proprio settore di specializzazione.
È in grado di interagire con relativa scioltezza e spontaneità, tanto che l'interazione con un parlante nativo si sviluppa
senza eccessiva fatica e tensione. Sa produrre testi chiari e
articolati su un'ampia gamma di argomenti e esprimere
un'opinione su un argomento di attualità, esponendo i pro
e i contro delle diverse opzioni.
B1 È in grado di comprendere i punti essenziali di messaggi chiari in lingua standard su argomenti familiari che
affronta normalmente a lavoro, a scuola, nel tempo libero
ecc. Se la cava in molte situazioni che si possono presentare viaggiando in una regione dove si parla la lingua in questione. Sa produrre testi semplici e coerenti su argomenti
che gli siano familiari o siano di suo interesse. È in grado
di descrivere esperienze e avvenimenti, sogni,speranze,
ambizioni, di esporre brevemente ragioni e dare spiegazioni su opinioni e progetti.
A2 Riesce a comprendere frasi isolate ed espressioni di uso
frequente relative ad ambiti di immediata rilevanza (ad es.
informazioni di base sulla persona e sulla famiglia, acquisti, geografia locale, lavoro). Riesce a comunicare in attività semplici e di routine che richiedono solo uno scambio di
informazioni semplice e diretto su argomenti familiari e abituali. Riesce a descrivere in termini semplici aspetti del proprio vissuto e del proprio ambiente ed elementi che si riferiscono a bisogni immediati.
A1 Riesce a comprendere e utilizzare espressioni familiari
di uso quotidiano e formule molto comuni per soddisfare
bisogni di tipo concreto. Sa presentare se stesso/a e altri ed
è in grado di porre domande su dati personali e rispondere a domande analoghe (il luogo dove abita, le persone che
conosce, le cose che possiede). È in grado di interagire in
modo semplice purché l'interlocutore parli lentamente e
chiaramente e sia disposto a collaborare.
Presentiamo di seguito anche un’altra tabella tratta dal Quadro Comune Europeo,
che descrive gli aspetti qualitativi relativi all’uso della lingua parlata, come esempio
della completezza e insieme della potenziale flessibilità degli strumenti proposti dal
Quadro Comune:
43
44
45
5.7 la valutazione della padronanza linguistica
Il Quadro Comune Europeo per l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue e
la relativa valutazione focalizza l’attenzione, oltre che sull’uso della lingua e su colui
che la usa e sulle implicazioni per l’insegnamento e l’apprendimento, sulla valutazione della competenza linguistica tenendo conto che nelle prove di valutazione sono
fondamentali tre concetti: validità, affidabilità e fattibilità.
La validità di un test o di una procedura di valutazione si conferma tale nella
misura in cui si può dimostrare che ciò che si stava valutando è ciò che in quel contesto si vuole valutare, e che l’informazione ottenuta rappresenta con precisione la
competenza del candidato in questione.
L’affidabilità di una prova è da considerarsi conforme se permette di classificare
nello stesso ordine candidati ai quali viene somministrata la stessa prova in due
momenti distinti. Ciò implica l’accuratezza nella definizione dello standard linguistico da valutare, in un determinato contesto di valutazione, tenendo conto dei criteri
usati per arrivare allo standard e della validità delle procedure usate per tali criteri.
Questo vuol dire che due diverse istituzioni o due diverse aree geografiche potrebbero comparare i risultati ottenuti dalla valutazione se le prove progettate per la valutazione e l’analisi delle prestazioni si riferiscono agli stessi standard applicati e se questi sono stati applicati nelle prove in modo coerente. Rimane fondamentale la condivisione del contenuto della valutazione e il modo di giudicare la prestazione.
Il Quadro Comune Europeo per l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue e
la relativa valutazione considera fondamentale nella progettazione delle prove di
valutazione tre aspetti essenziali (2007: 218):
g specificare il contenuto di test ed esami: che cosa valutare;
g definire i criteri che determinano il raggiungimento di un obiettivo: come giudicare la prestazione;
g descrivere i livelli di competenza rilevati con test ed esami in uso, in modo da
permettere di effettuare confronti tra sistemi di certificazione diversi: come
comparare.
La fattibilità è un aspetto fondamentale nel controllo delle prestazioni: è indispensabile che un test sia agevole e, quindi, fattibile. La varietà e il numero di categorie presentate nel Quadro permette al docente di scegliere il numero di categorie
descrittive in relazione al livello di competenza, alle abilità linguistiche da valutare,
alle attività specifiche da proporre per quella categoria specifica. La fattibilità del test
consente allo studente la consapevolezza del proprio operato e la progressiva capacità autovalutativa della propria competenza linguistica.
La valutazione delle competenze trova nei descrittori dei livelli linguistici del
Quadro gli obiettivi da cui enucleare gli aspetti essenziali per definire le procedure
valutative tenuto conto che ogni descrittore delinea prima di tutto il percorso lingui46
stico, i domini e i contesti d’uso per l’apprendimento della lingua da cui il docente
potrà, in seguito, delineare il test e le procedure valutative sia in itinere che finali. Ciò
consente di valutare il livello di competenza linguistica in base ai descrittori, con la
graduale consapevolezza da parte dello studente delle competenze acquisite. La valutazione, secondo i presupposti del Quadro, tende a evidenziare l’esito positivo del
superamento della prova sottolineando quello che lo studente, in relazione al livello
descritto, è in grado di fare, di comunicare, di interagire.
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Bibliografia
Il Quadro Comune Europeo è disponibile gratuitamente in rete dal sito del
Consiglio d’Europa; il link diretto è reperibile nei materiali allegati a questa pubblicazione raggiungibili all’indirizzo:
www.comune.scandicci.fi.it/cred/mondo/allegati.html
La versione in italiano è solo a stampa:
Consiglio D’Europa, 2002, Quadro comune europeo di riferimento per le lingue:
apprendimento, insegnamento valutazione, Firenze, La Nuova Italia.
48
capitolo 6
i piani
di
stUdio personalizzati:
descrizione
Chiara Mantelli, Maddalena La Candia, Rossella Ciuffi
6.1 organizzazione dei piani di studio personalizzati
I Piani di Studio Personalizzati sono stati pensati e strutturati sulla base della
descrizione dei livelli linguistici di apprendimento e insegnamento delle lingue del
Quadro Comune Europeo. La struttura dei Piani si articola su tre livelli linguistici:
A1, A2, B1; sono i livelli di base scanditi e graduati per l’insegnamento dell’italiano
lingua seconda per alunni stranieri provenienti da paesi comunitari ed extracomunitari e iscritti nella scuola di base durante tutto l’arco dell’anno e per alunni, figli di
migranti ma nati in Italia, con una padronanza della lingua, apparentemente equiparabile ai nativi, ma nella maggior parte dei casi più carente mano a mano che la lingua della comunicazione si fa lingua specifica delle materie di studio.
Ciascuno dei tre livelli A1, A2, B1, è stato organizzato innanzitutto con una descrizione generale del livello, da tenere presente quando si pensa al progetto di lingua
seconda per lo studente di riferimento e durante tutto il processo di apprendimento.
La descrizione dei livelli è preceduta da due schede di presentazione e valutazione
dello studente necessarie per poter avviare un piano di studio personalizzato e valutare il processo di inserimento da un punto di vista relazionale e del percorso didattico
adottato.
La descrizione è accompagnata infine da una griglia di autovalutazione da parte
dello studente che al termine del percorso, e in funzione della sua età, potrà essere in
grado di compilare e che gli permette di maturare una graduale consapevolezza del
proprio sapere e saper fare e della propria competenza metacognitiva..
La griglia è corredata di schede specifiche sugli aspetti linguistici essenziali per la
valutazione e l’autovalutazione.
Seguono le tabelle descrittive scandite in:
49
g
g
g
g
obiettivi
ambiti lessicali
strutture linguistiche
elementi di riflessione linguistica
adeguati al livello specifico e strutturate per abilità linguistiche:
g comprensione
g ascolto e lettura
g produzione orale
g interazione e parlato
g produzione scritta.
Ciascun livello è, inoltre, corredato da una scheda di rilevazione delle competenze da utilizzare all’inizio del percorso, in itinere come controllo degli apprendimenti
e al termine per una valutazione globale e complessiva del livello raggiunto. La scheda potrà essere un elemento fondamentale di controllo per il docente di classe e a
sostegno del percorso, per un raccordo diretto e chiaro fra docenti del team e docenti di laboratorio di italiano L2, per una comunicazione efficace sul percorso scolastico nel raccordo scuola-famiglia e nel passaggio tra ordini di scuola.
6.2 che cosa sono i psp
I Piani di Studio Personalizzati sono, quindi, uno strumento pratico, fondato su
basi teoriche glottodidattiche. Nascono dall’esigenza di organizzare e valutare un percorso personalizzato e concordato fra Consigli di classe e Laboratori di italiano L2 in
un clima collaborativo e continuo che preveda momenti di verifica e aggiustamento.
Elementi caratterizzanti di questo strumento sono:
g
g
g
g
g
g
g
g
approccio comunicativo;
modalità naturali di acquisizione della lingua;
importanza del contesto relazionale;
priorità alle abilità orali e interattive;
essenzialità degli aspetti linguistici e dei contenuti;
gradualità;
flessibilità;
rispetto dei tempi lunghi per il passaggio dalla lingua della comunicazione alla
lingua dello studio;
g processo induttivo (es.: la riflessione linguistica si articola sull’individuazione
e il riconoscimento di alcuni aspetti fonologici, grafemici, morfologici, sintattici, lessicali e testuali che lentamente emergono dall’uso della lingua).
Ogni input (stimolo, proposta operativa…) deve rispettare al meglio possibile l’or50
dine naturale dell’acquisizione della lingua seguendo una gradualità progressiva rispetto all’input immediatamente precedente. La gradualità riduce le frustrazioni e le ansie
da prestazione e costituisce un prezioso sostegno della motivazione ad apprendere.
Nella realizzazione dei Piani di Studio è stato perseguito costantemente l’aspetto
della fruibilità per tutti i docenti, anche per coloro che si trovano a gestire l’inserimento di alunni non italofoni ad anno scolastico avviato, senza competenze specifiche e in situazioni carenti dal punto di vista logistico (mancanza di mezzi e di materiali). Un secondo aspetto fondamentale è quello di privilegiare i bisogni comunicativi reali degli studenti (in ambito scolastico, relazionale, familiare, in rapporto all’età
e alla situazione) tenendo conto della situazione pregressa come emerge dalla storia
dello studente ricostruita in fase di accoglienza secondo il protocollo di rete.
In questa declinazione per livelli, l’alunno neo arrivato ha bisogno di una particolare attenzione data dall’esigenza immediata di essere inserito nel contesto linguistico-comunicativo di classe, per età anagrafica e nel rispetto del proprio pregresso scolastico come la normativa di riferimento sostiene. Si dovrà procedere ad attivare l’acquisizione dei primi strumenti di comunicazione legati e sostenuti dal linguaggio verbale e non verbale, come si delinea nella descrizione del livello “prebasico” di
apprendimento della lingua, precedente ai livelli linguistici specifici. Per l’alunno neo
arrivato si devono, inoltre, creare le condizioni per un suo graduale inserimento nel
gruppo classe che conduca, nel tempo, ad una reale integrazione; pertanto il suo progetto di lingua deve essere riconosciuto anche dal gruppo classe come elemento fondamentale che rende l’alunno sempre più indipendente e autonomo.
6.3 Utilizzazione
Lo strumento è utilizzabile nel gruppo classe e nel laboratorio di italiano lingua
seconda. Il Piano è rivolto ad ogni docente, indipendentemente dalla disciplina insegnata e dal grado di scuola di appartenenza, aiuta a capire le necessità del nuovo studente e ad affrontare ogni inserimento, consapevoli che l’acquisizione della lingua è
graduale e sistemica e che, per essere efficace ed efficiente, deve essere rispettosa dei
tempi di ciascuno.
Il docente potrà utilizzare il documento per:
g predisporre l’accoglienza di un alunno neo arrivato;
g progettare l’azione didattica, nell’ambito di qualsiasi disciplina, sia all’interno
della classe che nel Laboratorio L2;
g sostenere il percorso didattico e l’apprendimento consapevole dell’alunno non
italofono;
g utilizzare e/o costruire materiali idonei;
g valutare in fase diagnostica, in itinere e in fase finale/sommativa;
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g valutare, congiuntamente fra Consiglio di Classe e LabL2, il percorso di
acquisizione in relazione alla possibilità di fruire della Lingua italiana come
veicolo per altri linguaggi.
I Piani di Studio Personalizzati e tutti i materiali a corredo sono direttamente scaricabili dal sito www.comune.scandicci.fi.it/cred/mondo/allegati.html.
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conclUsioni
Maria Cecilia Luise
la formazione non finisce mai…
Nella prima metà del 2013 alle insegnanti del Progetto “Un mondo per amico”è
stato offerto un ulteriore segmento di formazione: a conclusione di un percorso articolato e impegnativo come quello descritto nelle pagine precedenti, ci è sembrato
indispensabile svolgere un breve ciclo di incontri sul tema della valutazione; il primo
incontro è stato inoltre aperto a tutti docenti del territorio interessati, con l’intento di
avvicinare alla formazione non solo chi da anni segue il progetto, ma anche chi non
solo è genericamente interessato all’argomento, ma anche a chi potrebbe far parte di
successive future iniziative di sperimentazione e crescita professionale.
La valutazione resta un aspetto problematico del mestiere dell’insegnante, alla
scuola italiana manca una “cultura della valutazione” diffusa e condivisa, fondata
scientificamente. Oggi gli allievi stranieri mettono la scuola di fronte al fatto che è
necessario interrogarsi urgentemente su quali degli strumenti che abitualmente si utilizzano per valutare sono adatti anche alle loro peculiarità e se ci sono strumenti
diversi che possono modificare in meglio le pratiche di valutazione, non solo degli
studenti non italofoni, ma di tutti gli allievi della scuola di base. Ancora una volta la
presenza di studenti stranieri non va vista come la causa di un problema, ma come
l’occasione per affrontare problemi che la scuola ha da sempre e non sempre ha
affrontato.
Il percorso formativo svolto è partito dalle caratteristiche degli studenti stranieri
per evidenziare diversi momenti legati alla valutazione: la verifica e la valorizzazione
della conoscenze e delle competenze pregresse, la necessità di una programmazione, e
quindi valutazione, personalizzate, anche alla luce della normativa di riferimento. In
particolare, il legame tra programmazione e valutazione è stato visto come un elemento fondante della professionalità del docente, non solo con gli studenti stranieri.
La “cultura della valutazione” presuppone anche la conoscenza dei diversi tipi di
valutazione, la padronanza di nozioni quali, tra le tante trattate, valutazione sommativa/formativa/certificativa, valutazione idiografica/criteriale/normativa. Altrettanto
importante è stato il tema degli strumenti a disposizione dell’insegnante valutatore,
delle tipologie di attività e prove per la verifica degli apprendimenti, del trattamento
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dell’errore quando si correggono testi scritti in italiano L2.
Il “messaggio” di fondo che ha attraversato tutti gli incontri può essere riassunto
parafrasando le parole di Gilberto Bettinelli: la migrazione comporta per i migranti
dolori, fatiche e perdite inevitabili che la scuola può solo attutire. Sarebbe immorale,
ingiusto, non professionale, valutare gli alunni senza prendere in considerazione tutti
quegli aspetti didattici e relazionali che li caratterizzano, così come non avremmo la
legittimità morale di valutare gli alunni se non mettessimo in campo iniziative di
sostegno, di facilitazione, piani personalizzati e così via. Ma la valutazione c’è, avviene, ed è bene che ogni Collegio Docenti individui criteri per le verifiche, obiettivi
minimi irrinunciabili per tutti, modalità di valutazione coerenti con i diversi momenti scolastici, diverse tipologie di prove in funzione di diverse tipologie di studenti,
pratiche condivise di gestione dei giudizi.
verso il futuro
I Piani di Studio Personalizzati sono oggi patrimonio di tutte le scuole della Rete
che fa riferimento al Progetto “Un mondo per amico”: il prossimo passo non spetta
più al gruppo che tanto ha lavorato per definirli, ma ai dirigenti e ai docenti delle
scuole.
Sta a loro infatti da una parte promuovere l’utilizzo di questi materiali all’interno
delle classi, nei vari team di docenti, per favorire e migliorare i rapporti tra insegnanti di classe e insegnanti di laboratorio L2, e a farli diventare un “normale” strumento
scolastico per la gestione delle classi plurilingui e multiculturali, per il monitoraggio
e per la trasmissione di informazioni sulla situazione e sui progressi degli studenti
stranieri, dall’altra farli diventare la fonte di un linguaggio comune e condiviso che
faciliti la comunicazione tra le varie figure che ruotano attorno allo straniero e favorisca la progettazione di percorsi didattici davvero mirati e centrati sulla persona.
Il lavoro delle componenti del gruppo “Un mondo per amico” non è finito, in
quanto non si finisce mai di imparare, crescere, studiare, per poi poter continuare ad
alimentare quel circolo virtuoso già innescato riversando conoscenze, strumenti, progetti nelle scuole e con gli studenti.
Il progetto si propone e resta un esempio significativo di buona pratica nei campi
dell’educazione, della scuola e dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda,
della formazione e dell’autoformazione dei docenti, della proficua collaborazione tra
istituzioni scolastiche ed enti locali, impegnati, ognuno nelle sue competenze e nelle
sue possibilità di intervento, in un intervento di largo respiro che davvero abbia tutte
le credenziali per incidere sul territorio e sulle scuole che vi risiedono.